lunedì 30 marzo 2015

LIFE - CAPITOLO N. 107

Capitolo n. 107 – life



Jared lo strinse un po’ di più.

Kevin stava tremando così forte, da fargli quasi perdere l’equilibrio, addossati alla parete in plexiglass, di quella pensilina, sul terrazzo panoramico della clinica, dove si erano rifugiati, tra il buio e la neve, che danzava alla luce dei fari alogeni, sparsi qua e là, negli angoli più strategici, accanto alle uscite di sicurezza.

“Piangi pure, sfogati, avanti …” – disse piano il cantante, senza guardarlo e Kevin, affondato nel suo collo, non si fece pregare per liberarsi da un’amarezza devastante ed assoluta.

In quell’attimo, il bassista non vedeva prospettive, oltre l’oscurità.

Aveva perduto Tim e Layla, non sarebbe mai riuscito a riconquistare Geffen ed infine Ruffalo, unico suo appoggio concreto, giaceva in un letto d’ospedale, in coma farmacologico, dopo avere rischiato di morire, improvvisamente, per una malformazione cardiaca, ignota a lui ed a chiunque lo conoscesse.

“Non voglio che se ne vada via così … senza avergli potuto dire che gli voglio bene, sai Jay?” – disse improvviso, riemergendo da quel posto tiepido e rassicurante.

“Mark starà bene, vedrai” – Leto gli sorrise fiducioso – “… lo hai sentito Scott, vero?”

“Certo ed in base a ciò che ha detto, dovremmo anche ringraziare Niall?” – replicò risentito.

“Tu e Mark saprete farlo, un giorno, credimi.”




“Kevin mi odia”

Geffen, ricurvo su quella panca, si stava autocommiserando, con Downey accanto, intento a finire quel beverone di caffè, ormai tiepido.

L’attore scosse la testa, guardando avanti a sé – “No, non credo Glam: lui sta solo realizzando che non sei più il centro del suo mondo, il suo eroe, anche se, per noi, lo rimarrai in eterno” – e sorrise affettuoso, quindi lo fissò – “… e credo sia un bene per Kevin, non trovi?”

“Ho sempre avuto un effetto negativo, su ogni sua decisione, quindi?”

“Può darsi, ma non devi crucciartene: il tuo ex è abbastanza adulto, da un bel pezzo, per discernere ciò che è giusto, da ciò che è sbagliato”

“Stai parlando anche di te stesso, forse …?” – domandò assorto.

“E’ diverso, Glam: Kevin ha una sorta di dipendenza, nei tuoi riguardi, mentre tra noi c’è armonia, c’è … C’è qualcosa di unico, di nostro, che, almeno al sottoscritto, non ha mai portato confusione: so di amarti ed amo Jude, lo scelgo ogni volta, che … che tu mi lasci oppure io ti lascio” – rise, leggero, amico fedele, più di ogni altra forma di legame potesse unirli, a quel punto delle loro vite.

“Non ci lasceremo mai, vero?” – sorrise anche Glam, provato da quelle circostanze di transizione.

Forse Kevin avrebbe tagliato, finalmente, quella sorta di cordone ombelicale, tra loro.

“Nessuno riesce a lasciarti Glam, come potremmo? Quando sai che esiste una persona meravigliosa, capace di risolverti i problemi, senza chiedere nulla in cambio, tu ci rinunceresti? In fondo siamo degli egoisti, io, Jared, Kevin … Non ci abbiamo mai fatto una bella figura, con te, su questo piano, purtroppo” – affermò più serio e riflessivo.

“Voi mi avete donato più di quanto credi, Robert …” – poi prese un respiro più profondo – “… oggi, quando eravamo con i bambini, con il nostro Pepe, tu … Tu eri così … Dio eri bellissimo e quando accade, mi rendo conto di ciò che sento, di quanto io sia ancora innamorato di te e”

“E ti capita anche con Jared?” – gli sorrise, perché non c’erano lotte di classe, tra amanti, amori, ex partner, c’erano unicamente i loro sentimenti, nudi e crudi.

Geffen acuì l’espressione struggente, che quei discorsi gli stampavano sul volto abbronzato ed affascinante – “Sì e ci stiamo ricadendo, da Haiti”

“Glam …”

“A chi potrei confidarlo, se non a te, Rob?” – ribatté schietto.

“Non ti sto, anzi non VI sto giudicando, però …”

“Ti dà fastidio? Ne sei geloso? So di essere stupido a chiederti una cosa del genere, non so più quello che dico, questa sera sono davvero patetico, anzi ridicolo Robert!” – e scattò in piedi, a pugni chiusi.

Downey gli si parò davanti, carpendogli i polsi con tenerezza, la stessa che l’attore custodiva nei propri occhi, sgranati sul volto di quell’uomo, che ancora amava e desiderava – “Sei dispiaciuto per Kevin, è come se avessi subito una perdita, ma so che saprai accettarla, diventando una presenza dolce, paterna, come lui ti sente, da sempre, chiamandoti anche daddy”

“E per te cosa sono, Robert?”

Il moro sorrise – “Tu sei ciò che nessun altro è, per me, Glam.”




Tim tirò su dal naso, un po’ infantile ed adorabile, alla vista di Niall, che lo stava avvolgendo, rannicchiati sopra ad un divanetto della mensa, riservata ai visitatori.

Era deserta a quell’ora e funzionavano solo le macchinette, sia per il cibo, che per le bevande.


“E pensare che ho fatto una battuta, ho detto una cosa cattiva, su Mark, mentre eravamo in hotel, prima di cena” – esordì l’ex di Kevin.

“Quando parlavi con”

“Sì” – e lo guardò, smarrito – “… proprio sul cuore, sul fatto che … Che idiota, che sono, accidenti” – e si strofinò la faccia tirata.

Horan gli posò un bacio sulla tempia sinistra – “Eri stressato e poi avrai reagito ad una provocazione, tu non sei malvagio” – e sorrise a metà, incollando le loro fronti.

“Stavamo discutendo, ci vomitavamo addosso risentimento ed astio”

“Ecco vedi, tu non volevi … Deliberatamente intendo”

“Sì, ma ora mi suona strano, mi sento in colpa Niall”

“In compenso io sono stato accusato di avergli provocato l’infarto, ma non voglio crederci, anche se … Anche se pensavo che Mark, da adulto, potesse uscirne più facilmente dalla nostra rottura … Sono stato brusco, ma detesto mentire e poi i sotterfugi non li sopporto”

“Forse lui avrebbe preferito dividerti con me” – sorrise mesto – “… lo dico tanto per dire …”

“Invece succede, sai? Guarda Jared e poi Robert, con Glam, ad esempio”

“E Kevin …” – sottolineò frustrato – “… tu non sai quanto ho combattuto contro i mulini a vento, Niall … Ciò nonostante Glam ha fatto di tutto per salvare il nostro rapporto, mi ha persino accolto come se fossi un terzo padre per Lula, insomma io non gli rimprovero nulla”

“Sei generoso” – sorrise più rilassato – “… certo lo capisco, Geffen è altamente seduttivo, un incantatore” – e si strofinò le palpebre.

“Sei stanco, piccolo?”

“Un po’ … Vorrei avere notizie su Mark, prima di tornare in albergo, se sei d’accordo” – propose esitante.

Tim lo baciò.
Coinvolgente.
Puro; non serviva un assenso migliore di questo.




Jude si accese una mezza sigaretta, dalla forma un po’ sospetta, agli occhi di Farrell, che sorrise, accartocciato quanto l’amico, sopra ad un davanzale esterno.

“Da quando fumi?” – domandò l’irlandese, raccogliendosi meglio nel giaccone imbottito ed ingombrante.

“Hai freddo Colin?” – bissò l’altro, buttando fuori il fumo, dall’aroma speziato.

“Un po’ … Ma è uno spinello, cazzo” – bisbigliò guardingo, come se stessero commettendo una marachella ed il preside potesse beccarli, in un’ipotetica scuola, per sopravvissuti, quali loro si sentivano, in quel momento.

“Me l’ha dato Xavy, per i miei mal di schiena: dopo il trapianto del rene, ne soffro spesso, nessuno lo sa, neppure Robert” – e sorrise, passandoglielo – “… preferisco questo, ad un qualsiasi oppiaceo legale, prescritto da Mason, dai, fai un tiro, non morirai” – e rise, già più disteso nei toni e nella mimica facciale.

“Ok, se insisti … Se mi vedesse Jay, mi ucciderebbe”

“E se tu vedessi lui, quando fa le sue stronzate con Glam, cosa faresti?” – domandò secco, le mani in tasca, ad osservare le luci del parcheggio sottostante.

“Non faccio un cazzo, ecco, sei contento Judsie?”

“No, non direi” – rise – “… Lui e Robert ci fanno fessi, puntualmente, ma chi sta peggio è Geffen, quasi mi fa pena, sai?”

“Ecco, quasi ed in quel quasi, che abita la tua delusione” – replicò acido.

“Stiamo litigando, Cole?”

“No, perché?” – rise anche lui, un po’ alienato.

Quell’erba era forte, soprattutto per chi non ne assaporava le peculiarità da parecchio, quanto lui.

“A marzo lo voglio risposare, a Robert” – inspirò.

“Ah, meno male che me lo precisi, avrei potuto pensare volessi impalmare Glam!”

Ora stavano ridendo insieme, più intensamente.

Farrell gettò la cicca nella neve, schiacciandola deciso – “Basta con queste stronzate, ok Jude?” – sbottò lucido.

“Non lo potrò mai riavere … al cento per cento, intendo” – mormorò triste l’inglese.

“Rassegnati allora” – e gli passò davanti, senza più intenzione di rimanere lì con lui – “Io l’ho fatto da un pezzo con Jay. Da un’eternità” – e sparì, inghiottito da quel vortice di coriandoli bianchi e gelidi.




Geffen varcò la soglia dei bagni, inconsapevole sulla presenza di Kevin.

“Daddy …?!”

“Tesoro ciao, non volevo spaventarti” – disse veloce e sorpreso nel trovarselo lì.

L’avvocato credeva che l’ex se ne fosse andato via con Leto, ma sbagliava.

“Scott ha detto che posso accedere alla stanza di Mark, così gli terrò un po’ di compagnia, ma devo … devo lavarmi con questo” – e mostrò un flacone di doccia schiuma sterilizzante.

“Ok …” – Glam sorrise, arrossendo – “… Sarà felice di trovarti al suo risveglio”

“Lo spero … Io devo parlargli e … e dirgli delle cose” – spiegò emozionato, gli occhi lucidi.

“Cose importanti immagino” – ribatté l’uomo, pacato ed affettuoso, dimezzando la distanza tra loro.

Kevin annuì emozionato.

“Per … Per prima Glam, io volevo scusarmi”

“Non pensarci”

“E’ un periodo strano, credevo di volere delle cose, invece poi … Poi ho capito di non averne più bisogno, ecco”

“E’ naturale, quando le nostre priorità cambiano, in meglio ovvio” – e sorrise, un po’ in imbarazzo.

“Lula sarà sempre una di queste” – precisò limpido il più giovane.

“Lo so Kevin … Lo so … E potrai contare su di me, anche se comprendo che i tuoi orizzonti sono mutati ed è un bene, sia chiaro”

Il musicista scosse la testa, con un sorriso a metà – “Con Mark devo fare ancora molta strada, devo capire un po’ di cose, dentro di me innanzitutto e superare alcune fragilità, che mi hanno reso debole ed arrendevole … Con te, specialmente” – e ricambiò quel sorriso, dando anche una carezza allo zigomo destro del legale, impalato davanti a lui.

“Ti voglio bene Kevin e non voglio perderti” – affermò diretto, ma unicamente sincero, senza pretese, senza trappole.

“Dovrai accontentarti di un pezzetto di me, Glam … Un frammento, che sarà tuo … Sino alla fine, d’accordo?” – e si spostò, per evitare ulteriori contatti.

“Me lo farò bastare, piccolo … Adesso vai da Mark … E cerca di riposare, ci vediamo domani mattina, da qualche parte, là fuori”

E lo lasciò andare.











giovedì 26 marzo 2015

LIFE -. CAPITOLO N. 106

Capitolo n. 106 – life



Tim fece cadere la pinza delle insalate e Kevin gliela recuperò prontamente, con un mezzo sorriso, nel porgergliela.

“Grazie …” – disse esitante il ragazzo, fissandolo a disagio.

“Figurati, per così poco. Vi state divertendo, tu e Niall?” – domandò secco, rimestando un mega cucchiaio, tra fette di pomodori e mais, senza raccogliere il suo sguardo smarrito.

“Sì, un sacco” – Tim tossì – “anche tu e Mark, indubbiamente”

“Cosa te lo fa credere?” – bissò ridendo con fastidio il suo ex.

“Le tue occhiaie Kevin: dovresti fare attenzione, con lui, non è una matricola, bensì un professore over quaranta, magari non li regge certi ritmi, i tuoi intendo, io li conosco bene” – lo pungolò, chiedendosi mentalmente perché si comportasse in quel modo, più che esaustivo.

“Sei geloso? E poi lo so, che le matricole te le scopi tu, Tim, anche se è una novità, visto che sei partito dai  professori, non certo corretti quanto Mark, che mai ti avrebbe preso in considerazione, temo”

Era la guerra.

E ferirsi risultò così facile, quanto sanguinare, senza paura di morirci, davanti a quel buffet vegetariano.

A Tim brillarono le iridi colore del ghiaccio o della cenere: due elementi così opposti, eppure così congeniali, in lui, che aveva saputo cambiare, per Kevin e questo il bassista lo sapeva bene.
Lo sapevano entrambi.

“Scusami Tim io non so più quello che dico e”

“No, lo sai benissimo e sai come farmi male, senza un minimo di ritegno, l’hai sempre fatto, usando Glam: ora hai solo cambiato soggetto, ma ti butterà via anche lui, perché tu non sai amare nessuno in modo esclusivo, fattene una ragione, come è successo a me!” - sibilò, andandosene con uno sfuggente e gelido – “Buon appetito.”




Hugh stava lottando con il cambio della sua preistorica Lada Niva, lasciatagli in eredità da un vecchio zio londinese, un certo James Laurie, arrancando per la strada verso Aspen, in clamoroso ritardo rispetto al resto della comitiva, evitata elegantemente alla partenza, con una scusa di lavoro.

Sui sedili posteriori, Jimmy e Scott, con in mezzo Nasir, si stavano divertendo come pazzi, nell’ascoltare i battibecchi della coppia.

Jim sbuffò, controllando il navigatore del suo tablet.

“E questo tu me la chiami una jeep, Hugh?!” – ringhiò all’ennesimo strattone.

“Sì! Sì mio caro, il vecchiardo James Laurie ci andava a caccia a Mid qualche cosa!”

Scott, rovistò in una sacca laterale, attaccata malamente alla portiera sinistra, trovandoci delle riviste porno anni ottanta.

“E con queste, che ci faceva zio James?” – chiese ridacchiando.

Laurie buttò un’occhiata veloce allo specchietto retrovisore, per poi bofonchiare – “Ecco perché non prendeva mai niente! Non un fagiano, una lepre” – e scosse il capo spettinato, aggiustandosi il colletto della dolcevita nera, appena donatagli da Mason, che lo osservava innamorato.

Ad una strombazzata esterna, Laurie imprecò, appena sorpassato dal fratello e da Brent, a bordo della fiammante Aston Martin dell’analista.

“E quella me la chiami un’auto adatta, eh Jim bello?! Quell’invasato di Brendan crede di essere 007, la spia venuta dal freddo! Bahhh!”

“Dio che vacanza … Ma Glam non poteva regalarci una settimana alle Barbados?” – sospirò mesto l’oncologo.

“Non credo proprio, ha bisogno di noi, dice che ci sono molti vulcani pronti ad esplodere su all’hotel” – Laurie sogghignò aspro.

Jimmy scartò una merendina a Nasir, che continuava a giocare con i lacci della sua felpa, intenerendolo come nessuno.

Con Scott, erano pronti all’adozione: l’istituto di Miss. Gramble doveva completare i documenti ed entro poche settimane, anche loro avrebbero potuto accudire un cucciolo, con piena consapevolezza ed immensa gioia, finalmente.




Ruffalo, attraverso le porte a vetri, aveva colto alcuni frammenti dello scontro tra Tim e Kevin, ma l’intercettare Niall, appena uscito dall’ascensore, ebbe la priorità su ogni altra considerazione.

“Ciao tesoro” – lo accolse il docente, con un bel sorriso.

“Ehi ciao Mark … Scusami, devo andare da Tim e Layla”

“La bimba è con lui, guardali, non c’è urgenza o meglio io … Io volevo solo rubarti un paio di minuti per spiegarti”

“Cosa? Di te e di Kevin?” – e gli sorrise, con benevolenza.

Horan non era turbato o almeno così sembrò a Mark, che se ne risentì, senza esternarlo.

“A parte questo” – e prese un lungo respiro – “… è un periodo complicato Niall, sono in balia di un dolore tale, che mi sono rivolto a Brendan Laurie”

“Forse dovevi limitarti a lui e non vendicarti con Kevin, di noi, perché non serve a niente” – replicò sereno.

Horan non voleva infierire, solo essere chiaro, limpido, come la neve, che aveva ricominciato a cadere, oltre le vetrate rotonde ad oblò.

“Tu … tu lo ami davvero così tanto?” – Ruffalo si appoggiò alla parete, portandosi i palmi dietro, per infilarli nelle tasche dei jeans sbiaditi.

Era completamente aperto e disarmato, pronto a ricevere il colpo finale.

“Abbiamo dei progetti, vogliamo adottare un secondo bimbo, sposarci, aprire un asilo, dove svolgerei la mia attività di pediatra e Tim mi coadiuverebbe, anche se non si sta laureando per questo” – sorrise innocente.

“Sono sogni a lungo raggio Niall …” – sorrise rassegnato, piegandosi un po’ in avanti – “… sono certo li realizzerete tutti … con … con successo”

Il nodo in gola lo stava soffocando, ma un minimo di dignità la doveva pescare da qualche parte, quel texano dagli occhi scuri, le labbra carnose, il profumo buono del suo deodorante, che saliva dallo scollo della camicia a quadri aderente: era persino smagrito, era più interessante, ma a Niall non interessava più, evidentemente.

“Ti ringrazio Mark, sapevo che avresti compreso”

“Davvero?” – le iridi lucide, sembrarono vacillare in quel bianco, striato di rosso.

La pressione dei capillari era salita, così l’affanno nel parlare.

Horan aggrottò la fronte, perplesso – “Mark ti senti male?”

“Co cosa?”

Fu un attimo.
Poi il buio.

La fitta al petto, lancinante, l’ultima cosa che Ruffalo sentì nitida.
Poi l’urlo di Niall, che lo chiamava.

Scott era appena arrivato nella hall e l’agitarsi di chi gli stava intorno e reclamava un medico, lo fece intervenire immediato.

Gli amici erano accalcati attorno a Mark, mentre Kevin era inginocchiato di lato a lui, invocandolo, disperato.

L’ospedale era a due isolati: Vas e Glam non aspettarono l’ambulanza.

Con una barella del soccorso alpino, caricarono Mark sull’hammer insieme a Scott e Mason.

Niall, Tim e Kevin chiesero un passaggio a Hugh, sulla sua auto scassata e lo psicologo non esitò a caricarli, lanciandosi in un pseudo inseguimento, per il quale Jim lo avrebbe di sicuro rimproverato, al suo arrivo al pronto soccorso.

I bimbi rimasero in custodia a Pam, Sveva, Xavy, Phil e Peter, mentre Jimmy, Robert, Jude, Jared e Colin riuscirono ad intercettare una navetta, carica di turisti, evitando così di prendersi un malanno sotto quella, che era ormai divenuta una tormenta.

Di Taylor nessuna traccia.


Il centro cardiologico di Aspen era all’avanguardia.

Scott si unì all’equipe chirurgica, formata da colleghi conosciuti a diversi congressi, mentre Jim volle analizzare gli esami e le lastre di Mark, portato subito in sala operatoria per salvargli letteralmente la vita.


“Un attacco cardiaco, non ci sono dubbi, però c’è qualcosa che non mi quadra” – mormorò Mason, analizzando il tracciato dell’ECG ed i riscontri dei diversi referti, ottenuti a tempo di record, grazie ad apparecchiature di ultima generazione, in grado di scandagliare il corpo del paziente, in un unico passaggio ed in tempi rapidissimi.

“C’è forse un tumore?” – bisbigliò Laurie.

Geffen sbucò dai bagni, dove si era dato una rinfrescata.

“Miseria che serata … Ehi Kevin, come ti senti?” – domandò apprensivo, raggiungendolo in una saletta per i parenti, dove Niall e Tim si erano ammutoliti in un angolo, accomodandosi distanti dal musicista.

“E a te cosa importa?” – replicò assente, lo sguardo fisso nel vuoto.

“Kevin …”

“No, ma sul serio, a te importa qualcosa?? Eh Glam??!” – scattò in piedi feroce – “Ed a voi due?? Sentiamo!? A te soprattutto” – e si rivolse a Niall, veemente – “a te che gli hai spezzato il cuore! Perché è questo ciò che hai fatto, se non te ne fossi reso conto!! Volevi portarmi via anche Mark, su rispondi!!” – nell’inveire, Kevin lo afferrò per il bavero della giacca, portandoselo al centro della stanza.

Intervennero tutti, specialmente Tim, che diede un ceffone al suo ex, così forte da rimbombare in quell’ambiente angusto e sterile.

Horan corse via in lacrime, sconvolto.
Tim lo rincorse.

Scott si palesò, strappandosi la mascherina e la cuffietta, con aria nervosa – “Lo sapete dove siamo?! Cosa sono queste piazzate accidenti Kevin!!?”


Jared apparve dal nulla e strinse a sé il chitarrista, che non respinse il suo abbraccio.

Glam era mortificato, ma non tergiversò, chiedendo immediato notizie a Scott, che si ossigenò, bevendo dell’acqua, passatagli da Jimmy.

In quel trambusto, ognuno sembrò avere un ruolo preciso.

“Posso dirvi che Mark è stato fortunato ad avere questo micro infarto, diversamente una rara malformazione ventricolare, non sarebbe mai emersa, se non nel momento in cui l’avrebbe stroncato, senza alcun preavviso o sintomo”

“Cosa vuol dire …?” – chiese spaesato Kevin.

“Forse tra un anno o due, Mark sarebbe morto, di colpo, senza che nessuno potesse fare nulla … Insomma se qualcuno o qualcosa gli ha provocato questo stress, paradossalmente, dovrebbe ringraziarlo” – e sorrise, più rilassato – “… l’operazione durerà per un’altra ora, ma il problema è stato individuato e risolto all’istante dal dottor Gruber, è stato straordinario”

“Non finirò mai di ringraziarlo” – disse piano l’artista – “Jay mi accompagni a prendere un po’ d’aria?”

“Certo, non ti senti bene?” – bissò con dolcezza il leader dei Mars.

“Voglio andarmene da qui e poi tornare da Mark, appena si sveglia … Potrò vederlo, vero Scott?”

“Appena possibile, non preoccuparti, ok?” – e gli diede una carezza paterna.


Robert scrutò Glam, escluso nettamente e per la prima volta, dal campo emotivo di Kevin, completamente rivolto a Jared, come se fosse l’unica persona affidabile, tra loro, per il suo ex.

Jude e Colin uscirono dal reparto, con la scusa di aggiornare gli altri sull’esito del ricovero di Ruffalo.

A loro volta, avevano bisogno di riprendersi da quelle emozioni, ritrovandosi nella reciproca complicità amichevole, che li univa da sempre.

Jimmy scortò Scott a cambiarsi e Geffen rimase con Downey, che selezionò due mega caffè alla macchinetta, dietro di sé.

“Ok, beviamoci questa brodaglia e calmiamoci, vuoi Glam?”

“Sì … e sediamoci anche … Idea grandiosa, questa vacanza” – provò a scherzare, nel vano tentativo di distrarsi dal magone, che gli pesava sullo stomaco.

Robert gli si affiancò sulla panca, passandogli quella dose di caffeina allungata e scura.

Jim diede una gomitata a Hugh, portandoselo poi via.

“Ma come, sul più bello?” – gli sussurrò irriverente Laurie, per poi baciarlo in ascensore, come un adolescente – “Sei stato un eroe, con Scotty, prima, mentre Geffen e  ti spiezzo in due!, si improvvisavano crocerossine da asporto!” – ridacchiò, avvinghiato a lui nella cabina, diretta alla sala mensa.

“Hugh ma tu proprio non riesci ad essere serio neppure ora” – e sorrise amorevole, spostandogli i capelli ai lati.

“Voglio fare l’amore con te Jim”

Mason avvampò, per il tono roco del consorte, per quel suo modo di mandarlo in orbita con i sensi, dopo anni.

“Io … io vorrei mangiare un panino …”

“Dopo, non hai otto anni, resisti ed accontenta questo satiro” – e gli leccò il collo, bollente.

Jim si arrese.
Tremendamente felice.











martedì 24 marzo 2015

LIFE - CAPITOLO N. 1O5

 Capitolo n. 105 – life



Mark realizzò di essere stato passivo solo un paio di volte nella vita.

In un passato, peraltro, molto lontano.

Quel termine, passivo, lo aveva sempre fatto sorridere e riflettere: lo decodificava come qualcosa di negativo, in un rapporto sessuale, il che era sbagliato.

Di sicuro lo era con Kevin: ad ogni sua spinta, Ruffalo perdeva la cognizione del tempo e di dove si erano fermati, senza dare spiegazioni a nessuno, se non uno scarno sms a Vas, responsabile della sicurezza, all’interno del loro gruppo vacanze.

Ecco, quel paio di volte: la prima, uno zio acquisito, broker a Manhattan, sposato alla sorella minore della madre.

La seconda, un professore di Filosofia, tremendamente nerd, incasinato, che arrossiva quando Mark si presentava per dare un esame e, anche se non avesse saputo nulla o stravolto anche il più banale ed elementare concetto della sua materia, quello lo avrebbe promosso.

Come si chiamava?

Chi se ne importa, comunque lo zio era Maverick, un nome altisonante.
A Ruffalo piaceva, insomma, come il suo dopobarba francese, piuttosto raffinato, come le maniere di quel dandy.

Kevin era un’altra storia.
Kevin era il presente, nella stanza di una pseudo baita fuori Aspen, più che altro un motel di lusso, con dei finti animali imbalsamati appesi alle pareti.

Un orrore.

Kevin si erse in ginocchio, portandosi il polpaccio sinistro di Mark sulla spalla, aumentando il ritmo, come un forsennato.

C’era rabbia, ora, in quel movimento virile e dominante.

Mark lo lasciò fare, provando un orgasmo assurdamente profondo, che gli arrivò dritto al cervello, come un colpo di spada, come una scia di luce, che incendiò ogni sua terminazione nervosa, arricciandogli mani e piedi alle estremità, già tremolanti e sudate.

Poi tutto finì, con un ansante ex ragazzo dai riccioli biondi, seppure sempre dorati ed arruffati, che non voleva guardarlo più, anche se Ruffalo era bello, di una bellezza rassicurante.
Come i suoi modi.
Come lo era stato zio Maverick, ma Kevin non poteva saperlo.

L’ex di Glam e di Tim, scattò giù dal materasso ovale, un’altra boiata, cercando un asciugamano nella cassapanca, ai piedi del letto.

“Faccio una doccia, scusa” – si giustificò, banalizzando il momento.

Era come un qualcosa di sospeso, tra loro, quel non decidere di andare oltre, di prendersi un po’ di tempo per scegliere se stare insieme o meno.

Fanculo Niall.
Fanculo Tim.

Eppure non ci riuscivano.

Scaricavano la frustrazione scopando o, almeno, era quanto aveva appena fatto Kevin.
Mark non aveva dubbi in proposito.

Lo rincorse quasi, addossandolo al muro, cingendolo da dietro, ma senza irruenza.

“Perché non ti calmi, Kevin? Perché non ne parliamo?”

La sua proposta fu pacata, avvolgente, come il suo abbraccio caldo, che sapeva di loro, di umori e di lacrime.

Kevin aveva ricominciato a piangere, piegandosi poi contro quella tappezzeria a quadri arancio, ficcati dentro a rettangoli marroni, incastrati in cerchi panna.

Un po’ come lui, che aveva assunto forme diverse, nelle sue relazioni più importanti.

Si era adattato, cambiando, in funzione di chi amava: da zerbino con Glam, a consorte spesso prepotente e sfacciato con Tim, ad amante succube del fascino di Colin e Jared.

Kevin, così fedele a Geffen per anni, che si era trasformato in una puttana.

Il musicista si girò di scatto, fissando Mark, come se dovesse comprendere quale forma era necessaria per non deluderlo, per farsi amare incondizionatamente da qualcuno; e che importava, se quel qualcuno poteva anche essere Ruffalo?

Chiunque avrebbe pensato fosse il suo ripiego e viceversa: due falliti, che incollando i frammenti dei rispettivi cuori calpestati, dalla giovinezza di Tim e Niall, provavano a farsene una ragione, arrendendosi.

Per Kevin era inconcepibile.

“IO rivoglio Tim nella mia vita!” – ruggì inatteso.

Mark annuì, impressionato dalla sua reazione – “Certo, io questo lo so e”

“E noi dovremmo continuare a vederci sai?! Se anche tornassimo con loro, TU ED IO DOVREMMO ESSERE AMANTI!” – sbottò esasperato.

Ruffalo lo strinse, affettuoso.

“Ora calmati Kevin … calmati” – gli disse piano, le mani tra i suoi capelli, la voce nella sua testa confusa ed incazzata.

“Mi manca … lui, la nostra Layla …”

“Posso immaginarlo” – e gli sorrise, spostandogli quei filamenti dalla fronte madida e luminosa, nel chiarore di un tramonto bellissimo, incastonato tra le vette, ben visibili dalle enormi vetrate alle loro spalle.

Kevin fece un passo verso quel panorama oltre ai vetri, prendendo per mano Mark, che lo seguì assorto nell’osservare il suo atteggiamento mutato in pochi secondi.

“Sono stanco di lottare contro le nuvole … Appena ci arrivo vicino, esse si sciolgono, come ogni mia aspettativa e progetto, sai?” – mormorò afflitto.

Ruffalo lo baciò, ricompattando un minimo la sua autostima.

Kevin gli sorrise.
Dopo.




Vincent scaricò i bagagli, coadiuvato da Harry, che aveva viaggiato tutto il tempo al suo fianco.

Louis li aveva scrutati a più riprese, relegato sui sedili intermedi del van ed impegnato a coccolare Petra ed il bimbo di Liam, in ultima fila con Zayn, rintronato dal jet lag, dopo essere rientrato con Payne da Londra, dove avevano trascorso parte delle recenti festività.

Malik si avvicinò guardingo e dispettoso a Tomlinson.

“Carini non trovi? E come se la intendono e che due palle, che ci hanno fatto, con gli aneddoti su Vinny, che ha salvato Haz sulle piste nere” – ridacchiò il paleontologo, mentre Liam provava a carpire i loro discorsi complici, non senza provare un fastidio estremo.

Lux e Styles non se ne curavano minimamente in compenso, affamati come lupi – “Dio spero abbiano preparato quell’arrosto, te lo ricordi Vincent? – esordì il legale, chiamando l’ascensore, ormai giunti nella hall dell’albergo a cinque stelle, prenotato quasi interamente da Geffen.

“Io adoro tutte quelle salsicce affogate nel sugo, mi ricordano un piatto preparato da mia nonna” – replicò ispirato il francese, sistemando la sciarpina a Petra, che voleva passare sul suo petto.

Louis, scocciato, la accontentò.

“Ecco, vai dallo zio carnivoro” – sbuffò scostante.

“Devi sapere che Boo è nel suo periodo verde: insalate, cetrioli, carciofi, ramarri!” – sghignazzò Haz, fulminato dalle occhiate di Zayn, che faceva finta di non cogliere l’irritazione di Liam.

“Potresti aiutarmi almeno con gli snowboard?” – li interruppe scocciato il vulcanologo, rivolgendosi al compagno, che arrossì quanto un peperone.

Lux riportò la pace immediatamente – “Su, siamo in vacanza, cosa sono questi musi?”

Louis abbozzò un sorriso dei suoi – “Ma no, siamo un po’ stanchi per il viaggio”

“Ho guidato male, forse, mon petit?”

“No, no, ma figurati, tu sei un pilota provetto” – replicò imbarazzato Tomlinson, guadagnandosi un bacio sulla fronte da parte del suo maturo interlocutore, che mai avrebbe smesso di adorarlo.

Era palese.




“Non c’era bisogno di rassicurarmi”

Leto ruppe il silenzio tra loro, dopo un lungo bagno, a mollo con Farrell, che ora leggeva un giornale, steso sul piumone, in attesa di ridiscendere per la cena.

“Comunque sei stato carino a farlo” – Jared rise, azzerando la distanza tra loro, dopo essersi spazzolato i lunghi capelli.

“Non tagliarli mai …” – sospirò l’irlandese, accogliendolo sul petto – “… e per il resto, sei tu che mi fai un effetto pazzesco, nelle circostanze più strane, altro che rassicurazioni … E poi per cosa? Per Taylor?”

“Hai fatto centro” – sussurrò serio, respirandogli sul capezzolo sinistro.

“Ti conosco ormai …” – sorrise, baciandogli ispido la tempia destra.

“E tu non farti la barba, mi fa venire i brividi” – lo provocò, giocando come un sedicenne.

“E tu mi farai venire e basta se non la smetti di essere così come sei, Jay Jay Leto” – gli respirò roco nella bocca, dopo esserci sceso con la propria, a cercarlo, per un bacio mozzafiato.

Jared pensò a Glam, all’infedeltà, che aveva segnato nuovamente il loro cammino.

Si sentì in colpa.
Sporco.

Sfuggì ai bicipiti di Colin, con uno strattone convulso.

“Jay che ti prende, ho fatto qualcosa di sbagliato?”

Farrell lo tratteneva per gli avambracci ed il cantante avrebbe voluto sprofondare, per la dilagante vergogna, che si era impossessata dei suoi pensieri.

“No, no, è che … Che non mi sento a mio agio, con … con i nostri amici, ecco”

“Sì, capisco che Taylor”

“E basta parlare di quello stronzo!”

“Jay … ma cosa …”

Leto era ormai in piedi, nel mezzo della camera – “Vado a vestirmi, perdonami se ho rovinato questa … questa cosa … tra noi …”

“E’ il nostro amore, se te ne fossi dimenticato, ok?!” – reagì brusco l’attore, ma il consorte si era già trincerato nella cabina armadio.

Un po’ infantile.
Come unicamente Jared, sapeva essere, in fondo.




Robert gli fece fare il battello tra le onde, un gioco, che a Pepe, piaceva da impazzire.

Le sue risa vivaci, si diffusero nel salottino, antistante la camera dove Glam si stava cambiando, con Lula.

Downey li raggiunse, tenendo Peter in grembo – “Sicuro di lasciarlo con me e Jude per stanotte?” – gli bisbigliò simpatico, con quelle sue espressioni facciali inconfondibili e vivide.

“Certo, il nostro Pepe adora zio Jude, vero birba?”

“Sì, sì e poi domani dormo con zia Pam, Lula, Jay Jay, i gemelli e Drake, nel lettone con Tigro e Brady!” – rise giocoso, mentre soldino non si ricordava come si allacciavano gli scarponcini.

Robert se ne accorse al volo, precipitandosi ad aiutarlo, coadiuvato dal suo fratellino – “Ah queste stringhe, ti insegno un trucco, ok Lula? Anzi, una canzoncina” – propose dolce.

“Okkei!” – soldino rise divertito.

Geffen gli avrebbe regalato la luna.
A Robert.

Per come sapeva essere, per quanto lo amava, anche se era stato devastante separarsene, mettendogli sotto al naso le carte del divorzio.

Era successo in pratica ieri, un ieri, che ora Glam avrebbe voluto cancellare.

E non senza pentirsene, perché Law non si poteva escludere dall’esistenza di Robert, così come Colin da quella di Jared.

Jared che ora gli stava scrivendo qualcosa sul palmare, cancellando di continuo ogni frase, che avrebbe ferito Farrell.

Irrimediabilmente.


“Ok fatto! Hai visto Glam?”

“Eh … Cosa, sì, perdonami Rob, ero distratto da … da una cosa di lavoro”

“Lavoro? Te lo sei portato anche qui? Ma non volevi andare in pensione?” – lo canzonò dispettoso, ma innocuo, perché mai Geffen si sarebbe offeso.

“Io … ecco io” – e lo stava fissando, quella roccia fatta di carne, sangue, muscoli, pianti nascosti, iridi turchesi, vaste come il mare.

“Glam …?” – un sussurro, come un anelito di vento, fatto di schegge ambrate, galleggianti in quell’inchiostro, che erano gli occhi di Downey, adesso.

E sempre.

Geffen abbassò lo sguardo triste, per poi risollevarsi con un sorriso un po’ tirato.

“Ti voglio così bene, Robert” – e gli accarezzò un fianco, per poi ripassargli Pepe, che li stava studiando da un po’.

“Papà allora io vado da zio Jude …” – e strofinò il nasino gelido, nel collo di Downwy, che non aveva mai smesso di guardare Glam.

“Prima ceniamo tutti allo stesso tavolo, no? Poi ci daremo la buonanotte, ok Pepe?” – disse con tenerezza, portandosi sul cuore sia lui, che Lula, che Robert, legato a quell’intreccio, come se fosse una gemma, appesa ad una catena d’oro massiccio, per come lo stava facendo sentire importante Geffen, ora.

“Ovvio che faremo così” – quasi balbettò Downey, incollandosi al busto dell’altro – “… e sceglieremo tante cose buone, anche un dolce speciale, alla fine” – e non sapeva neppure più cosa stesse dicendo.


Gli bastava  sapere  che si sentiva felice.

Felice e basta.