giovedì 31 gennaio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 46



Capitolo n. 46  -  zen


Robert se ne stava seduto intirizzito sotto i portici, dove Jared e Colin avevano deciso di acquistare i manufatti intravisti nel pomeriggio dal cantante.
Jude sorvegliava Camilla sulle giostre, a cinquanta metri da lì, ringraziando di avere una buona scusa per non stare accanto al marito, incapace di nascondere la propria fragile instabilità emotiva.

Downey fumava, disegnando con il proprio fiato delle scie di fumo bianchissime, che ogni tanto gli lambivano il volto, per una leggera brezza notturna, piuttosto gelida.
“Prenderai un malanno”
La voce di Tomo aveva un che di simpatico e quieto.
Robert sorrise – “Il mio amico croato … quanto tempo, siedi”
Il chitarrista prese posto al suo fianco, accendendosi a propria volta una sigaretta elettronica.
“Preferisco ancora queste” – disse mesto l’attore, guardandosi in giro.
“Lui non c’è Robert … Credo stia litigando con Matt, nella loro camera.”
Downey lo fissò stranito – “Ne sei sicuro?”
“Ci sono passati davanti, ma le urla si sentivano anche dall’ascensore chiuso.”
“Cazzo …”


Matt aveva demolito metà del mobilio, senza che Geffen glielo impedisse.
Lasciarlo sfogare in quella maniera poteva tornargli utile.
Il giovane, infatti, crollò stremato sul divano, puntandolo come se volesse sbranarlo.

“Ora come minino ci arresteranno. Sei davvero un coglione, Matt.”
Lui non replicò.
“Lo sei per svariate ragioni: la prima è perpetrare il tuo insano delirio raccontando ai quattro venti che siamo fidanzati. Le restanti sono sotto i nostri occhi …”
“Bastardo … stronzo, bastardo, dormi qui sopra e poi vai a scoparti quella puttana di Denny!!” – inveii, ottenendo in cambio un ceffone da Glam, ormai esasperato e prossimo a fare una sciocchezza.
Matt non reagì.
L’uomo lo prese per il bavero della camicia a scacchi bianchi e blu, trascinandolo contro alla parete.
“Ok” – ringhiò – “Ok Matt, visto che ti fai forza su di un ricatto infamante, voglio darti un buon motivo per mandarmi in galera!!”

Un sonoro bussare, sembrò irrompere nell’ambiente come un tuono.
Matt stava piangendo, inerme, pallido.
Geffen mollò la presa e lui scivolò sino alla preziosa moquette, dalla foggia scozzese rossa, a righine gialle e verdi
Quando l’avvocato spalancò la porta, si ritrovò davanti Robert, ansimante.
Era corso sino a lì, per impedirgli qualsiasi cosa avesse in mente.
“Amore …”
“Glam vieni via da qui, subito!” – ed afferrandolo veloce per il polso sinistro, Downey lo fece uscire con veemenza da quella suite, dove regnava un caos indescrivibile.


Jude raggiunse Colin, rimasto solo ad un bistrot, nell’attesa che Jared concludesse il suo shopping, aiutato da Shannon, Josh e Tomo, ormai abituati alla sua eccentricità, soprattutto nella scelta dei soprammobili, con cui intasare la End House.

Camilla si aggregò al resto dei bimbi, monitorati da Pam, Carmela ed i body guard, nel parco giochi adiacente quel locale intasato di gente chiassosa ed allegra.
Il tutto completamente avulso dallo stato d’animo dell’inglese, che chiese una bottiglia di cognac con due bicchieri.
“Io ho smesso” – disse preoccupato Farrell, guardandolo.
“Berrò anche per te … alla salute dei miei amici più fortunati del sottoscritto” – ribatté sarcastico, inghiottendo un singulto greve.
Nei suoi occhi albergava una delusione senza confini.
“Jude dovresti smetterla di piangerti addosso!” – sbottò severo l’irlandese, adombrandosi.
“Facile a dirsi, dalla tua riva del fiume Colin bello …” – ridacchiò, bevendo svelto il primo calice di veleno.
“Ok, ci siamo scambiati i ruoli, come in uno dei nostri film. Prima c’ero io nella merda, adesso ci sei tu. Questo non ti autorizza, però, a buttarti via in questo modo, cazzo!”
“Blatera fin che vuoi, Colin, io non riesco a voltare pagina!” – bissò ferito – “Dovrei forse mollarlo??! Trovarmi un nuovo compagno??!”
Farrell si morse le labbra – “E perché no?!”
“Come volevi fare tu con … come si chiamava …? Justin!?”
Farrell si sentì spiazzato, ma per poco.
“Con lui, con Justin, non intendevo certo avere una relazione, così come con Jared non ero arrivato al punto in cui sei tu insieme a Robert”
“Ma senti … e quale sarebbe, questo cazzo di punto??!” – sibilò.
Irish buddy sembrò sciogliersi in una dolorosa constatazione: “Voi due non vi amate più.”




“Fermati Rob, accidenti!!”
Erano arrivati a ridosso delle piste.
“Dove diavolo stiamo andando!?” – chiese disperato Geffen.
“Non lo so … IO NON LO SO GLAM!!”
Si abbracciarono forte.
“Piccolo mio …” – gli disse commosso.
“Non smettere mai … di chiamarmi …  e di credermi così Glam” – mormorò strangolato dal pianto.
Geffen lo baciò ed i colori che esplosero nel cuore di entrambi erano vividi, quanto fugaci.
Ne sarebbe sempre valsa la pena, di morire così.
Per uno, dieci, cento, mille anni … ed anche di più, pensarono all’unisono, senza doverselo dire.
Bastavano i loro sguardi.

“Io devo tornare Robert … Io devo, capisci?”
Downey tremò, annuendo – “Mi hai … mi hai detto di avere fiducia in te e che un giorno avrei capito … Ma quel giorno non arriva mai ed io sto impazzendo …”
Geffen sorrise amaro, segnandogli gli zigomi – “So che mi crederai se ora ti dico che l’unica mia fonte di energia nasce da ciò che provo per te, amore … E la mia salvezza, Robert, anche questa sera … Grazie” – e lo baciò nuovamente.
Un istante dopo, sembrarono rannicchiarsi l’uno nell’altro.
“Con Jude … non funziona più niente … niente”
“Forse dovresti trovare il coraggio Robert, con o senza di me … E’ inevitabile”
“Senza di t-te?” – balbettò spaventato.
“Non posso restarti accanto, anche se ci sarò appena tu lo vorrai o ne avrai bisogno Robert …”
Downey pensò a Mendoza ed all’eventualità che Geffen potesse finire in galera per un periodo lunghissimo.
Se lo immaginò dietro le sbarre, con l’unica possibilità di incontrarlo durante le visite parentali: fu come un incubo ad occhi aperti.
“No Glam … non può finire così …” – pensò ad alta voce, provando uno sconforto atroce.
“Non finirà mai … mai Rob, te lo prometto”


In quel frattempo, Matt stava lasciando l’hotel, ma non era l’unico ad avere preso quella decisione.
Lui stava rientrando alla Star House, perché lì era il suo posto, se lo ripeteva come una cantilena, anche in auto, guidando spedito verso Los Angeles.

Jude, invece, aveva scritto un biglietto scarno al consorte, dopo avere spiegato a Camilla che lo avevano ingaggiato per un lavoro importante, ma lontano dagli Stati Uniti e per un periodo non ben definito dalla produzione.
Lei ascoltava partecipe quei dettagli tecnici, provando orgoglio per il suo papà tanto bravo e famoso: glielo disse e Law scoppiò a piangere, cullandola.
A Colin e Jared, presenti per tenerla con loro sino al ritorno di Downey, il cuore si sgretolò.
Farrell avvolse con fervore l’amico, garantendogli che quel disastro si sarebbe sistemato.
Era un’assicurazione tanto sincera quanto priva di fondamento.




mercoledì 30 gennaio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 45



Capitolo n. 45  -  zen


Denny si sporse verso il proprio comodino, per prendersi una sigaretta, dando la schiena a Glam.
Con un movimento non troppo rapido, ma affascinato da quanto stava vedendo, l’uomo posò un bacio alla base della sua spina dorsale, sorridendo.
“Mi vuoi ancora?” – chiese il giovane, con aria rilassata.
Geffen in risposta lo baciò, stringendolo a sé, ma con tenerezza.

“Ho parlato con lo zio di Gabriel e Tomas, a Rio, fa il chirurgo plastico … Lo studio ha già pronti i documenti per il ricovero nella sua clinica privata, devi solo portare il passaporto ed un bagaglio leggero, in tre giorni sarai come prima”
La loro conversazione era tranquilla, come se stessero insieme da una vita o semplicemente per davvero, quando invece era tutto il contrario.
Denny sorrise.
“Nessuno torna come prima … dovresti saperlo Glam.”
“Sì, può darsi” – e diede un tiro a quello che sembrava uno spinello, più che una Camel.
“E’ per i dolori” – lo anticipò Denny, vedendo che Geffen aggrottava la fronte, perplesso.
“Capisco. Guarda, però, che siamo circondati da poliziotti”
“Vedo … Bella idea farli venire qui, non capisco il tuo piano, visto che ne hai uno, vero?” – e rise.
“Sono allo sbando, altro che piano, piccolo” – e si alzò, prendendo i pantaloni e la biancheria dalla seggiola poco distante.
“Vuoi che scenda dopo di te, diciamo venti minuti?” – domandò esitante.
“Affatto. Andiamo insieme, su avanti preparati” – e con un altro sorriso, gli diede ancora un bacio.


Matt fece un cenno a Lula, in braccio a Vassily, con al seguito Peter, Kevin e Tim.
“Ciao soldino, mangi qui, vero? Papà sta arrivando” – disse fremente, imbarazzando i tre, che si scambiarono un’occhiata veloce e dubbiosa.
Notarono, poi, che nessuno voleva aggregarsi a Matt e le motivazioni risultavano evidenti al body guard, che mai proferiva parola, ma notava ogni dettaglio circostante.
“Il nostro tavolo è quello là, in fondo” – esordì il sovietico, mentre Lula gli faceva l’occhiolino, senza che Matt lo notasse.
“Mangerò il dolce con il mio papà Glam, ci vediamo più tardi! Ciao ciao” – e, sempre sul petto ampio del suo angelo custode, Lula lo esortò a proseguire.
Kevin e Tim rimasero in silenzio, mentre Peter scrutava divertito quel fuori programma: nulla in confronto a quello prossimo, appena Geffen si fosse palesato con Denny, il che avvenne dopo cinque minuti.

Colin e Jared avevano convinto Jude e Robert a cenare insieme a loro, ma appena Downey intravide Glam, le sue gote si imporporarono vistosamente.
L’avvocato aveva un’aria affaticata, ma compiaciuta, specialmente nell’accomiatarsi da un Denny, altrettanto raggiante, che raggiunse immediato Dean, Sam ed il loro bimbo, con il quale si comportava da perfetto zio.
Robert era già in piedi, diretto al buffet delle insalate e sembrò non avere scampo, ritrovandosi davanti Glam, alle prese con una ciotola di verdure miste, degna di Jared, che stava assistendo impotente, quando Colin e Jude, a quella collisione di cuori e di anime.

“Ciao Robert … come stai?”
Persino la sua voce mutava, in presenza dell’attore: Glam non faceva nulla per nascondere quanto ne fosse ancora terribilmente innamorato.
Downey deglutì, appoggiandosi al grande tavolo in radica di noce, come ad evitare di cadere, per lo scombussolamento interiore, che lo stava frantumando.

“Ci hai fatto l’amore, vero?”
Glielo chiese con una vena di disperazione affettuosa, come se capisse il suo essere una mina vagante, una nave senza porto, dopo che dall’ultimo approdo, quello che Geffen aveva amato più di ogni altro, lui lo aveva cacciato, preferendogli Law.
“Se mentirti potesse alleviare questo dolore, Robert, io ti direi di no … Ma non serve a niente, tra noi poi …”
“L’essere sinceri era un marchio di fabbrica?”
“Già … E non mi costava alcuno sforzo, era naturale come svegliarmi con te, gioire del tuo primo sorriso … Non me lo negavi mai, davvero mai, forse perché eri finalmente felice.”
Glam provò ad andarsene, anche perché vedeva Downey come costretto in quella situazione, che agli astanti apparve come una scena di un film, quando il tempo della stessa prosegue ed il resto si cristallizza in un fermo immagine di sfondo.
Tutto quel mondo, che li aveva messi all’angolo, non poteva comunque impedire loro di amarsi ancora.

Una manina tirò il lembo dei suoi pantaloni.
Geffen ebbe come un sussulto.
“Papi Glam!”
Era Isotta.
“Tesoro …” – le sorrise, prendendola subito in braccio, perché lei gli indicava la finestra.
Robert scivolò via.
“Papi guarda … lucciole …”
Sulle piste scendeva una fila di sciatori, con delle fiaccole in mano, per un’esibizione notturna, legata alla festa in corso tra le vie di Aspen.
D’abitudine anche lui ci andava con gli altri, almeno sino all’anno prima.

“Sì sono meravigliose Isy … come te” – ed appoggiò la sua fronte alla guancia paffuta di lei, che stava allacciata saldamente al suo collo, incantata da quello spettacolo.
Nel vetro, dopo un paio di minuti, Glam vide il volto di Syria.
Sorrideva, ma i suoi occhi gli sembrarono tristi.
“Piccola …” – mormorò, per poi girarsi di scatto, vedendo Jared.
“Isy se continui così, lo strangolerai” – disse il leader dei Mars, sforzandosi di apparire sereno.
La bimba rise, liberando Geffen e sporgendosi verso Jared, ormai molto vicino.
“Tutto bene Glam?” – domandò timido.
Matt stava arrivando, stizzito per l’indifferenza di quello, che si ostinava definire con chiunque, come il suo compagno.
“No Jay … affatto. Ci vediamo più tardi, venite alle bancarelle?”
“Sì … i bambini hanno visto le giostre, sotto quel tendone, che sembra un circo”
“Sarà uno spasso” – e guardò oltre le spalle di Leto, sentendosi puntare da Matt.

“Glam io devo parlarti” – si intromise il giovane, con un impeto mal controllato.
“Ciao Matt … Sì, ovvio” – replicò come svuotato, per poi abbandonare la sala con lui, che lo prese per mano, come a sancirne il possesso.

Robert rimestava la zuppa nella ciotola di terracotta fumante.
Voleva evitare di incrociare nuovamente il suo sguardo con quello di Geffen, ormai lontano.
“Non ti piace …?” – chiese distratto Law, appiccato alla sua figura, sopra la panca unica, dove Camilla lo aveva affiancato insieme a Rebecca.
“No Jude, è buona …” – ed alzò i suoi carboni su Jared, davanti a lui e Colin, che gli cingeva le spalle, in attesa della sua portata.
“Ho visto dei quadri in legno Cole, sai li fa quell’artigiano, sono esposti sotto la galleria” – il cantante provò ad introdurre un discorso qualsiasi.
“Non so dove li metterai amore, però prendine quanti ne vuoi” – ribatté Farrell, con un sorriso tirato.
“Ok … voi siete interessati a”
“No” – disse brusco Jude, cospargendo i propri spaghetti con una pioggia di parmigiano.
“Ti si alzerà il colesterolo Uk buddy” – disse Colin ridendo.
“Nulla riuscirà ad uccidermi, più di altre cose Irish buddy” – masticò asciutto, strizzando poi le palpebre, senza mai guardare Robert, sempre più minuscolo e taciturno.
Avrebbe voluto scomparire, se solo fosse stato possibile.




martedì 29 gennaio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 44



Capitolo n. 44  -  zen


Jude stava sorseggiando un tè alla menta, con aria fiacca.
Era un orario più consono all’aperitivo, ma le sue abitudini british erano ben radicate, come la dedizione all’alcol, di cui spesso aveva abusato negli anni d’oro della sua carriera.
“Che combini UK buddy?”
“Ehi ciao Colin … come ti gira?” – rispose biascicando la frase e guardandolo di sguincio.
“Miseria Jude …” – mormorò spiacevolmente stupito l’irlandese.
“Miseria e nobiltà!” – rise sguaiato – “La prima è qui davanti a te, mio dolce amico, mentre l’altra è nella nostra suite, a dormire … dormire, dormire, non fa altro da quando siamo arrivati” – concluse depresso – “… e temo sia un sonno artificiale, sai Colin?” – e lo fissò, più lucido, anche nella sua asserzione convinta su Downey.
“Senti andiamocene da qui, magari sali da noi”
“Per carità ahahah A fare cosa? Forse per assistere allo spettacolino della famigliola felice, allargatasi di recente?” – ed estraendo una bottiglietta dalla tasca del cardigan ampio e sgualcito, come il suo volto, Jude tracannò l’ennesimo goccetto.
“Cristo andiamocene Jude, prima che arrivi il resto della tribù!” – e prendendolo per un braccio, Colin lo trascinò verso gli ascensori, senza più badare alle sue proteste colorite.


Tom si fece una doccia rapida.
Quando tornò in cabina, Geffen era già rivestito e pronto ad andarsene.
“E’ quasi ora di cena … Scendete al nostro tavolo, insieme a Chris ed ai ragazzi di Quantico?” – chiese l’uomo sorridendo, mentre si allacciava l’orologio costoso, dono di Jared in occasione di un Natale precedente.
“Onestamente Glam, non ci tengo a mangiare accanto a Matt. Ci guarda tutti con sospetto ed astio, mi spiace dirtelo.” – rivelò, per poi ammutolirsi.
Temeva di avere urtato il suo paziente speciale, ma sbagliava.
“Tommy io … Devo come sanare un debito con Matt e mi sono cacciato in un casino … ecco” – e deglutì a vuoto.
Il terapista gli si sistemò a fianco, scrutandolo fisso.
“Sii più chiaro …”
“Non ci riesco Tom, non è nelle mie possibilità, al momento almeno.”
“Hai bisogno di aiuto?”
Geffen sorrise imbarazzato – “Sono maggiorenne e vaccinato, non esageriamo” – e si alzò brusco.
“Dove vai?” – chiese smarrito il giovane.
“Da qualche parte … là fuori.”



Spencer morse il cuscino, ripetutamente.
Derek stava spingendo forte, il suo sesso andava ingrossandosi ad ogni gemito di quel ragazzino saccente e sensuale.
L’agente di colore manteneva ormai da un’ora quell’incessante ritmo.
Dapprima aprendogli le gambe, dopo averlo baciato e morso, tra la bocca, il mento, il collo, poi di nuovo la bocca e la lingua, la lingua succosa di Spencer, poi girandolo di forza, per ridurlo a carponi, dominando ogni sua fibra, ogni cellula glabra e ricettiva, che faceva letteralmente impazzire Morgan.
Arpionò le spalle di Reid, con i propri artigli voraci, come i suoi denti, piantati tra le scapole, pronti a retrocedere, lasciando il posto ad un’umida scia, come quella che stava colando tra le cosce bianche ed esili di uno Spencer in totale estasi.
Quando gli crollò addosso, gli addominali di Derek aderirono così saldamente al dorso di Spencer, da fargli credere che non si sarebbero separati mai più.
Gli venne dentro per la terza volta, forse la quarta, Reid aveva perso il conto, la ragione, l’anima.
Se solo gli fosse importato qualcosa di quell’annullarsi: non voleva nient’altro dalla vita.
Lo aveva deciso: definitivamente.


La scusa di salutarlo era plausibile.
Lasciare che gli mostrasse le proprie cicatrici, quasi un’urgenza, per il senso di colpa, che Geffen sentiva salirgli dallo stomaco.
Denny era bellissimo ed indifeso, nella penombra della sua stanza, adagiato sul letto, con al fianco Glam, che lentamente finiva di spogliarlo, dopo avere seguito con una carezza lieve, l’arabesco sgraziato ed irregolare, segno doloroso di quell’attentato sanguinario a Port au Prince, rimasto nelle sue carni e sulla sua pelle.

Geffen si insinuò lentamente, scendendo in lui come un fiume caldo e rigoglioso, anche per come lo baciava, per la gioia che Denny avvertiva pervaderlo.
Si sentiva desiderato, quasi … amato.

Fuori nevicava.


“Bevine ancora Jude”
Farrell gli spinse la tazza di caffè sotto il naso, provocando nell’amico un conato di vomito.
“Devo … devo andare in bagno … cazzo!” – e vi si precipitò, lasciando Colin e Jared attoniti e delusi per quella sorta di tunnel, all’interno del quale, Jude e Robert non riuscivano ancora a vedere la luce.

“Io comprendo che lo stiano facendo per Camilla …” – disse flebile Jared, appoggiandosi alla spalla di Colin, piegato sopra il divano, dov’era seduto con il marito.
“E’ assai più complicato Jay …”
“Sì, Cole, certo …”
“Solo che si sta trasformando in un’agonia, capisci?” – e lo guardò, sconvolto.

Bussarono.
Era Robert.
“Jude è qui?” – fu la prima cosa che disse, senza neppure salutare Jared, affrettatosi ad aprirgli. 
“Ciò che ne resta …” – replicò il cantante, facendosi da parte.