martedì 24 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 30

Capitolo n. 30 - sunrise


“Avere il take away proprio qui sotto è … una figata!”
Chris rise, pulendosi dall’unto delle alette di pollo piccanti, che aveva letteralmente divorato insieme a Rob.
Erano seduti sul divano, unico arredo lasciato dal vecchio proprietario, insieme a poche altre suppellettili, come decine di candele, che il cantante aveva acceso un po’ ovunque.
“Puzzeremo di fritto fino a domani …” – disse perplesso, ma divertito Downey, spargendo briciole ovunque – “Ottime anche le patatine e quelle cialde salate … come si chiamano?”
“Qui c’è scritto … croquetas ... sì buone. Ancora birra?”
“No Chris ... mi rilasso dieci minuti, ma poi devo andare ...”
“Ok ... io dormo qui, è comodo e poi c’è anche un lenzuolo pulito, l’ho visto in bagno, con qualche asciugamano fortunatamente confezionato ... il resto lo prendo dal trolley e poi recupero le mie cose da Antonio ...”
Downey si appoggiò allo schienale, riprendendo sul petto Chris, che non si era ancora confidato del tutto con lui.
Ci furono un paio di minuti silenziosi, poi fece un tentativo.
“A volte mi sento come quelle modelle, sempre con la valigia in mano, che si spostano da un tizio all’altro, sperando di sistemarsi ...”
“Quelle sono squillo!”
Risero.
“Volevo essere fine papi ...”
Robert gli accarezzò i capelli – “Vuoi dirmi qualcosa a proposito di Kevin?”
“E cosa? ... Se inizi a scoparci, poi dipendi da lui come un assetato nel deserto.”
“Chris ...!” – lo rimproverò allegro.
“Provare per credere ... no, tu no, chiedi a ... Jared o ... a Geffen, forse pure a Colin.” – poi si pentì di quell’uscita.
“Colin?!”
“Ho detto una stronzata ... l’ho solo visto sgattaiolare dalla Joy’s house all’alba, dopo il Metropolis ... Forse ha solo vegliato su Kevin, anzi, ne sono certo.”
“Ad essere sinceri, durante il matrimonio di Meliti, ho visto Jared e Colin un po’ agitati, poi sono spariti verso il Marocco ...” – disse perplesso.
“Allora vedi che non è successo niente tra Colin e Kevin, Jared li avrebbe strozzati, anche se dovrebbe soltanto starsene zitto.”
“Che pasticcio ...”
Chris si sollevò, sedendosi rigidamente sul bordo, le mani a tormentare la faccia triste, a quel punto – “Vorrei avere un compagno, un uomo che mi sappia amare, al quale appoggiarmi, una persona vera, che io possa ricambiare, a cui ...” – strizzò le palpebre – “ ... a cui mi possa donare Rob ... capisci?”
“Certo tesoro ... non avvilirti, succederà.”
“Sai chi ho visto qui sotto? Denny ... e di fronte ci abitano Jamie e Marc, l’ho dedotto notando l’auto di Hopper nel viale ...”
“Denny è un bellissimo ragazzo.” – osservò Downey.
“Basta mocciosi! Io ... io voglio un uomo maturo, non certo come Geffen, nel senso caratteriale, visto che fisicamente sarebbe perfetto, ma ... simile a te, rassicurante e fedele!” – sorrise, rannicchiandosi di nuovo.
“Rammentalo a Jude quando sarà il mio compleanno ...”
“Lui lo sa già ... sta bene?”
“Sì ... grazie.” – ed inspirò, sentendo il profumo di Chris, le dita solide, come il resto del suo sembiante, che percepiva sensibile e reattivo, come del resto stava succedendo a lui.
Nel centro del petto, il giovane stava controllando una serie di emozioni bellissime, ma proibite: ringraziava comunque il destino, per avergli dato Robert, in qualche modo, nella sua vita complicata e vuota.
“Devo andare ...”
“Dai un bacio alla mia sorellina ... Appena ho l’appartamento in ordine vi aspetto tutti e tre a cena ...” – propose esitante.
“Non vedo l’ora Chris ... buonanotte e se hai bisogno ...”
“Ho tutto ... o quasi, ti ringrazio Robert.”
Si salutarono, povando una strana malinconia.


Per Downey lasciarlo in quelle stanze semi deserte era come una colpa, ma una volta raggiunta l’auto, si sentì sollevato.
Percorse pochi isolati, accostando in preda ad una improvvisa agitazione.
Iniziò a piovere, era soltanto una nuvola.
Reclinò di poco il sedile, mettendo le sicure ed ammirando l’oceano a quell’ora serale, quando non era ancora buio, ma neppure più giorno.
Aveva caldo, ma poi realizzò che si trattava unicamente del desiderio di masturbarsi.
Si vergognò: le iridi di Chris si mescolavano a quelle di Jude, con il quale aveva fatto l’amore poche ore prima.
Chinò il capo, succube di una stanchezza latente.
Era come un dormiveglia, ma sembrava troppo vero, un fascio di zampilli d’acqua, Chris in ginocchio tra le sue gambe, poi quel suo sguardo, che gli lacerò i sensi, la sua bocca disegnata da un pittore, come il resto di lui.
Lo stava facendo godere con baci profondi, generosi.
Un clacson lo riportò alla realtà, come una scossa ad alta tensione.
La stessa che gli percorreva la spina dorsale.
Si toccò tra i jeans e la camicia, indossata comoda fuori dai pantaloni: era bagnato e stava ancora tremando – “Mioddio ... che cavolo ...”- e venendo.
Si finì, aprendosi la lampo, come un ragazzino ingordo di esperienze e piacere.
Sbottò in un urlo, che nessuno poteva sentire: aprì il vano oggetti, prendendo le salviette di Camilla e sistemandosi alla meglio.
Stava piangendo, livido di rabbia, dandosi dell’idiota.
Volevo solo tornare dalla sua famiglia.


I gemelli stavano finendo i rispettivi biberon, mentre Amèlie ed Isotta gattonavano divertite sul lettone, dove i loro genitori erano alle prese con Thomas e Ryan.
“Pentito di essere rientrato in anticipo, Cole?”
“No ... e tu amore?”
“Assolutamente felice di essere ovunque sia tu ... ed i nostri figli.” – lo baciò su quell’affermazione convinta.
Farrell pensò ad una nuova vacanza, visto che l’Africa, in quell’occasione, sembrava avere perso lo smalto del passato.
Doveva accadere, presto o tardi e si sarebbero rassegnati all’evidenza, forse.


Kevin sistemò i suoi acquisti nell’armadio, poi fece un sopralluogo nell’appartamento.
Il nonno gli aveva lasciato le chiavi in portineria, faceva parte del suo patrimonio immobiliare ed era sfitto da mesi.
L’ultimo inquilino era una scrittrice di libri gialli, che partì verso l’Amazzonia senza più dare notizie.
Nel raccontarlo a Kevin, dalle Hawaii, Meliti l’aveva distratto dalla sua crisi, indeciso se avvisare o meno Glam.
“Lascialo cuocere nel suo brodo figliolo!” – disse sghignazzando.
“Questa volta è la peggiore ... credimi, non ho alcuna intenzione di perdonarlo, sono qui per Lula e basta.”
“Qualunque cosa tu decida, puoi contare su di me.”
“Te ne sono grato ... anche per questo rifugio ... Mi cercherò una casa adatta ad ospirare il mio bimbo.”
“Siamo arrivati a questo Kevin?”
“Non l’ho voluto io Antonio! ... scusa il tono ... sono incazzato ... quello semina figli ovunque ed io dovrei restare a guardare, magari congratulandomi!??”
“Stiamo parlando del ... fratellino di Lula ... Non prendertela con lui.” – replicò mesto, ma secco.
“Tu stai già celebrando il nuovo membro di questo baraccone, che ti ostini a definire famiglia?” – ribattè brusco.
Meliti sorrise – “Adesso riposati ... il frigo è pieno, ho dato incarico a Vassily di farti la spesa, male che ti vada, ci troverai Beluga e salmone a palate ... ti voglio bene, ci sentiamo domani.”
“Abbi pazienza nonno ... a presto, dai un bacio a Carmela ...” – e riattaccò, scrollando le spalle.
L’ambiente era in stile british, elegante ed accogliente.
A Kevin piacque da subito, senza sapere che era finito anche lui nel quartiere di Hopper.
Una fortunata casualità.


Xavier era spalmato sul divano del salone, con un paio di short così attillati e sexy, da fare invidia ad una quotata play mate.
Russava in modo grottesco, mentre Jude faceva altrettanto, con Camilla sul cuore e Drake nella sua culla, munito di ciucciotto e paperella di gomma: ce n’erano ovunque, di sicuro avevano fatto il bagno tutti insieme.
Jude aveva fatto installare una vasca, incassata nel pavimento della sala da bagno, grande abbastanza da accogliere sei persone.
Robert attivò l’idromassaggio, immergendosi dopo essersi scolato due bicchieri di prosecco italiano, rubato al cattering del matrimonio, da lui e Jude, come due ragazzacci.
“Bevi senza di me?”
Downey trasalì, ma poi gli sorrise – “Tesoro ...”
“Aspettavi un altro?” – domandò ridendo, spogliandosi dei bermuda, che utilizzava come pigiama.
“No ... a me basta un ragazzo inglese ... stempiato ...”
“Scemo!! Ahahahah” – e lo investì di schizzi ed i suoi baci focosi.
“Jude ...”
“Cosa ...?” – ansimò, mentre lo faceva salire sulle proprie gambe.
“Ci ... ci sono i ...”
“No, non c’è nessuno, sono svenuti ... troppe frittelle e gelato, te lo assicuro Rob ... sai cosa voglio da te, vero?” – chiese malizioso, mordicchiandolo dappertutto.
L’americano annuì, gemendo aggrappato a lui, mentre lo penetrava, consumandolo di baci e carezze oltraggiose e sporche, come solo Jude sapeva fare, senza inibizioni e limiti.


COLE & JAY


XAVIER

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