lunedì 21 novembre 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 83

Capitolo n. 83 – nakama



Le parole di Norman, gli stavano rimbombando nella testa, come colpi di pistola.
Come quelli, di cui aveva sentito parlare al telegiornale, prima di uscire, per recarsi al distretto, alla ricerca dell’ormai ex convivente.

Reedus, lo aveva portato in un angolo, di quegli uffici affollati, dove tutti lo avevano riconosciuto e salutato.


“Ho incontrato JD Morgan … Lo conoscevo, lo avevo arrestato anni fa … Mi ha detto tutto, ma la cosa peggiore è che mi ha aggredito e io … io …”

Le rivelazioni successive, furono quanto di peggio Rovia potesse immaginare.
Paul era stato scoperto, nel suo “adulterio”, ai danni di Norman, però questi, così quanto JD, lo aveva tradito biecamente.

Era assurdo: il figlio del giudice Nelson, non voleva credergli, ma Reedus non gli avrebbe mai mentito, su di una cosa del genere.

L’ex tenente si addossò ogni colpa.
Rovia era stato usato da Morgan, ma gettato via da entrambi.

Una follia.

Ora Paul camminava lento, sotto il temporale, senza una meta precisa.
Le mani in tasca, fradicio sino alle ossa esili, il cappuccio della felpa alzato, su quelle chiome lunghe e gocciolanti.
Finché non arrivò ad un parcheggio.
Pieno di lampioni accesi e macchine, in continuo movimento.

Aveva freddo.
Aveva solo voglia di farsi e di morire.

Subito.





Quando Reedus rispose a quell’ID sconosciuto, avrebbe dovuto riattaccare, usando il buon senso, ma non ci riuscì.

La voce roca e calda di JD lo trafisse.

“Dove sei?”   

“Da nessuna parte” – replicò spento.

“Scusa se ti ho rubato il numero, mentre facevi la doccia Norman …”

Silenzio.
E pioggia.
E lacrime.

“Mi chiedi scusa per delle stronzate, mentre hai rovinato la mia vita!” – ruggì, appoggiato a quella balaustra, a strapiombo sul mare.

JD prese un respiro e diede un’altra boccata, alla sigaretta consumata a metà, seduto sulla moquette di una nuova camera, in un motel più decentrato del precedente.

“Torna da me” – disse pacato, ma aveva il cuore in fiamme; eppure, JD, non voleva fare scenate o litigare.

“Tu … Tu sei pazzo” – singhiozzò Norman, crollando sull’asfalto.

“Ti mando l’indirizzo, ok? Poi … Poi fai come vuoi, ciao” – e riattaccò, senza più fiato.




Mads scrutò l’espressione infantile di Will, mentre questi, in auto con lui, al Mac Drive, stava assaporando il secondo hamburger vegano, con i baffi di maionese al riso, che lo rendevano oltre modo tenero, alla sua vista.

“Io avrei preferito portarti al Villa’s” – esordì affettuoso il chirurgo.

Graham fece spallucce – “Meglio qui … Ti piace?”

“Cosa? Questo mix di pollo, ribes e rucola?” – Mikkelsen aveva preferito un’insalata.

“Sempre ammesso che lo sia … Pollo, intendo!” – Will rise sonoro, imprigionando la cannuccia della sua cola, tra le labbra adorabili, pensò Mads.

“Prima hai messo a posto quel White, sei stato … brillante” – anche il più anziano rise di gusto.

“Veramente avrei dovuto farmi i fatti miei … Vero?”

“Comunque Jesse è il classico ragazzo, che smuove l’animo compassionevole, insito in ognuno di noi”

“Ergo ti piace, Mads?” – lo provocò, con innocenza.

“Volevo porti lo stesso quesito sai? E sono davvero geloso, Will, sappilo” – gli soffiò nel collo, posandovi un bacio rovente.

Graham deglutì a vuoto – “Andiamo a casa?” – sussurrò, rapito da mille sensazioni.

Mikkelsen riavviò la sua Bentley, riguadagnando il boulevard.

Senza fretta.





Robert non gli avrebbe mai mentito.
Geffen lo sapeva.

“Ci ho fatto sesso … E’ accaduto o almeno credo … Non so più niente Glam” – confessò avvilito.

“Ora dovresti riposare, poi parleremo, se vuoi”

“No, dobbiamo farlo ora, prima che torni Jude! A proposito, è con Hopper, vero?”

“Certo: mi hanno appena avvisato che non ci sono accuse formali. E’ una faccenda complessa Rob”

“Ok … Ti ho detto la verità, su Jesse, mentre per White non so niente … Ricordo che Jesse mi disse di dipendere da lui per la droga, gli serviva a studiare, a rendere meglio, capisci?”

Downey continuava a ripetere il nome di quel ragazzino cresciuto troppo in fretta, infastidendo non poco l’ex coniuge, che lo seguiva attento, da almeno quindici minuti.

“Robert ascoltami: da quanto mi ha riferito Marc, è proprio il contrario; White e Pinkman sono due fabbricanti di metanfetamine o almeno lo erano ad Albuquerque, dove ne sono successe di tutti i colori … L’FBI ha dato loro l’immunità totale, in cambio di alcuni pesci grossi; il resto, forse, te lo sei immaginato tesoro, in un’allucinazione collettiva, temo …”

“Che intendi dire?”

“Intendo dire, che anche Jude ed il sottoscritto ne sono stati coinvolti”

“Ma tu non rammenti nulla, giusto? Al contrario di me e poi, ti ripeto, Lula mi ha detto che è stato Pepe a salvarmi”

“Sì e non smetterò mai di ringraziarlo” – Glam sorrise, rassicurante.

“Ho … Ho visto soldino da adulto, sai? Quando gli ho chiesto spiegazioni”

“E’ un buon segno, vuole dire che vivrai, Rob … A me era capitato quando avevo il cancro, ecco”

“Siamo stati fortunati … Ad avere dei figli tanto speciali, vero Glam?”

“Certo … Ora prova a dormire, io mi occuperò di tutto, non pensarci più”

“Impossibile … Comunque, se non è chiederti troppo, vorrei che avessi un occhio di riguardo anche per Jesse: non è una cattiva persona”

Geffen annuì, anche se avrebbe preferito rifiutarsi, ma con Downey non ce l’avrebbe mai fatta.





“Ti serve qualcosa Walt? Hai fame?”

Pinkman glielo chiese con apprensione, mordendosi le unghie, lo sguardo sfuggente e nervoso.

White conosceva bene quei sintomi o meglio avvisaglie.

“Anche volendo non potrei toccare cibo … Tu hai mangiato, in compenso?” – e gli sorrise, invitandolo con gli occhi lucidi a tornargli vicino.

“No, come avrei potuto?” – e si rifugiò nuovamente sul suo cuore.

“Hai paura piccolo?”

Ne avevano passate tante, ma raramente White si dimostrò, in passato così premuroso.

“Hanno sconvolto il nostro mondo, questi stronzi” – disse piano, sospirando inerme.

“Hai preso un po’ di soldi?” – bissò ancora più impercettibile il più anziano.

Pinkman lo fissò – “No, devo andarci?”

“La chiave ce l’hai, del resto ero tranquillo, almeno per questo” – e sorrise.

“Centomila bastano?”

“Per spostarci e per un nuovo rifugio, direi di sì Jesse, ma non più a Los Angeles, mi dispiace”

“A me no, sai? Odio questa città …” – e gli tornò in mente il viso di Paul, anche se per Pinkman, era ancora un volto senza storia.




“Papi lo trovo un po’ ridicolo”

Lula lo disse, procedendo al centro di Vas, Peter, Ivan e un quarto bodyguard, appena assunto da Meliti.

“E questo no?” – ribatté Glam sornione, aiutandosi con un deambulatore metallico, con tanto di flebo annessa ed attaccata al suo braccio.

Risero.

Erano giunti a destinazione.
La camera di Walter.

Soldino bussò, facendo poi un cenno a Pinkman, che li aveva autorizzati ad entrare, con uno strano presentimento.

“Ciao Jesse, ti ricordi di me, sono il moccioso!” – lo salutò Lula, divertito.

Le guardie di Geffen gli fecero largo e, appena entrato, l’avvocato si tolse l’ago e gettò da parte quel girello, che non gli serviva a nulla.

“Adesso noi chiariremo un paio di cose, ok Mr. White?”

“Walt deve recuperare le forze, è stato appena operato, chi vi credete di essere?” – lo aggredì immediato lo studente.

Glam sorrise – “Robert ti ha descritto come un pulcino, ma io so chi sei, anzi, so ogni cosa di entrambi, ok?” – replicò duro.

White tossì, alzando lo schienale – “Io non voglio che lei parli con Jesse, non deve neppure guardarlo: so di cosa è capace, per difendere chi ama, Geffen, ma le consiglio di non mettermi alla prova, su un fronte simile, ok?” – ringhiò severo l’ex docente.

Soldino si era accomodato sul davanzale, ma ne scese, dando poi una carezza al braccio sinistro di Pinkman – “Tu meriti tanto amore, sai?” – disse sereno il bambino – “Sicuro di averne avuto abbastanza, da lui?”

Jesse si morse le labbra, guardò Walter, poi di nuovo Lula.

“No … No, c’è stato un tempo, in cui l’uomo che amo, mi ha usato e oppresso, svalutato e persino manipolato … Io, però, non ho mai smesso di amarlo e credere in Walt: per quanto incredibile, non penso di essere stato il solo, a vivere un’esperienza così” – e guardò Glam, senza più astio.

Il legale si ossigenò, poi si sfilò la casacca sterile, strappandosi la benda, macchiata del suo sangue, ormai rappresosi da ore.

L’attenzione di White e Pinkman si concentrò su quel semplice segno, minuscolo, innocuo.

Completamente guarito.

“Questo vi basti a riflettere, su chi avete fatto arrabbiare: vieni amore, andiamocene.”

“Ma papà … Ok” – e con una corsetta, soldino uscì, riavvolto da quel quartetto di giganti buoni.

Geffen aveva ormai dato le spalle a Jesse, che avanzò di un paio di passi, verso di lui, per poi fermarsi, ad un’occhiata storta, ma esaustiva di White.

“Quello che dicono è dunque vero?” – Pinkman non riuscì a tacere.

Glam tornò a puntarlo – “Vero?” – ed assottigliò le palpebre, sui turchesi vividi – “E’ unicamente una minima parte, te lo assicuro” – e se ne andò.





La figura di Norman, sembrò frammentarsi e ricomporsi, nell’ondeggiare di un tendaggio, fatto di sfere in plastica, alla vista di JD, alzatosi dal letto, per andarsi a prendere qualcosa in frigo.

“C’è del gelato, ne vuoi?” – chiese Morgan, recuperando un barattolo dal congelatore.

Reedus non rispose, steso supino, nudo, le braccia lungo il corpo ancora vibrante e bagnato.
Eppure lo stava osservando, nel suo incedere e poi ritornare, su quelle lenzuola disfatte, con dei boxer aderenti, indossati quasi con pudore dal galeotto.

JD si allungò, girato sul fianco destro, il gomito piegato ad appoggio, per il suo busto massiccio e villoso – “Non ti va?” – insistette, contemplando l’avvenenza sensuale di Norman.

Era bellissimo.

Morgan ne assaggiò una prima cucchiaiata, ma poi ne fece colare alcune gocce sul petto del suo incredibile amante, che rabbrividì.

Di piacere puro.
Almeno quanto JD, che non esitò a leccare e succhiare, i capezzoli ambrati e turgidi di Norman, rapito da mille sensazioni e stimoli, a lasciarsi andare, senza più limiti.

Come quella situazione.

Tra loro, che, all’apparenza, non avevano niente in comune.

Eppure Reedus, si sentì al sicuro, anche quando JD lo sovrastò e penetrò per un secondo amplesso.

“Non riesco a smettere” – ansimò, avvolgendolo, per colpirlo più virilmente, aderendo a lui, come se la sua vita dipendesse da ciò.

E JD non ci avrebbe più rinunciato.

Mai più.










lunedì 14 novembre 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 82

Capitolo n. 82 – nakama



Pinkman si sentì come nudo, senza la presenza di White al proprio fianco, mentre il ragazzo se ne stava seduto alla scrivania di Hemsworth, con l’agente speciale Costa dell’FBI, appoggiato al muro, che lo fissava da cinque minuti.

Chris leggeva i rapporti del Bureau, inarcando le sopracciglia, a fasi alterne, a seconda del contenuto, dei vari paragrafi.

“Immunità totale … Ma questo valeva per il New Mexico o sbaglio?” – chiese improvviso, puntando Costa.

“No, per tutti gli Stati Uniti” – ribatté seccato, in imbarazzo per le scelte altrui.

I suoi superiori avevano preso decisioni censurabili, per come la coppia di chimici, si era comportata e mossa ad Albuquerque, tra omicidi, regolamenti di conti e produzione di sostanze illecite, destinate, peraltro, ad un mercato, soprattutto di adolescenti.

White diceva spesso a Pinkman, che nessuno puntava la pistola alla testa, di chi voleva buttarsi via così.
Jesse, peraltro, era stato il primo della lista, con la sua tossicodipendenza, mai del tutto superata, neppure a Los Angeles.

Qualche canna, lo studente, se la faceva ancora, desiderando spesso di tornare alle vecchie abitudini.

Dure a morire.
Come Geffen, del resto.




I palmi caldi di Scott e la sua guancia ispida, si erano come incollati alla mano destra di Glam, prossimo al risveglio, dopo un breve intervento.

Il suo respiro, arrivò ai sensi del suo migliore amico, come l’ennesimo segno di speranza.

Si destarono praticamente insieme, il medico crollato al suo capezzale, in bilico su di una sedia e l’uomo dai mille segreti, uno su tutti, il sopravvivere ad ogni cosa.

“Ehi la vuoi smettere di farmi prendere degli spaventi?”

“Scotty …” – Geffen arrise alla sua vista.

“Sei salvo, una ferita perfetta, dritta come un fuso, nessun organo lesionato … Un miracolo, ma non mi sono neppure più sorpreso, sai?”

“E Robert?”

“A lui è andata peggio, gli abbiamo asportato un breve tratto di intestino, ma il decorso è stabile, nessun problema, è vivo, ok?”

“Ok …” – e si commosse.

“In compenso, tutto il tuo clan ha invaso l’ospedale: hai così tanti figli ed ex, che dovremmo allargare la sala d’attesa … Non so come hanno fatto a trattenerli”

“Sono stati avvisati che”

“Ma certo” – anche Scott rise, più rilassato – “… Comunque tutti bloccati, tranne uno”

“Papà!”

Lula corse sulla lettiga, avvolto all’istante da Glam – “Amore … Ciao soldino”

“Ha ragione zio Scott, basta spaventi!” – protestò buffo, accoccolandosi.

“Avete ragione, però è accaduto tutto molto in fretta, non so neppure chi fossero quelle persone, come mai Rob fosse lì, ma ho sentito parecchi spari”

“Jude ha ferito gravemente un tizio, di nome Walter White: l’ho saputo da Chris, che è venuto a prelevare il marito di Robert, giusto un’ora fa, per interrogarlo”

“Marc Hopper è con lui, vero?”

“Penso di sì, Jude l’ha chiamato subito … Ora tranquillizzati, non pensare a questo casino, non ora, d’accordo? Io torno in corsia e poi ripasso, prima di andare a casa …”

“Non fare tardi per me, Scott”

“Nessuno mi aspetta, non fa differenza, a dopo” – e se ne andò.

Lula si mise seduto sul bordo, scuotendo il capo riccioluto – “Lui e Jimmy hanno litigato di nuovo …” – rivelò mesto.

“Lo immaginavo … E tu cosa mi racconti, tesoro?” – domandò, sollevando lo schienale, con il telecomando apposito.

“Ti racconto che zio JJ sta dando i numeri, è disperato, anche per zio Robert e papake è sulle spine per te … Le gemelle poi e Pam e Sveva” – rise allegro – “… anche Pepe, doppia paura, per i suoi papà … Insomma l’avete fatta grossa” – e, nel dirlo, soldino sollevò il bendaggio di Geffen, posando una carezza, su quel foro arrossato, che di lì a poco scomparve, come quello alla parte opposta, dove il proiettile era entrato, lasciando dei minuscoli segni, perfettamente cicatrizzati.

“Lula …?!” – mormorò Glam, con rinnovato stupore.

“Tu devi stare bene, devi fare ancora tante cose importanti” – e si appese al suo collo, emozionato da chissà quali pensieri sul futuro di Glam, che lo avvolse amorevole.

“Tu sei la mia vita soldino”

“E tu la mia, papi … Per sempre.”




Jesse chiese una sigaretta, che nessuno gli diede, quindi uscì in corridoio, dopo essere stato congedato da Hemsworth, trattenutosi insieme a Costa, per dare conto al procuratore, di un rapporto accettabile, su quell’enorme pasticcio.

Law aveva reagito per legittima difesa, però, secondo le affermazioni di Pinkman, supportate da Costa, lui e White erano in costante pericolo di imboscate e vendette: per cui Walt lo aveva semplicemente ed ugualmente protetto, pensando che Jesse fosse stato rapito da dei malviventi.

Seppure la storia facesse acqua da tutte le parti e in attesa di ascoltare anche White, Jesse fu lasciato andare, anche perché non responsabile di alcuna azione illegale.

Lo sguardo celeste del ragazzo, si scontrò, all’improvviso, con quello marino di Rovia, giunto al distretto, per rivolgersi a Chris, preoccupato dalla prolungata assenza di Reedus.

Paul se ne stava come raggomitolato, su di una panca, davanti alle macchinette del caffè, in attesa che Hemsworth lo ricevesse, finalmente.

“Ehi … Vuoi qualcosa da bere?” – chiese Pinkman, che, di solito, non dava confidenza agli sconosciuti, se non per interesse “commerciale”.

Quei fanali liquidi e impauriti, lo avevano colpito.
Rivide sé stesso, nell’inquietudine, di quel bellissimo sconosciuto.

“Magari un tè … Grazie”
“Prego” – Jesse sorrise adorabile.

“Ok … Io prendo una cioccolata, fa un freddo cane …”

“Non qui, non mi sembra” – Rovia sorrise, poi cominciò a bere.

“Aspetti qualcuno?” – chiese, accomodandosi accanto a lui.

“Sì, Chris … E’ un ex collega del” – poi si morse le labbra; perché avrebbe dovuto raccontare gli affari suoi a quel tizio?

“Di tuo fratello?” – bissò l’altro, sentendosi un idiota e senza saperne il motivo.

“No. Del mio partner, il mio fidanzato, ecco”

“Ah mi spiace, magari … Magari è solo in ritardo, c’è un traffico, là fuori, ci abbiamo messo un sacco ad arrivare qua” – l’essere prolisso, per Pinkman, per ogni ex tossico, era una peculiarità incancellabile.

“Sì, forse … Ma lui è in moto, non dovrebbe avere certi problemi … Ah ecco Chris, scusa, io vado, ci vediamo, ti ringrazio per” – e si bloccò, vedendo spuntare Norman dagli ascensori.

Aveva un aspetto orrendo e trasandato.
La cosa non colpì Rovia, che azzerò la distanza in pochi secondi, volandogli al collo, in lacrime.

Reedus lo avvolse, ma senza convinzione.
Era scioccato e questo, Jesse, lo notò subito.
In compenso, la devozione e la disperazione di Paul, gli spaccarono il cuore a metà.
Anche in quello, evidentemente, erano davvero simili.





Forse solo un sorriso di Colin o l’esercito, lo avrebbero staccato da quell’abbraccio saldo.
Jared non voleva neppure saperlo.

Geffen lo baciò tra i capelli, come poche ore prima, quando lo aveva salutato, davanti alla End House, con la loro Syria.

“Sono qui Jay, non ti sbarazzerai facilmente di me” – l’uomo sorrise, standosene in piedi, nel mezzo della stanza, intrecciato all’ex.

Il front man lo guardò, esterrefatto – “Come puoi essere già così in forma?” – chiese perplesso.

“Guarda” – e, alzandosi il bendaggio, Glam rivelò la sua piena guarigione.

“Lula …?” – sussurrò incredulo Leto.

“Già, Lula …” – Geffen prese un lungo respiro, poi tornò a sedersi.

“Ma come sono andate le cose? Qui nessuno ha saputo dircelo”

“Non ne ho idea, sai? … Con Jude, eravamo alla ricerca di Robert e lui stava parlando in auto con un ragazzo, che poi è sceso e quel White ha cominciato a sparare”

“White?”

“Non conosco nessuno di loro, Jared, non saprò niente finché non avrò parlato con Hopper: in compenso Jude ha sparato a White, con il mio revolver”

“Bel guaio” – Leto inspirò, versando dell’acqua.

“Comunque è una storia assurda: innanzitutto questo White ha usato un’arma davvero inconsueta e poi tutto è esploso, il loro cottage suppongo, non me lo spiego …”

“Il nonno ti saluta, ha detto anche che sta indagando per conto proprio” – Jared sorrise, porgendo il bicchiere a Glam, che annuì – “Antonio farà a modo suo, lo sappiamo … Eppure qui sotto, c’è qualcosa di grosso e pericoloso: come Rob, ci sia finito dentro, è davvero un mistero … Come altri dettagli, a dire poco surreali, credimi.”




Mikkelsen aggiornò la cartella di Walt, per poi uscire in corsia, a parlare con i parenti.

Uno solo, a dire il vero.
Pinkman lo stava attendendo trepidante, mentre anche Will sopraggiungeva, per andarsene dal reparto, con Mads, esausto, dopo un’intera giornata trascorsa con il bisturi in mano.

“Buonasera, lei è …?” – chiese il chirurgo, educatamente, con un bel sorriso, vedendo Graham avvicinarsi.

“Sono … Sono Jesse, vivo con il signor White …” – ed un rossore imporporò le sue guance smagrite e tese.

“Ciao Jesse, ti presento Will, lui vive con me”

“Ah ecco” – e sorrise, più a suo agio.

Anche Graham lo salutò, rassicurandolo sul decorso post operatorio – “Il signor White è stabile, gli abbiamo fatto diverse trasfusioni e l’emorragia è stata rimarginata adeguatamente”

“Ok … Ok, posso vederlo?”

“E’ debole, ma vigile” – spiegò Mikkelsen, facendogli strada.

Walter aveva le palpebre socchiuse e tremolanti.

Jesse corse da lui, in apprensione, ma con la gioia di saperlo salvo.

“Ciao, non stancarti” – mormorò affettuoso e quasi in lacrime.

White tossì – “Po posso bere qualcosa?”

“Non ancora, ha le flebo in ogni caso” – intervenne Will – “… tra tre o quattro ore le farò portare del tè caldo”

Walt annuì infastidito, non solo dagli aghi e sai sensori, sparsi ovunque, sul suo corpo infreddolito, ma anche da tutti quei volti senza nome, che, di colpo, erano entrati nei loro giorni.

Jesse prese subito una coperta, capendo le sue esigenze, come accadeva da sempre.

Mads sorrise sereno – “Dovrà avere molta pazienza: quando la dimetteremo, potrebbe avere problemi a deambulare”

“Ti aiuterò io” – puntualizzò Pinkman.

“Non sono un invalido!” – sbottò il più anziano, con il poco fiato, che gli restava.

Jesse si grattò la nuca – “Fa così d’abitudine, vi chiedo scusa, ma sa essere anche buono”

“Finiscila di giustificarmi” – e il tremore aumentò.

“Si calmi, non dovremmo neppure essere qui, ma questo ragazzo le vuole bene davvero, quindi si ritenga fortunato, ok?” – affermò Graham, con decisione.

Mikkelsen se lo portò via, pregando Jesse di non trattenersi oltre l’orario delle visite.

“Non posso stare qui, stanotte?” – chiese, con quegli occhi enormi, per un viso minuto, ma incantevole, qual era il suo, alla vista di chiunque lo incontrasse.

Mads fece un cenno – “Vieni di là, ti firmo il permesso”

Will sorrise, ma non tanto quanto Pinkman, in grado di trovare anche il tempo di fare un occhiolino simpatico a White, che perse un battito, nella speranza di rivederlo, di nuovo, vicino a lui, al più presto.



Il tepore della sua voce, lo riportò alla consapevolezza, dopo un breve attimo di smarrimento.

“Glam …”

Robert gli sorrise, prima con i carboni delle sue iridi e poi tendendogli le mani fresche e magre, affinché l’ex consorte, gliele avvolgesse, baciandone il dorso e le dita affusolate.

“Ciao amore” – Geffen non riuscì ad esprimersi in altro modo.

“E’ da tanto che sei qui?”

“Non ti ho mai lasciato … credo” – e posò lo sguardo sul cuore di Downey, sotto la casacca verde acqua.

“Lo credo anch’io … Hai un nuovo segno, anche per me” – e l’attore indicò il punto di uscita del proiettile, dove, certamente, sarebbe rimasto come un marchio, simile a quelli, che Geffen aveva riportato, a causa di Jared.

“Temo di sì … Ma non importa, rimarrà l’ennesimo ricordo di noi e di una follia, di cui so ancora poco Rob: vuoi aiutarmi ad uscire da questo vicolo cieco, dunque?” – scherzò, ma i suoi turchesi, che Downey stava scrutando, erano terribilmente seri.




“Vieni qui Jesse”

Il tono roco di White, sembrò a Pinkman quasi paterno.

Il giovane non esitò a dargli retta, dopo avere sistemato un mazzo di fiori, comprato al volo in un negozio, davanti all’ospedale.

“Non sono ancora morto” – brontolò il docente.

“Lo so” – Jesse si era abbandonato, sul petto di quell’insopportabile bisbetico, tra le sue ali forti, nonostante White non avesse un fisico notevole.

A Jesse piaceva da impazzire, dal primo momento, dai banchi di scuola; ci aveva fantasticato parecchio, quando aveva quindici anni e Walt era il suo prof di Chimica.

Si conoscevano da un’eternità, pensarono entrambi, senza dirselo.
Erano simbiotici, come pochi.

“Dovevi andartene, fuggire, invece hai corso un rischio inutile: sono una carcassa, che te ne fai di me?” – disse piano White, baciandolo tra le ciocche corte e profumate.

“Me ne faccio che ti amo Walt … Ti amo anche più di prima, se davvero vuoi saperlo” – ed alzò il volto verso i suoi quarzi innamorati.

Si baciarono.
Intensi.
Ritrovati.

Per l’ennesima volta.





 Scott