Capitolo n. 33 - sunrise
Jude tagliò il petto di pollo a Camilla, che lo scrutava attenta.
“Ecco tesoro, buon appetito … Allora, la mia libreria chippendale è piaciuta a Chris?”
“Molto. Ti ringrazia …”
La bimba rise su quel termine sconosciuto, sbrodolandosi.
“Cucciola … a posto …” – disse Downey pulendole amorevole il faccino sorridente.
“Ci aspetta, con la sua sorellina, una di queste sere Jude.”
“Continua a chiamarti papà?” – domandò calmo, masticando golosamente le patate al forno, che il compagno gli preparava utilizzando una misteriosa ricetta messicana.
“Sì Jude … se è un problema per te …“
“Assolutamente! Anzi …”
“Ed il nostro nipotino?”
“Giusto! Nel pomeriggio sono passato a villa Meliti per prelevarlo e chi ti trovo? Xavy che amoreggia con Phil nella serra, un vero sciagurato!”
Rob lo fissò per un interminabile istante, scoppiando poi a ridere come un pazzo.
“Dio Judsie come ti vengono!”
“Che ho detto di tanto buffo? Guarda Camy, il tuo papà si sta sbellicando …” – e poi si unì alla sua ilarità contagiosa, proseguendo la loro cena in allegria.
Kevin si fece una doccia, poi raggiunse Glam, già assopito davanti ad un film.
“Tesoro …” – gli sorrise, avvolgendolo – “Non dovresti coricarti tanto presto, non sei malconcio come me … ma mi fa così bene averti qui.”
Il suo profumo, le sue mani calde, il suo corpo massiccio, nonostante avesse perso qualche chilo, rendevano Geffen il posto preferito da Kevin, dove rifugiarsi, nonostante la rabbia dell’ultimo periodo non si fosse ancora disciolta, in un mare di certezze, che sembravano appese a quel cielo stellato sopra ad L.A.
“Voglio stare qui daddy.”- disse piano, baciandogli i polsi e rannicchiandosi maggiormente; non avevano più fatto l’amore.
Glam non ne aveva il coraggio, sentendo come una barriera alzata da Kevin.
Lo teneva a sé, se lo faceva bastare, anche se era complicato.
“Mi manchi Kevin …” – sospirò, baciandogli la nuca.
“Pungi …” – sorrise, era una consuetudine per il bassista, lamentarsi di quella barba, che in realtà adorava, appena accennata sul volto bellissimo del suo uomo.
“Scusa …”
“Per cosa Glam?”
“Tutto.”
Chiuse le palpebre, scorrendo con le labbra sulle spalle di Kevin, che sentiva aumentare i battiti e l’eccitazione reciproca.
Geffen stava meglio, ormai era trascorsa più di una settimana dalla terapia, anche se faticava a tornare in studio, senza preoccuparsene in alcun modo.
Stare in famiglia e fare ogni cosa con Kevin e Lula, questa era divenuta la sua priorità.
Si informava ogni giorno via telefono, ma con estrema discrezione, sulle condizioni di Sveva, anche se Kevin lo sapeva perfettamente.
“Come sta?” – domandò improvviso, rompendo quella sorta di incantesimo di intimità deliziosa.
Glam tossì – “Chi … ah … bene …”
Kevin si girò, per guardarlo, mentre affrontava quell’argomento spinoso.
Glam lo strinse di rimando, affondando nel suo collo – “E’ necessario parlarne amore?”
“Tu cosa dici, daddy?”
“Ok, solo che credevo ti desse fastidio e che …”
“Che non mi importasse?”
“Lo escludo Kevin, sei la persona più sensibile ed altruista che io abbia mai incontrato …” – e gli sorrise.
Kevin lo baciò lieve – “Grazie …”
In quel sussurro c’era Kevin, in quella semplice parola, Glam identificava nuovamente, la sua indole unica, pronta a sacrificarsi, per lui, senza che lo meritasse davvero.
Le dita dell’avvocato scivolarono tra le sue gambe, ma Kevin si irrigidì.
“Vorrei soltanto … toccarti e …”
“E’ presto daddy …”
Glam annuì, ricevendo un bacio più profondo del precedente, ma nulla di più.
Era simpatico.
Arrogante e con quel piglio che attirava l’attenzione di chiunque.
Lo avresti preso a schiaffi, ma anche baciato, sbattendolo contro il muro, dopo che si era intrufolato nel tuo attico, chiedendo dello zucchero: poteva esserci una scusa più scema?
Chris voleva domandarglielo, ma era più divertente infilargli la lingua fino in gola, premendo i propri fianchi contro quelli di Denny, che sembrava non aspettare altro.
La prospettiva adesso cambiava: se lo sentiva dentro e per Chris era davvero bestiale soccombere il quel modo, arrendersi a lui, che gli stava frantumando i dorsi delle mani con i palmi sudici di loro, imbrigliandole alle sbarre del letto in acciaio laminato d’argento, scelto da Downey.
La stanza più delicata dell’abitazione di Chris, era toccata a lui, Jude non ci aveva messo il naso, preferendo il living e persino gli accessori del bagno e della cucina, visto che il resto della zona pranzo era assegnata a Robert.
Denny liberò la mano destra di Chris dalla propria, che si intrufolò sotto il ventre del cantante, le cui scapole erano ostaggio dei suoi morsi avidi.
Si sollevarono entrambi di quel poco, per poterlo masturbare: Denny era bravo, energico, totalitario.
Gli dava piacere, prendendosi tutto quello che voleva.
Chris iniziò a gemere e languire, stava venendo copiosamente nella mano di Denny, che andava a svuotarsi in lui, grugnendo come un animale appagato e vorace.
“Robert ancora in piedi …?”
Il tono di Jude era malizioso ed invitante, ma Downey aveva una sensazione di disagio, che non riusciva ad interpretare.
Avrebbe voluto parlarne con lui, ma temeva di essere frainteso, visto che quel sentore riguardava Chris.
Scelse la via più semplice: il silenzio e l’abbraccio di Jude.
Perdersi in quella dimensione era talmente assoluto ed indispensabile per lui, da annullare qualsiasi preoccupazione.
Chris si affacciò al balcone, accendendosi una sigaretta.
“Pensavo che le pop star non fumassero.”
Denny stava arrivando con due birre gelide, ma Chris non gli diede retta.
“E’ stata solo una scopata decente, non montarti la testa.” – disse secco, buttando fuori con il fumo, un’inconsueta arroganza.
“Questo vuole dire parlare chiaro, cazzo!” – replicò Denny, ridacchiando.
Chris lo squadrò, quasi con astio – “Finisci la tua birra e poi vattene.”
Si tolse dalla finestra, passando oltre lui, che era allibito, ma non certo inerme di fronte a quell’atteggiamento acre ed irriverente.
“Non voglio mica sposarti Chris.” – disse ironico.
“Manco morto.”
“Sì, certo … ok … Sono un bamboccio per te, vero Chris? Tu preferisci i vecchi leoni come … vediamo … Robert? Penso di averti capito da un pezzo, pur conoscendoti al minimo, seppure fosse abbastanza per scoparti.”
“Non azzardarti a parlare di lui …” – ribattè, provando una furia cieca.
“E perché non dovrei, sentiamo! Magari ti sei vissuto pure un film, sopra a quel materasso, ma ero io, non lui! Oppure eri stufo di pensarlo e poi farti una sega, visto che non l’avrai mai??!” – esplose, ferito come non si aspettava, dal comportamento arido di Chris.
“SPARISCI DENNY!” – gli urlò, scaraventando i suoi vestiti sul pianerottolo ed afferrandolo, per condurlo all’uscita, con una violenza assurda.
Denny non fece resistenza, per evitare un epilogo peggiore.
“Va all’inferno …!” – sibilò, prima di andarsene definitivamente.
Jude suonò il campanello un paio di volte.
“Sicuro che ci sia?” – domandò perplesso a Robert, che stava facendo cadere i sacchetti con le ciambelle.
“Chris ha detto alle nove, per colazione … Riprova.”
Fu inutile.
“Ok … ho le chiavi, nella tasca dietro Jude …”
“Trovate … ma non ti sembra inopportuno entrare così in casa sua Rob …?”
“Sarà sceso a correre, gli facciamo una sorpresa … Non risponde neppure al cellulare … Su apri.”
Jude lo assecondò, seppure imbarazzato - “Permesso … Chris …? Ci sei?”
Un lenzuolo bianco lo vestiva appena: la sua figura, pallida ed immobile, era come posata sui gradini, che dal salone portavano alla terrazza.
“Mioddio … CHRIS!!!”
Il grido di Robert fibrillò nell’aria: c’erano pasticche ovunque, Jude ne raccolse alcune, per capire cosa avesse preso.
“Fallo vomitare Rob!! SVEGLIALO!! Io chiamo i soccorsi …” – esclamò disperato, mentre in affanno componeva il numero dell’emergenza.
Un vecchio trentatre giri gracchiava sul giradischi, che Chris aveva comprato da un rigattiere insieme a Kevin, durante la loro fuga: sembrava che tutto galleggiasse in quell’ambiente nuovo e lussuoso, quanto insignificante alla sua mente, che si stava spegnendo in un’aurora artificiale ed all’apparenza senza ritorno.
CHRIS
ROBERT
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