giovedì 30 gennaio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 243

Capitolo n. 243 – zen


Boydon gli stava parlando da almeno dieci minuti, ma Jude era così frastornato da capire una parola su tre.

Farrell lo sosteneva letteralmente, perché l’amico era come in crisi di ossigeno, a causa dell’angoscia per le sorti di Robert.

“Glieli dobbiamo asportare, entrambi i reni, non c’è tempo da perdere Jude: sei suo marito, devi firmare il consenso per l’operazione, visto che Robert è sedato, ok?” – continuò Steven con educata impazienza.


Sapeva che non era semplice prendere una simile decisione.

“Entrambi … i reni” – balbettò l’inglese – “… Ma come può vivere senza?” – e due lacrime gli segnarono gli zigomi asciutti.


“Ovviamente lo aiuteranno delle apparecchiature di nuova generazione, ma nel frattempo impianteremo subito un rene artificiale: la chirurgia dei trapianti ha fatto progressi inauditi, sai?” – lo rassicurò – “Senza escludere anche un possibile donatore compatibile per il secondo organo e la tua famiglia è già pronta a sottoporsi al test”

“Co … cosa? …”

“Jude diamine firma questo foglio e rimetteremo in sesto il tuo Robert, ok?” – lo scrollò Colin esasperato.


“Va bene … Spero di non fare un torto a Robert … Forse lui preferirebbe … non lo so neppure io” – e singhiozzò, per il pensiero terribile, che si era affacciato alla sua mente stravolta.

Downey sembrava entrato in una lunga agonia, carica di rimpianti, di delusioni, di sconfitte, di inadeguatezza e tutto a causa di Jude, del suo carattere schifoso, pensò l’attore, di una gelosia insana, mescolata a quei tradimenti, letali per il suo compagno.

Forse Rob preferiva andarsene, perché quel destino sembrava scritto sulla stessa pagina, dove era stata siglata la condanna a morte di Geffen.

I due si sarebbero completati a vicenda, se avessero colto l’opportunità di sposarsi, Law ne era certo.

Li aveva quasi uccisi, con la propria follia, mentre solo lui meritava di crepare su quella scogliera: si convinse mestamente anche di questo.


Jude si accasciò, a quel punto, come aveva fatto Robert, nel bagno di villa Lux, dopo avere emesso un grido di dolore puro, per il quale Glam, insieme a lui, per fortuna, si era spaventato come mai prima.


Quindi l’emorragia, istantanea e copiosa, come se si fosse rotta una diga interna.
Infine Downey era come collassato.



Scott distribuì una brochure informativa ed un foglio da compilare e sottoscrivere, nel caso fosse stata rilevata idoneità alla donazione.

“Sembrano due fagioli … Eppure sono così fondamentali” – Brent si grattò la nuca, mentre scriveva i propri dati e Brendan faceva lo stesso, seduto accanto a lui in una saletta, dove si erano riuniti in parecchi.

Lo psicologo lo baciò dolcemente sulla tempia destra, sussurrandogli – “Non sei obbligato a farlo …”

Brent lo scrutò – “Neppure tu … Però lo fai” – e sorrise, notando l’arrivo del colonnello Tomlinson, che si premeva un batuffolo di cotone sull’avambraccio sinistro.

“Papà …?!” – si alzò di scatto, andandogli incontro.

L’uomo lo abbracciò – “E’ solo un prelievo in fondo, quelle cartacce le guarderò dopo, perché devo ripartire, anzi, fai tu una firma falsa per me” – rise piano, fissandolo.

“Vai già via?” – replicò deluso, vedendo giungere Harry e Louis dal fondo del corridoio.

Tomlinson senior fece un cenno ai due freschi sposi, attirando poi a sé entrambi, per riunirli in quel gesto, con Brent, che non si era mai staccato da lui.

“Vi chiedo scusa … Per tutto ... Anche se non è né il luogo, né forse la giusta occasione, che però ci prenderemo presto o tardi, magari in un incontro meno movimentato … Anche alla base militare, se vi andrà” – propose sereno.

Louis gli si appese al collo – “Grazie papà … E grazie a te” – tornò da Haz, stritolandolo quasi con quelle due ali gracili, ma ben proporzionate.

Brendan si avvicinò con le mani in tasca – “Lei è davvero in gamba, suocero” – sorrise mascalzone, ma affabile.

Tomlinson gli strinse la mano e si congedò, non potendo fare altrimenti, aggiungendo un ultimo dettaglio.

“Brent … La settimana prossima c’è il processo … Era stato rimandato, ma adesso ci siamo”

“Lo so papà … Mi sto preparando e tu?”

“Voglio giustizia, quanto te figliolo” – ribatté fermo, poi se ne andò definitivamente.



Geffen sbuffò seduto sulla lettiga nello studio di Mason – “Ma perché no, accidenti Jim! E tu Scott cosa ne pensi?”

“Sei pazzo … Tu sei fuori Glam, accidenti!” – sbottò il diagnosta.

L’oncologo scosse il capo – “Anche se i tuoi reni fossero compatibili, con le chemio ed il resto non saresti il massimo come donatore, senza offesa e moriresti nel giro di pochi giorni, con il sistema immunitario a zero” – spiegò calmo.

“Tanto accadrà comunque! Anzi, mi risparmio la seconda fase del calvario, non sarebbe male” – ironizzò, gli occhi lucidi.

Scott gli si avvicinò con una siringa – “Ok, giusto per darti la soddisfazione di sapere se sei compatibile con Robert anche su questo” – sibilò adirato.

Geffen lo guardò storto – “Ti sembra il caso …?”

“Ma vaffanculo Glam! Io uno straccio di speranza per te ce l’ho ancora, ma a te non frega un cazzo!”

Mason scivolò via, impacciato.

“Scotty … Che bei momenti …” – e l’avvocato rise e pianse.

Si abbracciarono.

Come due coglioni.



Tomo scese dall’auto come una furia.

Erano nel parcheggio dell’ospedale, avvisati dagli altri su quanto stava succedendo, ma, soprattutto, dell’iniziativa di sottoporsi alle analisi per aiutare Robert.

Shannon glielo aveva appena detto.
Di lui e di Farrell.

Il batterista spense il motore, appoggiandosi con la fronte al volante, dopo averci incrociato i muscolosi bicipiti contro.

Fuori scoppiò un temporale.



Jared fissava la pioggia battere sui vetri dell’ambulatorio, dove gli avevano appena aspirato pochi millilitri di sangue.

Il cerotto aveva degli orsacchiotti stampati sopra e l’infermiera gli disse che erano rimasti senza, così da doversi rivolgere alla pediatria, per averne qualche scatola.

Era tutto così buffo, quasi ridicolo: una riflessione amara.

“Ho un po’ di nausea …” – si lamentò composto e lei gli permise di rimanere lì, tanto non c’era urgenza di alzarsi.

Geffen stava transitando, mentre la donna usciva e le chiese il permesso di entrare.


“Vada pure e gli dia anche questo”
“Succo di frutta?” – sorrise.

“Sì, ha un calo di zuccheri … A dopo.”

“Ehi campione …”

“Glam … Anche tu hai …?”

“Già, ma mi hanno già scartato ai blocchi di partenza, sai sono una carcassa poco appetibile” – rise, sedendosi sul bordo, anche per dargli una carezza, spostandogli le ciocche a lato di quel viso così bello.

“Hai già salvato Nasir, l’hai dimenticato?” – sorrise – “Ora non esagerare”

“L’ho sempre fatto in vita mia … In certe fasi non abbastanza, comunque” – replicò assorto.

“Sì, lo so …”

“Dov’è Colin? Accanto a Jude, suppongo”

“Non te lo so dire … Non mi interessa” – disse a bassa voce, tornando a guardare fuori.

“Avete litigato?”

Leto annuì, asciugandosi un principio di pianto incombente.


“Mi dispiace Jay, venire ad Haiti è stato un gesto meraviglioso per me, come averti vicino durante questo percorso ad ostacoli … In ogni caso non volevo crearti dei problemi e non ragiono mai quando si tratta di te, di noi …”

“Anche Colin non l’ha fatto, se è per questo” – ridacchiò acre – “In compenso ha trovato consolazione …”

“Come scusa?”

“Nell’unica maniera con la quale mi ha sempre umiliato, ma questo giro ha toccato il fondo … E’ un punto di non ritorno, te lo assicuro Glam”



Boydon disse al suo assistente di occuparsi di Marc e Denny.

“Qui ci penso io … Ciao Christopher”

“Steven … Ciao” – gli sorrise a metà.

Quando il leader dei Red Close era decollato verso Londra, si erano lasciati con un litigio sgradevole e non si erano più parlati.

Unicamente e-mail, per Clarissa ed i turni di visita, con affidamento congiunto.

“Tutto a posto?” – e gli controllò il punto in cui era stato infilato l’ago.

“Sì … Ti ringrazio.”

“Come stai?”

“Sto bene Steven, con Ivan non sono mai stato meglio” – disse schietto, senza intenzione di ferirlo.
Era la semplice realtà.

“Ne sono contento Christopher” – bissò l’ex, altrettanto sincero.

“E tu …?” – domandò il giovane, con una velata timidezza.


“Me la cavo … La carriera mi impegna al cento per cento, fortunatamente”

“Alla mia non voglio pensare un granché … Avevi ragione, quando dicevi che il cinema e la tv non fanno per me”

“Non è vero Christopher: tu sei perfetto per ogni settore del mondo dello spettacolo, anche se è un ambiente complicato e … discutibile”

“Sì, ma mi sento al sicuro … E questo vale per Ivan, ma anche per quando eravamo una coppia, tu ed io, doc” – sorrise di uno splendore unico.


Boydon era come incantato, ma poi si scosse, per dargli un consiglio, anche se scarsamente etico.

“Se anche risultassi idoneo, Christopher, sarebbe opportuno evitare, rinunciare insomma: vivere con un solo rene, mentre il secondo è artificiale …”

“Cioè quello che viene donato, verrà sostituito con uno finto?”

“Sì, al pari di chi lo riceve, nel caso di Robert: uno vero ed uno … di plastica” – sorrise teso.

“Sei tenero a preoccuparti per me, so che non sarebbe più come ora, sì, insomma, a livello fisico avrei qualche magagna, l’ho letto sul fascicolo … E non mi importa, se Robert si salverà: è come un padre per me e tu questo lo sai …”

“Sì tesoro, lo so” – e si sollevò lento dalla sedia, prendendo un appunto sulla cartellina, dalla quale non si separava mai.


Ivan bussò, varcando poi la soglia ad un cenno di Boydon, che lo salutò garbatamente.

Christopher gli tese le braccia, come un bimbo ed Ivan lo avvolse amorevole, cullandolo e dandogli un lungo bacio.

Bastava poco per essere felici.





 GERARD BUTLER is STEVEN BOYDON






mercoledì 29 gennaio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 242

Capitolo n. 242 – zen


Jude notò che era il secondo bicchiere di acqua gelata, che Downey stava trangugiando, poco distante dal buffet, dove aveva rifiutato la coppa di champagne, levata dai presenti per un primo brindisi.

“Robert tutto bene …?” – gli chiese con un filo di preoccupazione il consorte, a bassa voce.

“Ho un’arsura tremenda Judsie … Forse ho mangiato qualcosa di salato”

“Non hai ancora toccato nulla tesoro” – osservò, cingendogli la vita sottile.

“In effetti … Comunque ne berrei volentieri un’altra dose” – provò a scherzare, ridendo tirato, ma una smorfia rivelò che aveva altri problemi.

“Ancora la schiena?”
“Sì Jude … Maledizione … Vado a sedermi”

“Ti porto io la minerale e qualcosa da mangiare, ok?” – e lo baciò con tenerezza, facendolo accomodare su di un divanetto un po’ in disparte.


Harry si tolse il farfallino, mentre danzava con un Louis ormai in camicia e scalzo, al settimo cielo, tutto preso a baciarlo e stringerlo forte a sé.

“Quando glielo diciamo … al nonno?” – domandò il ricciolo con aria di divertita cospirazione.

“Non lo so … Antonio ci rimarrà male, però hai ragione, almeno la luna di miele facciamola … a modo nostro” – e si fermarono, al centro del salone, scrutandosi intensi.

“Ti amo Mr. Styles …” – disse Harry, per poi baciarlo.

“Ed io amo il mio Mr. Tomlinson” – sospirò Louis, dopo essersi staccato da lui malvolentieri, per andare ad affrontare Meliti.



“Solo i cretini non cambiano idea” – esordì Lux, un po’ canaglia, porgendo al colonnello un vassoio di deliziose tartine al salmone.

“Ha ragione Vincent … E lei, su mio figlio, l’ha cambiata?” – replicò fissandolo, con un sorriso altrettanto sfrontato.

Lux fece correre le proprie iridi azzurre a Boo, illuminandosi nell’esaudire la sua curiosità.

“No, non accadrà mai, neppure se lo volessi … Comunque, sono in partenza, destinazione Africa, per un paio di mesi almeno …”

“Volontariato od affari?”

“Volontariato … Almeno ci provo”

“Dovremmo farlo tutti, a me è capitata una missione di pace, anni fa: siamo riusciti a costruire un pozzo, vero Brent?”

Il primogenito era arrivato alle loro spalle, allacciato a Brendan.

“Sì … Ciao papà, non ci siamo ancora salutati”

Tomlinson senior lo abbracciò con insolita dolcezza – “Ciao figliolo, buongiorno dottor Laurie” – e strinse la mano allo psicologo.

Sì, doveva essere proprio un miracolo, come aveva detto Louis sull’altare, vedendo il cambiamento inatteso del padre.

“Quel periodo fu uno dei migliori, dava un senso ad essere sotto le armi …” – sottolineò l’ex capitano.

“Già e poi noi non siamo nati per fare la guerra … Vero Brent?”

Il giovane, non disse nulla, lasciando la parola al partner.

“Assolutamente … Solo che gli uomini non cambieranno mai, lotteranno sempre per qualcosa … o qualcuno …” – intervenne infatti Brendan, dando poi un bacio nel collo all’acerbo fidanzato, portandoselo via.



Jared varcò la soglia della biblioteca, con due flute ed un sorriso accattivante.

“Eccoti finalmente Cole … Mi stavi aspettando?” – e con un colpo di tacco provò a sigillare la stanza chiudendo l’uscio, che rimase comunque accostata.


“Sì … No, cioè di là c’era troppa confusione, scusami, non volevo lasciarti solo Jay” – ed inspirò.

Leto posò i calici sul caminetto, brandendo poi le mani dell’irlandese.

“Amore ti sento così strano … In tensione, da quando sono tornato e posso immaginare quale sia il motivo …”

“Hai ragione Jared e devo parlartene” – disse serio, irrigidendosi.

“Ok … Ma non devi scendere nei particolari” – inspirò – “Posso immaginare il contenuto del tuo discorso o se meglio credi … della tua confessione. Giusto?” – e si sforzò di sorridere ancora.


“Jared …”

“Stammi a sentire Colin: so di averti deluso e demoralizzato … Tu sei stato comprensivo, per la situazione di Glam, accettando cose, che nessuno avrebbe compreso … Mi dispiace, sono mortificato al pensiero di averti spinto tra le braccia di un altro …”

“Io non volevo che accadesse …”

“Si tratta di Taylor, vero? Ho visto come vi siete salutati al nostro arrivo qui alla villa …”

Il giovane attore, in effetti, aveva parlato qualche minuto con Farrell, ricordando la loro esperienza sul set di Derado, in maniera complice, quasi intima, tanto da fare ingelosire il leader dei Mars all’istante.


“Taylor?” – ribatté Colin, un po’ sbigottito.



Jamie e Kurt se ne stavano in poltrona a sgranocchiare patatine fritte e polpette ai peperoni, facendo battute e sbadigli, già in preda ad una digestione problematica.

“Ho un regalino per te Jam”

“Cosa, cosa, cosa?” – ed afferrò, squittendo infantile, un pacchetto, che l’amico aveva appena estratto dalla tasca interna del chiodo in pelle nera, nel suo look piuttosto inconsueto per un matrimonio.

“Ehm, diciamo che dovrebbe servire per la tua … fragilità capillare” – e con un sorrisone, strizzò le palpebre, trattenendo l’ennesima risata.

“Fondotinta …” – mormorò il ballerino, un po’ interdetto.

“Spero sia della tonalità giusta!”

“Kurt!!”

Scoppiarono a ridere, aggrovigliandosi in una finta zuffa, che fece sorridere anche Hopper e Rossi, poco lontani da loro.



“Mmmm … quindi il viaggio non è di vostro gradimento?”

Antonio lo disse buttando fuori il fumo del sigaro, che stava masticando minaccioso ed estremamente comico, per Pam e Carmela, sedute al suo stesso tavolo.

“No, no, è splendido, però vorremmo fare una cosa … on the road! Nonnino …” – spiegò buffo Louis, adorabile nei suoi atteggiamenti spontanei.

“Bene! Ci porterò mia moglie, tanto manca poco alla nascita della nostra bimba, quindi è meglio prendersi una vacanza!”

Harry si sentì sollevato, dando piena approvazione alla scelta del vecchio patriarca, che si era divertito a sufficienza a farlo stare sulle spine, con occhiate storte da antologia.



Downey si piazzò su di un davanzale, aprendo la finestra.

Stava sudando.

“Ciao Rob …”

“Glam … ciao, bentornato” – gli sorrise, prendendo il suo polso destro, invitandolo ad affiancarsi a lui.

“E’ tutto a posto tesoro? Sei accaldato”

“In effetti è una settimana che non mi sento in forma: temo un malanno fuori stagione … Li odio” – e sbuffando, mandò giù l’ennesima bottiglietta di Evian.

“Bevi come un cammello direi …” – Geffen rise, sfiorandogli i capelli madidi sulla nuca.

“Già … E dovrei anche scaricare questo oceano, che mi ribolle nella pancia, ora” – e si alzò, sbuffando greve – “Cavoli, sono indolenzito …”

“Dovete cambiare materasso, tu e Jude” – abbozzò l’avvocato, per nulla convinto dalle condizioni di Downey.

Decise di scortarlo alla toilette del piano, avvertendo con un sms Law, sceso in giardino con Camilla e Diamond.

§ Dovresti salire, forse Robert non si sente bene, grazie. GG §



Farrell mandò giù la sua dose di bollicine, per vincere la secchezza alla gola, che lo stava attanagliando.

Leto aspettava una conferma.

“Taylor? No, hai frainteso, ci siamo visti oggi, dopo mesi, Jay” – esordì andando ad affacciarsi alla finestra, anche per controllare la loro ciurma nel parco.

“Perdonami, forse non dovrei, forse sei andato in qualche club o non so … Guarda, non parliamone più Colin, cerchiamo di andare avanti, d’ora in poi farò solo visita a Glam, con regolarità, certo, ma senza rimanere a Palm Springs … Non che si sia illuso di chissà cosa oppure che io”

“Jared! Dio quanto parli!” – sbottò con gli occhi lucidi il moro, levandosi la giacca – “Cristo non si respira qui!”

“Cole …”

“Non mi sono scopato un ragazzino e tanto meno infilandomi in una discoteca gay o altre stronzate simili!” – ormai era alle lacrime – “Ho fatto un gesto ignobile in compenso ed anche se potrei sentirmi giustificato non è ciò che provo, perché mi faccio schifo!!”

All’improvviso si palesò Shannon, che aveva udito solo l’ultima parte di quell’accesa conversazione.

“Glielo hai detto …?” – domandò il batterista, con aria sconvolta.

Jared si mise tra loro.

“Shan non intrometterti …” – e quasi lo spinse via, non con irruenza, ma con un’aria da supplica, sapendo quanto il fratello avesse spesso contestato la sua unione con Farrell – “Non è come pensi, Colin ed io ci stiamo chiarendo, non ti riguarda, ok …?”

“Ti sbagli Jared … Mi riguarda eccome” – e deglutì a vuoto, impallidendo.

Jared fece un passo indietro, poi si voltò verso Colin, tornando a fissare Shan un secondo dopo, come se fosse tra due fuochi.

O più verosimilmente, tra due carnefici.


“Shan …”

Gli uscì in un anelito, mentre scrutando ulteriormente Farrell, non riuscì nemmeno a pronunciare il suo nome.

Era come se avesse sbattuto la faccia contro ad un muro e tutto fosse diventato improvvisamente appannato, confuso.

I suoi zaffiri furono come inondati da un pianto pungente, i suoi respiri sembrarono annegarci.


In quell’attimo, che lo avrebbe segnato a vita, Leto ne era certo, arrivò a pensare che quella città fosse precipitata in un sortilegio malvagio e che niente sarebbe stato più come prima.

Shannon era di poco più grande di lui, ma gli aveva fatto da padre, da amico, era un punto fermo, era solido, un po’ rude, anzi, alla stregua di una pietra grezza, al cui interno, sapendola maneggiare, si trovava un diamante di rara purezza.

Shannon non gli aveva mai mentito, non l’aveva mai tradito o raggirato.

Shannon era stato, probabilmente, in una spirale di emozioni contradditorie, anche il primo uomo, di cui Jared, così fragile, così sensibile, si era innamorato.

Shannon, che ora, aveva schiuso le porte di un inferno, che Jared credeva non sarebbe mai stato possibile conoscere.

Fuggì via.

Colin rimase cristallizzato nella sua vergogna.

Shannon cadde in ginocchio, come se gli mancasse l’aria.



Gli scalini, che scendevano all’ingresso, facevano una curva e c’era molta gente, lungo la balaustra.

I loro visi erano angosciati, ma Jared non capì ciò che stava accadendo, finché non andò quasi a sbattere contro un drappello di conoscenti, presi ad indicare l’arrivo dell’ambulanza.


Downey era steso sui marmi di quell’entrata maestosa e macchiata del suo sangue.
Ne erano chiazzati anche i suoi pantaloni ed in parte la camicia.

Jude urlava e singhiozzava, dicendo di fare presto, mentre lo teneva stretto sul petto.

Geffen, tamponava il collo di Robert, pregando Scott di fargli un’iniezione, per calmare un tremore incessante, che percorreva ogni muscolo dell’artista, ormai privo di sensi.

Era come un quadro macabro, con il vocio dei bambini nella sala attigua, dove erano stati confinati, dai body guard e dalle signore presenti.

Jared prese dell’acqua, pensando che Robert ne avesse avuto bisogno, ma l’amico non reagiva alle sue invocazioni.


Sembrava tutto inutile.
Tutto.







lunedì 27 gennaio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 241

Capitolo n. 241 – zen



Colin gli aveva sollevato i polsi, dopo averli afferrati con un urgente senso di possesso, oltre la testa scapigliata ed ancora umida, per la doccia fatta da Jared, appena giunto alla End House.


L’irlandese gli stava tormentando le labbra, con lievi morsi e baci profondi, guardandolo di tanto in tanto, in contemplazione della sua bellezza struggente, mentre Jared si era arreso all’invasione dei suoi fianchi robusti, ormai da minuti interminabili.

Fare sesso con Farrell era sempre stato bello: forse un tempo il cantante ci aveva persino scherzato su, malizioso, parlandone a qualcuno.
Forse a Shannon; non lo ricordava esattamente.

Era frastornato dal viaggio, dalle emozioni e dalla frustrazione per Geffen.

Pensare a lui, anche in quei momenti, diventava un’ulteriore colpa a suo carico, pensò.

L’orgasmo allagò il groviglio dei suoi pensieri.

Il suo corpo esile si inarcò, come addomesticato ad una danza convulsa e ricca di piacere; Colin gli succhiò il collo, gli leccò il giugolo, risalendo alle sue labbra, baciandolo ancora ed ancora.

Lo girò poi a pancia in giù, con vigore e dominio assoluto, riprecipitando in lui, come se Jared fosse fatto di una materia malleabile, ma mai vinta veramente.


Il loro amore era come un sogno, accartocciato tra i rovi di una corona, fatta di menzogne e tradimenti, che sia Colin che Shannon avevano posato sulla sua testa, le cui sembianze, dai tratti talmente simili a Gesù, avrebbero impressionato chiunque incontrasse il leader dei Mars, con quel look più volte adottato dall’eclettico artista, che non invecchiava mai.

Davvero mai.



Scott gli diede una carezza sulla tempia destra, arridendo al suo risveglio.

La trasfusione gli provocava sempre un leggero torpore, al quale Geffen non opponeva alcuna resistenza.

“Va meglio?” – chiese il medico a mezza voce, seduto al suo capezzale.

“Sì … Grazie Scotty, mi … Mi serviva proprio, per essere decente, oggi, alla cerimonia … Non sarebbe stato carino svenire sul tappeto rosso verso l’altare” – e rise, sollevandosi di poco, per bere un succo di frutta.

“In effetti temo sarà già piuttosto movimentata questa festa”

“Come mai?” – bissò curioso l’avvocato, iniziando a vestirsi.

“Non so … Ho visto Louis con Brendan, forse era andato in terapia da lui … E poi sono dei ragazzini … Sposarsi …”

“Diciamo che tu sei allergico al matrimonio dalla nascita, vero?” – scherzò.

“Insomma … Jimmy comunque lo impalmerei”

“Vedremo …” – e gli fece l’occhiolino, calzando le scarpe, per poi alzarsi, senza capogiri.

“Ti porto a casa Glam?”

“Veramente ho già un autista d’eccellenza … Eccolo lì” – ed indicò Rossi, seduto in corridoio, intento a leggere una rivista di scienze.

“Ah l’FBI ti prende in consegna … Ok, ci vediamo a villa Lux dunque”

“Certo … Vado a farmi bello: ci vorrà un miracolo!” – e con aria serena si avviò verso David, che lo salutò affabile.


In auto rimasero in silenzio per poco.

“Haiti com’era?”

“Sempre uguale, Dave … Tanta miseria, molta gente alla fondazione, in cerca di un riparo, di qualcosa da mangiare … Non finirà mai” – spiegò sconsolato.

“Hai fatto molto per quelle persone”

“Sì … Ho sacrificato più di quanto si possa immaginare, ma non parlo di me stesso, anzi …”

Rossi lo scrutò, fermi ad un semaforo.

“Eppure quell’isola ti ha donato la tua gioia più grande, Glam: ossia Lula” – e sorrise.

Geffen rimase statico in un pensiero, all’apparenza doloroso.

“Sì … Hai ragione vecchio mio …” – inspirò – “Pronto per le nozze del secolo?” – cambiò discorso, di netto.


“Sì, partecipo volentieri, anche se Kurt mi ha avvertito che succedono sempre disastri alle vostre celebrazioni” – rise.

“Puoi dirlo forte, non ne saltiamo una senza fare qualche casino …” – rise anche lui, sollevato per essere giunto a destinazione.

Il parco della Joy’s House era pieno di bimbi, tra cui ovviamente soldino, impegnato in una corsa con la sua Violet.

Geffen li fissò, prima di entrare: Kevin era nell’ingresso, pronto ad accoglierlo con gioia.

“Daddy come è andata?”

“Ottimamente tesoro … Come Dracula direi” – e gli scompigliò i capelli, stringendolo dolce – “E Tim?”

“E’ di sopra, quasi pronto come me … e le pesti”

“Perfetto. Vado a cambiarmi … Offri un drink a Dave?”

“Certo, tu bevi qualcosa?”

“Dopo, magari … Faccio anche qualche telefonata e leggo le mie e-mail, se non ti spiace: posso usare il tuo pc, Kevin?”

“Sì, fai pure, è sempre al solito posto …” – e gli sorrise, in un modo, che per Rossi era ben preciso, quanto immutabile.




Lux controllò lo champagne al fresco e diede le ultime direttive al responsabile del cattering; quindi salì al secondo piano.


Bussò lieve, sorridendo poi alla voce solare di Louis, che gli diceva di entrare.

“Mon petit a che punto sei?”

“Et voilà, come diresti tu” – rise facendo una piroetta – “Pronto!”

“Oh meraviglia … Sì, direi proprio che sei pronto per dire di sì ad Harry …” – replicò osservando ogni minimo dettaglio nel giovane, che gli volò al collo dopo cinque secondi, dandogli un bacio sulla guancia sinistra.

“Grazie per tutto, Vincent …” – gli sussurrò, stringendosi a lui, che non poteva chiedere di meglio e di peggio, a circa dieci minuti dall’inizio della celebrazione.


“Aspetta, verifico se possiamo scendere … Un attimo tesoro …” – ed inviò un sms vocale a Geffen, che gli rispose immediato con un simpatico “Via libera”.


Glam e Marc scortarono Harry, come se fossero due angeli custodi o, come ridacchiò Meliti, “due padrini alla cresima del nipote”.

Pam gli diede una gomitata, così Carmela.

Robert scambiò un’occhiata veloce con Glam, abbozzando un sorriso.
Jude non se ne preoccupò, facendo anche lui un cenno di assenso, per poi cercare Colin tra i presenti, notandolo poco distante, con i gemelli sulle ginocchia, mentre Jared era assediato da tre delle loro figlie più piccole.


Il pastore istruì un minimo Haz sulla sequenza di interventi e letture, anche perché il ragazzo non era riuscito a partecipare, per impegni in aula, ad alcuna riunione prematrimoniale, dove invece Boo non era mancato assolutamente.

Una musica d’arpa annunciò l’ingresso di Louis, a braccetto di Lux per il tratto a scendere lungo la scalinata e per mano, mentre transitavano sulla passatoia colore porpora.


I sorrisi dei due giovani si ritrovarono, radiosi all’avvicinarsi l’uno all’altro.

Vincent prese un respiro e con delicatezza passò le dita di Boo, un istante prima incollate alle sue, tra quelle di Harry, che mormorò un grazie molto tenero.

Styles perse i propri smeraldi, nelle pozze d’acqua di Louis, che si sentiva galleggiare i sensi, per l’emozione.


Ne seguì una breve introduzione, che tutti ascoltarono attenti.

Quindi toccò ai futuri sposi, scambiarsi le promesse e gli anelli, che Hopper mise in bella mostra su di un piedistallo, appositamente sistemato tra i due, che si ripresero per mano, speculari ed innamorati.


Styles arricciò il naso, grattandosi poi la nuca, impacciato; Louis rise complice.


“Ok, inizio io … pasticcione …” – bisbigliò allegro.

“No, no Boo, ce la faccio … Ce la devo fare” – rise poco disinvolto il suo principe, ma il coraggio riemerse do colpo nelle sue iridi, come una vampata benevola.

“Louis forse questo è un sogno ad occhi aperti … Allora io dico, non svegliatemi, perché non vorrei essere in nessun altro posto se non questo, davanti a te, amore mio, che hai avuto pazienza e perseveranza, che mi hai dato la forza di superare mille difficoltà, che ti sei sacrificato, permettendo ad entrambi di realizzarci … Tu hai creduto in me: sei stato l’unico, sei stato … il primo.” – concluse intenso.

“Harry io di te amo anche le cose, che gli altri non vedono o che non sanno … La tua integrità mi ha spesso spaventato, ma anche stimolato a crescere, a fare sì che maturassi, diventando orgoglioso di me stesso … Ho lottato, conquistando ciò che adesso sono, ma non sarei niente, senza di te. Niente.” – e si morse le labbra, gli occhi lucidi.

L’officiante sorrise bonario, spostando le vere in direzione di Harry.

“Giunti a questo punto, se qualcuno ha qualcosa da dire, parli ora o taccia per sempre.” – disse solenne.

Un forte colpo di tosse, sembrò esplodere dal fondo.

Louis ebbe un sussulto, al pari di Harry, che sembrò, però, non agitarsi nello stesso modo.


“Ciao Boo … Sono arrivato in ritardo, me ne dispiaccio, come tu neppure immagini.”

Era Tomlinson senior, in divisa, sbarbato e pettinato in maniera impeccabile, come la sua alta uniforme; ciò che comunque colpì il suo secondogenito, mentre Brent aveva perso un battito nel ritrovarselo lì, seppure Harry lo avesse informato con largo anticipo, fu il fatto di sentirsi chiamare Boo, il soprannome affibbiatogli dalla madre, durante l’infanzia.


“Papà …”

“Avrei voluto accompagnarti personalmente, ma non per questo sono meno orgoglioso di te e di Harry”

“Ti ringrazio …” – ribatté flebile, provando quasi un mancamento.

“Spero di potermi aggregare, anche con il tuo permesso: è stato tuo marito” – sorrise – “Sì insomma, tra poco lo sarà … E’ stato Harry ad invitarmi”

Louis lo guardò, commosso – “Haz … Hai fatto un miracolo …”

“No, gli ho semplicemente spiegato quale privilegio fosse per me amarti … Ed onorarti per tutta la vita Louis” – e gli mise l’anello.

Boo lo imitò subito, con trepidazione – “Io ti sposo Harry Styles e ti prometto fedeltà, dedizione, rispetto, in salute e malattia, in ricchezza e povertà … Finché morte non ci separi”

Il colonnello cinse il loro intreccio di falangi, saldandosi con i palmi ad esso – “Che Dio benedica la vostra unione. Io l’ho appena fatto” – e sorrise, dando una carezza ad entrambi, prima di accomodarsi accanto a Lux, che lo accolse educatamente, anche se incredulo quanto son petit.


Un fragoroso applauso accompagnò il bacio tra Louis ed Harry, che con un abbraccio caloroso e straripante di gioia, diedero il via ai festeggiamenti.