lunedì 29 aprile 2013

ZEN - CAPITOLO N. 101


Capitolo n. 101  -  zen


Jared lesse il copione, mentre Farrell si lavava.
La cena sarebbe stata servita sotto il patio di villa Meliti, dove Antonio stava già gratificando la moglie con nuovi gioielli, per dare il benvenuto alla gravidanza, appena confermata, insieme a quella di Pam, di cui nessuno sapeva ancora nulla, tranne Geffen, le figlie e la migliore amica della sua ex, appunto.

“Interessante” – disse il leader dei Mars, provando un vago disagio.
Aveva spiato l’interagire tra Xavier e Taylor, vedendoli sparire entrambi, in contemporanea a Derado.


Jude aveva ancora i capelli umidi, Glam lo notò, mentre si cambiava per entrare da Robert.

“Ciao, tutto a posto?”
“Ehi, bene arrivato, sì, una meraviglia” – disse solare l’inglese.
“Lo vedo …” – sorrise.
Law arrossì.
“Davvero … si vede?”
“Sì, insomma … Ascolta Jude, volevo dirti una cosa, che sanno ancora in pochi … E volevo la sapessi prima di comunicarla anche a Robert, se non ti spiace.”
Al biondo saltò il cuore in gola.
“Si tratta di Pam”
Un sollievo immediato lo illuminò nuovamente – “Pamela …?”
“Sì …” – Geffen prese fiato – “Lei vedi … Noi, cioè, aspettiamo un bimbo”
“Ma scherzi?”
“No Jude”
“Miseria … Congratulazioni, ma io non sapevo che voi due”
“In effetti non abbiamo una relazione, è successo una volta sola, quando ho appreso della recidiva di Rob, ero a pezzi, sì insomma anche per altre ragioni”
“Glam non devi mica giustificarti” – gli sorrise sincero – “E’ un dono inatteso, ma tu ci hai abituati a queste sorprese, lo dico con rispetto”
“Sì … Ti ringrazio …”
“Pensi che Rob la prenderà male?”
“Non lo so Jude, è un periodo delicato, vorrei proteggerlo anche dall’aria, come fai tu e poi … Poi forse sto azzardando delle conclusioni illogiche, perché lui reagirà come hai fatto tu, ovvio”
“Sì … Può darsi.”


Tim stava bevendo il latte direttamente dal bricco, completamente nudo, davanti al frigorifero aperto.
Lo chiuse, accorgendosi di Kevin, appoggiato allo stipite e pronto per uscire.
Alcune gocce di nettare bianco, caddero sul busto del giovane, scivolando veloci verso il suo ombelico.
Tim si tamponò le labbra con il dorso della mano destra, ammiccando un sensuale -  “Non sgridarmi adesso …”
Kevin gli si avvicinò, brandendo lentamente i suoi fianchi sottili – “Cosa sei disposto a fare, affinché io non ti sgridi come meriti …?” – chiese roco.
Il compagno si abbassò, con altrettanta calma, slacciandogli i jeans, durante quelle breve discesa, in ginocchio tra le sue cosce muscolose e da subito frementi.
Gli sfilò anche i boxer firmati, scoprendo un’erezione già pronta, per la sua bocca, che da lì a poco si sarebbe gonfiata di un rossore adorabile e lascivo, così caro a Kevin, premuroso nell’accarezzare le guance di Tim, invitandolo tacitamente a non esitare oltre.
“Scoparti così … Non hai idea di quante volte lo farei, in qualsiasi posto Tim” – ansimò, penetrandolo fino alle tonsille.
Con il palmo sinistro aperto sotto il mento del ragazzo, mentre il destro premeva sulla nuca, Kevin lo stava trattenendo con una prepotenza, che mandava in visibilio ogni senso di Tim.
Lo rilasciò, ammirando come succhiava e pompava, alzando lo sguardo verso di lui, che si sentiva esplodere in ogni piega del proprio addome.
Kevin si aprì la camicia con uno strappo vigoroso, liberandosi dei pantaloni e dell’intimo, gli sembrava di soffocare per l’ardore del momento.
Le falangi di Tim affondarono nei glutei dell’altro, che urlando di piacere, gli tappò le narici, bloccandolo ancora, pieno di sé, quasi a soffocare.
Una volta libero, Tim prese fiato, ma Kevin non gli lasciò il tempo di respirare, sollevandolo di forza, per sbatterlo sul divano ed invaderlo, senza molti preliminari.
Avvinghiati, il ritmo dei loro corpi divenne febbrile ed esigente.
Kevin infilò la mano alla ricerca dell’eccitazione del suo amante, pronto a soddisfarlo come meritava, durante quell’amplesso così intenso.
Avvertì il piacere di Tim colargli dal polso all’avambraccio, mentre egli stesso esplodeva nel forzare l’anello di muscoli, dove il proprio sesso era ostaggio di una smania avida e capace.
Fu devastante, come ogni loro orgasmo, destinato a ripetersi almeno una seconda volta, sotto ad una doccia ristoratrice ed ugualmente provvida di sano erotismo.



“Mi sento un pochino rotto …”
Robert rise, mentre Geffen gli stava sbucciando della frutta fresca.
“Buone queste fragole … Grazie Glam” – ed allungandosi, lo baciò, esitando finché le labbra dell’avvocato non si schiusero, accogliendolo in un contatto caldissimo e bagnato.
“Dio Rob … non … non dovresti” – quasi gemette, nel distaccarsi da lui, che volle rimanergli incollato, almeno con le rispettive fronti, madide per una serie di emozioni, che andavano ad accavallarsi, senza più alcun limite.

Ad occhi chiusi, riuscivano a sentirsi, a vedersi, come nessuno.

“Glam scusami … non volevo …”
Geffen lo strinse – “Non smettere, anche se è sbagliato” – disse tremando, commuovendosi.
Downey lo fissò, turbato – “Che succede? … Hai qualcosa che non va”
Glam scosse la testa, trovando incredibile quanto si conoscessero a vicenda.
“Vorrei solo che tu non ne avessi a male, Rob”
L’attore annuì – “Pam è incinta, vero?”
Geffen sgranò i suoi turchesi.
“Lei mi ha fatto capire che siete stati insieme e quindi, anche se non sono un genio” – sorrise, accarezzando la schiena di Glam, che tornò a tenerlo sul petto.
“Devo smetterla di incasinare la vita a tutti, capisci Robert? Da qui nasce il mio tormento”
“Tu la vita la migliori al prossimo, non pensare il contrario” – replicò sincero.
“Ho quasi sessant’anni Rob”
“L’anno prossimo” – rise complice.
“In ogni caso io”
Downey gli aprì la casacca, improvviso, sfiorando con i polpastrelli il torace di Geffen, poi i suoi addominali – “In ogni caso, tu, spiegami, come fai ad essere ancora così bello …”
“Robert, ma”
“Stai un po’ zitto, ora …” – e togliendosi la maglietta, con l’effige dei Rolling Stone, l’americano si allungò, cinturandolo affinché potessero aderire nel modo migliore possibile, mentre lui si addormentava, con il viso sereno e rilassato.


“Gli somministriamo degli oppiacei, diversamente avrebbe dei dolori acuti un po’ ovunque, anche se il quadro clinico è nettamente migliorato: ciò non esclude dei momenti di confusione psicologica oppure degli atteggiamenti … equivoci, capisci Glam?”
Scott si era spiegato alla perfezione, durante quell’aperitivo.
“Tu continui a propinarmi questa solfa, però io conosco Robert e”
“Nessuno qui dice che sta mentendo” – ribatté aspro.
“Ok Scotty … Credevo fossi finalmente felice, grazie a Jimmy, ma ti ritrovo spesso ostile quando parlo delle persone che mi amano”
Il medico avvampò – “Sei talmente egocentrico, è da non credere. Fossi almeno altrettanto scaltro, hai mai pensato ad una bella vasectomia?”
Geffen scattò in piedi, lasciando sul tavolo una banconota da venti dollari – “Qui abbiamo finito, visto che il livello di stronzaggine ha ormai passato la misura. Buona giornata Scott.”


Jared bevve un secondo sorso d’acqua.
Carmela disse una parola di troppo.
Pam era come cristallizzata, nonostante le congratulazioni, che si susseguirono, tra i commensali, arenandosi freddamente agli occhi fissi di Leto, su di lei.

“Avrebbe voluto dirvelo Glam, cioè lui ed io l’avremmo fatto …”
“Come una vera coppia” – disse flebile il cantante.
“No, assolutamente, non la siamo … una coppia” – replicò perplessa.
“Siete due pazzi” – concluse, alzandosi per andarsene.
Colin si scusò con Pamela, seguendo il consorte, per chiarire subito quel suo comportamento, assai irritante.

“Jay aspetta!”
“Non voglio litigare con te, ho solo bisogno di metabolizzare questo casino!”
“Di cosa diavolo parli!?”
Leto si bloccò, affrontandolo – “Non lo so Colin, ma mi ha fatto male questa … questa cosa” – iniziò a tremare, balbettando tra singhiozzi ed incredulità.
Farrell lo abbracciò – “Glam, forse, ti avrà deluso, ma le tue reazioni mi uccidono … ogni volta Jared … Possibile tu non lo capisca?” – esternò affranto.
“E’ più forte di me … La sua superficialità mi devasta …”
Colin lo guardò severo – “Se lui fosse il tuo uomo, lo capirei, ma ti rendi conto che Glam è libero e può fare ciò che vuole, con CHI vuole?!”
“La sua … la sua indifferenza mi ha lasciato un malessere, che ha radici troppo profonde per essere sanato … Non riesco ad estirparlo Cole … Io non ci riesco” – e si piegò sul suo petto.
“Io ti amo così tanto, però è deprimente assistere a queste tue crisi” – gli si spezzò la voce, ma il pianto di Jared lo stava frantumando senza soluzione.
Si diedero un bacio disperato, poi se ne andarono, senza che nessuno li fermasse.





mercoledì 24 aprile 2013

ZEN - CAPITOLO N. 100


Capitolo n. 100  -  zen


Inclinò la testa, come gli chiese Phil.
Farrell lo stava scrutando ed il ragazzo sorrise nella sua direzione, facendolo contrarre sulla sedia, diventata improvvisamente scomoda.

“Non guardare lui, guarda me” – si intromise Derado.
Il giovane non gli diede retta, fissando ora l’irlandese – “Perché dovrei? Tu non mi interessi” – disse secco.
“Lui non ti procurerà questo lavoro, io sì”
“Mi credi in vendita?” – adesso lo puntò.
Phil scoppiò a ridere – “Sei sempre il solito Taylor”
Il ragazzo si alzò, raggiungendoli – “Come sono andato?” – chiese acerbo ed incantevole.
“Una meraviglia, hai già visto Xavy?”

Colin si sentì alla stregua di un imbecille.

“Non ancora …”
“Vieni ti presento Farrell”
L’irlandese non si mosse, allungando la mano – “Ciao, sono Colin”
“E’ un onore, Taylor, Taylor Render” – gli sorrise.
“Ci siamo conosciuti a New York l’anno scorso, faceva da modello a Xavy … ah eccolo”
Il pittore gli corse incontro, abbracciandolo calorosamente.
“Ehi nino calmi! Non prevedo provini a luci rosse”
Erano mezzi nudi.
“Facciamo un tuffo in piscina!” – propose Xavier e Taylor lo seguì senza esitare.

“Sei stato un pochino stronzo Phil” – ringhiò Farrell.
“E tu un pochino ingenuo, nonostante l’esperienza che avresti dovuto maturare ahahah”
“Ok … E’ molto carino, appropriato direi”
“Suppongo di sì … Il mio protagonista dovrà essere selvaggio, per sedurre il tormentato scrittore … Che dovresti essere tu, mio caro, se accetti.”
“Ne parlerò con Jared” – ribatté serio.
“E da quando decide lui?” – obiettò il regista.
“Non ho detto questo”
“Sicuro Colin?”


“Spencer non piangere, ti supplico, non farlo … Agiti anche il nostro Twist”
Morgan glielo disse con infinita tenerezza, avvolgendolo alle spalle, con il suo corpo massiccio, assorbendo entrambi i due amori assoluti della propria vita.
“Mi di dispiace … non volevo, davvero”
Reid balbettava ogni volta si sentiva messo alla prova, da un’esistenza troppo severa con lui già dall’infanzia: non avrebbe mai permesso accadesse lo stesso a Gregory.
“Dobbiamo affidarlo ad una famiglia più stabile, sai Derek? Io sono sbagliato per lui … Tu no, ma io …” – si girò lento, passandogli il bimbo – “Io si.”

“Non dire sciocchezze, tesoro.”
La voce di Rossi riempì la stanza, ma fu vedere Kurt insieme a lui, l’elemento che sconvolse Spencer.
Fu lo sguardo del compagno di David, saturo di tenerezza e comprensione, a colpire Reid.
“Dave vorrebbe parlare con Spencer. Verresti con me, Derek, con il vostro bellissimo bambino, giù nel parco?”
“Sì … certo.”


“Accidenti, gli anni passano, ma è ancora così bello …”
“Non è mica un matusa, Taylor!” – Xavier rise, spiando Colin, mentre lui e l’amico erano a mollo.
“Il tuo uomo è ugualmente interessante e sai che lo penso sul serio” – affermò, scrutandolo.
“Sì … ricordo … Magari dopo stiamo un po’ insieme: tutti e tre”
Risero.


Rossi gli passò un fazzoletto.
Reid ci si asciugò il volto smagrito, soffiandosi poi il naso.
Era tenero.

“Va meglio?”
“No Dave. Per niente.” – disse andando verso il davanzale, dove si accomodò, rigido.
Il più anziano rimase in mezzo alla stanza.
“Hai detto un’enorme sciocchezza, prima.” – esordì pacato, in un discorso che voleva risolutivo.
“Ho elaborato la deduzione più logica, invece. Quindi restane fuori, è un problema tra Derek e me.”
“Gregory non è un problema.”
“Cosa ne sai? Hai avuto tre mogli, ci hai divorziato, nemmeno un bimbo da crescere, ora fai che cosa? Il padre surrogato di Martin?!” – ruggì rabbioso.
Rossi inarcò un sopracciglio, piazzandosi sul bracciolo di una poltrona.
“Sei … cambiato.”
“Più aggressivo, David? Forse”
“No. Ti sei brutalmente incattivito. Contro chi? Me. Troppo semplice, sai?” – e sorrise a metà, come quando analizzava i serial killer, misurandosi con la loro intelligenza, dimostrando di avere maggiore scaltrezza ed esperienza.

“Sto raccontando i fatti.”
“Fai rapporto ad Hotch? Lui non è qui. Qui ci sono io, adesso e parlo con te, del casino che stai combinando dopo esserti costruito una famiglia con Derek. Ed anche questo è un fatto.”
Reid strabuzzò le palpebre, stringendo i pugni – “Non ne hai il diritto!”
“E qui sbagli. Molto comodo cercare Dave quando il mondo brucia e poi buttarlo fuori, quando ciò che dice fa troppo male, giusto Spencer?”
“Cosa credi di risolvere, ora, qui, dopo essertene andato via da me, da noi?!”
“Tu ami Derek ed io non ti amo: non è un’equazione, è la realtà e sei talmente intelligente, che non dovrebbe sfuggirti il senso, che dovrai dare al tuo domani.” – ribatté convinto.
“Tu ami Kurt … questo è evidente” – due lacrime traboccarono dai suoi occhi gonfi.
“Ci siamo scelti. C’è stato un tempo in cui io ho assistito alla tua, di scelta e non ero io o sbaglio?”
Reid annuì, alzandosi.
“Ti ho forse tormentato, Spencer?”
“No tu … Tu l’hai accettata, per …”
“Su avanti dillo” – bissò deciso.
“Per arrendevolezza, per rassegnazione!”
“E’ il tuo cuore ferito a farti parlare, purtroppo. La risposta è ben diversa: tu non saresti mai stato mio. Tutto qui.”
Il giovane reclinò il volto, raccogliendolo tra i suoi palmi gelidi.
Rossi si avvicinò, poi lo strinse, facendo sciogliere le sue braccia esili, che Reid abbandonò lungo il proprio corpo, per poi cingerle intorno al busto di David.

“Sono davvero cambiato …?” – chiese inerme.
“No angelo mio … Era una provocazione”
“Ora come faccio con Derek …?”
Ripresero a guardarsi.
“Non dovrai fare nulla.”
Era, fortunatamente, vero.


Jean Paul fece un ottimo lavoro.
Ancora un poco di gel, anche il pizzetto era perfetto.
Robert si specchiò, mentre Jude sorrideva.
“Hai una belle pelle” – osservò l’hair stylist.
“Incredibile, vero?” – replicò l’attore.
I suoi occhi sembravano più grandi, incorniciati da quella faccia spesso irriverente contro la vita.
Il destino.
La malattia, di cui si era fatto beffe.
Anche se lo aveva consumato, la camicia bianca ed il gilet gli stavano comodi, così i calzoni.
A piedi scalzi si alzò dalla seggiola, della sua nuova camera ospedaliera.
C’era un giardino, oltre i vetri, che Law spalancò, facendo entrare il sole di giugno, la brezza salmastra dell’oceano poco distante, la luce calda, che avvolse Downey, a braccia alzate, palpebre chiuse, per un leggero fastidio, a cui il compagno rimediò immediatamente, passandogli i Ray-Ban e congedando Jean Paul.
“Metti anche queste Rob …”
“Uh le mie infradito, grazie tesoro.” – e lo baciò, aggrappandosi a lui.
La tavola era pronta, c’era del pesce e del pane tostato, burro e qualche salsa francese.
“Quello non posso berlo …” – ed indicò dello champagne.
“Glam sperava di sì, è opera sua …”

E lui non c’era, pensò Robert.

“Molto gentile, come al solito …” – sottolineò con affezione l’americano, incontrando il sorriso dolce di Jude, che lo baciò nuovamente, prendendo posto.
“Ho appetito … che buon profumo”
“Devi mangiare ciò che ti senti, aumentando le dosi, così mi ha spiegato Jim”
“E’ tornato?”
“Sì Rob … Ieri credo … abbronzato e molto soddisfatto del suo matrimonio.”
“E Laurie?”
“Lui è una sagoma, lo sai”



“Come si dice? Déjà vu?!”
Hugh ticchettò il bastone sul parquet: questa volta erano dal messicano.
Mason rise – “Vedrai che stavolta andrà meglio … Stanno arrivando.”
Laurie si sporse dal divanetto, verificando l’entrata di Preston e Denny.
“Ma quello non è l’avvocatino socio dell’avvocatone?” – bisbigliò pettegolo.
“Direi di sì … comportati bene … Ehi ciao ragazzi!”
McIntyre era radioso, anche Denny, rimuginò Laurie.

§ Una bella radiografia di coppia: il proletario, tutto studio, lavoro, studio, patta di Jim … ah no, quello era il passato.
Ok, Hugh riprende il filo, quindi studio e poi il principe ereditario, bello da svenire, che ora se lo mangia con gli occhi, il dottorino dagli occhi scuri, i capelli scapigliati, il fisico asciutto, ma nemmeno troppo palestrato, a differenza del suo nuovo boy friend.
Si dice così, no? §

“Scusate, ma dovevo inviare assolutamente questa e-mail!” – si giustificò lo psicologo, riponendo il tablet.
Mason lesse il messaggio appena ricevuto e poi gli mollò un calcio negli stinchi.
“Ahu!”
“Amore! Racconta a Preston e Denny la nostra luna di miele, dai!” – e poi sussurrò agli astanti – “Gli è piaciuta un sacco …”


“Da quanto non lo facciamo, Jude?”
“Cosa?”
Downey aggrottò la fronte.
“Il punto croce!”
Law sorrise – “Scusami …”
“Perché non ti rilassi, sono ancora vivo” – si lamentò.
“Lo vedo”
L’inglese si alzò dallo sdraio, sembrava di essere sulla loro terrazza e non in una clinica.
Prese in braccio Downey, senza preavviso, chiudendosi con lui nello spogliatoio.
Senza troppa fatica si ritrovarono nudi: solo l’energia faceva la differenza, ma quella di Jude sopperiva a qualsiasi carenza del consorte.
Glielo fece sentire, poi lo lubrificò, usando il sapone del dispenser.
Certo non fu romantico, ma a nessuno dei due importava: era così bella quella normalità ritrovata.
Gli salì dentro, Robert urlò.
Piangeva.
Di gioia.
Anche Jude.

Le sue mani sotto i glutei di Rob, la sua carne dentro Rob, che saliva e scendeva, come il suo busto snello, un po’ patito, ma terribilmente sexy.
Law quasi si vergognò di sentirsi ingrossare il membro, nel mentre lo riscopriva, in una figura più docile, acerba.
Lo scopò più forte, perché lo amava e glielo gridò nelle orecchie, nella gola, nel collo, poi si baciarono, leccarono e poi ancora ed ancora quel ritmo cresceva, fino ad esplodere.


“Taylor chi?”
Jared lo chiese assaggiando la macedonia, che Pamela gli aveva appena portato, ricoperta di gelato alla crema.
“E’ squisita nino”
“Lo immagino … Meno male che me ne hai lasciata un pochino Pam” – rise.
“Lo so, ho messo su qualche chilo” – mugugnò simpatica.
“Ma se sei uno splendore” – si intromise Colin.

“Allora Taylor chi? Non so chi sia”
“Neppure io, ma a Phil piace”
“Ed a te?”
“Non so che dirti Jay … Dovrei vedere qualcosa di suo … ammesso che esista” – rise nervoso.
“Cerchiamo in rete …”
“Vedo che la terapia di Tom funziona”
“Sì … Devo ringraziare Jim e pure Glam, me l’hanno così raccomandato”
“Lo farò anch’io … L’auto di Geffen è in fondo al viale, ma lui dov’è?”


“Ritardo Pam …? Cosa vuole dire …”
Glam deglutì a vuoto, poi si appoggiò alla parete in legno del gazebo, dove Pamela gli aveva dato appuntamento.
“Anche Carmela la è …”
“Eh …?”
“Siamo andate dalla dottoressa insieme, ieri … Sì, insomma Glam cosa dovrei fare?”
“Tesoro …”
L’avvocato corse ad abbracciarla.
“Maldido, questa è sfiga? No, spiegamelo, lo abbiamo fatto una volta e”
Geffen rise – “Le bimbe lo sanno?”
“Le bimbe non sono poi così bimbe, mi hanno accompagnata e facevano i salti di gioia, sono loche!”
“No … sono nostre come … Questo bambino, nina …” – e le accarezzò il ventre.
“Tu la fai semplice”
“Posso unicamente esserne felice Pamela: preferiresti una scenata, sarei un coglione, non pensi?”
 “Io sono turbata … Confusa …”
“Chi lo sa, a parte Carmela e le gemelle?”
“Nessuno Glam”
“Ok … Ora troveremo il modo di dare l’annuncio, se sei d’accordo …”
“Già si vede, la sono per forza!”
“L’entusiasmo non ti manca … Andrà tutto bene”
Geffen stava sudando freddo, ma doveva rassicurarla.
Immaginò le reazioni di chi lo circondava: non tutte sarebbero state di approvazione, ma il suo primo pensiero, al momento, si proiettava su quella creatura, l’ennesima sorpresa, per una vita a dire poco movimentata.










 Taylor Kitsch
entra nel cast di zen 

ONE SHOT - THEREALJARED


One shot  -  TheRealJared


Siena,   primavera 2013


Il ribervero della piscina è distante dalla terrazza, da cui Jared Leto si sta affacciando, però la sua figura ne è come accarezzata, in piedi, appoggiato alla balaustra, a scrutare il giardino, intorno allo specchio d’acqua.
Balthazar Getty lo sta guardando.
Ammirando, ad essere sinceri.

“E’ quasi pronta”
“Cosa?” – il cantante si gira verso di lui, con un sorriso.
“La cena, Jared …”
L’uomo gli si avvicina, con un bicchiere di vino rosso.
Leto ne beve un sorso – “Grazie … Molto buono, come sempre”
Prende un respiro, chiudendo la porta finestra, l’aria di fine aprile è ancora fresca.
Va a sedersi sul letto, in un fascio di luce, adesso, dai toni arancio, rimandato dall’abatjour e dagli stucchi nel colore della terra senese.
Giocherella con il cellulare, sono inseparabili, Getty lo pensa, sorridendo.

“Che c’è Balt?”
La domanda, accompagnata di nuovo da quegli occhi zaffiro, lo attraversa.
“Quell’affare … sempre in mano” – replica imbarazzato.
Jared gliela tende, libera da quell’affare.

Lui gli si avvicina, sedendosi, facendo quello che Jared vuole, come al solito.
Si baciano.
Il vino dov’è finito?
Ah già, sul comodino e Getty avrebbe anche voluto spegnere quella dannata lampada, perché poi ricordarsi il corpo di Jared, sotto di sè, dopo che lui aveva deciso di scopare, lo avrebbe ferito per settimane, mesi, durante i quali l’amico sarebbe sparito.
Come da copione, di una vita di corsa, dove Leto si ferma raramente, poi riparte, più veloce di prima ed in quelle brevi pause, metabolizza inquietudine, depressione, inadeguatezza, a cui Balthazar Getty pone un rimedio placebo, facendolo sentire in  famiglia, con i propri figli, che lo chiamano zio Jay, tra Los Angeles e l’Italia, in ogni caso distante dalla moglie del milionario americano.

“Ja Jared il preservativo …”
“Lascia stare” – gli ansima nel collo, mordendone una piega, che lo stava eccitando.
“No Jared io …”
Leto lo fissa, finendo di spogliare entrambi – “Lascia stare”
Ok.
Come vuoi tu.
Tanto non avrei deciso comunque.

Lo stava sentendo troppo e Balt non avrebbe voluto che accadesse.
L’intimità non era mai stata un problema, anche se baciarlo già valeva a dire andare in pezzi.
Ora, per giunta, a Getty stava scoppiando il cuore, nel petto, nella testa, venendogli dentro, avvinghiato a lui, che stava facendo altrettanto, senza neppure essere toccato, se non in quella porzione di carne, così viva e bollente, dove il seme di Balt dilagava, tra ansiti ed urla soffocate nell’incavo della spalla di Jared.
Poi finì tutto.

Getty si sarebbe chiesto se era la sua ricompensa, per averlo ospitato, per il jet, che gli mandava ogni volta Jared ne avesse l’esigenza, anche per scappare da luoghi dove non voleva più stare, non per un capriccio, ma per quei casini sentimentali sempre più ingestibili.
Ad essere sinceri: uno solo.
Da anni.


Respiro mozzato.
Sudore.
Un bacio.
Strano, a Jared sembra persino piacere.
In qualche strano modo, lui c’è e Balt ci annega, così, tanto per fare qualcosa, ripetendosi, anche con una certa pena, che non ha alcuna importanza.
Per Jared, ovvio.

Doccia.
Jared ci si infila subito, almeno dopo averlo fatto con lui.
In altri casi, Balt rimugina, restando a pancia in giù sopra il materasso, è probabile che Jared rimanga abbracciato a …
E poi si addormentano.
E sognano.
Si svegliano a metà della notte, rifanno l’amore.
Sì, loro due, fanno l’amore: uno è Jared, ma l’altro non è Getty.

“Fanculo …” – ringhia piano, caso mai Leto potesse sentirlo.
Basta paranoie.

“Io scendo” – gli grida dalla camera.
“Ok, a dopo” – Jared gli risponde dal box, sembra persino allegro.


I bambini.
Chiasso, racconti che si accavallano, a zio Jared piace ascoltarli, ride con loro, condivide giochi, mostra foto, si inventa persino dei giochetti di prestigio.
Tutti ridono.
Jared è bellissimo.
Incredibile abbia quasi quarantadue anni, Getty pensa.
Pensa un casino, quando Jared è nell’orbita dei suoi giorni, pochissimi, mai abbastanza.

Il bberry vibra.
Jared sorride.
E’ Terry.

“Sì, sono arrivato nel pomeriggio …”
“No, dai, magari quando torno … e dove?”
“Terry non dovevi passare da Malibu? A New York non mi fermo questo mese … Non lo so ancora … No, non l’ho sentito, poi sai cosa”
“Se ti dico che non me ne frega niente di”
“Ma te ne vuoi stare un po’ zitto?”
Risata nervosa di Leto, ma Terry lo conosce troppo bene e contesta ogni bugia di Jared con la consueta schiettezza.
Anche Getty vorrebbe esserlo, con lui e vomitargli addosso quello che sente e quello che pensa sull’argomento ora al centro della conversazione tra il cantante ed il fotografo.

Jared saluta, riattacca, sbuffa.
“Problemi?”
“No, Terry ha la lingua lunga, si facesse un po’ i cazzi suoi”
I bimbi sono già nella sala giochi.
Niente parolacce davanti a loro.

“Su cosa?”
Jared lo fissa.
Quello sguardo sa di fatti pure tu i cazzi tuoi, Balt, non mi rompere, ringrazia che sono qui, che mi faccio scopare due o tre volte l’anno da te, che sei un ipocrita, che non lasci tua moglie, nemmeno per …
Getty avvampa.
“Io lo farei se tu” – balbuzie odiose.
“Che dici, Balty?”
Leto ride, Getty muore.
Uno a zero.
Palla in centro.

“Faccio un tuffo, che dici mi busco una polmonite?”
“E’ riscaldata, lo sai … Prendi l’accappatoio.”
“Sì papà ahahah”
Leto sparisce.
Getty lo è già da un pezzo.


Una mattina di sole.
Colazione in veranda.
Getty ha assunto un baby sitter, uno studente, molto abbronzato, chiacchierone, simpatico e riccioluto.
Un bel fisico, Jared ci butta un occhio, tanto per vincere la noia.
E’ già stufo di stare lì, forse perché aspetta qualcosa.
Una telefonata.
Un messaggio.
Una e-mail.

“Credevo rimanessi a Berlino”
Inizio conversazione senza senso, pensa Getty.
“A fare cosa Balt?”
“Non saprei … Milano ti è piaciuta?”
“Sì, come sempre, un po’ grigia … avevo fretta”
“Niente shopping?”
Che cazzo sto dicendo?

Jared lo guarda.
“Un tizio mi ha mandato dei vestiti, una sua nuova collezione, tipo questa casacca …”
“Ti sta bene”
“Trovi? Tu non sei obiettivo Balt”
Ride.
Rabbia.
“Ora mi prendi anche per il culo, Jay?”
Ok, doveva succedere, prima o poi, quindi quel POI è adesso.

Jared sgrana i suoi fanali, capelli tirati indietro, volto scoperto, pulito, sincero, sembra urlare, nel silenzio
Quando mai l’ho fatto? Ti ho mai illuso? Diciamo che per cinque fottuti minuti ho pensato che tu mollassi il tuo bel nucleo fasullo, PER ME, ok Balthazar Getty?
Tu mi usi?
Io ti uso.
Discorso chiuso.

“In che senso Balt?”
Sembra mortificato.
Getty si alza, gli dà una carezza sulla spalla – “Perdonami”
Svanisce.


Una caratteristica di Jared Leto è di non lasciare le cose in sospeso.
Detesta farlo e quando succede, è solo una parentesi, una pausa, perché presto o tardi riprende il discorso, la lite, una discussione, qualsiasi fottuta cosa sia rimasta appesa.
E’ tipico, per chi ha un elemento, un chiodo fisso, da un pezzo, piantato nel cuore, che non trova soluzione, sbocco: peccato non riguardi Getty, quella situazione del cazzo, su cui Jared spende raramente qualche considerazione e se accade, è Terry il suo interlocutore.
Nessun altro.


“Cosa ti ho fatto Balthazar?”
E’ alle sue spalle.
“Non voglio discutere … Lasciami in pace”
Lo dico per dire, ti prego non farlo, Jared, non uscire dalla mia vita, ne morirei.
“Balt se abbiamo un problema, anche se non capisco quale, tu ed io”
Getty si gira, ora basta.
BASTA!
“Io ti amo. OK? TI AMO JARED!”
Il tempo cade.
Le pareti si sciolgono.
Come lo zucchero filato, al luna park di San Diego, la prima volta che sono usciti insieme, dopo avere girato un pilota, finito chissà dove, quindici anni prima, forse di più, di certo di più.
Jared, però, sembra sempre uguale, almeno negli occhi, le sopracciglia, la bocca perfetta, piena di zucchero filato, poi della lingua di Getty, a strusciarsi sulla sua Porsche nuova di zecca.
Una domanda cretina, non da Jared.
“Ma sei gay?”
“No e tu?”
Risate.
Potrei essere qualunque cosa tu mi chieda, Jared, stanotte e per sempre.
Stop.
Non glielo dice, ma lo sguardo non mente.
E Jared Joseph Leto, angelo piovuto da Bossier City, capisce il prossimo dagli occhi: non mentono.
Soprattutto quando tremano.

Come ora, nella sala degli arazzi di casa Getty, tra le colline toscane.
“Mi dispiace …”
“Lo dici a tutti, eh Jared?!”
Leto annuisce.
E’ a disagio, odia non avere il controllo, l’ira di Getty è troppo seria per essere smorzata da un sorriso dei suoi, da un abbraccio, che proprio non gli viene di concedere ad uno degli uomini più ricchi del pianeta.
Jared, povero in canna, quella Porsche gli aveva fatto un certo effetto, ora non più, è cresciuto, è un arricchito pure lui, molto diverso dal nascere nella bambagia.
Elucubrazioni del cazzo.

Il cellulare suona.
Una melodia gradevole.
Jared controlla il nome sul visore, le sue labbra si tendono, poi se le morde.
Risponde.

Sì?
Sono in Italia … E non ne ho idea, ok?
Ma quale aereo, dove … cosa cazzo ti inventi?
No non … io non lo sapevo, ok?
Esisteva solo una persona, che gli faceva quell’effetto.
Ed era terribilmente vicina, anche se in un altro stato.
Oltre la Manica.

Io sono calmo, Colin, ma tu non vuoi proprio capire quello che ci siamo detti a Los Angeles!
Sai che sforzo, interrompere le riprese per un pomeriggio e …
Certo che sono stato bene … ho apprezzato il gesto … Una rarità!
No sei tu quello stronzo, non io e piantala di rinfacciarmi
Ecco, ora piange, inevitabile, incazzato sino al midollo, perché tanto non lo lascerà mai.
In qualche modo, giusto o sbagliato, si ritroveranno sempre, lui e quel dannato irlandese.

Getty ride mesto.
Vinto.
Si allontana.
Jared ora sta sorridendo, accartocciato sul divano in damasco verde.
A Balthazar sembra di vederlo, Colin James Farrell, tizzoni accesi, un po’ languidi, voce calda, nel cervello di Jared Joseph Leto, nel suo corpo, che gli fa l’amore senza preservativo …
Quindi Getty ha avuto anche troppo, questo giro.
Quasi un’illuminazione, dovrebbe tornare di là, prostrarsi ai piedi di Jared, con gratitudine, come un miracolato.

Cazzate.

E’ di nuovo alle sue spalle, Jared, parla alla sua schiena, prima di ripartire.
Le mani in tasca.

“Colin mi ha … mandato il suo jet … Credo sia impazzito a comprarne uno, cosa gli serve?”
Getty si volta, lo guarda.
Se fossero solo amici, potrebbero sparlare di questa novità, come due coglioni.
Dettaglio: il coglione è solo lui, ma anche Jared, questo giro, non ne esce per niente bene, come direbbe il panettiere giù in paese.

“Per te si fanno follie, nessuno sa dirti di no, Jay”
Finché dura.
Sorride.
“Faccio i bagagli, tolgo il disturbo”
E’ impacciato.
In fondo anche vederlo così, è una triste rivalsa, un po’ vuota ad essere onesti.
Meglio che niente.
“Ok, buon viaggio, salutami Dublino …”

Getty torna all’aperto, il sole lo investe, fa davvero caldo.
Quasi si soffoca.
Come cerca di fare con il singulto, che gli tormenta la gola.
Poi passa.
Passa sempre.
Più o meno.

F i n e





JARED LETO E BALTHAZAR GETTY