lunedì 31 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 288

Capitolo n. 288 - gold


Jared si isolò, accucciandosi sul davanzale della camera, dove solitamente dormiva con Colin a villa Meliti.
Farrell si era fatto un bagno, i pensieri azzerati dal senso di impotenza, che ormai lo stava tormentando da ore.
Quando raggiunse il compagno, provò a dirgli il motivo della sua presenza nella locanda, dove lui si incontrava con Geffen.
“Tesoro si è trattato di un clamoroso equivoco …”
“Non mi importa … rivoglio i bambini … rivoglio i miei bambini …” – replicò assente.
“Jared ascoltami … per favore, ti voglio spiegare come sono andate le cose …” – disse con aria sofferta, ma senza suscitargli alcun interesse.
Alla fine gli porse il cellulare, mostrando il filmato, che lo aveva indotto a confrontarsi con Glam.
Jared non riusciva a dire nulla, sentì soltanto un gelo e poi un calore lancinante salirgli dallo stomaco.
Riconobbe la casetta di legno, che andò distrutta sull’isola, focalizzando la medesima deduzione, che balenò nella mente di Glam, ovvero che quel tizio li stava braccando da Haiti, se non da prima.
“Dammi da bere qualcosa … ma che sia forte Colin …”
“Sì … d’accordo … ma non dobbiamo ridurci come Owen, se dovessero chiamarci per andare a consegnare un riscatto …” – sembrò protestare.
“No, non capisci, voglio stordirmi per almeno dieci minuti, per non incazzarmi ancora di più con te, che non mi hai chiesto spiegazioni, rivolgendoti a Glam e credendo che noi fossimo amanti!”
Colin si appoggiò alla tappezzeria, affranto dal peso di quelle considerazioni e dal disprezzo, che lesse negli occhi di Jared – “Credo di essere incapace di farti comprendere quanto mi uccida ogni giorno sapere quanto tu ami ancora Glam … eppure non riesci a smetterla, una volta per tutte … ma perché cazzo non stai con lui eh??!! Perché non ve ne andate in culo al mondo a fottervi, tanto siete così bravi a farlo!!!” – gli urlò, senza preoccuparsi che al piano c’erano anche le altre stanze degli ospiti, che in parte accorsero, sentendo quelle grida furibonde.
Jared lo prese a schiaffi, dai quali Colin si riparò con le braccia, per poi sentirsi spintonare da un lato da Kevin, mentre Geffen arginava la rabbia di Jared in lacrime.
“Smettetela!! Ma siete impazziti!!??”
“No Glam, io non sono pazzo, ma lui mi ridurrà anche peggio!!”
Kevin si interpose tra loro, provando a farlo ragionare – “Colin siete soltanto sconvolti ed esauriti nelle forze, quanto noi … I nostri figli sono in ostaggio di uno psicopatico e non possiamo fare altro che aspettare! L’attesa snerverebbe chiunque, però non è questo il momento di cedere, per favore …”
Farrell annuì, rifugiandosi poi in bagno per lavarsi il volto in fiamme, mentre Jared uscì in terrazza, per respirare meglio.
“Tornate a dormire, non voglio parlare con nessuno adesso … scusateci, siamo due idioti …”
Glam e Kevin gli diedero retta, tornando mestamente a coricarsi, stretti l’uno all’altro, nella speranza che quell’incubo finisse presto.


Jared si allungò nudo sotto ad un piumino primaverile, un quilt multicolore, nonostante l’afa: stava gelando e non ricordava di avere mangiato, dopo un pranzo a base di frutta e uova sode, piuttosto scarno.
Spense le luci, deglutendo a vuoto, per poi sciogliersi in singhiozzi flebili, ma devastanti.
L’abbraccio di Colin lo fece trasalire, ma non riuscì a sottrarsi a quella sua amorevole attenzione, tanto meno ai baci ed alle carezze, dai tratti disperati, che ne seguirono.
L’attore irlandese aveva gli zigomi segnati da un pianto amaro e l’unico modo per alleviare il proprio rammarico, era mescolarlo a quello di chi amava di più al mondo.
“Ti amo così tanto … così tanto Jay …”
Si spingeva in lui, con un’azione frenetica e continua, riunendo i pezzi di quel disastro.
“Non … non fermarti Cole … ti supplico … ti supplico … Cole … Cole …”
Era come un mantra salvifico, per i loro cuori dilaniati dall’angoscia, anche se perfettamente inutile a trovare una soluzione a quel dramma.
L’alba li ritrovò intrecciati e deboli, ma il sorriso che si scambiarono al risveglio, poteva apparire ad entrambi come un presagio benevolo.


Sembravano degli spettri: si aggiravano per la residenza di Antonio, pregando che quel folle li interpellasse, proponendo una cifra oppure uno scambio.
Kevin chiamò un medico per Geffen: la sua pressione era salita a dei limiti preoccupanti, ma lui si rifiutò il ricovero, accettando solo la somministrazione di alcune sostanze efficaci, ma che gli portavano un odioso torpore.
“Voglio essere lucido quando sarà il momento di agire … sento che quel pezzo di merda ce l’ha con me … ha detto cose strane … non trovate?”
“In effetti potresti avere ragione, ma la stessa cosa varrebbe per Jared e Colin, non scordarti Justin … a questo stronzo piace fare il guardone.” – disse Meliti, dopo avere appreso del souvenir di Haiti, come lo aveva definito Glam.
Colin ebbe un dubbio.
“Jude, Robert e Camilla … sentite ma loro dove sono??”
“In Grecia Cole, sono partiti giovedì sera, ci hanno salutato via web cam …”
“Hai ragione tesoro … Dio ho il cervello che mi scoppia … Li avvisiamo?”
“No, meglio evitare, comunque mando un paio di uomini al loro attico, mi è venuto un dubbio …” – disse assorto Antonio.

Aveva ragione: erano stati anche là.
L’appartamento della coppia era a soqquadro, ma non mancava nulla di prezioso, almeno all’apparenza.
Quando vennero a saperlo, tutti rimasero sconvolti.
“A questo punto devo pensare che hanno risparmiato le gemelle, perché troppo grandi …”
“O forse nonno sfidarti era troppo anche per loro …” – disse Kevin, giocando nervosamente con il telefonino, nella vana illusione di ricevere un qualche segnale da parte del rapitore, che comunque non tardò ad arrivare.

Meliti fece suonare il telefono solo tre volte, poi attivò il viva voce.
Dalla parte opposta, una musichetta infantile quanto inquietante, aprì il monologo di quella voce metallica.
“Sono tornato, contenti? Non vi ho fatto attendere a lungo, sono un bravo ragazzo … Certo, altrimenti dovrei arrabbiarmi per avere interrotto le trasmissioni dal mio canale preferito ahahahahh Meliti channel, cosa ne dite …? Pazienza! Ho appena distribuito le colazioni ed è una gioia vederli mangiare, almeno finchè potranno farlo …” – la sua ironia era come una lama, che si contorceva nelle carni di chi lo stava ascoltando.
“Vorrei vedere il muso cattivo di Geffen, vorrei ammirare il faccino perfetto di Jared in questo preciso istante, per non parlare degli altri, eh sì … In fondo conosco bene le espressioni dei nostri amanti focosi, non li trovi irresistibili anche tu, caro Farrell?” – e ne seguì un ghigno.
“Dicci cosa vuoi e facciamola finita.” – lo interruppe Antonio.
“Il boss ha parlato e mai contraddirlo! Sì, sì … sì … Il piazzale sulla scogliera, dove siete corsi come coglioni, avete presente? Avete venti minuti. Correte coniglietti … CORRETE!”

La strada era semi deserta, fortunatamente neppure una pattuglia si era appostata, diversamente li avrebbero fermati per eccesso di velocità e guida pericolosa.
Raggiunsero il parcheggio vuoto a quell’ora, visto che la locanda dell’amico di Geffen era chiusa per una disinfestazione.
Probabilmente quel delinquente lo sapeva, ma non era rilevante.
C’era unicamente un bus giallo, di quelli usati per le scuole.
I vetri davanti erano oscurati, ma quelli laterali risultarono trasparenti, quando tutti vi si avvicinarono.
“Mio Dio …” – mormorò Jared, che si precipitò a controllare.
Rebecca lo stava salutando sorridente.
Violet era dietro di lei, invece Yari, con in braccio Isotta, era seduto in fondo, July dormiva in un trasportino, sollevato da Lula e Josh, anche loro allegri.
Glam scoppiò a piangere, facendo segno di stare buoni – “Vi tireremo fuori da lì … state tranquilli ok? Lula mi fido di te!”
Anche gli altri genitori li rassicurarono alla meglio, ma l’ipotesi che quel mezzo fosse minato non era così remota e Colin la suggerì ad alta voce, pensando di chiamare gli artificieri.
Meliti voleva optare per quelli del Federal Bureau, del resto conosceva parecchi funzionari, ma non smetteva di guardare i punti circostanti, dai quali potevano essere sorvegliati.
“Mi chiedo cosa voglia! Forse ci sta ascoltando, allora deciditi!!” – urlò esasperato.
“Antonio dobbiamo sbrigarci, Yari ha appena detto che sono senza acqua … fa un caldo tremendo!” – esclamò Owen.
Improvvisamente, da un altoparlante esterno, che nessuno aveva notato, partì quella nenia odiosa ed ad un successivo tintinnio, misto ad una risata sadica, gli sportelli si spalancarono.
I bimbi si precipitarono fuori.
Era finita.
Forse.


Foster fu accompagnato da alcuni colleghi ed una dottoressa.
“Li visiteremo Colin, ma dovreste chiamare la polizia. Quello che mi hai raccontato è da brividi.”
“Lo so … ma non voglio essere precipitoso.”
Pamela, Phil e Xavier prepararono dei dolci e dei palloncini, come se fosse una festa: del resto la versione dei piccoli era a dire poco incredibile.
“Il clown Charly ci ha detto che era un gioco e che voi ci avreste premiati con tanti giocattoli!” – disse vivace Violet.
Rebecca confermò, assecondata anche da Yari – “Sì lui ci ha fatti giocare, poi abbiamo mangiato le torte e le frittelle salate … Abbiamo fatto il campo indiano nella palestra e ci siamo addormentati con le sue favole papà Jared …”
“Sì … sì angelo mio … Non … non vi ha picchiati o …”
“Ma no papi!! Ahhahah” – disse Becki, mentre Lula e Josh entrarono, dopo essere stati controllati da Foster, in braccio a Geffen aiutato da Kevin e Shannon.
Glam non aveva più lasciato il suo tesoro, ripetendogli quanto lo adorasse.
July si era addormentata sul cuore di Chris, che Owen abbracciò, come a custodirli entrambi, mentre Tomo era ai loro piedi, vicino al divano ed allacciato alle gambe del cantante dei Red Close.

Colin stava seguendo Isotta, pronto a farle un bagnetto – “E’ tutto a posto signor Farrell, adesso prenda un tranquillante, visti i suoi trascorsi, non vorrei doverla portare in clinica per un altro ictus …” – disse la specialista sorridendo.
“Sono a posto … ora penso alla mia cucciola …”
“Lo faremo insieme amore …”
“Jared … certo vieni, dobbiamo anche pensare alla merenda …” – e rise nervoso, avvolgendola in un lenzuolino verde mela, mentre Leto prendeva il necessario per cambiarla.

Un’ora più tardi, congedato lo staff di Foster, Meliti riunì tutti in veranda, per consumare ciò che Pamela aveva preparato con cura, contagiando poi la comitiva con la sua inesauribile gioia di vivere.
Sembrava che non fosse accaduto nulla, ma la ferita apertasi nella loro famiglia, stava sanguinando copiosamente, al pensiero di quanto fossero vulnerabili.

“Domani rifletteremo sull’intera vicenda, a freddo … E realizzeremo una strategia, ma adesso filate a nanna!” – decretò Meliti, fingendo una sommaria serenità.


I diversi nuclei, si accucciolarono nei lettoni, sperando che quell’unione non venisse più minacciata da menti perverse, ma finchè quel fantomatico Charly rimaneva là fuori, nessuno poteva dirsi al sicuro, purtroppo.

GOLD - CAPITOLO N. 287

Capitolo n. 287 - gold


“Eccola qui, è solo una stanza, cosa ti aspettavi Colin?”
La voce di Geffen gli arrivava fradicia di rabbia, del resto aveva violato qualcosa che apparteneva soltanto a lui ed a Jared.
“E cosa ci fareste qui …?”
“Niente di ciò che pensi.” – ribattè risoluto, prendendo una bibita dal mini frigo.
“Sul serio?” – chiese girandosi di scatto e puntandolo, con quel tono accusatore, che ormai si era impadronito della sua razionalità.
Glam sospirò - “Puoi anche non credermi, del resto neppure capisco come mai hai voluto venirci, adesso possiamo andarcene?”
“No … non ancora …” – ed iniziò ad osservare i dettagli di quel posto, che non aveva nulla di loro, del resto era semplicemente una locanda, con annesso un ristorante, dove Colin li immaginò ad un tavolo, a ridere e parlare.
“Con te Jared mangia, si diverte, poi vi rilassate …”
“Infatti, nulla di più.”
Farrell estrasse il palmare, porgendolo a Glam, dopo avere selezionato un file video.
“Allora mi hai portato nel posto sbagliato.” – e schiacciò il tasto play, facendo partire un filmato di un minuto e cinquantatre secondi.
Nella sequenza c’erano appunto Glam e Jared, a letto, ben visibili, grazie ad una lampada nei toni dell’arancio.
Erano come aggrovigliati, Geffen tra le gambe dell’altro, quasi al limite entrambi, completamente estasiati da baci e carezze, nonché uno scambio amorevole di promesse sul futuro.
Glam rimase allibito.
“Che diavolo …?”
“L’ho ricevuta stamattina nella mia casella di posta elettronica, l’ho trasferita e poi cancellata, il mittente è sconosciuto.” – chiarì freddamente.
“Questa casa non esiste neppure più, era sulla spiaggia di Haiti, mesi fa … E tu … tu hai creduto che fosse recente??!”
Glam esplose, come se avesse ricevuto un vero affronto, senza neppure più sapere distinguere le proprie responsabilità, dovute ad un comportamento comunque non limpido, tenuto con un uomo impegnato sentimentalmente come Jared.
“E ti stupisci?!” – ruggì Colin, andando ad appoggiarsi con il braccio alla finestra.
“Ma cosa vuoi … tu cosa cazzo vuoi da me?? Io mi accontento delle briciole, se proprio lo vuoi sapere, Jared non mi concede altro e neppure pretenderei di più! L’hai riavuto, come al solito, sono stufo marcio di ripetere lo stesso discorso, però a te sembra non bastare mai accidenti!! TI DIVERTI AD UMILIARMI COSI’??!”
Farrell rimase senza parole ed una profonda angoscia, di fronte alla reazione di Geffen, che andò a sedersi, accaldato e livido.
“Glam …”
“Piantala!! Hai dato credito ad uno stronzo che è tornato a ricattarci, possibile che non ti renda conto di cosa sta succedendo?? Quel bastardo è di nuovo tra noi e non capisco come ci sia riuscito!!” – aggiunse con il fiato corto, togliendosi la camicia madida di sudore ed accendendo i ventilatori del soffitto.
Colin gli prese un’altra lattina e bagnò un asciugamano con acqua gelida, tamponandogli il viso alterato.
“Cristo smettila … non ti picchio solo perché mi verrebbe un infarto e non escludo che accada …” – disse mesto.
“Glam tu forse non vuoi capire che io …” ma una frenata brusca all’esterno, lo interruppe.
Sentirono dei passi svelti indirizzarsi proprio verso di loro, finchè la porta non fu spalancata.
Era Jared.

Farrell scattò in piedi, mentre Glam era sbigottito.
“Colin … tu stai bene … cosa sta succedendo …?”
“Jared … sì sto bene … Come hai fatto a trovarci?”
“Glam, mi hai mandato un sms, dicendo che Colin stava male e di raggiungerti qui …” – disse preoccupato.
Geffen rinfilò la casacca, scuotendo la testa – “Che cazzo sta succedendo? Io non ti ho mandato nessun messaggio Jared.”
“Ok … Cosa ci fate qui allora voi due??” – domandò ansioso.
Colin gli si avvicinò, dopo avere ripreso il cellulare, pronto a mostrargli cosa lo avesse spinto sino al locale sulla scogliera, insieme a Glam, ma altri rumori lo distrassero.
In pochi secondi videro giungere Tomo e Chris, seguiti da Owen e Shannon, tutti allarmati da una chiamata, che avvisava il croato di un incidente dell’ex ed il fratello di Jared, di un pestaggio ai danni di quest’ultimo.
“Calmatevi ora! Siete stati attirati qui da qualcuno che voleva riunirci in questo posto, è evidente!” – disse Geffen, sedando gli animi, ma fu inutile, era come se fossero stati coinvolti in un gioco pericoloso e contro la loro volontà.
Jared era il più scosso, ma alla fine, nel mutismo generale, che impose con il suo sguardo raggelato da un’intuizione, rivelò il proprio pensiero più cupo: “I bambini … Mio Dio … i bambini!!”


Meliti spense il secondo sigaro a metà.
Tornò in poltrona, lisciandosi i capelli, con afflizione.
“Chiunque sia stato ha a disposizione uomini, mezzi ed una perfetta conoscenza delle vostre abitazioni, nonché delle persone che vi lavorano … Ora mi chiedo perché non aggredirvi direttamente e farvi uscire, ma avrà un senso anche questo.”
Tutti lo stavano ascoltando, in preda al panico ed alla disperazione più assurdi.
I Wong, Richard e Simon, Peter e Vassily erano stati narcotizzati pesantemente.
Solo i sovietici, per la loro corporatura massiccia, avevano opposto una minima resistenza, ricevendo due sonori colpi alla nuca.
Il personale di villa Rice aveva subito lo stesso trattamento e così July, Josh, Lula, Rebecca, Violet, Yari ed Isotta erano spariti nel nulla.
Jared si era accasciato in un angolo del salone di Antonio, dove i presenti cercavano una soluzione, mentre Xavier, Phil e Pamela provavano a dare loro conforto.
“Faranno del male ai nostri piccoli … rimarrà l’incubo di tutta una vita … se si salveranno …” – continuava a ripetere il cantante, come in una cantilena.
Kevin non smetteva di piangere, così Shannon, Chris era devastato dal rimorso di avere portato alla Joy’s House Josh, rimandando il cinema con lui e Lula, Rice non la smetteva di bere, tremando ed imprecando contro qualcuno di invisibile.
Geffen era come pietrificato dal dolore.
Meliti iniziò a fare delle telefonate, sondando alcuni conoscenti, ma senza ottenere nulla di concreto, finchè non arrivò una chiamata, purtroppo prevedibile.
Una voce contraffatta li salutò.
“Salve a questa allegra compagnia. Su state allegri, non voglio che il terrore rivesta i vostri volti belli e celebri, potreste venire male in fotografia … Ascoltate senza interrompere, mi raccomando, perché il tempo stringe e devo prendere alcune decisioni … Niente polizia, credo sia ovvio. Avete dei bimbi tanto teneri, simpatici … Becki e Vivi sono acerbe, ma deliziose, per non parlare di Yari, che atleta … Certo la mocciosa fa i capricci, però ad Isy si perdona tutto, vero Colin?”
Lui era rimasto in disparte sino a quel momento e come un automa si diresse verso l’apparecchio, posto al centro del tavolo, con le pupille dilatate ed i pugni chiusi.
Meliti gli lanciò un’occhiata esaustiva, al fine di non interferire in quel discorso lugubre, evitando penose conseguenze di quello squilibrato.
“Bene, bene, bene … ho ottenuto la vostra massima attenzione, un po’ come è successo con Lula, che spettacolo di vivacità, non credi big Geffen?”
“Tocca mio figlio ed io ti uccido, lo sai vero? Ti strappò il cuore CON LE MIE MANI HAI CAPITO FOTTUTO BASTARDO!!!”
Antonio avrebbe voluto strozzarlo per quella reazione, ma Glam non si poteva trattenere quando erano i suoi cari ad essere coinvolti in frangenti pericolosi.
“Un uomo come te, vale gli altri messi insieme, ma è persino eccitante vederti ridotto ad una larva, esimio avvocato DEL CAZZO!!”
“Sono Meliti, dica una cifra, l’avrà con la mia piena assicurazione di farla franca.” – intervenne Antonio con tono fermo e senza alcuna enfasi.
“Cifra … soldi? No, voglio solo … vedervi soffrire. Almeno per ora.” – e riattaccò.
Glam scaraventò una sedia contro ad un muro, Pamela provò a calmarlo, ma inutilmente.
“E’ peggio di come pensavo …” – mormorò Meliti, ma Geffen gli intimò di tacere, con un gesto, anche rivolto agli altri.
Prese l’i-pod di Derado, che aveva visto su di un mobile in corridoio, dove tutti lo seguirono: lo accese, proiettando ciò che stava scrivendo, direttamente sul muro.
§ Big Geffen?? Come fa a sapere il nomignolo che usa Phil con me? Perché continuava a dire che ci vede soffrire? Antonio la tua casa è “infestata”, tu sai chi interpellare, giusto? Ora comunque torniamo di là e comportiamoci normalmente, ok? §


Il furgone delle pizze parcheggiò sul retro della residenza di Antonio.
Scesero i due fattorini, accolti dai body guard, che spalancarono una blindata abbastanza grande da coprire la visuale di chi passava dietro alla stessa, dopo avere aperto uno sportello laterale.
Altri due uomini si introdussero nelle cucine, pronti a bonificare le camere.
Scoprirono parecchi microfoni e tre telecamere, estranee al sistema di sicurezza integrato nell’edificio.

“Abbiamo ripulito signor Meliti. I vostri apparecchi, invece, sono stati clonati, questo spiega quelle segnalazioni fasulle, ora li abbiamo sistemati, ma non siamo in grado di dirvi il punto di partenza.”
“Va bene Freddy, ottimo lavoro … Sono le quattro di mattina, direi che possiamo ritirarci e sperare in un ulteriore contatto di quel maledetto.”


Hopper sistemò il lenzuolo a Jamie, che faceva finta di dormire.
“Stai meglio, vero?” – e gli diede un bacio.
Lui sorrise, abbracciandolo, libero dagli aghi delle flebo – “Sì, lo ammetto.”
Marc sorrise, sistemandosi al suo fianco – “Forse prima o poi comprenderai che le nostre azioni non sono di pietà, ma di semplice amore.” – disse sereno.
“E tu … comprenderai il mio punto di vista condizionato dalla malattia.”
“Credo che sia solo una questione di orgoglio Jamie. Il mio di amarti, il tuo di non ammettere le debolezze e la necessità di chiedere aiuto.”
“Quindi vinci ancora, Marc, rimani dalla parte dei giusti ed io degli ingrati …” – disse provando a sollevarsi.
Hopper lo sostenne, ma lui reagì con fastidio – “Ce la faccio da solo!” – sibilò, afferrando la maniglia apposita.
Marc andò a lavarsi le mani e rinfrescarsi la faccia stanca: si tamponò il viso con una salvietta, gettandola nel contenitore sotto al lavabo, con un moto di stizza, che stemperò immediatamente – “Pensavo di usare la poltrona, ma temo di darti noia, ci vediamo per pranzo Jamie, dormi bene.” – ed uscì senza voltarsi indietro.

Il giovane accese e spense la tv una decina di volte, poi analizzò i rumori della clinica, sperando di riconoscere la camminata di Marc.
Erano solo degli infermieri, che si stavano sincerando della sua temperatura e che avesse preso un nuovo farmaco.
Jamie sbuffò, notando delle stampelle appoggiate all’armadio, forse dimenticate.
Decise di aiutarsi con quelle, anche se riusciva a camminare, ma temendo un capogiro, preferì usarle.
Fece capolino in modo quasi buffo, come un cerbiatto curioso, ma timido.
Pochi metri e giunse in una saletta deserta, dove i parenti sostavano durante il giro di visite di Foster.
Sbuffò, sprofondando in una poltroncina comoda.
C’era un telefono e la tentazione di cercare Marc divenne pressoché soffocante.
Compose il numero e dopo numerosi squilli, Hopper rispose.
“Ma dov’eri?”
“Ciao Jamie, in giro, perché?”
“E’ quasi l’alba … avevi detto che saresti rientrato …”
“Quale è il problema, scusa? Sono adulto e vaccinato, credo di potere girovagare per Los Angeles e sbollire, non credi?”
Il ragazzo si ammutolì.
“Sei arrabbiato Marc …?” – domandò esitante.
“Da morire.” – rispose aspro.
Un secondo dopo, scoppiò a ridere.
Jamie si inalberò – “Mi prendi sempre in giro!”
“E tu mi fai sempre incazzare …” – disse dolcemente alle sue spalle.
“Oh cavoli Marc!!”
“Il parco qui fuori è incantevole, come i vetri insonorizzati ahahahah”
Hopper si inginocchiò davanti a lui, prendendogli i polsi, per baciarli.
“Perdonami Marc …”
“Farò il possibile Jamie …” – e catturò la sua bocca intensamente, per poi prenderlo in braccio e riportarlo da dov’era venuto, ma con uno spirito meno ostile, di fronte alla sua disponibilità sincera ed innamorata.


domenica 30 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 286

Capitolo n. 286 - gold


Jamie scese velocemente, dando l’impressione a Marc di avere un demonio alle calcagna.
“Cosa ti prende? Sei in ritardo per un appuntamento?” – chiese Hopper rivestendosi a malapena.
“No! … No, devo prendere le medicine … un farmaco ciclico, dovrebbe essere qui …” – disse nervosamente, frugando in un cassetto, dove regnava un notevole disordine, a dispetto della circostante perfetta essenzialità di quell’appartamento.
La disciplina di Cross si rifletteva anche nelle sue abitudini, ma quel piccolo contenitore in legno, sembrava l’espressione concreta della sua malattia o forse del suo approccio alla stessa.
Una condanna del genere non gli apparteneva, era troppo distante dalla sua bellezza interiore e dal suo carattere, che un tempo era più solare e carico di aspettative: Jamie non aveva ancora raccontato molto di sé a Marc e questi, come per ogni angolazione del loro legame, non schiacciava mai sull’acceleratore della curiosità.

“Cazzo non le trovo!! Devo assolutamente … io devo cazzo!!” – ed estrasse il contenuto, spargendolo sul pavimento, tremando in quella ricerca spasmodica.
“Tesoro non agitarti … ne andiamo a comprare altre …” – disse esitante Marc, tenendosi a distanza.
“NO NON ABBIAMO IL TEMPO, MI MANCA LA PRESCRIZIONE ACCIDENTI!!”
Il suo grido era un misto di disperazione e richiesta di aiuto, ma Hopper si sentì impotente.
Lo abbracciò, quasi avventandosi su di lui, affinchè non gli sfuggisse: “Jamie … sfogati … avanti …”
Raccolse il suo pianto, stremato dalle difficoltà e da quell’imprevisto: lo baciò sulle tempie sudate per il caldo e lo stress.
“Senti guardiamo nel resto del mobile, forse troviamo qualcosa … cosa ne pensi?” – domandò con calma.
Aprì uno sportello, vedendo un cestino in vimini, con dei blister.
Jamie tirò su dal naso, inspirando – “Eccole … sì ci sono … mi sembrava di non averle finite …” – il suo tono sembrava di scuse, ma Marc sorrise, correndo poi a prendergli dell’acqua.
“Grazie … sono davvero uno stupido …”
“No Jamie, hai solo paura e sei stanco … cosa ne dici di una vacanza, tu ed io, solo il fine settimana, dove vuoi, stacchiamo la spina e …”
Il ragazzo sorrise mesto, scrollando la testa spettinata – “Purtroppo questo veleno è il peggiore … avrò nausea per almeno due giorni e dovrò controllare i globuli bianchi … solitamente scendono e devo andare in ospedale per un’iniezione, altrimenti mi riduco uno straccio … anzi, succede comunque, vedrai che spettacolo schifoso … Ma perché rimani qui, Marc? … Perché non te ne torni dai tuoi amici ricchi e famosi …?”
Hopper strizzò le palpebre: con un altro avrebbe reagito nel peggiore dei modi, forse prendendolo a pugni.
Con lui, tornò semplicemente a stringerlo sul cuore, cullandolo appoggiati alla parete – “Sì Jamie, sei davvero uno stupido, se mi giudichi così … ma io ti dimostrerò che non hai capito molto di me …” – e sorrise, baciandolo poi per davvero.


Poche ore furono sufficienti a ridurre Jamie nel modo che aveva preannunciato ad Hopper, che si prodigò per fargli mangiare comunque qualcosa e soprattutto idratarsi.
Centrifugò della frutta, si procurò del gelato, ma le corse in bagno a vomitare aumentarono, soprattutto durante la notte successiva.
Marc non lo lasciò mai da solo, sostenendolo come poteva, sia con i gesti che con le parole.
Jamie verso l’alba si addormentò, dopo avergli parlato di come voleva prepararsi alla successiva audizione, dopo il fallimento di Chicago.
“Ho due settimane … certo a vedermi ora, nessuno mi darebbe la parte …”
“Sarai in forma per quel giorno Jamie.”
“Non ci credi neppure tu …” – e rise nascondendo il volto nel cuscino.
“Vedo che la tua fiducia aumenta di ora in ora!” – replicò Marc scherzosamente, ma ormai Jamie era crollato.
Hopper andò in terrazza, nascondendo le proprie lacrime, rannicchiandosi in un angolo, dove soltanto le stelle potevano guardarlo in quel momento triste.


Il barbone era sempre lo stesso: ciondolava dalle macchinette alla panchina, seduto sulla quale, Jamie lo aveva salutato.
“Quel tizio cerca sempre qualche tranquillante e qui le infermiere lo liquidano con un pacchetto di sigarette due volte su tre, sai …?” – spiegò flebile, piegandosi verso la spalla di Marc, che lo avvolgeva, senza mascherare la propria preoccupazione.
“A che numero sono arrivati?” – chiese stranito, sollevando la fronte da quella di Jamie, che scrutò di sottecchi il display del triage.
“Quaranta … noi diamo il cinquantadue … Cristo che casino oggi … eppure devo farla quella maledetta puntura …”
“Sì certo … anche le analisi, giusto?”
“Servono per il dosaggio Marc … dopo starò meglio … ora faccio solo schifo.”
“Smettila di … perdonami Jamie …”
“E di cosa? Non me l’hai attaccata tu questa merda … e non trovo giusto che TU ne subisca le conseguenze … anche se ti bacerei dalla testa ai piedi per essere qui … ci vengo sempre da solo ed è … lasciamo perdere …” – si asciugò gli occhi lucidi, con la manica della camicia.

I passi di Glam e Colin erano spediti.
“Eccoli … ehi Marc, siamo qui, possiamo andare. Ciao Jamie, vuoi una sedia a rotelle, ce la fai?” – disse Geffen con un sorriso.
“Ma che succede … ciao Colin … Glam …”
“Tranquillo, ti porto in una clinica dove mi sono disintossicato … Ho parlato con il primario, si occupa anche di mio figlio James, è un ricercatore, mi ha ordinato di portarti da lui.” – disse risoluto, ma in modo simpatico.
Jamie sembrò rassegnarsi alla loro iniziativa, anche per via della spossatezza, che lo faceva sembrare più vecchio di dieci anni, pallido, smagrito e con la barba incolta, come se una mutazione malvagia si stesse accanendo su di lui.
Hopper sembrò rinascere, nel vedere quanto Glam e Colin si stavano prodigando per il suo piccolo Jamie.
Le sue occhiate erano colme di gratitudine, ancora prima delle parole, che disse ad entrambi, appena Jamie fu ricoverato in una camera sterile, assistito con estrema cura e gentilezza dal personale del dottor Foster.
Il medico lo sottopose ad un’accurata serie di domande, completando un’anamnesi, che gli fece rilevare quanto il protocollo, a cui Jamie si sottoponeva da oltre un anno fosse obsoleto e nocivo.
Raggiunse Hopper ed i suoi amici, che ascoltarono con attenzione il discorso di quel luminare, spesso ostacolato dalle case farmaceutiche.
“E’ la solita storia signor Hopper. La via più semplice è spesso la meno redditizia, quindi mi ritrovo a finanziare il laboratorio di tasca mia o con generose offerte.” – e sorrise, indicando Farrell e Geffen.
“Quindi Jamie potrebbe anche guarire un giorno?”
“Direi che ha ottime possibilità, ovviamente se vorrà sottoporsi ad una serie di trattamenti sperimentali. Ci sto lavorando dal duemila ed ho ottenuto risultati confortanti, ma, nel frattempo, la terapia che gli prescriverò non consumerà i suoi globuli bianchi e non altererà le sue funzioni vitali. La glicemia è a rischio, quindi sospenderei il trattamento attuale, cominciando subito quello che io chiamo sistema Enter five, un nome di fantasia, il numero dei tentativi intendo …” – e sorrise.
“Penso che Jamie sarà entusiasta …”
“Lo stiamo reidratando, domani mattina controlleremo i livelli ematici, penso che martedì potrà tornarsene a casa, voglio monitorarlo per quarantottore, durante le somministrazioni, di cui le parlavo.”
“Ora glielo spiego … posso andare da lui?”
“Direi di sì … Ci aggiorniamo.” – e si allontanò, rispondendo ad una telefonata.
Marc abbracciò Glam e Colin, che avevano seguito quella conversazione, provando un misto di euforia e speranza.
“Andrà tutto bene Marc … ora vedi di convincere il tuo ragazzo a farsi aiutare, ok?”
“Sì Glam … lo farò, stanne certo. Ti ringrazio … e grazie anche a te Colin … sei stato come un angelo custode per noi.”
“Figurati … Non vedo l’ora di vederlo su quel palco a saltare e divertirsi … abbi cura di lui, mi raccomando.”


Erano le sei di sera, la strada trafficata, il caos del venerdì, gente che voleva solo cercare una via di fuga in quella Los Angeles infuocata.
Geffen guidava con cautela, senza dire nulla di particolare, Colin guardava fuori dal finestrino aperto.
“Puoi fermarti un istante …?”
“Che succede Colin?”
“Non … oh miseria …” – e portandosi una mano sulla bocca, saltò dall’hummer, per andare dietro ad un cespuglio a dare di stomaco.
Glam lo raggiunse allarmato – “Colin stai bene?!”
“Sì … hai qualcosa da bere …?”
“Certo … pensi di farcela a risalire in auto?”
“Ci provo … è la tensione … non so cosa … oh grazie.” – ed afferrò la minerale, offertagli da Geffen, scolandosela in pochi secondi.
“Ehi campione, ho già avuto abbastanza emozioni per oggi, non credi?” – e rise poco convinto, dalle espressioni smarrite dell’irlandese, che tornò sul mezzo blindato, schernendosi.
Era commosso e sconvolto – “Jamie sta affrontando un inferno e Marc … lui è così convinto … lo ama davvero.”
“Penso siano due anime ritrovate, qualcosa di raro Colin …”
“Hai ragione Glam …”
“Senti, adesso metto in moto e … “ – “Non … non voglio tornare a casa …”
“E dove vorresti andare Colin, scusa?”
L’attore si ammutolì, ma poi fissò l’altro in modo strano – “Portami dove stai con lui. Dove andate tu e Jared.” – domandò deciso.
“Che diavolo dici Colin??”
“Voglio vedere il posto! Per favore …”
Geffen volle riflettere su come dissuaderlo, ma poi preferì offrirgli una mezza verità.
“E’ distante … sulla scogliera …”
“Ok andiamoci, non ho impegni.”
“Ma io sì, voglio tornare da Kevin e Lula, accidenti!”
“Ti aspetteranno … Loro lo fanno sempre.”
“Come vuoi, è solo un locale.”
“Che genere di locale?”
“Lo vedrai. Sbrighiamoci.” – e digrignando i denti, ripartì.

venerdì 28 ottobre 2011

One shot – My life as Holmes

One shot – My life as Holmes



Pov Sherlock Holmes


Lui mi mastica l’anima.
Con quel suo carattere, John, riesce a farmi anche questo, da quando stiamo insieme.
Certo, ora è sposato, il perfetto maritino: l’acido mi sale al palato, frigge, come me del resto, nell’aspettarlo.
Questa cena è la nostra cena, questa serata è la nostra serata, ma improvvisa salta al passato imperfetto, reso tale dalla presenza di Mary.
Sorrido accigliato, ma abbozzo, come al solito.
“Mister Holmes, quando mio marito ha detto che sareste venuti al Royal, non ho resistito a ricordare i vecchi tempi.” – dice suadente, porgendomi il guanto, dove mi inchinerò, stile burattino.
Le mie fila chi le sta tirando? Una domanda lecita, così come la mia irritazione, che Watson scansa farfugliando i saluti e poi un commento sull’indagine che stiamo conducendo, arenatasi in mancanza di indizi.
“Fuori la pioggia …” – “Cosa Watson?” – lo interrompo brusco.
Le mie iridi sono state invase dalle mie stesse pupille, dilatatesi per il dolore sordo, che avverto un po’ dappertutto.
Mi sento così dopo gli incontri di boxe clandestina o le azzuffate con certi manigoldi e tu, tu John Watson, adesso ti stai rivelando il peggiore di tutti.
Avremmo assaggiato delle prelibatezze, leggermente brilli saremmo tornati in Backer Street e poi … poi avremmo fatto l’amore, fino a stancarci, perché ne ho bisogno, non so più come dirtelo … che mi manchi.
Una lacrima scende incontrollabile, me l’asciugo prontamente con il tovagliolo di fiandra candida e ricamata – “Il collirio che mi ha prescritto dottore ha effetti indesiderati!” – sbotto, per poi avviarmi verso i bagni, a ricompormi, quando invece tutto è a pezzi dentro di me.
Mi appoggio ad una colonna di marmo rosso, massiccia e lucente, come il petto di John, quando nel riverbero del caminetto lo guardo, aspettarmi …
Lui mi aspettava e poi mi tendeva le mani, ovunque fossimo, dal Grand Hotel, alla nostra stanza, la mia … Non esiste più nulla, la disgregazione del nostro legame, poi della convivenza alla quale ci eravamo abituati, come due coniugi collaudati e brontoloni.
Sorrido. La mestizia mi pervade.
L’abbraccio da dietro di John, nell’attimo successivo, invece mi sorprende. Resto immobile.
“Vorrei consumarti di baci Sherlock …”
Sussurra, nei suoi ansiti caldi di tabacco e cherry, il preferito da Mary, ne ordina sempre un bicchiere prima di mangiare.
“Dopo che hai baciato lei …? No, grazie, vi rinuncio con gioia.” – dico aspro.
Lui mi volta, azzerando i miei battiti: perché, Dio mio perché, devo sempre cedere!?
La sua lingua è fresca, poi caldissima, il suo abbraccio lo è da subito.
Ho le falangi che fanno male, per quanto sto stringendo la stoffa della sua giacca elegante, vorrei respingerlo, invece lo attraggo quanto più possibile alla mia bocca.
Divoro l’aria ed un poco di lui, che ha fatto scempio dapprima della mia anima, poi del mio cuore.
“Ti amo Sherlock … io ti amo e tornerò sempre da te, sappilo.” – ruggisce, come se fossimo nel bel mezzo di una diatriba amorosa, invece io non ho proferito parola, senza neppure accorgermi di come lo sto guardando e del rifiuto, che solo il mio volto sfigurato gli sta opponendo.
Si distacca, scivolando lungo la parete di damasco e fregi preziosi.
“So che non mi vuoi più Sherlock e … e posso capirti!”
La mia fronte batte piano su quel pregiato materiale italiano, che sento come una lapide – “Cosa stai farneticando, John …?”
Mi sento svuotato, lui ha prosciugato persino il barlume di decenza, che ancora possedevo, mentre uscivo di casa, anche se andavo solo cercando un poco del suo amore, in un intervallo di tempo strappato alla sua vita normale.
La nostra, era eccezionale, sia chiaro.
“Perdonami per non avere trovato una scusa efficace, ho sbagliato nel dirle che noi saremmo venuti qui e poi …” – “Shhh … non aggiungere altro, questo imbrunire è oltremodo penoso, nelle premesse e nell’epilogo, visto che me ne sto andando. Porta i miei omaggi alla tua sposa, inventa con lei una motivazione decente, un’indisposizione del sottoscritto … magari dille, che oltre agli occhi, mi colava anche il naso, uno spettacolo scandaloso, che non si addice alla sua elegante, quanto invadente presenza, cosa ne dici John?”
“Touchèz …”
“Raffinato, sì raffinato il tuo idioma, dona un tocco di classe a questo disastro. Buona notte John, abbi cura di te.”

Se solo una magia inaspettata, potesse sciogliere le mie membra, rendendo inerte qualsivoglia malinconia, se solo svanissi, tra la nebbia di Londra ed il Tamigi, così vicino ai battiti del mio cuore.
Pochi metri, poi l’oblio: non voglio deprimere la città con un melodramma, ma solo con un incidente, forse un attentato, quasi quasi semino tracce di qualche marrano, che voleva vendicarsi di me …
Così da vendicarmi di John …
Lo vedo, lugubre al cospetto della mia bara, mentre sua moglie fosca,lo sostiene, ma con una smorfia di sollievo, celata dalla veletta nera.
Darle questa soddisfazione?
No, mai!
Torno sui miei passi, veloce, forse arriverò per il secondo ed infatti non sbaglio.
“Tacchino in fricassea, con castagna glassate, il mio preferito!”
Mi siedo, mentre loro due sono sbigottiti.
“Mister Holmes, bentornato … vedo che si è ripreso …” – mormora lei imbarazzata.
“Sherlock …” – accenna flebile il mio socio.
“Ho preso una boccata d’aria e mi sono sentito subito meglio! A proposito … approfitto della piacevole occasione, per rivelarle il mio più grande segreto, miss Mary … anzi, madame Watson.”
Afferro la mano sinistra di John, che me la lascia in ostaggio, senza sapere quanto io possa essere pazzo, ma unicamente di lui.
Lei scruta il consorte, poi ripiomba su di me, come un rapace, che non ha più scampo.
“La ascolto mister Holmes …”
“Credevo di andare avanti, pensavo di essere abbastanza intelligente o quanto meno geniale, per farmene una ragione, ma quando ci si riduce così, la razionalità fa a pugni con i sentimenti migliori, che ci è dato provare con gioia, come quelli che io ho scoperto da quando sono innamorato di John. Quindi, con il suo permesso, me lo riprendo!”
Lo trascino via, afferro i pastrani dal guardaroba, vorrei ridere, saltellare, persino piangere, visto che Watson non ha mai tentato di sottrarsi alla mia presa, che di colpo si trasforma in un intreccio di dita.
Il primo vicolo è l’ideale, per spingerlo contro al muro di mattoni umidi, poco distante da un lampione.
Gli stritolo i polsi, alzandoli con veemenza per allinearli alle sue chiome scompigliate.
Lo blocco anche con il mio corpo, aderendo al suo con una prepotenza inaudita.
“Ed ora consumami di baci soldato, visto che ambivi a tanto e credo tu abbia abbastanza coraggio per farlo!” – gli gemo nell’orecchio, mordendo e succhiando il suo collo, che mi offre generoso, come le sue labbra all’istante, senza aggiungere altro.

La mia vita è questa, esiste per merito di John, che da quella notte è tornato al suo posto: nel mio letto, sul mio cuore.
Per sempre.

THE END

GOLD - CAPITOLO N. 285

Capitolo n. 285 - gold


Xavier versò un po’ di sangria analcolica nelle tazze dei bimbi, che lo circondavano da cinque minuti.
“Non confonderti mi raccomando nino …”
“Tranquillo Phil … c’è Pamela al tavolo degli adulti …” – e rise – “Guarda, sono arrivati!” – ed indicò l’auto di Hopper, che stava parcheggiando nel viale antistante villa Meliti.
“Tutto esagerato … jet, case da sogno, auto di lusso … non ci sono abituato.”
Jamie aveva un’aria imbarazzata, ma la sua voce tradiva una sommaria irritazione.
“Se vuoi ce ne andiamo subito, loro capiranno, non c’è alcuna pretesa in questa serata …”
“No Marc, se sono la tua famiglia …”
“Assolutamente no, alla mia ti presenterò a Boston, questi sono amici fidati, spesso più importanti di qualsiasi parente.” – e rise, sporgendosi per baciarlo.
Jamie si aggrappò a quel gesto.
“Vorrei … io vorrei tanto fare l’amore con te Jamie …”
“Anch’io … ma …” – “Non dire niente … Adesso pensiamo a divertirci con questi pazzoidi, però in qualsiasi momento, se vorrai tornare a casa, mi fai un cenno e ci volatilizziamo, ok Jamie?”
“Ok … a proposito … ti trasferisci da me Marc, vero?” – e sorrise.
“Non vedo l’ora, grazie piccolo.” – e gli diede ancora un bacio, prima di scendere.


Incontrarono Jared, che salutò Marc con una stretta di mano e poi avvolse Jamie in un abbraccio leggero, quanto il bacio che gli diede sulla guancia.
“Benvenuti, avete fatto buon viaggio?” – chiese con pacata gentilezza.
“Sì … anche se il provino non è stato il massimo …” – rispose il ballerino con serenità: la naturalezza di Leto lo mise subito a proprio agio.
“Cose che capitano … Jamie mi daresti una mano? Sto cambiando Isotta e mio marito non sa più cosa inventarsi per distrarla …” – e rise.
Jamie guardò Marc, che annuì – “Andate pure, io devo parlare con Glam per l’alloggio …”
“Ok, ti seguo, ma non ho alcuna esperienza …”
“Neppure io ce l’avevo sai? Il mio primo neonato è stato Henry, il figlio di Colin, non ti dico che disastro …” – e lo scortò nella nursery.
Farrell li stava aspettando ed accolse Jamie con simpatia – “Vedo che Jay ti ha subito coinvolto, ci servono rinforzi per questa principessa!”
“Dio che bella bimba …” – mormorò Cross ammirandola.
“Vuoi provarci tu, Colin il pannolino, grazie, ma prima la salvietta …” – ed armeggiò con una scatola colorata.
Jamie rimase perplesso, ma poi riuscì in quell’impresa, sentendosi bene, dopo che Isotta arrise alle sue smorfie spontanee.
“Bravissimo …” – disse Colin, con un fare paterno, più verso Jamie, che verso la loro cucciola, nel passarla al ragazzo, che la strinse piano sul cuore.
“Grazie …” – mormorò Jamie.
“Pronto per conoscere il nonno?” – disse Kevin entrando con Antonio.
Jamie si voltò – “Salve … signor Meliti …”
“Chiamami Antonio, salve Jamie, ma ti hanno già messo al lavoro? No, no, sei appena arrivato e che diamine …” – e rise complice – “Vieni, prendiamo un aperitivo in veranda, visto che Marc e Glam stanno già provvedendo. Ah lui è Kevin, il compagno di Geffen.”
“Sì … più o meno i nomi li conosco …” – e sorrise.
“Ma non sai i pettegolezzi, per quelli ci sono io e non terrò chiuso il becco ahahah Quei due armadi che stanno arrivando invece, sono Vassily e Peter, ex sommergibilisti sovietici ed ora body guard di casa Geffen …”
“Cavoli …”
“Buonasera gente!” – esclamò Vassily e Peter fece altrettanto – “Nonno abbiamo acceso la griglia, stiamo facendo il giro di ordinazioni. Jamie tu preferisci carne, pesce …”
“Quello che c’è Vassily … ti ringrazio.”
“Ah non sei una capra come Jared! Bene, allora costolette e filetto per noi almeno!” – e prendendo sotto braccio Jamie, si avviò verso l’esterno.


“E quella bella donna chi è Antonio?”
“Lei è Pamela, la ex di Geffen, madre delle sue gemelle, ma adesso come vedi è incinta, di Xavier … il pittore e scultore, il mio nipote più scapestrato, che sta con Phil il regista, eccoli che arrivano …” – e ridacchiò, davanti alla faccia stranita di Jamie.
Il giovane si grattò la testa – “Devo prendere appunti …”
“Ottima idea! Ragazzi venite, vi presento Jamie, l’amore di Marc.”
A lui piacque quella definizione: Meliti aveva colto l’essenza di ciò che Jamie rappresentava per Hopper.
“Olà Jamie, ma noi ci conosciamo già, ora ricordo …”
“Sì signor Derado … ops Phil, ho ballato in un suo film …”
“Giusto! Dovremmo parlare di un nuovo contratto comunque … c’è quel produttore, Strong, che vorrebbe un musical d’effetto e …” – “Ok, ok, ma qui non vogliono darti pace Jamie, ci dobbiamo rilassare stasera, basta parlare di affari, ok?”
“Il lavoro è ciò che restava nella mia vita … adesso c’è anche Marc …” – disse Jamie con una velata malinconia.
Pamela si accomodò prendendogli la mano destra tra le sue – “Sai Jamie, a volte pensiamo di potercela cavare da soli e chiudiamo le porte, perché non sopportiamo l’idea di fare soffrire gli altri con i nostri problemi e spesso ci riusciamo, ma soltanto con chi non è per nulla interessato a noi … Chi ci ama davvero, invece, farà anche l’impossibile per indurci a cambiare idea ed allora sapremo chi ci ama senza compromessi.” – e sorrise, accarezzandogli i capelli, con tenerezza.
“E’ … è un maschietto …?”
“Sì un guapito …” – disse Xavier, che stava ascoltando incantato dal ragionamento di Pamela.
“Ha già l’immensa di fortuna di avere una madre intelligente … ed anche un padre suppongo!” – e rise, insieme a loro – “Di sicuro un pochino loco, vero Phil?!” – “Vero Xavy … andiamo a tavola, è pronto!”


Erano di nuovo sul tetto, sopra ad un piumino colorato.
Si erano portati anche i cuscini ed una bottiglia di champagne, con delle patatine e dei pop corn.
“Una cena ben riuscita … sono felice di averli conosciuti Marc, non sono stati invadenti … mi sono quasi sentito … normale per una sera.”
“Normale? Che parola orrenda Jamie … vieni qui … Tu sei una creatura meravigliosa, quando ridi, quando parli con me, quando balli … Sei stato incredibile con quelle pesti ahhhah …” – e lo strinse sul petto.
“Volevano imparare il tip tap in un’ora … ho fatto del mio meglio …” – e rise anche lui, baciandogli il collo.
“Sembri volare quando esegui quei passi, poi i passaggi … me lo devi insegnare o sono troppo cinghiale Jamie?” – e lo fissò.
“Tu sei … sei l’uomo che amo …” – lo baciò, cercando poi nella tasca dei suoi pantaloni qualcosa.
Ne estrasse un preservativo.
“Se tu vuoi Marc …” – ed inspirò, accogliendo poi l’ennesimo bacio profondo da parte di Hopper, che sentiva il cuore in fiamme.
Quella barriera tra loro era necessaria, anche se lui avrebbe voluto evitarla, ma Jamie sarebbe stato contrario.
Hopper con tenerezza e passione sparse su quel sembiante asciutto e segnato dagli estenuanti allenamenti, una miriade di baci, che Jamie accolse con una gioia traboccante e vivida.
Scivolare in lui fu semplice, per nulla traumatico per Marc: Jamie si fidava e, seppure invaso, si spinse verso di lui, finchè non lo sentì arrivare in un punto, che lo fece gemere di piacere immediato.
“E’ … è da tanto che non … Marc mioddio … Marc …” – ansimava, liberandosi da qualsiasi timore recondito, ricevendo l’altro in un movimento, che divenne fluido.
Raggiunsero l’apice, tra baci, carezze – “Toccami … toccami Marc …”
“Ti amo Jamie … farò ciò che vuoi … per sempre … sempre.” – furono le sue parole, mentre un tremore percorse i loro corpi, che si abbandonarono ad un successivo riposo, senza distaccarsi minimamente, fino ai primi raggi del sole.




giovedì 27 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 284

Capitolo n. 284 - gold


Il ritorno in auto fu appesantito dal silenzio tra Colin e Jared.
Questi piegò la moderna bici in carbonio, infilandola nel bagagliaio del suv, senza aggiungere altro, finchè non furono nella loro camera insonorizzata.
I figli erano a riposare, mentre miss Wong preparava la cena.
Un pomeriggio afoso, ma soleggiato, perfetto per un tuffo in piscina, dove solo Yari si stava come al solito allenando.
“Chiudi a chiave Jay …”
“Va bene … ci sequestriamo a vicenda?” – rise nervoso.
“Non direi … senti, facciamo prima una doccia.”
“Ok Cole … facciamola.”

Ne tornarono avvolti in accappatoi a mantella, un regalo di Claudine.
Si accomodarono al centro del letto, prendendosi per le mani, fissandosi ed aspettando che uno dei due cominciasse, quella che sembrava una tortura annunciata.
“Eccoci qui Jared … vorrei sapere dove ho sbagliato stamattina con Sonia.”
“Sinceramente non hai sbagliato, forse hai solo dimenticato la tua precedente gentilezza a coinvolgermi in questa esperienza, che si è fermata nel momento in cui hai avuto la bella notizia da lei e sei tornato da solo in prima linea per offrirle aiuto e presenza, lasciandomi in disparte.” – replicò pacato, ma deciso.
“Ti chiedo scusa, ero … ero emozionato e confuso, soprattutto perché lei non vuole affatto coinvolgerci nel percorso della gravidanza.”
Jared sorrise appena – “Erano i patti e tutta questa storia ha rivelato lo squallore insito nelle procedure di inseminazione artificiale od utero in affitto, secondo il mio modesto pensiero.”
“La definirei aridità, non squallore Jared … parliamo di un bambino …”
Il cantante chiuse le palpebre, in preda ad un leggero tremolio – “E tu sei … sei il padre ideale, l’ho sempre sostenuto … Hai fatto molti sforzi quando … quando noi aspettavamo di avere Violet nella nostra vita …” – e riaprì quei sottili lembi di pelle, liberando due lacrime, ancora più luccicanti delle sue iridi blu cobalto.
Farrell le asciugò prontamente con i pollici, in quel gesto che Jared adorava.
“Scusami Colin … è … è un vuoto, l’ennesimo, che mi porto dentro e che né tu e neppure altri potrebbero mai colmare … il non sentirmi completo nell’amarti e nell’appartenerti, nonostante le profonde intenzioni di avere una famiglia classica … forse non riesco a spiegarmi …”
“Lo stai facendo benissimo Jared … Sappi, però, che non mi sono dovuto sforzare minimamente per vivere insieme a te l’arrivo dei nostri figli, nostri capisci?” – e lo accarezzò sulle spalle, baciandolo dolcemente sulla fronte.
Jared annuì, ma Colin voleva andare avanti, seppure turbato da quanto l’altro fosse oltremodo sconvolto.
“I tuoi vuoti … Ne abbiamo tutti, Jared, ma il problema tra noi, è che probabilmente cerchiamo di superarli chiedendo aiuto a persone come Glam o come Jude … Per me lui è un amico sincero, anche se spesso non ho condiviso il suo pensiero, ma è un rapporto solido, lo riconosco, mentre con Geffen, tu …”
“Io cosa …? Lo amo? … Il punto di vista di Glam lo conosci, il mio vorrei spiegartelo, ne hai il diritto pieno e sacrosanto Colin … Lui ha conquistato la mia fiducia dal principio, senza imporsi, aspettandomi … Per poi scoprire che come amici funzionavamo, ma per il resto … Il nostro amore, ecco, è stato un disastro, inficiato dai sensi di colpa, non ci siamo mai sentiti liberi, abbiamo sempre combattuto con i rimorsi, poi i rimpianti, continuando a sbagliare più con noi stessi che con voi … Tu e Kevin, siete rimasti i fantasmi del nostro amore … Ricordi?”
“Sì. Sì Jared … cosa rimane allora? Cosa vi è rimasto?”
“Un’affettuosa amicizia … un figlio sgangherato ed il suo … il suo papà paziente ed … ed innamorato … il sogno di ogni bambino … probabilmente quello che mancherà al piccolo di Sonia e … e se sapesse la verità, scoprirebbe l’uomo più amorevole che io conosca … Nessuno è come sei tu, Colin, devi saperlo: Isotta ne è la testimonianza, l’hai amata da subito, di un’emozione limpida e sincera, senza ingannarmi, senza manipolarmi … Ti sei sempre battuto per i tuoi cuccioli, non li hai mai usati. Ti ammirerò fino alla fine, per questo …”
Era fatto di inchiostro, lo specchio, che ora Jared stava scrutando, negli occhi di Farrell.
“Io ti amerò fino alla fine Jared … E temo sia per questa incomprensione su di te e Glam, che ho cercato qualcuno dove ritrovare certe conferme o se vuoi la piena attenzione o questa ammirazione, di cui parli … Io ho cercato te in Justin, forse anche in Jude, ma in modo differente, egoisticamente persino in Sonia, che aveva un sogno realizzabile grazie a me … Ti ho sempre cercato in ogni persona, da quando ti ho affidato il mio cuore Jared, ostinandomi nel non credere possibile quanto fosse incredibile il nostro legame … In principio eravamo giovani, spaventati, io lo ero almeno, perché non dovevo morire ogni attimo in cui non mi guardavi o non parlavi con me … non potevo essere tanto succube di un altro essere umano, per giunta di un uomo … Una parte di me ti rifiutava, un’altra ti odiava, non ero più libero su nulla, non esistevo neppure … La droga e l’alcol mi devono essere sembrate delle ottime vie di fuga, ma il destino ci possiede e tu eri, sei e sarai sempre il mio destino, lo sai, vero?”
“Per questo mi … mi tradivi? Mi facevi spesso del male in modo incomprensibile ed inaccettabile …”
“Fino al momento in cui ho capito che volevo solo te Jared … io amo soltanto il mio ragazzo americano di Bossier City … L’unico a non subire il peso di questo sentimento, il solo che non avrebbe mai rinunciato a me, a lottare, a riprendersi ciò che era suo di diritto … il suo scapestrato re d’Irlanda …” – e rise mesto, avvicinando le loro fronti.
“Colin …”
“Io non ho più paura Jared … di amarti … ma vacillo ogni volta che leggo nei tuoi gesti quanto amore ti unisce a Glam … Devo essere impazzito in quel dicembre in cui …” – e si morse le labbra.
Jared sospirò – “Non importa … è il passato e noi dovremmo accatastarlo in soffitta, come quei mobili ormai inutilizzati … Un baule, dove qualcuno andrà a curiosare tra cento anni, sorridendo per quanto siamo stati stupidi …” – e sorrise, cercando la bocca di Colin, baciandola dapprima piano, poi lasciando andare ogni sua percezione, affidandola al loro amore sconfinato.


“Quindi il ragazzo ha un problema serio. D’accordo, non facciamo pressioni Glam, cerchiamo di accoglierlo senza fargli capire che noi sappiamo, a meno che tu non convinca Marc a spiegargli con chiarezza quanto potremmo essere d’aiuto.”
Meliti spense il sigaro nel posacenere in alabastro, che Phil gli aveva appena passato, mentre insieme a Xavier e Pamela ascoltavano Geffen, che decise di affrontare l’argomento con loro.
“Jamie si incazzerà, da quel poco che ho capito di lui … Eppure noi riusciremo a fargli cambiare idea …”
“L’unico modo è migliorare la sua vita. Ha soldi? Ha problemi, a parte la salute? Li risolveremo ancora prima che dica una sillaba, saperlo non è un problema, ma non tratterò la cosa come un affare, qui abbiamo un giovanissimo ragazzo, al quale hanno tarpato le ali, una vera ingiustizia, accidenti …” – ed armeggiando con l’accendino, Antonio meditava sul da farsi.
“Lasciamolo respirare, sperando che ci venga a questa cena … Jared lo sa?” – intervenne Xavier.
“Lo aggiornerò subito, così farò con Colin, anzi, vado ora alla End House.”
Kevin sopraggiunse in quell’istante con Lula, che corse subito dal suo daddy.
Pamela si alzò, con un bel sorriso – “Ombre la parola d’ordine sarà fiducia! Le persone malate sono sempre emarginate, ma noi sappiamo che Jamie non è un appestato, quindi lo faremo giocare con i nostri bambini, lo saluteremo calorosamente, lui è uguale a noi.”
“Quindi è matto da legare, ottimo!” – sentenziò Meliti, ridacchiando.


Hopper chiuse la telefonata con un sorriso.
Erano appena atterrati al Lax ed i piloti stavano espletando le operazioni di controllo, prima di farli scendere dall’aereo.
“Un jet privato … i tuoi amici si concedono molti lussi …” – mormorò Jamie, raccogliendo le sue cose.
“Diciamo che il signor Meliti ha parecchie possibilità.”
“Vedo … Credevo fosse un mafioso.”
“E’ una brava persona, anzi a proposito … vorrebbe conoscerci, mi è appena arrivato un invito per stasera … cosa ne pensi tesoro?” – e lo avvolse con un’esitazione, che non sfuggì al ballerino.
“Mi presenti ai tuoi?”
Marc rise di gusto . “Oddio sì …”
“Loro sanno che sono sieropositivo?” – domandò secco.
L’avvocato deglutì a vuoto – “L’ho detto … a Glam … è come un fratello per me. Scusami Jam …” – ma lui gli diede un bacio a stampo, sprofondando poi nel suo petto – “Hai un cuore grande Marc … tu hai un bellissimo cuore …”
“Io … io te ne faccio dono … senza superbia, senza pretese, è tuo, fanne ciò che vuoi Jamie, io non me ne pentirò mai, mai.”
Si baciarono ancora, scherzando poi su cosa mettersi per quella serata a sorpresa.

Jared fu entusiasta dell’idea, appena Geffen gliela comunicò.
Colin gli disse di avere saputo e si rese disponibile fornendo il nominativo di un medico, che conduceva degli studi sperimentali.
“Ti ringrazio … è interessante …”
“Vedi Glam, sono in contatto con lui per James ed anche Camilla …”
“Certo … certo, è un sollievo sapere che ci sono delle speranze, Jamie si sta dimostrando piuttosto riluttante al sostegno altrui, è stato maltrattato dai genitori, sembra essere il denominatore comune di molti … Forse ti salvi solo tu Colin …” – e sorrise, aprendo una bottiglietta di acqua minerale.
Jared e Kevin si erano allontanati con Lula, per andarsi a fare un bagno, prima di prepararsi all’incontro con Marc e Jamie a villa Meliti.
Farrell tossì, cercando un punto da dove cominciare quel discorso, che voleva affrontare con Geffen.
“Noi abbiamo parlato … Jared mi ha detto quanto tu sia fondamentale …”
“Che diavolo stai dicendo Colin?” – chiese stupito.
“Avevo bisogno di sapere, ogni volta lui ti cerca, quando io sbaglio …”
“E’ come se una parte di Jared non fosse cresciuta o si rifiutasse di farlo … Ci siamo sempre detti, tu ed io, che dobbiamo averne cura. Porsi dei limiti, è un compito che spetta solo a me Colin e non sempre ci riesco, ma sono riuscito a non trascendere …”
Farrell si alzò dal divano, per andarsene, ma prima sfiorò la spalla di Glam, in un tocco all’apparenza lieve, ma che in realtà aveva un peso significativo per ognuno di loro.


mercoledì 26 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 283

Capitolo n. 283 - gold


All’alba le parole di Jamie investirono la mente di Marc.
“Il provino è stato uno schifo …” – disse mesto.
Hopper si destò lentamente, stringendolo da dietro, un poco di più ed aumentando la sensazione di Jamie di essere custodito in un bozzolo tiepido.
“Mi dispiace piccolo …” – e gli baciò una scapola e poi l’altra.
Niente sesso, Jamie non aveva voluto, Marc neppure si era osato chiederglielo: avrebbe aspettato, rispettando i tempi e le esigenze del ragazzo, che ormai era certo di amare in un modo, che ancora non conosceva.
Lo anteponeva completamente a sé stesso, non come in una battuta melensa, ma per davvero.
“Sono … sono caduto due volte … eppure ho ricominciato, ma la nausea mi impediva di concentrarmi.”
“Eri stanco …?”
“Forse …”
“Se ho qualche responsabilità in questo, ti chiedo perdono Jamie.” – e lo girò, per osservare la sua reazione.
Jamie fece un cenno di diniego – “Assolutamente no Marc. Quando vado a questi appuntamenti parto il giorno stesso, per diversi motivi … e poi torno subito a casa.”
Hopper sorrise.
“Ci saranno altre occasioni … giusto?”
“Sì, tra due settimane a Los Angeles, stessa compagnia …”
“Andrà bene, te lo prometto.” – e lo abbracciò, aspettando sveglio che si riaddormentasse.


Colin era al pc da circa venti minuti.
Jared pensava ad Isotta, ma sapeva che il compagno stava parlando via web cam con Sonia.
Si avvicinò allo studio, per ascoltare la conversazione, nonostante Farrell gli avesse chiesto di essere presente.

“Allora sei sicura …?”
“Sì Colin, il test è positivo. L’ho ripetuto due volte. Mia sorella andava e veniva dalla farmacia qui sotto.” – rise cristallina.
“Ok … ok, allora … tanti auguri …” – replicò emozionato.
“Ti ringrazio, anche se … scusami Colin, ma i nostri contatti si chiudono qui, cioè insomma … sai come eravamo d’accordo.”
“Certo Sonia … sì, certo, lo ricordo perfettamente … magari se solo mi vorrai dare qualche notizia, più avanti o comunque … “ – si commosse.
“Quando nascerà ti mando una foto … ok?” – disse imbarazzata lei.
“Mi farà davvero piacere riceverla, ma se avessi bisogno di me … io ci sono per qualsiasi evenienza.” – affermò sorridente, ma nervoso.


Jared spostava i pezzi di anguria a destra e quelli di melone a sinistra: voleva iniziare con l’ananas.
Quella macedonia era ricca e colorata, aveva un ottimo profumo, così come il mare.
La panchina era comoda, la vista mozzafiato, la sua bici appoggiata allo schienale, la Ferrari di Geffen parcheggiata in parallelo, ad un metro, oltre il marciapiede, dove qualcuno portava a passeggio il cane o pattinava.
“Io ci sono … Eravamo noi fino ad un certo punto …” – disse flebile.
“Ti fossilizzi sulle parole Jared, credo sia un’esagerazione … anche se comprendo il tuo disagio.”
“Un altro figlio … E lui ci penserà di continuo, aveva un forte dispiacere ed al tempo stesso un enorme soddisfazione nel confermarmi che Sonia è rimasta incinta.”
“Di cosa stiamo parlando tesoro …? Mi hai preoccupato al telefono.”
“Glam sei l’unica persona che mi sopporta, te l’ho già detto e sei il solo che puo’ mandarmi a quel paese se esagero, come permetto a mio fratello … sono egocentrico e stupido, sono in una giornata delle mie, ma CAZZO!! Io non potrò mai dargli dei figli, in … in quel modo …”
Geffen si grattò la nuca, in un gesto che Jared conosceva bene. Sorrise.
“Come sei fico oggi avvocato … devi sbranare qualcuno in aula?”
“Tu sei alquanto infantile Jared …” – disse sereno.
“Lo so.”
“Meno male. Sì ho un’udienza alle nove e trenta … devo correre, mi prenderò una multa, non saprò cosa dire per i primi dieci minuti, quindi mi ridurrò a fare il cascamorto con la giudice, mia vecchia amica, per avere la sua pietà …” – e rise.
“Amica quanto?”
“Jared …”
“Vecchia?”
“No … avrà quarant’anni … sì ci siamo divertiti un po’, di solito si va a giocare a golf con loro, ma trattandosi di una donna …”
“Stronzo!”
“E’ preistoria Jay … Dio mio … “ – e sbarrò le palpebre, rivelando i suoi occhi azzurro vivo.
Jared li scrutò – “Sei bello … anche se hai cinquantasei anni … o sono cinquantasette …?”
“Adesso ti affogo e libero il mondo dalla creatura più assurdamente affascinante che io conosca!” – e lo prese in braccio, portandolo verso una caletta.
“Ti rovini le scarpe Glam!” – esclamò divertito il cantante, aggrappandosi a lui.
“Vedrai cosa ti rovinerai tu tra due minuti!” – sogghignò in modo buffo.


Jared arrivò in ritardo al ristorante dove Farrell lo aveva invitato con un sms.
“Scusa Cole …”
“Figurati, ho ordinato solo l’acqua … bene arrivato Jay.” – e gli diede un bacio.
“Cosa prendi?”
“Quello che scegli tu … ascolta, sei sparito stamattina … volevo dirti delle cose.” – disse l’irlandese, quasi con timidezza.
Jared inspirò, giocando poi con la disposizione delle posate.
“Anch’io devo dirti delle cose Colin. Ho visto Glam e ci sono delle notizie, che mi hanno sconvolto.”
“Quali notizie?”
“Si tratta di Jamie … e Marc, sì insomma, loro si sono messi insieme. Jamie ha un grave problema di salute … Sembra una catena, forse non dovrei parlarne, forse non lo doveva fare neppure Glam con me, ma la cosa ci ha sconvolti … E’ sieropositivo, ecco …”
“Jamie?”
“Sì … io lo conosco appena, del resto anche Hopper, anche se ho un’ottima opinione di lui. Si conoscono appena, ma l’ha presa subito sul serio, è coinvolto, innamorato … Glam è molto attaccato a Marc, ne soffre, è preoccupato.”
“Comprendo il suo stato d’animo, solo non vorrei riversasse su di te i suoi problemi emotivi, viste le conseguenze.”
“E’ reciproco … Ti ho sentito stamani con Sonia e … e mi ha fatto male ascoltare certe … certe cose …” – e deglutì, vedendo che il volto di Colin si stava irrigidendo, come il resto.
“Ok … ok, ma spiegami una cosa Jared, spiegami perché non affronti me, dicendo ciò che senti, anziché rifugiarti tra le braccia di Glam a lamentarti!?”
Leto si mise le mani tra i capelli, tornati lunghi e castani; non si faceva la barba da un paio di giorni ed aveva un’aria trasandata, anche se terribilmente seducente.
Colin si pentì subito di ciò che aveva affermato con una certa rabbia, perdendosi nel guardarlo, provando come una fitta generale, pungente e strana.
Avvolse nei propri palmi la nuca di Jared, attirandolo con una mossa inaspettata, quanto intensa, per poi baciarlo forte.
Finirono sul prato di quel dèhor costellato di ombrelloni bianchi e separè in plexiglass.
Colin pensò alla stessa scena vissuta con Jude, ovviamente non con quell’epilogo, ma a come provava una sottile eccitazione ogni volta che scherzavano in una maniera piuttosto discutibile.
Mentre teneva Jared sotto di sé, proseguendo in quelle effusioni, immaginò come Geffen potesse consolarlo, quando entrambi sparivano, per scambiarsi confessioni, attivando una valvola di sfogo pericolosa.
In un secondo realizzò infine, che sia lui che Jared dovevano fare gli stronzi per forza, che non si dicevano tutto e che forse non lo avevano mai fatto.
Si staccò con il fiato corto, senza però smettere di accarezzare gli zigomi di Jared, che aveva annullato qualunque reazione, per godersi a pieno quel momento – “Ti amo … io ti amo Jay … andiamo a casa, voglio … voglio parlare con te … parlare davvero … e poi …”
Fu Jared ad interromperlo, riprendendo quel bacio, che riuniva mille implicazioni, psicologiche e sentimentali, da affrontare finalmente.






martedì 25 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 282

Capitolo n. 282 - gold


Si erano allungati al contrario, sul letto, Glam ancora vestito, Jared con la sua spugna a fasciargli i fianchi gracili, erano caduti in un sonno leggero, legati il primo sull’altro.
Leto si svegliò stiracchiandosi.
“Glam … ehi Glam …” – sussurrò piano, baciandogli la fronte e scostandosi di poco.
“Ci … ci sono …”
“Ti vedo.” – e rise felice.
“E’ tardi Jay …?”
“Sì, un po’ … devo tornare a casa.”
“Certo … grazie per avermi ascoltato …” – e si mise seduto a fatica.
“Ci sarò sempre Glam … va tutto bene?” – domandò perplesso.
“Solo un capogiro, è per il caldo … mi prendi dell’acqua per favore tesoro?”
“Sì subito, vuoi qualcosa da mangiare?”
“Ho portato della frutta, pensavo ne volessi.”
“Mi hai letto nel pensiero Glam …” – disse dalla cucina.
Geffen si sentì meglio dopo pochi istanti, ormai ci aveva fatto l’abitudine a quei leggeri problemi di pressione.
“Ok, la merenda l’abbiamo fatta, ora temo che dovremo muoverci Jared … dove sono i tuoi vestiti?”
“In lavatrice, erano sudici.”
“Allora aspetta.”
Geffen aprì un cassetto e prese il necessario.
Tornò da Jared, togliendogli l’asciugamano; cominciò a vestirlo, dai boxer, ai bermuda, infine la t-shirt, ritrovandosi il cantante sul petto, abbracciato a lui, con il viso affondato nel proprio collo.
“Grazie Glam …” – disse piano.
“E di cosa …? Guardami …” – mormorò dolcemente.
“Ti sto guardando …” – “Sì … non smettere mai Jared … soprattutto non cambiare mai, sei un punto di riferimento a cui non posso rinunciare.”
Si baciarono, prima di andarsene definitivamente.


“Allora questo provino?”
Il tono amorevole di Marc arrivò diretto nel cuore di Jamie, che si stava rilassando dopo una doccia.
“Ho buone speranze, il coreografo si è sbottonato in un complimento a caldo ed avendo una certa reputazione, si sono stupiti tutti in commissione …”
“Fantastico … hai mangiato Jamie?”
“Non ancora … volevo ordinare qualcosa …”
“Secondo me sarebbe perfetta una cena all’italiana.”
“Dici Marc? Molti carboidrati … sì, puo’ darsi.” – e rise, per poi tossire, tirando su dal naso.
“Che succede …?”
“Niente … mi manchi Marc … non pensavo che … che succedesse così presto …”
“Allora ne valeva la pena.”
Jamie rimase in silenzio per pochi secondi, poi arrise a quelle parole – “Sì Marc. Sì … e non sai cosa non darei per averti qui.”
“Ti basterebbe aprire la porta.”
Jamie ebbe un sussulto – “Scherzi?”
“Quando mai …” – e ridendo cominciò a bussare.
Jamie volò ad aprirgli – “Ma … come diavolo hai fatto!!? Marc!” – e tirandolo dentro, caddero sul pavimento.
“I potenti mezzi di casa Meliti … presto conoscerai quei pazzoidi dei miei amici, solo se lo vorrai … perché loro non vedono l’ora.”
Jamie divenne serio improvvisamente.
Si tirò su, aiutando anche Hopper, che si ammutolì.
“Sinceramente non ho lo stesso entusiasmo Marc … non fraintendermi …”
“Assolutamente piccolo … L’ho fatto di nuovo, ho ingranato la quarta, perdonami.”
Jamie si appese a lui – “No, non ti perdonerò se adesso …”
“Se adesso cosa amore?”
“Ma tu sei sempre così sicuro di tutto Marc?” – chiese spaventato, staccandosi.
Hopper prese fiato, lisciandosi la faccia.
“Ok … ok Jamie, non posso pretendere di mettere entrambi sullo stesso piano. Tu hai un problema di salute, una bomba ad orologeria, per quanto sono stato in grado di imparare durante il volo dalla California a qui. Ti stai curando, lavori, vivi, sei coraggioso, ma questo assorbe molto di te, di sicuro annienta l’ottimismo, la speranza, la … la leggerezza che un ragazzo di venticinque anni dovrebbe avere nell’affrontare nuove esperienze o nel conoscere persone, anche come me.”
Jamie lo scrutò, tornando sui propri passi: gli accarezzò la nuca, permettendo a Marc di avvolgerlo nuovamente.
Un bacio profondo rappresentò come una tregua, un punto di incontro, dal quale cominciare a parlare di cosa sarebbe stato di loro.


Robert accese il baby control, dopo avere aggiustato il ciuccio di Camilla, che sonnecchiava serena in quella serata estiva, il cui cielo minacciava un temporale.
Tornò sul divano insieme a Jude, che stava divorando delle patatine.
“Ho sempre fame, sono incinto!” – disse l’inglese, accogliendolo con un bacio sul petto nudo.
Indossavano soltanto dei pantaloni di seta, si mettevano giusto quelli, dopo avere mangiato.
“A che mese … non vedo il pancino, sei piatto come una tavola Judsie …” – e rise, stropicciandogli il volto, con il proprio, stendendosi con lui.
“Ma se ho preso due chili …”
“Cosa mi dicevi di Colin?”
“Uhm … perché lo metti tra noi adesso?” – chiese sorridendo.
“Magari potrebbe piacerci …” – disse leccandogli la bocca, per poi scendere veloce ai capezzoli di Jude.
“Mioddio Rob …” – ansimò, pervaso da una moltitudine di emozioni.
Downey gli strappò quell’indumento scarno, permettendo a Jude di fargli scivolare unicamente alle ginocchia il proprio, per poterlo prendere senza esitazioni ed alcuna cura.
“Rob … Rob …” – reclinando la sua testa bionda, lasciando solo una fessura screziata di ghiaccio, al posto dei suoi occhi liquidi, Jude lo accolse generosamente, senza sottrarsi a quel dolore grezzo e ruvido, provocato dall’attrito asciutto e violento.
Fu come un ventaglio di fitte, che andava aprendosi, durante l’incedere progressivo di Robert, che forzava l’apertura del compagno: lo stava punendo, fradicio di gelosia, Jude lo sapeva benissimo e ne godeva in un modo osceno: glielo urlò piano, mordendo e leccando dove poteva, ottenendo in replica un acuirsi del ritmo amoroso di Downey, che sembrò ruggirgli dentro, con un orgasmo lancinante.
Uscì calmo da lui, che respirava convulsamente, rannicchiandosi di lato, ma Robert lo riportò alla posizione iniziale, schiacciandolo sui cuscini e scendendo alla sua erezione rimasta insoddisfatta.
“Scopami la bocca … se hai ancora un briciolo di energia Jude …” – disse provocandolo senza remore.
“Lo farò, sai … ?” – e dopo avergli agguantato la nuca, glielo spinse sino alla gola.
Quasi lo soffocò, inondandolo con il proprio piacere, ma Downey non si sottrasse a quella tortura.
Quando sentì il respiro riequilibrarsi, l’americano scalciò via il pigiama, andando ad accucciolarsi sul busto madido di sudore di Jude, che lo stritolò appagato.
“Dormiamo qui angelo mio …?” – domandò, succhiandogli il lobo sinistro.
“Certo … ti amo Rob …” – “Ti amo anch’io …” – e sorrise, dandogli l’ennesimo bacio.

GOLD - CAPITOLO N. 281

Capitolo n. 281 - gold



Marc e Jamie dormirono sino a mezzogiorno, abbracciati e nudi, passando dal tetto al comodo materasso del ballerino, che si sentiva bene, dopo tanto tempo.
Ogni tanto si svegliavano, per darsi un bacio, per poi riassopirsi sereni.
Quando la luce divenne più intensa, Marc sussurrò qualcosa all’orecchio di Jamie, immergendovi la lingua dispettosa e facendolo ridere.
Hopper adorava la sua risata, adorava ogni piccola cosa di lui e glielo disse, prima di toccarlo, con estrema cura.
Avrebbe voluto osare di più, ma capì dallo sguardo impaurito del giovane, che era meglio fare un passo alla volta.
Jamie venne insieme a Marc, unendosi a quelle attenzioni calde, che ricambiò, riempiendo la propria mano di lui e della sua essenza.
Fu bellissimo.

“Devo andare a Chicago … per un’audizione, parto tra tre ore … devo sbrigarmi Marc.”
“Ok … ti accompagno se vuoi.”
“Solo … solo all’aeroporto. Grazie.” – e sorrise timido.
Riunì poche cose in un trolley e dopo avere mangiato velocemente un hamburger scaldato nel microonde, si avviarono verso il Lax.
“E’ per uno spettacolo importante?”
“Sì … hai dell’acqua, ho dimenticato di prendere le mie pastiglie … un mix che mi aiuta ad arginare la malattia vera e propria …”
“Sì Jamie, nel porta oggetti … hanno … hanno effetti collaterali?” – domandò con un nodo allo stomaco.
“A volte … a volte faccio fatica a digerire alcuni cibi … poi i tremori come ieri sera, ma sono rari per fortuna, qualche mal di testa, nausea appunto … Negli ultimi anni ci sono stati progressi, i farmaci sono meno invasivi, me lo ha spiegato il medico, visto che prima utilizzavano anche dei protocolli per la cura dei tumori. Non vorrei annoiarti Marc …”
“Stai scherzando? Vorrei sapere tutto in merito e se per te è difficile parlarne, posso capirti, quindi lo scoprirò in altri modi, non preoccuparti. Tu da oggi non dovrai più farlo: hai fiducia in me?” – e gli prese la mano.
Jamie annuì, sentendo un calore salirgli nell’addome, che aveva qualcosa di nuovo e terribilmente rassicurante.


“Il posto è carino Jared … lì mettiamo la mia batteria, Tomo si piazza all’angolo sullo sgabello, anche tu sul trespolo al centro ahahah come un bel pappagallo colorato!” – Shannon sghignazzò allegro, mentre il fratello minore lo stava strozzando.
Erano come avvinghiati, nel perlustrare la sala dove avrebbero suonato nel fine settimana.
“Sì mi piace … mancano solo quattro giorni, avvisa il nostro team, ci sarà da lavorare parecchio … il ricavato lo destiniamo alla fondazione Rice questa volta?”
“Ad Owen farebbe piacere, del resto si occupano di bambini e madri in difficoltà qui a Los Angeles e non solo.”
“Perfetto. Adesso torno a casa.”
“Sei in bici? Con questo caldo?”
“Sì Shan, non temere, a me fa bene pedalare.” – e rise, dandogli un bacio sulla guancia – “Ti voglio bene animale …”
“Anch’io disgraziato … non fare casini.”


“Dovevo dirlo a qualcuno Glam … perdonami se condivido con te questo peso.”
“Hai … hai fatto la cosa giusta Marc. Io … io ti ammiro, sai?”
Erano seduti nel parco della Joy’s house, a distanza da Lula e Josh che stavano scorrazzando con delle macchinine elettriche, mentre Kevin, Tomo e Chris nuotavano in piscina.
Geffen si commosse, almeno quanto Hopper.
“Non è semplice stare accanto ad una persona malata … Quando vedo Kevin stanco e triste, per le mie crisi …”
“Mi dispiace Glam … ora, però, stai meglio, vero?”
“Sì, ma devo sempre fare esami, qualche chemio, come richiamo, il cuore poi … Sono un catorcio, non credi?” – e risero, mentre una lacrima rigò i loro volti abbronzati ed affascinanti.
Hopper inspirò, strizzando le palpebre e chiudendo i pugni – “Jamie affronta la situazione con estremo coraggio, lui è … è un vincente, ne sono certo, aggredisce la vita ed i problemi, anche se ha molta paura, chi non l’avrebbe?”
“E tu ne hai, Marc?”
“No. Non posso permettermi di averla, voglio assisterlo e cercare nuove speranze, qualcosa di efficace e non debilitante, come sembra la sua attuale terapia.”
“Qualunque cosa vi serva, conta su di me, ok?”
“Ok Glam, ti ringrazio … sarai in cima ai miei pensieri e preghiere … a proposito, avrei bisogno un favore.”


Jared prese un frullato, prima di leggere un sms appena arrivato sul suo palmare.
Lo consumò in fretta, per poi ripartire.

“Ehi … ma potevi dirmi che eri con quella banderuola a due ruote!”
“Ciao Glam … uff … cavoli, mi ero dimenticato la salita per arrivare qui ahahahh”
“Ti preparo una bibita?”
“Sì … oh miseria, si cuoce sul boulevard … faccio una doccia ed arrivo, ma cosa è successo?”
“Si tratta di Marc e Jamie, ma ne parliamo dopo …”
“Ok, faccio in un attimo.”
Quando uscì dal bagno, Jared indossava il solito asciugamano bianco: ancora imperlato di goccioline azzurrognole crollò sul letto, a pancia in giù, brandendo un cuscino, dove si appoggiò: “Potrei … dormire due minuti?” – e rise piano.
Geffen era in poltrona, accanto al cassettone, dove teneva i cambi anche per il cantante dei Mars.
Lo scrutò per qualche istante.
“Sei … una meraviglia …”
I raggi del tramonto coloravano le pareti, le lenzuola, il profilo di Jared, che respirava rilassato in quella posizione, che azzerava i pensieri di Glam.
“Grazie … sveleresti l’arcano a questa meraviglia?” – e sorrise, tendendogli il braccio sinistro.
Geffen andò a sedersi al suo fianco, sfiorandogli le scapole con un bacio leggero.
“E’ una rivelazione che mi ha depresso e l’unico modo di alleviare questo dolore è parlarne con te, così come ha fatto Marc con il sottoscritto … Jamie è sieropositivo.”
“Cosa …?”
“E’ così giovane … venticinque anni e da due lotta con questo incubo … E’ stato un suo ex a trasmettergli il virus.”
“Ma non è aids conclamato … è curabile, cioè per quel che ne so Glam, si puo’ tenere sotto controllo, giusto?”
“Più o meno … si sta avvelenando, per evitare la malattia e rischia altre patologie, come il diabete, tanto per citarne una.”
Jared si mise seduto, raccogliendo le gambe e provando un brivido lungo la spina dorsale.
Geffen prese un altro telo, avvolgendolo.
“Sei sempre … attento Glam …”
“E così sarà Marc con Jamie, lo ama sul serio, nonostante si conoscano da poco, ma mi ha detto che … che lui ha trafitto il suo cuore, senza farlo sanguinare e … ed ora non puo’ più estrarre il sentimento che li lega, altrimenti la ferita lo farebbe morire … ha detto così …”
I suoi occhi cerulei vennero inondati da un pianto, che Jared raccolse sul suo petto, insieme a ciò che rimaneva di Geffen, ancora una volta, con immensa tenerezza.


Jude vide arrivare Colin e Justin nel locale dove stava aspettando il suo irish buddy, pensando lo raggiungesse da solo.
“Ehi siamo in ritardo?” – chiese Farrell con un bel sorriso.
“No, non lo siete.” – sibilò Law, tirando un sorriso al grafico, che si sentì di troppo.
Finse così di ricevere una telefonata da Brian e si dileguò.
“Ci vediamo domani allora, stessa ora ok?” – “Ok Colin, a domani, buona serata.”
L’attore irlandese si rivolse quindi al suo amico, con aria stranita – “Che ti prende, si puo’ sapere?”
“Quando abbiamo un appuntamento, ci devi venire tu e non tu con questo o quello, al limite Jared!” – disse con aria digrignante.
Si fissarono, poi scoppiarono a ridere.
“E adesso coccolami per dieci minuti se no faccio una scenata!!” – esclamò il biondo, senza molto ritegno.
Colin lo afferrò per le spalle, trascinandolo sotto al tavolo, piuttosto appartato – “Se non la smetti uk buddy ti scopo qui seduta stante!”
“Se non lo fai subito, lo dico a Robert!! Aahahahahh” – ridevano come due idioti, per poi riemergere battendo anche una zuccata al ripiano, dove la cameriera aveva appoggiato i menù.
“Ops … buonasera signorina, non si spaventi … non siamo drogati …” – mormorò Colin, riaccomodandosi.
“Parla per te scimmione! Due coppe di champagne e tartine al salmone, grazie!”
“Ehm … ma io volevo una birra … sei una checca!!”
“E tu sei un … un …” – “Un cosa Jude, sentiamo!!?”
I loro nasi erano a pochi centimetri, così le loro labbra.
Jude sfiorò quelle di Colin, lieve, come un soffio di vento – “Sei il mio adorato irish buddy …” – “E tu il mio scriteriato uk buddy … posso avere la birra?” – e sgranò i quarzi fiammanti.
“Sèèè …” – grugnì l’altro, rassegnandosi.



lunedì 24 ottobre 2011

GOLD - CAPITOLO N. 280

Capitolo n. 280 - gold

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L’appartamento di Jamie era al trentesimo piano.
“Bella vista da qui …”
“Bevi qualcosa Marc …?”
Hopper si voltò a guardarlo con un sorriso sereno – “Quello che c’è, grazie Jamie.”
“Birra … credo.” – ed anche lui sorrise imbarazzato.
Quando si avvicinò alla vetrata, il ballerino ebbe un tremolio al braccio sinistro, quello la cui mano stava passando la bibita a Marc.
La lattina cadde ed entrambi si piegarono, di riflesso, per fermarne la corsa verso la costosa moquette chiara.
“Accidenti …!” – disse sommessamente Jamie, trattenendo un moto di rabbia inadeguato per una simile sciocchezza.
Marc lo avvertì, provando un disagio rinnovato, di fronte al comportamento di quel ragazzo indecifrabile.
“Ne prendo un’altra.”
“No, aspetta Jamie, bevo questa, è solo ammaccata.”
“Sì, come me del resto …” – e si rialzò, andandosi poi a sedere sul divano angolare in alcantara blu.
C’erano diversi complementi in quel colore, che Hopper apprezzava.
“Appena ho ricevuto il tuo messaggio mi sono precipitato Jamie … Forse se prendessi la vita più con calma, spaventerei meno le persone …”
“No, assolutamente, perderesti il tuo … fascino.”
“Credi? … Da quando ho deciso che volevo un ragazzo nei miei giorni, tutto è diventato così complicato e doloroso.”
“E come si decidono certe cose?” – domandò, senza guardarlo.
“Forse … forse ascoltando le proprie emozioni, quelle insomma che avevo provato a nascondere sino a quel momento … Un po’ come stai facendo tu.”
Lo raggiunse, accomodandosi accanto a Jamie.
“Le mie emozioni sono evidenti, non trovi Marc?”
“Allora perché non vuoi darmi una possibilità … io pensavo avessi un compagno … oppure una donna.”
“Mai avuta … E per il compagno … sì, un amore c’è stato, due anni fa. Era l’unica persona di cui mi fidassi e che mi aveva fatto perdere la testa … L’unica che mi ha ingannato nel peggiore dei modi.” – nel dirlo, tornò verso l’ampia finestra.
“Mi dispiace Jamie, però sono cose che succedono …”
“Puo’ darsi.”
“Aveva un altro? Ti ha tradito?”
“No … aveva semplicemente un segreto e non si è fidato abbastanza per condividerlo, lasciandomi la possibilità di scegliere.”
Hopper trangugiò l’ultimo sorso, inspirando, per poi tornare vicino a Jamie.
“E tu sei pronto a farlo con me?”
“Esistono cose, Marc, che è meglio non dire, uno ci prova, per tanto tempo, poi si sente scoppiare e cerca un amico che ascolti …”
“Ho visto che ne hai diversi … alla festa almeno …”
“Ma chi quelli? No, assolutamente no … nel mio ambiente si ucciderebbe per avere un ingaggio decente, si fa finta di essere uniti, con il coltello nascosto in tasca … C’è mia sorella, lei mi capisce, ma ha anche la lingua lunga, quindi anche la mia famiglia ne è al corrente.” – e si ossigenò, prima di proseguire.
“… Sono sieropositivo … lui mi ha … mi ha contagiato e … e non ha avuto neppure la decenza di dirmi a cosa andavo incontro, visto che avrei affrontato anche questa prova per l’amore che sentivo per lui, ma no, NO NIENTE L’HA FATTO E BASTA!!”
Si prese la testa tra le mani, indietreggiando, come se volesse fuggire, ma il suo corpo si appoggiò al cristallo temprato, curvandosi leggermente.
Hopper lo prese subito tra le braccia, facendo scorrere lenti i suoi palmi caldi sulla schiena di Jamie, che iniziò a piangere sommessamente – “Nessuno … nessuno mi ha più abbracciato in questo modo da quando l’ho scoperto …”
“Jamie …”
“Quel bastardo è sparito in una notte, dopo che gli ho sbattuto in faccia l’esito delle analisi … ed i miei … sono convinto che loro pensino § Se l’è meritato … § sai?”
“Nessuno di loro vale la tua compassione o la tua sofferenza Jamie .. Guardami, ti prego …”
Lo baciò, appena i loro sguardi di incrociarono.
Il giovane si staccò di poco – “Non … non devi toccarmi … non devi baciarmi …”
“Ma io voglio toccarti Jamie, io voglio baciarti Jamie!” – ruggì piano, stringendolo ancora di più, per poi fondere nuovamente le loro bocche, per un istante interminabile.


“Hai fatto pace con Kevin …? A cena eravate molto in sintonia.”
“Sì abbiamo parlato Jared, a casa loro, ero andato a trovare Glam.”
“Sì … certo.” – e sorrise tirato – “Sembri molto in sintonia anche con lui.”
“Non esiste al mondo nessuno che possa capirlo come me e … e quanto possa averti amato Jared.”
Leto annuì, finendo di vestirsi. Era ancora buio, ma volevano rientrare prima dell’alba alla End House, per stare il più possibile con i figli, che non avevano trascorso la notte a villa Meliti.
“Oggi devo andare con Shannon a vedere un locale per un concerto, una cosa tranquilla Cole.”
“D’accordo … vieni qui …” – e gli tese le sue ali, schiudendole al suo corpo ed alla sua anima fragile – “Ti amo da morire Jay.”


“Pensi mai alla morte Jamie?”
Quelle parole ferirono l’aria, che avvolgeva in un velo sottile di sudore della loro pelle.
“No Marc, soprattutto quando mi rifugio qui …”
Erano saliti sul tetto dell’edificio, stendendosi su di un lenzuolo preso al volo da Jamie: lui adorava ammirare il cielo, da quel punto, disteso senza vestiti.
“L’ho visto in un vecchio film, con di Caprio, una storia vera, su di uno scrittore … Ritorno dal nulla, mi pare si intitolasse …”
“Non lo conosco, ma voglio vederlo, con te …”
Si tenevano per mano.
“Lui … lui si isolava dai propri casini e dalla sua vita piena zeppa di problemi e di droga … poi si masturbava, sotto alle stelle. Tra lui ed il cielo non c’era nulla di cattivo o pericoloso, come ora … però era solo.”
“Tu sei con me Jamie e se vuoi, possiamo farlo anche noi …”
“Marc sei … sei incredibile … ma io preferisco stare così …”
“Ok …”
“Ok.” – e sorrise, ritornando nel silenzio, a respirare il profumo di Hopper, deciso come lui, ma non invadente, di questo Jamie ormai era sicuro.


Shannon stava spiando Owen, impegnato a cambiare la piccola Julie.
La bimba era innamorata di Rice, ma dimostrava anche un forte attaccamento a Geffen, sin dalla loro vacanza in Messico.
Glam aveva notato quando il gallerista soffrisse nell’essere escluso per due minuti consecutivi dall’attenzione della figlia, ma attribuiva questo disagio al fatto che anche lui era stato trascurato durante l’infanzia e riversasse su July tutto l’amore, che gli era stato negato.
“La nostra principessa non poteva trovare un padre migliore, sai Owen?” – gli sussurrò il batterista, nel cingerlo da dietro, baciando poi sinuoso il collo dell’altro.
“Lo dici per consolarmi? Lo so di essere immaturo quando mi corrodo nel vedere July in braccio a tanti zii …”
“Lei ha un fascino ed una simpatia, irresistibili … devi rassegnarti!” – e rise complice.
Owen finalmente si rilassò: “Hai ragione e poi Glam … accidenti lui è il daddy per eccellenza, con uno squadrone di figli e pure un nipote, quasi due …”
“Sì … ci sa fare con i cuccioli, anche se in passato ha trascurato le famiglie, lo ammette per primo, è onesto in questo.”
“Mentre con Kevin, tu pensi non lo sia? Neppure con tuo fratello, in fondo …”
“Jared è davvero attaccato a lui, inutile illudersi gli sia passata, forse è un legame che si è evoluto in profonda amicizia o forse …” – e sospirò, baciando poi Owen con estrema dolcezza.


Farrell ritrovò Justin agli Studios.
Era appena tornato da una vacanza in Europa.
“Siamo stati in Irlanda, sai per sbrigare ancora delle pendenze di Brian.”
“Ti vedo bene, vi siete divertiti.”
“Abbastanza … Ho conosciuto alcuni suoi vecchi amici, anche un suo ex, un bel momento … ahahahha”
“Cose che capitano … come vanno le cose?”
Andarono a prendersi un caffè al cattering, prima della riunione per il nuovo film, che vedeva Colin nuovamente protagonista, nel ruolo di un avvocato senza scrupoli.
“Diciamo che la nostra convivenza ha degli alti e bassi, Brian è proprio geloso, ma la cosa mi lusinga …”
“Quando si è innamorati non si ragiona … ne so qualcosa.” – e rise solare.
“Già … Jared, i bambini?”
“Stanno bene, grazie Just … Justin …”
“Chiamami pure Just, Colin, finiamola con queste cazzate … Ho superato quel … quel periodo … anche grazie alla tua integrità.” – disse con fermezza, ma al tempo stesso con un senso di sollievo, che Farrell assorbì, pur provando una vaga amarezza.
“Ne sono contento … vedrai che lavoreremo insieme anche su questo set, spero tu sia d’accordo …”
“Ovviamente, non ci rinuncerei per nulla al mondo Colin.”