martedì 31 gennaio 2012

SUNRISE - Capitolo n. 38

Capitolo n. 38 - sunrise


“Kevin sa che te la sei ricomprata?”
Jared fece quella domanda sistemandosi gli occhiali da sole ed il berretto, lottando con il vento, che stava accompagnando lui e Geffen su per la collina, mentre l’avvocato era alla guida della sua nuova Ferrari.
“Non ancora.” – rispose Glam aggrottando la fronte – “Forse meglio tenerla nel box di Marc ancora per un po’ …”
Parcheggiarono sul retro del solito locale, dove pensavano non sarebbero più tornati.
“Credevo fossi sparito Glam … non mi hai più cercato.” – disse il cantante dei Mars nello scendere.
“Ho avuto molti problemi.”
“In parte li conosco … Ma della tua salute non so più niente, stai bene?” – chiese incerto, sfiorandogli il dorso della mano appoggiata al pomello del cambio.
Geffen intrecciò le loro dita, togliendo le chiavi dal cruscotto – “Ora ti racconto cosa mi è successo … mentre mangiamo, ok?” – disse con serenità, ma Jared era teso e sembrava scalpitare, affinchè i loro discorsi dirottassero anche in altre direzioni, su argomenti lasciati in sospeso da troppo tempo per lui.


Jamie sbirciò nella camera di Thomas: era ancora sotto sedativi, mentre Gabriel piegava i suoi vestiti nell’armadietto.
“Come sta?”
“Ciao Jamie … dorme da un paio d’ore, la terapia oggi è stata massacrante, io l’ho superata meglio.”
“Sì, Foster me l’ha accennato …”
“Tom Tom è sempre stato … delicato …” – e sorrise, facendosi forza per non rattristarsi ulteriormente.
“Posso andarti a prendere un caffè?”
“Magari … non voglio lasciarlo da solo, ti dispiace Jamie?”
“Figurati, vado e torno.” – e gli sorrise, prendendo il cellulare che stava vibrando per una chiamata di Hopper.
“Ehi ciao Marc …”
“Cucciolo sei già a spasso?”
“Sì … Faccio un servizio bar e poi torno a casa.”
“Mi dispiace per …”
“Marc non puoi esserci sempre, hai il tuo lavoro, guarda che sto alla grande!” – replicò allegro.
“Gabriel e Thomas sono ancora lì?”
“Thomas è narcotizzato, sai com’è la procedura, Gabriel lo … veglia …”
“Devo tornare in aula, Denny mi sta facendo dei gestacci irripetibili.” – e rise.
“D’accordo, ti aspetto per cena?”
“No, mi sbrigo per l’una, andiamo in spiaggia, voglio tenerti stretto e farti quelle cose che ti piacciono tanto.” – sussurrò in modo buffo.
Jamie arrossì, rimanendo spiazzato per come la voce del suo uomo lo eccitasse, mandandolo in confusione totale.
Gabriel lo canzonò infatti, nel ricevere una camomilla, anziché l’espresso, che si aspettava.


“Ecco vedi lui ha archiviato la cosa, come farebbe Flora con una delle tue pratiche Glam.”
“E’ questo che ti ferisce? Più del … tradimento di Colin?”
“Tutto mi ferisce. Tutto … L’ha consolato, questa parola la abolirei dal corollario delle scuse, mi dà sui nervi! Ci sono situazioni dalle quali sono stato escluso, anche la tua ricaduta, sì insomma, vorrei capirne il motivo, potevo aiutarti, potevo assisterti Glam, accidenti!”
“Calmati Jared … è successo in fretta, nemmeno ho avuto il tempo di metabolizzare la diagnosi, Scott mi ha inchiodato alle flebo e spedito a fare esami, poi le sostanze quasi mi hanno ammazzato …”
“Sarei tornato dall’Africa …” – ribattè con gli occhi lucidi.
“So che l’avresti fatto.” – disse, accarezzandogli il volto contratto – “Finisci la tua pasta … avanti, non voglio pregarti …”
Jared si guardò intorno, i pochi avventori del ristorante erano distratti da chiacchiere futili.
Si sporse improvviso verso Glam, stampandogli un bacio sulla bocca, a sorpresa.
“Jay …”
Le loro tempie si sfiorarono – “Devo chiederti il permesso anche per questo Glam …? Detesto l’inerzia delle ultime settimane, l’apatia, che ci ha allontanati …”
Geffen sospirò, appoggiandosi allo schienale del divanetto angolare, che stavano occupando.
“Ho … ho recuperato il mio matrimonio, non ero indifferente a ciò che ci lega Jared, tanto meno a quello che Kevin ha fatto con Colin, ma è intervenuta Sveva, la sua gravidanza …”
“Insomma una compensazione …” – osservò ridendo mesto, spostando il piatto.
“No, è stata una lacerazione, che ho ricucito a fatica.”
“Ma no, guarda, in fondo è così da sempre: tu ed io li abbiamo traditi, Colin e Kevin ci hanno ripagato con la stessa moneta e …”
“Jared”
“Noi ci amavamo cazzo!!! Loro no!” – esclamò livido.
Geffen lo afferrò per un braccio, portandolo al piano superiore.
Jared lo seguì senza fare rimostranze, almeno finchè Glam non chiuse la porta della solita camera, in cui erano andati spesso, anche con Isotta.
“Nessuno là sotto ci conosce! Posso incazzarmi dove voglio!”
“Cosa ti prende Jared? Vai ad incazzarti con Colin, anziché perdonarlo dopo quattro moine, per poi volare in Marocco!”
Jared si mise le mani tra i capelli, indietreggiando verso il letto, dove finì per sedersi e piegarsi, come sfinito – “Lui … lui sa sempre come rigirare la frittata, sa sempre dove colpire, per farmi cedere …”
Geffen lo raggiunge, massaggiandogli le spalle, con la consueta premura – “Non so come aiutarti Jared …”
“Facciamo … facciamo l’amore tutte le notti, ma io … almeno per una frazione, orribile, di tempo, lo immagino con Kevin … e poi con Justin … non riesco a cancellare questi ricordi … Mi arrivano addosso come i suoi respiri carichi di possesso e di predominazione ... Poi lo guardo con i bambini, con mia figlia … Colin è un padre premuroso, presente … Entra ed esce con Jude, gli riserva sorrisi ed attenzioni affettuose … La vita scorre, io resto a guardare Glam e mi sento come … come qualcuno che è servito a creargli questo mondo perfetto, ma che in fondo resta l’unico elemento sacrificabile o da mettere alla prova: che io la superi o meno, non ha rilevanza.”


Chris chiuse la blindata e si diresse agli ascensori.
Inspirò, notando il panorama oltre le vetrate: era una giornata torrida.
Ebbe un brivido, poi una sensazione di disagio.
Guardava i numeri scorrere sul visore elettronico, mentre la cabina si avvicinava all’attico, provando come un formicolio generale.
L’ingresso del suo appartamento gli apparve come una salvezza, quando vi rientrò frettoloso ed agitato.
“Che … che diavolo mi prende …?”
Voleva farsi un giro, andare a mangiare un gelato da Barny, poi un salto alla boutique di Armani, ma era come paralizzato.
Attivò la rubrica vocale del suo cellulare a stento – “Steven … Steven Boydon!”
Il cursore selezionò il nominativo richiesto ed inoltrò la telefonata.
Chris aveva inserito il viva voce, sentendosi spezzare il respiro.
“Sì pronto …”
“Steven!”
“Christopher … non avevo notato il … non stai bene?” – chiese preoccupato dal suo tono.
“Non … non lo so … volevo uscire … non ci riesco …” – iniziò a singhiozzare, tremando vistosamente.
“Sei a casa?”
“Certo … mi … ci sono fiondato … Steven …”
“Arrivo subito.”


Le salviette inumidite nell’acqua gelida erano un sollievo, posate con delicatezza e metodo da Steven, nei punti giusti.
Boydon continuava a fare parlare Chris, distraendolo da quell’episodio, che si augurava fosse sporadico.
“Non voglio darti farmaci, proviamo a capire le ragioni di questo incidente Chris … Parlami un po’ di te, cosa ti piace fare?”
Lo aveva fatto spogliare, da quei jeans troppo aderenti e la maglietta modaiola, così come l’intimo, sostituito da un costume largo e comodo, tagliato a bermuda.
Chris si era allungato, appoggiandosi a diversi cuscini.
“Amo cantare … i viaggi … certo che se non riesco ad arrivare nemmeno al garage …” – mormorò sconfortato.
“Non accadrà più.” – disse pacato il medico, auscultandolo.
“E se ti sbagliassi …? Accidenti sto usando il tu, non dovrei …”
“Il tu va benissimo Christopher.” – replicò gentile.
“Anche questo elastico mi infastidisce …” - si lamentò il giovane.
Steven lo ricoprì con il lenzuolo rimasto stropicciato in un angolo – “Leva quelle braghe, vado a prepararti una tisana, ma devo rinfrescarmi, ti dispiace?”
“Da quella parte …”
“Ok, non scappare.” – e rise con quella bonarietà paterna, che a Chris ricordò Robert.

Per fargli un’improvvisata, Downey stava varcando la soglia dell’alloggio.
Quando lo vide, comprese all’istante che qualcosa non andava – “Tesoro, ma …?”
“Papà? … Cosa ci fai tu qui?”
Boydon apparve dall’altro corridoio.
“Dottore …”
“Salve Robert, non si spaventi, Chris ora sta bene.”
“Bene? Christopher …”
“Ho avuto un attacco di panico, giusto Steven?”
Robert lo abbracciò, rassicurandolo – “Tesoro dovevi cercarmi, sarei arrivato subito.”
“Lo so papi … ma ho pensato a Steven …” – sembrò giustificarsi a mezza voce, mentre Boydon era già in cucina.
“Che sta combinando il tuo camice bianco?” – domandò sorridendo l’attore, sistemandogli i guanciali.
“Prepara della brodaglia temo … io ho fame.” – e rise, dopo avere ritrovato il pieno controllo di sé.
“Vi lascio da soli Chris?”
“Ti ringrazio per esserci Robert … sei la mia forza …”
“E tu sei davvero importante per me, lo sai vero?”
Chris annuì, commuovendosi.
Si strinse nuovamente a lui, incrociando lo sguardo di Steven, che tornò nel living, per non disturbarli.
Downey si congedò da entrambi, raccomandandosi di tenerlo informato.

“Ti adora, è un’ottima persona.”
“Hai ragione Steven … è reciproco …”
Boydon prese il note book e si piazzò sull’ampio davanzale di fronte a Chris.
“Non devi tornare in ospedale …?” – chiese timido.
“Ti faccio compagnia.” – ribattè placidamente, come se non esistesse possibilità di replica alle sue decisioni.
Chris si rannicchiò, assopendosi, per quanto si sentiva protetto, come mai prima.






lunedì 30 gennaio 2012

SUBRISE - CAPITOLO N. 37

Capitolo n. 37 - sunrise



“La tua roba è nella cabina armadio Chris, hai fame?”
“No grazie Rob … sono un po’ stanco, vorrei farmi una doccia e poi filare a nanna, anche se è ora di pranzo … tu preparati qualcosa semmai …”
“Stai tranquillo, lavati, ti rimbocco le coperte e torno a casa, ok?” – disse sereno, incontrando lo sguardo pulito di Chris, che annuì.
La loro intesa visiva fu interrotta dal campanello.
“Chi sarà?” – mormorò il cantante improvvisamente turbato.
“Vado io?”
“Sì papà … guarda tu.”
Downey comprese l’apprensione del ragazzo, pensando ai genitori, che si tenevano informati sulle sue condizioni di salute attraverso il primario, senza più essersi presentati in ospedale.
Fu una sorpresa trovarsi di fronte Jude e Colin, insieme a Camilla ed i gemelli.
“Possiamo?” – chiese il biondo sorridendo.
“Tesoro … direi proprio di sì … Chris ci sono dei rompiscatole adorabili, li faccio entrare?” – disse ad alta voce.
“Ehi ciao … venite … siamo arrivati da poco … ciao Cole, Jude … Wow i cuccioli e la mia sorellina!” – esclamò, stringendola sul petto e scompigliando le testoline di Ryan e Thomas.
Finirono tutti e quattro sul lettone, accompagnati da Colin, mentre Jude pensava a cucinare qualcosa, insieme a Robert.
L’americano era felice di vedere Chris entusiasta per quella visita inaspettata.

“Come sta?”
“Meglio Judsie, siete stati fantastici a passare di qui … Chris voleva dormire, ma ora è sveglio come un grillo direi …” – e gli diede un bacio, mentre Law tagliava dell’insalata.
“E’ la nostra specialità mettere di buon umore la gente Rob … Aspettavate qualcun altro?”
Avevano suonato nuovamente.
“Chiedo a Chris … ma no vado, ormai faccio il portinaio, non lo sapevi?” – e rise complice.

“Dottor Boydon … salve.”
“Robert buongiorno, disturbo?” – domandò con la consueta educazione.
“Assolutamente, si accomodi.”
“Stamani non ero presente alle dimissioni di Christopher e volevo controllare che tutto fosse a posto. Spero di non invadere il suo rientro, che vedo in ottime mani.” – sottolineò notando i bimbi e gli altri amici.
Chris lo salutò imbarazzato, non si aspettava di vederlo.
“Ciao, avrei dovuto avvisarti, ma volevo sincerarmi sulle tue condizioni personalmente e fare un controllo veloce. Vedo, però, che sei occupato in modo molto positivo direi.” – e sorrise di rimando, con una sommaria goffaggine, che lo rendeva ancora più simpatico.
Era un bell’uomo, massiccio e solare, poco più che quarantenne, una barba curata e gli occhi luminosi, quanto gentili nell’incontrare quelli delle persone, con cui interagiva.
“Dottore è stato davvero … disponibile … ho qualche capogiro …”
“Allora misuriamo pressione e battito … permesso …” – e si fece largo tra ciucciotti, peluche e risa dei bambini, che iniziarono subito a rovistare nella sua valigetta.
“Sono suoi Colin?” – li chiamava tutti per nome, ma dando comunque del lei, tranne che a Chris.
“Ryan e Thomas sì … un’amica lesbica voleva avere dei figli, così mi ha chiesto il seme ed io … ops …” – Farrell era partito in quarta con la sua spiegazione, provocando un’immediata ilarità in Jude e Robert, mentre Chris sgranava gli occhi, nel vedere quanto il medico ascoltasse stranito quel racconto, che l’irlandese proseguì piuttosto circospetto – “Ehm … poi lei non li ha voluti … era stressata … sono cose che succedono … Solo nella nostra famiglia, già!” – e con un segno di assenso marcato della testa, alla Stan Laurel, fece scoppiare tutti in una risata generale.



“Vuole fermarsi qui con noi dottore?”
“Non posso Christopher, sono di turno, comunque ti ringrazio. Ecco qui ci sono i miei recapiti e mi permetto di segnalarti anche questi due analisti. Perdona la mia eventuale ingerenza, so che Brandon Cody è un luminare ormai, ma lavora fuori sede, penso approverà le mie scelte, nel caso ne avessi la necessità ovvio. Ad ogni modo credo che con una famiglia così, tu sia già …”
“A posto!” – replicò il giovane ridendo – “Ma lei come si chiama?”
“Io …?”
“Gli altri li conosco dottore …”
“Steven …”
“Steven, ok … bel nome.” – e scrollò le spalle, facendo il deserto intorno a loro.

Robert, con in braccio Camilla, stava già cospirando nel living.
“E’ davvero un bel tipo!” – bisbigliò Jude.
“Sembriamo tre comari, parlate piano!” – ringhiò Downey, mentre Colin preparava i biberon per i neonati.
“Ma sarà gay?” – disse il moro, passando Ryan a Jude, che aggrottò la fronte, come Robert, perplesso – “Non ne sono sicuro … ha la fede?”
“No!”
“Sei sicuro Jude?”
“Certo! Aspettate … ehi dottore, cosa mi consiglia di mettere nel filetto, cognac o brandy? Sono certo che sua moglie cucina benissimo!”
Robert e Colin si scambiarono un’occhiata tragicomica.
“Voglio inabissarmi …” – sussurrò Downey paonazzo.
“Veramente non sono sposato …”
“La sua fidanzata allora!” – insistette Jude, con quell’aria da canaglia.
“Beh no … non ho neppure quella.” – ribattè l’altro con la massima tranquillità.
“Un single, chi l’avrebbe mai …” – “Judsie! Tappati questo forno …” – e nel dirlo, Robert gli mise il palmo sinistro sulla bocca – “Dottore lo scusi, mio marito è un burlone … curioso!” – e lo incenerì, liberandolo.
Steven rise divertito da quel siparietto – “Siete fantastici insieme, sullo schermo e nel quotidiano, lo devo ammettere …”


Kevin aveva acquistato alcuni LP per Chris.
Era sua intenzione passare all’attico entro il fine settimana, senza però trovare il coraggio di imporsi un giorno preciso.
Salì alla propria sala di registrazione, senza accorgersi dell’auto di Glam, parcheggiata sul lato destro della loro residenza.
La stanza era immersa stranamente nel buio, ma al centro qualcuno aveva portato un tavolo rotondo, imbandito ed illuminato da un grande candeliere in argento.
Kevin chiuse la porta, facendo qualche passo avanti e sentendo nell’aria il profumo usato dal compagno.
Era leggero, ma terribilmente seduttivo ai suoi sensi, che percepirono, nell’attimo successivo, le mani di Geffen ed il suo corpo, dietro di lui.
“Daddy …”
Glam lo avvolse, baciandogli la nuca – “Posali …”
Kevin ubbidì, facendoli cadere sul divano poco distante.
L’avvocato lo voltò a sé, con una dolce irruenza: “Sei stato l’unico, Kevin, con cui ho fatto l’amore pensando di avere un futuro da condividere. Dovrei dirtelo più spesso, ma è lo sbaglio che fanno le persone innamorate come me, dando qualcosa per scontato quando tutto sembra perfetto …”
“Glam non volevo escluderti o … respingerti …”
“Sto parlando di ciò che ci unisce Kevin, non solo dell’avere rapporti o meno. Rispetto le tue esigenze, potrei farlo ad oltranza, se tu me lo chiedessi, ma tra di noi si è come interrotto quel dialogo speciale ed unico, che ci ha accompagnati sino ad oggi, capisci?” – e gli segnò le arcate sopraccigliari con i pollici, trovando le labbra di Kevin sui suoi palmi ed il reclinare del suo viso, a seguire quelle carezze colme di conforto ed amore.
“Io ti amo da morire daddy … non sarei ancora qui diversamente.” – disse inspirando, mentre lo cinturava all’altezza dei fianchi.
“Non ho mai dubitato di ciò che provi per me Kevin ed ho abusato di ogni singolo minuto della tua pazienza”-“Daddy ti prego io …” – lo interruppe, chiudendo le palpebre, spingendo fuori quelle lacrime ormai ingombranti.
“Chris è tra di noi, dobbiamo parlarne e risolvere, perché tu non meriti una colpa del genere, non l’hai costretto a seguirti eppure non se ne esce da questo labirinto in cui colpevolizzi unicamente te stesso per quanto lui ha deciso di fare!” – disse severo, per poi tornare ad un tono più pacato.
Kevin scivolò verso la seggiola, aggrappandosi allo schienale, come afflitto da quelle considerazioni veritiere.
“E’ … è come un abisso Glam … dovevo marcirci io, senza coinvolgerlo, sapendo quanto fosse vulnerabile …”
“Lo eravate entrambi …” – disse mettendosi in ginocchio ed estraendo qualcosa dalla tasca dei pantaloni eleganti.
“Daddy non è un buon motivo per …”
“Invece spiega l’intera situazione, in cui vi siete buttati, per rifuggire i vostri demoni Kevin … volevo … volevo darti questo amore …”
Gli infilò all’anulare una fedina in oro bianco, tempestata di brillanti a taglio quadrato per tutta la lunghezza.
“Daddy …” – disse con stupore.
“Se … sei i tuoi sentimenti sono per lui … se il tuo disagio fosse dettato anche da qualcosa che io non comprendo … Non è vero, lo comprendo benissimo, per questo sto da cani, perché non lo accetto … Sei sempre stato mio Kevin. Sempre.” – e gli baciò le dita ed i polsi, affondando poi il volto tra le sue gambe.
Il bassista si piegò, come a custodirlo – “Con questo anello mi hai scelto davvero Glam?” – domandò in carenza di ossigeno.
Geffen si rialzò, portandolo con sé, baciandolo intensamente.
“Io ti appartengo Kevin … hai scelto tu di farmi questo dono immenso. Grazie …” – e rinnovò quel bacio.
Restarono immobili e raccolti l’uno nell’altro, pronti a riemergere da quella morte lenta, che aveva reso insulse le loro esistenze, sino a quel momento.


NEW ENTRY > GERARD BUTLER is doc STEVEN BOYDON

domenica 29 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 36

Capitolo n. 36 - sunrise


Jude prese una coperta leggera, per proteggere Camilla da una brezza comunque tiepida.
Si era addormentata sul lettino prendi sole accanto al suo, in terrazza, mentre lui stava raccolto, le gambe tra le braccia, lo sguardo in fondo all’orizzonte.
Il suo volto era triste, rigato da poche lacrime, che si affrettava ad asciugare, nell’attesa di Robert, che lo stava osservando da qualche minuto.
Corse da lui, stringendolo con apprensione – “Tesoro …”
“Ehi … Chris ha mangiato?” – domandò, tremando nell’incavo della sua spalla.
“Jude …”
Si guardarono nuovamente, cercandosi in un bacio, che entrambi sentirono meraviglioso.
Jude reclinò il capo, accogliendo Robert nel suo collo, ostaggio di ulteriori baci caldissimi e lenti.
“Posso aiutarti piccolo?”
“Lo stai già facendo … a volte … tutto è così labile Rob … Può frantumarsi o svanire … è orribile.”
Downey lo fissò, avvolgendo nei suoi palmi le guance arrossate di Jude, che sorrise finalmente – “Certe cose accadono, perché siamo noi a determinarle, anche … un gesto estremo come quello di Chris, nella propria sostanza, è egoistico, ma nel suo caso, non sembrava esserci alternativa. Era come se fosse entrato in un tunnel senza la possibilità di voltarsi indietro e porsi in salvo.”
Law annuì, tornando a stringersi a lui, che un istante dopo prese Camilla, mettendola in mezzo a loro, pronti ad incastrarsi in un groviglio amorevole, coccolandola e ritrovando un minimo di pace.


Jared esitò sulla soglia, ma poi il sorriso di Chris sciolse le sue incertezze.
“Posso …?”
“Ciao Jared … certo, sono felice di vederti. Come stanno i bambini?”
“Bene … ti mandano questi.”
“Splendidi … che bei disegni.”
Jared andò a sedersi, distribuendo quelli che Colin aveva definito capolavori, specialmente quelli creati dai gemelli.
“Direi più un’accozzaglia di colori Chris, ma sai, lui è il padre, dobbiamo capirlo.” – e rise, insieme al ragazzo, che li ripose con cura, insieme a molti altri doni, ricevuti da fan ed amici.
“Ti ringrazio Jay … Cole è stato qui stamattina.”
“Sì, con Jude, vero?”
“Infatti, sono tornati ad essere inseparabili?” – chiese allegro, gustando il gelato, che Robert gli aveva lasciato nel frigo della camera.
“Irish buddy e UK buddy, una garanzia …”
“Tuo fratello è tornato con Owen dall’Europa?”
“Sì … sì, sono rientrati stanotte, non siamo riusciti ad avvisarli prima, sono rimasti scossi nel sapere che tu … Ora, però, stai davvero bene e noi … ed io, volevo chiederti scusa, per quello che mio fratello ha fatto … Gli ho parlato durante il pranzo di oggi ed era …”
“Jared non devi prendere le sue difese ad oltranza e poi l’unico a dovermi delle spiegazioni e scuse era Tomo. L’ha fatto ed è uscito dalla mia vita o meglio sono io che non ce lo voglio più.” – disse deciso, adombrandosi.
“Shannon è un uomo adulto, non doveva fare una simile cazzata, sono arrabbiato con lui, lo prenderei a pugni, sapendo di non potere salire in cattedra, ma non riesco a pensarla diversamente Chris.”
“Acqua passata … Voglio … rinascere e … non permetterò a nessuno di farmi così male in futuro.”
“E’ … un ottimo proposito … Vuoi venire da noi alla End house per la tua convalescenza?” – domandò sorridente.
“Robert mi ucciderebbe, ho declinato il suo invito per primo, visto che tornerò nel mio attico dove intendo scrivere canzoni, leggere e … prendermela dolce.”
“Sei in gamba Chris, sono fiero della tua reazione ...”
“Anch’io lo sono, credimi.”


Kevin strinse sul cuore Lula, anche quella notte, portandolo con sé.
“Vieni nel lettone con noi amore?”
“Papake … ho sonno …” – sussurrò, tirando su dal naso.
Glam non riusciva a sorridere, come in simili occasioni, nel vedere ripetere quel gesto, con cui il compagno andava ad accucciolarsi tra lui ed il figlio, per riuscire a prendere sonno.
“Kevin come stai? Se vuoi domani ti accompagno io da Chris …” – disse con dolcezza, accarezzandogli i capelli.
“Gli ho scritto una lettera, Vassily l’ha consegnata prima di cena … Forse l’ha già letta, forse no, ma nessuna risposta.” – replicò sofferente.
“Devi dargli tempo o semplicemente accettare le sue decisioni, anche quelle negative: non è la prima volta che Chris reagisce in modo avventato alle proprie disavventure sentimentali …”
“Daddy non siamo in aula, non devi analizzarmi i comportamenti del teste o dell’accusato … perché è così che lo vedi, giusto? Chi tenta il suicidio è colpevole e vittima.”
“Non voglio fare l’analista da quattro soldi Kevin, ma devi ammettere che … ok, non voglio discutere, so quanto ti senti responsabile, quindi vorrei solo aiutarti a recuperare il rapporto con lui, se è questo che vuoi.” – concluse pacato.
“Vorrei ricomporre le pagine di questi giorni daddy … vorrei non avergli proposto di andarcene, ribellandoci a chi ci aveva fatto del male, cioè tu e Tomo. Vorrei … che Shannon non si fosse comportato da stronzo per l’ennesima volta, per poi cavarsela come sta accadendo con Owen, tradito ed ingannato due volte …”
“Volevo … volevo portarvi in Svizzera, una settimana almeno Kevin, lontano da Los Angeles … cosa ne pensi?”
“Ne riparliamo daddy … non ne ho molta voglia … dormiamo adesso? Guarda Lula, sta sognando …” – e gli diede un bacio sulle tempie.
Geffen sorrise, sconsolato da quella staticità, come se l’arrendersi fosse divenuta per lui un’abitudine.


Hopper spense la sigaretta sul marciapiede del molo dodici.
Glam aprì un’altra birra.
“Dio basta, sono le sette e mezza, non esageriamo maestro.” – Marc rise, rifiutando la lattina.
“Ma chi se ne frega … sto diventando un rammollito sai? Costantemente in mezzo ai casini di questi mocciosi …”
“Sei brillo Geffen??”
“Sì! SI’! Sono fottutamente ubriaco e stufo marcio delle lagne di questo, dei melodrammi di quell’altro!!” – sbottò, tirando un sasso ad un gabbiano, appollaiatosi su dei tronchi secchi, portati dall’oceano agitato di quell’alba californiana.
“Sbaglio o non hai più visto Jared?”
“Giusto … sì, come dire?? La ciliegina sulla torta!” – e rise sguaiatamente, spostandosi sulla sabbia tiepida.
Hopper lo scrutò, cercando il palmare, per mostrargli una foto di Jamie.
“Io amo questo ragazzo …” – disse con un’enfasi romantica ed assorta.
“Lo so Marc … ed io amo Kevin, ok? Lo amo da impazzire e mi faccio … oh cazzo non l’abbiamo più fatto … mi manca da morire …”
“L’autoerotismo non è granchè, ma almeno significa che non sei morto …” – e ridacchiò, dandogli una gomitata.
“Spiritoso il nostro re di Boston … adesso sai che facciamo?? Un bagno!!” – e si sollevò con una certa goffaggine, spogliandosi del completo costoso, indossato per andare in aula.
“Ma sei scemo Glam???”
“No! Mi tuffo, sta a vedere!!”
“Ci aspettano in tribunale …” – mormorò rassegnato Hopper, senza riuscire ad impedirgli nulla.
Geffen fece una lunga nuotata, poi ritornò più lucido.
“E’ fredda?”
“No, gradevole direi … Bene, per l’udienza sbrigatela da solo. Io vado da mio marito, devo risolvere un problema urgente.”


“Allora sei pronto Chris?”
“Sì Robert … ho ancora qualche capogiro …”
“Aspetta ti aiuto …”
Donwey gli allacciò la camicia: Chris arrossì.
“Come a New York …” – ricordò flebile.
Robert lo abbracciò – “Sì, ma adesso ricominciamo davvero, ok campione?”
Il cantante arrise alla benevolenza di quel padre per caso, come spesso si definiva Downey, prodigo di attenzioni per lui.
“Certo … farò il possibile, papà … per me esisti tu, con questo … ruolo Rob.”
“Ne sono orgoglioso, ma dovresti dargli una possibilità.”
“Perché si è presentato? L’ha spinto solo la paura di fare una pessima figura nel suo ambiente.” – disse risoluto.
“E se le sue motivazioni fossero differenti stavolta Christopher?”
“Ha avuto anni per dimostrarmi affetto e comprensione, ora è tardi, come per gli altri.” – e gli cadde una busta dalla tasca dei jeans.
“Quella cos’è Chris?”
“Diciamo … un buco nell’acqua. E’ di Kevin.”
“Sembra sigillata.”
“Ottima osservazione Holmes!” – e rise, piegandola, per gettarla.
“Non farlo … se Kevin ha messo nero su bianco le proprie sensazioni, dovresti almeno darci un’occhiata … non pensi?”
“Allora non riesco a spiegarmi papà: devono macinarne di strada per avere il mio tempo, nelle loro esistenze, Kevin, Tomo, persino Denny, guarda quanti fiori mi ha mandato.” – e gli indicò un angolo intasato di vasi e bouquet di ogni genere.
“E’ stato … carino.” – abbozzò impacciato e spassoso, tanto da fargli tornare il sorriso.
“Io amo solo Chris, da quando mi sono svegliato … ed amo …” – inspirò, prendendo le mani di Robert, che perse un battito.
“So che una frase di questo tenore puo’ essere fraintesa, è inevitabile … ma io ti amo Robert, di un sentimento che non vuole inquinare il tuo matrimonio, assolutamente. So quale è il mio posto e lo manterrò, per quanto sarà difficile, è ovvio, però saprò dimostrarti che ne sono convinto e che non fallirò. Ho … bisogno di amarti, nel senso che sei un punto di riferimento fondamentale, ma dovremmo vederci l’essenziale, per questo ho declinato la vostra generosa ospitalità. Nulla mi avrebbe reso più felice, ma ho una casa, dove tu ci sei ed anche Jude … ho incorniciato le nostre foto, con Camilla … siete … la mia famiglia … o almeno me lo auguro …” – disse emozionato.
Downey lo strinse, dandogli le conferme necessarie per completare quella sua rinascita, senza più dubbi.


sabato 28 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 35

Capitolo n. 35 - sunrise



“Lo tocchi, lo accarezzi, gli faccia sentire il suo calore e la sua voce, signor Downey.”
La voce del dottor Boydon era molto diversa da quella del suo collega.
Robert lo ascoltava con attenzione, mentre gli veniva spiegato cosa fare, per consentire a Chris di percepire la sua preziosa presenza.
L’attore si mise seduto sul bordo del letto, mentre l’infermiera staccava il monitoraggio e le flebo.
“Sta meglio?” – chiese speranzoso.
“Sì, lo stiamo svegliando progressivamente, la tac è negativa, il peggio è passato.” – disse con una gentilezza estrema.
Sembrava capire al volo lo stato d’animo del suo prossimo.
“Dio ti ringrazio … anche se non so dirle se sono credente, ma in circostanze come queste …”
“Vi lascio soli. Ci chiami nel caso …” – “Spero accada prestissimo, la ringrazio.” – disse, senza mai distogliere lo sguardo dalle palpebre di Chris, osservando ogni singola vibrazione, anche minima.
Le dita di Downey avvolgevano ogni centimetro delle braccia nude di Chris, ne baciava poi i palmi freschi, come il volto, le tempie, sperando che sentisse il profumo del suo dopo barba – “Tesoro sono qui … fammi un regalo, ancora uno soltanto Chris … svegliati.”
Trattenne a stento le lacrime, vedendo che quella sua richiesta stava cadendo nel vuoto, per l’ennesima volta.
In quelle due notti, gli era stato concesso di vegliarlo, con l’approvazione di Jude, che si occupava di Camilla, senza dargli ulteriori pensieri.
Robert gli era profondamente grato, soprattutto per l’interessamento che Jude dimostrava, sincero, sulle condizioni di Chris.
Aveva ritrovata anche una buona dose di serenità, nell’incontrare quotidianamente Colin; la loro amicizia appariva a tutti più forte di prima.
Robert prese una seggiola, sistemandosi al capezzale di Chris: “Ok campione, tanto io non me ne vado, sai? Sono un rompiscatole patentato e …”
Chris schiuse di poco le labbra e Rob ebbe un sussulto.
Si avvicinò nuovamente, sfiorandogli gli zigomi, che sembravano ravvivarsi: le ciglia folte di Chris ebbero un tremolio ulteriore.
“Chris! … Chris …”
“Papà …”
“Cucciolo mio!” – esclamò istintivamente stringendolo a sé.
Downey sentiva un turbinio di emozioni implodergli al centro dello sterno, mentre il ragazzo sembrava destarsi da un sonno profondo, senza comunque apparire traumatizzato, come i medici temevano.
“Papà dove siamo?”
“Al sicuro … mioddio Chris … bentornato …” – mormorò, singhiozzando felice.
“Perché piangi papà …?”
“Chris io …”
“Si puo’ sapere lei chi è?? Il padre di Christopher sono io!”
Sembrò un tuono, alle sue spalle.
Quando Downey si voltò, due occhi accusatori lo stavano puntando: un uomo distinto ed elegante, accompagnato da un altrettanto bella signora, presumibilmente i genitori del cantante, da quanto quell’arrogante stava asserendo.
“Mandali via papà …!” – reagì istintivamente Chris.
Boydon intervenne con prontezza, avvisato da un fisioterapista, che aveva seguito la scena, notando la ripresa del paziente.
“Vi prego, uscite tutti! Dobbiamo fare una visita ed immediati controlli! Vi prego.” – fu categorico, anche se Chris continuava a trattenere Robert per un polso.
“Io ci sono piccolo … non temere, non ti lascio.” – e lo salutò con infinita dolcezza.


Nella saletta d’attesa, il clima era teso.
Robert si fece avanti, notando che almeno la madre di Chris era in ansia, almeno quanto lui, ma sembrava volerlo nascondere al marito.
“Lei ha ragione, non sono il padre di Christopher, ma lui mi considera tale, in segno di affetto, rispetto ed amicizia.” – affermò con calma e disponibilità.
“Sì, abbiamo capito, vero caro …? Poi lei è … Robert Downey Junior, io ho visto i suoi film … è … è molto bravo.” – disse timida, mentre il consorte fissava un punto qualsiasi, con aria arcigna, pur di non partecipare alla conversazione.
In quell’istante transitò Glam, con una borsa di biancheria, preparata da Kevin.
“Geffen??!” – sbottò.
“Oliver …?”
Erano colleghi e si conoscevano da anni, anche se Glam non l’aveva mai associato a Chris, per pura distrazione, sino a quel momento.
“Sono qui per … Tu sai cosa è successo a Christopher?”
“Certo, lui e … lui ed il mio compagno suonavano insieme.” – rivelò diretto, rammentandosi i problemi che il leader dei Red close aveva avuto in famiglia.
“Comprendo, sono … circondato a quanto pare.” – e ridacchiò.
“Non sei cambiato di una virgola, il solito retrogrado testa di cazzo, vero Oliver?”
“Ma come ti permetti!!” – e scattò in piedi, adirato a dismisura.
Downey si mise in mezzo, vedendo sopraggiungere Jude e Colin.
“Amore, Chris ha ripreso conoscenza.” – gli disse andandogli incontro subito, uscendo nel corridoio.
“E’ meraviglioso!” – e lo avvolse, baciandolo.
Colin si aggregò al loro entusiasmo, accorgendosi di Glam, che stava discutendo con quella coppia a lui sconosciuta: il padre di Chris si defilò imprecando, seguito dalla moglie, come se fosse un cagnolino ammaestrato.
Un mesto spettacolo.

“Ora potete vederlo, uno alla volta, accomodatevi.”
Il cardiologo stava analizzando il tracciato, rilevandone la regolarità – “Ad ogni modo non agitatelo.” – disse serafico.
Jude entrò per primo, incoraggiato da Downey – “Chris sarà felice di vederti amore … grazie.” – e lo baciò nuovamente.
Geffen li raggiunse, sospirando – “Oliver è un coglione, non prendertela Robert.”
“Credo sia importante averlo qui, anche se Chris ha espresso un rifiuto istintivo. Come sta Kevin? Io volevo scusarmi con lui, sono stato inopportuno Glam.”
“Si sta tormentando da quando è successo, si sente responsabile …”
“Devo avvisare Tomo …” – lo interruppe Downey.
“Veramente è qui … sta dormendo sul divanetto dell’altra stanza.” – intervenne Colin, indicandone l’ingresso.
“Ok … lo devo fare io.”


Quando il croato schiuse gli occhi esausto, ritrovò il sorriso di Robert, che segnò i solchi della sua fronte con il pollice sinistro – “Il nostro Chris è tornato Tomo … hai voglia di vederlo?”
“Co-cosa? Vado immediatamente, grazie …”
Si precipitò, incrociandosi con Jude, che rassicurava i presenti – “E’ sano come un pesce! Facciamolo sapere al mondo.”


Il viso di Tomo era una maschera di mortificazione e rammarico.
Chris quando lo vide, si rannicchiò, come a proteggersi da quell’incontro.
“Ehi … spero di … spero di non disturbarti …” – disse incerto.
“Dov’è Robert?” – chiese con indifferenza, nonostante il suo stomaco di stesse accartocciando.
“Di là … ci sono anche Glam e Colin.”
“Allora potresti dire a Colin di venire qui?”
Tomo inspirò, incrociando le braccia – “D’accordo … se posso fare qualcosa Chris non hai che da dirmelo ed io …” – ma tutto si spezzò, all’occhiata che il giovane gli rivolse.
“Io non voglio più avere niente a che fare con te, Tomo.” – replicò spietato, per poi voltarsi, senza mostrargli quanto fosse sconvolto.
Il chitarrista non volle arrendersi: si inginocchiò tra le lenzuola sterili e sgualcite, con cautela, chinandosi per baciarlo lieve tra le scapole.
Chris lo sentì come una pugnalata calda e profonda.
“Scusami … scusami Chris … non so più cosa fare …”
“Sparisci …” – sussurrò, sentendosi soffocare da un nodo in gola insopportabile.
Tomo si coricò, cingendolo per la vita, con delicatezza.
“Vorrei aiutarti … esserti amico, non chiedo di meglio Chris …”
“Non adesso … non ci riesco Tomo. Non ci riesco.”



venerdì 27 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 34

Capitolo n. 34 - sunrise


Dal soundtrack di junjou romantica > kanashimi no riyuu

http://www.youtube.com/watch?v=1e4YFcuDO_A


Colin stava guidando come un pazzo, nel traffico di Los Angeles, insieme a Jared, dopo avere ricevuto la telefonata di Robert.
“Non è possibile Jay … non è …” – ed inghiottì un singhiozzo più aspro dei precedenti, in quell’orribile frangente, mentre stavano entrando nel parcheggio dell’ospedale.
Glam e Kevin era appena arrivati, seguiti da Tomo, avvisati da Jude, che non avrebbe mai voluto convocarli ad un simile incontro, per confortare e sostenere Chris.
Downey era in preda ad un tormento interiore, che trovò pieno sfogo quando li vide procedere nel pronto soccorso, tutti in lacrime, quanto lui.
Li accolse nel peggiore dei modi, scagliandosi su Kevin e poi su Tomo, urlandogli contro ciò che provava.
“Siete due stronzi!! Due bastardi che hanno rovinato un ragazzo straordinario con i propri egoismi!! Bastardi schifosi!!”
Colin e Jude provarono a trattenerlo, mentre Tomo e Kevin subivano le sue invettive, disperati per quanto accaduto a Chris.
Glam cercò di trascinare via il compagno, ma lui sembrava volere restare lì, a prendersi quegli improperi, come se fosse giusto.
Tomo tremava ed era incapace di riflettere: voleva soltanto vedere Chris, ma era impossibile per chiunque.
Denny venne informato da Hopper, ma esitò nel presentarsi.
Quando lo fece, Robert capì, vedendo quanto era scosso.
“Anche tu vero …? ANCHE TU HAI APPROFITTATO DI LUI!!!”


Jude si era rannicchiato in un angolo, sul tetto, dove faceva un caldo insopportabile.
Colin gli era corso praticamente appresso, pensando che non poteva esserci occasione più drammatica per ritrovarsi.
Gli si avvicinò con cautela.
Quando si rese conto della sua presenza, Jude lo abbracciò, singhiozzando.
“Cosa … cosa sta succedendo a Rob, Colin …?”
Era un quesito al quale l’amico non sapeva replicare.
Si limitò a cullarlo, asciugando le sue lacrime.


Cody fece un tentativo per placare l’animo di Downey: l’attore non smetteva di ripetere – “Me l’hanno ammazzato … è come un figlio … è il figlio che avrei voluto Brandon …” – sembrava una cantilena triste.
Kurt teneva sotto la propria ala Jared, sconvolto da quell’episodio.
Glam si era seduto da solo nella saletta adiacente a quella in cui c’erano gli altri.
Si era isolato, come Kevin, che strisciava contro alla parete del corridoio, in quel reparto dove tutti camminavano silenziosi, come se la morte fosse qualcosa di consueto e naturale.
Loro erano a pezzi, mentre i pezzi dei medici apparivano così compatti.
Le diagnosi, sciorinate dal primario, come una cascata incolore, se non in una sfumatura, che non aveva niente di compassionevole, anzi, sembrava quasi un monito: un ragazzo tanto bello, intelligente, ricco, come poteva pretendere comprensione, visto che aveva gettato via una vita tanto perfetta.
Robert voleva vomitare, per quanto lo disgustasse quell’uomo in camice bianco: ne aveva conosciuti tanti, spesso meschini.
Provò l’orrore che aveva sentito insediarsi sotto alla propria pelle in galera, poi in clinica e di nuovo in galera e poi in clinica e poi …
“Jude … dov’è Jude …?” – chiese come un bimbo smarrito all’aeroporto, tra gente in corsa, che non sarebbe arrivata da nessuna parte, se non avesse conosciuto il vero amore, com’era capitato a lui.
“Jude …” – era un grido silenzioso, che soltanto lui poteva sentire.
“Sono qui amore, sono qui.”
Lo strinse forte sul cuore.
“Ho … ho sbagliato tutto con Chris … dovevo stargli vicino, portarlo da noi, fargli provare il senso della famiglia … lui mi ha donato così tanto ed io non ho saputo raccogliere la sua richiesta di aiuto … non ho saputo proteggerlo dalle sue paure … Jude … come ho potuto essere tanto vigliacco? … Solo perché … avevo il terrore di sbagliare … di cadere …” – e crollò fisicamente nel dirlo.
Jude seguì quel suo volo, svuotato dalla sua stessa voglia di vivere: non lo avrebbe abbandonato mai.



Xavier arrivò con il nonno, mentre Pamela e Phil badavano ai bimbi, a villa Meliti.
“Ci sono novità?” – si informò flebile.
“No …” – gli rispose Kurt, scuotendo la testa avvilito.
Chris era in coma farmacologico, quasi un paradosso, ma indispensabile.
“Il primario dice che c’è il pericolo di conseguenze … forse non gli è arrivato l’ossigeno al cervello per qualche minuto … non ne sono certi, speriamo sbaglino.”
“Speriamo …” – aggiunse il ragazzo, sostenendo Antonio, che non riusciva a dire niente.
Lui aveva spesso assistito a dei momenti simili, rendendosi conto di quanto fossero fragili i suoi ragazzi, senza poterli aiutare davvero.
Provare una simile impotenza, per lui che aveva sempre deciso quale fosse la cosa giusta, divenne una sensazione insopportabile, con il passare delle ore in carenza di notizie dal reparto.
“Torno a casa Xavier … tienimi informato.”
Sembrava così piccolo mentre si allontanava in mezzo a Vassily e Peter, che erano sconvolti quanto gli altri.


Dal nulla spuntarono dei paparazzi, che Robert divorò con la sua rabbia smodata.
Glam richiamò Vassily ed il compagno, per impedire a chiunque di invadere quella loro dimensione delicata ed instabile.


Robert mise Camilla nel suo lettino.
Le sfiorò la testolina con una miriade di baci: era tardi, stava già dormendo quando la prelevarono dalla residenza di Meliti.
Aveva preferito fare così, tornando nella loro casa, dove avrebbe atteso con Jude qualche buona notizia.
“Mi dispiace Rob che non ti abbiano permesso di restargli accanto …” – disse mesto Jude.
Downey lo guardò commosso – “Grazie Jude.”
“Di cosa amore …?”
“Per avermi appoggiato … e …” – gli vennero in mente le frasi di Chris, quando gli descriveva la persona che si auspicava di incontrare per essere felice: lui ci era riuscito con il suo Jude.
“Rob …”
“Ti amo così tanto Jude … così tanto …”

Fu come fondersi, ancora una volta, nel donarsi a Jude, per Robert, che si sentiva fluttuare sopra a quel letto, mentre il suo uomo scavava in lui una via di fuga, per lasciarsi alle spalle quegli attimi spaventosi.
I loro visi collimarono, quando l’orgasmo irradiò le membra di entrambi di un piacere talmente intenso, da anestetizzare quel dolore, che stava uccidendo Robert, ogni istante di più.




TOMO


DENNY

SUNRISE - CAPITOLO N. 33

Capitolo n. 33 - sunrise


Jude tagliò il petto di pollo a Camilla, che lo scrutava attenta.
“Ecco tesoro, buon appetito … Allora, la mia libreria chippendale è piaciuta a Chris?”
“Molto. Ti ringrazia …”
La bimba rise su quel termine sconosciuto, sbrodolandosi.
“Cucciola … a posto …” – disse Downey pulendole amorevole il faccino sorridente.
“Ci aspetta, con la sua sorellina, una di queste sere Jude.”
“Continua a chiamarti papà?” – domandò calmo, masticando golosamente le patate al forno, che il compagno gli preparava utilizzando una misteriosa ricetta messicana.
“Sì Jude … se è un problema per te …“
“Assolutamente! Anzi …”
“Ed il nostro nipotino?”
“Giusto! Nel pomeriggio sono passato a villa Meliti per prelevarlo e chi ti trovo? Xavy che amoreggia con Phil nella serra, un vero sciagurato!”
Rob lo fissò per un interminabile istante, scoppiando poi a ridere come un pazzo.
“Dio Judsie come ti vengono!”
“Che ho detto di tanto buffo? Guarda Camy, il tuo papà si sta sbellicando …” – e poi si unì alla sua ilarità contagiosa, proseguendo la loro cena in allegria.


Kevin si fece una doccia, poi raggiunse Glam, già assopito davanti ad un film.
“Tesoro …” – gli sorrise, avvolgendolo – “Non dovresti coricarti tanto presto, non sei malconcio come me … ma mi fa così bene averti qui.”
Il suo profumo, le sue mani calde, il suo corpo massiccio, nonostante avesse perso qualche chilo, rendevano Geffen il posto preferito da Kevin, dove rifugiarsi, nonostante la rabbia dell’ultimo periodo non si fosse ancora disciolta, in un mare di certezze, che sembravano appese a quel cielo stellato sopra ad L.A.
“Voglio stare qui daddy.”- disse piano, baciandogli i polsi e rannicchiandosi maggiormente; non avevano più fatto l’amore.
Glam non ne aveva il coraggio, sentendo come una barriera alzata da Kevin.
Lo teneva a sé, se lo faceva bastare, anche se era complicato.
“Mi manchi Kevin …” – sospirò, baciandogli la nuca.
“Pungi …” – sorrise, era una consuetudine per il bassista, lamentarsi di quella barba, che in realtà adorava, appena accennata sul volto bellissimo del suo uomo.
“Scusa …”
“Per cosa Glam?”
“Tutto.”
Chiuse le palpebre, scorrendo con le labbra sulle spalle di Kevin, che sentiva aumentare i battiti e l’eccitazione reciproca.
Geffen stava meglio, ormai era trascorsa più di una settimana dalla terapia, anche se faticava a tornare in studio, senza preoccuparsene in alcun modo.
Stare in famiglia e fare ogni cosa con Kevin e Lula, questa era divenuta la sua priorità.
Si informava ogni giorno via telefono, ma con estrema discrezione, sulle condizioni di Sveva, anche se Kevin lo sapeva perfettamente.
“Come sta?” – domandò improvviso, rompendo quella sorta di incantesimo di intimità deliziosa.
Glam tossì – “Chi … ah … bene …”
Kevin si girò, per guardarlo, mentre affrontava quell’argomento spinoso.
Glam lo strinse di rimando, affondando nel suo collo – “E’ necessario parlarne amore?”
“Tu cosa dici, daddy?”
“Ok, solo che credevo ti desse fastidio e che …”
“Che non mi importasse?”
“Lo escludo Kevin, sei la persona più sensibile ed altruista che io abbia mai incontrato …” – e gli sorrise.
Kevin lo baciò lieve – “Grazie …”
In quel sussurro c’era Kevin, in quella semplice parola, Glam identificava nuovamente, la sua indole unica, pronta a sacrificarsi, per lui, senza che lo meritasse davvero.
Le dita dell’avvocato scivolarono tra le sue gambe, ma Kevin si irrigidì.
“Vorrei soltanto … toccarti e …”
“E’ presto daddy …”
Glam annuì, ricevendo un bacio più profondo del precedente, ma nulla di più.


Era simpatico.
Arrogante e con quel piglio che attirava l’attenzione di chiunque.
Lo avresti preso a schiaffi, ma anche baciato, sbattendolo contro il muro, dopo che si era intrufolato nel tuo attico, chiedendo dello zucchero: poteva esserci una scusa più scema?
Chris voleva domandarglielo, ma era più divertente infilargli la lingua fino in gola, premendo i propri fianchi contro quelli di Denny, che sembrava non aspettare altro.
La prospettiva adesso cambiava: se lo sentiva dentro e per Chris era davvero bestiale soccombere il quel modo, arrendersi a lui, che gli stava frantumando i dorsi delle mani con i palmi sudici di loro, imbrigliandole alle sbarre del letto in acciaio laminato d’argento, scelto da Downey.
La stanza più delicata dell’abitazione di Chris, era toccata a lui, Jude non ci aveva messo il naso, preferendo il living e persino gli accessori del bagno e della cucina, visto che il resto della zona pranzo era assegnata a Robert.
Denny liberò la mano destra di Chris dalla propria, che si intrufolò sotto il ventre del cantante, le cui scapole erano ostaggio dei suoi morsi avidi.
Si sollevarono entrambi di quel poco, per poterlo masturbare: Denny era bravo, energico, totalitario.
Gli dava piacere, prendendosi tutto quello che voleva.
Chris iniziò a gemere e languire, stava venendo copiosamente nella mano di Denny, che andava a svuotarsi in lui, grugnendo come un animale appagato e vorace.


“Robert ancora in piedi …?”
Il tono di Jude era malizioso ed invitante, ma Downey aveva una sensazione di disagio, che non riusciva ad interpretare.
Avrebbe voluto parlarne con lui, ma temeva di essere frainteso, visto che quel sentore riguardava Chris.
Scelse la via più semplice: il silenzio e l’abbraccio di Jude.
Perdersi in quella dimensione era talmente assoluto ed indispensabile per lui, da annullare qualsiasi preoccupazione.


Chris si affacciò al balcone, accendendosi una sigaretta.
“Pensavo che le pop star non fumassero.”
Denny stava arrivando con due birre gelide, ma Chris non gli diede retta.
“E’ stata solo una scopata decente, non montarti la testa.” – disse secco, buttando fuori con il fumo, un’inconsueta arroganza.
“Questo vuole dire parlare chiaro, cazzo!” – replicò Denny, ridacchiando.
Chris lo squadrò, quasi con astio – “Finisci la tua birra e poi vattene.”
Si tolse dalla finestra, passando oltre lui, che era allibito, ma non certo inerme di fronte a quell’atteggiamento acre ed irriverente.
“Non voglio mica sposarti Chris.” – disse ironico.
“Manco morto.”
“Sì, certo … ok … Sono un bamboccio per te, vero Chris? Tu preferisci i vecchi leoni come … vediamo … Robert? Penso di averti capito da un pezzo, pur conoscendoti al minimo, seppure fosse abbastanza per scoparti.”
“Non azzardarti a parlare di lui …” – ribattè, provando una furia cieca.
“E perché non dovrei, sentiamo! Magari ti sei vissuto pure un film, sopra a quel materasso, ma ero io, non lui! Oppure eri stufo di pensarlo e poi farti una sega, visto che non l’avrai mai??!” – esplose, ferito come non si aspettava, dal comportamento arido di Chris.
“SPARISCI DENNY!” – gli urlò, scaraventando i suoi vestiti sul pianerottolo ed afferrandolo, per condurlo all’uscita, con una violenza assurda.
Denny non fece resistenza, per evitare un epilogo peggiore.
“Va all’inferno …!” – sibilò, prima di andarsene definitivamente.



Jude suonò il campanello un paio di volte.
“Sicuro che ci sia?” – domandò perplesso a Robert, che stava facendo cadere i sacchetti con le ciambelle.
“Chris ha detto alle nove, per colazione … Riprova.”
Fu inutile.
“Ok … ho le chiavi, nella tasca dietro Jude …”
“Trovate … ma non ti sembra inopportuno entrare così in casa sua Rob …?”
“Sarà sceso a correre, gli facciamo una sorpresa … Non risponde neppure al cellulare … Su apri.”
Jude lo assecondò, seppure imbarazzato - “Permesso … Chris …? Ci sei?”

Un lenzuolo bianco lo vestiva appena: la sua figura, pallida ed immobile, era come posata sui gradini, che dal salone portavano alla terrazza.
“Mioddio … CHRIS!!!”
Il grido di Robert fibrillò nell’aria: c’erano pasticche ovunque, Jude ne raccolse alcune, per capire cosa avesse preso.
“Fallo vomitare Rob!! SVEGLIALO!! Io chiamo i soccorsi …” – esclamò disperato, mentre in affanno componeva il numero dell’emergenza.
Un vecchio trentatre giri gracchiava sul giradischi, che Chris aveva comprato da un rigattiere insieme a Kevin, durante la loro fuga: sembrava che tutto galleggiasse in quell’ambiente nuovo e lussuoso, quanto insignificante alla sua mente, che si stava spegnendo in un’aurora artificiale ed all’apparenza senza ritorno.

CHRIS


ROBERT

giovedì 26 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 32

Capitolo n. 32 - sunrise


Denny stava imprecando con un tizio che lo aveva imbottigliato, parcheggiando la sua berlina troppo vicina al suo fuoristrada.
Era un messicano e puzzava di rum già alle nove di mattina.
Alla fine l’avvocato si arrese, notando che un bel ragazzo stava ridacchiando, nell’assistere al suo spettacolo mattutino.
“Tu non sei Chris?”
“Ciao … ci siamo visti al matrimonio di Antonio …”
“Ti conosco da prima, mi piacciono i Red close, sono Denny.”
“Lo so, il socio di Geffen.”
“Eh magari … no, direi più un apprendista stregone …”

“Guarda un po’ chi c’è qui sotto Marc.”
“Che succede?”
“Denny e Chris, ma lo sapevi che eravamo tutti vicini di casa?”
Jamie rise, indossando i jeans scoloriti, dopo una tshirt nera, sotto alla quale si infilarono subito le mani di Hopper.
“Ehi …”
“Ehi …” – Marc sorrise nel suo collo, baciandolo caldo – “Ho troppa voglia di te, per sbirciare il vicinato Jam …”
“Quando mi chiami così …”
Hopper lo girò a sé, stringendolo – “Quando accade, facciamo sempre l’amore quindi …”
Risero, sapendo che erano in ritardo sia per le prove che per il tribunale: si limitarono ad un lungo e profondo bacio, ripromettendosi un pomeriggio tra le lenzuola, dopo un pranzo insieme agli amici Brandon e Kurt, in partenza per la consueta vacanza europea.


“Grazie del passaggio Denny.”
Chris era assorto in pensieri confusi, l’altro lo notò subito.
“E dopo come fai …? Stai in spiaggia fino a sera?”
“No, sto andando ad un appuntamento, Kevin mi ha cercato.”
“Non voglio farmi gli affari del capo, ma credo siano tornati insieme.”
“E neppure i miei, giusto?” – rise nervosamente.
“Siete abbastanza svezzati da cavarvela da soli o sbaglio?” – chiese provocatorio o almeno Chris lo percepì in quel modo.
“Diciamo che sono dalla parte del – te lo avevo detto Kevin! – sapendo che sarebbe tornato con lui nonostante l’ultima stronzata di Geffen.”
“Lui non ha una relazione con la Berger.”
“La Berger, ne parli come se fosse una cosa, tipico gergo legale.” – replicò acido.
Denny accostò.
“Scusa, spesso mi prendo delle confidenze …”
“Che non dovresti Denny. Magari hai ragione tu, occorre essere diretti e sinceri nella vita, affermare le proprie opinioni, però io ne sono sempre rimasto fregato e forse è arrivato il momento di mentire a tutti, va di moda, sai?” – e scese, senza voltarsi indietro.


Lula raccolse qualcosa, correndo sulla sabbia e volando tra le braccia di Glam.
“Soldino di cacio pesi … sediamoci va …”
“Sei stanco Glam?”
“Un po’ … credo sia arrivato Chris.”
Kevin scrutò in direzione della strada, notando i suoi passi incerti.
“Sì eccolo … ok vado, aspettatemi qui.”
“Okkeiii papake! Ciao zio Chris!!” – gli urlò il bimbo gesticolando e lui rispose con un sorriso.
Adorava quella peste, era inevitabile.
Ed adorava Kevin, gli era mancato da morire e saperlo a pochi metri da lui era come una tortura cinese.
Lenta e crudele.
“Ciao … grazie per essere qui.”
“Kevin … tutto a posto vedo.”
“Camminiamo?”
“Come vuoi.”
Fecero pochi passi, poi Chris provò una sottile irritazione.
“Motivo della tua chiamata?”
Kevin guardò l’orizzonte, poi di nuovo lui – “Volevo ringraziarti Chris.”
“Oddio e per cosa?”
“Per avermi aiutato a capire … per avermi sopportato.”
“Avevo un buon motivo per farlo Kevin, peccato fosse diverso dal tuo.”
Il bassista si fermò.
“Abbiamo condiviso dei momenti importanti noi due Chris, ho … ho tradito il mio compagno, con te, ben prima della nostra fuga e lui mi ha perdonato …”
“E’ un classico, per voi e non solo.”
“Tu non ci hai provato con Tomo?”
“A fare cosa? Stai scherzando vero??”
“Se tu ami una persona, almeno quanto la amiamo noi, non credi si debba tornare sulle proprie decisioni e darsi un’ulteriore possibilità?”
Chris stava perdendo le staffe, ma si trattenne, consapevole che Kevin era in buona fede, ma ciò nonostante l’avrebbe preso a calci volentieri.
“IO non sono succube di un uomo come lo sei tu Kevin!” – gli ruggì contro, pentendosi un istante dopo.
“Amo mio marito Chris ed ho avuto un bambino con lui … ne sono innamorato, di entrambi, follemente direi …” – sorrise, con quell’innocenza, che ti faceva innamorare di Kevin.
Chris sentì il cuore spezzarsi, aveva subito all’estremo, andava oltre l’essere succube, era stato usato, non era in grado di vederla in maniera differente, quella sua situazione personale priva di amore vero.
“Buona fortuna …” – mormorò, mentre due lacrime scivolavano dietro agli occhiali scuri, celando i suoi topazi di rara bellezza e colore.
“Chris …”


Tomo stava riponendo le ultime cose che Chris aveva lasciato nell’asciugatrice.
La signora peruviana, che si occupava delle faccende domestiche, aveva stirato le camicie ed i jeans di Armani, che Chris collezionava.
Aveva mandato un sms a Tomo, dicendogli che sarebbe passato a ritirare il tutto prima di sera, pregandolo di non esserci.
§ Le chiavi te le lascio nell’ingresso. Grazie. § aveva concluso laconico il proprio messaggio, ma Tomo non aveva intenzione di accontentarlo.
Sentì aprirsi la blindata ed attese nel living che Chris si palesasse.
Quando lo vide, avvampò per l’emozionante disagio.
“Ti avevo chiesto di …”
“Ho disubbidito agli ordini … mi dispiace Chris …” – disse timido, provando ad avvicinarsi a lui, ma Chris fece dietro front.
“Ok, manderò un fattorino.” – sbottò seccato, sbattendo le chiavi sulla mensola, come promesso.
“Chris aspetta!”
“Aspettare cosa??!” – ringhiò, chiudendo i pugni.
Il croato lo prese per le spalle, con delicatezza, le mani tremanti.
“Lasciami andare …” – disse improvvisamente esausto.
“Chris perdonami … non pretendo tu possa restare, ma almeno non andartene con l’odio che senti, potresti commettere altri errori …”
Il giovane si voltò repentino e furioso - “Errori come chi scusa?? Come Kevin??! No guarda qui l’errore resti SOLTANO TU! FOTTUTO IDIOTA!!”


“Eravamo … innamorati … felici, sembrava una relazione perfetta, rinata … ma sulle ceneri non si costruisce niente di buono, vero papà? …”
Downey era passato a controllare i mobili, che aveva scelto insieme a Jude per l’attico di Chris, che ora stava rannicchiato sul tappeto in stile moderno, appoggiato al divano, dove l’attore era rimasto seduto ad ascoltare il suo sfogo.
“Voi due insieme, mi siete sempre piaciuti … Forse Tomo, però, è rimasto talmente segnato dal suo passato con Shannon, da non potervi rinunciare, se non per …”
“Brevi periodi?” – e si asciugò la faccia, devastata dal pianto.
Robert scivolò accanto a lui, abbracciandolo.
“Vedrai che il tempo sanerà questa ferita Chris … Ora tutto ti sembrerà irrimediabile, ma poi le cose miglioreranno, non sei solo, puoi contare su molte persone che ti vogliono bene.”
“Che c’è di sbagliato in me?”
“Assolutamente niente Christopher.”
Lui sorrise – “Solo tu ed una zia di Boston mi chiamate così …”
Downey rise – “Come zia io sono perfetto!”
La sua verve risollevò gli animi, perchè vederlo in quello stato, lo faceva soffrire: Robert non poteva negarlo a sé stesso.
“Tu mi fai stare bene, rendi i miei disastri meno pesanti … grazie.”
“Molto presto mi racconterai di un nuovo amore, ne sono convinto Chris e sarà l’uomo giusto.” – affermò fiducioso.
“Sei stato clonato, papi?” – domandò radioso.
“Mmm vediamo … il mondo non puo’ reggere un altro Robert Downey Junior, facciamocene una ragione!” – esclamò brillante.
Chris sospirò, sfiorandogli un braccio con estrema tenerezza – “Già fatto Rob … L’ho già fatto.” – e scrollando le spalle, lo congedò con un bacio sulla guancia, profumato della sua giovinezza.


Glam si coricò presto.
Aveva cenato in camera, un semplice passato di verdure, con del pane integrale, che non apprezzava particolarmente.
Kevin era rimasto con Lula nella sala da pranzo, a consumare un arrosto cucinato da Vassily, con i contorni preparati da Peter: il piccolo andava pazzo per quelle ricette sovietiche.
Ora che Lula non ci ascolta Vassily, devo chiederti alcune spiegazioni …”
“D’accordo.”
“Dopo che me ne sono andato, Glam si è sottoposto alla nuova terapia, giusto?”
“Sì.”
“Non sei mai stato un chiacchierone Vassily …”
“Sono un militare, non si cancella, resta nel dna Kevin … Comunque, il signor Geffen era in uno stato pietoso. E’ arrivata l’ambulanza, il dottor Scott ci aveva avvisati. L’ho portato di peso sino al suo letto, poi gli infermieri gli hanno fatto delle flebo, oltre a diverse iniezioni. Monitoravano il battito cardiaco, aiutandolo con l’ossigeno. Due giorni orrendi, non l’ho mai lasciato solo, accompagnandolo anche in bagno. Ho fatto il mio dovere.”
Kevin sorrise – “Non lo metto in dubbio e ti sono debitore Vassily … soltanto tu hai la forza per …”
“Tirarlo su come se fosse un neonato?” – rise vigorosamente, volgendo lo sguardo verso Peter, in fondo al corridoio, con Lula che lo aveva scambiato per un pony.
Quando accadeva, quella montagna di muscoli, alta due metri e venti, assumeva un’espressione talmente dolce, da commuovere Kevin.
“Grazie Vassily … perché non porti fuori il tuo Peter, magari un cinema …” – gli propose complice.
“Ad essere sinceri, talvolta sembra di esserci dentro, ad un film intendo, vivendo a contatto con voi …”
“Hai ragione …” – risero.
“Vado dal mio daddy … mi è mancato da morire.”
“Lo so.”
“Daddy ha … Ecco Sveva è incinta di Glam …”
Vassily inarcò un sopracciglio – “E’ un … uomo virtuoso, penso che avrà figli sino ad ottant’anni, come mio nonno!”
“Oh cavoli spero di …” – Kevin fece una smorfia buffa, poi ritrovò il sorriso, con Vassily che ammiccava, alla sua rinnovata serenità.




CHANNING TATUM is MARC HOPPER AND JAMIE BELL IS JAMIE


CHRIS PINE is DENNY

mercoledì 25 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 31

Capitolo n. 31 - sunrise


Robert si allungò sul letto disfatto, accogliendo tra le sue gambe Jude, mentre appoggiava la testa sul cuore del compagno, che non aveva mai smesso di accarezzarlo sulla nuca ed i capelli.
I loro corpi, erano ancora umidi di sudore e piacere, per quell’amplesso consumato nell’acqua tiepida del loro idromassaggio.
L’aria condizionata era gradevole, la porta chiusa, dopo avere messo nel proprio lettino la loro Camilla e controllato la culla di Drake nel living, dove Xavier non si era mai svegliato.
Downey infranse la tranquillità estatica di quel momento così intimo, prima con un sorriso e poi una considerazione serena, ma vivace nel contenuto.
“Certo che Xavy potrebbe girare nudo per casa e non noteresti la differenza …”
Jude sollevò il capo, sgranando quei suoi occhi così belli ed intensi.
“Se è un rimprovero Rob, ti chiedo perdono … Non accadrà più.” – affermò sincero e limpido, in quel modo che faceva impazzire Robert.
“Amore …” – respirò in un sussurro, poi lo baciò con una frenesia, che gli impedì di aggiungere altro, troppo commosso e realizzato, per come quel sentimento lo completasse e lo rinvigorisse dal principio del loro legame.
Jude lo avvolse, tremando dentro di lui, immediatamente con le dita, che si intrisero degli umori ancora caldi, tra le cosce del suo adorato marito, infine facendolo suo: era ciò che entrambi ambivano.
Robert inarcò la schiena asciutta, dove scapole e vertebre sembravano costellare la sua pelle elastica e tonica.
Downey non aveva mai interrotto gli allenamenti e l’alimentazione sana, che da anni ormai seguiva diligentemente.
Era per Jude, per non perderlo, per non affogare in un dispiacere immenso, se solo gli avesse preferito un giovane come Xavier: impossibile, gli avrebbe ripetuto il suo ragazzo inglese, ma Robert non voleva correre rischi e l’essere cercato di continuo, lo inebriava, rendendo la loro storia immortale.


Kevin si svegliò tardi anche quel mattino.
Era il terzo giorno che viveva in quell’alloggio, ormai la settimana volgeva al termine e doveva mantenere la promessa fatta a Lula.
Per questa ragione contattò Glam, spiegandogli dove raggiungerlo.
Geffen fu puntuale, dandogli appena il tempo di lavarsi e cambiarsi.
L’avvocato era elegantissimo, ma informale, un’abbronzatura luminosa, come il suo sguardo nel ritrovarselo davanti.
“Ciao Kevin … posso?”
“Ciao Glam, certo, entra.” – disse con tono incolore, mentre quello di Geffen era garbato ed amorevole, senza peraltro eccessi mielosi.
“Ho preso qualcosa da mangiare non sapendo come ti eri sistemato … carino qui … di chi è questo posto?” – domandò senza invadenza, posando dei sacchetti, con del cibo pronto.
Kevin apparecchiò, senza dargli troppi dettagli.
“E’ del nonno e sono da solo.”
“Capisco …”
“Cosa? Che non sto con Chris? Non l’avrei mai fatto.” – disse serio.
“Sinceramente ero preparato anche a questo Kevin … come stai?”
“Non vedi? Uno straccio.” – e si mise su di uno sgabello, strofinandosi le palpebre.
“Posso aiutarti?”
“No.”
“Ok … volevi parlarmi, ti ascolto.” – e prese posto di fronte a lui, separati dalla penisola, dove i piatti rimasero vuoti.
“E’ semplice Glam … voglio spiegare a Lula cosa è successo, il motivo del tuo abbandono, la storia con Sveva, la sua gravidanza e la nostra attuale separazione. La mia scelta e la decisione di non vivere più sotto al medesimo tetto.”
Geffen inspirò, incrociando le braccia.
“Tu ed io abbiamo un figlio molto intelligente e che non si merita stupide bugie … sarei d’accordo, se non fosse per un particolare Kevin.” – e lo fissò deciso.
“Sarebbe?” – domandò aspro.
“Non sarebbe, E’. Ti rivoglio con me, non so come ci riuscirò questo giro, ma sarà così Kevin.” – disse con fermezza, poi sorrise – “Che tu lo voglia o no, ovvio.”
Kevin si rialzò – “Vai al diavolo Glam.”
“Mandami dove vuoi, io di inferni ne ho conosciuti parecchi, sai?”
“Ma è ovvio, tu sei il grand’uomo, forte e spietato, che sa come ottenere ciò che vuole, MA NON QUESTA VOLTA! HAI CAPITO?”
Geffen si erse con calma, versandosi un po’ d’acqua.
“Hai sete Kevin? Temo di sì, se continuerai ad urlare in questo modo.” – e gli porse un bicchiere, che Kevin afferrò, per poi scagliarlo in un angolo.
Glam bevve tranquillo, poi riprese la valigetta con il note book ed i documenti dell’udienza pomeridiana.
“Con Sveva sono stato chiaro. Riconoscerò il bambino, gli garantirò un vitalizio ed un’abitazione per entrambi, pagherò le cure e tutto il necessario sino al parto, ma senza altre pretese. Farò il padre, per quanto mi sarà permesso, dalla salute e dal destino, ma questo vale per tutti i miei figli, a parte Lula.” – disse serafico.
“Smettila di fare lo stronzo Glam!!”
“Tu hai fatto delle scelte Kevin, per Lula, comunicandomele ed io sto facendo altrettanto. E lo spiegherò soprattutto a lui.”
“Almeno Lula ti ha conosciuto come una persona onesta e generosa …” – mormorò, il respiro spezzato ed in affanno crescente.
“Tu invece hai avuto il peggio di me, giusto? Non esiste un solo periodo, ma cosa cazzo farnetico, un momento, nel quale tu mi abbia conosciuto come l’uomo che dicevi di amare, Kevin?”
“Smettila con questi giochetti, non funziona Glam.” – replicò disperato.
Geffen rise amaro – “Volevo liberarti di me tesoro ed alla fine ci sono riuscito, ma solo per merito tuo … è … pazzesco.” – e si asciugò una lacrima dispettosa.
Il cellulare lo interruppe.
Era Scott.
Glam riprese un minimo di controllo, nel rispondergli.
“Ciao dottore …”
Il suo interlocutore parlava svelto, era sempre di corsa, ma in quell’istante sembrava diverso.
“Ok … solo che avevo un impegno … Scott non potremmo … ok, ok. Ci vediamo tra un’ora, prima non riesco davvero, devo farmi sostituire.”
Riattaccò pensieroso, poi cercò un numero – “Fortuna che Hopper abita qui vicino …”
“Che succede? Dove …” – “Scusa Kevin, ma … Sì Marc ciao, posso salire da te? Ho una grana, non potrò seguire il caso Dell, puoi rimpiazzarmi? … Perfetto, a tra poco.”
Il bassista si innervosì – “Come mai il medico ti ha cercato?”
“Devo scappare, ne parliamo domani …”
“Glam, cazzo! Cosa mi nascondi??”
“Niente, devo … è una terapia, routine …” – spiegò frettoloso.
Kevin lo bloccò, poi ebbe un dubbio.
“E’ … è un trucco per …”
Geffen aggrottò la fronte, spiazzato da quella reazione di diffidenza.
Kevin si ritrasse, provando un sostanziale imbarazzo – “Mi … mi dispiace daddy … non volevo dire una stronzata simile …”
“Lo so amore … nessuno mi è mai stato tanto vicino durante la malattia e non lo permetterò ad altri … Mi chiami tu? Per il nostro bambino intendo …”
Kevin annuì, ritirandosi verso la sala, salutandolo con un cenno, voltandosi poi, affinchè Glam non scorgesse le sue lacrime.


Sally stava preparando i bicchierini sterili, con pasticche di dimensioni e tonalità differenti.
Quando vide Kevin, gli sorrise armoniosa.
“Ciao tesoro, il tuo daddy è a metà, pensavo non venissi più. Come stai?”
“Bene … ero … in viaggio …”
“Lo so, me l’ha raccontato, sai che non fa che parlare di te.” – disse con la consueta bonarietà affettuosa.
“Con questa ha finito il ciclo, per fortuna.”
“In effetti …” – replicò spiazzato.
“Il medico ha scelto questi dosaggi piuttosto massicci, certo efficaci, ma lo riducono in un tale stato … Se ti occorresse assistenza domiciliare per i primi due giorni post seduta, devi solo rivolgerti a me e provvederò, anche se so che a casa vostra c’è molto personale e Glam è uno zuccone, ma non puoi addossarti certe incombenze di continuo … ah ecco sua maestà Scott …” – e rise complice.
Kevin si sentiva mancare dall’angoscia, per ciò che non sapeva.
“Chi si vede, buongiorno Kevin.”
“Salve …”
“Lo sapevo che non riusciva a tenerti lontano, è proprio una bestiola tuo marito.” – e rise solare.
“Lo dico sempre … le analisi sono migliorate?” – domandò, facendo un tentativo per chiarirsi la situazione.
“Parecchio direi. Lascio la comunicazione a te, visto che abbiamo superato questo intoppo. Certo è stata una fortuna quell’incidente, con le lastre e la tac abbiamo scoperto quello che non ci aspettavamo, un ritardo sarebbe stato deleterio, ma come si dice? Non tutto il male viene per nuocere!” – e battendogli una mano sulla spalla, Scott se ne andò.
Kevin provò smarrimento, poi sollievo, infine rabbia.
Si diresse velocemente verso le camere di degenza.
Quando lo vide, si bloccò: Sally era con Glam.
Piazzava la mascherina dell’ossigeno e si apprestava a cambiarlo.
Glam sembrava svenuto, ma era solo intontito.
Le sue palpebre sbattevano di riflesso a ciò che stava facendo l’infermiera, come se provasse fastidio.
Kevin deglutì a vuoto, poi si avvicinò.
Stava tremando ed avrebbe voluto gridare, sfogando quella pressione, che gli saliva dallo stomaco al cervello, inondandolo di emozioni contraddittorie.
“Kevin … siediti, non avere paura, sta bene, anche se non sembra …” – sussurrò, dandogli una carezza sulla guancia.
A Kevin venne in mente lo stesso gesto, fatto da Lula, mentre gli stava dicendo che il suo papà era andato via.
Era solo un bambino, ma con una sensibilità innata, compassionevole.
Era un bambino, come quello che Sveva stava aspettando dall’uomo che lui amava, che Lula adorava.
La frase “non tutto il male viene per nuocere” andava rimescolandosi nella sua mente, dove quel “male” era l’avere aggredito Glam, picchiandolo selvaggiamente, un gesto bestiale ed istintivo, senza alcuna umanità, mentre il “male”, che aveva causato la sua fuga con Chris, era il bimbo di Sveva.
Due fattori senza paragone: volerli associare, gli sembrò ingiusto, terribilmente ingiusto.
Inspirò.
“Sally faccio io … è … è mio marito. Gli ho fatto delle promesse quando ci siamo sposati, quando ci siamo … scelti …”
“Di assisterlo? Lo immagino … ho fatto lo stesso con il mio Frank, per ora il tutto si traduce a fargli trovare la birra gelata nel frigo prima della partita di basket in tv!” – disse sorniona.
Kevin rise piano, ma non riuscì ad evitare un pianto, che la donna asciugò immediatamente con un fazzoletto ricamato.
“Non farti vedere così tesoro, lo sai che ai malati lo stress provoca un abbassamento del sistema immunitario ed il tuo daddy fa tanto il leone, invece è …”
“Un imbecille …”
“Glam! Te la sei tolta di nuovo, come devo fare con te, il peggiore paziente del reparto, ecco cosa sei!” – sbottò rimproverandolo sonoramente.
I loro sguardi si incrociarono, finalmente.
Kevin prese la spugna, dopo avere indossato i guanti ed un camice in garza leggera, chiedendo poi a Sally di lasciarli da soli.
Tolse la casacca a Glam, tamponandolo poi sull’addome, i polsi, l’inguine, rivestendolo, con lentezza e metodo, come gli aveva insegnato Sally.
Infine gli asciugò la fronte, scendendo intorno al volto arrossato, ma acceso anche da una profonda sensazione di gioia.
Posò un bacio sulla tempia destra dell’avvocato, senza poi muoversi, mentre lui inclinava il suo profilo, come ad incastrarlo in quello di Kevin, che chiuse gli occhi, come stava facendo Glam, perdendosi in uno spazio senza più parole: non servivano.



GLAM GEFFEN


KEVIN

martedì 24 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 30

Capitolo n. 30 - sunrise


“Avere il take away proprio qui sotto è … una figata!”
Chris rise, pulendosi dall’unto delle alette di pollo piccanti, che aveva letteralmente divorato insieme a Rob.
Erano seduti sul divano, unico arredo lasciato dal vecchio proprietario, insieme a poche altre suppellettili, come decine di candele, che il cantante aveva acceso un po’ ovunque.
“Puzzeremo di fritto fino a domani …” – disse perplesso, ma divertito Downey, spargendo briciole ovunque – “Ottime anche le patatine e quelle cialde salate … come si chiamano?”
“Qui c’è scritto … croquetas ... sì buone. Ancora birra?”
“No Chris ... mi rilasso dieci minuti, ma poi devo andare ...”
“Ok ... io dormo qui, è comodo e poi c’è anche un lenzuolo pulito, l’ho visto in bagno, con qualche asciugamano fortunatamente confezionato ... il resto lo prendo dal trolley e poi recupero le mie cose da Antonio ...”
Downey si appoggiò allo schienale, riprendendo sul petto Chris, che non si era ancora confidato del tutto con lui.
Ci furono un paio di minuti silenziosi, poi fece un tentativo.
“A volte mi sento come quelle modelle, sempre con la valigia in mano, che si spostano da un tizio all’altro, sperando di sistemarsi ...”
“Quelle sono squillo!”
Risero.
“Volevo essere fine papi ...”
Robert gli accarezzò i capelli – “Vuoi dirmi qualcosa a proposito di Kevin?”
“E cosa? ... Se inizi a scoparci, poi dipendi da lui come un assetato nel deserto.”
“Chris ...!” – lo rimproverò allegro.
“Provare per credere ... no, tu no, chiedi a ... Jared o ... a Geffen, forse pure a Colin.” – poi si pentì di quell’uscita.
“Colin?!”
“Ho detto una stronzata ... l’ho solo visto sgattaiolare dalla Joy’s house all’alba, dopo il Metropolis ... Forse ha solo vegliato su Kevin, anzi, ne sono certo.”
“Ad essere sinceri, durante il matrimonio di Meliti, ho visto Jared e Colin un po’ agitati, poi sono spariti verso il Marocco ...” – disse perplesso.
“Allora vedi che non è successo niente tra Colin e Kevin, Jared li avrebbe strozzati, anche se dovrebbe soltanto starsene zitto.”
“Che pasticcio ...”
Chris si sollevò, sedendosi rigidamente sul bordo, le mani a tormentare la faccia triste, a quel punto – “Vorrei avere un compagno, un uomo che mi sappia amare, al quale appoggiarmi, una persona vera, che io possa ricambiare, a cui ...” – strizzò le palpebre – “ ... a cui mi possa donare Rob ... capisci?”
“Certo tesoro ... non avvilirti, succederà.”
“Sai chi ho visto qui sotto? Denny ... e di fronte ci abitano Jamie e Marc, l’ho dedotto notando l’auto di Hopper nel viale ...”
“Denny è un bellissimo ragazzo.” – osservò Downey.
“Basta mocciosi! Io ... io voglio un uomo maturo, non certo come Geffen, nel senso caratteriale, visto che fisicamente sarebbe perfetto, ma ... simile a te, rassicurante e fedele!” – sorrise, rannicchiandosi di nuovo.
“Rammentalo a Jude quando sarà il mio compleanno ...”
“Lui lo sa già ... sta bene?”
“Sì ... grazie.” – ed inspirò, sentendo il profumo di Chris, le dita solide, come il resto del suo sembiante, che percepiva sensibile e reattivo, come del resto stava succedendo a lui.
Nel centro del petto, il giovane stava controllando una serie di emozioni bellissime, ma proibite: ringraziava comunque il destino, per avergli dato Robert, in qualche modo, nella sua vita complicata e vuota.
“Devo andare ...”
“Dai un bacio alla mia sorellina ... Appena ho l’appartamento in ordine vi aspetto tutti e tre a cena ...” – propose esitante.
“Non vedo l’ora Chris ... buonanotte e se hai bisogno ...”
“Ho tutto ... o quasi, ti ringrazio Robert.”
Si salutarono, povando una strana malinconia.


Per Downey lasciarlo in quelle stanze semi deserte era come una colpa, ma una volta raggiunta l’auto, si sentì sollevato.
Percorse pochi isolati, accostando in preda ad una improvvisa agitazione.
Iniziò a piovere, era soltanto una nuvola.
Reclinò di poco il sedile, mettendo le sicure ed ammirando l’oceano a quell’ora serale, quando non era ancora buio, ma neppure più giorno.
Aveva caldo, ma poi realizzò che si trattava unicamente del desiderio di masturbarsi.
Si vergognò: le iridi di Chris si mescolavano a quelle di Jude, con il quale aveva fatto l’amore poche ore prima.
Chinò il capo, succube di una stanchezza latente.
Era come un dormiveglia, ma sembrava troppo vero, un fascio di zampilli d’acqua, Chris in ginocchio tra le sue gambe, poi quel suo sguardo, che gli lacerò i sensi, la sua bocca disegnata da un pittore, come il resto di lui.
Lo stava facendo godere con baci profondi, generosi.
Un clacson lo riportò alla realtà, come una scossa ad alta tensione.
La stessa che gli percorreva la spina dorsale.
Si toccò tra i jeans e la camicia, indossata comoda fuori dai pantaloni: era bagnato e stava ancora tremando – “Mioddio ... che cavolo ...”- e venendo.
Si finì, aprendosi la lampo, come un ragazzino ingordo di esperienze e piacere.
Sbottò in un urlo, che nessuno poteva sentire: aprì il vano oggetti, prendendo le salviette di Camilla e sistemandosi alla meglio.
Stava piangendo, livido di rabbia, dandosi dell’idiota.
Volevo solo tornare dalla sua famiglia.


I gemelli stavano finendo i rispettivi biberon, mentre Amèlie ed Isotta gattonavano divertite sul lettone, dove i loro genitori erano alle prese con Thomas e Ryan.
“Pentito di essere rientrato in anticipo, Cole?”
“No ... e tu amore?”
“Assolutamente felice di essere ovunque sia tu ... ed i nostri figli.” – lo baciò su quell’affermazione convinta.
Farrell pensò ad una nuova vacanza, visto che l’Africa, in quell’occasione, sembrava avere perso lo smalto del passato.
Doveva accadere, presto o tardi e si sarebbero rassegnati all’evidenza, forse.


Kevin sistemò i suoi acquisti nell’armadio, poi fece un sopralluogo nell’appartamento.
Il nonno gli aveva lasciato le chiavi in portineria, faceva parte del suo patrimonio immobiliare ed era sfitto da mesi.
L’ultimo inquilino era una scrittrice di libri gialli, che partì verso l’Amazzonia senza più dare notizie.
Nel raccontarlo a Kevin, dalle Hawaii, Meliti l’aveva distratto dalla sua crisi, indeciso se avvisare o meno Glam.
“Lascialo cuocere nel suo brodo figliolo!” – disse sghignazzando.
“Questa volta è la peggiore ... credimi, non ho alcuna intenzione di perdonarlo, sono qui per Lula e basta.”
“Qualunque cosa tu decida, puoi contare su di me.”
“Te ne sono grato ... anche per questo rifugio ... Mi cercherò una casa adatta ad ospirare il mio bimbo.”
“Siamo arrivati a questo Kevin?”
“Non l’ho voluto io Antonio! ... scusa il tono ... sono incazzato ... quello semina figli ovunque ed io dovrei restare a guardare, magari congratulandomi!??”
“Stiamo parlando del ... fratellino di Lula ... Non prendertela con lui.” – replicò mesto, ma secco.
“Tu stai già celebrando il nuovo membro di questo baraccone, che ti ostini a definire famiglia?” – ribattè brusco.
Meliti sorrise – “Adesso riposati ... il frigo è pieno, ho dato incarico a Vassily di farti la spesa, male che ti vada, ci troverai Beluga e salmone a palate ... ti voglio bene, ci sentiamo domani.”
“Abbi pazienza nonno ... a presto, dai un bacio a Carmela ...” – e riattaccò, scrollando le spalle.
L’ambiente era in stile british, elegante ed accogliente.
A Kevin piacque da subito, senza sapere che era finito anche lui nel quartiere di Hopper.
Una fortunata casualità.


Xavier era spalmato sul divano del salone, con un paio di short così attillati e sexy, da fare invidia ad una quotata play mate.
Russava in modo grottesco, mentre Jude faceva altrettanto, con Camilla sul cuore e Drake nella sua culla, munito di ciucciotto e paperella di gomma: ce n’erano ovunque, di sicuro avevano fatto il bagno tutti insieme.
Jude aveva fatto installare una vasca, incassata nel pavimento della sala da bagno, grande abbastanza da accogliere sei persone.
Robert attivò l’idromassaggio, immergendosi dopo essersi scolato due bicchieri di prosecco italiano, rubato al cattering del matrimonio, da lui e Jude, come due ragazzacci.
“Bevi senza di me?”
Downey trasalì, ma poi gli sorrise – “Tesoro ...”
“Aspettavi un altro?” – domandò ridendo, spogliandosi dei bermuda, che utilizzava come pigiama.
“No ... a me basta un ragazzo inglese ... stempiato ...”
“Scemo!! Ahahahah” – e lo investì di schizzi ed i suoi baci focosi.
“Jude ...”
“Cosa ...?” – ansimò, mentre lo faceva salire sulle proprie gambe.
“Ci ... ci sono i ...”
“No, non c’è nessuno, sono svenuti ... troppe frittelle e gelato, te lo assicuro Rob ... sai cosa voglio da te, vero?” – chiese malizioso, mordicchiandolo dappertutto.
L’americano annuì, gemendo aggrappato a lui, mentre lo penetrava, consumandolo di baci e carezze oltraggiose e sporche, come solo Jude sapeva fare, senza inibizioni e limiti.


COLE & JAY


XAVIER

lunedì 23 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 29

Capitolo n. 29 - sunrise




“Bevi questa Cole, è fresca … va meglio?”
Farrell annuì, sorridendo – “Le tue premure mi fanno rinascere Jay …”
“Hai voglia di parlarne?”
“Non c’è molto da dire …” – disse inspirando.
“Colin se hai pensato ad Haiti e poi a New York, non volevo rivangare, credimi. Ti chiedo scusa se l’ho fatto, anzi, dovrei prendere esempio da Robert e Jude, allontanando la nostra coppia dai casini degli altri.” – affermò con risolutezza.
Colin aveva lo sguardo smarrito e stanco.
Chiuse le palpebre, sentendole pesanti – “Vorrei solo cancellare alcuni frammenti del passato Jared … svegliarmi domani ed essere certo che fossero solo degli incubi … ma non sarà mai così. Mai …”



Chris stese un asciugamano verde scuro sul lettino della terrazza.
Era un tramonto splendido e voleva goderselo ascoltando un vecchio pezzo dei Pink Floyd, mentre Kevin era impegnato in una telefonata difficile.

Lula quando lesse il suo nome esultò, correndo per il giardino, alla ricerca di un angolo tranquillo, lontano dai giochi rumorosi degli altri bimbi.

“Papake!! Finalmente …”
“Ciao angelo mio, come stai?” – disse trattenendo le lacrime a stento.
“Bene! E tu? Hai cambiato cellulare?”
“Scusa il ritardo … non … non riuscivo a chiamarti …”
“Papà me l’ha spiegato, non ti preoccupare. Zio Chris è lì con te?”
“No cucciolo … lui è in giro, tu invece?”
“Mi divertivo con Violet e Josh, ma tu mi manchi, quando torni?”
“Ti chiamerò ogni giorno, promesso, ma non so dirti quando potrò tornare.”
Ne seguì un breve silenzio ed a Kevin sembrò di scorgere nella penombra della camera gli occhioni tristi del figlio.
“Lula …?”
“Sì, sono qui … no, pensavo, magari potrei venire io da te papà …”
Raramente lo indicava in quel modo, era prerogativa di Glam, da sempre.
“Non è semplice, ci spostiamo di continuo, è per la promozione, capisci tesoro?” – spiegò senza avere la forza di esserne convinto.
“Mmmm okkei …” – disse mesto Lula, rannicchiandosi, per un leggero tremito.
“Lula ascoltami io … tra una settimana rientro, non più tardi, però tu …”
“Evviva!!!”
“Tesoro tu non devi dirlo a papà, gli voglio fare una sorpresa … d’accordo?”
“Sìì, sarà il nostro segreto!” – esclamò saltellando.
“Ci sentiamo presto allora … ti voglio un bene immenso Lula …”
“Anch’io papake … ti abbraccio … tanti baci!” – e Kevin li sentì schioccare gioiosi, come se potessero giungere a destinazione senza difficoltà.

“E così la nostra vacanza sarà più breve del previsto …”
“Chris? … Hai sentito quindi …”
“Certo. Faccio un giro, non aspettarmi per cena.”
“Dove vai?” – domandò ansioso.
“Come se cambiasse qualcosa saperlo.” – replicò serio, sentendosi comunque perduto in un vuoto, senza mai toccare terra.
Kevin gli andò vicino, stringendolo piano – “Scusami Chris …” – mormorò.
“Sono stanco di farlo, con tutti sai …? Devo sempre perdonare, comprendere, assecondare e rincorrere chi alla fine mi fa soffrire, anche in … buona fede, come stai facendo tu.” – e sorrise amaro.
Kevin tornò a fissarlo, continuando a cingerlo per la vita.
“Quando mi hai proposto il viaggio, mi era sembrata la soluzione migliore per dimenticare Tomo, ma sbagliavo … e si ripete costantemente, questa mia ingenuità, sai?”
“Vorrei … tornare a casa, tenendoti per mano Chris.”
Il cantante sorrise, sgusciando via, senza indugiare oltre.
“Tu appartieni a Glam Geffen. Se mi vorrai sul serio, saprai dove trovarmi, sarò ad un passo da te, in quella città, ma se accadrà, Kevin, dovrai esserne convinto, perché io non me la posso permettere un’ulteriore delusione. Abbi cura di te.”
Se ne andò, dopo avere cercato un taxi e prenotato on line un biglietto aereo per la California.
Kevin rimase raggomitolato nelle lenzuola fredde sino al pomeriggio successivo, dopo essersi scolato una bottiglia di tequila.
Fece una doccia, mangiò senza vomitare.
Imbarcò sé stesso e l’auto di Chris su di un volo notturno: gli piaceva galleggiare sopra alle nuvole, nell’oscurità.
Era una sensazione strana, ma che lo tranquillizzava, anche in quel frangente di solitudine e sconforto totali.


Shannon vestì July, mentre Rice li guardava ammirato.
“Come hai potuto pensare di non portarla con noi …” – chiese solare il batterista, fissandole una cuffia, che la rendeva irresistibile.
“Ecco Shan io … ok, sono stato un cretino!” – e rise felice.
“No, sei stato magnifico Owen … Ti sei preoccupato delle mie esigenze … Lo fai senza sosta da quando …”
“Da quando sei tornato nella mia vita Shan …? Benedico quel momento ogni giorno, credimi …”- e lo baciò con tenerezza e passione, per poi uscire dalla cabina abbracciati, portando la loro cucciola sul ponte, per la consueta dose di coccole da parte del personale e dei passeggeri.


La sabbia gli entrava dappertutto.
Colin non ci badava, restando in piedi, le braccia allargate nel vento torrido, ma asciutto, indossando una tunica bianca, essenziale e sufficiente a coprire le spalle già scottate e le ginocchia screpolate.
I suoi ray ban nascondevano gli occhi arrossati, da un pianto che lo aveva accompagnato dall’imbrunire all’alba.
Erano arrivati con la jeep in un’oasi appartata, dove un gazebo ed una piscina artificiale li stavano attendendo per un break insolito nel deserto.
Jared lo osservava, senza disturbarlo.
Controllò una cassapanca, ricoperta da cuscini variopinti: custodiva un frigo, con ogni prelibatezza e champagne ghiacciato.
“Mio Dio … quel tizio non scherzava …”
“Parli da solo Jay?”
“Amore … bene arrivato in questo miraggio a cinque stelle … Insalata nizzarda, mista con feta greca oppure … con uova sode e … cosa sono quelli, scampi?”
“Direi di sì … penso io ad apparecchiare, mettile sul carrello, ho molto appetito.”
“Certo Colin.” – disse rassicurato ed allegro.
“Il tizio dell’albergo intendevi?”
“Sì, a me l’idea piaceva, ma non credevo che fosse così …”
“Finta? Ahahaha di sicuro non somiglia neppure vagamente ai campi di allenamento dove ci preparavamo per il film … Ogni giorno roba in scatola …”
“Però Colin eravamo …” – “Felici?”
Le loro iridi collisero per un istante, poi lo stringersi divenne inevitabile ed urgente.
Scivolarono nello specchio d’acqua cristallino e tiepido, senza vestiti, tra ansiti crescenti, a sancire quanto si appartenessero.


Chris acquistò un attico in poche ore.
“Potrei mostrargliene altri …” – disse l’agente immobiliare.
“Questo è perfetto miss Kent.”
“Ok, è un palazzo signorile sa? Avvocati, manager …”
Chris si sporse dal balcone panoramico, vedendo passare nel giardino sottostante un viso conosciuto – “Avvocati come quello?”
La ragazza controllò, sorridendo – “Sì, infatti! Siete amici?”
“Non proprio …” – mormorò assorto.
“E’ permesso?”
La voce di Downey arrivò alle sue orecchie come un dono.
“Papà!”
“Ehi giovanotto … ciao come va?”
“Meglio ora che sei arrivato!”
Volò tra le sue braccia, dove Robert lo accolse comprensivo e dolce.
Chris poi tornò a badare a miss Kent – “Ovviamente non è mio padre …” – chiarì imbarazzato, ma divertito dalla sua perplessità.
“E’ come se lo fossi invece!” – ribadì Downey, prendendolo poi per un polso – “Avanti mostrami la tua reggia Chris, ai mobili penso io, ok?”
“Ok … ti adoro.” – sussurrò, scambiando un’occhiata complice con Rob, ma senza alcuna malizia.




JULY


EWAN MCGREGOR is OWEN RICE


ROBERT