sabato 11 marzo 2017

NAKAMA - CAPITOLO N. 93

Capitolo n. 93 – nakama



Philip sgranò i propri fanali su ogni dettaglio, alla residenza di Mikkelsen.

Accanto a lui, su di un divano dalla foggia moderna, Lukas lo stava avvolgendo, mentre Reedus scrutava la porta, che li separava dal luminare, concentrato sulla cartella sanitaria del giovane e le sue analisi più recenti.

Leggermente in ritardo, arrivò anche Geffen, con un marsupio sul petto, all’interno del quale Syria stava sgambettando, divertita nel tirargli la barba ben curata.

“Scusate, sono passato a prendere la mia principessa, non era previsto” – esordì solare, salutandoli.

“Dio che bella” – lo accolse Phil, entusiasta nel vedere quella meraviglia.

“Le piaci, vuoi tenerla un po’?” – e gliela passò, senza esitazioni.

“Spero di non farla cadere … Guarda Lukas, le piaci anche tu” – disse rapito dai sorrisi della bimba.

“E lui sarebbe …” – mormorò educato Glam, indicando il biondo, ugualmente preso dai vagiti simpatici di Syria.

“E’ il mio fidanzato” – rispose limpido Philip, cullando la piccola.

“Piacere di conoscerti, è tanto che siete qui, Norman?”

“No, dieci minuti direi …” – lo sbirro tossì, impacciato nel rivolgersi a lui, perché Geffen nei panni di genitore, era davvero carismatico.

“Siete in gamba, con Syria, come vedi Philip non devi avere paura, anzi, non dovrai più averne, d’ora in poi, ok?” – affermò con dolcezza il legale, guardandolo.

Phil annuì emozionato – “Ok … La ringrazio per quello che sta facendo per me”

“Anch’io le sono grato” – si inserì Lukas, speranzoso di avere finalmente una relazione senza più incubi e limiti, con il suo adorato Morgan jr.

Glam si allontanò, per rispondere ad una telefonata e Philip si ossigenò, scrutando poi Norman.

“Papà doveva lavorare, quindi?” – chiese a bassa voce.

“Sì, è per il programma di riabilitazione, non può sgarrare” – ribatté pronto il tenente.

“Ok … Ci sei tu e per me è come se fosse la stessa cosa” – asserì il ragazzino, dalle iridi tinta cioccolato, nella sua innocenza, così disarmante.

“Ti ringrazio, ma lascia parlare me, ok?” – e gli sorrise, teso come una corda di violino.

Nominare JD, in presenza di Geffen, che lo credeva ormai all’estero come minimo, era davvero pericoloso.

Phil fece un cenno di assenso, dando un ultimo buffetto a Syria: il padre era tornato da loro, mentre Will si palesava, per farli accedere allo studio di Mads.

“Prego, entrate … Ci sono sedie per tutti, piacere, sono il dottor Graham”

“Salve” - Phil si sentì subito a proprio agio.

Mikkelsen era ancora fisso su quei fogli.

Will gli passò una tazza di tè – “Lui ragiona meglio se beve questa brodaglia” – scherzò, a tono lieve.

Mads lo guardò, dandogli una carezza sul fianco – “Grazie amore … Dunque, benvenuti nella nostra casa: come ti senti Philip?” – chiese quasi premuroso.

“Emozionato … Impaurito”

“Non per spaventarti oltre, ma ne hai piena ragione: il tuo cuore dev’essere aiutato in fretta, quindi ti ricoveriamo oggi stesso, d’accordo?”

“Sì … Sono così grave?” – e i suoi occhi divennero lucidi.

“Le prossime crisi, potrebbero debilitarti a tale punto, da non consentirti più un’esistenza normale: quindi non perdiamo altro tempo, domani all’alba ti operiamo, Will e io, alla Foster, dove ti ho già prenotato una stanza” – replicò con risolutezza.

Il mutismo generale, venne spezzato da Geffen – “Vi accompagno, per il necessario chiamerò Jared, lui ha dei figli della tua età Phil e armadi, che esplodono di vestiti, pigiami”

I suoi modi erano bonari, ma Reedus scattò come una molla – “Non ce n’è bisogno, porterò io ciò che serve, ok?”

“Ok tenente, non si agiti, anzi, non ci davamo del tu?” – bissò Glam, senza scomporsi, capendo il suo stato d’animo.

Mads aveva già il cappotto addosso, così Graham – “Dobbiamo muoverci, Philip deve fare le analisi e rimanere a digiuno: quando sarà tutto finito, potrai mangiarti una bella pizza, ok?” – e sorrise, rassicurandolo.

Stava accadendo tutto in fretta e Reedus aveva un unico pensiero: avvertire Morgan.
Al più presto.




White si era addormentato sulla poltrona, dotata di meccanismo elettrico, che Jesse gli aveva comprato apposta, per farlo alzare senza fatica, passando sulla sedia a rotelle o al deambulatore, a seconda di come si sentisse durante le lunghe giornate, in parte senza di lui intorno.

L’ex professore di svegliò di soprassalto, avvertendo dei rumori familiari, provenire dalla cucina.

Sorrise, pensando a Pinkman, che stava tentando di preparare una cena decente.

Jesse spuntò con un vassoio, colmo di tramezzini – “Scusa, ti ho svegliato?”

“Ciao tesoro, ma no, che dici, vieni qui” – e gli tese le mani, carpendo quelle di Jesse, ripulitosi dall’odore di Paul, grazie ad una lunga doccia, durante la quale, al solo pensiero di Rovia, si era accarezzato, come un adolescente alla prima cotta.

“Ho preparato questi, forse tu volevi pollo fritto e patatine Walt” – e abbozzò un sorriso adorabile.

White carpì il suo volto, da bambino mai cresciuto, baciandone ogni dettaglio, dagli zigomi, alle palpebre, che il giovane chiuse, sorridendo.

“Walt …”

“Mi sei mancato da impazzire”

“Lo vedo” – e si staccò, posandogli sulle gambe un tovagliolo – “mangi qui o”

“Qui” – rimbrottò amaro – “e io vedo che a te non importa un cazzo!”

Pinkman si alzò, senza lasciare trapelare alcun senso di colpa – “Siamo alle solite, perdi la pazienza per un nulla, ma ormai ci sono abituato, sai?” – disse con calma.

White lo puntò, inarcando il sopracciglio destro – “Ti sto facendo passare delle feste orrende, posso capire che tu stia in giro a divertirti, vorrei solo sapere con chi, ok?”

Jesse lo fissò, prendendo un respiro – “Ho visto un po’ di gente, colleghi di università, erano in giro, come me, in un centro commerciale, abbiamo bevuto una birra, non ci trovo nulla di male”

“Al Dark Blue?”

“No, ti ho appena detto che eravamo al centro commerciale”

“E vogliono ancora rifornirsi da noi?”

Pinkman allargò le braccia, sbuffando – “Ho anche degli amici normali, che ti credi?! Persone che non mi cercano, solo per comprare della merda da me, DA NOI!” – e si alterò parecchio.

In realtà Walter aveva ragione: lo studente non era mai riuscito a instaurare rapporti duraturi con nessuno e quasi mai, senza secondi fini impliciti e legati alla loro attività illegale.

“Perdonami Jesse … E’ la mia insicurezza, dovuta a questo incidente maledetto!” – ruggì l’uomo, le iridi tremolanti di frustrazione e lacrime.

Pinkman si precipitò a stringerlo, baciandolo convinto e profondo.

Lo amava come nessuno aveva mai fatto, nonostante tutto.
Nonostante Paul Rovia.




Jared apparve come una visione ai presenti.
C’era una luce particolare, tra la sala di attesa e il corridoio del reparto di Chirurgia, alla Foster, un’aura, che sembrò accompagnarlo sino a destinazione.

Geffen andò ad abbracciarlo – “Dai a me” – e si fece passare uno zainetto pieno di chissà cosa, si domandò mentalmente Reedus, abbandonato da Lukas, sempre incollato a Philip, ormai in stanza da un’ora.

“Ciao Glam, che succede?” – chiese il cantante, bellissimo nel suo look sbarazzino e incredibile, per la sua età over cinquanta.

“Hai presente l’archivista dell’Ucla?”

“Philip?”

Lo conoscevano davvero tutti, pensò Norman, avvicinandosi.

“Infatti: ha un serio problema cardiaco, però Mads e Will lo risolveranno; Norman si è rivolto a me, chiedendo se potevo dargli un sostegno, sai, per via delle assicurazioni”

“Stai pagando tutto tu?” – sussurrò Leto, a debita distanza dal tenente.

“Volevo metterla in un altro modo” – bisbigliò Geffen simpatico.

“Sei incredibile” – Jared sorrise, appendendosi al suo collo taurino – “ti voglio così bene” – aggiunse, rapito da un crepitio di pulsazioni, che si irradiarono anche dai suoi zaffiri.

Glam li stava contemplando, senza lasciarlo andare, cinturando il suo busto esile – “Anch’io” – e avrebbe voluto aggiungere quella parola, che Jared gli ispirava dal primo istante.

Amore.

Un misto tra un grugnito ed un “buongiorno”, di Reedus, riportò alla realtà entrambi.

“Salve, come sta Philip?” – domandò gentile il leader dei Mars.

“E’ con il suo ragazzo, stanno morendo di paura, però andrà tutto bene, vero?”

Leto sorrise – “Siamo una squadra, ce la caveremo, anche questa volta, giusto Glam?” – sembrava un girotondo, a caccia di speranza.

“Mikkelsen è il migliore, non falliremo, ve lo prometto.”

Geffen era fatto così: a testa alta, contro ogni avversità.
Sino alla fine.




Il materasso era di quelli gonfiabili, a due piazze, il piumino l’avevano comprato al discount, ad un isolato da lì, le mani di JD, sempre uguali, nell’imprigionare i polsi di Norman, aperto, sotto di lui, come una finestra, sotto ad un cielo di stelle, dai contorni incerti, nel crepuscolo fresco e invernale, tutto intorno.

“Scusami …” – gli ansimò nel collo Morgan, in crisi d’aria e parole, dopo il rientro di Reedus.

La cronaca di quella giornata, dalla quale lui era rimasto dolorosamente escluso, era stata breve, imbarazzata.

“Scusa per cosa?” – Norman deglutì – “… ogni volta che mi tocchi, che fai così, io mi sento vivo”

Era terribilmente vero.
Era come vivere sotto al sole, senza pelle, perché non serviva.

Norman lo tratteneva, avvinghiato a sé, come due piante differenti, ma la cui sopravvivenza dipendesse da quel contatto estremo, totale, simbiotico.

“Vorrei che un giorno, nostro figlio, facesse l’amore così, con il suo Lukas” – rivelò JD, senza alcuna remora.

“Lo farà … E poi, quando lo dici, riesco ad amarti ancora di più, sai?” – Reedus ricacciò indietro un singulto – “… come se ciò, fosse possibile”

Morgan lo fissò, nel buio infranto da un unico fascio di luce, quello della solita insegna del market lì sotto, che faceva da sfondo, alla figura magra di Reedus, sollevatosi sui gomiti, mentre l’altro se ne restava a pancia in giù, di lato, gli avambracci incrociati sotto al mento, un po’ in tensione, pensieroso.

“Tra una manciata di ore lo opereranno, io non posso rimanere qui, Norman: se non dovesse più svegliarsi”

“Non dirlo neppure per scherzo, cazzo!”

JD si alzò, rivestendosi senza urgenza apparente – “Io devo andare da Philip: mi ci porti?”

“Certo … Certo che ti ci porto.”





Jared si trattenne poco, congedandosi solare, da Phil e Lukas: avevano l’età del suo Yari, erano semplici e perfetti, nel loro amarsi acerbo e, in quel contesto, saturo di incertezze.

Geffen si era piazzato su di un davanzale, un iPad sotto al naso, i turchesi vividi, a guardare chissà cosa, si domandò Leto, raggiungendolo.

“Ehi, che fai di bello?”

“Ehi … Tutto a posto, là dentro?”

“A parte la fifa, direi di sì” – e rise, prendendo posto vicino a lui.

Una foto di qualche tempo prima, di Isotta, era ciò che aveva attirato l’attenzione del legale, mistero svelato.

“La nostra cucciola …” – mormorò l’artista, coinvolgendo, puntualmente, nella paternità di Isy, anche Geffen, che perse un battito.

“Uno splendore … E questo micio, vive ancora alla End House?”

“Sì, certo, mi pare si chiami Claire, abbiamo una discreta colonia felina”

“Colin ha ragione” – Geffen cambiò discorso, inatteso.

“Su cosa?”

“Sul fatto che dovresti avere altri figli”

Leto arrossì.
Ci riusciva ancora, dopo così tanto tempo.


“Ci pensi mai, ad Haiti?” – anche lui virò bruscamente, puntando di nuovo su Isotta e non solo.

Glam si morse il labbro inferiore, aggrottando la fronte spaziosa – “Ogni giorno: almeno un minuto, giuro” – e sorrise amorevole.

“Non ce n’è bisogno … di giurare, intendo” – Jared abbassò gli occhi, divenuti più liquidi, in quel riverbero azzurrognolo.

Le luci principali erano state spente, lasciando il posto ad un’illuminazione più soffusa.

“Guardami Jay”

Leto lo fece, con un lieve scatto del volto senza rughe.

“Tu sei felice, Glam?”

“Vivo ogni attimo, facendomi la stessa domanda: non ho mai risposte definitive, non ho mai un distacco vero e proprio, sono ancorato al passato, lo ammetto”

“Se così non fosse, ne morirei: l’ho imparato, anno dopo anno, con o senza di te, ma tu c’eri sempre ed era ciò che contava”

“Conosciamo il nostro viaggio, seguiamo una meta sempre uguale, ma non per noia, per istinto, perché è così che deve essere, Jared, a quanto pare: questo è ciò che ho imparato io”

Si baciarono.
Glam Geffen, lo baciò.

Incontrandosi in volo.

In quel punto, dove Jared Leto, lo avrebbe sempre aspettato.





Isy

Mads

Jay