lunedì 30 novembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 35

Capitolo n. 35 – nakama



I passi di Vincent, verso il salone di villa Mikkelsen, furono lenti e circospetti.

Il francese brandiva quel dvd, come se fosse merce preziosa e, in effetti, dopo quanto detto telefonicamente al chirurgo, per quest’ultimo si trattava di un’insperata ancora di salvezza, per sé e per Will.

“Prego si accomodi, come le dicevo abbiamo i minuti contati signor Lux”

“Certo, ma è necessaria una premessa, oltre che ad una spiegazione, per il nostro incontro”

“Vuole bere qualcosa?” – chiese rigido il medico, osservandolo.

“No, grazie: voglio fare in fretta ed andare via, prima che sia troppo tardi per me”

“Per lei?”

Vincent sorrise amaro – “E’ la prima volta che ci incontriamo, ma io la conosco abbastanza bene, da non stimarla affatto, sa dottore?”

“Non capisco …”

“Ero il compagno di Kirill, quando lui aveva smesso con una certa vita ed aveva scelto di viverne una completamente diversa, accanto a me, a New York: ora capisce?” – chiese secco, fissandolo.

Mads annuì, pallido.

“E cosa vuole da me, si può sapere? Io non sono più quell’uomo, da un pezzo e non ho mai fatto del male a nessuno!” – sbottò.

“Forse quando era lucido, ma sotto l’effetto di droga, temo che le cose siano andate diversamente: questo lo prova!” – e gli sventolò sotto al naso la custodia di quello, che Mikkelsen immaginò essere l’oggetto di quell’odioso ricatto, per il quale Will era sotto accusa adesso, per omicidio.

“Rattler …” – sibilò stizzito – “Glielo ha dato lui? Eravate complic?!”

“Assolutamente” – ringhiò l’affarista – “Lo detestavo, almeno quanto detesto lei, sporco maiale!”

“Ma cosa vuole da me?!”

Quindi un’idea, gli balenò nella mente, atterrendolo.

“Lei … Lei vuole uccidermi, come ha fatto con Rattler?”

“No … NO!” – quindi prese fiato – “Rattler l’ha contagiato, l’ha picchiato, seviziato, io questo l’ho saputo da Kirill! E lo teneva in pugno, fornendogli la droga, che rubava in ospedale, il suo caro e stimato collega, questo lo sapeva?!” – ruggì.

“Le giuro di no … In compenso Rattler mi estorceva il Kolestor H, minacciando di denunciarmi, se non lo avessi assecondato, anche se il farmaco, su di lui, non ha mai avuto l’effetto sperato”

“Forse se avesse avuto più tempo, sarebbe guarito, ma io questo tempo non glielo ho concesso e non posso derubare Will Graham dello stesso, perché lui è innocente, è una brava persona, al contrario di voi due …” – rivelò esausto – “Questo è il video del festino, dove morì Benedict Klimber: si vede chiaramente che Rattler lo strangola con la propria cintola, mentre lei è aggrovigliato ad un altro ragazzo, ben distante da loro due … E qui c’è la mia confessione scritta, per l’omicidio di Rattler, che scagionerà Will” – e gli porse un foglio, con la copia del passaporto e la firma in evidenza – “… ho girato anch’io una clip, così che gli inquirenti non avranno dubbi” – ed aggiunse al precedente materiale, anche una micro sd, inspirando greve e rosso in volto.

“E come posso sdebitarmi …?” – domandò confuso Mikkelsen.

“E’ ancora una questione di  tempo” – Lux sorrise a metà – “… me ne dia a sufficienza per raggiungere l’aeroporto e lasciare il paese: chiami Geffen, lui provvederà al resto, ma lo faccia tra un’ora, non prima, ok?”

Lo stridio dei freni del blindato, che trasportava Graham, si era appena fermato davanti ai cancelli, facendoli sussultare.

“Sono arrivati”

“Sì, li vedo … Ho lasciato l’auto sul retro: c’è un’uscita secondaria?”

“Certo, mi segua” – e, sbrigativo, Mads lo accompagnò all’unica via di fuga possibile, stringendogli la mano, prima di congedarsi da lui, emozionato ed a corto di ossigeno.

Will era salvo.








La residenza di Betty Evans era immersa nel verde.

Geffen e gli amici la stavano osservando, nel bel mezzo del giardino, dove Pepe e Lula avevano già portato le loro biciclette, per farsi un giro nei viali circostanti, seguiti a vista da Vas e Peter, sempre attenti ai loro spostamenti.

“Gran bella casa” – disse piano Colin, avvicinandosi all’avvocato, con l’ausilio di due stampelle multicolore, un tempo utilizzate da Yari, per una convalescenza post caduta sugli sci.

Jared non perdeva d’occhio il compagno per un solo secondo e si aggregò al duo, intento ad osservare i dettagli dell’abitazione, tinteggiata in toni vivaci.

“Ci sono piante splendide” – ed il cantante le indicò, sorridendo.

“Ci siamo persi di vista troppo presto” – sbuffò Glam, mentre un’auto stava parcheggiando nel vicolo di ingresso.

Ne discese una persona, davvero singolare.

I presenti la scrutarono, con un misto di curiosità e stupore.

“Tu devi essere il nipotino prediletto, lo squalo di Los Angeles, vero!?” – lo indicò, quella che poteva definirsi una vera drag queen in piena regola, avvicinandosi con falcate eleganti e decise.

I bimbi accorsero, arridendo alla sua vista, chiedendosi se fosse una sorpresa per divertirli.

“Temo di sì …” – sussurrò Geffen, inarcando un sopracciglio – “… e lei sarebbe …?”

“Loretta Room, piacere” – e gli porse il dorso della mano destra.

L’uomo, anziché accennare un galante baciamano, le strinse le falangi affusolate, dalle unghie vivaci di glitter e smalto iridescente, un po’ interdetto dalla sua comparsa, pensando a quanto zia Betty fosse stata puritana, conformista ed all’antica, almeno finché visse a due isolati da casa sua.

“Salve …”

Jared fu molto più caloroso, abbracciando la sconosciuta, mentre Colin saltellava, per salutarla educatamente, nello stesso modo di Glam, mentre Robert e Jude fecero ciao con la manina, al contrario di Kevin, che si dimostrò cordiale quanto Leto ed estremamente disinvolto nel darle il benvenuto.

Pepe le tirò la gonna aderente, sfumata di fucsia e viola e Loretta, dalla sua notevole altezza, lo puntò divertita – “E tu chi sei soldino di cacio?”

“Soldino è Lula, io sono Pepe!” – e rise adorabile.

“Ok, siete i figli di Geffen?”

“Infatti!” – esclamò allegro Lula.

“Bene gente, sono qui per affari, possiamo parlare, mettendoci più comodi? E, soprattutto, dandoci del tu?” – e sorrise affabile, un po’ civettuola.

“Siamo appena arrivati Miss. Room, non so neppure dove sono le chiavi per entrare, doveva esserci anche il segretario del notaio, che mi ha cercato per l’eredità” – spiegò Glam.

“Ah per quelle so io, dove Betty le nascondeva sempre! Nel ranocchio di ceramica viola, eccolo lì”

Pepe andò subito a controllare ed esultò, trovando il mazzo, di cui parlava Loretta.

“Bene … Andiamo pure” – soggiunse Geffen perplesso, mentre Leto gli faceva un simpatico occhiolino.




Chris stava scrutando il cielo, oltre ai vetri della sua camera, senza potersi alzare, per avvicinarsi al davanzale, dove non mancava mai un mazzo di fiori freschi, sistemato poche ore prima da Tom.

Era troppo debole, per la dieta, per le pulsazioni spesso irregolari, quanto la sua pressione arteriosa ballerina.

“Fatta già colazione?”

Il tono allegro di Reedus investì i suoi pensieri.

Hemsworth si girò a guardarlo, abbozzando un sorriso – “Sì … Che buon profumo, ciao Norman”

“Buongiorno per tutto il giorno! Tom mi ha detto della fantastica novità! Dunque ci siamo?” – e si mise seduto sul bordo, pescando nel sacchetto, una brioche ancora fumante.

“A quanto pare sì”

“E come mai questo muso lungo, Chris?”

Il tenente fece spallucce – “Me la sto facendo sotto, ok?” – sbottò nervoso.

Reedus lo ricambiò con un sorriso carico di dolcezza, come il suo gesto, di aggiustargli le ciocche bionde, ai lati delle tempie – “E’ normale … Anch’io, ne ho, per te, se davvero vuoi saperlo” – ammise più serio ed intenso.

Chris non lo aveva mai visto così.

“Ho un cuore nuovo di zecca, che mi aspetta pulsante in una teca; così me lo ha raccontato Tommy: fa una certa impressione, tu non credi?” – chiese quasi con timidezza.

“E’ la scienza, è una nuova frontiera, a quanto ne so … Certo non ho molta stima di quei due, se devo essere sincero e”

“Sì, dovresti esserlo, con me, Norman!” – lo troncò brusco.

Reedus avvampò.

“Su cosa?”

“Su quello a cui vado incontro, perché Tom, temo, non sia più molto affidabile, visto che non gli resta che assecondarmi, ok?”

“Ma …” – e deglutì a vuoto, pensando di averla fatta franca, sull’esplorare, con Hemsworth i propri sentimenti reciproci – “… ma se eri così entusiasta per il trapianto: cosa ti prende ora?”

“Mi prende che se dovesse andare male, io non ci sarei più in alcun modo, per Tom e Luna, mentre al momento in qualche modo, da schifo certo, ci sono, anche se handicappato!”

“E ci sarai sempre, Chris … Non solo per loro …”

Si guardarono.

Avevano entrambe il fiato corto e gli occhi lucidi.

“Promettimi che ne usciremo vivi, allora, come quando andavamo in missione: lo faresti per me Norman? Ancora una volta, la più importante?”

Reedus annuì, trattenendosi nel non dirgli che avrebbe fatto qualsiasi cosa, per lui, in realtà.
Anche lasciato la moglie, affrontato un divorzio, condiviso le figlie, a costo di rimetterci, anche la carriera, se necessario, pur di stargli vicino.

Se solo non ci fosse stato Tom, che rispettava ed ammirava dal primo istante.

Il conflitto interiore, che stava metabolizzando a stento, lo soffocava, inesorabile.

Meglio andarsene, ma non senza avere consolidato quella promessa indispensabile, per Chris.

“Te lo assicuro, andrà una meraviglia e ti offrirò la solita birra, ok?” – e rise, trattenendo le lacrime.

Hemsworth si sollevò quanto bastava per abbracciarlo forte.

“Grazie … sei un vero amico … sei il migliore Norman … Grazie.”




Geffen strinse tra le mani una cornice in argento, chiudendo le palpebre, nel mezzo del salotto, dove gli altri lo stavano ascoltando, nel suo colloquio con Loretta, da circa dieci minuti.

“Mio cugino Eddy, era speciale … Più intelligente di chiunque, introverso, visionario” – disse assorto e Loretta fece un cenno di assenso.

“Betty lo amava tanto, ma non sapeva di lui, non l’avrebbe mai accettato, questo era ciò che Eddy pensava”

Glam tornò a scrutarla – “Non ci frequentammo in età adulta, bensì da piccoli: giocavamo a baseball, ma a lui non piaceva, questo lo ricordo bene … Poi, ai tempi dell’università sparì e venne a Santa Barbara, nessuno capì il perché”

“Perché i suoi lo assillavano, con progetti assurdi, una carriera politica insomma”

“Come il padre, mio zio, posso capirlo, ma c’era dell’altro, vero Loretta?”

“Sì Glam … C’eravamo noi … E Eddy era uno di noi: ti immagini la reazione di Betty, ricca signora di Los Angeles, cognata del mitico avvocato Geffen, il tuo di padre intendo” – e rise aspra.

“Mio zio, in compenso, era diverso: preferivo stare con lui ed a me di fare il senatore sarebbe anche piaciuto, il che lo fece affezionare ancora di più, specialmente in assenza di Eddy”

“Lui ti voleva bene, parlava spesso di te e cinque anni fa avrebbe voluto chiamarti, farti sapere della sua trasformazione, visto cosa stavi combinando” – ed un po’ tutti risero, un po’ meno tesi.

“Perché non l’ha fatto, allora?”

Loretta scosse il capo ossigenato – “Non c’è stato il tempo Glam” – bissò triste.

“Per l’incidente d’auto? So che è morto così e poi Betty venne qui e non seppi più nulla di lei: del resto era vedova, Eddy era figlio unico, forse voleva vivere dove lui aveva trascorso la maggior parte della sua esistenza”

“Eddy non perse la vita in un frontale, come persino la stampa scrisse: Betty aveva ancora molte conoscenze ed insabbiò la verità, per rispettare la memoria di Ed”

“Come morì, dunque?”

“L’hanno ammazzato … di botte, fuori un locale, poco distante da questa zona, Glam: questa è la verità”

“I responsabili sono stati puniti, almeno?” – chiese veemente.

“No … La fecero franca e poi svanirono, chissà dove … Temo che Eddy non fosse il primo trans, ad essere preso di mira e massacrato … Ne sparirono diversi, in quell’estate torrida, ma la polizia se ne infischiò: per loro erano delle prostitute, ma, ve lo garantisco, nessuna di noi la è!”

“Se anche fosse, se faceste questo per vivere, siete e rimarrete delle ottime persone!” – intervenne Leto, emozionato e sconvolto, scattando in piedi.

Loretta lo avvolse – “Ognuno di voi, Jared, con il percorso, che avete affrontato, con le battaglie, che avete combattuto, per i nostri ed i vostri diritti, siete assolutamente straordinari, per il comitato, che io rappresento e che Betty sponsorizzava … Ed arrivo al punto della mia visita, Glam … Questo posto, la villa di Betty, sarebbe l’ideale per accogliere chi è in difficoltà, fornendogli anche un’assistenza psicologica ed un piatto caldo … Noi siamo sotto sfratto: dai locali dell’attuale sede, ci sbatteranno in strada tra tre giorni” – sospirò afflitta, ma dignitosa.

Geffen prese il mazzo di chiavi, dalla mensola sopra al caminetto, poi brandì il polso sinistro di Loretta, ingioiellato con dei monili molto anni settanta, posandole nel palmo il suo modo di onorare Eddy: “Spero abbiate già imballato tutto: domani cercherò un camion e vi aiuteremo a traslocare”

“Glam …”

“So che avrete cura di questo posto e di chi accoglierete: faremo un’offerta, vi aiuterò personalmente, non ci saranno più problemi e, se ci fossero, tu dovrai chiamarmi subito, d’accordo bella signora?” – e sorrise con serenità.

“Tu sei … incredibile” – mormorò stranita lei, guardandolo.

“Sbagli, tu la sei … Ti ringrazio per avere voluto bene ad Eddy, anche per me” – e se ne andò, verso il parco, camminando senza fretta.



Questa volta fu Jared a rincorrerlo, senza che Farrell potesse o volesse impedirglielo, mentre Jude lo stava fissando.

Giunti verso un labirinto di siepi, Geffen si fermò, sorridendogli – “Torna da Colin, lui ha più bisogno di me, della tua presenza Jay”

Il cantante si bloccò, ad un passo da lui.

“Ed io ho bisogno di dirti quanto sei stato unico, là dentro, un secondo fa Glam” – ribatté, convinto.

“Stavo pensando a quante persone mi sono perso per strada, sai Jay? A quanto mi sono … distratto, da chi, come Eddy, era importante per me, ma non abbastanza per capirne la natura, i sogni, le ambizioni, le necessità” – affermò assorto e provato da emozioni scomode.

“Cosa ti rimproveri, io non lo capisco Glam: tu non hai colpe, se è questo che pensi e non puoi salvare il mondo, anche se spesso dai questa impressione, più che giusta, di te, sai?”

Geffen si morse le labbra - “Se avessi avuto bisogno di denaro, avrei venduto la proprietà e”

“No!” – Leto lo tagliò netto, poi sorrise, dandogli una carezza doppia, sulle guance ispide – “… No, Glam … Tu l’avresti fatto comunque, io ti conosco e ti ringrazio, per come sei, per quello che riesci a realizzare, a risolvere, a migliorare, a … salvare

Il cellulare di Geffen li interruppe.

“E’ Antonio … Sì, pronto … No, sono fuori città, te lo avevo detto”

La conversazione sembrò rimanere sospesa per qualche istante, mentre Glam ascoltava il suo interlocutore.

“Vincent … Ma non posso crederci … E tu gli hai dato il jet? Cosa vuol dire che non potevi fare diversamente, Antonio? … Ok, ok, ma io non posso rientrare e … Va bene, sì, tu ed io non abbiamo mai avuto questa conversazione, ciao!” – e chiuse la chiamata, imprecando.

“Ma che diavolo succede, Glam?”

“Non ci crederai mai … Mai Jared.”












venerdì 20 novembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 34

Capitolo n. 34 – nakama



Vederli correre nel parco di villa Meliti, sorridenti ed uniti più che mai, fu per Geffen il migliore dei buongiorno.

“Papà!!” – Lula gli corse incontro – “Papake è tornato!” – esultò il figlio, volando sul suo petto.

Kevin fece un cenno simpatico e solare, verso l’ex, raggiungendolo.
Era smagrito, sempre in forma, abbronzato e con qualche tatuaggio nuovo.

“Ciao daddy, come stai?”

L’avvocato lo strinse a sé, notando anche l’arrivo di Pepe, in braccio a Jude.

“Bene grazie, anche tu vedo” – e gli diede un bacio tra i capelli ancora biondi, mentre tutti salutavano l’arrivo dell’inglese e di Peter.

“Mi sono ritirato in convento per tre settimane, ho mollato il tour”

“Ma dai” – Geffen rise di gusto.

“No, non scherzo!” – anche Kevin rise, guardando i presenti con aria allegra.

Law gli passò Pepe – “Anch’io e Robert ci andammo, un secolo fa direi, fu un’esperienza illuminante: vedo che per te è stato lo stesso” – osservò, fissandolo.

L’attore già si chiedeva mentalmente, quali potessero essere le conseguenze di quel ritorno, senza preavviso, del bassista a Los Angeles.

“Sì, avevo preso una brutta piega, insomma non mi piacevo granché e, quel che è peggio, non mi facevo più domande” – ammise, tornando poi con lo sguardo ai turchesi di Geffen, che mai si erano abbassati.

“Magari ne parliamo più tardi” – intervenne calmo il legale, lasciando che i bambini tornassero a giocare.

“Sì daddy … Pranziamo insieme o sarai in tribunale?”

“Non oggi, ho già risolto per il caso Graham, lunedì prossimo si fa sul serio e voglio rilassarmi questo week end: che ne dici se andassimo a Santa Barbara, Kevin? Tu, io e i monelli? Volete unirvi a noi?” – e guardò Jude, che aggrottò la fronte perplesso.

“Ne parlo a Rob, penso di sì, per me va bene … Oh guarda, arriva Jared, vado a chiedergli di Colin, oggi lo dimettevano e volevo andare a prenderlo io” – e si dileguò, in direzione del cantante, che stava scrutando la scena, in lontananza, dal suo arrivo alla residenza di Antonio.

“Come mai Santa Barbara daddy?”

Continuava a chiamarlo in quel modo ed a Geffen faceva piacere, inutile negarlo.

“Ho ereditato una casa, da uno zio materno: sarebbe l’occasione per fare un sopralluogo e metterla in vendita”

Kevin accettò sorridente – “Allora non disfo la valigia, mi porterò anche il basso, vorrei comporre qualcosa e rimettermi in contatto con Christopher e magari anche con Jay …”

Leto era ormai ad un passo, che venne subito polverizzato da Kevin, per saldarsi in un abbraccio caloroso.

“Bentornato … Cosa mi racconti?”

Jared era scosso, per svariate ragioni e non trovava la forza di guardare Glam, rimasto in silenzio a studiare i gesti di entrambi.

“Dicevo a daddy che ho delle idee, per dei nuovi pezzi, sei interessato?” – propose disinvolto.

Il leader dei Mars fece un passo indietro – “Certo, perché no? Vieni a Malibu, domani, così ne discutiamo un po’”

“No, non posso, ho appena preso un impegno con Glam ed i ragazzi …”

“Per una puntata a Santa Barbara, se volete aggregarvi, con Colin, siete i benvenuti: ho una proprietà da acquisire e rimarremo lì, Jared”

Il tono di Geffen sembrò dominare la scena, come se decidesse sempre lui, su tutto, senza mai ottenere, in compenso, ciò che desiderava realmente.

Leto abbozzò un sorriso di circostanza – “Non ho idea di come si senta Cole, ecco”

“Ieri l’ho trovato bene: ci saranno probabilmente anche Jude e Robert”

“Una riunione di famiglia, dunque Glam?”

“Possiamo anche definirla così, se ti piace Jay” – e rise.

Kevin rispose ad una telefonata, allontanandosi.

Leto sbuffò, le mani in tasca, l’aria tesa – “Ricompatti il tuo harem, quindi?”

Geffen si lisciò le gote rasate – “Cosa ti prende Jared? Sei forse incazzato con me?”

“No, esclusivamente con me stesso, dovresti saperlo!” – sibilò acre.

Robert si palesò, a distanza di sicurezza, ma per poco.

“Tu non hai responsabilità con ciò che è accaduto a Colin, se è questo che ti turba, ok?” – bissò severo.

“Io ce ne ho sempre, di responsabilità … Da quando sono al mondo” – affermò sfinito, rinforcando i Ray-Ban, per andarsene nella direzione opposta a Downey, che non fece in tempo a dirgli anche una sola parola.

“Ciao Glam, cos’ha Jay? Problemi con Colin?”

“Jude ti ha detto della gita, che ho appena organizzato?”

Robert rise complice – “Rispondi con una domanda ad una mia domanda: bene, sei nei guai space cowboy, vero?”

“Con i miei ex, sempre, come vedi”

Downey accolse poi Kevin, gentile ed affabile, distraendosi da Geffen, quanto bastò per perderlo di vista.

“Ma dove diavolo è andato?” – bisbigliò poi, parlando al vuoto.

Kevin rise – “Dovunque sia, spero non si cacci nei soliti guai: me lo offri un caffè, Rob?”

“Sicuro, dai andiamo a raccontami le tue avventure messicane” – e si avviarono verso casa, senza più curarsi di chi stava loro intorno.




Antonio si accese un sigaro, selezionando un brano, che la filodiffusione rimandò nell’aria, come una carezza malinconica.

I bei vecchi tempi andati, Meliti sorrise, assottigliando le palpebre, mentre scrutava il giardino sottostante, dal suo studio privato.

Rise, anche un po’ divertito da quel rimescolio di sentimenti, a pochi passi da lui, che non sarebbe mutato mai.



Xavier che legava i palloncini, appena gonfiati da Derado, comandato a bacchetta da Drake, mentre Pam e Carmela ridevano, coinvolgendo anche Stella, rilassata su di un lettino prendisole, sotto ad un gazebo, dopo essere stata in clinica, per l’inseminazione la sera prima.

Glam le aveva fatto compagnia, seguendo le varie fasi, affettuoso e presente.
Tutto era andato a meraviglia ed ora non restava che attendere il buon esito dell’intervento.

Glam, che adesso, andava a caccia di farfalle, con un retino bucato, pensò Meliti, sogghignando, nel seguire i movimenti di Geffen e quelli, poco avanti a questi, di Jared.

Il front man entrò nel giardino d’inverno, in quella particolare appendice architettonica dell’ala sud, semicircolare, sovrastata da una cupola in ferro battuto bianco, a spicchi di vetro, nelle tinte alternate del verde e del celeste.

La luce del mattino filtrava, in una sfumatura suggestiva.

“Jay aspetta”

Leto si voltò, accogliendolo con un sorriso: i suoi occhi erano grandi, esigenti, perché lui, da Glam, aveva preteso sempre troppo ed entrambi lo sapevano.

“Questa musica ti si addice, Glam” – esordì lui, un’emozione vivida nei toni, che raccontava un’altra storia, non certo quell’apparente ostilità, bensì l’urgenza di essere abbracciato dall’altro, senza dirsi nulla, senza scavarsi dentro.

Faceva così male.

“In un certo senso sì … Vuoi da bere?” – e si diresse ad un mobile di liquori e cristalli pregiati.

“Non dovresti”

“Non farmi prediche Jay … Un buon cognac è perfetto anche a colazione” – e sorrise, affabile.

“Tom ha ragione” – Leto continuò a parlare alla sua schiena larga e solida.

“Su cosa?” – chiese Geffen, restando immobile, a sorseggiare il liquido ambrato, mentre osservava la magnifica collezione di orchidee, nella serra antistante la loro postazione.

“Sai essere galante e seduttivo, ma giochi bene le tue carte, gestisci i limiti, quando vuoi, in base ad una strategia precisa, come quella di questo breve viaggio: una gara di resistenza, vero Glam? L’ennesima direi, tra noi, tutti noi”

“Resistere a chi, a cosa?” – e si girò, puntandolo, ma con serenità contemplativa.

Adorava giocare con lui.
Pure sapendo che non era affatto un gioco, ma una danza di emozioni.

“Colin mi ha dato questa … Ci sposiamo alla vigilia di Natale” – e gli mostrò la vera luccicante.

“Come Robert e Jude, non eccellete in fantasia” – e rise, sinceramente compiaciuto.

“Comunque, tornando al tuo quesito, con Robert, ma anche Kevin, dovremo lottare per resistere al ricordo di te, Glam, è scontato”

“E non ricadere negli stessi sbagli?”

“Tu non sei mai stato uno sbaglio … Al contrario di me, che combino solo casini e mi rovino, con le mie stesse mani”

Geffen posò il bicchiere su di una mensola, lì accanto ed avanzò di poco, quindi bruciò quella distanza minima, brandendo il volto di Jared, con i palmi caldi e speziati d’arancio e tabacco.

“Glam …”

Leto percepì i pollici dell’altro, delineare i suoi zigomi, in una scia di brividi.

“Tu sei un dono Jay … E ti dai al mondo, con così tanto amore, da frantumare ogni certezza, in chiunque si innamori di te, perdutamente, sai? Nessuno così potrà averti, io mi sono rassegnato all’idea, lo ammetto, però non posso fare a meno di sbirciare sempre, oltre quella porta, che tu lasci aperta, colpevole o meno di qualcosa, ostinandomi a passarci davanti, senza cambiare strada … Ne morirei, te lo assicuro, su quanto ho di più caro” – e lo avvolse.

Jared sciolse in lacrime, la sua gratitudine, perché Geffen non l’avrebbe abbandonato mai ed in mezzo a tanti fallimenti emotivi, quella rimaneva la sua unica certezza.
Per sua immensa fortuna.




Law gli allacciò la casacca di jeans, mentre Colin, sorridente, se ne stava seduto sul bordo del letto in boxer.

“Potevo farlo anche da solo Jude … Così, però, è più divertente”

“Lo credo bene, sono un esperto in vestizioni di imperatori”

“Decaduti direi” – Farrell rise leggero, dandogli una carezza sul fianco destro, mentre l’amico recuperava un paio di pantaloni e delle calze dal comodino.

“Cosa ne pensi dell’escursione a Santa Barbara, proposta da Glam?”

“Se Jared è d’accordo … Cambiare aria ci farà bene, credo”

“Sei ancora debole …”

“No, mi sento meglio e poi seguirei Glam in capo all’universo, gli devo la vita o di essere quanto meno intero e non su di una sedia a rotelle oppure ridotto ad un vegetale” – affermò assorto.

Jude lo guardò attento – “Tu parli di lui in un modo nuovo …”

“No, non credo, sai? Glam rimarrà sempre il mio più grande avversario in amore ed il mio migliore amico, non potrei vivere senza, temo ahahahha”

La camera si incendiò del suo buon umore: era tempo di andare a casa.




Harry e Louis si erano accucciolati, poltrendo sino a tardi, sotto al piumone, a scacchi arancio e viola.

Lux entrò in punta di piedi, sedendosi sul bordo.

Boo si accorse per primo di lui, gattonando sino al suo abbraccio gradevole.

“Tesoro non volevo svegliarti” – disse piano il francese, mentre Styles mugugnava nel cuscino, cercando con le mani il consorte.

“Dove stai andando?” – domandò assonnato ed un po’ infantile Tomlinson, senza guardarlo ancora nella penombra dorata dell’ambiente circostante.

“A Parigi … Jerome ha avuto un malore, mentre tagliava la legna, quello stupido” – brontolò, dandogli un bacio sulle tempie, cullandolo appena.

Anche Harry li raggiunse – “Ehi che succede?” – chiese intontito e debole, dopo una notte a fare l’amore con Louis, che lo aggiornò tempestivo su quell’improvvisa e spiacevole novità.

“Ma quando torni? Presto vero?” – Boo si rivolse nuovamente a Vincent.

“Sì mon petit … Presto, certo” – replicò commosso l’affarista, rialzandosi, dopo avere posato un bacio anche tra i capelli del ricciolo.

“Ma non ha nessuno, devi per forza andarci tu?” – “Sì Harry, Jerome è solo come un cane, non è fortunato quanto il sottoscritto: ora tornate a nanna, vi telefono appena arrivo in Francia … Vi porterò dei regali, anche a Petra, salutatemela voi, ok?”

“Ok …” – disse mogio Louis, riguadagnando il corpo caldo di Styles, tra le lenzuola stropicciate dai loro prolungati amplessi.

Lux li guardò per un’ultima volta e poi uscì.




Mikkelsen aprì la blindata, dopo avere controllato il videocitofono, inspirando profondamente.

Quella visita era stata preceduta da una strana telefonata.

Il chirurgo ne fu incuriosito, non senza qualche timore.

“Salve …” – disse rigido – “… E’ mio dovere informarla che abbiamo poco tempo, tra venti minuti la polizia sarà qui, con Will, come ogni giorno”

Il suo interlocutore annuì, mostrandogli un dvd.

Mads si morse le labbra – “Allora non scherzava … Prego, si accomodi” – e gli fece strada, pregando mentalmente che non si trattasse di una trappola.

Una dannata trappola.











martedì 17 novembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 33

Capitolo n. 33 – nakama



La copertina di L.A. news inneggiava al nuovo sceriffo arrivato in città, grazie ad un fake ben riuscito di Geffen, con tanto di pistole in pugno e cappello alla John Wayne.

Un’immagine un po’ estrema, che stava facendo ridere Downey da qualche minuto, all’interno dello studio del noto avvocato, pronto a recarsi in aula, per il caso Graham.

Glam aggrottò la fronte, aggiustandosi la cravatta, mentre si specchiava.

“Ehi, Rob, la vuoi smettere?” – e sorrise a propria volta.

“Space cowboy, dovevano titolare, altro che!”

Geffen lo scrutò, notando una vena di isteria nel tono dell’attore, nonché i suoi occhi lucidi.

“Robert …”

“Quel che è capitato a Colin è terribile”

Il registro delle sue esternazioni, mutò di colpo, divenendo angosciato.

Downey scoppiò a piangere, memore delle aggressioni subite in passato, ma, soprattutto, degli abusi in carcere.

Era trascorso un secolo da allora, ma non sarebbe stato mai abbastanza.

Glam lo abbracciò con delicatezza – “Ehi Rob … Calmati … Tesoro guardami” – e gli sollevò il viso, ponendo l’indice sinistro, sotto al mento dell’artista.

“Scusami è che questa storia poteva finire male e”

“Ma non è andata così, ok?” – il suo sorriso era rassicurante e benevolo, come al solito.

“Grazie a te” – mormorò Downey, rifugiandosi nel suo petto.

“Mi sono trovato al posto giusto, nel momento giusto” – provò a scherzare, ma Robert stava ancora tremando.

“Scusami … ti ho macchiato la camicia e”

“Le stoffa asciugherà, non temere, ma le tue lacrime riescono a lasciarmi sempre segni indelebili: la tua sensibilità mi colpisce ogni volta, Rob” – e gli diede un bacio sulla tempia destra.




Jared vomitò anche l’anima, un secondo dopo essersi rifugiato nei bagni del reparto, dove Colin stava riposando.

Avevano fatto colazione insieme, ma il cantante aveva accumulato una tensione tale, da non lasciargli scampo.

“Ehi come va?”

La voce di HIddleston gli arrivò nitida, nonostante la porta chiusa.

“Tom, sei tu?” – ansimò, ancora accovacciato sul water.

“Hai bisogno di aiuto? Aprimi per favore”

“No … Sì, ok, ma non sono un bello spettacolo” – e tirò lo sciacquone, risollevandosi lento, mentre toglieva il chiavistello, con le dita tremanti.

Il sorriso di Tom illuminò l’ambiente circostante e Jared sembrò cadere tra le sue braccia, altrettanto stanche e snervate, per la situazione dei rispettivi compagni.

“Coraggio Jay, questo periodo passerà” – provò a consolarlo il terapista, con aria triste.

L’arrivo di Reedus, sembrò spezzare qualcosa.

“Ehi ciao Norman” – lo salutò Tom, un po’ spiazzato, senza lasciare comunque andare via Jared dalle sue ali.

“Non volevo disturbarvi … Ciao Tom, c’è Chris che chiede di te ecco” – replicò in imbarazzo il poliziotto.

“Jared non si è sentito bene, ora vado”

Leto rimase zitto, poi si appoggiò ai lavabo – “Me la posso cavare, ti telefono più tardi Tom, vorrei parlare un po’ insieme a te, se puoi”

“Andiamo a pranzo al Dark Blue, così prendo qualcosa a Chris, prima che inizi il dosaggio pre – operatorio: sarà una tortura per lui mangiare ancora più sano e liquido” – spiegò in lieve agitazione.

“Ci troviamo da Brent e Louis all’una, ok?”

“Ok, a dopo … Ciao Norman, ci si vede”

“Sì, certo, arrivederci …”

Reedus e Leto rimasero da soli.

Senza guardarsi.

“Ho saputo di tuo marito” – esordì lo sbirro, stranamente impacciato, davanti ai fanali di zaffiro, riflessi nello specchio davanti a Jared.

“Non lo è … Lo diverrà di nuovo, alla vigilia di Natale” – e gli mostrò la fede, che Farrell gli aveva donato il giorno prima.

“Ok …” – Norman sorrise, prendendo una salvietta e porgendola al leader dei Mars.

“Grazie … Tu stai indagando su Mikkelsen e su Will?”

“Più o meno … Non posso parlare dei casi che sto seguendo”

“Non è il tipo di conversazioni che amo di più, in effetti, non temere” – anche Jared sorrise, più rilassato – “Torno da Cole, ti saluto”

“Sì, salve” – e si fece da parte, lasciandolo passare.




Mads si stava chiedendo se a Will, qualcuno, un giorno, in prigione, avrebbe imposto ciò che il suo compagno, adesso, gli stava invece donando con tanto amore.

Inginocchiato ai suoi piedi, rinchiusi in uno dei bagni padronali, al sicuro, per quindici minuti di intimità assoluta

Prima una doccia insieme, più intima nei gesti, di qualsiasi rapporto sessuale, anche se a farlo venire con la bocca, Graham era indescrivibile, per passione e bravura, subito dopo, sistemato su di un tappeto di spugna soffice e vaporosa.

Le dita del chirurgo, assicurate per milioni di dollari, mescolavano i suoi capelli corvini e Will si impegnava ancora di più, sentendosi al sicuro, accudito, amato, da Mikkelsen, in piena estasi, ma roso da quel dubbio orribile.

Il suo futuro consorte non doveva finire in prigione a vita o, peggio, a percorrere il miglio verde, per poi essere giustiziato, in qualche penitenziario californiano.
Lui non poteva permetterlo.
Assolutamente.

“Te tesoro … asp aspetta Will”

Un respiro più profondo e Mads lo sollevò, brandendogli le spalle magre per poi baciarlo.

“Vienimi dentro” – ansimò Will, collidendo con i loro visi, in una carezza madida e prolungata.

Ricaddero, stendendosi, per poi ricongiungersi.
All’infinito.




Jared sparse i crostini nella zuppa di verdure, che Louis gli aveva appena portato sorridendo, mentre per Tom aveva preparato un’insalata ricca di germogli di soia e gherigli di noci, associati a pomodori, lattuga, rucola, cetrioli, carote e mais, in un tripudio di tonalità, che mettevano allegria, nonostante il pessimo periodo.

“Stavano pestando Colin ed io ero in clinica, con Glam, capisci?”

Leto riprese il discorso, a tono basso, ma inquieto, guardando di tanto in tanto il suo interlocutore, che gli stava bucando l’anima con le proprie iridi celeste cielo ed il silenzio, della sua attenzione.

“Abbiamo …” – Jared tossì – “… abbiamo concepito la bambina, ecco”

“Avete raccolto il seme di Glam, per Stella, giusto?”

“Infatti, ma non è stato corretto, non è stato come doveva essere, Glam poteva pensarci da solo invece io ho avuto una delle mie brillanti idee!”

Hiddleston rise, masticando – “So che non dovrei, con quello che è capitato a Colin, ma sei così buffo, in queste tue esternazioni, Jay”

“Sono assurdo nelle mie azioni” – obiettò, passandosi le mani tra i capelli.

Tom inspirò – “Tu lo ami ancora così tanto”

“Non riesco a gestire un distacco definitivo”

“Da entrambi, direi, però loro non rinunciano a te, non danno un taglio netto al legame, che vi unisce, Colin vuole impalmarti per l’ennesima volta e”

“Nel senso che non c’è limite al peggio, Tom?” – bissò secco ed un po’ risentito.

“Mai detto questo” – il fisiatra sorrise mesto.

“Posso allora considerarlo un concorso di colpa: dovrei rinfrancarmi perché ho dei complici?”

“Tu sei amato, ma questa cosa, negli anni, sembra che ti abbia soffocato, anziché rinvigorirti e spronarti a dare il meglio di te, come essere umano Jared, non trovi?”

Leto inarcò un sopracciglio.

“Non sei il primo a dirmelo”

“Forse non esisteranno mai emozioni sufficienti a colmarti un vuoto interiore, che nessuno è stato in grado di superare, come ostacolo in ogni legame, che sei in grado di creare, con chiunque, facendo capitolare uomini come Geffen”

“Tu e lui avete un’amicizia speciale, vero Tommy?”

Hiddleston rise – “In principio è stata una burrasca, perché come paziente, Glam, si è rivelato un’autentica sfida, per me: rimetterlo in piedi, esortarlo a non mollare, con quel caratteraccio impaziente, è stata dura, credimi”

“E poi?” – la voce di Leto si fece dolce, contemplativa.

“Poi … Poi lui mi ha sempre un po’ corteggiato, non so spiegarti, non ha mai trasceso o detto frasi inopportune, ma ha sempre esternato una certa ammirazione, nei miei riguardi, è un tipo galante” – ed arrossì adorabile – “… Chris lo ha detestato parecchio, prima di cambiare idea e temo non l’abbia mai cambiata completamente!”

“Chris ucciderebbe per te e Luna, farebbe qualsiasi cosa”

“Anche Glam, per te, non ho dubbi”

L’artista si ammutolì, rivisitando mentalmente episodi ormai inghiottiti dal tempo.

“Forse tu e lui, sareste stati una coppia perfetta, Tom …”

“No, impossibile” – replicò netto.

“Credi?”

“Nessuno invaderà il suo cuore, come hai fatto tu Jared: peccato non riuscire ad apprezzarlo o semplicemente viverlo, questo amore, così intenso, così assoluto … Ora avrete questa bimba insieme? La riconoscerai anche tu? E a Colin come lo spiegherai? Non pensi di pretendere troppo, da lui?”


https://www.youtube.com/watch?v=Les39aIKbzE



Reedus passò alla residenza di Mikkelsen, per porre sia a lui che a Graham alcune domande di rito, prima dell’udienza, alla quale Will non avrebbe comunque partecipato.

Si trattava di un passaggio più che altro burocratico, con la revisione delle prove e la scelta della giuria, in un meccanismo in parte rinnovato dalla legge statunitense.

Per lui, fu quasi penoso vedere come Mads si stava congedando dal fidanzato, intento a coccolare i loro randagi, nel salone della villa, dove anche il resto degli agenti, ci rimaneva sempre più male, nel separare la coppia.

Certo potevano nascondere anche l’essenza di un mostro, dietro a quella patina di tenerezza, di sincero altruismo, di educazione innata, però era complicato non credere alla rispettiva buona fede e spontaneità.

“Tesoro è tardi, la squadra deve rientrare, avranno i loro impegni” – disse composto il più anziano, mentre Will si rialzava dal tappeto, dove quel rimescolio di zampe e code, lo stava ancora reclamando, come il cuore dell’uomo, che un tempo Graham disprezzava, seppure amandolo.

Un poliziotto gli si avvicinò, per ammanettarlo, come di consueto, ma il suo superiore lo bloccò – “No, lascia stare, il dottor Graham non farà sciocchezze, vero?”

“Assolutamente no … Ciao Mads, ci vediamo domani, ok?”

Si abbracciarono, castamente, ma qualcosa, nei loro occhi, spezzava l’anima a chi li stava osservando.
A Norman soprattutto.




Mark non sapeva dove mettere le mani, si sentiva impacciato come non mai, nell’attendere Niall, nell’androne di ingresso al planetario.

Intorno a sé, c’erano sculture particolari, teche con reperti lunari, video a rotazione sulle missioni, anche quelle recenti, verso Marte.

E poi la musica.
Era Mahler.

Scivolava lieve tra le pieghe dei suoi ricordi.
Quelli che lui avrebbe conservato, di Niall, per l’eternità.

L’atmosfera aveva un che di indefinibile, le sue pulsazioni sembravano galleggiare, mentre Horan stava tardando.
Forse non sarebbe arrivato mai, Pensò Ruffalo.

Sbagliando.

Quei passi leggeri, il suo profumo vibrante di note primaverili, in quel cammino verso l’inverno, lo destarono da una sorta di trance ad occhi aperti.

Quelli di Niall, adesso, erano puntati su di lui e si avvicinarono in un battito di ciglia, bagnate, tremolanti.

Mark le percepì nel proprio collo, stringendolo forte a sé.

§ Amore … §

No, non poteva dirglielo.
Non poteva con tante cose.

“Ciao piccolo” – gli uscì dalla gola, in un suono strozzato.

Quei maledetti violini, quei meravigliosi suoni, a colorare l’aria, dove non c’era più abbastanza ossigeno per respirare.

“Ciao Mark”

Il suo candore, era immutato.
Niall un angelo, per il quale nulla era mai stato semplice.

“Grazie per essere qui …”

“La tua lettera era bellissima … Mi ha colpito”

“Erano solo poche frasi, forse confuse” – balbettò il professore, tenendolo per le mani, mentre se ne stavano in piedi, speculari, davanti alla cartina delle galassie.

“No, anzi … Anch’io, comunque, ti vorrò bene per sempre Mark e, come per te, non riesco a farne a meno”

“Sono stato severo e”

“Ed io no?” – Horan sorrise, frammenti di stelle nei suoi occhi irrequieti – “… Non ti ho dato nemmeno una possibilità e tu sai di cosa parlo, vero?”

Ruffalo fece un cenno, poi lo avvolse, intorno alle spalle, portandolo ad accomodarsi sopra ad una panchina appartata.

“E se ricominciassimo da oggi, Niall? In un modo nuovo, senza cose non dette, a viso aperto, ecco”

“Sono d’accordo … Hai compreso le mie scelte, le hai metabolizzate a fatica, ma ci sei riuscito”

“L’ho messo nero su bianco, Niall, sono in terapia anche per questo, ma ne ho piena consapevolezza, credimi”

“In terapia? Mi dispiace se ti ho creato dei problemi”

“No, tu mi hai innescato dei dubbi, delle riflessioni, tesoro, non sentirti in colpa per questo, non devi” – replicò con tenerezza, dandogli un buffetto e poi un bacio fugace sulla guancia sinistra.

“Ti voglio bene Mark”

“Anch’io … così tanto, che neppure immagini”

Si riabbracciarono, commossi.

Se fosse stato possibile, forse avrebbero portato indietro le lancette di quell’orologio immaginario, che incede, sullo sfondo di ogni esistenza.
Forse.