martedì 30 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 29

Capitolo n. 29 – life



“Come ti senti Jay?”

Farrell glielo domandò lieve, avvolgendolo alle spalle: l’irlandese nudo ed il cantante imbacuccato in una tuta della Adidas, sotto ad un lenzuolo setoso e cangiante.

“Non mi crederai, Cole, ma stavo pensando a Jude …”

“Sì, ti credo, del resto lo sto facendo anch’io, da quando abbiamo salutato Glam e Robert: tu pensi che lui sia veramente convinto di questo passo?”

“E’ impossibile che abbia smesso di amare l’ex, però …”

“Così come è improbabile che Glam abbia smesso di amarti, vero?” – asserì schietto, ma pacato nei toni, amorevole.

Diede un bacio alla nuca del consorte, che saldò meglio l’intreccio delle loro dita, tra i cuscini: pensò quindi al gesto di Peter, nell’accogliere così i suoi nuovi genitori.

“Pepe li unirà per sempre, di questo sono sicuro Cole” – ed inspirò, per poi tossire.

“Ti prendo un po’ d’acqua”

“No, rimani qui … Ogni volta che te ne vai via, sento così freddo … Così tanto freddo” – e si girò in suo favore, rifugiandosi nel collo dell’attore, che lo cullò, affettuoso e partecipe, ad ogni suo respiro.

“Non me ne andrò mai Jay … Ti amo da impazzire e voglio sposarti ancora …” – e lo baciò – “Ed ancora … Quando starai meglio, in Irlanda, rinnoveremo i nostri voti nuziali, te lo prometto” – e lo guardò, innamorato e commosso.

Jared si era appena assopito: sembrava un angelo.




Geffen lo accompagnò al loft, dopo avere fatto colazione con Peter, dal solito Barny.

“Tesoro passo a riprenderti per andare in spiaggia, ma se vuoi resto”

“No Glam, faccio alcune telefonate, dobbiamo riunirci per produrre un nuovo film, quindi vedo se becco ancora qualcuno a Los Angeles” – Downey sorrise.

“Come vuoi, io vado dritto da Antonio, per organizzare la nostra cerimonia: il suo parco è il migliore in città”

“Sì, approvo la location” – e diede un buffetto a Pepe, che giocava sui sedili posteriori dell’hummer – “A dopo pulcino, andiamo a farci il bagno con i cuginetti”

“Ok papi!” – rispose lui gioioso.

“Ok … Siete meravigliosi … Vi amo” – e baciò Geffen, per poi scendere veloce e dirigersi verso l’ingresso del palazzo, che avrebbe lasciato presto, per una dimora nuova di zecca, anch’essa a Malibu.

Glam era in trattative per acquistarla e l’avrebbero comprata insieme.
Un progetto dietro l’altro, a conferma delle loro intenzioni più che serie a non tornare indietro.



Laurie ridacchiò, osservando il proprio tablet.

“Che c’è?” – domandò distratto Jim, seduto all’altro capo della scrivania, nello studio del consorte.

“Geffen si sposa!”

“Ma dai …”

“No, no, qui dicono che Downey ha capitolato! Iron Man si accasa con Io sono Glam Geffen e sono tornato!” – e rise goliardico.

“Oh miseria … Ho Jared in trattamento stamattina, sarà distrutto”

“No, non credo, ha altro a cui pensare la tua rock star, Jim” – bissò più serio.

“Sarà come dici, però temo per la sua innata fragilità emotiva”

“Mi farò un giro in reparto, che ne pensi?”

“Penso sia un’ottima idea Hugh, ti ringrazio.”




Law se ne stava seduto sullo zerbino, l’aria stanca, lo sguardo fisso nel vuoto.

“Jude …”

Al suono della voce di Downey, si alzò lento, puntandolo stranito.

“Bentornato, credevo avessi perso la via di casa” – disse impastato nei toni.

“Hai già bevuto … A quest’ora?!” – ribatté imbarazzato l’americano.

“No, no! Sono sobrio! … Insomma … Comunque abbastanza per farti le mie congratulazioni!” – e gli diede una pacca sulla spalla destra, dopo essersi avvicinato, mentre Robert cercava di aprire la blindata, con palese nervosismo.

“Me lo offri un caffè?”

“Perché non te ne vai Jude?” – gli domandò, restando a metà della soglia, ma fu inutile.

Law gli diede una lieve spinta, entrando con lui nell’appartamento, ancora immerso nella penombra, creata dalle tapparelle chiuse a più di metà.

“Cristo Rob, ma qui fa un caldo assurdo!”

“Ora accendo il condizionatore, non fare casino, ti prego Jude!” – lo rimproverò sbrigativo nei gesti ed anche velatamente impaurito.

“Ok … Mi sembri inquieto, non di certo una novella sposa trepidante” – ironizzò, schiantandosi sul divano del living, rozzamente.

Trasandato, gli abiti stropicciati, come il suo cuore ferito.

Così i suoi opali, chiarissimi e scheggiati d’argento.

“Quindi sabato ci sarà il grande evento?!”

“Da chi diavolo l’hai saputo?”

“E’ on line, il gossip gay più cliccato del giorno!” – gli spiegò più lucido.

Downey si domandò mentalmente come fosse trapelata la notizia tanto in fretta.

“Mi dispiace tu l’abbia saputo così, credimi” – e gli passò una bibita.

“Vorrei un espresso, se non è troppo disturbo …”

“Non posso preparartelo, non ho niente qui per”

“Oh sì, sì, questo è un rifugio di fortuna, in attesa del tuo trasloco alla reggia in collina, a due isolati da qua!” – rise odioso, rialzandosi.

“Non ti riguarda Jude”

“Corre voce che Geffen sia in bancarotta … Dunque vediamo, il jet privato, spese folli negli ultimi sei mesi … Bordelli, puttane, ragazzotti disponibili, auto di lusso … Gli hai già comprato l’ultimo modello di Ferrari? Magari come dono di nozze!” – ringhiò più convinto.

“Cosa diavolo stai farneticando, accidenti!!” – inveii il moro, esasperato.

“Lui deve avere l’ultimo per forza, appena ne esce uno se lo accaparra, come ha fatto con te, ma non lusingandoti con i propri lussi, ANZI, proprio l’opposto! Prendendoti al laccio, per poi appendere il cappello al chiodo! TI è mai passato per la testa che avesse un secondo fine, il tuo grande amore GLAM GEFFEN?!” – e strinse i pugni, come a rafforzare la sua inconsueta opinione.

“Cosa ti stai inventando …? Proprio tu, che hai sempre detestato chi millantava certe calunnie, proprio su di te, per via dei miei soldi …” – replicò amareggiato – “… Tu che ti sei dissanguato tra divorzi e mantenimento di figli, quando mettevi incinta la prima che ti capitava, completamente ubriaco Jude … Mi fai pena, ad accusare Glam di una simile ingiuria”

“Ti … Ti sottoponevo una semplice ipotesi, per farti aprire gli occhi, su colui che credi essere tanto speciale ed … ed innocente” – quasi balbettò, ma le parole di Downey lo stavano facendo bruciare dentro.

“Se anche Glam non avesse un soldo, non me ne importerebbe un cazzo” – bissò composto e duro – “Lo aiuterei a risolvere ogni pendenza, gli comprerei tutto ciò che desidera, perché lui ha fatto così, in passatom, con ognuno di noi, prodigandosi come nessuno Jude”

“Robert …”

“Io lo amo, per questo lo farei e credevo che il tuo disappunto, la tua delusione per le mie scelte, nascessero dall’amore, che ancora nutri per me … Così pensavo, ma ascoltandoti, adesso, so di avere sbagliato, con te, ancora una volta”

“Io ti amo più che mai Robert” – e scoppiò a piangere.

“No, è unicamente orgoglio, perché sai che sto facendo sul serio e non accetti la sconfitta, la perdita di controllo, che hai avuto su di me dal primo istante. Ora vattene o chiamo la polizia: non scherzo Jude, vattene, prima che sia troppo tardi, se almeno tieni alle bambine, ok?”

Law indietreggiò, mordendosi le nocche delle mani gelide, imprecando piano, confuso e sconvolto.

Per poco non inciampò nei pochi mobili presenti nella stanza, sino ad arrivare all’uscita, maledicendo ogni cosa terrena.

Downey andò a chiudere a tripla mandata, appoggiandosi esausto contro lo stipite, accartocciandosi in un pianto ingestibile, come se l’avesse perduto senza più appello, in ogni forma di legame affettivo, potesse legarli, almeno come genitori o semplici amici.

Era impossibile, con Jude: doveva accettarlo e basta.




“Giocolieri, cattering del Villa’s, addobbi di Genny’s … E tu questa me la chiami una cerimonia sobria, maldido?!”

Pam andava avanti ed indietro per la propria camera privata, con in braccio Peter, che posava gli occhi sulla scollatura generosa della donna, facendoli correre poi in direzione del suo papà, in poltrona, a godersi lo spettacolo della madre dei suoi quattro gemelli, chiamata in causa per organizzare il party, coadiuvando le varie ditte interpellate.

“Non ho idea di come si possa avere una cosa sobria in questa città di folli, cica!” – disse lui divertito.

Si erano parlati al telefono in quelle settimane, ritrovando non solo un dialogo sereno, ma anche la loro innata complicità.

Pamela, inoltre, era impaziente di conoscere il bimbo, che ora si galvanizzava per questa nuova zia.
Pepe l’avrebbe gradita anche come mamma; con la sua proverbiale spontaneità, il bambino non tardò a rivelarlo.

“Ma lei era tua moglie, vero papi?”

“Te lo dico io Pepito, sì, la ero, ma mi sono ravveduta in tempo!” – e rise, dandogli un bacio sul nasino – “Madre de Dios, quanto sei carino!”

“Wow, vorresti sposare me!?”

“Piccolo e scatenato, come il tuo papà” – e lo ripassò a Geffen – “… che è una persona meravigliosa, non dimenticarlo mai Pepe, ok?”

“Ok!!”

“Ci sono i tuoi fratellini e le tue sorelline che vogliono conoscerti” – aggiunse Pam, portando entrambi verso una sala giochi.

Da Drake, alle gemelle, con in braccio Alexander e Sebastian, tutti accolsero Peter con grande entusiasmo.

Glam strinse a sé la donna – “Grazie Pamela … Sei straordinaria” – le mormorò, con emozione.

“E tu vedi di fare funzionare le cose questo giro, ok? Ve lo meritate entrambi, tu e Robert” – sospirò lei, dandogli una carezza, per poi tornare ad ammirare i giochi di quei monelli, già in piena armonia, come se Peter fosse circondato da un’aura magica e silenziosa.




George gli andò incontro, scaricando dalla jeep il necessario per quel pomeriggio sull’oceano.

Zayn lo aveva invitato ad aggregarsi a lui ed a Liam, ancora in giro per commissioni, per poi andarsene, in direzioni opposte, la mattina dopo, direttamente dal Lax, verso l’Egitto per lui ed il padre, mentre Payne sarebbe volato in Equador.

“Ehi tesoro, ciao” – Malik lo strinse forte e premuroso, come se covasse una qualche ansia, che presto avrebbe condiviso con il suo ultimogenito.

“Papà siamo in anticipo mi sa”

“Allora andiamo a prenderci un caffè, così parliamo un po’”

“Come vuoi … Volevo aspettare Liam”

“No, preferirei senza di lui: è un argomento che lo riguarda”

Zayn lo seguì ai tavolini di un bistrot all’aperto, con improvvisa agitazione.

L’atteggiamento del genitore era costernato, appena George sputò quel rospo.

“Non voglio indorare la pillola, Zayn: ho fondata ragione di credere, che Liam faccia uso di droghe”

Il paleontologo si irrigidì sullo sgabello in plexiglas.

“Per il ristorante, forse? No, perché Liam era teso, si sentiva come in competizione, abbiamo chiarito, perché te ne esci con questa storia?”

“Te lo ricordi Belard? Quel mio collega?”

“Quello di Lione?”

“Giusto lui: abbiamo fatto molti campi base, durante gli anni ottanta ed abusava di cocaina; non dimenticherò mai le sue crisi di astinenza e l’euforia, appena riusciva a procurarsi una dose, anche nei luoghi più sperduti del pianeta”

“E … E tu hai visto gli stessi segnali in Liam, papà …?”

“Sì, identici e poi dovresti avere altre conferme, come il sudore acido, gli sbalzi d’umore, la parlantina veloce, affannosa, anche inconsueta, per uno timido quanto lui intendo”

“Parli di Liam come se lo conoscessi a fondo, ma neppure io potrei asserire una cosa del genere! Ok, abbiamo pensato entrambi fosse introverso e riflessivo, ma forse è in quella maniera quando non ha ancora stabilito una confidenza con il prossimo, un’intimità anche!” – contestò deciso.

“E poi esplode come un petardo, giustificandosi con questa storia sulla, come hai detto? Competizione? Ma con chi, con me?!” – rise aspro e contrariato dall’ingenuità di Zayn.

“Sì … Lui mi ha detto che …” – e si morse le labbra, in quell’abitudine sensuale e pura – “… Papà io non voglio credere che Liam abbia un problema simile, è un incubo” – e si intristì, impallidendo al pensiero di quanto fossero sensate le motivazioni del padre.

George si alzò – “Dai andiamo via tesoro” – e lo cinse per il busto magro.

“Non posso abbandonarlo, io devo dargli un pieno sostegno per uscirne e comprendere sino a che punto è arrivata la sua dipendenza … Mi aiuterai papà?”

“Assolutamente sì … Fidati di me, ogni cosa andrà a posto, ok?” – e gli sorrise, abbracciandolo teneramente.













lunedì 29 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 28

Capitolo n. 28 – life



Le loro dita si intrecciarono, tra le coperte, su quel divano, all’interno delle scuderie, dove si erano rifugiati, correndo e ridendo sotto la pioggia battente.

Glam non aveva mai smesso di baciarlo, dilatandolo delicatamente, posizionato tra le sue gambe, finché non si decise a varcare la soglia di muscoli vibranti, che Robert gli donava per l’ennesima volta.

La migliore, per entrambi.

Il reciproco divenire, si fuse a gemiti e lacrime liberatorie.

Un unico sorriso, adesso, sembrava suggellare l’unione, che tanto avevano sognato di ufficializzare.

“Sabato ti impalmerò” – gli sussurrò Geffen, un po’ dispettoso, ma estremamente commosso, rannicchiandosi sul suo cuore.

Lui, così possente e solido, si sentiva un nulla senza il suo Robert, da tanto, troppo tempo.

Adesso riaverlo a sé, convinto di loro e pronto ad avere un futuro insieme, lo elettrizzava e confondeva di gioia ed aspettative.

“Vorrei una cerimonia sobria, Glam, con i nostri amici, qualche parente, i nostri figli …” – accennò l’attore, fissando il soffitto di travi e tavelle.

“I nostri figli …” – si sollevò lento, ispirato ad ammirarlo – “Peter …”

“Già, Pepe” – Downey arrise solare al suo nome ed al pensiero dei momenti, che già avevano condiviso, lui ed il bimbo, a Palm Springs.

“Il nostro bambino, Rob” – ed i suoi turchesi ebbero un tremito.


La parabola di ricordi lo investì, dalla scogliera, ad Haiti, dove perse Lula, mentre in precedenza l’idea di un’adozione, da portare a termine con Robert, sembrò alla coppia così bella, quanto irrealizzabile: Geffen perse un battito.

Era destino.
Lasciarsi, morire ed impazzire dal dolore per soldino, poi ritrovarsi, senza un domani, per la malattia di Glam stesso, fino ad un miracolo insperato, ottenuto a caro prezzo.

Da qualche parte, in quella notte, nel cielo riconquistato dalle stelle, dopo il temporale, ormai lontano da Los Angeles, lo sguardo amorevole di Lula doveva essersi per forza posato su di loro, benedicendo il legame, ormai radicato in certezze inespugnabili, tra Glam e Robert.

Ne erano certi, come non mai.




“Papà Glam e zio Robert staranno bene, vero?” – domandò Peter, spalancando i suoi fanali zaffiro, su quelli di Jared, che lo teneva in braccio, amorevole.

Erano sul divano, a guardarsi dei cartoni.
Isotta si era assopita sul petto di Colin, ugualmente assonnato e quasi nel mondo dei sogni.

“Certo amore, stanno benissimo, te lo garantisco” – lo rassicurò il cantante.

Pepe corse alla finestra, poi tornò veloce da lui, perché scalzo e già in pigiama.

Si rannicchiò sul cuore di Leto, che lo avvolse nella sua stessa, ampia, coperta di pile.

“Sei comodo, piccolo?”

“Sì … Ma papi torna presto, vero?”

“Lo adori e posso capirti, Peter, ma qui sei al sicuro: appena smette di piovere, vedrai che arriverà qui con zio Rob e tante belle novità” – sorrise.

“Ah va bene, sì, sì” – ed accennò un sorriso, non del tutto tranquillo.

Era così legato a Geffen, da confermare la simbiosi, che univa a suo tempo Lula all’avvocato.

Dei rumori li distrassero.

“Papà!!”

Peter si precipitò da lui, balzando fuori dalle coltri tiepide, come un folletto scatenato.

Volò tra le ali di Geffen, che lo fece roteare, così come aveva fatto con Robert, poche ore prima.

“Angelo mio, eccoci qui … Vieni, dovrei dirti una cosa …”

“Sì, zio Jay mi ha spiegato che ci sono delle … novità!” – e rise, allungando la manina destra verso Downey, che lo accompagnò felice al primo divano libero da giocattoli e play station.

“Grazie Jared per avere avuto cura della nostra peste …” – Geffen si rivolse sereno al leader dei Mars, che annuì.

“E’ un vero tesoro … Ed ora avrai due papà, sai Pepe?” – e strizzò un occhiolino complice, in direzione del bimbo, che si grattò la testolina.

“Tu e zio Robert vi … Vi sposate!?” – domandò estatico.

“A quanto pare sì Peter … Zio Rob me lo ha chiesto ed io ho risposto di sì … Ho fatto bene?” – scherzò amorevole.

Pepe diede un bacio sulla guancia di Downey, che avvampò.

“Sicuramente sì, papà” – ed unì le loro mani, in un intreccio armonioso.

Farrell prese una bottiglia di champagne, dopo avere portato a nanna Isotta.

“Dobbiamo brindare, che ne dite?”

Anche Tomo e Shan, tornati nel salone, si unirono all’alzata dei calici, congratulandosi, sinceri e limpidi.

“Vi auguro ogni bene …” – disse lieve Jared – “… Peccato io non possa bere alcolici … Me la dareste un po’ d’acqua?” – rise appena.

Shannon gli passò una Evian e Jared fu pronto, come il resto degli amici, a sancire quel cambiamento così radicale, non solo per i futuri sposi.




Mark aggrottò la fronte, appiccicando il palmare all’orecchio sinistro.

“Io capisco il suo discorso, dottor Houser, però anche lei deve comprendere le mie ragioni, inerenti il signor Miller, dopo quanto accaduto a Parigi”

Il suo tono era estremamente serio e quella telefonata aveva interrotto la colazione, che Ruffalo stava apprezzando con il suo Niall, piuttosto pensieroso, ma rimasto in terrazza, per non turbare il compagno.

L’infermiere fece alcune pause, tra un monosillabo e l’altro, poi chiuse con un semplice – “Ci rivediamo venerdì, farò un passo in clinica, ma sarà l’ultima volta che mi vedrete, ok? Buona giornata.”

“Tesoro tutto bene?”

“Ehi piccolo … Hai ascoltato?”

“Più o meno … Ho capito che parlavi di Matt, ci sono problemi?” – domandò esitante, senza fare un passo.

Ci pensò Mark ad annullare la distanza tra loro, stringendolo forte.

“Lo staff di questo Houser, il nuovo primario alla Mayer, sta modificando il protocollo di psicofarmaci somministrati a Matt in effetti …”

“Una cura più pesante?”

“No, l’esatto contrario Niall: Matt è più lucido, chiede del sottoscritto ed ha dato in escandescenze un paio di volte … Houser ha proposto un incontro con lo psicologo, che segue ogni giorno il suo caso, per trovare una linea di dialogo e spiegare che tra di noi è finita”

“Per sempre, vero?”

“Sì cucciolo … E tu sai che è così”

Si baciarono, tremando.




Louis ondeggiò stremato, un’ultima volta, prima di ricadere sul busto di Harry, inarcatosi per essergli venuto di nuovo dentro, impalandolo vorace e totalizzante.

In quella dimensione di sesso, loro sapevano ritrovarsi, come nessuno, quando ogni cosa andava terribilmente storta.

Lo studio legale di Styles non decollava, il lavoro di Louis al ristorante, appena intrapreso, era faticoso e carente di prospettive.

L’unica certezza era sapersi al riparo da tracolli economici, grazie al denaro ed ai diamanti, che Louis aveva ricevuto in dono da Lux: un patrimonio conservato in una cassetta di sicurezza, da utilizzare in caso di carestia personale, ormai prossima.

Geffen, inoltre, non aveva mai smesso di fare accreditate sul conto dell’ufficio di Harry, ingenti somme, giustificandole come consulenze esterne, che il giovane mai aveva espletato, perché scarsamente richieste.

I costi di gestione e le cauzioni versate a fondo perduto, però, dissanguavano il saldo bancario, costantemente attivo, per esclusivo merito di Glam.

Gli assistiti di Styles erano per lo più disoccupati o squattrinati cronici, caduti persino in truffe, per eccesso di ingenuità.

Un corollario di personaggi, che giusto Horan sapeva gestire ed accogliere, con gentilezza e spirito creativo, ascoltando le loro storie, preparando una scheda introduttiva, da sottoporre poi al suo boss, che un po’ gli mancava.

Era reciproco.


“Da quando fumi?” – chiese brusco Louis, tornando dal bagno, dove aveva fatto una doccia ed indossato un maglione sul corpo nudo.

Era bellissimo, con quell’accenno di barba ed i capelli folti e scompigliati, sul volto ancora arrossato.

“Una ogni tanto … E’ per lo stress … Saremmo in bolletta se non fosse per i nostri mecenate, sai? A me pesa questa cosa, Boo” – replicò scostante.

Niente coccole.
Una tortura.

Una situazione da adulti, che andava stretta soprattutto a Louis.

Styles si era abituato a fare ragionamenti complessi già a sei o sette anni, ma per lui era stato diverso.
La sua, anche se non in senso assoluto, era stata un’infanzia comune.
Quasi banale.

A scuola, Tomlinson, se la cavava spesso per il suo bel sorrisino malizioso.

Da adolescente, poi, aveva strappato ottimi voti al diploma, dopo essersi fatto palpeggiare dal presidente della commissione interna, nei bagni dell’istituto.

Memorie scomode, che ogni tanto gli balenavano in mente, come saette.

Si spogliò di nuovo, tornando tra le braccia del marito, che aveva già spento la propria Malboro, dopo appena tre tiri.

“Se vuoi smetto … Tanto non ho molti soldi per le sigarette” – sorrise sconsolato.

“L’essenziale è che ci siano per la bimba, per ogni sua esigenza … E poi Vincent non ci abbandonerà mai”

“Senza contare tuo padre, quello vero, ma anche tuo fratello” – puntualizzò acido Haz.

“Non farla tanto lunga” – protestò Boo – “… Pensi che non ti abbia visto a sbavare per quel biondino arrivista, in quel locale, dove abbiamo conosciuto il suo facoltoso amante? Quindi lascia perdere questa forma di gelosia inutile per Lux!” – e gli diede la schiena, girandosi brusco verso il comodino.

Styles spense le luci – “Vado a controllare Petra …” – sbuffò teso, allontanandosi in punta di piedi.

Louis stritolò il cuscino, nascondendoci il proprio ennesimo pianto.

Il suo cellulare vibrò, nella tasca dei jeans, dimenticati sul parquet: il ragazzo lo recuperò, guardando veloce quel messaggio inatteso.

Era di Lux.

§ Ciao mon petit, scusa l’ora, ma mi sono deciso di venirci in spiaggia, domani, per il party del nonno, a patto che ci siate anche voi e la cucciola … Che ne pensi? Grazie di preoccuparti per me, per gli sms di buongiorno, per tutto Louis … Mi manchi … A presto, spero, ti abbraccio. Tuo Vincent. §








sabato 27 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 27

Capitolo n. 27 – life



Le bollicine risalivano nel bicchiere, ondeggiando come spighe nel vento.

Un vento dorato, al sapore prezioso di champagne.

Una bottiglia speciale, per un’occasione speciale.

Taylor Kitsch se ne era fatta portare una al tavolo, per il nuovo ingaggio, propostogli da Stone.

Sapeva che Colin Farrell ci aveva messo una buona parola ed anche Derado, con il quale aveva lavorato in passato, di sicuro ne aveva tessuto le lodi.

Adesso doveva solo dimostrare il suo valore ed il risultato di un anno, trascorso in Europa a studiare recitazione e dizione, con una compagnia di lavoro teatrale, rimasta comunque a Londra.

Senza di lui ed il suo splendido volto.

Anche Jude lo notò, ma solo al quarto bicchiere di whisky, seduto al bancone, di quel locale frequentato in prevalenza da artisti e starlette.

Un po’ traballante, si avvicinò al giovane.

“Ehi, te la scoli tutta tu, quella?” – ed indicò il secchiello del ghiaccio.

“No, anzi … Vuoi farmi compagnia? Per me sarebbe un onore, accomodati pure” – e gli fece spazio sopra al divanetto, dove ancora non si era aggregato nessuno.

Taylor aveva pochi amici a Los Angeles e quei pochi erano spariti durante la sua assenza: alcuni trasferiti a New York, altri letteralmente irreperibili.

“Stai girando, Jude? Scusami per il tu”

“No, no, fai pure … E’ un piacere … Cazzo che buono” – e trangugiò altri sorsi.

“Vacci piano, mi sembri già su di giri abbastanza” – e rise, strappandogli quasi la coppa dalla mano sinistra.

“Ehi, come ospite fai un po’ schifo, sai?” – biascicò ridicolo.

Taylor scosse il capo, tirandosi indietro i lunghi capelli castani.

“Ok, magari chiamiamo un taxi e ti accompagno dove vuoi, che ne pensi?” – propose svelto, notando l’arrivo di alcuni paparazzi, che avrebbero gettato in pasto al gossip trash, le immagini poco edificanti di un divo ormai in declino, almeno personale.

Il divorzio di Law era ancora l’argomento preferito in certi salotti di Los Angeles, tra biechi moralisti ed incapaci colleghi, invidiosi da sempre non solo del suo talento, ma soprattutto dell’unione con Downey.

La loro ricchezza, poi, suscitava invidie ad ogni livello, non solo mediatico.

“Dai ti porto via”

“Ma io voglio restare qui e”

Taylor lo tirò su malamente, sgattaiolando verso una saletta laterale, che portava sul retro.

La sua auto era parcheggiata lì, per evitare il traffico del boulevard ed infilarsi subito in strade secondarie, per arrivare al palazzo dove abitava da poco.

Provò a chiedere a Law dove preferisse andare, appena mise in moto.

Inutilmente, visto che l’inglese stava ormai russando, riverso sul sedile.

“Dio, speriamo non vomiti …” – mormorò l’attore, per poi avviarsi lento, in direzione del proprio loft.




Jared pettinò calmo le chiome di Isotta, mentre lei faceva altrettanto con la bambola, che i genitori le avevano portato dalla Svizzera.

“La chiamerò Hope” – esordì la bimba, sorridendo felice, sotto lo sguardo anche di Colin, appoggiato allo stipite.

Erano nella sala dei giochi e dei doni.

Lì, la coppia, spesso ritrovava la magia degli anni trascorsi insieme, dei momenti migliori, con quel nutrito esercito di pargoli, ormai in parte cresciuti.

“Speranza …” – sussurrò Leto, chiudendo gli occhi per un attimo.

Farrell andò a sedersi alle sue spalle, per abbracciarlo, con tenerezza.

“Come ti senti, amore?”

“Sto bene Cole, non preoccuparti” – ed inspirò profondo.

A volte, per la tensione, gli mancava il fiato, anche senza fare sforzi.

“Li hai quasi più lunghi di lei” – Colin sorrise, raccogliendo alcune ciocche del marito, tra le mani gelide.

“Non per molto … Cadranno, me l’ha detto Jim”

“Quando?”

“In una e-mail … Pensava di no, ma hanno cambiato i protocolli, per chi è come me”

Si guardarono.

“Come te … In che senso Jay?”

“Un catorcio” – rise piano, rifugiandosi nell’incavo della spalla dell’irlandese.

Isotta ormai era in piedi, pronta per andare a tavola.

“Ceni con noi, vero papà? L’hai promesso …”

Il cantante annuì, forzando un’espressione serena – “Ma certo principessa, tu inizia ad andare e dì a Miss. Wong che ci uniremo a voi tra un quarto d’ora, ok?”

“Ok!” – rise allegra, scappando via.

“Come è bella …”

“Sì Jay, come Syria … Ed anche tu ci hai messo un certo impegno” – provò a scherzare, incapace di trattenere le lacrime.

Si abbracciarono forte.

“De devo prendere l’anti vomito … Mi aiuti Cole? Ho le gambe molli”

Gli accadeva sempre più spesso.

“Certo amore … Aspetta …”

Un’ombra si allungò dalla porta a loro, illuminata alle spalle dalla luce del corridoio.

Era Geffen.

“Scusate il ritardo …” – e si affrettò a dare anche il proprio sostegno a Jared, che lo guardò con immensa gratitudine.

La stessa, che abitava i quarzi di Farrell.

“Sei puntualissimo invece, vero Jay?”

“Assolutamente … E provvidenziale, come un miracolo … Questo lo sai Glam, vero?” – e si appoggiò al suo petto.

Spazioso, presente.

“Sono pronto a mangiare gli intrugli di Miss. Wong: mi definirei quindi un martire” – rise, fingendo di stare bene.

Aveva la morte nel cuore, lacerato dal fotogramma di Law, che spuntava dalla camera di Robert, accaldato e soddisfatto, per esserselo ripreso.

Per una notte o per sempre, non aveva più alcuna rilevanza.

Geffen voleva convincersene.




Harry spense il tablet, con la tipica espressione di chi era stato beccato con le zampe nel barattolo di marmellata.

“Cosa guardavi?” – domandò Louis, sistemando il vassoio sopra al letto, dove avrebbero visto un film a cartoni, con Petra, ancora impegnata a mettersi il pigiama nel bagno lì accanto.

“Mi … documentavo” – e lo riaccese, mostrando una serie di foto di Mark.

“Che significa Haz?”

“Si chiama Ruffalo, quelli di Dallas, commerciano in oli combustili, petrolio grezzo, carburanti vari … Hanno anche catene di alberghi, ristoranti e diversi centri commerciali sparsi un po’ per il mondo”

“Miseria e lui è …?”

“No, Mark si direbbe la pecora nera: la biografia familiare dice che fa l’infermiere, però era quasi psichiatra, nonché docente in attività … Pare che sia molto ricco, comunque”

Boo aggrottò la fronte, perplesso – “Forse conosceva già Niall, del resto anche Horan lavorava in ospedale, poi ora si è anche iscritto a Medicina”

“Tutto è possibile … Sembra un brav’uomo”

“Non ne ho idea e non mi interessa Harry” – puntualizzò secco, mentre la figlia si stava precipitando da loro.

“C’è un particolare, sai? Mi è venuto in mente dove e quando ne avessi sentito già parlare”

“E dove sentiamo?” – bissò sempre più infastidito Tomlinson, stringendo sul petto Petra.

“Al mio vecchio studio … Fu Geffen a nominarmelo, perché Ruffalo era il compagno di Matt Miller: Glam li aiutò a fuggire a Parigi, liberando quel pazzoide dal manicomio cittadino … Si vede che Mark ha troncato con quello svitato” – bisbigliò, per non turbare la bambina, ormai troppo concentrata sui titoli di testa di quel lungometraggio sul Libro della giungla.

“Buon per lui, per Niall intendo, anche perché non credo che questo Mark possa avere due relazioni, a meno che non sia uno che ami rischiare l’osso del collo: mi ricordo la storia di Miller, io non ci dormirei”

“Neppure io …” – sospirò Styles – “Speriamo bene …” – e sorrise imbarazzato.

Boo non gli diede più retta, preferendo il gelato alla loro orticante conversazione su Horan.




Le prime gocce di pioggia iniziarono a cadere, mentre i commensali stavano assaggiando una strana zuppa alle alghe, sbirciandosi a vicenda ed abbozzando sorrisi di convenienza, per Miss. Wong, molto fiduciosa sul buon esito di quel convivio.

Pochi minuti e fu il diluvio, tipico per Los Angeles e le sue estati sempre più instabili, climaticamente.

Peter ed Isotta si fiondarono verso un balcone, attratti dai lampi e dai tuoni o, più verosimilmente, in fuga da quella brodaglia verdastra.

“Pepe torna qui! Isy anche tu” – li richiamò Geffen.

Isotta rise, indicando qualcosa nel parco – “Papi Glam, vieni!”

“Che c’è cucciola?” – brontolò bonario, alzandosi da tavola.

Shan e Tomo si spiarono, poi puntarono Jared, che fece un cenno d’intesa a Colin, che annuì.

“Dunque vediamo, cosa …”

“Non è zio Rob?!” – si intromise Pepe.

“Si sta bagnando come un pulcino!” – esclamò la piccola.

“Oh mio Dio …” – mormorò Geffen, imboccando l’ampio salone d’ingresso, per recuperare un ombrello all’entrata, oltre la cui soglia sembrò come volare.

Corse verso Downey, ormai zuppo e tremante, ma fermo nella sua postazione iniziale.

L’avvocato si chiese mentalmente da quanto fosse lì, in piena ansia per la sua salute, alquanto delicata.


“Tesoro! Ma sei impazzito Robert!” – e lo avvolse, sentendolo gelido.

“Glam … Vuoi sposarmi?” – e gli porse un cofanetto in plastica rosa tenue.

L’attore lo aprì, rivelando due fedi, con delle strane incisioni.

Geffen non le riconobbe subito.

“A quest’ora ho trovato solo uno store di musica e gadget aperto … Sono dei Mars … Credo le abbia disegnate Jared …” – spiegò, in lacrime.

“Robert …” – Geffen arrise alla sua richiesta, commosso e stupito.

“Te … te lo richiedo, prima di svenire”

“Sì … SI’!!” – e lo sollevò, baciandolo, per poi farlo roteare, ripetendo, tra un bacio successivo ed un altro, quel , ebbro di felicità.


Jared dalle finestre, stava sorridendo, con Isy e Pepe accovacciati sul davanzale, contro il suo busto, sostenuto da Colin, altrettanto sereno, nell’assistere a quella scena.

“Jay, tutto bene?”

“Come non mai, Cole … E’ davvero bello vedere Glam così … Davvero, amore.”











 TAYLOR RIENTRA NEL CAST, PER UNA STORYLINE PIU' CONSISTENTE, QUESTA VOLTA;-)