giovedì 24 marzo 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 52

Capitolo n. 52 – nakama



https://www.youtube.com/watch?v=iZCKfZpjQhE



Isotta dondolava le gambe, seduta sopra ad una poltroncina celeste, che richiamava la tappezzeria della sala, dove si sarebbe celebrato, a breve, la cerimonia di nozze, dei suoi genitori.

Tutti tranne uno.

“Ehi principessa, sei bellissima”

“Papi Glam!”
La sua voce ed i suoi occhi si illuminarono.

Geffen le si avvicinò, porgendole un mini bouquet, di rose blu e bianche, con al centro una scatolina, anch’essa a forma di fiore.

“Che cos’è?” – chiese entusiasta.

“Un pensiero, per te … Buon Natale tesoro”

Si trattava di una catenina, con appeso un ciondolo, recante la sua iniziale in brillanti, incastonata al centro di un triangolo, in oro bianco, tipico simbolo dei Mars, che la bambina apprezzò, riconoscendo la triad, tanto amata dal padre biologico.

“Ci siete entrambi, tu e papà Jay” – disse assorto il legale, senza perdere il sorriso e lo smalto della sua eleganza e dei suoi anni, vissuti pericolosamente.

“Grazie papi Glam” – e gli stampò un bacio sulla guancia sinistra.

Dalla parte del cuore.

“Isy sei qui”

Farrell entrò in quell’istante.

“Guarda papi Colin, cosa mi ha regalato papi Glam” – e si alzò, avvicinandosi all’attore, che si inginocchiò, dopo avere salutato anche Geffen – “… è meraviglioso … come sei tu, amore” – e la avvolse, con tenerezza.

“Ora vi lascio”

“No, rimani Glam: vorrei dirti una cosa” – disse sereno l’irlandese, risollevandosi.

Isotta raggiunse Pam, appena transitata a metà di quell’ambiente addobbato e accogliente, che presto si sarebbe riempito di invitati da ogni dove.

Geffen guardò Colin, perplesso – “Ti ascolto …”




Le montagne stavano scomparendo alle loro spalle.
Paul le guardava dallo specchietto retrovisore esterno, mentre Norman guidava tranquillo, verso Los Angeles.

“Forse tu avresti voluto rimanere … O comunque tornare dai tuoi, vero?”
Il giovane ruppe il silenzio.

“C’è tutto il tempo … Per la mia famiglia, intendo” – il tenente sorrise – “… mentre per il trattenersi al matrimonio dell’anno, no grazie … Avrai capito, che Geffen e soci non sono i miei idoli, anche se sto rivalutando lo squalo del foro, lo ammetto” – affermò schietto.

“Tu mi piaci, perché non giri intorno alle cose …”

“A volte capita anche a me … Non sempre è semplice dire la verità, né a sé stessi, né tanto meno al prossimo”

“Tipo?” – anche Rovia sorrise, incuriosito da ogni sua parola.
Perché per lui Reedus era un enigma, complesso e affascinante.
Tutto da scoprire.


“I sentimenti, ad esempio, non sono mai stati il mio forte”

“Non saprei, tu sai essere dolce, quando meno te lo aspetti … Ne sono testimone”

“Troppo buono” – e si schernì.

“Scommetto che con le tue figlie, sei un papà amorevole” – e sgranò quei fanali, capaci di ucciderti.
Senza farti male, pensò lo sbirro, sentendosi nel cuore un’euforia strana.

“So fare il cavalluccio come nessuno, direi”

Risero.

Rovia prese poi un lungo respiro.

“Imposto l’indirizzo, se non ti dispiace … Me l’ha dato Glam”

“Ok, fai pure, così non sprechiamo tempo e ci arriviamo subito”

“Già … In effetti, Norman, temo di averne davvero poco, ormai …”




Niall scartò il pacchetto, con quella frenesia, capace di fare impazzire Ruffalo.
Anche in quel momento di loro, distanti dal caos del clan, seduti davanti al caminetto, della loro suite.

“Cos’è, cos’è, vediamo” – il ragazzino rise felice.

Si trattava di una cornice d’argento.
All’interno, una foto.

Di una neonata: Horan lo dedusse dalla tutina rosa.

Dapprima scrutò l’immagine, poi puntò i suoi cieli su Mark.

“Si chiama Angelica … Dopo domani, Miss. Gramble ci aspetta per farcela conoscere e per firmare i moduli della pre – adozione: sai, è un periodo di prova Niall”

“Dio lo so” – lo interruppe stupito e quasi senza fiato.

Per la gioia.

“La mia domanda è passata, insomma e”

Niall gli si appese al collo, quindi lo baciò con ardore.

Il mondo sapeva di buono.
E di assoluto.
Finalmente.




Farrell versò dello champagne in due calici limpidi, come i suoi quarzi, posatisi nuovamente su Geffen.

“Grazie Colin … A cosa brindiamo?”

“A noi … A tutti noi, Glam”

Un tintinnio, poi sorseggiarono quella delizia, senza smettere di guardarsi.

“Volevo ringraziarti, sapendo che non sarà l’ultima occasione, per quanto hai fatto per Jared”

“Ho come un dejà vu” – e gli fece un simpatico occhiolino.

“Non dirmi che sono un disco rotto” – il promesso sposo rise.

“No, affatto … Sarai un marito di buon senso, invece … Hai avuto l’ennesima occasione Cole, non sprecarla” – disse senza alcun astio.

“Se dovesse accadere, ti autorizzo a prendermi a pugni”

“Non sia mai … E poi cosa avrei fatto, per Jay?”

“Tu … esisti: e lui vive nel riflesso di ciò che rappresenti, dal primo minuto, in cui te l’ho presentato, rammenti?”

Geffen si ossigenò – “Io non dimenticherò un solo dettaglio di Jared e di quanto abbiamo condiviso, ma ho imparato ad andare avanti, anche senza di lui”

“Lui per te, ci sarà sempre”

“E viceversa: alla salute!” – ed ingerì, ciò che restava del nettare, colore dell’oro, colore di un tramonto lontano.

Anni luce.







Tom stava impazzendo con il nodo della cravatta.
Proprio non gli riusciva.

“E’ l’unica cosa, che mio padre ha insegnato al sottoscritto”

“Glam …?!”

L’uomo gli si avvicinò, provvedendo a sistemare quel disastro.

“Grazie … Mi hai salvato” – mormorò il fisiatra, demoralizzato per ben altre cose.

“Oggi è un tripudio di riconoscenza nei miei confronti, sai Tommy?”

“Non capisco …”

“Ah nulla, pensavo ad alta voce: siete pronti?”

“Luna è già giù con Stella e Sveva, per il corteo di damigelle, spargimento di petali e via così … Pamela sembrava un sergente d’armata, nel coordinare le manovre, ieri sera, durante le prove generali” – e si accomodò su di un divanetto.

Le spalle curve.

Geffen non aveva mai interrotto il contatto visivo, su ciò che Hiddleston stava facendo.

“Cosa è successo, Tom?” – chiese pacato, affiancandolo.

“Ho visto Chris … Gli ho portato nostra figlia, glielo dovevo, è Natale, no?” – e soffocò un singulto, ma le sue iridi celeste ghiaccio tremolarono di lacrime.

“Sei … distrutto e non so come aiutarti tesoro” – e gli prese la mano destra, tra le sue, calde, grandi, sicure.

Il più giovane lo guardò.

“Ho provato a lasciarlo così tante volte Glam” – singhiozzò, sforzandosi di mantenere un contegno.

Inutilmente.

Il fiume di dolore, che sgorgò da lì a poco, non poteva essere trattenuto.

“Lo amo … lo amo da morire”

“Questo io lo so Tommy …” – Geffen sospirò – “… e lo sa anche lui: vero Chris?”

Un cigolio.

Jim Mason stava spingendo nella stanza una carrozzina.
Su di essa, il tenente Hemsworth.

Dietro a loro, il consorte dell’oncologo.

“E se li lasciassimo soli, per un po’, Glam?” – disse Laurie.

Hiddleston ebbe un sussulto.

Ogni cellula, ogni muscolo, gli stavano tremando dentro.
Riuscì unicamente ad annuire, in balia delle proprie emozioni.

Contrastanti.
Ingestibili.

“Ti ringrazio Tom … davvero” – disse in un soffio Chris, elegante in un completo blu, che Mikkelsen gli aveva prestato, senza fare domande.

“Rimarremo nel salotto, qui accanto, ok?” – precisò Geffen, prima di uscire, senza fretta.

Le dita solide di Hemsworth brandirono le ruote di quel mezzo temporaneo, per i suoi spostamenti: voleva avvicinarsi a Tom.

Ad ogni costo.

“No, resta lì, per favore”

“Ok” – e sorrise in imbarazzo, assecondando la sua richiesta.

“Ti avevo promesso, che sarei passato più tardi da te”

“Lo so, ma non riuscivo a darmi pace Tom: l’attesa mi stava logorando, quindi ho deciso di non rimandare oltre ed ho supplicato Jim e Hugh di darmi retta”

“E ci sei riuscito” – Tom sorrise rassegnato.

“Tanto valeva ascoltare la tua sentenza, su di noi, al più presto … Un colpo netto, preciso, risparmiando a questo stronzo un’agonia, seppure giusta, per come ti ho trattato” – bissò lucido, privo di veemenza.

Hemsworth stava ricacciando indietro un pianto febbrile, dal suo arrivo.

Era palese.

“Ti ricordi, quindi …?”

“Di te e di Norman, sì, certo, è stato come avere un incubo, poi Laurie mi ha spiegato che i flash, i ricordi, erano autentici e infatti stavano riaffiorando nitidi … impietosi, Tommy”

“E’ stata un’esperienza terribile, almeno quanto quella che ho vissuto, quando ho rischiato di perderti … Io subisco la tua vita, come nessuno, Chris” – ribatté, mantenendo la distanza.

“Lo so Tom … Io … Io non ero in me e non posso che dirti quanto mi dispiace … amore mio … perché io ti amo, anche più di prima, se mai riesca ad essere possibile, sai?” – e si commosse, spezzandosi nel tono e nel reggere il suo sguardo, così severo e terribile, al suo cuore rappezzato.

In ogni senso.

“Per dispiacersi è tardi”

Hemsworth sorrise amaro – “Non riesco a crederti e nemmeno tu … nemmeno tu” – e si tirò su, ricadendo, ma poi ci riprovò, con tenacia.

Da una diversa prospettiva, ora, stava ammirando la compostezza e lo splendore di Tom.

Un sopravvissuto a troppe battaglie.

“So che lui potrà darti maggiore gioia, nessuna preoccupazione e”

“Lui chi?!”

“Glam … Ti ama da quando sei entrato nei suoi giorni, io questo lo so e lo sai anche tu, Tommy”

Silenzio.

Tic tac …

Un silenzio assordante.

Tic tac …

Un tempo intrappolato, in un labirinto, dove il perdono non trovava via d’uscita; non quel giorno.

Toc toc …

Geffen si affacciò.

“Tom, se vuoi unirti a noi …”

“Sì certo Glam, eccomi”

Se ne andarono.

Chris ricadde, su quella sedia, ma la sensazione fu quella di precipitare.


Precipitare …

Isotta

martedì 22 marzo 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 51

Capitolo n. 51 – nakama



Le stalle, dove i cavalli da tiro delle slitte, stavano mangiando in una quiete irreale, erano deserte a quell’ora.

Le gite sulla neve, per i turisti, sarebbero iniziate dalle dieci in poi.

Paul si avvicinò con naturalezza ad un pezzato, dagli occhi liquidi, quanto i suoi, inquieti e profondi d’azzurro e rancore.

Il giovane sembrò tranquillizzarsi, appena avvolse il muso imbrigliato, di quell’esemplare magnifico, che non poteva avere ricordi brutti quanto i suoi, anche se era prigioniero, in qualche modo, in un presente, senza scampo.

Reedus prese un respiro e gli si avvicinò alle spalle, cingendolo lento e impaurito, almeno quanto Rovia.

Questi sorrise, cullando i pensieri del destriero, che smise di mangiare, preferendo le sue attenzioni alla biada.

“Non ci riesco Norman …” – disse fragile, le palpebre chiuse.

“A fare cosa, piccolo?”

“A vederla morire così … Era così bella, sai? Lui l’ha rovinata, ha guastato ogni cosa, che gli stava intorno, fin da quando ero … piccolo, come dici tu” – e si voltò, scivolando nel suo abbraccio, trovando un rifugio caldo, per il quale Norman non gli avrebbe mai chiesto nulla in cambio.




Geffen, seduto tra Robert e Jared, si schiarì la voce, senza guardali.

“Paul era un bimbo prodigio, una gioia, alunno esemplare, eccelleva negli sport, equitazione, hockey su ghiaccio … Suonava il pianoforte e, a otto anni, parlava già correntemente quattro lingue”

“E poi cosa è successo?” – chiese il leader dei Mars.

“Nessuno lo sa veramente … Divenne di colpo un ragazzino difficile, scappò di casa … Era un diciassettenne, mi pare … E’ passato così tanto tempo” – disse svilito.

“Come mai ha detto, che tu non gli hai creduto, Glam?” – era la volta di Downey, di avere qualche ulteriore delucidazione.

“Temo si riferisca all’unica occasione, in cui Howard mi interpellò, per tirarlo fuori da certi casini: lo avevano beccato in un locale, strafatto di crac e con parecchie bustine di cocaina nelle tasche … Ero sbigottito, provai a farmi dare delle spiegazioni, da Paul, sul perché si fosse ridotto in quella maniera assurda” – e sbuffò, perplesso nei toni.

“Le sue motivazioni, non ti convinsero?” – “No Jared, perché accusò il padre, farneticando letteralmente: riuscii a evitargli il carcere, facendolo ricoverare alla Foster, per un periodo di riabilitazione, garantendo personalmente per lui”

“Quindi l’hai aiutato?” – insistette Leto.

“Io mi sono fatto sei mesi di galera, grazie al giudice Nelson” – sbottò Robert – “… e in aula mi trattò come il peggiore dei delinquenti” – aggiunse amareggiato.

“Sì lo ricordo Rob, non riuscii a seguire il tuo processo”

“Credo tu fossi al secondo divorzio Glam o era il terzo?” – l’attore sorrise, provando a smorzare un po’ la tensione.

“Perdonami se ti tormento, però cosa non ti quadrò, nella versione di Paul?”

“Onestamente, Jay, essendo in piena crisi di astinenza, Paul non riuscì a fornirmi una versione chiara dei fatti: ripeteva il nome del genitore, inveendo contro di lui, responsabile unico dei suoi guai, della sua disperazione … Nelson si era dimostrato sempre presente alle sue esigenze, era così attaccato al figlio, quasi morboso direi … Per il resto, Howard è quello che si dice, un pilastro della comunità”

“Com’era il tuo vecchio, giusto?” – ironizzò Robert, senza cattiveria.

Geffen si massaggiò le tempie – “Ora voglio la verità, sapete? Paul, dopo la clinica, sparì, forse in Messico: passarono anni, ogni tanto tornava, pretendendo di riscuotere il fondo fiduciario assicuratogli dal nonno materno e, alla fine, recuperò quei maledetti soldi, cacciandosi in ulteriori guai, a New York, forse persino in Europa!”

“Averlo trovato qui, forse significa una seconda occasione per te, Glam” – Leto sorrise, poi se ne andò, senza aggiungere altro.




I tracciati dei monitor scorrevano regolari.
Hemsworth, sveglio dall’alba, stava attento a ogni rumore.

Dal corridoio, finalmente, si palesò Tom, con Luna sul petto.

“Buon Natale papà!” – esultò la bimba, precipitandosi da lui.

“Amore! Dio quanto sei bella!”

Hiddleston rimase appiccicato allo stipite.
Pallido.

“Ciao tesoro, tu non entri?” – chiese dolce il poliziotto.

Silenzio.

“Dobbiamo andare al matrimonio, sai papi? Degli zii Colin, Jared, Robert e Jude!”

“Ah ecco come mai tanta eleganza … Ok principessa …” – e tornò a fissare il compagno.

Oppure l’ex: Chris non sapeva decifrarne l’atteggiamento, comunque gelido e distaccato.

“Infatti, siamo già in ritardo, ma volevo che tu vedessi nostra figlia … Poi ritorno, dopo il pranzo, al prossimo orario di visita, così parliamo, d’accordo?”

“Come vuoi tu Tommy … Se ti avvicini, vorrei stringerti, farti gli auguri e”

“No, non è il caso: andiamo Luna, vieni …” – e si inginocchiò, reclamandola a sé.

La bambina guardò entrambi, confusa e improvvisamente triste; poi obbedì a Tom, che stava morendo dentro, era evidente.

Il discorso, che avevano fatto durante il tragitto, dall’hotel all’ospedale, era stato esaustivo: Chris sarebbe uscito dal loro quotidiano, perché si era comportato male, pure restando un ottimo papà per lei, Tom glielo aveva persino giurato.

Con il pianto in gola.

Identico a quello, che lo stava soffocando, dal loro arrivo in reparto.




Jared varcò la soglia di quelle scuderie, incastonate nel bianco accecante di Aspen, co un sorriso sincero e pulito.

Paul lo guardò, ancora stretto al calore di Norman, che non disse nulla, lasciando che l’artista parlasse, con estrema tenerezza nei riguardi di Rovia.

“Vi disturberò solo per un attimo ragazzi, ma volevo dire una cosa a Paul”

“Ok … ti ascolto” – replicò lui, con educazione.

“Vedi, io conosco Glam da così tanto tempo e sono sicuro, che se lui ne avesse avuto la possibilità, ti avrebbe aiutato e avrebbe fatto molto, per te, Paul: siete ancora in tempo, perché ciò accada … Tutto qui” – e fece correre i suoi zaffiri intorno, con il sentore che qualcuno fosse giunto dietro di sé.

Con le migliori intenzioni.

Rovia guardò oltre il viso rassicurante di Leto, il fiato mozzato – “Glam …”

Geffen affiancò Jared, lo sguardo fisso su quello, che in un passato piuttosto remoto, lo chiamava zio.
E si fidava di lui.

“Se mi dirai quello che Howard Nelson ti ha fatto, io gliene farò pentire: ogni giorno della sua vita. Ok, Paul?”

“Va bene …” – disse in un soffio, sciogliendosi dall’intreccio stabilito con Reedus, che aveva, in compenso, un’aria oltre modo diffidente.

Rovia prese da una tasca un portafoglio di marca, un accessorio di lusso, rimescolato al resto, di ciò che indossava, non del tutto al medesimo livello.

“L’ho portata sempre con me, dal mio sedicesimo compleanno …” – e ne estrasse una micro sd, porgendola poi a Geffen.

“E’ una prova?” – domandò inquieto, immaginandone il contenuto.

“C’è … c’è un video … Ti do il permesso di visionarlo, Glam” – bissò fiducioso il giovane.

“Perfetto: dopo domani rientriamo a Los Angeles, ma questa la guarderò subito” – e se la mise nella tasca del giaccone, togliendosi poi il guanto destro.

“Paul, ti ricordi quando ti accompagnavo ai tornei? E come ci salutavamo?”

Rovia sorrise, le sue iridi tremolarono.
A propria volta, si scoprì la mano sinistra, chiudendola a pugno, come quella di Glam, in quell’istante, pronta a collidere con la sua, in un gesto simbiotico.

Paterno.
Sereno.

“Sì, ecco … così, giusto?” – e tirò su dal naso, per poi deglutire a vuoto, fissando l’uomo, che annuì, arridendogli complice.

Come se fosse di nuovo il suo eroe.
Come lo stava scrutando Jared.
Da quando Geffen era arrivato.

Da quando Geffen, non se n’era mai andato, via da lui.





Camminarono lenti, le mani in tasca, sino al resort, un po’ infreddoliti dalla temperatura di nuovo molto bassa.

“Devi sbrigarti Jay” – e Geffen gli accarezzò la schiena, ben custodita da un cappotto corto, modaiolo e aderente, alla sua figura snella.

“Sì, dovrei sposarmi …”

“Infatti”

Si ritrovarono faccia a faccia.
Un unico respiro, che si mescolava, risaliva, si disperdeva, biancastro ed evanescente.

Il sole era debole; eppure c’era.

“Tu prima …” – Jared esitò, rimpicciolendosi nelle spalle magre – “… quel gesto, con Paul” – e sorrise innocente.

“Ce ne siamo regalati tanti, anche tu ed io o sbaglio?” – bissò delicato e premuroso.

“Assolutamente sì, Glam”

Un passo indietro, uno di lato, come un soldatino: così Jared sembrò essere pronto a riprendere la via, verso la hall dell’albergo, affollata per quel giorno di festa.

Per lui, sarebbe dovuto essere più speciale.

Forse.




Dapprima fotogrammi confusi, ripresi dal basso, come di nascosto.

Era una festa.
Il b-day di Paul, il sedicesimo, appunto: quel numero primeggiava sulla torta, sui palloncini, un po’ ovunque, all’interno della villa dei Nelson.

Tilda porgeva al suo gioiello un pacchetto, dal fiocco dorato.
Ce n’erano parecchi, sul tavolo, intorno al quale il festeggiato e gli amici, si erano accalcati, per vedere cosa nascondessero tutte quelle confezioni regalo.

Rovia era felice.

Poi la prospettiva e la scena mutarono.
Un ambiente diverso, ma che Geffen conosceva bene.
Lo studio privato di Howard, ricavato in una sorta di torre, a lato della sua residenza principesca.

C’erano il giudice e il ragazzino.

Il primo seduto alla scrivania, il secondo riverso sul divano, dove il padre, spesso, si addormentava, studiando, diceva, le cause del giorno successivo.

Balle.
Il pilastro della comunità, lì, tra arazzi e boiserie, si faceva di coca.
Ed eroina.

Come in quel momento.
Nelson sniffava.
Paul, invece, con il laccio emostatico ancora annodato al braccio destro, delirava frasi incomprensibili.

Ciò che ne seguì, sconvolse Glam.

Seppure a volume minimo, dal portatile le suppliche di Paul, gli giunsero nitide, come fendenti, dritti allo stomaco e al cervello.

La droga, lo aveva reso inerme e in balia di quel maiale, altro termine non esisteva, che stava abusando di lui, con violenza e brutalità insopportabili.

Geffen estrasse la micro sd, imbustandola, per poi riporla in cassaforte.
Quindi si precipitò in bagno.
A vomitarsi anche l’anima.




“Ci vuoi andare?”
Il quesito di Reedus, arrivò inaspettato.

“Dove?”

Erano di nuovo alla pista di pattinaggio.

“Alla cerimonia … Jared ci ha invitato, prima di andarsene, l’hai dimenticato?” – e sorrise, azzerando la distanza.

Non c’era nessuno.

“No, preferisco stare qui insieme a te Norman, se non ti dispiace”

“Affatto, anzi …”

“A dire il vero”

“Cosa Paul?”

“Ecco … C’è un posto, dove vorrei mi accompagnassi”

“Ok”

“Senza di te, non riesco ad andarci e”

“Ok” – e lo strinse – “… io ci vengo, dovunque sia”

Dovunque sia.





lunedì 21 marzo 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 50

Capitolo n. 50 – nakama



I suoi volteggi erano accattivanti.
Mai quanto i suoi occhi: due pozze, simili, nella tonalità, al celeste dell’acquamarina.

Grandi come oceani.

Quelli di Norman, invece, due schegge di ghiaccio, posatesi su di lui, che ora l’aveva intercettato, nel suo osservarlo tenace, stabilendo una connessione, alla quale Reedus non riuscì a sfuggire.

Sulla lastra, lo sconosciuto si mosse veloce come un lampo.

“Ehi ci conosciamo?”

La sua voce era simpatica, il suo sorriso amichevole.
Invitante.

Ogni cosa appartenesse a Paul Rovia, gli risultò immediatamente incantevole.

“Ehm no … Non direi” – con il suo palese imbarazzo, lo sbirro avrebbe potuto fondere tutto quel ghiaccio.

“Sei di Los Angeles? Io abito lì: mi chiamo Paul, ciao” – e gli tese la mano destra, protetta da un guanto in lana a strisce, dai colori sgargianti.

“Norman, piacere …” – e ricambiò il gesto, anche se un po’ impacciato – “… in effetti abitiamo nella stessa città, ma non credo di averti mai incontrato”

“Pattini?” – e rise, facendo una piroetta.

“Un po’ … Tu lo fai di mestiere, sei davvero bravo” – e sorrise, guardandosi attorno.

“No, per niente … Aspetti qualcuno?”

“No perché?” – e tornò a fissarlo, quasi con un sussulto.

“Così sembrava … Allora ci vieni, qui con me? Facciamo un giro, tanto sono da solo anch’io”

Reedus trovò la cosa molto strana.

Una persona tanto vivace e socievole, come poteva trovarsi lì, senza nessuno, alla vigilia di Natale?”

Per lui era diverso.
Per Norman era un casino, come gli aveva appena detto Tom, prima di salutarsi.

Già, Tom …


“A essere sinceri ho degli amici in hotel, anzi, uno è in ospedale, un collega … Lunga storia”

Adesso stavano bevendo il famigerato punch.
Una vera schifezza.
Chissà il banchetto del resort, quanto sarebbe stato luculliano, pensò il poliziotto.

“Caduta sulle piste?”

“No, è più complicato … Ha avuto un malore, era stato appena trapiantato, ma ora va meglio”

“Cuore, reni?”

Paul sembrò molto interessato ai suoi racconti.

“Il primo che hai detto” – sorrise – “… Stava bene, ma poi ha sbroccato”

“Non ti capisco Norman, però è chiaro che fai fatica a parlarne … Che ne dici di cambiare argomento?” – propose rilassato il giovane.

“Che mi dici di te?”

“Faccio un po’ di tutto … Il modello, il dog sitter … Per mantenermi, sto ancora studiando, un tantino fuori corso, over trenta” – e fece un’espressione buffa, che scatenò l’ilarità del suo interlocutore.

“Cosa di preciso?”

“Criminologia!” – affermò fiero, ma anche divertito.

“Davvero …?!”

“Non mi credi? Guarda che saprei essere professionale, anche se ora mi vedi conciato come uno scappato di casa e”

“Lo sei, Paul?”

Al suo fiume di parole, Reedus replicava con domande nette.
Da piedipiatti, senza che l’altro lo sapesse; non ancora.

Rovia assottigliò le palpebre – “Vuoi mettere alla prova la mia perspicacia? Uhm vediamo … Tu hai l’aria di essere uno …”

“Uno?”

“Non offenderti, ma sembri uno spacciatore” – e scoppiò a ridere.

Norman rimase zitto, ridendo sotto ai baffi.

“Allora dovresti girarmi alla larga”

“E perché? Magari hai moglie e figli”

“Sì due: due bimbe”

“Cavoli … E la moglie ce l’hai?”

“Certo”

Paul si morse le labbra, ricordandogli di nuovo Tom, anche se non gli somigliava affatto fisicamente.
Semmai Rovia gli ricordava Jared.

“Io sono single … Nessuno riesce a starmi dietro … e vicino” – ed inspirò, finendo quella brodaglia fumante.

“Troverai la donna giusta prima o poi e”

“Sono gay” – questo giro fu Paul a interromperlo secco, con la propria schiettezza.

Reedus perse un battito, senza saperne il perché.

“Sei sempre così sincero?”

“No, non sempre Norman, ma tu mi ispiri fiducia e forse sei davvero uno che ha della roba nella tasca del giubbotto” – sorrise più malizioso – “… mentre io ho giusto uno spinello: se vuoi lo dividiamo, ma in cambio potresti ospitarmi? Dormo anche per terra, nessun problema”

“Dio ricominci”

“A fare cosa?”

“Parli tantissimo” – Reedus rise.

“Già … Allora fumiamo, così avrò la bocca occupata”

“Sono dell’antidroga” – e gli mostrò il tesserino – “non ci farei una bella figura, sai?”

“Oh merda”

“Come se non avessi sentito quella parte della storia, Paul, ok? E per la notte, anch’io ero all’addiaccio, ma qualcuno ci ha pensato: su vieni, andiamo”

“Grazie Norman … E buon Natale!” – e gli diede un bacio fugace sulla guancia destra, facendolo diventare paonazzo, prima di salire su di una navetta, diretta proprio all’albergo di Reedus.




Lux ascoltò perplesso il racconto di Geffen, collegatosi con lui via Skype.

“Sì, è la spiaggia qui davanti al mio locale … In effetti qualcuno ha messo anche dei volantini in giro, ma non ci avevo fatto caso più di tanto”

“Arriveremo il trenta, di sicuro Lula e il sottoscritto: hai del posto, lì da te?”

“Sì, al primo piano … Kevin non viene?”

“Non lo so ancora Vincent … Io credo a questa Miriam, perché ho visto, capisci?”

“Mi sembri spaventato e non è da te, big Geffen” – e rise forzato.

“Puoi ben dirlo … Per il resto, come vanno le cose?”

“Mi sto ambientando, conosco i posti, dove andare a mangiare bene, a fare acquisti per la mia stamberga … Tiro avanti” – ed arricciò il naso aquilino, abbassando lo sguardo.

“Louis sta bene”

“Co cosa?” – e tornò a puntare il monitor del portatile.

Glam sorrise – “Visto che non me lo chiedevi, ho fatto prima e te l’ho detto io”

“E Harry, Petra?” – chiese con emozione.

“Una meraviglia: quella bimba è stupenda, peccato non vederla crescere”

“Glam piantala, ok?” – sbottò, ma senza astio, come se si vergognasse di qualcosa.

“Potevi”

“No, non potevo e diamoci un taglio, va bene?” – e fu più brusco.

“Come vuoi Vincent, come vuoi” – l’avvocato inspirò – “auguri comunque … ci si vede presto”

“Anche a tutti voi … Arrivederci Glam.”

Un lieve bussare; era Kevin.

“Daddy non scendi?”

“Ciao tesoro, sì tra poco: ho delle novità per il Brasile, hai cinque minuti per me?”




Il soffitto iniziò a dilatarsi, nei propri contorni.

“Cristo, ma cosa ci hanno rollato in questa cartina!?” – Norman tossì, rimettendosi seduto.

La moquette della suite era alta forse tre centimetri, una pacchia e Paul sembrava gradirla parecchio, come sistemazione, durante quel momento di relax.

Rovia rise – “Quanto rompi, per una canna del cavolo” – e giocando con il fumo, si sollevò a propria volta, incollandosi al braccio sinistro del suo nuovo amico.

“Dai, solo un tiro, tenente” – e ridacchiò, passandogli praticamente un mozzicone.

“No, ne ho già respirato a sufficienza … Vuoi da bere?”

“Hai telefonato alla tua vecchia?”

“Sì genio, mentre ti facevi la doccia” – brontolò, versandosi una tonica.

“Carino questo accappatoio, non trovi? … C’è del bourbon?”

“Non vuoi farti mancare niente eh pivello? Una notte da leoni” – e lo fissò caustico.

“Ne approfitto un po’ … Tu non lo farai con me, vero?” – e gli andò vicino.

“Ma non dire stronzate, Paul!” – ribatté infastidito.

“Sei tutto un livido … Che ti è successo?”

Reedus era rimasto in t-shirt, dimenticandosi di quei segni.

“Sono stato aggredito”

Rovia aggrottò la fronte spaziosa e liscia.

“Ti … ti hanno drogato e poi fatto del male?”

Nel suo tono, Norman percepì qualcosa di strano: non c’era più euforia e spensieratezza, in Paul, neppure nei suoi occhi grandi.

“A te hanno fatto questo?”

Il ragazzo indietreggiò, scolandosi la lattina, che Reedus aveva appena iniziato.

“Che arsura, cazzo! … Ce la vediamo un po’ di tv, ti va?” – e sembrò tornare perfettamente lucido.

“No, non mi va, come a te non va di rispondermi, a quanto pare”

“Sono in arresto? Cos’è questo un interrogatorio?” – reagì aspro, alterandosi.

“No Paul, affatto: io ti ho detto la verità, speravo che”

“Ma che cosa?!  E la tua verità cosa sarebbe, eh? Io non ci ho capito un tubo!” – e si schiantò sopra al divano.

Reedus si ossigenò, raggiungendolo, con circospezione.

“Chris, il mio partner, ha avuto una crisi post operatoria, uno scompenso, è come impazzito in parole povere … E’ diventato pericoloso, violento e mi ha … Mi ha fatto il male, di cui parlavi tu prima, Paul” – gli confessò senza remore.

“Ok …” – e tirò su dal naso – “… va vado a vestirmi, ok?” – mormorò un po’ infantile, spaventato.

E sparì nella stanza adiacente, senza fare troppo rumore.




“La cerimonia è alle undici: ora una sana e robusta colazione e poi corro a imbellettarmi!”

Downey era di ottimo umore, in piedi davanti al buffet mattutino, dove anche Geffen si stava servendo di ogni leccornia.

“Vedo che hai appetito Glam” – gli sussurrò l’attore – “… notte brava?”

“Ma che dice Rob!” – e rise – “… no, anzi, sono stato un chierichetto, ho persino dormito con Lula e Pepe”

“Saranno dei paggetti strepitosi”

Leto si accodò a loro e Geffen lo accolse con un tenero abbraccio – “Buongiorno tesoro, sei uno splendore”

Jared era riposato e in forma.

“Buongiorno a tutti … Isotta è indecisa per l’acconciatura”

“Non se ne occupa Pam?” – domandò Robert.

“Sì, ma anche Stella: ha fatto un corso da parrucchiera, manco lo sapevo” – e rise, pescando della frutta fresca, da un enorme vassoio.

Geffen sembrò a entrambi distratto: la sua attenzione era rivolta all’ingresso del salone.

“Ma che mi venga un colpo … Paul …?”

Rovia lo vide e si bloccò, incuriosendo Reedus.

“Che ti prende? Hai visto un fantasma?”

Vie di fuga non ce n’erano; tanto valeva affrontarlo.

“Ciao Glam … Non sapevo fossi da queste parti”

“Paul ciao, ma lo sai che tuo padre ti sta cercando da mesi?”

Norman li squadrò, nelle rispettive reazioni, almeno quanto Jared e Robert, avvicinatisi alla scena, rimanendo zitti.

“E tu sai che non me ne importa un cazzo?!”

“Paul …” – “Norman non ti riguarda!”

“Francamente non ti capisco! Il giudice Nelson sarà un rompiscatole, però”

“Nelson? Ma non ti chiami Rovia?”

“E’ il cognome di Tilda, sua madre” – precisò Glam e Paul avvampò.

“Tu sei figlio di Howard Nelson?” – anche Reedus lo conosceva, evidentemente.

“La volete smettere!?!” – il giovane esplose.

Jared gli si affiancò, puntando Glam – “Non credo sia il luogo adatto per questa conversazione, che ne dite di salire da noi?”

“Io non vado da nessuna parte” – Paul fece un passo indietro.

“Tua mamma è al sesto ciclo di chemio”

“Glam, ma cosa …?!” – anche Robert provò a intervenire, guardando l’ex con severità.

“Non parlare di lei …” – disse con un filo di voce Rovia – “… e, in quanto a mio padre, sei sempre stato un coglione Glam a berti le sue fandonie … E’ solo un drogato di merda, almeno quanto il tuo era un picchiatore, però tu non mi hai mai creduto! Io mi fidavo di te, ma tu non hai fatto niente per me! Niente!!” – e scappò via.

Via dal loro stupore e imbarazzo.
Via da Norman, che non esitò a rincorrerlo.

Senza saperne neppure il perché.
                                      





New entry Tom Payne is Paul Rovia