martedì 31 gennaio 2012

SUNRISE - Capitolo n. 38

Capitolo n. 38 - sunrise


“Kevin sa che te la sei ricomprata?”
Jared fece quella domanda sistemandosi gli occhiali da sole ed il berretto, lottando con il vento, che stava accompagnando lui e Geffen su per la collina, mentre l’avvocato era alla guida della sua nuova Ferrari.
“Non ancora.” – rispose Glam aggrottando la fronte – “Forse meglio tenerla nel box di Marc ancora per un po’ …”
Parcheggiarono sul retro del solito locale, dove pensavano non sarebbero più tornati.
“Credevo fossi sparito Glam … non mi hai più cercato.” – disse il cantante dei Mars nello scendere.
“Ho avuto molti problemi.”
“In parte li conosco … Ma della tua salute non so più niente, stai bene?” – chiese incerto, sfiorandogli il dorso della mano appoggiata al pomello del cambio.
Geffen intrecciò le loro dita, togliendo le chiavi dal cruscotto – “Ora ti racconto cosa mi è successo … mentre mangiamo, ok?” – disse con serenità, ma Jared era teso e sembrava scalpitare, affinchè i loro discorsi dirottassero anche in altre direzioni, su argomenti lasciati in sospeso da troppo tempo per lui.


Jamie sbirciò nella camera di Thomas: era ancora sotto sedativi, mentre Gabriel piegava i suoi vestiti nell’armadietto.
“Come sta?”
“Ciao Jamie … dorme da un paio d’ore, la terapia oggi è stata massacrante, io l’ho superata meglio.”
“Sì, Foster me l’ha accennato …”
“Tom Tom è sempre stato … delicato …” – e sorrise, facendosi forza per non rattristarsi ulteriormente.
“Posso andarti a prendere un caffè?”
“Magari … non voglio lasciarlo da solo, ti dispiace Jamie?”
“Figurati, vado e torno.” – e gli sorrise, prendendo il cellulare che stava vibrando per una chiamata di Hopper.
“Ehi ciao Marc …”
“Cucciolo sei già a spasso?”
“Sì … Faccio un servizio bar e poi torno a casa.”
“Mi dispiace per …”
“Marc non puoi esserci sempre, hai il tuo lavoro, guarda che sto alla grande!” – replicò allegro.
“Gabriel e Thomas sono ancora lì?”
“Thomas è narcotizzato, sai com’è la procedura, Gabriel lo … veglia …”
“Devo tornare in aula, Denny mi sta facendo dei gestacci irripetibili.” – e rise.
“D’accordo, ti aspetto per cena?”
“No, mi sbrigo per l’una, andiamo in spiaggia, voglio tenerti stretto e farti quelle cose che ti piacciono tanto.” – sussurrò in modo buffo.
Jamie arrossì, rimanendo spiazzato per come la voce del suo uomo lo eccitasse, mandandolo in confusione totale.
Gabriel lo canzonò infatti, nel ricevere una camomilla, anziché l’espresso, che si aspettava.


“Ecco vedi lui ha archiviato la cosa, come farebbe Flora con una delle tue pratiche Glam.”
“E’ questo che ti ferisce? Più del … tradimento di Colin?”
“Tutto mi ferisce. Tutto … L’ha consolato, questa parola la abolirei dal corollario delle scuse, mi dà sui nervi! Ci sono situazioni dalle quali sono stato escluso, anche la tua ricaduta, sì insomma, vorrei capirne il motivo, potevo aiutarti, potevo assisterti Glam, accidenti!”
“Calmati Jared … è successo in fretta, nemmeno ho avuto il tempo di metabolizzare la diagnosi, Scott mi ha inchiodato alle flebo e spedito a fare esami, poi le sostanze quasi mi hanno ammazzato …”
“Sarei tornato dall’Africa …” – ribattè con gli occhi lucidi.
“So che l’avresti fatto.” – disse, accarezzandogli il volto contratto – “Finisci la tua pasta … avanti, non voglio pregarti …”
Jared si guardò intorno, i pochi avventori del ristorante erano distratti da chiacchiere futili.
Si sporse improvviso verso Glam, stampandogli un bacio sulla bocca, a sorpresa.
“Jay …”
Le loro tempie si sfiorarono – “Devo chiederti il permesso anche per questo Glam …? Detesto l’inerzia delle ultime settimane, l’apatia, che ci ha allontanati …”
Geffen sospirò, appoggiandosi allo schienale del divanetto angolare, che stavano occupando.
“Ho … ho recuperato il mio matrimonio, non ero indifferente a ciò che ci lega Jared, tanto meno a quello che Kevin ha fatto con Colin, ma è intervenuta Sveva, la sua gravidanza …”
“Insomma una compensazione …” – osservò ridendo mesto, spostando il piatto.
“No, è stata una lacerazione, che ho ricucito a fatica.”
“Ma no, guarda, in fondo è così da sempre: tu ed io li abbiamo traditi, Colin e Kevin ci hanno ripagato con la stessa moneta e …”
“Jared”
“Noi ci amavamo cazzo!!! Loro no!” – esclamò livido.
Geffen lo afferrò per un braccio, portandolo al piano superiore.
Jared lo seguì senza fare rimostranze, almeno finchè Glam non chiuse la porta della solita camera, in cui erano andati spesso, anche con Isotta.
“Nessuno là sotto ci conosce! Posso incazzarmi dove voglio!”
“Cosa ti prende Jared? Vai ad incazzarti con Colin, anziché perdonarlo dopo quattro moine, per poi volare in Marocco!”
Jared si mise le mani tra i capelli, indietreggiando verso il letto, dove finì per sedersi e piegarsi, come sfinito – “Lui … lui sa sempre come rigirare la frittata, sa sempre dove colpire, per farmi cedere …”
Geffen lo raggiunge, massaggiandogli le spalle, con la consueta premura – “Non so come aiutarti Jared …”
“Facciamo … facciamo l’amore tutte le notti, ma io … almeno per una frazione, orribile, di tempo, lo immagino con Kevin … e poi con Justin … non riesco a cancellare questi ricordi … Mi arrivano addosso come i suoi respiri carichi di possesso e di predominazione ... Poi lo guardo con i bambini, con mia figlia … Colin è un padre premuroso, presente … Entra ed esce con Jude, gli riserva sorrisi ed attenzioni affettuose … La vita scorre, io resto a guardare Glam e mi sento come … come qualcuno che è servito a creargli questo mondo perfetto, ma che in fondo resta l’unico elemento sacrificabile o da mettere alla prova: che io la superi o meno, non ha rilevanza.”


Chris chiuse la blindata e si diresse agli ascensori.
Inspirò, notando il panorama oltre le vetrate: era una giornata torrida.
Ebbe un brivido, poi una sensazione di disagio.
Guardava i numeri scorrere sul visore elettronico, mentre la cabina si avvicinava all’attico, provando come un formicolio generale.
L’ingresso del suo appartamento gli apparve come una salvezza, quando vi rientrò frettoloso ed agitato.
“Che … che diavolo mi prende …?”
Voleva farsi un giro, andare a mangiare un gelato da Barny, poi un salto alla boutique di Armani, ma era come paralizzato.
Attivò la rubrica vocale del suo cellulare a stento – “Steven … Steven Boydon!”
Il cursore selezionò il nominativo richiesto ed inoltrò la telefonata.
Chris aveva inserito il viva voce, sentendosi spezzare il respiro.
“Sì pronto …”
“Steven!”
“Christopher … non avevo notato il … non stai bene?” – chiese preoccupato dal suo tono.
“Non … non lo so … volevo uscire … non ci riesco …” – iniziò a singhiozzare, tremando vistosamente.
“Sei a casa?”
“Certo … mi … ci sono fiondato … Steven …”
“Arrivo subito.”


Le salviette inumidite nell’acqua gelida erano un sollievo, posate con delicatezza e metodo da Steven, nei punti giusti.
Boydon continuava a fare parlare Chris, distraendolo da quell’episodio, che si augurava fosse sporadico.
“Non voglio darti farmaci, proviamo a capire le ragioni di questo incidente Chris … Parlami un po’ di te, cosa ti piace fare?”
Lo aveva fatto spogliare, da quei jeans troppo aderenti e la maglietta modaiola, così come l’intimo, sostituito da un costume largo e comodo, tagliato a bermuda.
Chris si era allungato, appoggiandosi a diversi cuscini.
“Amo cantare … i viaggi … certo che se non riesco ad arrivare nemmeno al garage …” – mormorò sconfortato.
“Non accadrà più.” – disse pacato il medico, auscultandolo.
“E se ti sbagliassi …? Accidenti sto usando il tu, non dovrei …”
“Il tu va benissimo Christopher.” – replicò gentile.
“Anche questo elastico mi infastidisce …” - si lamentò il giovane.
Steven lo ricoprì con il lenzuolo rimasto stropicciato in un angolo – “Leva quelle braghe, vado a prepararti una tisana, ma devo rinfrescarmi, ti dispiace?”
“Da quella parte …”
“Ok, non scappare.” – e rise con quella bonarietà paterna, che a Chris ricordò Robert.

Per fargli un’improvvisata, Downey stava varcando la soglia dell’alloggio.
Quando lo vide, comprese all’istante che qualcosa non andava – “Tesoro, ma …?”
“Papà? … Cosa ci fai tu qui?”
Boydon apparve dall’altro corridoio.
“Dottore …”
“Salve Robert, non si spaventi, Chris ora sta bene.”
“Bene? Christopher …”
“Ho avuto un attacco di panico, giusto Steven?”
Robert lo abbracciò, rassicurandolo – “Tesoro dovevi cercarmi, sarei arrivato subito.”
“Lo so papi … ma ho pensato a Steven …” – sembrò giustificarsi a mezza voce, mentre Boydon era già in cucina.
“Che sta combinando il tuo camice bianco?” – domandò sorridendo l’attore, sistemandogli i guanciali.
“Prepara della brodaglia temo … io ho fame.” – e rise, dopo avere ritrovato il pieno controllo di sé.
“Vi lascio da soli Chris?”
“Ti ringrazio per esserci Robert … sei la mia forza …”
“E tu sei davvero importante per me, lo sai vero?”
Chris annuì, commuovendosi.
Si strinse nuovamente a lui, incrociando lo sguardo di Steven, che tornò nel living, per non disturbarli.
Downey si congedò da entrambi, raccomandandosi di tenerlo informato.

“Ti adora, è un’ottima persona.”
“Hai ragione Steven … è reciproco …”
Boydon prese il note book e si piazzò sull’ampio davanzale di fronte a Chris.
“Non devi tornare in ospedale …?” – chiese timido.
“Ti faccio compagnia.” – ribattè placidamente, come se non esistesse possibilità di replica alle sue decisioni.
Chris si rannicchiò, assopendosi, per quanto si sentiva protetto, come mai prima.






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