mercoledì 4 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 11

Capitolo n. 11 - sunrise


Miss Berger prese per mano Lula, accompagnandolo all’uscita.
Geffen stava seduto sulla panchina, dove solitamente l’insegnante aspettava il suo arrivo, insieme al piccolo, che corse subito dal padre appena lo vide.
In quello stesso momento arrivò Peter, che salutò entrambi con un sorriso, scrutando l’avvenenza della signora, che si stava avvicinando.
“Ciao tesoro … oggi ti porta a casa il tuo super marine, ho un appuntamento, ma l’avevo scordato …” – si giustificò, facendolo ciondolare, come piaceva a Lula.
“Ok papà!”
“Va bene … scusami, ah miss Berger, come sta?”
“Buongiorno a tutti … bene, lei?”
“Ho la memoria corta, giusto campione?”
“Naaa!!!” – e corse sull’hummer di Peter, che li salutò.
Rimasti soli, Geffen provò una sorta di imbarazzo, sotto lo sguardo di lei, che sembrava analizzarlo.
“Mi chiamo Sveva … mio padre era tedesco, mia madre portoricana …”
“Come prego …?”
“Così puo’ chiamarmi per nome, miss Berger è troppo formale.” – e sorrise in modo simpatico.


“Eccomi!”
Jamie si era fatto una doccia veloce, gettò l’accappatoio su Ball, che fuggì in terrazza e si fiondò sotto alle lenzuola, dove Marc stava rannicchiato a guardarlo.
“Sei ancora bagnato …”
“Ma dove??” – chiese ridendo, mentre si stringeva a lui.
“Qui … e poi qui …” – disse Hopper, baciando i punti, che stava indicando suadente.
“Cavoli … non … non me n’ero reso conto …” – ansimò fugace Jamie, abbandonandosi alle sue premure.
Marc si fece spazio tra le sue gambe – “Sei un cucciolo … devo prendermi cura di te, lo sai …” – e gli leccò il collo, sino agli zigomi, segnati da un livido sulla sinistra.
“E qui cosa è successo?”
“Niente … ho avuto un capogiro mentre ballavo … Non stare in ansia.” – disse risoluto, affondando poi nel collo di Hopper, che sospirò.
“Jamie …”
“Volevo solo provare quella coreografia … non sgridarmi, ce la posso fare per lo spettacolo di settembre …”
“Guardami.” – disse dolcemente, sfiorando la sua fronte con il palmo destro e sorridendogli.
“Ti guardo …”
“Io ti amo in ogni cosa che decidi di fare, hai i tuoi spazi, vivili al meglio, non riceverai né rimproveri e tanto meno impedimenti dal sottoscritto …”
“… Però …?” – e rise piano.
“Però … cerca di non esagerare, ricorda i consigli del medico e conta su di me. Sempre Jamie. Ok?”
“Io mi fido di te Marc.”
“Lo so ed io di te.” – replicò teneramente.
Jamie inarcò un sopracciglio e poi con tono secco diede voce al suo pensiero dominante – “Comunque adesso voglio scopare.”
Cadde il silenzio assoluto, le loro iridi presero a fondersi, dirette ed inscindibili, quindi scoppiarono a ridere sonoramente, rotolando sul parquet, dove si consumarono in un amplesso travolgente sino a sera inoltrata.


Il suo corpo era perfetto.
Era ciò che piaceva a Glam, in una donna.
Colori scuri, i capelli, gli occhi, la pelle abbronzata, di teutonico Sveva Berger aveva davvero poco, forse la disciplina, che inculcava nei suoi allievi.
Scorrere le dita sul suo profilo, carnale e seducente, accogliere i suoi baci, mentre si muoveva sinuosa sopra di lui, era come tuffarsi in un universo parallelo.
Decise di portarla a fare un giro su quel bolide, che ora rimbombava come un’eco nelle sue orecchie, tormentate dalle unghie curate di lei, che correvano poi alla sua nuca ed affondavano, come il suo ondeggiare continuo.
Era come uno spettacolo, quasi dimenticato, ma Geffen aveva avuto compagne sempre affascinanti, almeno quanto Sveva.
La catapultò sotto, venendole dentro a lungo, soffocandola quasi con altri baci: la sua focosità si sommava a quella di quell’amante inaspettata, che traeva un piacere assoluto da quell’orgasmo, almeno quanto lui.
Aveva scelto un resort esclusivo, allontanandosi da Los Angeles.
Geffen apprezzò da subito i suoi silenzi, il suo non chiedere, forse era strategico, forse un’abitudine.
“Devi tornare?” – domandò, dopo essersi lavato senza di lei, che sonnecchiava tra i cuscini damascati di argento e bianco.
“No, sono divorziata, vivo sola. Potevamo andare da me Glam.”
“Meglio qui. Vuoi bere qualcosa?”
“Quello che bevi tu.” – e si stiracchiò, avvolgendosi nel telo, che Geffen le aveva portato.
“Ok ti aspetto …”
“Non devi … torna di là con me, così non dovrai restare a gola secca.” – e rise.
Sveva preferì la vasca e lì fecero di nuovo l’amore, senza volere sapere altro.


Kevin trovò Lula davanti ai video giochi.
“Ehi, dov’è papà tesoro?”
“Ciao papake! Aveva una … riunione??”
“Non lo so …”
“Ha fatto un pasticcio, è venuto a scuola, poi è arrivato Peter!”
“Ah ho capito … ok lo chiamo …”
Il suo cellulare, però, stava già suonando.
“E’ lui, sì pronto daddy … ciao volevo uscire a cena!” – gli disse di getto, con tono allegro.
“Ciao Kevin … non posso, sono fuori città.”
“Mi spiace … ti aspetto alzato allora, così parliamo un po’ …”
“Farò molto tardi, sta andando per le lunghe, semmai ti richiamo.” – disse incolore.
Kevin provò una strana fitta tra le scapole.
“D’accordo daddy … ciao.” – lo salutò strozzandosi con la saliva.
Geffen serrò le palpebre, ma senza scomporsi – “Ciao Kevin.” – e riattaccò.
Sveva si era rivestita e stava curiosando nei vassoi del carrello, che un cameriere aveva appena lasciato oltre la porta della suite.
“Glam hanno portato i viveri.”
“Sì cara … arrivo, faccio ancora un paio di telefonate.”
“Apro il vino, ottima scelta …”
“Già … come darti torto?” – concluse fissandola.


Shan seguiva le evoluzioni di July, tra le braccia di Owen, che la faceva danzare, come un’autentica ballerina.
L’aveva vestita di un tutù rosa pallido, completo di scarpine, non proprio della sua misura.
“E’ presto per iscriverla a danza, lo so Shan, non dire nulla ahahhaah”
“Siete adorabili …” – ribattè assorto, commuovendosi.
Owen gli andò vicino, baciandolo sulle tempie – “Ti amo Shannon …”
“Ti amo anch’io … vi amo da morire.”



Tomo contava i metri della stanza con i passi lunghi.
La sua falcata era elegante, ma altresì buffa.
Shannon sorrise, chiudendo piano la porta.
“Ciao …”
Era flebile quel suo cenno del capo, mentre l’accoglienza di Tomo, traboccava di tepore e sale, in un pianto condiviso e ritrovato.
Stavano tremando, nella penombra, scheggiata da candele accese ovunque.
Il rifugio di Shan, conservato per i raduni familiari sulla spiaggia, stava per diventare nuovamente la loro alcova preferita.
Lo sapevano e non c’era nulla che potesse impedirlo.



EVA MENDES is Sveva Berger


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