domenica 29 dicembre 2013

One shot – Snowing the darkness

One shot – Snowing the darkness



Louis’s Pov


Nevica.

Harry è alle mie spalle.
Avvolge il mio corpo, in questo letto disfatto da ieri sera, quando siamo arrivati in una baita ad alta quota, sulle Alpi francesi.

In verità siamo scappati.
Qui.

Lontani da ciò che gli altri pretendono da noi.

Sono felice, dopo non esserlo stato più per mesi.

Si sveglia; sento le sue ciglia farmi il solletico alla nuca.

Guardo fuori, intrecciando ancora più forte le mie dita alle sue.

“Dio quanta …” – sussurra, baciandomi tra i capelli arruffati – “… rimarremo bloccati qui Boo”

“Magari” – sospiro, voltandomi.

Voglio baciarlo, mentre lo riporto tra le mie gambe.

Sembra già sera, mentre invece è mattina presto.
Una perturbazione vastissima, gracchia la radio rimasta accesa a basso volume.


Voglio sentirlo dentro di me e per farlo stare zitto, lo bacio con insistenza.

Harry non si lamenta, anzi, mi accoglie nella sua bocca, mentre il suo corpo si accoccola nel mio, gemendo piano, in movimenti sinuosi, capaci, esperti.

Vibriamo di un amore, che non ha eguali.

Siamo presuntuosi, forse, ma altrettanto disperati.

Abbandonati.

Anche se siamo insieme, ora.
Peccato non durerà mai abbastanza.


Gli impegni, i contratti firmati, fuggendo da un quotidiano arido di speranze, di prospettive.

Questo sogno ci è piombato addosso troppo in fretta, con il suo successo, le sue regole, i suoi limiti, i divieti, la discriminazione verso ciò che era nato in noi come un fiore senza nome.


Eppure il mio amore ce l’ha un nome.

Harry Styles.

“Ti amo Harry”
Quasi piango.
Venendo, mentre lui viene.

E’ così bello.

Spalanco le palpebre, voglio guardarlo, anche se c’è poca luce in questa stanza, fatta di legno profumato, tendaggi rossi e verdi, addobbi in paglia e spighe dorate.

C’è persino un albero di natale vero.

E’ tutto così.

E’ tutto vero, tra noi, quando sono unicamente con Harry.

E lui con me.


“Ti amo tanto Louis …” – ripete, tornando a baciarmi, addormentandosi, senza uscire da me.

Nessun distacco mi farebbe più male, adesso.


I fiocchi diventano opachi, poi neri, come tutto intorno.

Ho richiuso gli occhi.

I miei cieli, come li definisce amorevole Harry, così le sue giade, screziate di un verde indefinibile.

E bellissimo.

Continua a nevicare, mentre lo stringo saldo a me, con gambe e braccia.

Sono esile, ma se Harry mi ama, neppure una roccia potrebbe risultare tanto solida.


Mi sgretolerò domani.

O poco dopo.

Quando torneremo sotto i riflettori, senza aspettare che questa coltre di ghiaccio si sciolga, perché non ce lo permetteranno.

Mai.




The end




lunedì 23 dicembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 231

Capitolo n. 231 – zen



“Domani è il suo compleanno …”

“Jay …”

“Quando il suo sorriso diventerà polvere … ed il suo sguardo cenere … Che ne sarà di noi Colin?”

Leto lo disse inginocchiato sulla sabbia, le mani contorte contro l’addome, il busto piegato in avanti, quasi a ciondolarsi nel vento.

Farrell rimaneva in piedi ad un metro da lui, incapace di dargli un minimo di pace.


“A volte penso che Glam sia stato il collante della nostra storia o comunque un elemento fondamentale, sai? Quando non ci sarà più, il mio dolore rovinerà per sempre il nostro matrimonio … impazzirò, senza riuscire a metabolizzare questo lutto” – disse in lacrime.

“Jay ascolta” – e lo abbracciò, abbassandosi anche lui – “Noi ci faremo aiutare, non sarà semplice, ma se lo vorremo, potremo salvarci, non credi?” – chiese fissandolo angosciato.

Il cantante lo guardò a quel punto, scuotendo la testa.

“La mia stabilità emotiva è andata a farsi fottere Cole … Sono stato una bestia con Jimmy … Ho fumato dell’erba e … e l’ho molestato” – rivelò senza più lacrime, pervaso da un’improvvisa alienazione.

“Jared …” – l’irlandese era costernato, ma non si mosse.

“Come puoi sopportare ancora la mia vista Colin??” – gli urlò disperato in faccia.

Lui lo strinse.
Lo strinse forte, senza dire niente.



“Io … io temo che non potrò farcela sai cucciolo?”

Geffen quasi lo sussurrò, nella semi oscurità della stanza, con Lula accanto, che gli massaggiava l’incavo all’altezza dello sterno, dove gli spasmi sembravano essersi calmati.

“Non erano questi i patti, papà” – gli sorrise, gli occhi grandi e lucidi.

“Tu … tu hai ragione” – ansimò, il petto che si gonfiava di respiri grevi.

Erano da soli.

Scott e Robert erano scesi nel living a preparare un caffè.

“Eppure se questo è l’inizio della fase peggiore … la malattia Lula …”

“So che stai male, però non devi arrenderti” – disse serio, senza smettere di toccarlo in quel punto.

“La morfina non mi basta … forse adesso funziona, ma domani …”

“Domani andrà un po’ meglio …”

“So che faresti l’impossibile Lula, per me, però”

“Lo sto già facendo …” – sorrise ancora, ma dalla sua fronte caddero delle gocce di sudore.

Stava assorbendo il malessere di Glam e l’avvocato se ne rese conto.

“Amore cosa …?”

Lula si accasciò, crollando in un sonno profondo.
Era stremato.

Geffen lo strinse, cullandolo.
Lo baciò tra i capelli, iniziando a mormorare una cantilena, che ricordava di avere ascoltato anni prima alla fondazione.

Fu come un frammento di vita, che tornava in superficie, da un passato, dove Glam aveva dato un senso al suo cammino, senza più rancori o sfide.

La più importante la stava perdendo: paradossalmente non serviva combattere, ma non poteva arrendersi.

La salvezza era un’incognita assoluta: solo Lula riusciva ancora ad infondergli un minimo di speranza.

A Geffen non restava che aggrapparsi ad essa, anche con l’ultimo briciolo di forza rimastagli: non aveva alternative.



“Sarà sempre peggio, vero Scott?”

Il medico rimase in silenzio, scrutando Downey.

“Robert dovresti avere cura di te, dopo quanto hai passato e non solo di recente”
L’artista ricambiò lo sguardo intenso.

“Per il mio cancro? Il mio sistema immunitario? Il tentato suicidio?” – prese un respiro – “Tutto passa in secondo piano, dopo quanto abbiamo visto oggi” – concluse assorto, sorseggiando una tisana bollente.



Il busto dorato di Louis, si muoveva sinuosamente nella luce del tramonto, che sembrava accarezzarlo, come i palmi tremolanti di Harry, disteso al centro del letto, mentre gli risaliva dentro, ad occhi chiusi, colpevoli.


Tra scatoloni ammassati negli angoli, i segni lasciati dai quadri tolti dalle pareti, le mensole vuote, il loro giaciglio disfatto e spoglio, ma vivo di loro, come non mai.


Era meraviglioso il contatto, il percepirlo così bagnato, che ad Harry, per un attimo, sembrò di avere fatto solo un brutto sogno, ripensando a Sylvie.

Certo gli aveva dato piacere ed era stato troppo strano quel sentirsi in grado di poterle andare a genio e di riuscirci, con lei, ad avere un rapporto sessuale completo.


Ora il sorriso di Louis, gli arriva dritto addosso, come una condanna inconsapevole: il suo Boo divampava in quell’orgasmo, accelerando il ritmo e lasciandosi impalare senza più alcuna premura.

Voleva godere e fare sì che altrettanto accadesse al suo Harry.

Collisero, esplodendo appagati.

Lou crollò su Haz, estasiato e sconvolto.

Si avvinghiarono, come al solito: l’esigenza di non sentirsi così adulti era impellente; una parte del loro mondo era ancora fatta di giochi alla play station e pomiciate, seduti nell’ultima fila di un cinema.


Il futuro poteva piombargli addosso come neppure riuscivano ad immaginare, purtroppo.

E l’età di quell’innocenza sembrava volgere in un disincanto, quasi banale, dove ferirsi ed uccidersi, a poco a poco, sarebbe diventata la … normalità.



Brent aprì con un sorriso, che immediato si spense sul suo bellissimo volto.

“Papà …”

“Buonasera figliolo … Scusa se non ti ho avvisato, posso entrare?”

Si era tolto il cappello, imbarazzato; era in divisa.

Brent spuntò dal corridoio laterale, avvolto in un asciugamano piuttosto ridotto, mentre con un secondo si stava tamponando i capelli.

Lui e Brent volevano uscire per una pizza e si stavano preparando.


“Salve signor Laurie” – si rivolse a lui, educato, l’ufficiale.
“Salve colonnello …” – replicò lo psicologo, ponendosi tra l’uomo ed il fidanzato, indietreggiato nel frattempo di alcuni passi.

“Posso dunque?” – richiese, senza alcuna veemenza.

“Ok … se per Brendan va bene …”

“Certo, si sieda dove vuole … avremmo un impegno, con suo figlio”

“Mi dispiace, avrei voluto fare una telefonata, ma mi sono reso conto che Brent ha cambiato numero … credo”

“Sì l’ho fatto. Come mai sei qui?” – si intromise il giovane, asciutto.

“Ho ricevuto diverse e-mail … da Harry”
“Gli ho fornito io il tuo indirizzo di posta elettronica”

“Sì, nessun problema. E’ di ciò che mi ha scritto, che volevo parlarti. Adesso.”



Kiro fu accolto da Scott e Robert con perplessità.

“Glam mi sta aspettando … E’ qui?”
“E’ di sopra …” – gli indicò Downey.

Il giapponese portava con sé una grossa valigetta nera.

“Ok, volete avvisarlo?”

“Ciao Kiro, vieni pure”

Geffen si affacciò, vestito di una tuta bianca.
Era affascinante, anche se provato.


“Ehi boss, allora ci sei … Ok arrivo” – e salutò frettoloso il medico e l’artista, che si scambiarono un’occhiata esaustiva, su quella visita inattesa.



Geffen lo fece accomodare nel proprio studio privato.

“Qui staremo tranquilli … Come stai Kiro?”

“Bene e tu? Qualche speranza?” – chiese serio.

“Nessuna. Hai portato ciò che ti ho chiesto?”

“Certo …” – ed aprì quell’involucro, rivelando un grande contenitore in plexiglas, di forma rettangolare, con incastrato nel centro un secondo, di forma circolare: nel perimetro esterno a questi, una decina di serpenti sembravano vorticare in una danza macabra.

“Ma possono respirare?”

“Sì Glam, ci sono le micro bocchette di aereazione, vedi?”

“Già … E’ da lì che arriva questo tanfo?” – e si tappò naso e bocca, disturbato da quel fetore.

“Appunto … Efficace al cento per cento con i cani anti droga dell’aeroporto, sai?” – e rise.

“Bene … Quante sono?” – ed indicò le bustine di erba bene allineate nel cerchio.

“Duecento dosi … Ci sono quattro strati … Un attimo e” – Kiro fece scattare dei blocchi, liberando il contenuto, che scivolò sulla scrivania.

“Il signore è servito” – esclamò il nipponico, con una sorta di reverenza.

Geffen inspirò, scrutando ancora quello strano scrigno.

“Medusa …” – mormorò – “Ed i suoi tentacoli che si allungano su di me, per portarmi all’inferno … Dove merito di finire, a quanto pare” – affermò, guardando poi Kiro.


“Nessuno merita il cancro. Nessuno.” – affermò lui, mordendosi poi le labbra ben disegnate, mentre richiudeva il tutto nella ventiquattrore.


“Ti vedi ancora con l’agente Costa?” – domandò Glam, offrendogli da bere.

“Sì e no …”

“Quanto ti devo, Kiro?”

“Duecentomila … eravamo d’accordo …” – disse con un’esitazione

“Certo. Ne aggiungo diecimila, per il disturbo e … La solidarietà” – rise un po’ di sbieco, aprendo la cassaforte alle sue spalle.

Kiro ne sbirciò il contenuto, notando un revolver di grosso calibro.


“E quello a che ti serve big Geffen?” – domandò cauto.

Glam richiuse, sbuffando – “Se una mattina mi sveglierò più codardo del solito … se non dovessi più resistere … Nemmeno con la tua magica droga del sol levante …” – sorrise, scuotendo la testa.

“Mia madre ti manda questa” – e gli passò una boccetta scura.

“Una pozione d’amore Kiro?”

“Ma no …” – rise più rilassato, mettendo via il denaro in una tasca interna del suo giubbotto in pelle – “E’ un antidolorifico … Certo un po’ speciale” – e gli fece l’occhiolino.

“Estratto da qualche animale in via di estinzione? Sono contro questi abomini” – e gliela ripassò alterato.

“No, niente del genere Glam: solo erbe” – gli assicurò il giovane, per poi andarsene, senza che Geffen lo accompagnasse.

Ormai era sera.

Colin e Jared erano seduti a metà della caletta: si erano accesi un fuoco e Lula gli aveva portato delle coperte, restando lì con loro.

Il bimbo parlava di qualcosa, che li faceva ridere sereni.

Era una bella immagine.


L’ultima di quella giornata difficile.


Geffen se la stava come gustando dal terrazzo, pervaso da una quiete malinconica e dolcissima.






giovedì 19 dicembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 230

Capitolo n. 230 – zen



La causa Mayer era stata vinta anche grazie alle ricerche svolte da un’orgogliosa Sylvie.
Certo il contributo maggiore, lo aveva dato Harry, grazie ad una splendida intuizione, grazie alla quale Marc aveva sbaragliato l’accusa.


“Prendo dello champagne!” – esclamò lei, dopo avere buttato il trench sul divano del proprio loft.

“Non dovevi andare a prendere Alain?”
“Esce due ore dopo, danno una festa di compleanno all’asilo … Ma dove l’ho messo?”


Haz si guardò intorno, poi si tolse le scarpe, troppo strette per il suo piede.
Le aveva acquistate nonostante fossero di un mezzo numero inferiore al suo: gli piacevano troppo ed erano le ultime rimaste, ad un prezzo stracciato, nel negozio dove di solito si serviva anche Geffen.

A piccoli passi, il giovane stava varcando gli ingressi mondani o meno, dove la casta legale di Los Angeles si muoveva da anni.


“Eccomi, tieni i bicchieri Harry” – Sylvie rise, versando un ottimo Christal.

“Accidenti e quella dove l’hai presa?”
“Regalo del boss lo scorso Natale … La conservavo in frigo per un evento importante e questo lo è, no?”

“Certo … salute”
“Salute …”

Si guardarono.

Erano euforici, ma, a poco a poco, quella sensazione si trasformò in qualcosa di vagamente imbarazzante, perché non riuscivano a trovare le parole per continuare un qualsivoglia discorso logico.

Così la logica prese il volo dalla finestra aperta ed iniziarono a baciarsi, un po’ confusamente, un po’ forsennatamente.

Sylvie era bella e sensuale, sempre elegante nei suoi tailleur attillati.


Harry non ci faceva caso, anzi, era diventata un’abitudine.

Mentre in quelle due ore, che seguirono a quel primo, infuocato approccio, tutto si trasformò in un’eccezione.

Una pericolosissima eccezione.


Senza freni arrivarono al letto, consumandosi a vicenda, come nemmeno avrebbero potuto immaginare, scherzandoci sopra, cosa che peraltro non era mai avvenuta.

Forse una sequenza di pensieri proibiti reciproci, aveva covato in quei mesi, sotto una sottile ipocrisia: forse si piacevano, ma il legame di Harry con Louis, impediva a Sylvie di esporsi o forse era semplice tensione erotica, esplosa nel tipico istante in cui il successo e le ambizioni, azzerano ogni criterio, nutrendosi di un cibo appetitoso ed invitante: il sesso, nudo e crudo.



Con una donna, Haz, non ci era mai stato; qualche flirt ai tempi della scuola, ma lui era il secchione, era il genio, certo carino, ma dava l’idea di annoiarsi a morte quando parlava con qualunque minigonna gli passasse accanto.

Era in un certo senso inavvicinabile.

Innamorarsi di Louis, poi, aveva annullato qualsiasi interesse, ma il senso di inadeguatezza, il terrore di essere escluso anche dalla società, dopo che la sua famiglia lo detestava, lo avevano spesso portato a delle profonde crisi di identità.

E Boo ne aveva fatto le spese.

Amaramente.



Jared sparecchiò in silenzio.
Robert lo guardava, lavando i piatti.

Erano soli nella cucina di Palm Springs.

“Saliamo a prendere una boccata d’aria, dopo?” – chiese il cantante.

Downey annuì – “Glam non ha mangiato quasi niente”

“Sì, ho notato … Nascondeva persino il cibo tra i due piatti, come fanno gli anoressici …”

“Mio Dio … sì ho bisogno di respirare, andiamo nel solarium Jared”

“Ok, tanto qui abbiamo finito …”



“Due settimane Vincent, mancano due settimane, ci pensi?”
Louis rise, finendo la seconda porzione di gelato, sotto lo sguardo amorevole del francese.

“Già mon petit, come ti senti?” – chiese sorridente.

“Entusiasta … e … me la sto facendo sotto!” – rise di nuovo, era bello da impazzire nei suoi pantaloni alla pescatora bianchi, la maglia a righe blu e le infradito.

Sembrava un marinaio in licenza; era esploso il caldo di fine marzo.

“Vedrai che sarà tutto perfetto … A proposito ed Harry?”
“In aula, come sempre … stanotte non ha quasi dormito, perché c’era un’udienza difficile … Saprò distrarlo quando rientra” – ed ammiccò simpatico.

“Ne sono certo … Ed il trasloco?”
“Ho imballato tutto, domani viene un furgone: ai mobili ci ha pensato il nonno, cioè li abbiamo scelti noi e lui li paga … E’ incredibilmente generoso, come faremo a sdebitarci?” – domandò perplesso.

“Dovrete essere sempre sinceri nel vostro affetto verso Antonio: lui è un uomo tutto di un pezzo e ci tiene ad avere accanto delle persone oneste e schiette … Come sei tu, amore mio” – e gli diede una carezza sullo zigomo destro.

Boo avvampò.



“E’ storta”

“Cosa?” – Harry sobbalzò a quella sorta di invettiva, da parte di una Sylvie nervosissima, almeno quanto lui, teso come una corda di violino.

Dopo.


“L’allacciatura della tua camicia” – spiegò lei, sparendo poi nel bagno, ancora mezza nuda.


Lui non vedeva l’ora di andarsene e, con scarsa galanteria, si stava rivestendo in fretta e furia.


“Sylvie potresti uscire un secondo?” – e bussò piano.

“NO!”

“Ok … ti telefono più tardi …” – bissò mesto.

La ragazza spalancò la porta, in accappatoio, dopo una doccia veloce.

“Meglio che non ci sentiamo per qualche giorno, per fortuna c’è il week end di mezzo!” – sbottò.

Harry prese fiato – “Senti eravamo in due di là, in quella camera, mi stai trattando come se”

“Taci! Ho sempre difeso Louis e non dovevo fargli questa carognata, accidenti a me! Ed in quanto a te, hai confermato la mia opinione: sei un bastardo!” – e richiuse, a chiave, accedendo la radio, così da non ascoltare le eventuali proteste di Haz.

Le stesse morirono sul nascere, causa una telefonata di Boo, che fece schizzare il cuore in gola ad Haz.
Si tirò dietro la blindata e rispose.

“Tesoro ciao!”
“Harry ti disturbo, sei in tribunale?”

Il suo tono era cristallino e puro, come il suo cuore.

Harry si sentì un’autentica merda, come mai prima di allora.

“No, no amore, sto tornando a casa”
“Sul serio? Bene, quindi avete risolto?”

“Certo, Hopper ha avuto successo …”

“Perfetto, siete un team formidabile …” – replicò lui sereno.

“Tu dove sei Boo?” – quasi balbettò.

“In auto con Vincent, abbiamo pranzato insieme, ora mi porterà al nostro ex alloggio … Ma stai bene Haz, mi sembri un po’ strano …”

“E’ tutto a posto, solo uno scarico di tensione …”

“Capisco … Ok! Ci vediamo tra pochissimo … già mi manchi” – disse sincero.

Lux ebbe una fitta, ma ci aveva fatto il callo.

“Non vedo l’ora Lou … Non vedo l’ora, ciao …” – e riattaccò, rifugiandosi in macchina, senza più trattenere un urlo e lacrime pesanti, di vergogna assoluta.



Scott li notò affacciati alla terrazza e fece un cenno a Rob e Jay, ma Lula lo distrasse.

“Zio la fai una partita con me alla Play? Tanto papi dorme, lo visiti dopo!”

“Ok soldino … ti seguo …”



Downey strinse la balaustra.
“Non riesco più a guardarlo negli occhi, capisci?”

Leto gli si avvicinò – “E’ tuo marito, avete Camy e Dady, lui si è impegnato a guarire, andando in clinica … Dovresti dargli un’ultima, estrema possibilità, non credi?”

“Solo perché sono andato a letto con Chris?!” – lo investì, anche con le sue iridi liquide.

“Rob senti …”

“E con Glam? Jude neppure lo sa … sono stato un pazzo …”

“Abbiamo fatto tutti dei casini … io ho …”
“Cosa?!”

“Ho fatto un casino con Jimmy …” – confessò piano – “E Cole è all’oscuro di questo … abbiamo fumato dell’erba e poi … Poi ero su di giri”

“Ma stai scherzando?” – ringhiò puntandolo.

“Non è successo, non abbiamo scopato!” – bisbigliò a denti stretti il leader dei Mars, incrociando poi le braccia sul petto.

“E lui?”
“Jimmy era sconvolto, mi faccio schifo per quello che ho combinato … Ero venuto qui, trovandoti insieme a Glam …”

“Miseria Jared …” – e scrollò il capo – “Rimarremo invischiati in questo delirio sino alla fine …”

“Già la fine … non voglio neppure pensarci” – ribatté, gli zaffiri lucidi.

“Smettiamola … E’ un massacro insulso … Eppure con Glam, ciò che ci ha frenato è stato il benessere di Camilla … Poi è arrivata Diamond ed io credevo di avere ricostruito il mio rapporto con Jude, nel modo migliore … ero guarito anche dal cancro, non senza il sostegno di Glam, sia chiaro”

“So ciò che ha fatto per te, per voi … Sia Jude che Colin lo rispettano, gli sono affezionati … E’ il suo … potere … o la sua magia … di Glam” – e sorrise rapito, da ciò che Rob aveva sempre definito un amore totale.


Il grido dai piani inferiori, però, riportò entrambi a quel pomeriggio assolato e soffocante.
Presto sarebbe scoppiato un temporale.

Per Geffen, invece, una tempesta di laceranti fitte, era come esplosa tra le sue scapole, facendogli stritolare le lenzuola, con le dita madide e tremanti.


Jared e Robert si precipitarono da lui, incontrando nel corridoio Scott, già pronto con una siringa di antidolorifico.

“Tenetelo fermo!”

Geffen non smetteva di lamentarsi ferocemente.

Era come una belva ferita a morte, indomita nell’arrendersi, ma straziata dal dolore, sempre più allucinante.


Strappava il cuore ed a Jared sembrò di impazzire: incrociò lo sguardo sconvolto di Glam, atterrito dagli spasmi: lo avrebbe ricordato come la cosa più terribile avesse mai visto.

Un attimo dopo, i turchesi dell’uomo oltrepassarono la figura esile di Leto: questi si voltò, vedendo Farrell.

“Colin porta via Jay …” – lo supplicò Geffen.

L’irlandese era come scioccato.

“No! Non me ne vado via da te Glam!” – singhiozzò.

“Colin portalo via!!” – ruggì e l’attore gli diede retta, avvolgendo comunque con attenzione il busto di Jared, che sembrò spegnersi, districando le sue mani da quelle di Geffen, che aveva preso, provando a calmarlo.

Inutilmente.







martedì 17 dicembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 229

Capitolo n. 229 – zen


Downey mise il segna libro a metà di quel romanzo; era una trama romantica, molto distante da ciò che sentiva in quel momento.

“Rob …?”
La voce di Law era flebile: si era svegliato lentamente, sorprendendosi nel vederlo lì, al suo capezzale.

“Buongiorno Jude” – lo salutò con un sorriso dolce, anche se un po’ forzato, dandogli anche una carezza sulla fronte stempiata.
Vi posò persino un bacio, alzandosi, per recuperargli un bicchiere d’acqua.

“Ti ringrazio …”
“Bevi piano … vuoi che ti sistemi lo schienale?”

“Sì Rob, grazie …” – disse timido.

“Hai fame? Dico all’infermiera di portarti la colazione”
“No, rimani qui … Se vuoi ovvio” – ed abbozzò un sorriso, provando a calmarsi.

L’americano si accomodò nuovamente, senza convinzione, altrettanto in imbarazzo.

Si rese conto dell’avvampare del marito e provò a tranquillizzarlo.

“Non sono qui per discutere, Jude o per chissà cos’altro tu stai pensando ora … Cerca di guarire, le bambine hanno bisogno anche di te” – affermò fingendo serenità.

Law allungò la mano destra, non senza tremare.

“Mi dispiace Robert” – e gli sfiorò incerto l’addome, contratto sotto il maglioncino aderente, che gli stava una meraviglia.

“Lo so, lo dici sempre, non fai che ripeterlo ogni volta che riesci a farmi male come nessuno Jude” – disse fissando un punto lontano da quelle iridi di ghiaccio, che continuavano a toccarlo, in una maniera inspiegabile, legandolo a Law con un filo invisibile ed inossidabile.


“Perché non mi guardi Rob? … Ti faccio schifo, posso capirlo” – sospirò con afflizione sincera.

“No, perché dovresti? Per tante colpe io possa riconoscerti, non riesco a non amarti, però forse è un sentimento così malato e logoro, da non potermene liberare, come un vecchio reumatismo o … o peggio …” – ed avrebbe voluto sorridere, ma la commozione lo investì a pieno.


Law si sollevò, nonostante la debolezza, poi lo avvolse, tenendolo a sé, facendogli assaporare le proprie lacrime.
Così il suo dispiacere.



Jared si strofinò gli occhi, mettendosi seduto.

Glam dormiva, con un’espressione triste.

Il cantante avrebbe voluto svegliarlo, ma preferì scendere a preparare qualcosa da mettere sotto i denti: aveva stranamente appetito.


La villa era deserta; Pana e Daniel erano andati un paio di giorni a Parigi, prima di rientrare al lavoro.

Le foto di Lula capeggiavano su svariati mobili e Jared cominciò a guardarle, provando sensazioni intense.

Soldino di pochi mesi, malnutrito, che giungeva all’orfanotrofio, poi all’asilo, quindi a Los Angeles, ma anche in montagna oppure sulla spiaggia di Haiti, davanti al capanno andato a fuoco.
Nessuna più recente.

Piegati dietro ad una cornice, infine, dei giornali, pubblicati sull’isola, che parlavano dell’attentato, dove Lula venne gravemente ferito.

Gli articoli erano evidenziati con delle righe gialle fosforescenti, ma c’erano anche delle macchie: sembravano lacrime, su quelle frasi, dove qualcuno aveva fatto il reportage di quelle ore terribili.

Si parlava del figlio del noto Glam Geffen, in condizioni disperate, per le ferite riportate a seguito dell’esplosione.


Jared prese fiato, rimettendo a posto, ma la voce di Geffen lo fece sobbalzare.

“Cosa stai facendo tesoro?” – chiese un po’ brusco.

“Glam … ciao … Leggevo questi, come mai li tieni qui?” – ribatté avvicinandosi, per farsi abbracciare dall’uomo.


“Sono un ricordo … come gli altri, di Lula” – spiegò assorto.

“Sì, ma un po’ macabro e se lui li trovasse come ho fatto io?” – bissò con un bel sorriso.

“E’ già successo … credo, ma non hanno più importanza” – e, sciogliendo il loro incastro, Glam si diresse in cucina.

“Vuoi delle uova come me?” – Jared lo inseguì quasi.

“No, mi danno la nausea”

“Ops scusa …”

“Fa niente, è come se fossi una donna incinta, giusto per farti capire” – rise svogliato, appollaiandosi su di uno sgabello, per versare del succo tropicale.

“Quindi il caffè, i miei vegan burgy …”

“No, quelli mi hanno sempre fatto … ehm” – rise ancora, più rilassato.

Leto si strinse nuovamente a lui, che lo baciò con tenerezza.

“Ti amo tanto Jay …” – mormorò, scrutando i lineamenti di Leto, che affondò il volto nel suo collo, un attimo dopo.

“Anch’io … non so spiegarti quanto … è stato così bello ciò che abbiamo condiviso”
“Non accadrà più Jared” – e gli impose il proprio sguardo celeste e profondo.


“Posso capirlo Glam”
“No, non è per quello … La mia salute non centra”

“Veramente pensavo ad altre motivazioni, non ultima Robert” – e tornò dietro la penisola, dove aveva appoggiato il suo piatto, ormai raffreddatosi.


“Credo sia con Jude e non ho idea di come andranno le cose tra loro: ho provato a dissuaderlo, a resistere a questa specie di tentazione o dipendenza … Poi ho preferito farmi da parte, perché non c’è più nulla da cambiare o da aspettarsi … Vorrei combattere, ma per garantire quale futuro ed a chi, soprattutto?”

Jared inspirò – “Viviamo il presente, che ne pensi?”

“Tu sei il mio tutto, passato, presente e … Ok, è un’illusione” – sorrise, tendendogli le mani.

“Farei qualsiasi cosa per salvarti Glam”

“Una discutibile giustizia non terrena, non gestibile, lo impedirebbe: abbiamo avuto la nostra occasione e l’abbiamo sprecata … C’est la vie, come direbbe Vincent”

Si riabbracciarono.

“La cura in Svizzera sembra averti fatto bene” – disse speranzoso, accoccolandosi sulla spalla sinistra dell’avvocato.

“L’ennesima chimera Jay …”

Un lieve rumore li distrasse.

Era Downey.

“Perdonatemi … non volevo disturbarvi …” – disse mortificato in un sussurro.

Geffen tese le mani anche a lui, così Jared.

Robert si mosse lento, poi permise ad entrambi di coinvolgerlo in quel gesto caldo e solidale.

Piansero, i due amori di Glam, che li cullava, baciando le loro tempie, tremando tra i loro respiri, che gli davano la vita, come nulla su questa terra, da quando era nato.



Colin gli sistemò i cuscini, provando a distrarlo.

“Domani torni a casa Jude”
“Sì, Scott me lo ha detto …”

Farrell prese una sedia.

“Perché perdi ancora del tempo con me, Cole? Non lo merito”

“Non sparare cazzate”
“Dovresti stare con Jared”

“E’ da Glam … Questa volta rimarrà lì, non so per quanto tempo … Mi ha mandato un sms, poi stasera mi telefonerà …” – rivelò, senza inflessioni particolari.

“Anche Robert è andato a Palm Springs … Cosa dobbiamo aspettarci?”
“Lui non li ha mai abbandonati: ora tocca a Jay e Rob rendere il favore, dimostrare gratitudine, dopo che hanno preferito noi a Geffen …”

“Con questi risultati, per me Colin, ma tu non dovresti scendere al mio livello, sai?”

“Alti e bassi, abissi ed altari, nessuno di noi due è immune da periodi terribili e di colpe verso chi ci ha amati incondizionatamente: ci penso spesso, a quanto mi ha donato Jared … Ci siamo scelti, quando eravamo troppo incasinati, ma sapevamo che ne valeva la pena, almeno una parte di noi lo sapeva. Abbiamo stentato a decodificarla e ci siamo traditi, perduti, ripresi, ma, alla fine, ciò che ci lega è incredibile … I sentimenti per Glam non sono da meno, anzi, lui lo avrebbe reso felice senza le brutture, di cui mi sono macchiato … Eppure non potrei mai rinunciare a Jared e lui a me, ne sono sicuro, così sicuro da vivere questo periodo con pazienza … anch’io, glielo devo, a Geffen … anch’io, forse come e più di Jay.”



Una nevicata a Londra, mentre non era ancora primavera.

Forse l’ultima della stagione invernale, molto rigida quell’anno.

Chris rideva, prendendo a palle di neve Ivan, che, per difendersi, lo placcò, per poi metterselo sulle spalle, facendolo roteare e sculacciandolo a dovere.

Ridevano come due ragazzini.

Gli scatti dei paparazzi fecero il giro del mondo in poche ore.


Robert le stava osservando sul tablet di Jared: gliele aveva mostrate il leader dei Mars, con un sorriso, mentre l’attore tagliava l’insalata e Leto cuoceva delle alette di pollo, unico cibo che andava a Geffen.

“Sono splendidi Rob … e cotti” – Jay rise.
“Già … Sono contento per Christopher, era ora trovasse un equilibrio”

“Sì … infatti … che ne dici, lo metto il curry? Povera bestiola comunque …” – disse sconsolato.

Downey rise.

“Non saprei, chiedilo a Glam …”
“E’ con Lula … a proposito, le pizze, cavoli!” – ed aprì il forno, accorgendosi per fortuna che non si erano bruciate, non del tutto.


Le risa del bimbo risuonarono nella stanza, cariche di gioia.
Geffen schiuse le palpebre.

Lula era sul davanzale, a guardare l’oceano.

“Cucciolo …”
“Ciao papi!” – e volò sopra il letto.

“Dove sono gli zii?”
“Di sotto, a cucinare … anzi no, a fare casini!” – e rise ancora, adorabile.

“Vieni qui …” – e lo prese sul petto.
“Hai tanto male papi?”

“No … la morfina riesce a tenere sotto controllo le solite fitte, ma non sarà sempre così, vero soldino?”

Lula si inginocchiò, massaggiandolo all’altezza dello stomaco – “Ora devi mangiare papà … devi resistere … Anche quando penserai di non riuscire ad andare avanti, ok?”

“Ok …”

“Promesso?”

“Promesso, angelo mio …” – e si riassopì, dopo avere scorto delle nubi all’orizzonte, avvicinarsi inesorabili e cupe.