venerdì 31 ottobre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 48

 Capitolo n. 48 – life



La capo sala Matilde inseguì nel corridoio Pepe ed Isotta, che transitarono ridendo, a pochi passi da Geffen, seduto in poltrona e Mark, che si era fermato a parlare con lui per qualche minuto.

Niall era probabilmente sceso al bar dell’ospedale, ad aspettarlo o almeno così sperava Ruffalo.

“Sono loro … I figli, il nostro tema di discussione, sai?” – rivelò mesto.

Glam sorrise – “Se posso aiutarti, ho una certa esperienza” –  cercando poi di scrivere un sms a Robert.

“Ho le intenzioni più serie con Niall e non mi sembrava giusto mentirgli, su di un argomento così serio”

“Tu sei una brava persona, Mark, hai fatto la cosa giusta, però non irrigidirti nella tua posizione, ma tanto meno non cedere, perché lo faresti per rendere felice Niall, ma sarebbe come ingannarlo, se non sei convinto a diventare padre, un giorno”

“Forse non ho mai incontrato la persona giusta, per coltivare una simile ambizione od egoismo”

“Le tue argomentazioni le posso immaginare, Mark, persino condividere, razionalmente, però … Esiste un però, dagli occhi grandi e sinceri, dal cuore puro, di nome Niall, che è pronto a farti cambiare idea”




La bocca di Louis rimase aperta, con il sapore del cuscino, che gli arrivava in gola, per quanto Harry si stava spingendo in lui, sovrastando il suo corpo più esile, rispetto a quello del giovane legale.

Boo poteva percepire le costole dell’amante, quasi conficcarsi contro le proprie scapole, per quanto i rispettivi busti aderivano, ritmicamente, l’uno all’altro.
Venne nel palmo destro di Haz, che, con la mano, gli si era infilato sotto al bacino stretto, dal momento in cui il consorte lo aveva preso con vigore, senza troppi preliminari.

Styles lo amava rudemente, quando avevano bevuto un bicchiere di vino rosso di troppo a tavola, come quella sera ed il nettare, portato in dono da Ruffalo, era ad alta gradazione, per una cena quasi vegetariana.

Entrambi soffocarono i loro ansiti, come meglio riuscirono, per non disturbare la bimba, addormentata profondamente, nella cameretta in fondo al corridoio.

Quell’alloggio era davvero piccolo, anche se bene arredato e dalle finiture sobrie.

Il tempo per tenerlo in ordine era sempre esiguo, per gli impegni di Louis ed Harry, così come impossibile assumere una colf parttime, per sopperire ai lavori domestici più urgenti.

La loro cocciutaggine, nel rifiutare il generoso contributo a queste inezie, come le definiva Meliti, ormai era nota all’anziano patriarca, che aveva desistito in quel proposito, mantenendo la somministrazione mensile, di una rendita a Petra, per la quale non avrebbe accettato alcuna obiezione, ovviamente.

Styles ansimò sulla nuca di Boo, dicendogli qualcosa, di incomprensibile.

“Sei brillo? Io sì Haz …” – e ridacchiò, sottraendosi al suo peso.

“Ma no, dai … Per una bottiglia in quattro”

“Erano due e bevevamo solo in tre, Niall è astemio o quasi”

“Astemio ed incazzato, temo”

“Con chi, con Mark? Per l’adozione, l’utero in affitto o roba del genere? Quel tizio mi sembrava più emancipato e poi è ricco da fare schifo, potrebbe rendere la vita migliore ad un sacco di orfani” – sbuffò Tomlinson, cercando una sigaretta nel giubbotto di jeans di Harry.

“Non ne ho, hai voluto che smettessi” – rise, invitandolo a tornare tra le sue ali.

“Ok, hai fatto bene, ma ne avevo voglia …”

“Anch’io ho voglia di un sacco di cose Boo, ma non sempre le ottengo” – bisbigliò malizioso, tra i suoi capelli, appena lo riebbe stretto a sé.

“Cose tipo?” – sussurrò, inclinando il capo spettinato, per porgergli quella porzione di collo, dove Louis si aspettava un bacio umido e bollente, che non tardò ad arrivare.

“Più che cose, persone, anzi, una sola persona … Non me ne rammento il nome”

“Scemo!” – e, allegro, Boo gli diede una leggera gomitata.

Si rannicchiarono, intrecciati e caldissimi, accarezzandosi, per poi ricominciare a fare l’amore, con estrema dolcezza.
Questa volta.




Monica mostrò orgogliosa alcune foto di Eric a Lux, senza accorgersi, come lui, dell’arrivo di Zayn e Liam.

“Ehi … Ciao tesoro” – lo accolse Vincent, andando ad abbracciarlo, un po’ incurante della reazione di Payne, che non si scompose.

“Bentornato tra noi, Liam” – aggiunse il francese, dandogli la mano, che il vulcanologo strinse, con un sorriso un po’ perplesso.

“Ciao Zayn … Io sono Monica” – si presentò la ragazza e Malik, educatamente, corrispose la sua gentilezza.

“Piacere di conoscerti Monica”

“Anche per me” – gli sorrise sincera – “Stavo presentando il mio ometto a Vincent, in maniera digitale diciamo”

“Sì, ho visto … Abbiamo visto” – e scrutò Payne, che lo riprese tra le braccia.

“Sono contento di ritrovarti più rilassata Monica”

“Anch’io Liam, credimi …”

“Ok … Io torno a Los Angeles, devo fare degli esami … Devo curarmi”

“Non stai bene?” – domandò lei, velatamente preoccupata, mentre Zee e Lux si sbirciavano.

“Mi sono trascurato ultimamente ed ho” – Payne prese un respiro – “… Ho fatto qualche cazzata, ma Zayn mi ha … Mi ha salvato”

“Bene” – la giovane sorrise luminosa – “Ti lascio i miei nuovi numeri, così potremo metterci d’accordo per farti incontrare Eric regolarmente … Se lo vuoi ancora, Liam”

“Sì, certo che” – disse un po’ trafelato, riprendendo la calma in un secondo.

“Ed ovviamente insieme a Zayn, se” – si affrettò a precisare la ragazza.

“Assolutamente sì” – Malik la interruppe, con gioia.

“Ok … Credo che ora io debba riprendere il lavoro, che raddoppierà, per via della tua assenza Liam” – scherzò pacifica, mentre Payne si stava chiedendo mentalmente cosa diavolo le fosse successo, per renderla tale.

“Mi dispiace Monica, ma quando rientrerai, per le relazioni potrei aiutarti, prima del prossimo convegno di Chicago”

“Sì, ne avrò bisogno, ci sono sempre un mare di scartoffie … Ok … Arrivederci allora … Ciao Vincent, mi devi un pranzo, l’hai promesso” – rise, rivolgendosi all’affarista.

“Non mancherò!” – lui ricambiò la sua leggerezza, dandole poi un bacio sulla guancia, prima di congedarsi – “Vado a preparare i bagagli Zayn, mi aggrego a voi, mi stanno aspettando in California, ho degli appuntamenti”

“Sì Vincent, noi siamo già pronti, vero Liam?”




Il bicchierone di caffè aveva dei disegni buffi.

Niall li stava osservando, roteandolo tra le dita gelide; non riusciva neppure a deglutire, per la tensione, ma, appena vide giungere Ruffalo, con quel suo sguardo adorante, che gli infondeva una sicurezza assoluta, il ragazzo smise di tremare.

“Ciao piccolo … Eccoci qui, ne hai ordinato uno anche per me?” – domandò garbato, ma trepidante in ogni gesto.

“No, non sapevo cosa … Scusa, ci avrei dovuto pensare”

“Anch’io, prima di dirti certe cose, perdonami” – bissò serio, pronto ad affrontare qualsiasi conseguenza, fosse derivata da quel confronto.

Anche se il desiderio di abbracciare Horan, di dirgli che sarebbe andato tutto bene, di assicurargli anche la luna, stava mandando al diavolo ogni suo raziocinio.

“No, sei stato chiaro, Mark, non mi hai portato sino ad un certo punto, per poi”

“Io voglio sposarti Niall, tu questo lo sai” – e gli prese le mani, sporgendosi quanto bastava per farlo.

“So che sei un uomo tutto di un pezzo, che vedi il mondo con disincanto e che hai ragione, su chi ancora discrimina, ai giorni nostri, le coppie LGBT ed i loro figli” – argomentò, anche lui, con lucidità.

“E’ ancora così, purtroppo …”

E’ ancora così, hai ragione, così  come chi è sovrappeso oppure ha i brufoli, chi è di colore o si veste come un nerd, chi non ha il cellulare di ultima generazione, viene messo all’angolo, da una marea di vigliacchi, perché altro non sono: e da questa parte, genitori di ogni orientamento sessuale, devono impegnarsi ad infondere coraggio e determinazione, ai loro cuccioli, perché si distinguano, nell’essere SI’ diversi, ma per intelligenza, comprensione, amore verso il prossimo: è un mestiere complicato e ci vuole davvero un pizzico di follia, per affrontare questa sfida, Mark”

“E tu sei un folle meraviglioso, Niall” – sorrise, intrecciando le loro falangi, più massicce quelle di Ruffalo, più flessuose, quelle di Horan, ma perfettamente compatibili, in un incastro, ora, intriso di tepore e sintonia.

“Io non so che papà potrò essere, ammesso che un domani possa diventare tale, però credo di potercela fare, se tu mi aiuterai, perché sei l’unico, a venirmi in mente, sai? L’unico con cui io concepirei, il nostro sogno, il nostro … bambino” – ed arrossì, commuovendosi.

“Amore …”

“Io non voglio lasciarti” – singhiozzò, ritrovandosi sul petto di Ruffalo, che iniziò a cullarlo.

“Se lo farai, rinuncerai al tuo sogno Niall, perché vorrei tanto poterlo realizzare, insieme a te, te lo giuro angelo mio” – e lo baciò.

Mark Ruffalo aveva una sola parola.

Chi lo conosceva, lo sapeva bene.

Ora anche Niall, era uno di questi.












giovedì 30 ottobre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 47

Capitolo n. 47 – life



“In fondo è stata una bella serata, vero Mark?”

Niall glielo chiese mentre stavano tornando a casa.
Quasi timidamente.

Ruffalo sorrise poco convinto, ma, come sempre, accondiscendente con lui.

“Siamo sopravvissuti”

“Lo so, con Harry eri in imbarazzo, anche lui credo”

“No, amore, lui è molto affezionato a te”

“Credi?” – arrossì, davanti alla serenità, con cui l’uomo gli si rivolgeva amorevole.

“Sì Niall …”

“Di cosa stavate parlando, alla sezione insalate?” – rise innocente.

Ruffalo prese un respiro.
Odiava mentire e svicolare.

“Di genitorialità ai giorni nostri … Di adozioni da parte di coppie LGBT”

“Davvero?” – quasi si illuminò, fraintendendo palesemente il discorso del suo compagno.

“Non eravamo d’accordo, ma Louis si è dimostrato più comprensivo e lucido”

“Su cosa?” – e lo fissò.

Erano arrivati, Mark aveva appena accostato.

“Ho … Ho espresso la mia opinione, non in linea sulle loro scelte … E’ inutile girarci intorno tesoro: io non desidero avere figli”

Uno schiaffo avrebbe fatto meno male.

Niall guardò di nuovo avanti, oltre il parabrezza.

La notte sembrò inghiottire di colpo i suoi sogni.

“Penso …” – Horan deglutì amaro – “… Penso che una coppia non debba avere per forza dei figli, per sentirsi una famiglia, però”

“Però, in questa parola io sento tutto il tuo dolore, piccolo … Mi dispiace”

“Per … Per cosa esattamente, Mark?” – un nodo in gola lo stava opprimendo.

“So, capisco, che tu voglia diventare padre … Se ti dicessi che io preferisco vedere un bimbo, con una mamma ed un papà e non due genitori dello stesso sesso, per il suo bene, perché non siamo ancora accettati, perché un nostro egoismo, lo metterebbe davanti a giudizi, a cattiverie gratuite, tu cosa ne penseresti, tesoro?”

“Pe penso che” – balbettò, tormentandosi le mani, mentre Ruffalo stava facendo altrettanto con il volante, senza neppure rendersene conto.

“Niall …” – e gli diede una carezza.

Horan ebbe un sussulto.

“Penso che è meglio chiuderla qui, Mark, prima di farci del male” – singhiozzò composto, senza alterarsi.

“Niall!”

“Ti ringrazio per la schiettezza, del resto sei un adulto ed avresti già dovuto avere dei … dei bambini, con qualcuno, non certo con Miller … Mio Dio, forse è lui che ti ha influenzato in questa … in questa cosa!” – e spalancò lo sportello, mentre stava transitando un bus, seguito da un taxi.

Il ragazzino, dal sorriso pulito, il corpo scattante ed asciutto, prese al volo il secondo, senza che Mark potesse fare nulla per impedirglielo.




Taylor si accomodò al capezzale di Law, senza fare rumore.

Gli prese la mano sinistra, commuovendosi.

“Ehi …”

“Jude, ciao, sei sveglio …” – mormorò, intrecciando meglio le loro dita.

Le sue, al tatto, erano fatte della plastica dei guanti, ma anche di un calore buono.

Law gli sorrise.

“Grazie per avermi salvato, Taylor”

“Non stancarti e … e poi non mi devi niente, semmai a Geffen, lui sì che è un eroe” – provò a scherzare.

“Glam è incredibile, lo ammetto, però tu sei così dolce ed io non merito ciò che potresti darmi Taylor …”

“Lascialo decidere a me” – sorrise, emozionato.

“Hai mangiato?”

“Mi sembri il nonno Antonio” – rise leggero.

Era bellissimo.

“Adesso dormo un po’, scusami Taylor …”

“Rimango qui ancora un po’ … Finché non mi cacciano”

“Ne sono felice …” – e chiuse le palpebre, con un sorriso.




“Io avevo un gatto, a Londra, si chiamava Igor, un certosino, che Brendan portò nel nostro alloggio, una sera d’aprile: pioveva”

Hugh Laurie batté un colpo sul pavimento, con il bastone da passeggio, facendo scuotere Geffen, dal suo torpore.

“Eh … Cosa dicevi, doc?” – finalmente si accorse di lui.

Il tono dell’analista era tra il serio ed il goliardico acido, come suo solito.

“Staccava la coda alle lucertole! Tu pensa … E quella, poi, ricresceva”

“Ma non mi dire” – Glam ridacchiò – “Non cambierai mai Hugh”

“C’era anche una storia su delle rane … Ma, non ricordo” – sbuffò, brontolando – “Di certo né io, né Jim, né tanto meno Scott, abbiamo mai visto nulla di simile” – e sventolò delle lastre.

“C’è di nuovo, giusto?” – domandò il legale, visibilmente turbato, all’improvviso.

“Bello, sano, perfetto, un fagiolo nuovo di zecca!” – quasi starnazzò, facendolo ridere.

“Da adesso mi chiamerai Frankenstein, doc?”

“Sarebbe meglio Vlad, un vampiro o qualche personaggio della Marvel, che ne dici?” – sospirò, un po’ stranito.

Mason stava bussando al vetro, poi attivò l’interfono.

“Esci da lì, Hugh” – sorrise – “Come ti senti Glam?”

“Bene … Ho fame”

“Ti trasferiamo per colazione, ora ti faccio portare del tè, meglio non rischiare”

“E lui lo trasformerà in champagne!” – si intromise Laurie, rialzandosi, un po’ incerto.

“Ti fa male la gamba?” – domandò Geffen.

“Tu puoi guarirmi, Sai Baba?!”




Niall spense il cellulare, alla quinta chiamata di Mark.

Poi lo riaccese, per ascoltare la sua voce in segreteria.

§ Ehi cucciolo, so di averti deluso, ma non è mai stata mia intenzione mentirti, su qualcosa … Qualsiasi cosa. Per quanto possa valere, Matt non centra nulla nelle mie decisioni, quindi non ho subito chissà quale trauma o … Dio, sto parlando come uno Psichiatra … Questo lavoro, mi ha di certo reso la vita più complicata. Ho perso la fiducia nel futuro, nelle persone forse, nelle mie stesse capacità … E’ che non sopporto di vedere soffrire chi amo ed un bambino … Un bambino insieme a te, Niall, che concepirei, CON TE, se fosse possibile biologicamente, per quanto desideri vederti felice e … ed essere felice, di averlo … § - un pianto lo interruppe, così il tempo a disposizione.

Un secondo messaggio.

Horan lo ascoltò, con le pulsazioni a mille, per quanto appena dichiarato da Ruffalo.

§ Sono di nuovo io … Il tuo stupido innamorato … Dobbiamo parlarne, Niall, non può finire in questo modo e poi … Poi, deciderai cosa è meglio per te … Anche se ucciderai questo idiota, ok? Ti amo da impazzire ed aspetto una tua telefonata, vengo a prenderti dove vuoi, ok? § - e riattaccò, a corto di ossigeno.

Ad Horan sembrò di vederlo, con quelle iridi sgranate nel vuoto, senza di lui.




Quell’ambiente, tutto sembrava, fuorché una camera d’ospedale.

Niall sorrise, i palmi appoggiati al vetro.

Su di una chaise long, Robert riposava, con Jay Jay sul petto.

Su di una seconda, c’era Pamela, con Alexander e Sebastian, profondamente addormentati a loro volta.

Poco più in là, Jared teneva accucciolata accanto a sé, sopra ad una branda più comoda, la sua Isotta.

Colin, allungato su di una panca, rubata in corridoio, sembrava avere appena cullato Florelay, che era cresciuta parecchio ed infine Pepe, spaparanzato al fianco di Glam, fu l’unico ad accorgersi del giovane, facendogli un cenno buffo, per poi scendere dal letto del padre, anch’egli nel mondo dei sogni.

Il bambino prese una seggiola e la avvicinò alla lastra, salendoci sopra e salutando allegro quell’inatteso visitatore.

“Ciao Pepe” – sussurrò intenerito Horan, il magone ancora vivido nei suoi fanali, puntati su quel mondo, che, forse, non gli sarebbe appartenuto mai.

“Vieni anche tu!” – gli bisbigliò quel monello adorabile e Niall entrò.

Ormai era l’alba.

“Posso? Sei sicuro …?” – il biondino esitò sulla soglia, ma Pepe gli afferrò un polso, trascinandolo avanti un metro.

“Papà non è più in … in isola …”

“Isolamento?” – sorrise.

“Quello, sì, sì!”

“Me ne sono accorto … Gli avete tenuto compagnia?”

“Abbiamo giocato anche a carte ed io ho vinto! Ehm non sempre …”

Horan lo prese in braccio – “Sei una peste, sai?”

“C’è l’infermiera, guarda, ora butta fuori tutti!” – e rise, salutando anche lei.

“Oh miseria, ma quanti siete?!” – esclamò lei, piuttosto divertita.

Glam si destò per primo – “Il mio pranzo? Dov’è?!”

“Lei non dia i numeri già di mattina presto, ok Geffen?!”

“Quanto mi è mancata Matilde” – e gli fece una smorfia.

“Sparite gente, prima che arrivi il primario! No, ma dico, siete fuori di testa” – ringhiò più severa – “Mi meraviglio di lei, Mr. Downey!”

“Ma che cavolo …” – Robert era molto assonnato.

Pamela non protestò, mentre Colin e Jared stavano sistemando quel caos di libri, tappeti musicali e palloncini, sparsi ovunque.

“Avete dato una festa? E lei Mr. Leto non si stanchi, deve fare la chemio, ma anche lei, Mr. Farrell, si è bevuto il cervello?! Non si affatichi!” – sbraitò, conducendoli in massa verso l’uscita.

Pepe le passò sotto le gambe, facendo scoppiare a ridere Glam.

“A lei penserò dopo!” – gli ruggì contro la donna, prima di sparire.

Geffen scosse il capo, alzando lo schienale con il telecomando.

“Esci da lì” – disse complice, sbirciando verso un paravento, piazzato in un angolo, accanto all’armadio.

Horan sbucò con il faccino arrossato – “Via libera?”

“Direi di sì … Che ti è capitato?” – gli sorrise.

“Ho litigato con Mark … No, cioè, me ne sono venuto qui, prima che degenerassimo”

“A che proposito, se non sono indiscreto?”

“Lui non vuole … Ma non voglio parlargli alle spalle” – inspirò, sedendosi sul bordo.

“Ti ringrazio Niall”

Ruffalo entrò in quell’istante, facendolo avvampare.

“Glam abbi pazienza, ma vorrei portare Niall a bere un caffè; tu hai bisogno di noi?”

“Non dare per scontato che io ci venga!” – sbottò il giovane.

“So che sei arrabbiato tesoro … Speravo di”

“Ti aspetto giù, ma voglio andarci da solo, perché devo … Devo rinfrescarmi, ecco” – e si allontanò, evitando il suo tentativo di abbracciarlo.

Geffen si grattò la nuca.

“Non l’ho mai visto così …”

“Nemmeno io Glam … Nemmeno io.”





 UN PICCOLO OMAGGIO AL MIO ADORATO IGOR, CHE MENO DI UNA SETTIMANA FA CI HA LASCIATI :( LUI, COMUNQUE, NON GIOCAVA MAI CON LE LUCERTOLE :) CIAO IGGY XD


NIALL

mercoledì 29 ottobre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 46

Capitolo n. 46 – life



Robert rientrò in ospedale, a metà di quella mattina, durante la quale i due uomini, che amava oltre sé stesso, stavano combattendo l’uno per l’altro, in un atto solidale, che aveva riempito di orgoglio Peter.

A lui, Downey aveva spiegato che “… il tuo papà sta facendo una cosa davvero speciale per zio Jude”

Basta bugie, nessun viaggio di lavoro, come gli aveva chiesto Glam, basta scuse inutili.

La verità rendeva ogni cosa migliore.
Ogni pensiero libero.

Attraverso quel vetro, il sonno di Geffen appariva ad entrambi tranquillo.

Pepe aveva il nasino appiccicato alla lastra, così la sua manina sinistra.

“Dorme come un ghiro” – sussurrò – “… vero papi Rob?”

“Si amore … Lui è così buono, tu non immagini quanto” – e gli si spezzò la voce.

Allo stesso modo il fiato, appena vide l’immagine riflessa di Jared, giunto alle loro spalle.


“Bentornato Robert” – il cantante gli sorrise, affiancandolo.

“Ciao zio Jay! Posso mettermi nel cestino della merenda?” – chiese il bimbo ridendo, indicando il deambulatore di Leto, che acconsentì volentieri.

Downey lo sistemò, dandogli un bacio tra i capelli.

“Gli hanno asportato il rene, perché fosse pronto per l’impianto a Jude … E Scott ha aspettato prima di inserire quello sintetico, in Glam, perché crede che” – e si interruppe, scrutando sia Jared che Peter, molto incuriosito.

“Lo so, me l’ha … rivelato anche Kevin e siamo un po’ sbalorditi, ma io penso che Scott abbia ragione”

Downey fissò il marito, scorgendo in lui un sorriso.
O almeno così gli parve.



“Cosa mi metto per stasera Mark?”

Così dicendo, Niall stava svuotando l’armadio, come un folletto imbizzarrito.

“E’ una cena informale tesoro …”

Horan si fermò, puntandolo dispettoso – “Alla quale tu non verrai volentieri” – e rise gioioso, riprendendo la sua selezione frenetica.

“Ma no piccolo …” – sospirò Ruffalo, per poi cingerlo da dietro – “E stai un po’ fermo adesso” – gli sussurrò dolce, dandogli un bacio sulla nuca, dopo avergli spostato le ciocche morbide e bionde.

“Ho trovato! Jeans verde mela e t-shirt bianca! Mmmm no, perché poi Petra mi userà come bersaglio, con il sugo delle sue polpette” – e sorrise, voltandosi lento, per baciarlo intenso.

Mark perse un battito.

Niall era così attaccato alla principessa di Harry e Louis, la definiva così, ogni volta che ne parlava.

La tenerezza, che traboccava dalle sue iridi e dalle sue parole affettuose, commuovevano Ruffalo, imponendogli delle riflessioni, che tardava ad esporre all’acerbo compagno; ancora per poco.




Il pallore di Law era inquietante.
Downey lo stava osservando da circa mezz’ora.

Scott gli aveva permesso di accedere alla camera sterile, adeguatamente isolato da una tuta, che ricordava quella di un marziano, anni sessanta.

Jude lo avrebbe detto, facendolo ridere, come spesso accadeva, all’inizio della loro relazione, quando l’inglese scambiava con lui una vera corrispondenza, vecchio stile: niente e-mail oppure sms.

Semplici manoscritti, con qualche disegno, da parte dell’americano, in bianco e nero, mentre invece il suo cuore si tempestava di colori, nel vivere quell’amore impossibile, per le loro carriere, le famiglie, i casini.

L’amore, però, era una cosa semplice e così rendeva le altre nella stessa maniera: per chi non aveva più paura.

Jude glielo ripeteva sempre.

Robert teneva tra le mani un foglio, in pergamena: quella che Law usava, per raccontare i propri sentimenti più veri: l’artista, decise infine di leggerglielo.




§ Tu sei il regalo più grande, Robert …
Non smetterò mai di dirtelo, finché non ci crederai anche tu.
Stiamo lottando, Dio solo sa da quanto, ma ce la faremo e ciò accadrà, quando non ne potremo davvero più di nasconderci e di fuggire.

A questo amore, non si sfugge, Rob, non ci è permesso.
Facciamo torto a noi stessi, ogni volta che rinneghiamo le emozioni, che ci legano, che ci regalano un sorriso, anche nei momenti peggiori e sono quelli, in cui restiamo lontani.
Per me è così, Robert.
E lo è anche per te, anche quando sei arrabbiato, quando mi urli in faccia che è finita, per le mie stronzate, i miei sbagli, le mie leggerezze.

Tu mi resti devoto, anche quando io cado, in errori sempre uguali, sempre così stupidi.

Come il bere.

Forse un giorno ne morirò, di questo vizio, ma di te no, di te non morirò mai Robert, perché ti amo.

Ti amo troppo …
Sapendo che non sarà mai abbastanza.

Tuo Jude §

Downey prese un lungo respiro, le lacrime amare, pronte a rigargli il viso, in ordine, rasato e teso.

“Cosa ci è successo, Jude, da questo a … oggi?” – e strinse la pagina, riponendola poi nella tasca dei pantaloni verde scuro.

Come quei prati dove passeggiavano, tra una ripresa e l’altra.

Lui era Holmes e Law era Watson.

E sorrideva nel sole, con i fili dorati, a contorno di una fronte spaziosa, di guance rosate, con qualche graffio di scena, che Downey gli sfiorava amorevole, baciandolo, come un ladro, dietro ad un albero od un cespuglio, sul loro percorso.

Come un ladro di mezzanotte.




“Jared …”

“Zitto, sono in incognito” – e, sorridendo, come solo lui sapeva fare, Leto si mise l’indice sulle labbra.

“Come è andata?” – domandò Geffen, con la voce roca, ma felice di ritrovarselo lì.

“Jude è stabile … Ero qui con Robert e Pepe”

“Robert?!” – un soffio, mentre un lampo, nelle sue iridi turchesi, sembrò illuminargli il volto.

“Ha portato qui il vostro bambino, dicendogli quello che tu stavi facendo e Pepe era, sì, preoccupato, però tanto fiero di te … Tu sei il papà migliore del mondo, non faceva che ripeterlo, nella sala d’attesa, a me, a Colin, Kevin, Tim e tutta la nostra famiglia Glam … La tua famiglia, amore” – l’ultimo termine gli uscì sottile, lieve, con ammirazione.

Geffen sorrise – “Ed io lo sono di voi, di te Jay, perché stai lottando e … E non hai smesso di amare Colin, anzi, lo hai perdonato, dimostrando di essere capace di qualcosa, che appartiene a pochi”

“Credo appartenga anche a te, questa … dote?” – rise – “O stupida follia, chi può saperlo” – ed ammiccò, tenendogli la mano destra, tra le proprie.

“E Taylor? Non l’hai nominato …”

“E’ rimasto qui, per sapere di Jude … Credo ne sia innamorato”

“E’ così giovane … E noi siamo dei vecchi pazzi”

“Parla per te, io sono solo una mummietta decrepita, come dice Isotta”

Risero.

“La nostra Isy, Jared … Dio quante cose sono successe” – mormorò malinconico.

“Andrà tutto bene, tu me lo dici, quando sono in difficoltà, quando non ci credo più e mi faccio mille paranoie Glam”

Geffen lo scrutò.

“Stai cambiando Jay … Stai guarendo”

“Non lo so ancora … Domani ci saranno nuove analisi, anche per Colin”

“Come vanno le sue terapie?”

“Reagisce bene, è quasi … ripulito, Scott dice così”

“Lui non si arrende mai, Scotty intendo”

“Anche il mio zuccone non scherza … I miei zucconi” – e si chinò, posando il suo sorriso sul dorso della mano di Geffen, che si assopì, sussurrandogli un – “Ti voglio così bene Jay …”




Ruffalo parcheggiò la sua fuoriserie, recuperando dal sedile posteriore una confezione di vini di pregio, mentre Niall prendeva il peluche, comprato a Petra.

“Gli zii mi hanno portato un nuovo orsetto!!” – esultò la bambina, accogliendo la coppia all’ingresso del loft di Boo ed Harry.

Styles li salutò con un lieve imbarazzo nei gesti, mentre Louis era molto più disinvolto.

“Mark mi aiuti con l’insalata, mentre Haz apparecchia e Niall pensa a Petra?”

“Ok … Ti seguo”

“Ecco, ho già affettato i pomodori, tu pensa a lattuga e carote” – disse allegro.

“Agli ordini” – e, con fare esperto, l’infermiere si mise all’opera.

“Cucini tu? Per voi due, a casa …”

“Sì, qualcosa del genere, ma siamo ancora in rodaggio, per certe cose, preferisco andare al ristorante con Niall oppure chiamare il takeaway” – rise simpatico.

Tomlinson lo stava analizzando, non senza che Harry se ne accorgesse.
Il legale si avvicinò.

Horan, invece, si stava divertendo con Petra, alla Play, di ultima generazione, dono del nonno.

“Non li trovi meravigliosi, Mark?” – domandò Haz.

Ruffalo aggrottò a fronte – “Vedo due bambini … Io mi prendo cura di Niall, come se lo fosse, a volte insomma … Me l’ha fatto notare Brendan Laurie, a piena ragione, ma è più forte di me”

“E cosa c’è di sbagliato?”

“Nulla Louis” – sorrise più tirato – “Niall è la mia priorità assoluta”

“Ti auguro di averne anche un’altra, da condividere insieme a lui, prima o poi” – affermò sereno Styles.

“Io rispetto chi sceglie un progetto genitoriale, come il vostro, ma non desidero avere dei figli e poi ho qualche riserva su figure LGBT, nell’interagire con un bambino, in una società come la nostra: ci sono ancora troppe discriminazioni, è un percorso ad ostacoli, dove sono loro a rimetterci”

“Mi dispiace che tu la pensi in questo modo” – obiettò Harry, velatamente contrariato.

“Ognuno ha le proprie idee” – puntualizzò Boo, smorzando sul nascere una qualsiasi discussione – “… e meritano eguale rispetto

“Ti ringrazio Louis: le mie perplessità si basano su riscontri concreti, non ultima l’instabilità di legami come i nostri”

“Anche le coppie etero vanno spesso in crisi” – Styles non voleva mollare, già visibilmente in pena per Niall, che di certo non conosceva quel lato particolare del suo attuale fidanzato.

“Haz non sono affari nostri, non ci riguarda”


Ruffalo si sentì ribollire.
Voleva solo andarsene.
Subito.