One shot – Adesso dormi > Marcus & Esca
E’ acre il sapore della tela consunta, che ricopre il suo pagliericcio.
Esca la morde, provando a resistere, senza gridare.
Mani forti, quelle di Marcus, che ogni notte gli stritolano i polsi, mentre il suo corpo greve e massiccio, frantuma la sua carne forzatamente inerme: è il suo schiavo e deve farlo, ma non è la prima volta per Esca.
Nel passato, altri padroni, più maneschi e violenti di Marcus, hanno abusato di lui ripetutamente: in tali occasioni, pugni, calci e sputi, avevano ottenuto in cambio, oltre al loro lurido compiacimento nel sodomizzarlo.
Con Marcus è diverso: certo, lo pretende nudo, in attesa, a volte disertata, come a fargli un grottesco dispetto.
A pancia in giù, non deve guardarlo; non più del necessario.
Meglio il vuoto o quell’angolo della stanza, all’interno di una villa romana, dove lo zio ha ospitato il valoroso nipote Marcus.
Lo sguardo di Esca è lì che si perde, tra un vaso di terracotta, colmo di rami di lauro selvatico ed una ragnatela, che nessuno toglie mai.
Sempre la stessa cosa, sempre lo stesso trattamento.
Anche quel bacio, sulla nuca rasata, le sue labbra turgide, che gli sorridono di rado, mentre impartisce ordini o rimane soddisfatto dalla battuta di caccia, Marcus è fatto così ed Esca ha imparato ad accettare tutto da lui.
Grugnisce ed ansima, come la preda catturata la mattina precedente, mentre si spinge in lui, sempre più forte.
La bocca di Esca si apre, come le sue cosce magre ed atletiche, non riesce a respingerlo come vorrebbe, ma lo vuole sul serio?
Se lo domanda di continuo.
A lui sembra di sentirli, quegli addominali scolpiti che aderiscono alla sua schiena livida di frustate e morsi, perché Marcus non smette di ricordargli che lui è suo e di nessun altro.
Ora scende, quel rivolo caldo e vischioso, Esca puo’ percepirlo dentro e fuori di sé, dove Marcus sembra volerlo umiliare, continuando a godere mentre esce da lui, senza la solita irruenza, però.
Qualcosa cambia.
Lo gira, le pareti sembrano fare lo stesso.
Esca, adesso, fissa il soffitto.
“Guardami.”
Il suo fiato è corto, non lo avrebbe se non lo avesse montato in quel modo, Esca pensa, quasi disperatamente divertito.
Il suo volto, comunque, resta vitreo e scarno.
“Guardami” – Marcus lo ripete ed inizia ad irritarsi.
“Cosa vuoi ancora?” – risponde e lo guarda, finalmente.
I palmi di Marcus sono bollenti, Esca li avverte dalle ginocchia all’inguine: lo schiude di nuovo a sé.
Esca prende un respiro profondo: è assurdo, reagisce.
Afferra lui i polsi di Marcus stavolta.
“Non bramo le tue carezze, guerriero!”
Inveisce, protesta, ma non serve a nulla.
Marcus scivola progressivamente, lo vuole per la seconda, inaspettata, volta.
Avvolge gli zigomi di Esca, con i polpastrelli sporchi di lui, mentre lo penetra con estrema accortezza, finchè non giunge in fondo.
Si ritrae e colpisce più intenso, ma non fa male per niente.
Il giovane si inarca, trema, è il piacere a dominarlo, a non lasciargli alcuno scampo.
“Scusami …”
Il tono di Marcus, il suo respiro, nel collo di Esca, sopra le sue tempie, dove baci caldi e speziati vanno a posarsi, come le foglie di quell’alloro, nella tela, che adesso sembra ondeggiare in un anelito di vento tiepido, proveniente dalla veranda esterna.
E’ bellissimo.
Esca vorrebbe dirglielo, ma se ne vergogna e poi mai gli darebbe una simile soddisfazione o forse sarebbe ancora peggio scoprire che non sarebbe tale, per Marcus.
Tutto migliora.
Lo tocca, non gli basta averlo, anche Esca deve avere qualcosa da lui.
L’erezione del servo si dibatte tra i loro addomi, spasmodicamente al limite: custodirla, massaggiarla e celebrarne il completo appagamento, sembra diventare più importante per Marcus, adesso.
Due puledri imbizzarriti, ciò che sembrano agli occhi del buio, che li protegge.
Sfiniti, ora.
Marcus si alza.
Ha finito, puo’ tornare al proprio comodo giaciglio.
Esca riflette, è quella la prassi, ma l’essere contraddetto, lo emoziona ulteriormente.
Gli piace guardarlo nel riverbero del braciere, che Marcus ravviva, dopo avere bagnato una pezza, per pulire Esca.
“Alzati …” dice sommesso, ma con quel tono imperativo, capace di pungere l’animo di Esca ad ogni richiesta.
Seduto sul letto di Esca, Marcus inizia a tamponarlo con cura.
“Il … il tuo seme non mi dà noia …”
Deve essere pura follia, forse un sortilegio, null’altro spiegherebbe quella frase ad Esca stesso, che deglutisce secco, provando un imbarazzo lacerante.
“Felice di saperlo …”
Gli sorride: Marcus è una meraviglia quando si illumina seppure di una minima gioia, talmente rara alla vista di chiunque, che Esca si considera un privilegiato.
Si alza e poi lo solleva per il busto, tenendolo in braccio come se fosse un bambino, la mano sinistra aperta sotto ai suoi glutei, mentre le gambe di Esca sono aggrappate ai suoi fianchi, avvinghiate, come le braccia del giovane bretone.
Si coricano, tra coltri linde di bucato, con le quali Marcus avvolge i reciproci sembianti: “Adesso dormi.”
Esca annuisce, poi affonda nel collo taurino di Marcus, perché lo sta stringendo talmente forte, che non potrebbe fare altrimenti … e non vorrebbe … per sempre.
THE END
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