mercoledì 29 giugno 2011

GOLD - Capitolo n. 202

Capitolo n. 202 – gold

Camilla e July dormivano serene, mentre le auto che le trasportavano parcheggiarono nei pressi del cimitero, dove c’era la tomba di Syria.
Tutti scesero, dirigendosi verso una statua di donna con ali d’angelo.
“Ciao piccola …” – mormorò Jared, posando un grande mazzo di gigli bianchi.
Li sistemò accanto a delle rose albicocca, sicuramente portate lì da Geffen, prima della sua improvvisa partenza.
Fu un momento toccante, soprattutto per Colin, che la ringraziò per avere donato a lui ed al compagno, la splendida Isotta.
Tra i vasi inserirono una scatoletta, dov’era contenuta la tutina, che proprio Farrell le regalò per la nascita della piccola.
“Ormai non le va più bene, cresce sai? …” - Jared si commosse – “Così abbiamo pensato che ti avrebbe fatto piacere tenerla qui con te Syria.” – e sorridendo si rialzò, tra le braccia di Colin.
Shannon, Tomo, Robert e Jude rimasero in disparte, ma poi posizionarono altri fiori multi colore, dicendo compostamente una preghiera.

Kevin chiuse l’ultimo trolley, con un’unica certezza, lui e Geffen sarebbero andati al freddo.
Fece scorta di maglioni ed inserì anche lo snow board.
La classica vacanza invernale, che forse lo avrebbe riportato in Svizzera.
Quando sentì girare la chiave nella serratura, si precipitò vero la blindata, volando al collo di Glam – “Bentornato daddy!” - e lo baciò.
“Tesoro … che bello vederti.” – rispose alle sue attenzioni con un sorriso carezzevole.
“Sei stanco?”
“Mi riposo solo un paio d’ore e poi andiamo.” – disse sbuffando, guardandosi intorno.
“Potremmo farlo domani mattina … per dove poi?”
“Colorado, Aspen, uno chalet di un collega, Brian per l’esattezza.” – rise, grattandosi la nuca e sorseggiando un tè caldo, preparato da Kevin nel frattempo.
“I bambini sono alla End House, Lula voleva salutarti, ma gli ho detto che lo vedrai al nostro ritorno.” – disse esitante.
“Sì, perfetto. Faresti una doccia con me cucciolo?”
“Certo … ad Haiti com’è andata?”
“Ci sono due nuove principesse a bordo, July e Camilla, sono splendide.”
“Sono contento per loro …”
“Camilla, la figlia di Robert e Jude ha la sindrome di Angelman, ma ciò non li ha fermati, sono stati fantastici, Sebastian mi ha raccontato l’emozione del momento … Sono ammirevoli.”
“E tu dov’eri daddy?” - domandò incuriosito.
“In mezzo a delle scartoffie.”
L’acqua era tiepida e piacevole.
“Girati, ti lavo la schiena Glam.” – sussurrò amorevole, senza smettere di baciargli il petto, mentre il suo uomo gli stuzzicava i capezzoli, tra il pollice e l’indice, abbassandosi a succhiarglieli, senza assecondare la sua richiesta – “La mia schiena puo’ aspettare.”
Precipitarono sul letto dopo cinque minuti.
Risero per quanto fossero scivolose le lenzuola di seta, imbrattate da acqua e schiuma, tanto che finirono sul parquet, trovandolo più comodo e meno pericoloso.
Le risa di Kevin si diffusero per la stanza e Glam ricordò le prime volte che lo trovava già addormentato, con la cena intatta lasciata sul tavolo, dove lo aspettava per ore, che Geffen trascorreva in studio a preparare le arringhe del giorno dopo.
Mai una lamentela, mai un rimprovero, la comprensione di Kevin era assoluta, così il suo entusiasmo nel trascorrere con lui anche solo cinque minuti a colazione.
In compenso trascorrevano insieme almeno tre vacanze all’anno, dovunque Kevin volesse, facendo l’amore tutti i giorni e tutte le notti.
Erano tempi felici, in cui il pensiero di Jared era divenuto flebile alla mente di Glam.

Il jet di Meliti atterrò nella mattinata del 31 dicembre.
Antonio stava aspettando tutti i suoi ragazzi a casa, insieme a Phil e Xavier, che sembrò impazzire davanti a Camilla.
“La cambio io! Dio che meraviglia!”
“Ecco Robert, abbiamo già un baby sitter ahhahah”
“Sì Jude, ma del resto Xavier ce lo aveva promesso.”
Un ottimo pranzo rallegrò ulteriormente gli animi, soprattutto quello di Antonio, che si fece fotografare con le sue nuove nipotine.
Ascoltò poi con attenzione i dettagli sulla condizione di salute di Camilla, assicurando che il reparto di ricercatori, che lui stesso sovvenzionava da tempo, stava lavorando sodo per raggiungere nuovi successi.
James aveva fatto dei progressi e Colin era fiducioso, come del resto Jude e Robert.
Quando furono soli, nella stanza a loro riservata, per un sonnellino pomeridiano, prima del veglione, misero Camilla tra loro e Jude le teneva le manine, baciandole con cura.
“Sei la nostra stella … hai illuminato il nostro cammino …”
“Sì come un arcobaleno Camy …”
“Una volta era Rebecca a trovare i soprannomi!” – disse ridendo, per poi baciare Downey con trasporto.

Geffen ravvivò il fuoco nel caminetto.
Kevin aveva disfatto i bagagli e versato una cioccolata calda.
“Ecco tieni … cos’hai lì daddy?”
“Una foto … l’ho trovata in un vecchio dossier, è di Lula e dell’assistente che lo registrò, quando lo portarono alla fondazione.”
“Dio che occhi … il nostro piccolo, ma guardalo …” – e gli cinse le spalle, fissando l’istantanea.
“Sì … occhi grandi e colmi di sogni, che mi aspettavano, sempre sorridenti … mi anticipavano il suo … amore, ancora prima di qualsiasi parola.”
Le parole di Glam sembravano inanellarsi, come in un incastro che lo stava incantando, le iridi non puntate sull’immagine del bimbo, bensì abbandonate nel vuoto.
Kevin si staccò lentamente – “Ho … ho freddo daddy, vado a cambiarmi.”
“Cosa, scusa?” – ebbe un sussulto, ma l’altro era già sparito in camera.
Cenarono in un chiassoso ristorante, lasciando il locale con una bottiglia di champagne a testa, ormai vuota a metà.
“Dobbiamo finirle daddy!” – sbraitò Kevin, ondeggiando da un auto all’altra, mentre Geffen era più sobrio e resistente.
I fuochi di artificio li distrassero: si bloccarono sotto ad un porticato per ammirarli.
“Buon anno tesoro …”
“Buon anno Glam …” – e si baciarono.

“Dio che mal di testa … Kevin …?”
Geffen era solo, tra coperte e cuscini sgualciti.
Barcollò sino all’ingresso, dove vide il trolley di Kevin.
“Ehi … ma stiamo già partendo?” – chiese confuso.
“Ciao Glam.”
“Kevin … ciao, buongiorno.” – e gli sorrise, non ricambiato.
“Ho preparato del caffè, ci sono anche dei biscotti.”
“Sì … va bene, ma …”
“Il mio volo è all’una, ho ancora un po’ di tempo.” – disse tornando verso la cucina.
Glam sentì mancargli un battito.
“Cosa … cosa sta succedendo? Kevin!” – ormai era del tutto lucido e nervosamente gli si avvicinò, per avere una spiegazione.
“Vado via daddy. Io … io non voglio più stare con te.” – replicò convinto, anche se il suo tono era pacato, ma spezzato dal dispiacere.
“Kevin … sei … impazzito?!”
“No …” – sorrise mesto – “No, Glam … ma non voglio iniziare un altro anno, con gli stessi fantasmi, gli stessi incubi. Ho bisogno di respirare e di … ritrovarmi, perché ho smarrito dignità e stima in me stesso, da così tanto tempo da non ricordare quando è iniziata la mia agonia.”
Geffen lo afferrò per le spalle, scrutando il suo viso disperato, almeno quanto il proprio.
“Kevin comprendo il tuo disagio, ho sbagliato, ho sbagliato un mare di cose con te, per via di Jared questo lo so benissimo, ma dammi un’ultima possibilità!”
“No. La tua supplica è comprensibile, specialmente perché abbiamo un figlio, ma tu saprai spiegargli la mia scelta … e non dimenticarti di dirgli che lo chiamerò ogni giorno, sul telefonino che ha ricevuto per Natale … Lo farai, vero Glam?”
L’avvocato annuì, tremante.
Un attimo dopo lo strinse sul petto, poi tornò a guardarlo – “Kevin … facciamo l’amore … un’ultima volta …”
“Sì … certo daddy … lo voglio anch’io.”
Tra le sue gambe, Glam si muoveva intenso quanto sconvolto, baciandolo di continuo, divorando la visione di lui il più possibile, senza alcuna speranza che cambiasse idea.
Venne insieme a lui, accasciandosi un istante dopo, accolto da Kevin, che gli accarezzava la nuca, mentre Glam posava il viso sul cuore del suo ragazzo ancora innamorato.

Lo aiutò ad indossare il giaccone e poi glielo chiuse, alzando il bavero ed aggiustando la sciarpa ed il berretto in lana.
Kevin sorrise.
“Grazie daddy, per … tutto. Non cercarmi, ti dirò io quando mi sarò fermato in un luogo preciso.”
“Sì … sì, farò come vuoi.”
Suonarono al citofono.
“E’ il mio taxi … adesso devo proprio andare Glam, abbi cura di te e cerca di essere felice. Non averne paura …” – e si sporse per un ultimo bacio.
Gli zigomi di Geffen, la sua bocca, le palpebre, ogni cosa in lui fremeva, mentre un’unica frase rimbombava nella sua testa § Non lasciarmi … ti prego non lasciarmi! § - ma non aveva il coraggio di pronunciarla.
Doveva restituirgli la sua libertà, Kevin la meritava a pieno.
“Ciao Kevin …”
“Addio daddy.”







ONE SHOT - Londra 1890

ONE SHOT - Londra, 1890

Pov Sir Robert Downey Junior


Le camelie sono fiorite anche quest’anno e ciò coincide irrimediabilmente con la riunione di famiglia a Saint Crox in Engle, la residenza che nostro padre ci ha lasciato in eredità, al sottoscritto ed a mia sorella Susan.
Accigliata ed assorta, dichiara due cuori e Colin, un cugino irlandese davvero alla lontana, risponde con tre picche.
Io passo ed anche il giovane Jared, un amico del sopraccitato cugino alla lontana, artista squattrinato che lui mantiene da circa tre mesi.
Il talento non gli manca e tanto meno la parlantina.
Susan ne è affascinata, ma lui è troppo giovane ed estremamente preso da Colin, che non ha mai nascosto la sua omosessualità, tanto meno con me.

Il capanno di caccia è da sempre il luogo più tranquillo della proprietà.
“A Jared non dispiacerà … ?”
“No Robert … no …”
Mi sussurra piano, questo adorabile parente, dagli occhi scuri quanto I miei, I capelli corvini e soffici, dove affondo le fameliche falangi, che poco dopo esplorano ben altri luoghi caldi ed accoglienti.
Fare sesso con Colin è stata una scoperta magnifica, cinque anni prima.
Ora io ne ho quaranta e lui trenta, ma siamo avidi di passione, come la prima volta, in un pièd a terre in quel di Marsiglia, dove ci derubarono persino, ma fu la vacanza più entusiasmante del secolo, almeno per noi.
I sentimenti erano argomento delicato: ci eravamo … affezionati, nulla di più.
I nostri cuori erano abitati da altri fantasmi.
Per lui, adesso, il meraviglioso Jared, ventitre anni, un cucciolo di uomo, sensuale, acerbo, sublime, dagli occhi di zaffiro, il sapore del mare nei gesti: la sua nascita in quel di Brest, a nord della Francia, da madre americana e padre sconosciuto, lo rende ancora più attraente.

Il corpo di Colin è lussurioso e cavalcarlo un’esigenza irrimandabile, ma dobbiamo smetterla, soprattutto per Jared.
“Non voglio ferirlo …”
“Robert tu non immagini quanto sia spregiudicato, se glielo chiedessi si unirebbe a noi.”
“Non farlo mai, assolutamente!”
E’ aberrante questo scenario, che si affaccia alla mia mente, già abbastanza contorta, ma mi eccita, dannatamente.
Riprendo a mordere la schiena di Colin, che non aspettava altro.
Lascivo di un irlandese, sai sempre come farmi cadere.

Resto da solo, ad oziare tra le lenzuola consunte, guardando vecchie foto.
Un viaggio in Egitto, le sahariane color beige chiaro, i cappelli coloniali rigidi, lo sguardo di Colin su di me.
Era rimasta in mezzo ad un libro di poesie, con un’altra immagine: è LUI, al primo giorno ad Oxford, sembra passato un secolo.

Ho smarrito il mio precedente pensiero, non perché meno importante, solo che mi serve tempo per spiegare quanto amore sento per LUI, appunto.
Il suo nome è Jude, Jude Law, sposato con Sady, una nipote di mia madre.
Hanno due figli.
“Aspetta il terzo, non lo sapevi fratellino?”
“Cosa Susan?”
“Sì, un altro e pensare che la servitù di casa Conwell vociferava su di un illegittimo, proprio con la loro cameriera più giovane!” – mi sussurra.
Sto preparando l’aperitivo e mi tremano le mani.
“Jude è impetuoso, lo sappiamo.”
“E’ uno stupido e lei una gallina, sappiamo anche questo, Rob!” – e ride, sporgendosi sul davanzale per salutare i nuovi venuti – “Yuhuuu Sadi! Jude!! Bene arrivati!”
“Vipera …” – sibilo, ma lei fa spallucce e si precipita a curiosare sui dettagli dell’abito di Sadie, le sue scarpe e tutte quelle sciocchezze irritanti e futili.
Quasi rovescio lo cherry, per il sussulto provocato da un abbraccio improvviso ed un bacio nel mio collo – “Finalmente!”
“Judsie … Dio ma vuoi farmi morire?!!”
Mi abbraccia e mi fa roteare – “Mi sei mancato, mi sei mancato … mi sei mancato …” alla terza, la sua voce è solo un sussurro ed il bacio che ci scambiamo, profondo da togliermi il fiato.
Lo amo da morire.
“Jude … dobbiamo parlare.” – dico timoroso.
“Di cosa? Ah … capito. Lo so, lo so, ora puoi redarguirmi a dovere, un altro pargolo, di cui non mi importerà niente, ma almeno nove mesi di pace! No, di più.” – e ridi scanzonato.
Resto sempre sbigottito davanti al tuo cinismo Jude, ma questa volta stai davvero esagerando.
“Ecco vedi …” - accenno, ma tu mi spingi contro alla tappezzeria, appena cambiata.
“Ascolta Rob, potremo andare in Grecia, come l’ultima volta! Sarà semplicemente divino, tu ed io, la nostra barca, le notti sotto alle stelle, tra le rovine e gli ulivi … ti ricordi, vero …?” – e con un ansito lieve, ti avvicini al mio orecchio sinistro, aderendo a me, soprattutto all’altezza del bacino, dove aumenti la pressione del tuo corpo, che si risveglia insieme al mio.
Mi baci, aggressivo e dolce.
Dei rumori da sotto ci interrompono bruscamente.
“Stanno salendo … portami via da qui Rob.”
“Seguimi.”

Sono solo due stanze, ma sono nostre.
Un quartiere tranquillo di Londra, che abbiamo raggiunto in carrozza, dopo essere sgattaiolati da un passaggio segreto, ricavato per fare accomodare le amanti del mio vecchio.
Geniale.
Ci siamo coricati, senza spogliarci.
Ti tengo sul petto, avvertendo tutto il tuo nervosismo.
“Perché questa inerzia Rob …? Sei stanco o … arrabbiato con me?” – domandi sconfortato.
“Assolutamente Judsie.”
Sento il tuo sorriso, so che adori questo nomignolo.
Mi baci sulla stoffa del panciotto in broccato di seta verde.
“E allora cosa ti sta succedendo oggi?”
“Devo dirti delle cose Jude.” – ribadisco a mezza voce.
Ti alzi e vai al centro della stanza.
“Prima che tu lo faccia Rob, ti chiedo perdono, per prima, per la grettezza con cui ho parlato di … Ascoltami …” – e chiudi i pugni e le palpebre a tempo.
“Quella donna … mia … moglie! Lei mi ha rovinato dal principio e tu questo lo sai!”
“Non alterarti Jude, non serve …”
“Sì invece! Io sono frustrato da anni, da quando si è approfittata di una mia sbornia colossale per farsi mettere incinta!”
“La tua versione è discutibile, visto che era una tua abitudine gozzovigliare e correre dietro alle servette, solo che in quell’occasione ti è capitata una nobildonna …”
Il mio tono è al limite del servile, perché dovrei avere fermezza in queste mie puntualizzazioni, soprattutto perché veritiere ed incontestabili.
“Nessuna si è mai lamentata …” – ridacchi, con penosa rassegnazione.
“In compenso questo incidente con Sadie ti ha portato nella mia vita …”
“L’unico lato buono del mio disastro Rob.” - ed allarghi le braccia, tornando a sederti sul bordo, dandomi le spalle.
Mi avvicino, posando un bacio sulla tua nuca rigida per la tensione: sbottono lentamente i bottoni della tua camicia, senza smettere di sfiorarti la pelle, che progressivamente vado a scoprire, con estremo compiacimento.
“Sei bellissimo Jude …”
Le tue ventotto primavere sono cariche di fascino e sensualità.
Mi afferri i polsi e li baci.
Ti giri e con un piccolo balzo mi sovrasti, strappandomi quasi gli indumenti, che un sarto italiano mi confeziona su misura.
Ti slaccio la cintura, mentre tu armeggi con asole dispettose, restiamo nudi finalmente.
“Amami Jude …” – sussurro, non desidero nient’altro.
Dopo, forse, parleremo.
Sei una visione da questa prospettiva.
Sollevi i miei polpacci, dopo avermi succhiato i capezzoli, leccato lo sterno, baciato gli addominali, tormentato il mio ombelico, esaltato il mio sesso, che si scontra con la tua gola: sei avventato e splendido, capace e sfrontato.
Nonostante la foga, mantieni le tue proverbiali premure, che si materializzano in un unguento scoperto ad Atene, quella città che preferiamo ad altre.
I nostri viaggi sono stati molteplici o, se vogliamo essere impietosi, per ogni tuo erede, almeno due, anche tre nel corso delle gravidanze di Sadie.
Scendi a baciarmi ancora, manovrando il tuo membro in una penetrazione mirata a farmi impazzire.
Sei dentro di me.
Abituarmi a questa passività è a tratti snervante, ma per te farei qualsiasi cosa.
Qualsiasi cosa Judsie.
Il nostro sudore sembra sigillare l’unione che ci lega, mentre ti ergi di poco, gocciolando e sorridendo, appagato dal sopraggiungere di un orgasmo abbondante, con cui mi inondi, mentre il tuo palmo destro si riempie di me.
Mi hai toccato per tutto il tempo, mescolando i tuoi gesti a spinte sempre più profonde.
Boccheggio e poi mi inarco: è devastante e terribile, soprattutto perché appena sei mio, so già di averti perduto.

Susan sta controllando le posate a tavola.
Sadie la sta ubriacando di parole, sulle caviglie gonfie, che già teme, sulle nausee ed il peso.
Passeggio per i corridoi, come un secondino, che controlla i detenuti nelle loro celle.
Dorate, in questo specifico caso.
Jared sta lavorando un blocco di marmo.
Ha addosso solo un paio di bragaccie bianco latte e Colin, che lo soffoca, come un rampicante esotico.
Sembra scocciato.
“Sei ancora ammorbato del suo odore.” – ringhia, mentre l’altro lo blocca per la vita sottile.
“Non dire sciocchezze, mi sono fatto anche un bagno!” – la sua risata irrita anche me.
Il ragazzo si volta, puntando lo scalpello alla gola di Colin.
“Sai Farrell, potrei farti un bel buco e …” – ma un bacio a bruciapelo, smorza la sua focosa irruenza.
I palmi di Colin fanno scivolare quei pantaloni posticci, Jared non ha altro: arpionano i suoi glutei sodi, mentre il suo ventre respira alterato dagli spasmi.
La polvere di Carrara illumina a sprazzi la figura atletica di Jared, in diversi punti, con ghirigori luminescenti.
Colin si abbassa i calzoni, crollando su di un divano poco distante, restandogli sopra, per prenderlo senza alcuna cura.
Jared inizia a piangere, ma si avvinghia a lui, come se non potesse più vivere senza quel dolore progressivo.
Ben presto le sue espressioni mutano nel piacere più assoluto, paragonabili solo a quelle di Colin, che brutalmente si appropria ancora una volta della sua innocenza.
Sono perfetti, come la migliore scultura di Jared, che prenderà forma prima o poi, magari scoprendo che non ha il volto di Farrell.

“Questa minestra è buona.”
Jared, talvolta, sembra un bambino curioso e pervaso di stupore.
“Sono solo verdure … prendine ancora.” - Susan sembra materna nell’assecondarlo.
“Hai progetti per le vacanze Colin?”
“Sì Jude. Voglio portare Jared a New York.”
“Co … cosa?” – balbetta incredulo.
Farrell gli sorride – “Sai che mantengo sempre le mie promesse.”
Jared ricambia il suo sorriso, finendo in fretta anche il secondo, come se non vedesse l’ora di rimanere da solo con lui, per ringraziarlo a modo suo.
“E tu Jude?” – replica Colin, senza alcun interesse peraltro.
“Robert mi ha proposto una crociera verso la Grecia e non ho potuto dirgli di no.” – e mi fissa.
Deglutisco, sentendo le iridi di Sadie investirmi, come un treno in corsa.
“Sì … ecco …”
“Ma è un progetto favoloso!” – sottolinea mia sorella, che Dio la benedica; Sadie ride ed aggiunge che potrebbe rimanere con lei nel frattempo.
“Foresta nera, Sadie! Ho degli amici, che mi ospiterebbero per tutto agosto, cosa ne pensi? Lunghe passeggiate, i boschi …”
“La birra …” – sogghigna il cugino irish ed io gli mollo un calcio negli stinchi.
“Va bene Susan, tu cosa ne pensi Jude?”
“Sei libera di fare ciò che più ti aggrada cara, anche i bambini saranno entusiasti.” – ribatte lui, lottando con delle olive, a contorno della faraona arrosto.
E’ insopportabile la sua indolenza, non fa nulla per nasconderla, ma, in compenso, appena riesce infila la mano sotto alla tovaglia e mi sfiora lascivo.
Il mio cuore si confonde, le mie gote si accendono ed io rovescerei l’argenteria, i cristalli, le porcellane, pur di possederlo sul desco imbandito ad arte, come un animale.
Colin comprende le mie fantasie e si umetta le labbra.
Ci si mette anche lui a mandarmi in paranoia.
Per fortuna viene servito il dolce e poi potremo disperderci nel parco o ovunque, pur di respirare aria fresca.

Mi allontano.
Ho bisogno di un minimo di raccoglimento.
Sembra un labirinto, che percorro in tondo, fino a ritrovarmi nuovamente con gli altri.
Esistono tanti angoli bui, tra le fontane ed i gazebo, circondati da roseti.
Colin prende una tazza di caffè anche per me.
“Tieni … come stai Rob?”
“Grazie. A pezzi.”
“Cosa ti tormenta? Ogni volta che appare quel dandy, sembri mutare in qualcuno che non conosco.”
“Forse esiste un momento in cui è il contrario, Colin?” – sorrido.
“Certo … quando … lasciamo stare.”
“No, parliamone.”
“Ed a quale scopo? So di essere un semplice sfizio per te Robert.”
“Abbiamo condiviso qualcosa di speciale invece … Non parlarmi così Colin, non lo sopporto.”
“Perché vedi ciò che sei, attraverso le mie accuse?”
“Accuse … di cosa mi stai biasimando Colin?!”
“Di non farti valere con lui!” – sbotti furioso.
“Abbassa la voce, diamine!!”
“Cosa temi? Che Jude si avveda dei nostri momenti speciali?!”
“Io … io non sono come te Colin e poi Jared non ha una moglie a carico con tanto di prole!”
“Che debole difesa. Per lui cambierei il mondo.”
Jared sopraggiunge e Colin lo avvolge, baciandolo incurante di qualsiasi commento di disapprovazione.
I domestici, le signore del circolo del bridge, che si sono aggregate a Susan e Sadie, lo stesso Jude.
Se voleva essere una lezione, credo di averla assimilata.
Jude se ne va ed io vorrei inseguirlo, ma credo di avere dato già abbastanza spettacolo.
Mi sento un verme.
I miei passi, dapprima incerti, si susseguono sempre più convinti.
Jude ciondola nei pressi delle scuderie, dando calci ad invisibili bersagli, le mani in tasca, lo sguardo perso.
“Rob … ma siete impazziti?”
“Sì, forse! E la sai una cosa?? Sono stufo marcio di questa commedia!”
“Quale commedia accidenti?!”
“Io … io volevo dirti delle cose importanti, su di noi!”
“E allora dille!!”
Indietreggio, sentendomi smarrito, abbandonato ad una sorta di esilio del cuore.
“Ti amo Jude e voglio viverti … ma comprendo soltanto ora, che non la pensi come me.” – dico amaro, ma in piena resa.
Il tuo silenzio lacera l’assordante verità, che non mi dà scampo.
Mi ritiro in buon ordine, ti ho disturbato abbastanza.
Il mio pianto bussa alle porte della notte, ma mi rannicchio come un ladro, nella soffitta dell’ala est, così da non tediare neppure le tenebre, che inghiottono ogni cosa, protettive e rassicuranti.


Il transatlantico è spettacolare, per dimensioni e confusione brulicante, di passeggeri, equipaggio e curiosi.
Colin e Jared sono appollaiati su di una balaustra ed arridono al mio arrivo.
“Finalmente, non ci speravamo più!!” - esclama il moro, stritolandomi con i suoi bicipiti robusti.
“Ragazzi avrò cambiato idea un milione di volte, ma alla fine mi avete convinto …” – dico agitato, al pensiero di andare negli Stati Uniti.
“Abbiamo avuto successo con tutti e due!” – interviene solare Jared, guardando oltre me.
“Tutti e due …?”
“Buongiorno, scusate il ritardo.”
La voce allegra di Jude invade ogni singola particella del mio organismo in sovraccarico di emozioni.
Mi giro, forse è solo un’allucinazione.
Sbaglio.
“Amore …” – il mio sussurro sembra un grido, che sale dal mio animo improvvisamente felice.
“Ciao Rob … sei pronto a salpare?” - e mi sfiori gli zigomi, con le dita affusolate, custodi di una sconfinata tenerezza.
“Sì … sono pronto a cambiare il mondo.”
Sembriamo fonderci, custodendo questa preziosa volontà, frutto di un sentimento pulito e definitivo.
Le sirene della Queen Mary ci stanno esortando a salire a bordo.
Ti prendo per mano, così fa Colin con Jared ed è come volare.
Sì, come volare.

THE END

martedì 28 giugno 2011

GOLD - Capitolo n. 201

Capitolo n. 201 – gold

Jared aprì lentamente le ante di accesso al dormitorio, dove una trentina di bimbi stavano riposando.
Un vocio si diffuse, appena un raggio di sole entrò, alle spalle di Leto.
Una marea di manine e sorrisi corse verso di lui, che cadde in ginocchio, per la commozione, accogliendone il più possibile sul suo petto.
Colin era a pochi passi da Jared ed appoggiandosi alla parete, non riusciva a distogliere lo sguardo da quella scena emozionante.
Le due sorelline, che per prime fecero amicizia con lui, si accorsero di Farrell e la più piccola lo indicò – “Colin!!”
Lui rimase stupito e si avvicinò esitante.
Jared lo prese per mano, facendolo scendere, per abbracciare le piccole: “Sì lui è Colin …” – “La tua seconda vita? No, la prima zio Jared, vero?”
Quel vecchio discorso riafforò alla mente del cantante dei Mars, lasciandolo esterrefatto.
Colin sorrise, dando un bacio sulla fronte della bambina curiosa e vivace – “Sì sono io … il cuore di Jared è troppo grande per averne una sola … di vita intendo.” – e le fece l’occhiolino.
Jared si sentì mancare un battito e cercò lo sguardo del compagno – “Cole …”
“Va tutto bene Jay … io ti amo.”
“Anche zio Jared ti ama tanto, ce lo diceva sempre!” – si intromise quella più alta, aggrappandosi al collo di Colin, che si sollevò, cullandola.
Si trattennero per circa un’ora, giocando e disegnando con tutti.

Glam espletò alcune pratiche, rinchiuso nel suo ufficio.
Quando bussarono, quasi non voleva rispondere, ma poi si arrese.
Era Jared.
“Scusami … stiamo per andare a pranzo, vieni con noi in mensa?”
“No ti ringrazio, ho da fare. Vai pure, magari passo per un caffè, dopo.” – disse senza incrociare il suo sguardo smarrito.
Jared richiuse, facendo un solo passo – “Lasciami solo. Per favore.” – disse Glam, posando la penna e fissandolo a quel punto.
“Ok … mi stai evitando come la peste, ho capito.”
“Non voglio farti litigare con Colin.” – ribattè deciso.
“Ma io e Colin non litighiamo.”
“Sì lo so. Era comodo il letto di Antonio?” – chiese con un sorriso di sbieco.
Jared sospirò, sedendosi – “Mi fermo solo un minuto, sono stanco.”
“Cos’hai Jared?”
“Prima fai il geloso e poi ti preoccupi.”
Risero senza convinzione.
“Non sono geloso di te, perché dovrebbe presupporre una relazione tra noi e visto che non esiste, l’accusa decade, vostro onore.”
“Ottima arringa Geffen.”
“Sì, come no … Adesso fila, vai a masticare qualcosa, sei sempre più magro.”
“Io sono felice quando …” – “Quando mi do pena per te, Jared? E’ solo il mio spirito da crocerossina, indomito come una cascata.” – e togliendosi gli occhiali da lettura, si massaggiò la cervicale.
Jared si alzò, andando alle sue spalle – “Lascia fare a me …”
“Come vuoi.”
Le dita di Jared era fresche, la pelle di Glam bollente.
“Va meglio … ?”
“Sì, se la smettessi di provocarmi Jay …” – disse sconfortato.
Jared ebbe come un moto di stizza – “Non era ciò che volevo, cazzo! Vai al diavolo Glam!” – e fece per andarsene via velocemente, ma Glam lo trattenne per un polso, sbattendolo sulla scrivania e fermandosi con la propria bocca ad un centimetro dalla sua.
Respirò forte, scrutando gli zigomi tremanti di Jared, che non aveva assolutamente paura di lui, ma fremeva solo per quell’inaspettata reazione di Geffen – “E’ questo che vuoi? Un susseguirsi di azioni sconsiderate, intrise di passione irragionevole, sensi di colpa e tradimenti, Jared??” – e lo allontanò da sé, spingendolo al centro della stanza.
“Non volevo farti arrabbiare Glam …”
“Ma io non sono arrabbiato e non sono più disposto a tollerare queste stronzate, a disgregare la nostra famiglia, a perdere la stima e l’amicizia di Colin!”
Jared ebbe un sussulto – “Colin … quando mi scopavi non pensavi a lui …” – sibilò, provando a schiaffeggiarlo, inutilmente.
Glam era ancora il più robusto tra i due ed anche il più reattivo.
Aprì la porta e lo fece passare nel corridoio con un gesto veloce, richiudendo a chiave – “E ringrazia che non ti ho preso a calci nel sedere!” – gli urlò, appoggiandosi con la fronte allo stipite, con la voglia di spaccare ogni cosa intorno a lui.

Il dottor Rodriguez raggiunse Robert, Jude ed il resto della spedizione a fine turno.
Salutò calorosamente Jared e si premurò di fornire delle indicazioni interessanti sulla sindrome di Angelman, di cui era affetta Camilla, come James, il figlio di Farrell.
“Esistono nuove terapie, che hanno prodotto successi inaspettati, nelle facoltà ricettive e rielaborative di molti soggetti. Una frontiera da scoprire, ogni bambino reagisce in modo differente, ma siamo fiduciosi.”
“Non sapevo che te ne occupassi Sebastian.” – intervenne Jared.
“Da un paio di anni almeno.” – replicò sorridente.
“Ti ho portato una memory card con le foto di Isotta … Domani mattina andiamo al cimitero, voglio portare dei fiori a Syria.”
“La farai felice … in qualche modo.” – e sorrise, facendo un brindisi in sua memoria.
Alla fine del pasto, Jared continuava a guardare l’ingresso della sala, sperando di vedere la sagoma di Geffen oltre i vetri, ma un sms arrivato al cellulare di Colin lo stupì.
“E’ di Glam … si sta imbarcando per tornare a Los Angeles …” – mormorò destabilizzato l’attore irlandese.
“E’ successo qualcosa a Lula?” – domandò Jude preoccupato.
“Non dà spiegazioni, tu lo sapevi Jared?”
“No Colin. Ce la caveremo lo stesso … Shan hai visto qualche neonata?”
“Sì, anzi volevo chiedere al dottore se l’aveva visitata.”
“July sta bene.”
“July? Quanto tempo ha?”
“Sei mesi, come aveva Josh. Ha la pelle chiara, la madre era australiana, si era trasferita qui per lavoro, per seguire il marito ingegnere … sono morti in un incidente.” – spiegò Tomo.
“Posso vederla?” – “Ok, andiamo, è nella nursery, con Camilla.”

Robert cambiò la sua cucciola, assistito da un trepidante Jude, confortato dai sorrisi di Colin.
Jared diede il biberon alla sua nuova nipotina – “July … sei adorabile … il numero delle nostre ragazze aumenta, vero tesoro?”
“Sì Jared … guarda che piedini …” – “Ok Colin, il ruttino tocca a te!” – e gli altri fecero un applauso di incoraggiamento, divertiti dalle smorfie di Farrell.

“Torni già? Ma è fantastico daddy!”
La voce di Kevin era gioiosa ed eccitata all’idea di rivedere Glam con due giorni di anticipo.
“Mi manchi … sto davvero uno schifo Kevin …” – disse sconsolato, insaccandosi nella seggiola della sala d’attesa.
“Mi dispiace daddy … vorrei davvero aiutarti.”
“Allora prepara le valige, voglio portarti da qualche parte, non so ancora dove, ma lontano dalla California … Lula è con Josh?”
“Sono qui con me, ma poi li avrei lasciati a Shannon e Tomo … Posso avvisarli e trasferirli alla End House con gli altri, in attesa della sorellina, sono agitatissimi ed hanno anche preparato una canzoncina per lei, con tanto di ballo, sono buffissimi …”
“Ti amo Kevin …”
“Anch’io Glam, da morire … Arriva presto.”
“Chiamano il mio volo, sto arrivando. Ti bacio.”





July

GOLD - Capitolo n. 200

Capitolo n. 200 – gold

Colin si stava tormentando le mani, nella sala d’attesa al Lax, riservata a chi come Meliti, utilizzava un jet privato.
Jude e Robert parlottavano su come sarebbe stato quel progetto di adozione, così desiderato quanto colmo di incognite.
Jared aveva una felpa, con il cappuccio alzato, le dita avvinghiate all’avambraccio del compagno, la testa china sulla sua spalla destra, come se dormisse.
“Come stai?” – sussurrò all’improvviso.
Farrell trasalì – “Le partenze mi mettono sempre ansia.”
“E da quando Cole?” – sorrise, baciando la stoffa del pullover in cotone, di una tinta tra il bianco e l’avorio.
“Non lo so.” – replicò, strizzando le palpebre e pensando – § Non so più niente. §
“E’ arrivato Glam.” – li interruppe Shannon, molto rilassato accanto a Tomo.
Geffen trascinava un trolley mezzo vuoto, come la sua testa.
Era pallido, la barba lunga, occhiali scuri e capelli rasati.
“Buongiorno a tutti, sono in ritardo?”
“No, tu arrivi sempre puntuale.” – ribattè Colin, fissandolo.
Jared si alzò – “Ciao Glam, non decollate senza di me, vado in bagno.”
“Vengo con te.” – disse Shan, seguendolo.
Glam si accomodò accanto a Colin, che sembrava sul punto di scoppiare.
“Sei in uno stato pietoso.”
“Anche tu non scherzi Colin.”
“Ok … dimmi una cosa, avrà mai un epilogo tutto questo schifo?”
Geffen si massaggiò le tempie – “Se vuoi salire su quell’aereo con questo spirito, io me ne vado subito.”
“Tu che scappi, incredibile.” – sibilò, stritolando un depliant, che non aveva neppure letto.
“Ho avuto una notte di merda, Colin, adesso sto per avere anche una giornata di merda, a quanto pare. Perfetto.”
“Sì, perfetto.” – ribattè duro.
Jude si rese conto del suo disagio e sembrò trascinarlo via da quell’imbarazzante discussione.
Si rifugiarono in un’altra stanza.
“Cosa succede Colin?”
“Nulla … proprio nulla Jude, perché è così, non so che cazzo sia successo tra Jared e Glam ieri!” – disse rabbioso.
“Perché non ti sforzi di capire quanto sia complicato per loro tornare ad Haiti?”
“Tu sei … comprensivo Jude, la cosa la vedi dal di fuori e non stai affogando nell’incertezza come me.”
“Invece so cosa provi, ma non cambierai le cose con questo rancore Colin.”
Si abbracciarono.
“La mia espiazione non è mai abbastanza … Se non fosse per Isotta io …”
“Tu cosa … cosa mio dolcissimo amico?” – disse Law, sorridendogli.
“Io … io lo amo Jude … più di prima.” – e si tuffò nel suo petto, provando una costernata arrendevolezza agli eventi.

“Potevi restare a casa, con i tuoi figli accidenti Jared!”
Shan sembrò ringhiare, ma Jared non faceva altro che accarezzare i suoi capelli, perdendosi tra le sue braccia forti.
“Stai un po’ zitto … voglio ascoltare i battiti del tuo cuore … So che siete emozionati per questa meravigliosa volontà di adottare una sorellina per Josh.”
“Sì, terribilmente. Tomo scalpita dalla notte di Natale, quando ci siamo decisi. Non volevamo smettere di fare l’amore, come se …”
“Ora ragioni come Colin … e sei meraviglioso. Come lui Shan.”

Le nuvole erano soffici, come le labbra di Jared.
C’era una camera matrimoniale, creata al centro della carlinga, un angolo lussuoso quanto inconsueto.
Colin le lambiva, carezzevole ed intenso, mentre il suo tocco diventata sempre più spinto, sotto ai vestiti di Jared.
Si spogliarono con calma.
Le dita di Farrell erano dispettose, così come i morsi che Jared stava spargendo sul suo addome teso e disegnato da ore di palestra.
“Sei una meraviglia Cole …”
“Perché … perché non mi regali un attimo di pace … forse è questo il segreto della nostra unione.” – e lo penetrò deciso.
Il fiato di Jared fu mozzato da un singulto carnale:le sue iridi si caricarono di lacrime, che Colin asciugò con altri baci.
“Non me ne andrò via da te, Jay … tu non sai cosa sono disposto a fare per averti nel mio cuore e nel mio letto per sempre …” – le sue parole si arricchivano di ansiti e gemiti, soffocati nella gola di Jared, che si apriva ancora di più a lui, masturbandosi, mentre i colpi di Colin diventavano sempre più invadenti.
“Ora … ora smettila Jay … voglio che il tuo sapore inondi la mia anima … che poi è tua e dei figli che mi hai dato …”
“Cole … Cole io …”
Farrell si fermò.
“Vuoi regalarmi l’illusione di essere soltanto mio, Jared?” – e poi ricominciò, facendoglielo sentire troppo largo e duro, per non ottenere spasimi e contrazioni in lui, che reclinò il volto madido ed in affanno – “Ti sei preso tutto di me, Colin, dal nostro primo incontro … e non me l’hai mai restituito.” – ed aggrappandosi al suo collo iniziò a venire, all’unisono con lui, che non smetteva di baciarlo, ripetendogli quanto lo amasse.

Geffen aveva ingurgitato un paio di sonniferi, chiedendo di essere svegliato dieci minuti prima dell’atterraggio.
Dormì infatti per tutto il tempo, anche se ogni tanto le sue palpebre venivano assalite da un lieve tremolio.
Robert lo scrutava, riflettendo sul suo stato d’animo, palesemente turbato, almeno quanto quello di Jared, che era sparito immediatamente con Colin.
“Stanno facendo l’amore …” – disse Jude, rispondendo alla curiosità di Downey.
“Davvero?”
“Sì. Colin aveva questa intenzione, approfittando della stanza che c’è in fondo al corridoio: Meliti ci dorme durante i lunghi spostamenti.”
“Ah ecco … peccato non averlo saputo prima.” – e sorrise, sforzandosi di essere rilassato, ma provava mille sensazioni controverse.
“Hai paura Rob?”
“Paura? Terrore puro … Eppure sento un amore fortissimo salire da qui.” – ed indicò lo stomaco.
“Io l’amore lo sento dappertutto.” – e sorridendo lo baciò fortemente.

Tomo si era accoccolato sul cuore di Shannon, che gli sfiorava la fronte con baci leggeri ed i capelli con le dita, in continui gesti di tenerezza.
“Ti amo … sono così felice Shan.”
“Anch’io mofo papi … forse siamo dei pazzi …”
“Voglio credere che stiamo facendo la cosa giusta, per salvare una piccola da quell’inferno.”
“Lo faremo tesoro. Lo faremo.” – disse deciso Shannon, sospirando poi, nel cercare la sua bocca, sollevandogli il viso dal mento, per poi perdersi in lui, ad occhi aperti.

Camilla aveva appena compiuto tre mesi.
Sembrava spiare gli adulti, che si avvicendavano tra la sua culla e le scrivanie, dove miss De Santo compilava moduli, archiviava dossier e rispondeva a brevi telefonate.
Sorrise quando sentì la voce di Glam, che la avvisava del suo arrivo, con una delegazione di potenziali genitori.
“Mr Geffen molti piccoli hanno trovato famiglie amorevoli, più che altro … tradizionali.” – e sorrise.
“Lo so Lisa, ma anche le persone che sto per accompagnare da te sono all’altezza, te lo posso assicurare.” – rise amaro, appoggiandosi al muro, davanti al rullo che distribuiva i bagagli.
Colin aiutò Jude a sistemare l’occorrente per la bimba su di un carrello, mentre Jared era andato a prendersi qualcosa da bere con Robert.
Tomo e Shan cercarono un taxi, per non perdere tempo.
Erano impazienti di raggiungere l’orfanotrofio, tornando con la memoria a quando adottarono Josh.
Downey zuccherò il tè di Jared, che sembrava pensieroso.
“Come andiamo bel ragazzo?”
“Insomma … sembra di non essere mai andati via, ora che siamo di nuovo qui.”
“Volevo ringraziarti per il sostegno.”
“State facendo la cosa giusta e Colin non voleva mancare …”
“Per Jude è importante ed anche per me Jared.”
“Bene … vi cambierà la vita e sarete ancora più uniti, ammesso che sia possibile, siete meravigliosi.” – e si massaggiò le tempie.
“Sei stanco?”
“Sì Robert … di essere così stronzo.” - ed inforcò i ray ban a goccia.
“Jared …”
“Colin prima o poi mi lascerà, anche se sembra legarsi maggiormente, ogni volta che io lo maltratto, anche senza volerlo, senza cattiveria, ma lo faccio, lo faccio e basta e non riesco a …” – una lacrima scivolò, rimbalzando poi tra la lente e lo zigomo.
Robert lo strinse – “Lui sa quanto lo ami.”
“Non è sufficiente, non mi salva da questa colpa … è come un cappio, quando si sentirà soffocare sul serio, se ne andrà ed io me lo sarò meritato.”
Alle sue spalle, Colin aveva sentito quello sfogo.
Cinse la sua vita con cura, sciogliendo l’abbraccio tra lui e Robert, che se ne andò.
“Cole …”
“Ehi … vieni qui e smettila di dire certe stronzate.” – lo rimproverò, cullandolo, come a rassicurarlo.
La gente, intorno, scorreva come un fiume colorato.
Loro si respiravano, in un luogo che restava altrove, rispetto a tutte quelle anime estranee al loro mondo unico ed irripetibile.

“Buongiorno Lisa, come stai?”
“Salve, molto bene e voi?”
Glam fece le presentazioni, ma Robert e Jude furono distratti immediatamente dalla neonata, a pochi passi da loro.
“Ciao principessa …” – disse spontaneo Law, sfiorandole i piedini.
Lei sorrise.
Robert era rapito dagli occhioni scuri e dalle ciocche morbide, che sistemò, ai lati di quell’ovale incantevole.
“Sei bellissima …”
“Camilla, si chiama così mr Downey.” – intervenne l’assistente sociale.
“Stupenda … Posso prenderla in braccio?”
“Certo.”
Lei rise, erano perfetti.
“Ciao splendore … sei davvero un amore … il nostro.” – mormorò, come ipnotizzato dal suo sguardo curioso e vivace.
Law li avvolse da dietro, come ad unirsi in quella simbiosi affettuosa e traboccante di tenerezza.
“Devo dirvi una cosa, comunque …”
“Quale cosa miss De Santo …?” – domandò distrattamente Jude.
“Camilla ha … un problema.”
I presenti sembrarono concentrarsi su di lei, all’improvviso, per comprendere quell’affermazione.
“Un problema?” – disse Robert perplesso.
“E’ affetta da una sindrome. Di Angelman, la conoscete?”
Colin andò accanto a Jude, che sembrò saldarsi a Robert ed a Camilla: “Noi l’ameremo ancora di più, vero Rob?”
“Verissimo.” – disse deciso, baciandola sulle guance paffute.
A quel punto anche Farrell si aggregò a quel patto simbiotico – “Mio Dio Jude … Rob …”
“La nostra famiglia oggi si arricchisce.”
La frase di Jude sembrò una dichiarazione di intenti gioiosa, nel suo sorriso, in quello di Robert ed infine di Jared, che consolidò la volontà collettiva con un – “Colin ed io vi aiuteremo e faremo il possibile per rendere speciali i giorni di Camilla. Benvenuta.” – ed arrise a quella concentrazione d’amore.




Camilla

lunedì 27 giugno 2011

ONE SHOT - L'ILE DU SOLEIL - UN AN APRES

ONE SHOT - L'île du soleil - un an après

Cape d’Antibes – luglio 1956
Pov Robert Downey Junior


Stai dormendo.
Io mi crogiolo nei ricordi, seduto sul davanzale della camera azzurra, quella che i domestici chiamano « padronale », dandomi quasi fastidio, perchè ho sempre cercato di essere amichevole con chi mi aiuta a gestire questa residenza, che ha assunto i tuoi colori Jude, le abitudini ed il lavoro di fotografo, che ti ha portato un enorme successo negli ultimi mesi.
I tuoi amici inglesi, un tantino snob, dicono che il mio atteggiamento accondiscendente e confidenziale, è dovuto alle mie origini americane : sono soltanto una persona, che ha rispetto del genere umano altrettanto educato.
Così rifletto su alcune sciocchezze formali, mentre i tuoi occhi si schiudono, magnifici su di me.
« Buongiorno Robert … » - e mi tendi la mano sinistra, restando a pancia in giù, avvolto a malapena da un lenzuolo sgualcito di noi.
Dodici mesi di pura gioia, quelli che mi hai regalato Judsie.
Mi accendo una sigaretta – « Buongiorno amore … » - e sorrido.
« Spegnila … » - sussurri, insistendo nel gesto precedente di invito ad unirmi a te.
Getto la vestaglia sulla chaise long in damasco fiorentino e mi getto sul tuo sembiante abbronzato ; scoppi a ridere, soddisfatto per l’ennesima conquista.
Le tue iridi si illuminano : mi trattieni tra le gambe nervose, in un’assordante esortazione a possederti – « Non farmi aspettare Robert … ne morirei. »
Sbagli.
Sarei io a perire se tu mi lasciassi, adesso che sei diventato così irrinunciabile.
Sei caldo e bagnato : scivolo come un rivolo d’acqua, tra ciottoli e felci, di quelli che vedi sui sentieri di montagna : mi sento altrettanto puro insieme a te Jude, mio unico amore terreno.
Abbiamo corso verso Parigi, meno di un mese fa, a cercare due fedi adatte nel quartiere di Marais : appartenevano ad una coppia di sposi stranieri, che avevano scelto la capitale francese per coronare la loro unione, così come abbiamo deciso di fare noi, salendo a Notre dame, in una cerimonia silenziosa, fatta unicamente dai nostri sguardi innamorati.
Gli stessi che invadono anche i nostri respiri più reconditi ora, che raggiungiamo un apice sublime, il mio seme incontenibile, che incontra quella parte pulsante, che ti toglie ogni remora, facendoti gemere così forte da spaventarmi per intensità ed ardore : è come andarsene, in un viaggio spasmodico e colorato da milioni di sensazioni sconvolgenti.
Mi trattieni ancora, mi supplichi con sussulti soffocati nell’incavo del mio collo, stai godendo senza fine : mi esalti e mi confondi.
Sono nuovamente eccitato e riprendo la mia corsa, forse sto soltanto impazzendo o forse assaggio il vento, che taglia innocuo i nostri zigomi, mentre sfrecciamo verso la Costa azzurra, a bordo della nostra cabriolet, dopo avere celebrato il nostro incredibile amore.

La tua mostra ha raccolto parecchi consensi.
« Tesoro scendi con me ? » - chiedi sorridente.
« Faccio una telefonata ed arrivo Jude, scusami. »
« Qualche problema ? »
« Assolutamente. » - sorrido, sei estremamente premuroso.
« Hanno suonato … aspettavi qualcuno Rob ? »
« No … vai a vedere, ti raggiungo subito. »
« Ok, a dopo. »
All’orizzonte scorgo l’arrivo di un temporale.
Deve assomigliare a quello che sta per esplodere in giardino, lo scoprirò tra un attimo.
« Sienna … ? » - mormoro, riconoscendola, vestita Chanel, è bella e sinuosa, ma anche piuttosto nevrotica nei gesti.
Mi avvicino alla balaustra del terrazzo, dal quale posso avvertire lo scambio delle vostre battute.
Jude è agitato, le dita frementi sui gomiti, in un incrocio in segno di chiusura ed ostilità verso la donna, che lo ha ferito più di tutte.
« Cosa diavolo vuoi da me, Sienna ?! »
« Voglio salvarti ! A Londra sei lo zimbello della buona società, con questo tuo ridicolo rapporto con il tuo disgustoso amante americano ! »
« Tu sei pazza … sai cosa mi importa ? Un bel niente !! » - le urli, afferrandola per le spalle, come a scrollarle di dosso quel carico di ipocrisia, dal quale abbiamo preso le distanze da quando stiamo insieme.
Sembra tutto inutile.
« Non posso accettarlo, sai ? Io ti amo ancora Jude ! »
Il tempo sembra fermarsi : tu tremi.
Il tuo sguardo ha un’incertezza visibile al mio cuore.
La ami ancora, vero… ?
Hai dei rimpianti … probabile … o inverosimile dopo tutto quello che tu ed io …
Io non sono più nulla, da tre secondi interminabili ed assurdi.
La lasci, inconsapevole del mio dolore.
« Io amo Robert. Nessun altro. » - dici con la fermezza di un giglio screziato, in balia di quella brezza ormai lontana, che forse hai già dimenticato, di fronte alla dichiarazione di lei, che sembra prepararsi a sferrare il colpo di grazia.
« Ho ... abbiamo un figlio, Jude. Guardalo, è la tua immagine … la tua splendida immagine. » - e sorride, mostrandoti una foto.
« Co … cosa ?! Che stai dicendo … ?! » - la tua voce è un sussurro, i miei battiti una fievole reminescenza.
Il resto lo lascio ai bisbigli della servitù, come vengono apostrofati cameriere ed affini dai tuoi stimati conoscenti britannici.
Mi ritiro nella stanza dove abbiamo fatto l’amore stamattina, probabilmente per l’ultima volta.
Sicuramente, dopo questa verità.
Trascorre un tempo poco definibile in un inizio ed una fine, sulla quale sopraggiungi, con il respiro mozzato.
« Rob … ma sei qui allora. »
Sei confuso, affannato e stanco.
« Sì, mi hai trovato. »
Sono affranto, vinto e precipitato in una rinnovata solitudine.
Bevo un brandy e non siamo neppure all’ora di pranzo, sprofondando nella poltrona, ai piedi della quale spesso ti accovacci, appoggiando la tua testa dorata sulle mie ginocchia, in cerca di carezze, che mai ti ho negato, neppure quando mi narravi dei dissapori con la tua eterna fidanzata, Sienna appunto, lamentandoti di mille dettagli futili.
Quei momenti erano intrappolati nel passato e lì dovevano restare, senza cambiamenti, senza tutto questo, che adesso mi appare dissolto.
« Hai sentito … vero ? »
« L’essenziale Judsie. » - replico mesto.
« Non farlo Rob, non ubriacarti, ti supplico. » - e mi strappi il calice della sconfitta.
« Non è più importante … al momento i tuoi rimproveri sono un tedio insopportabile, come il sentimento che ti porti appresso da quando l’hai abbandonata, per di più incinta … » - il mio tono si va inasprendo, implacabile come soltanto io sapevo essere.
« E’ una farneticazione la tua … Io ne ero all’oscuro ! … Robert dovresti sostenermi ed invece … »
« INVECE COSA ? EH JUDE ?1 » - sono fuori di me, ma posso ancora peggiorare.
Stai tremando, piangendo senza remore.
« Rob … io ti amo, non farmi questo … »
« Questo cosa ? Sei tu a farneticare, annoiandomi a morte con questa capricciosa immaturità. Torna da lei, quello è il tuo posto ! »
Morte adesso prendimi, non mi resta che questo addio, a me stesso ed a Jude, che è pallido come un fantasma e vorrei lo fosse, impalpabile come un’illusione : quella che è stata la nostra storia.
E’ il dovuto sacrificio di fronte ad un innocente, che ti sta aspettando oltre la Manica, non posso agire altrimenti.

Sto fuggendo sulla nostra cadillac Deville : questa corsa non ha nulla di frizzante e spensierato, come il precedente.
Mi manchi.
Le tue risate argentine, le battute sul paesaggio, gli abitanti incuriositi di fronte alla nostra felicità Jude.
Dovrei scegliere un platano in questo viale, lungo il quale non smettevi di baciarmi, tanto da costringermi a fermare questo bolide, per non andare a sbattere, cosa che dovrei fare, per chiudere con questa esistenza inutile.
L’Oz è un club per soli uomini, non un bordello, ma un luogo proibito, che credevo di avere dimenticato.
Ci sono arrivato per inerzia, come al campanello in ottone dorato, che suono, come un automa.
« Mr Downey … ?! Che onore rivederla. »
« Armand … buonasera. »
« E’ solo ? »
« Sì come un cane. » - ridacchio, come inebetito dalla circostanza.
« Si accomodi. Vuole un massaggio ? »
« Sì … penso di sì. »
« Serge puo’ andare bene ? »
« Certo … Serge andrà alla perfezione. »

Il suo nome non era di sicuro quello.
Era magrebino, muscoloso, ma longilineo.
Aveva un sorriso candido, falangi sicure ed esperte.
La mia schiena era a pezzi, come tutto il resto di me.
L’ovvietà di certi tramonti sentimentali, penose agonie che avevo rifuggito sino ad incontrare Jude, era insopportabile quanto il mio umore.
« Io … io lo amo … »
Cosa potrebbe farci Serge ?, che viene distratto dalla mia rivelazione.
« Prego … ? » - accenna timoroso.
« No, non importa Serge, non smettere. »
Riprende con i suoi arabeschi sul mio dorso afflitto, ma viene interrotto per la seconda volta, dal vocio proveniente dal corridoio.
Come Jude si fosse ricordato di quel posto, sarebbe rimasto fuori dalla mia comprensione per l’eternità.
Irruppe in quel budoire di lusso, stravolto ed arrossato.
Era arrivato sino a lì in moto.
Era notte ormai, ma mai quanto dentro di noi.
« Jude … »
« Eccoti ! Perfetto … » - sibili, infilando la mano nella tasca del giubbotto.
« Jude vattene ! » - e mi sollevo, greve e dilaniato dai rimorsi.
« No … NOOO !!! » - estrai un revolver a me conosciuto.
« La mia Mauser … dove l’hai presa !? » - chiedo, mentre Serge si allontana di poco.
Hai chiuso a chiave, fermando l’uscio anche con una seggiola : « Non … non hai avuto alcuna pietà con me Rob … ora è il mio turno. »
« Jude cosa pretendevi ?! »
« Saluteremo questa vita insieme … » - singhiozzi, mentre il tuo indice freme sul grilletto.
« Non farlo … non serve … vuoi renderlo orfano ancora prima di conoscerlo ? » - mi sento inadeguato, nel fare un accenno di battuta sarcastica.
« Tu davvero non capisci Rob … »
« Hai ragione Judsie … ma non rovinare tutto … » - e provo a fare qualche passo verso di te, che dimostri arrendevolezza e stupore.
Imbriglio la canna dell’arma nel mio palmo sudato, te la tolgo e ti stringo forte.
« Ti amo Jude … ti amo da impazzire. »
Riesco solo a dirti questo, mentre Armand sfonda la porta, furente.
Serge fugge ed io cerco di rimediare – « Vorrei rimanere qui, è una questione di famiglia Armand, compenserò la tua comprensione, credimi. »
« Solo perchè è lei mr Downey. »
Gli sono grato, specialmente quando se ne va.
Sei in piedi davanti alla finestra, in accappatoio, dopo una doccia solitaria.
Il silenzio che ci divide è opprimente.
« Avevi ragione. Non avevo smesso di amarla, in un certo senso. »
« In quale senso Jude ? » - domando pervaso di incertezza.
« Ti ho offeso Robert, ti ho mentito forse … e tu mi hai voltato le spalle, nel momento in cui avevo più bisogno di te. »
« Hai ragione a rimproverarmi, ma … Jude questa situazione ha demolito le mie sicurezze, ciò che abbiamo costruito … »
« Ed io pensavo fosse intoccabile. » - dici con sottile severità.
Stento a comprendere cosa sarà di noi.
La distanza materiale, che ci separa, svanisce.
Baci il mio petto : « Tu credi nel perdono, Rob ? »
Potrei credere a qualsiasi cosa, se sei tu a chiederlo Jude : « Con te, sì. » - ribatto convinto.
Ti distacchi lento, andando verso la tua casacca in pelle, colore cuoio : peschi qualcosa e me lo passi.
« Ma questo è … tuo figlio … »
« Leggi sul retro, per favore Rob. »
Londra, 29 maggio 1956.
« E’ la sua data di nascita, Jude ? »
« Infatti. Lei è uscita dai miei giorni sul finire di giugno del 1955, l’hai dimenticato Robert ? »
In te non c’è astio, ma una complice constatazione di una rassicurante scoperta, peraltro immediata, emersa durante un secondo breve incontro con Sienna al suo albergo, dove l’avevi cercata, per dirle che non mi avresti mai lasciato per lei, anche se c’era di mezzo un bambino.
« Non esiste qualcuno o qualcosa, che potrebbe portarmi via da te Robert. » - sorridi ed io crollo, fortunatamente sul lascivo giaciglio, al quale mi ero appoggiato.
«Il padre si chiama Ewan … Mcgregor, un attore, un vecchio amico di infanzia, che non vedo da secoli, ma che era innamorato di Sienna dai tempi della scuola materna, suppongo.» - parli con serenità, come se quell’azzardo da parte di Sienna non fosse poi tanto grave ed hai ragione Jude, quando si ama si è pronti a combattere usando qualsiasi strategia.
«Te lo ha confessato lei?»
«Sì Robert.»
Ti siedi accanto a me, cingendomi le spalle, baciando i miei capelli.
«Il vero assassino qui resto io, sai Judsie …? Voi due avete combattuto con onore, provando delle emozioni pure, al contrario di me che …»
«Tu agivi per il mio bene e di questo bimbo.» - mi interrompi, con incantevole fermezza.
«Come … come si chiama?»
«Oliver. Come il cane di madame Axel!» - scoppi a ridere.
«No Dio … Jude, per favore!»
Ti appropri delle mie guance rigate di lacrime, assaggi la mia bocca, la divori.
Appoggiando la tua fronte alla mia, mi riveli il tuo pensiero: «Sei ancora il benefattore della Casa del fanciullo di Lione?»
«L’orfanotrofio …? Sì Jude, certo.»


Suzette.
Ha le mie ciocche scure, che scompigliamo divertiti dai suoi gorgheggi a bordo piscina, impaziente di farsi un bagno con te, che sembri averle donato le gemme celesti, con cui guardi il nostro mondo, anticonformista e solido.
Due anni e mezzo, rannicchiata in un angolo della mensa dell’istituto, dove siamo stati accolti con salamelecchi snervanti.
Sono unicamente lo «zio» milionario di questi angeli, che adulti incoscienti hanno gettato via.
Per lei, che ci ha scelto, noi siamo diventati due genitori inconsueti, ma partecipi ed attenti.


Vi immergete, mentre osservo ogni espressione, che colora i volti che più amo: «Guarda Suzette, papà non ha abbastanza caldo …» - e strofinate i vostri nasi.
Siete … Dio cosa siete, illuminati dal sole e da ciò che provo.
«Arrivo … noi siamo una cosa sola, giusto cucciola?»
«Sì papà.» - e ci unisci con queste piccole ed esili ali, più forti di qualunque avversità, alla quale non mi piegherò più, senza lottare.
Sino alla fine.

THE END


GOLD - Capitolo n. 199

Capitolo n. 199 – gold

Le gocce di sudore, infinitesimali e luminescenti, imperlavano i pettorali evidenti di Xavier, che intrecciava le proprie mani a quelle di Phil, disteso sotto di lui, che lo stava dominando pur offrendo tutto sé stesso a quell’uomo, che sentiva di conoscere a fondo, non solo per il suo sesso virile ed instancabile, ma soprattutto per le confidenze, che si erano scambiati da quando stavano insieme.
Phil ammirava il suo giovane entusiasmo, di vivere il sesso: Xavier, a propria volta, non era mai stato amato con tanta dolcezza, premura ed attenzione ad ogni sua esigenza.
Il primo pensiero del regista franco spagnolo era il benessere di quell’amante straordinario, che gli si stava rivelando con generosità.
Un colpo di reni più deciso e Phil raggiunse un orgasmo magnifico, unendosi a quello che spontaneamente sgorgò dal membro di Xavier, senza neppure essere sfiorato.
Il ragazzo sembrò spegnersi sul busto di Phil, che lo strinse ansimante ed appagato: “Finalmente Xavier …” – e cercò di uscire piano da lui, ma venne bloccato – “Ti prego Phil … rimani ancora un po’ dentro di me. Mi sento così felice.” – e si addormentò, sorridendo.

Colin cambiò Isotta, facendole indossare un abitino delizioso, dono di nonna Rita, che lo stava come studiando, in quei gesti, che sembravano così congeniali al figlio minore dei Farrell.
“Sei davvero innamorato di questa bimba, forse perché somiglia a Jared, vero tesoro?”
“Sì mamma, forse anche per questo. Eccoci qui, guarda che meraviglia.” – disse raggiante.
“Hai di nuovo ritrovato il tuo equilibrio con lui …” – disse prendendo Isotta in braccio.
“Jared ed io potremmo ritrovarci anche dopo mille anni di lontananza, ne sono certo.”
“Dov’è ora?”
“E’ uscito. Più tardi c’è la festa per il compleanno suo e della nostra Violet, ma Glam e Kevin non potranno esserci, così è passato a salutarli.”
“Ma non andate ad Haiti insieme a loro domani?”
“Ci sarà solo Geffen. Jude e Robert sono agitati, come me del resto.”
Miss Rita aggrottò le sopracciglia – “Sicuro sia una buona idea andare sull’isola con Jared?”
“Con Jared e Glam, intendi?”
Lei non disse nulla, ma il figlio era sereno – “Andrà tutto bene mamma.”

Geffen aprì, quasi inciampando negli scatoloni ammassati nell’ingresso del suo vecchio appartamento.
“Ma non l’avevi venduta questa casa, Glam?”
“Ciao Jay, entra dai … diciamo che i miei soci l’hanno riacquistata e ci hanno messo l’archivio della fondazione.”
“Vedo … e Kevin?”
“Ha portato Lula in piscina con Josh, poi vengono al b.day … A proposito, auguri.” – e rise, passandogli una scatola di colore blu.
“Oh grazie, ma non dovevate disturbarvi tu e Kevin …”
“So che ti piaceva, dai aprilo.”
Era un orologio sportivo e particolare.
“Accidenti, il cronografo Steel ice … accidenti, grazie Glam.” – e lo abbracciò, dandogli un bacio sulla guancia destra.
“E’ solo un pensiero … un giocattolo direi, anzi, quelli li abbiamo riservati a Violet, ma sarà il fattorino del Joker a consegnarli alla End House.”
“Farà i salti di gioia, ma le mancherai … le mancherete.” – si corresse, con un sorriso imbarazzato.
“Che succede Jared?”
Il cantante dei Mars non disse niente, ma gli passò una busta.
“Ho … ho scritto questa Glam … era da un po’ di tempo che volevo dirti alcune cose ed ho preso il coraggio finalmente …”
Geffen la prese, sentendo il respiro venirgli meno.
“Grazie, la leggerò subito.”
“Ok, devo andare e …” – “No. Voglio che tu rimanga, per favore.”
Jared si appoggiò alla parete, lo stomaco chiuso – “Va bene, resto.”
Geffen spiegò il foglio, scritto a mano, con grafia sicura, posandovi lo sguardo azzurro ed assorto, mano a mano che le righe gli entravano nel cervello, come stilettate impietose.
§§§
Eccomi qui.
Ciao Glam, pensavi che la smettessi di tormentarti?
Sbagliavi …
Questa volta sono io che ti scrivo i miei pensieri, come hai fatto tu in un passato non troppo lontano.
Sono accadute troppe cose in questo ultimo anno … tra queste, noi.
Come mai prima.
Devo ammettere che è stato fantastico, ma questo potrei dirlo ad un amico come Kurt, magari facendogli delle confidenze così intime, quanto segrete, fidandomi di lui, ma non servirebbe a lenire ciò che ho dentro.”
Vorrei uscirne, sai?
Da questa voragine, dalla quale non riesco a riemergere dopo Haiti, nonostante Colin, Isotta, i nostri figli, mio fratello, la musica …
Possedere tante certezze e persone che mi amano … dovrei essere felice, finalmente, ma non posso dirlo, non riesco a raccontarti questa bugia Glam.
Riesco soltanto a pensare a quei bambini che ti corrono incontro sorridendo: hai notato che quando un piccolo vuole bene ad un adulto, gli corre incontro felice, chiamandolo, arridendo al suo sorriso … ti sei mai chiesto perché ciò avvenga?
Me lo sono chiesto spesso, ma poi, più che una risposta, ho trovato una similitudine, in ciò che mi succede, quando sei tu ad arrivare, come in spiaggia, poi mi chiami, “Ehi mascalzone!” ed io corro verso di te Glam …
Io correvo … verso di te, Glam.
Ed era tutto così speciale.
Ti amavo … ti amo … da morire …
Il destino mi ha ucciso, ora ne sono sicuro.
Ha ucciso quel bambino che ti volava tra le braccia e che tu portavi lontano, con una risata, una carezza, un gesto qualsiasi, fino ad arrivare all’apice del cielo, in cui mi sentivo portare dal vento, quando ti muovevi dentro di me …
E quando finivi entrambi, con forza, facendomi comprendere quanto ti appartenessi.
Sono orribile nel gridarti il mio amore, adesso, che con Colin le cose si sono sistemate, adesso che ho di nuovo tutto sotto controllo ed invece non controllo niente, tanto meno me stesso.
Fuggirei via, ma non posso, perché ho creato tali e tante sovrastrutture sulla mia carcassa di illusioni, da rimanerne schiacciato, finchè avrò vita Glam … una vita senza di te.
Senza averti veramente, anche se ci sarai, ad ogni ricorrenza, ogni compleanno, come oggi, in cui mi porterai un regalo, un frammento del tuo sconfinato amore … perché tu mi ami e non smetterai tanto facilmente, perché sai come non arrenderti, come essere vinto dalle circostanze.
Tu sai quale decisione prendere e scegli, anche di non essere felice, come me …
Quando faccio l’amore con Colin, io penso solo a lui.
Quando accadeva con te, io ero tuo Glam.
Forse è l’unica vigliaccata che vi ho risparmiato.
Sì a voi due che vi siete anche … amati? O semplicemente perduti, sempre a causa mia, che non sono più il centro di nessun mondo, quando invece credevo fosse l’esatto contrario.
L’amore punisce l’arroganza, anche se non mi sono mai reputato tale.
Io non sono niente, Glam.
Questo è il dono che oggi mi sono voluto fare: essere sincero con me stesso.
Perché tu tutte queste cose già le sapevi.
E se mi chiedessi di vederci, di stare insieme, io ti direi di sì.
Ora il re è nudo, ridete pure tutti, denigratemi, distruggetemi, compiangete Colin, commiserate la mia scelleratezza, insultatemi.
Ho amato Colin come un pazzo, quando mi faceva a pezzi, con le sue paure, le sue debolezze, anche quando mi ha umiliato, abusato, distrutto …
Io lo amo Glam … ed amo te …
Ti amo, mio dolcissimo uomo …
E ti amerò … io ti amerò.
Perdonatemi.

Tuo Jared

26 dicembre 2016
§§§

L’avvocato inspirò, rammentandosi di quanto fosse necessario per sopravvivere, così come lo era fissare gli occhi blu zaffiro del suo interlocutore, impallidito nel frattempo, per la tensione.
“Jared dove dovrebbe portarci questa bellissima … confessione?”
“Od ammissione di colpa?”
“Qualunque cosa sia, mi ha sconvolto, ma tu questo lo sai Jared.”
“Da nessuna parte, temo, ma se non te lo avessi detto in qualche modo, ciò che tu già sapevi, sarei impazzito … e tornare ad Haiti sta solo peggiorando le cose, ma lo faccio per Colin, per Jude e Robert, per voltare pagina, ma non serve, purtroppo, perché per tanto che mi voglia convincere io …”
Glam gli afferrò le spalle con delicatezza – “Torna dalla tua famiglia, è tardi Jay …”
Jared annuì, stringendosi a lui con naturalezza e sconforto – “Tienimi con te Glam …”
L’uomo non disse altro, i loro corpi parlavano al posto loro, sostituendosi a qualunque supplica o speranza.
Era doloroso e inquietante, sentire quel piacere sordo, esplodere ed investire i loro ventri contratti, senza che facessero il seppur minimo movimento per favorire quell’amplesso tacito.
Jared stava in sostanza rivivendo un momento simile a quello che lo travolse con Colin.
Il suo compagno irlandese poche ore prima si commosse nel risvegliare Isy, lasciandosi andare a quell’onda di emozioni, delle quali non si era mai vergognato e fu come un fotogramma dal sapore lancinante, per ogni singola fibra di Jared.
Avrebbe voluto baciare Glam, ma solo un gemito li destò da quella dimensione assurda: “Jared cosa mi fai fare …” – disse colmo di angoscia nelle iridi lucide di pianto, come quelle di Leto, tremante e scosso come non mai.
“Scusami Glam … scusami.” – e fuggì via.

La pioggia lo accompagnò sino alla soglia della loro residenza, dove Colin gli andò incontro sbigottito – “Jared, ma cosa hai combinato …?”
“Ero in bicicletta … volevo solo tornare.” – e gli volò al collo.”
“Sei fradicio … e sei un pazzo …” – rise incerto, per poi baciarlo intensamente.
“Vado … vado a farmi una doccia, puoi salire da me tra quindici minuti?”
“Va bene angelo mio … sistemo gli addobbi con Simon e ti raggiungo.”
“Promesso?”
“Sì Jared … sì …” – sospirò ad un centimetro dalle labbra di Jared, che stava trattenendo le lacrime a fatica.

Voleva soltanto appartenergli, senza rendersi conto dei dubbi che stavano lacerando l’animo di Colin: per un attimo aveva creduto che Jared e Glam avessero trascesero, magari cogliendo l’opportunità di ritrovarsi in un posto carico di ricordi, come quell’alloggio dove avevano fatto l’amore per la prima volta.
Farrell si rese presto conto che stava sbagliando, ma era solo un dettaglio, forse il meno importante, se avessero fatto sesso senza sentimenti il tutto si sarebbe ridotto all’ennesimo tradimento fisico di Jared, che comunque non avrebbe mai ceduto ad un uomo che non fosse Colin, solo per un gretto compiacimento.
Era come una tempesta, fatta di torbida afflizione, alla mente ed al cuore di Colin, che si pentì di avere spinto Jared ad unirsi a quel viaggio del giorno dopo, un giorno che da carico di gioia, probabilmente si sarebbe trasformato in un volo oscuro verso le coscienze frammentate di ognuno dei partecipanti, così sensibili, così smarriti.





giovedì 23 giugno 2011

ONE SHOT - L'ile du soleil

One shot - L'île du soleil





Cape d’Antibes – 1955



Pov > Robert Downey Junior

45 anni, ricco faccendiere americano, insediatosi in Costa Azzurra negli anni ’50, nella residenza meglio conosciuta come l’Ile du soleil, affacciata sul Mediterraneo, con splendide terrazze fiorite in ogni stagione dell’anno.



Ti vedo arrivare.

Splendido, come un raggio di luce improvvisa, che anziché amareggiare le mie stanche iridi, mi accarezza il volto, rasato da poco, come il tuo, mascalzone di un inglese.

Queste tue entrate in motoscafo, mi fanno ricordare quelle dive del passato, ma tu non metti alcuna enfasi Jude.

Hai solo trent’anni, sei biondo, occhi azzurri, fisico asciutto e scattante, fai il modello nei tempi morti lasciati dal tuo mestiere di attore e fotografo.

A teatro hai spopolato con un Amleto da antologia ed è lì che ci siamo conosciuti sei anni fa.

Ti ho amato da subito, in silenzio, un passo indietro al tuo mondo dorato, che ho alimentato come un mecenate di altri tempi.

Ho forse comprato il tuo affetto? Assolutamente no.



“Buongiorno!” – mi gridi scendendo sorridente.

Ti avvicini veloce, posso sentire l’eau sauvage, che ti regalo ad ogni compleanno.

“Mio caro … benvenuto, come stai?”

“Ottimo viaggio Rob, pessima compagnia. Un’anziana signora di Parigi, ha uno di quegli atèlier in centro, vende cappellini orrendi, ne aveva giusto uno che … Mio Dio, ti sto annoiando a morte e quasi mi dimentico di abbracciarti.”

Mi stringi e fa così male.

E così bene, amore.

“Ti sono mancato?” – mi domandi fissando il mio sguardo incerto.

“Da morire.” – sorrido canzonandoti, ma in questi miei scherzi puerili, è custodita tutta la verità del mio piccolo mondo senza di te, Jude.

“Ho splendidi progetti per questa settimana, sai Robert?”

“Quali progetti?”

Tenendomi sottobraccio ci dirigiamo verso l’ingresso, per salire alla tua solita camera.

“Discutibili direi ahhhah … mi asseconderai, vero?!”

“Certo Judsie …”

“Quell’orribile soprannome!”

“Per uno stimabile amico!”

“Lo tollero perché sei tu ad averlo scovato in questa testolina americana.” - e mi picchietti con le nocche la fronte.

Ti afferro il polso, con gioiosa veemenza, ma tu mi regali una carezza.

Siamo per le scale e potrei ruzzolare sino al tappeto persiano, che abbiamo appena calpestato, tanta è l’emozione.



Siamo arrivati.

“La camera verde, magnifica! Guarda che vista …”

“E’ quella dell’anno passato Jude.” – puntualizzo mettendomi in poltrona.

Ti accovacci ai miei piedi, ti aggrappi alle mie gambe, posandovi il capo dai riccioli dorati.

“Fa caldo, ma io non ho voglia di fare il bagno, non adesso, preferisco starmene qui, ad importunarti con la mia irruenza, le mie chiacchiere inutili, il mio umorismo inglese.”

“Cosa stai elucubrando Jude?”

“Lo scoprirai al momento opportuno.”

“Qualche conquista mancata in quel di Londra? Forse approdata qui per l’estate?”

“Nego totalmente queste accuse!” – e sollevi il tuo sguardo radioso su di me, arridi alla mia perplessità.

“E Sienna …?”

“Non somigliavo abbastanza al padre, non ero all’altezza di quel vecchio e così mi sono stancato. L’ho lasciata …”

Stai soffrendo, te lo sento nella voce e, anche se il mio cuore trema di gioia per la tua inaspettata libertà, mi dispiace vederti tanto rammaricato.

“Hai una nuova preda, Jude?”

“No … o forse sì! E Jared, è già qui?”

“Non l’hai visto? Si stava arrostendo sotto il molo.”

“Ero concentrato su di te, Rob …” – e mi fai l’occhiolino.

“Rimane qui ancora a lungo?”

“Ha un nuovo … conoscente.”

“Sul serio? E … tu?”

“Io cosa Jude? Acqua passata.”

“Capisco …”

“E’ quell’irlandese, lo scrittore di L’alba del corvo, un certo Farrell, rammenti, te lo presentai alla prima della Tosca a Roma.”

“Esecuzione sublime, il tenore era un fenomeno … Farrell dici? Colin mi pare.”

“Esatto, Colin, completamente stordito dal piccolo Jared.” – sogghigno, come se per me fosse semplice starti accanto.

Jared Leto, ventiduenne raccolto nei sobborghi di San Francisco, il cameriere più sexy che avessi mai visto.

Si rese disponibile dopo mezz’ora, quando gli dissi che potevo salvarlo da quell’immondezzaio, dove nessuno lo rispettava.

Lasciai stare, momentaneamente, non compravo mai i miei amanti.

Quindi lo portai in Europa, qualche piccolo ruolo, una sfilata per Dior, aveva imparato a guadagnarsi da vivere anche senza di me insomma.

Ora, forse, poteva finire a Dublino, amato allo stremo di ogni ragione da quel pazzo di Farrell, che arrossiva ad ogni sua occhiata colore blu mare: ci ho fatto l’amore per una sola settimana, con Jared intendo: da perderci la testa.

“Si cena in quattro allora stasera Rob?

“Sì amico mio …”

“Vado a fare una doccia, poi il meritato riposo, quindi sarò presentabile per il tuo prezioso desco, amico mio.” – baci il mio palmo destro, poi il sinistro, quindi mi scruti – “Ti adoro Rob.”

Sparisci nella sala da bagno ed io muoio un po’.



Jared gira mezzo nudo per casa ed io ci ho fatto l’abitudine.

Farrell un po’ meno: è sanguigno e coetaneo di Jude.

“Ciao straniero!” – gli sussurra, passandogli un acino d’uva, bocca a bocca, incurante della mia presenza – “Fate pure, sono un soprammobile.” – ridacchio, alzando il mio Martini.

Jude arriva silenzioso e mi ruba l’oliva, come d’abitudine.

“Saporita! Ciao Jared, buonasera Colin.”

“Salve …” – dice il moro sforzandosi di ricordare il suo nome, ma Jared rimedia subito – “Jude ti davo per disperso!”

“Non temere, non posso perdermi le ferie francesi, con un ospite come Rob, poi … un delitto!”

“A proposito Robert, non ti ho ancora ringraziato per l’invito.”

“E’ un onore Colin. Ci accomodiamo?”



Ho sempre pensato che come mangi tu le ostriche, Judsie …

I pantaloni sono sempre più stretti, mentre deglutisci soddisfatto, succhiando piano il dorso della mano sinistra, dove poche gocce di limone erano cadute dispettose.

“Deliziose … posso rubartene una Rob?”

“Certo …”

“Sei un tesoro.” - e ripeti il gesto di prima, ma su di me.

Forse sto svenendo, ma di sicuro Colin si sta strozzando.

“Impertinente …” – sibilo piano.

“Bugiardo.” – ridi ribattendo sfrontato.

“Antipatico!” – mi difendo stupidamente.

Dio muoio dalla voglia di baciarti Judsie …

“Checca!”

Scoppiamo a ridere: succede sempre su questo epiteto, non mi hai mai offeso, anzi.

“Allora qui siamo tre contro uno!” – interviene Jared, toccando sotto alla tovaglia la coscia destra di Colin, che avvampa.

“Mi arrendo.” – replichi sicuro.

“Ti conviene, sei in minoranza spietata!” – mi intrometto, ma non so più come contenere la mia eccitazione e temo che Colin abbia il mio stesso problema, solo che lui viene consolato dal torbido tocco di Jared, che si morde il labbro inferiore, in modo inequivocabile.

“Noi due facciamo due passi, vero Cole?” – “Sì Jay.” – dice lui, senza più alcuna dignità da salvaguardare: lo ama, quello spudorato. Sorrido.

“Affascinanti … tu pensi che lo farà urlare tutta la notte?”

“Jude!!”

“Che c’è di male? Fare sesso libera endorfine e ti fa svegliare di buon umore!”

“Non saprei dirtelo, è da un secolo che …” - “No! Ricominci a mentire!” – dici strizzando le palpebre – “E’ la verità Jude …”

“Che non fai l’amore? E da quando?”

“Un anno almeno.”

“E perché Rob?”

Mi alzo di scatto, stizzito – “Che diavolo di domande mi fai, accidenti!” – e getto anche il tovagliolo, sono maledettamente frustrato.

Mi vieni vicino, gli occhi lucidi – “Robert … Robert perdonami.” – sembra una supplica.

Riprendo le redini della mia giovialità, ma qualcosa è cambiato tra noi.

“No … no, scusami tu Jude, sono un po’ esaurito, sai a noi checche succede spesso.”

“Tu sei omosessuale, non dire quel termine, non ti appartiene.” – dici severo.

“Mi piacciono gli uomini, la definizione o l’insulto che mi viene riservato dalla buona società è ininfluente per me, credimi.” – dico altrettanto seriamente.

“Ho … ho freddo …” e ti raccogli nelle braccia muscolose.

“Aspetta, prendo una coperta e …” – “Usciamo a guardare le stelle, Rob?” – domandi fiducioso.

“Sì … sì certo Jude. Andiamo.”



Il lettino a bordo piscina è l’ideale, tra le fiammelle che sembrano danzare nelle ciotole di ceramica comprate in Provenza insieme.

Ci rannicchiamo nel tepore di quella coltre pesante, ma soffice.

Siamo intersecati, gambe e braccia, un connubio inaspettato, forse erano questi i tuoi programmi?

“Jude posso chiederti una cosa, adesso che non c’è nessuno?”

“Tutto ciò che vuoi Rob.”

“Perché?”

“Perché cosa?”

“Perché noi, qui, ora, in questo modo?”

Esiti, respirando profondamente.

“Ne ho bisogno. Ma se ti infastidisco …” – e ti sollevi al rallentatore, auspicando un mio tentativo di bloccarti, che ovviamente avviene.

“Quale fastidio!? Vieni qui Jude …”

Ti rituffi sul mio petto, curiosando con le due dita sottili fino ai miei capezzoli.

Giro piano la testa verso la tua: le nostre fronti si sostengono, con premura, poi ci arrendiamo ed è il bacio che mi ricorderò fino alla mia inesorabile fine, che potrebbe essere anche tra cinque minuti, visto che il mio cuore è schizzato verso la luna e come minimo non tornerà giù per almeno tre giorni.

Hai troppa fretta di scoprirmi, mi tocchi dappertutto ed io ansimo come se stessi per esalare l’ultimo respiro.

Gli schizzi d’acqua ci inondano improvvisi: Jared e Colin, come mamma li ha fatti, si sono appena buttati, ridendo, ignari della nostra presenza, celata dalle fronde di oleandri, messi a dimora in vasi giganteschi, intorno allo specchio cristallino di forma ovale.

Il buio fa il resto, ma non possiamo non bloccarci un attimo, a sbirciare quell’animalesco accoppiamento, con Colin che inchioda al bordo più distante da noi, l’esile, ma tonico sembiante di Jared, spaccandolo a metà, con spinte lussuriose.

“Lo dicevo che lo faceva gridare …” – bisbigli complice, armeggiando con la mia cintura.

“Sei ossessionato Judsie …” – e riprendo a baciarti, dalla base del collo alle tue fameliche labbra.

“Tu farai lo stesso con me, vero Rob?”

“Lo vuoi davvero?” – dico impetuoso, portandoti sotto di me, insinuandomi tra le tue cosce frementi e prive di stoffa ormai.

“Ti voglio dentro di me.”

Due opali, quelli dove si sta riflettendo la notte, rimandandomi tutta l’estasi a cui ambivo da quando sei entrato nella mia vita, Jude: li sto ammirando, mentre il mio membro turgido sente ogni tuo fibra nervosa, ogni capillare pulsante, che lo avvolge, custodendolo avido e generoso, in un paradosso sessuale assoluto.

Baciarti mentre sto per venire è struggente, perché potrebbe essere solo un sogno oppure uno sciocco incantesimo, ma tu esisti Jude, respiri e mi lasci godere fino all’ultima goccia.

Mi stritoli, leccandomi ovunque e spostandomi al tuo posto.

La stoffa del cuscino è dolce, sa di te o meglio dello shampoo che usi.

La mordo, quando mi prendi.

Pur lubrificato, hai mille timori.

“Non … non mi fai male Jude … continua, non fermarti, non adesso …” – gemo, e cercando ossigeno, scorgo Jared seduto sulle maioliche del periplo, con Colin che lo sta facendo venire con la bocca.

Siamo osceni, mi eccito ancora di più, anche tu li hai visti ed inizi a cavalcarmi indomito.

Sei in ogni parte di me.

Mi inondi, mi bagni anche mentre esci cauto, demolendo qualsiasi mia incertezza: ti voglio ancora e la mia fantasia mi porta a trascinarti nello spogliatoio in legno a pochi passi da noi.

Ti riduco in ginocchio, mi appartieni.

Senza remore, senza pensieri, usurpo nuovamente ciò che mi hai donato.

Ancorandomi alle tue spalle, in quel punto di mezzo tra il collo e le clavicole, sferro colpi insistenti ed arroganti.

Boccheggi, ti piace e lo sento – “Toccati Judsie … toccati per me …” – ringhio dissoluto e tu sei ubbidiente.

Raggiungiamo l’apice nel medesimo istante: ora una meteora potrebbe polverizzarmi, io ho avuto tutta dalla vita, ne sono certo.

Tremiamo come papaveri, lussureggianti di carminio, tra l’oro di spighe mature, sotto al sole di questo luglio straordinario.

“Respira Jude … ma baciami … ti prego.”

Lo fai, sorridendo.

“Ti amo Robert …”

Prima sbagliavo: ora ho avuto tutta dalla vita.

“Ti amo anch’io Jude.” - ed asciugo il tuo sudore con la mia bocca tumida di noi.



Jared sta facendo un massaggio plantare al suo re d’Irlanda.

Scruta Jude, appoggiato a me, sonnecchiante, ma piacevole nel baciarmi di tanto in tanto.

“Allora siamo in quattro, adesso!” – e ride solare.

Jude fa una smorfia di assenso e poi aggiunge – “Detesto essere in minoranza.”

“Ed io detesto vederti in difficoltà Judsie, non sia mai …”

“Infatti, che non accada più Rob.”

Tranquillo amore, non siamo più soli.



THE END

GOLD - Capitolo n. 198

Capitolo n. 198 – gold





“Buon Natale Jay …”

Il sorriso di Colin, insieme al faccino buffo di Isotta, lo salutarono a metà di quella mattina speciale.

“Tesoro … ehi piccola ciao … buongiorno.” – sorrise, baciandoli entrambi, stringendosi sul petto la figlia ed il compagno, che adorava.

Ben presto furono raggiunti dagli altri bimbi e da chi era sveglio.

Per Glam, invece, Antonio aveva preparato una sorpresa inaspettata.

Il suo jet aveva prelevato a Sidney il primogenito Richard, con moglie ed il piccolo Alex, unico nipotino di Geffen.

Quando li vide scendere dal suv di Simon, l’avvocato ebbe un colpo al cuore.

Corse da loro, scendendo nel viale, avvolgendoli in un abbraccio caloroso.

Jared si stava vestendo – “Colin ci sono Ricki e famiglia, hai visto?”

“Sì, Meliti ha fatto il miracolo!” - e rise felice.

Un sole fantastico si apriva su quel giorno speciale.

Robert e Jude si sarebbero sposati di fronte all’oceano e tutti erano invitati a quell’evento informale e carico di allegria.

Faceva una certa impressione sentirlo chiamare nonno, ma Glam era a proprio agio, con appesi al collo sia Lula che Alex, una goccia d’acqua sia con lui che con Richard: i piccoli fecero subito amicizia.

“Sabbia e bianco, dobbiamo vestirci tutti così Cole?”

“Sì, ci hanno comprato loro gli abiti … ti stanno un incanto amore …” – disse guardandolo.

“Anche a te Colin, che schianto di marito che ho!” – e gli volò sul cuore, baciandolo appassionato.

Scoppiarono a ridere, scrutandosi a vicenda, una volta riunitisi in giardino – “Ma, sembriamo una compagnia di ballo …” - sussurrò Kurt a Jared, con il quale si era trattenuto qualche minuto, prima di raggiungere il gruppo animato da battute di ogni genere.

“Come vanno le cose bad boy?”

“Bene, mi sei mancato Kurt, ma ora devi giurarmi di venire a Los Angeles più spesso!”

“Ok Jared, farò il possibile, ormai mi sono ambientato nella grande mela e ci vediamo anche con Pamela e le ragazze, sono simpaticissime e poi lei fa certi piatti messicani, una favola!”

“Sì è una donna straordinaria ed ancora molto presa da Glam …”

“Come te o sbaglio? Ahahahh” – disse simpatico, cullandolo.

“E’ dura farsela passare, ma prima o poi …”

“Colin è rinato e credo anche tu, con Isotta poi … è una meraviglia, ti somiglia tantissimo.”

“Anche Martin è uguale a te, un figo pazzesco ahahhaha”

Tornarono verso la ciurma, pronta a salpare.

In effetti il tema della cerimonia era proprio il mare, in tutte le sue espressioni.

Le signore erano in bianco, come tante spose mancate in realtà.

Orchidee e lilium dello stesso colore, addobbavano ogni angolo disponibile.

Fu proprio il pastore, amico di Constance, che unì Colin e Jared a presenziare anche per le nozze di Robert e Jude.

Law arrivò su di un motoscafo, sorridente e scanzonato, mentre Downey era trepidante, con alle spalle i testimoni: Colin e Claudine, Xavier e Pamela, che fu scelta all’ultimo minuto, per l’ottima impressione fatta ai futuri sposi.

In camicia e pantaloni, le giacche dimenticate sulle poltrone del salottino nella suite con piscina panoramica, quando incrociarono i loro sguardi il tempo sembrò fermarsi nelle rispettive menti.

Avrebbero ricordato il battito, che permise loro di respirare, per il resto delle loro vite.

“Ehi …” – mormorò Rob, appena Jude gli fu abbastanza vicino da prenderlo per mano.

“Ehi … come mai qui?” – replicò emozionato.

“Avevo un appuntamento irrinunciabile con l’amore i tutto il mio tempo.”

“E’ un tempo infinito Rob?”

“Con te sì Jude … finchè vivrò.” – e si perse nelle iridi cerulee e vivide del compagno.

Una breve introduzione e poi le promesse, con lo scambio delle fedi, che Farrell regalò ai due suoi migliori amici.

Una vena di commozione corse tra le fila dei presenti.

Xavier si accoccolò tra le ali di Phil, che gli baciò una tempia: quella notte avrebbero fatto l’amore per la prima volta, se lo erano detto durante la cena della vigilia.

Jared, seduto tra Glam e Shan, pianse come un bimbo, ricordando Denver e la sorpresa che fece a Colin.

Kevin sentì in fondo alla gola una certa amarezza, mentre Geffen rifletteva sul fatto che non aveva regalato al suo ragazzo un momento del genere.



Robert fu il primo a parlare.

“Se oggi siamo qui, Jude, penso sia una vera magia oppure una conseguenza inevitabile di una storia come la nostra … ci siamo amati dal primo istante ed è qualcosa che accade a pochi fortunati.” – e lanciò un’occhiata veloce a Colin e Jared – “E noi siamo tra questi eletti, lo ammetto … Non so cosa abbia fatto di così speciale per averti qui, davanti a me ora, bellissimo e soprattutto mio, dall’inizio, ma da oggi di più …” – ed infilò quel piccolo cerchio d’oro bianco all’anulare di Law, che non aveva mai distolto il suo sguardo rapito dai pozzi di pece liquida di Robert.

“Tu hai sempre creduto in me Rob, anche in momenti difficili, non mi hai mai abbandonato, criticato o giudicato … sei stato e sei, il mio amico più caro, l’amante perfetto, l’amore assoluto di un’esistenza che ha trovato un senso solo dall’attimo in cui mi hai scelto, rendendomi finalmente felice … E presto avremo anche un figlio nostro ed io non potrei chiedere di più a chiunque mi abbia dato, oltre noi, questo dono di essere qui e di appartenerti … Grazie anima mia.” – e completò il tutto, ricambiando il gesto dell’anello.

Si unirono in un lungo bacio, seguito dal plauso generale della platea, che si alzò in piedi, euforica sotto ad una pioggia di petali colorati, unico momento vezzoso, ma coinvolgente.



Il ricco buffet accontentò i gusti di tutti, così un ottimo champagne alimentò la gioia del momento.

Phil riscoprì il proprio spagnolo con Pamela, descrivendole quanto fosse preso da Xavier, che lei considerava un nino adorabile e talentuoso.

Il giovane si sentiva al centro dell’attenzione dell’uomo, che non gli aveva mai lasciato le dita affusolate, in un intreccio caldo ed armonioso.



Colin era sommerso dalle figlie, mentre Isotta era nella nursery con Jared e Brandon, che lo assisteva nel cambio: “Mi commuovo sempre come una tredicenne a queste cerimonie …”

“Lo vedo, lo trovo normale, quando le si è vissute per primi, come tu e Colin.”

“Hai ragione Brandon … lo sposerei tutta la vita.” – e sorrise, vedendo entrare Glam, che scortava Alex in bagno.

“Ciao ragazzi, ecco dove vi eravate intanati …”

“Glam come ci si sente a fare il nonno?” – “Tu dovresti saperlo Brandon ahahah”

“Infatti, ma vedo poco i nipotini purtroppo, come te … ma Kurt mi riporta alla mia innegabile giovinezza ahahahh”

“Mi sento escluso uffi!” – si lamentò Jared, passando Isy a Geffen, visto che la cucciola si sporgeva, per giocare con una delle sue catenine.

“Grazie Jay … tu pensa a fare il papà, giusto Brandon?”

“Giusto!” – e gli scompigliò i capelli, con un sorriso radioso.



“Stanco?”

“A pezzi Rob … saranno tutti sistemati a dovere?”

“Non mi importa poi molto … Xavier e Phil stanno camminando in spiaggia, guardali.” – e con un cenno diedero loro la buonanotte a distanza.

“Carini, stanno bene insieme, il nostro piccolo si è sistemato Rob.” – disse con un sospiro.

“Facciamo gli scongiuri aahhahah … ora, però, devo occuparmi di un certo uk boy, che mi ha detto di sì.” – e lo cinse per la vita, baciandolo con calma.

Jude prese a corolla il viso di Robert, inclinandolo da un lato all’altro, con estrema delicatezza, esplorando la sua bocca con lievi gemiti.

Downey si occupò delle cinture e dei pantaloni, infine anche le camicie scivolarono via, come in un soffio di vento caldo e sconvolgente.

Lenzuola di lino e seta, di colore azzurro, accarezzarono la pelle di Jude, dopo che Robert lo fece stendere con cura spasmodica, senza mai separarsi da quel bacio interminabile.

Arabeschi di saliva cominciarono a disegnarsi sul busto smagrito, ma muscoloso di Jude, che sfiorò le ciocche morbide e profumate di Robert, fondendo la visione di lui con l’estasi crescente da quel contatto voluttuoso e profondo.

Downey gli sollevò di poco i fianchi, per inghiottirlo fino alla base, quasi a spezzarsi il fiato, ma senza arrendersi.

Jude stava impazzendo, ma doveva godersi ogni goccia di quel piacere sconfinato.

Robert lo girò, accomodandolo su cuscini sottili, ma comodi; si immerse nuovamente, ma questa volta nella sua fessura lasciva ed impaziente.

Lingua e polpastrelli frenetici lo tormentavano all’unisono, mentre il biondo si trattenne a stento dallo strappare le coltri pregiate, per gli spasimi ed i segni che le unghie di Rob stavano lasciando sui suoi glutei sodi.

Si ritrovò nuovamente a pancia in su, le gambe posizionate con cura da Robert, pronto a possederlo, senza rimandare oltre la richiesta che trapelava da ogni vibrazione dei muscoli di Jude.

Si chinò per baciarlo ancora, penetrandolo con spinte dapprima accennate, poi via via complete e totalitarie.

Spiati dalla luna, sembravano sigillati in un idillio incredibile, quasi lancinante per come lo stavano vivendo, così tanto che Rob e Jude presero piena coscienza di essere un’unica persona, innamorata ed appagata, per sempre.