mercoledì 26 agosto 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 14

Capitolo n. 14 – nakama



https://www.youtube.com/watch?v=WGZpQSpv2F4


Restare ancora fermi in quella piazzola non sarebbe servito a niente.

Harry ripartì, sgommando, dopo un silenzio pesante, dove le sue grida non trovavano che il vuoto, senza neppure l’eco di una protesta, da parte di Lux.

Esausto.

I cancelli della villa di Geffen erano sigillati.

C’erano diverse auto, parcheggiate in un’area di sosta video sorvegliata, una sconosciuta ad entrambi.

Le cromature della Bentley di Mikkelsen luccicavano nel sole settembrino californiano.

“Chissà chi è … Un amico di Glam, forse” – disse piano Styles, all’improvviso smarrito.

Demoralizzato.

Quella era come una fortezza, all’interno della quale risiedeva non un principe, ma l’imperatore del foro, come spesso gracchiavano i suoi colleghi, tra i corridoi del tribunale, al passaggio di Geffen, che li avrebbe potuti fare defenestrare tutti, senza più farli esercitare, neppure nell’ultimo stato del terzo mondo.

Quel mondo che provava a travolgerlo, senza mai riuscirci.

Glam, che osservava l’orizzonte dall’ultimo piano, spiato quasi da Mads e Will.

“Continuo a trovarlo inquietante … Non dovrebbe neppure essere qui e, semmai, potrebbe vivere come un vegetale …” – sussurrò il più anziano e Graham lo guardò.

In quegli occhi, però, adesso, c’era una luce diversa.

“Lo pensavo anch’io di te, in un tempo che vorrei cancellare, sai?”

Il tono di Will era calmo.
Sereno.

Mikkelsen sentì il proprio cuore saltargli nella gola.

Si fissarono.

“Non saremo mai come gli altri, né Geffen e neppure io … Forse per questo la gente spesso ci detesta”

“Ma io non l’ho mai fatto Mads” – replicò serio il moro.

“Davvero?”

“Ero … così incazzato con te, per … Per come buttavi via la tua vita in quei bordelli, indossando una maschera orrenda”

“Solo chi conosce l’abisso, potrà perdonare sé stesso” – bissò assorto, dandogli poi una carezza sullo zigomo destro, raccogliendo un coraggio, che neppure sapeva di avere, in situazioni del genere.

Era così semplice incidere, collegare, disgiungere, applicare, anche in tentativi impensabili, quando operava qualcuno, tenendogli tra le dita il cuore.

Il suo, in compenso, Will lo aveva in pugno da un tempo così lontano, da fare fatica a ricordarsene il principio.


Vincent prese la mano di Harry, che avvampò.

Era un gesto dolce.
Paterno.

“Andiamo a riprenderci la persona più preziosa il destino potesse donarci … Siamo stati dei pazzi e non meritiamo nulla, che Louis vorrà darci, non ci resta altro” – disse intenso il francese, guardandolo.

Styles si sciolse in un pianto esasperato, terribile.

Lux lo aiutò a ricomporsi, dandogli anche dell’acqua – “Vostra figlia non deve vederti così”

“E’ … è anche un po’ tua, Vincent” – singhiozzò, tamponandosi il viso stravolto e comunque bellissimo – “… dovremmo imparare a riconoscere ciò che abbiamo … ciò che ci lega da sempre, non credi?”

“Io … io non ti capisco, Harry, davvero” – ribatté stranito.

“Ok … andiamo” – e scese deciso, puntando con i propri cristalli screziati di dolore il volto di Glam, che stava ricambiando con i propri turchesi, severi e cupi.

Quando l’avvocato prese le scale, con piglio deciso, Will ebbe un sussulto.

“Miseria, ma fa davvero paura quando è arrabbiato” – disse inquieto il chirurgo, seguendo i suoi passi svelti e determinati.

“Qui non basterà un ansiolitico, ma mi serviranno ago e filo di sutura” – scherzò Mikkelsen, ma senza ridere affatto.




“Ehi ti è caduto questo!”

Horan lo rincorse brevemente per i corridoi della facoltà di Psicologia.

Ruffalo si girò di scatto, afferrando un fascicolo, che avrebbe consegnato in segreteria a fine lezione.

“Ciao Niall … Sì, che sbadato, ma sono in ritardo” – disse trafelato e di cattivo umore.

“Lo vedo … Come stai Mark?” – domandò il biondino, con un sorriso che apriva il cuore.

“Non bene, oggi, ho un’emicrania che …”

La frase si spezzò nel ricordarsi il profumo di Jared, che ancora gli stava intossicando le narici.

Il respiro stesso.

“Non dovresti affaticarti allora” – osservò con tenerezza Horan, sfiorandogli un fianco, in modo confidenziale.

Ruffalo deglutì un paio di volte, strizzando le palpebre.

“Perché tu …” – poi se le morse.

“Perché io cosa?”

Niall stava aspettando una spiegazione, che non arrivò.

“Ne parliamo un’altra volta, scusami, devo andare”

“Mark cosa ti prende? Ti è successo qualcosa? Adesso sì, che mi preoccupi e”

Ruffalo lo artigliò per la nuca, con la mano sinistra, stampandogli un bacio mozzafiato sulla bocca schiusa, che sapeva di menta.

Di giovinezza.

Di sogni.

Qualche gridolino rimbombò dalle scale, anche un accenno di applauso.

Alcune studentesse approvarono il gesto impetuoso e sensuale del loro professore preferito.

Horan si sentì morire.

Quindi fuggì via.

Mark rimase fermo.

In mezzo al nulla, in cui si era arenata la sua esistenza, dove avrebbe potuto avere molto, ma aveva perduto tutto.




Colin accostò, dopo avere rallentato, aspettandolo.

Aprì lo sportello, constatando che era proprio Jared, incrociato ad un semaforo cinque minuti prima.

“Ciao … Dove stai andando?” – domandò timido l’irlandese, avvicinandosi alla vettura dell’ex, che aveva appena azionato il pulsante dei cristalli, abbassando il finestrino.

“Da nessuna parte Cole”

Gli rispose senza togliersi i Ray-Ban, per non rivelare il rossore dei propri occhi.

A ciò pose rimedio Farrell, togliendoglieli delicatamente.

“Hai pianto”

Leto annuì, tirando su dal naso e guardando altrove, senza riuscirci per più di tre secondi.

L’attore posò i palmi sulla carrozzeria bollente.

“Posso saperne il motivo?”

“No, Cole, non puoi … Non devo dirlo a te” – e sorrise amaro.

“A chi dunque? A tuo marito?”

“Sì, forse” – ed i polpastrelli del cantante vibrarono sul volante.

“Ok”

“Sì, cioè no … Non è ok, proprio per un cazzo” – ed inspirò, strofinandosi la faccia, stanco, le spalle curve, sul corpo esile.

La sua fragilità era ciò per cui chiunque avrebbe perduto la ragione.

Farrell in testa.

“Mi lascerai più entrare nella tua vita, Jay?”

“Co cosa …?” – mormorò, corrucciandosi in un’espressione indefinibile.

“Ti ho chiesto”

“Ho capito cosa mi hai chiesto, accidenti!” – sbottò, cercando poi di riavviare il suv.

Senza successo.




“Non voglio fare scenate, quindi o ve ne andate subito oppure”

“Oppure cosa Glam?! Dacci un taglio, ci stai parlando come se Louis fosse una cosa tua e non è così maledizione!! Quando qualcuno entra nella tua orbita, chiedendoti aiuto, tu lo fagociti come se ti appartenesse, ma non nel caso di Boo, fattene una ragione!”

Styles esplose in quel contrattacco a sorpresa.

In ogni caso non per Geffen, che gli si parò davanti meglio, sibilando un – “Datti TU una calmata bamboccio, prima che ti sculacci e ti prenda a pedate, ok?”

Lux si mise le mani tra i capelli brizzolati.

“Non potremmo parlarne in maniera civile!” – esplose anche lui, suo malgrado.

Geffen spintonò di lato Harry, facendosi avanti verso di lui.

“Da te non me lo sarei mai aspettato Vincent, non con il bene che volevi a questi ragazzi ed a Petra! E ringrazia la bimba” – tornò a puntare Styles – “se non ti faccio radiare dall’albo, mi basterebbe tanto così, chiaro?!” – ruggì.

“Ma chi ti credi di essere?!?” – sbraitò il ricciolo, dandogli lui uno strattone, per allontanarlo da Vincent.

“ORA BASTA FINITELA!”

La voce squillante di soldino si elevò sopra a quello scontro verbale, ormai fuori controllo.

“Lula … Tesoro, rientra in casa per favore …” – Glam gli si rivolse con la consueta pacatezza amorevole.

Louis spuntò alle spalle del bambino, che gli fece un cenno – “Boo vieni, so che vuoi parlare con questo  zuccone dagli occhi belli come un prato in primavera”

Quella frase, Tomlinson, la pronunciò tanti anni prima, dopo il loro primo bacio.

Se tutto avesse potuto ricominciare.

Se le lancette, per un sortilegio benevolo, fossero tornate indietro magicamente, Harry non lo avrebbe più fatto soffrire in quel modo, non lo avrebbe più giudicato e tormentato, con la sua gelosia e, ancora peggio, con un tradimento intollerabile.

Si abbracciarono.

Sembrarono, ai presenti, che li stavano osservando, molto più magri, consumati, sotto i vestiti, all’improvviso comodi, che si stropicciarono in quello stringersi, come i loro corpi, pelle contro pelle, lacrime contro lacrime, i cuori che si ritrovarono, in un unico battito.

“Perdonaci Boo”




La forchetta di Will, scartò una fetta di pomodoro, concentrandosi su alcune foglie di lattuga e rucola, nella scodella di Mads, che fece una smorfia.

Seduti sopra agli scogli, della caletta privata, distanti da quella guerra, in una dimensione unicamente loro, a rubarsi bocconi gocciolanti di olio italiano ed aceto di mele.

“Buono il condimento Will, complimenti: se anche mi lasciassi mangiare qualcosa eh”

Graham ricambiò la smorfia e poi gli diede un bacio leggero nel collo, appoggiando infine la testa sulla spalla sinistra del celebre medico.

“A cosa devo l’onore?” – chiese flebile ed emozionato Mikkelsen, in carenza di ossigeno.

“Non te lo dirò mai” – Graham sorrise, chiudendo gli occhi.

In pace.










martedì 25 agosto 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 13

Capitolo n. 13 – nakama



Louis non sarebbe stato in grado di spiegare come fosse riuscito ad arrivare al campo estivo, a Malibu, dove si trovava Petra.

Di come l’avesse presa in braccio, sorridendole, per poi dirle che avrebbero trascorso il fine settimana a Palm Springs, da zio Glam.

Di come avesse guidato, soffocato dal pianto, celato dagli occhiali scuri, mentre stritolava il volante, allo stesso modo in cui aveva fatto, pochi attimi prima, con la camicia di Vincent, dopo averlo gettato a terra, urlandogli, sputandogli, picchiandolo selvaggiamente, senza che l’uomo gli opponesse alcuna resistenza, se non un flebile, quanto disperato, “… perdonami”.

Nessun perdono.
Non questa volta, si stava ripetendo Boo, mentre ogni respiro gli moriva dentro.


“Papi Harry quando arriva? Dopo di noi?” – chiese improvvisa Petra.

Louis ebbe un sussulto, con il volto di Styles, che gli si accendeva negli occhi, come un flash.

“Non … non lo so tesoro” – balbettò, senza distogliere lo sguardo dalla strada trafficata.

Mai avrebbe permesso a niente e nessuno di condizionarlo a tale punto da mettere a rischio l’incolumità della figlia.

“Ok … Ha tanto lavoro, ancora?” – aggiunse un po’ delusa lei.

Tomlinson annuì, tremando – “Sai come vanno questa cose amore … Noi … Noi adulti dobbiamo fare il possibile per …”

Per cosa?
COSA?!

Il quesito gli rimbombò nel petto.
Dilaniandolo.




Ruffalo fece semplicemente ciò che Jared gli chiese, soprattutto implicitamente, dando così una svolta brusca alla loro amicizia, a quell’intimità raggiunta, dimenticandosene la purezza, fagocitata da altri colori.

Da un rimescolio di ansiti, di sguardi sovraccarichi di emozioni ed endorfine, che implodevano nell’addome di Mark, mentre veniva ripetutamente, dopo un amplesso contemplativo, estatico, totale, tra le gambe di una creatura, capace di trascinarti in un abisso, senza ritorno.

Il tempo non aveva segnato la sua pelle, marchiata da decine di tatuaggi, tra i quali il nome di Farrell.

“Colin ed io non riusciamo più a comunicare, a capirci”

Leto aveva esordito in quel modo, dopo avere oltrepassato la soglia del loft di Mark, stupito e compiaciuto nel ritrovarselo lì, senza alcun preavviso.

Jared non ne aveva bisogno, lui poteva andare a trovarlo quando meglio credeva.

Un esercizio di autocommiserazione, a seguire, quindi poche frasi di circostanza, da parte di un professore di Psicologia, che sul leader dei Mars avrebbe potuto scrivere un trattato.

Sull’incoerenza, sulla follia, sull’inadeguatezza, fatta persona.

Una persona dai tratti angelici, dalle iridi vibranti, come il suo corpo, prosciugato dalla scarsa alimentazione, ma reso tonico dalle lunghe pedalate, nei paraggi della villa di Palm Springs, dalle nuotate in piscina, in quella dimora da favola, dove, adesso, Glam Geffen stava per accogliere le lacrime e lo sfogo di un ragazzino, che gli era caro, senza secondi fini.

Un marito amorevole, paziente, con Jared, con le sue fragilità, con quel malessere perpetuo e senza soluzione, che li avrebbe trascinati verso l’ennesima crisi esistenziale, travolgendo anche l’esistenza di Ruffalo, pronto a pagare qualsiasi prezzo, per quanto fosse perduto nella bocca di Jared, soggiogato dai suoi gemiti, dal suo non amore.




“Mads posso chiederle di fermarsi ancora qualche minuto?”

La richiesta di Geffen giunse mentre Mikkelsen, Will e Rambo stavano per lasciare la residenza dell’avvocato, sceso nel living, dopo che Lula, Pepe ed Isotta avevano preso in custodia Petra, sotto l’occhio vigile di Peter e Vas, mentre lui saliva in mansarda insieme a Louis, sconvolto ed in preda ad un attacco di panico.

Graham non esitò a raggiungerlo, appena il legale gli accennò quale fosse il problema, tre piani sopra di loro.

“Ha qualche ansiolitico a disposizione, Glam?” – domandò il chirurgo, trattenendosi con lui nella sala, per qualche ulteriore istante, prima di seguire Will.

“Sì, mio … Il mio Jay segue una terapia, prescrittagli da Hugh Laurie, lo conosce?”

“Certo, è anche il mio analista” – replicò calmo Mikkelsen, per poi frugare nella scatola blu, che Geffen gli porse senza perdere tempo.


Louis, seduto sul letto della camera blu, stava piegando nevroticamente una minuscola felpa, che aveva preso dal bagagliaio, nel caso Petra avesse avuto freddo più avanti nella giornata.

Will lo scrutò velocemente, per poi presentarsi.

Boo lo guardò spaventato.

“Sono un dottore, non allarmarti”

“Sei amico di Glam?”

La voce gli usciva appena.

“Non esattamente … Tu sei …?”

“Louis”

“Ok Louis, ora ti misuro la pressione ed il battito cardiaco, sei pallido, vuoi stenderti? Ti sentirai meglio” – gli propose gentile e lui ubbidì, dopo essersi tolto le scarpe.

“Ho sete” – disse in affanno.

“E’ naturale … Oh, ecco Glam: mi darebbe un bicchiere d’acqua Mr. Geffen?”

“Sì subito, come ti senti Boo?”

Il neo Paleontologo non rispose, puntando Mikkelsen.

“Lui si chiama Mads” – Graham sorrise, indicandolo, mentre il collega contava le gocce, preparando il calmante utilizzato anche da Leto per dormire ed affrontare le angosce quotidiane.

“Comunque non vi conosco, non vi ho mai visti” – affermò intimorito dalla loro presenza, ma Glam lo rassicurò ulteriormente.

“In effetti mi hanno contattato per una consulenza, però Mads mi ha operato anni fa, non ho certo chiamato la neuro Louis” – scherzò, strappandogli un sorriso.

Finalmente.




Mark gli spostò una ciocca di capelli dalla fronte, mentre riposavano sullo stesso cuscino.

“Non accadrà mai più, vero?” – chiese piano, sfiorandogli con le nocche lo zigomo sinistro.

A Jared non usciva niente.
Si sentiva bene e gli piaceva ascoltare il tono dolce di Ruffalo, che non pretendeva, che non reclamava il proprio esistere, nei suoi giorni.

All’apparenza, almeno.

“Sarebbe giusto fare l’amore così, ogni volta, con l’uomo che si ama”

Mark aggrottò la fronte – “Così come?”

“Come è capitato a noi oggi” – Jared rise leggero, dandogli una carezza sulla guancia destra e poi un bacio, nel collo, tornando subito a guardarlo.

“Ma tu non mi ami, Jay” – bissò realistico e diretto, sollevandosi poi, per recuperare una t-shirt ed i boxer, abbandonati sul parquet.

“Dove”

“Ho una lezione e sono in ritardo, scusami” – si giustificò frettoloso, risparmiandogli il suo sguardo già un po’ più triste e rassegnato.

Approfondire, confrontarsi, giudicarsi, dopo quanto avvenuto, aveva un sapore patetico, per non dire ridicolo, pensò Ruffalo, rivestendosi in fretta.

“Sì, ok Mark, me ne vado subito …” – disse mesto Leto, raccogliendo le proprie cose.

“Tuo marito ti starà aspettando”

“Non lo so …”

“Glam ti ha aspettato per un secolo almeno, figurati se riuscirà a smettere”

Cosa stava dicendo?

“Perché ti stai incazzando, Mark?” – domandò il cantante, fissandolo, senza alzare i toni.

“Perché non dovevo permettere che succedesse questo casino, ecco perché!”

Era giusto.
Jared si focalizzò su quella reazione, decidendo di non trattenersi oltre.

“Devo andare a prendere Isy, comunque ed anch’io sono in ritardo, se è per questo” – e deglutì a vuoto, su quell’ennesima menzogna, allacciandosi le Converse.

Continuava a vestirsi in quella maniera, da ragazzino al college.

Ora chi era patetico, anzi ridicolo?




Vas aggiunse due posti a tavola, mentre Peter riempiva un paio di ciotole per Rambo, scodinzolante intorno ai suoi bicipiti tatuati.

“Marine …” – disse Mads, analizzandoli a breve distanza, mentre tagliava l’insalata.

Con Will si erano ritrovati in cucina, in grembiule, a dare un aiuto, ben diverso da quello prestato a Louis.

“Sommergibilisti, Armata Russa” – precisò Vas, dando una carezza al compagno, ancora accovacciato.

Graham e Mikkelsen si sbirciarono – “Qui sono tutti accoppiati” – bisbigliò il moro, lottando con una scatoletta di mais.

“Lascia faccio io” – Mads rise affettuoso, provvedendo ad aprirla – “Sono un esperto”

“E la tua cuoca?”

“Perfetta solo per le cene di rappresentanza, mentre per il resto, davanti alla tv, il cibo spazzatura mi basta per superare la serata”

“Non ti credo” – sibilò furbo.

“Ok, beccato, ma in barca vado a tonno e lattuga tutto il tempo!”

Risero.

Complici.




“Tu che mi avevi convinto a non dirglielo, cosa cazzo decidi di fare eh??! Sei uno stronzo Vincent!”

Le urla di Styles gli stavano spaccando il cranio in mille pezzi, più di quanto non avessero fatto i colpi di Louis, mentre si dirigevano alla superstrada.

“Noi dovremmo lasciarlo in pace, almeno per un po’, tanto sappiamo dov’è con Petra e”

“TACI!! Io devo parlargli, devo spiegargli!” – obiettò livido il ricciolo.

“Cosa?! Che sei un bastardo quanto il sottoscritto!?!” – ribatté ostile l’affarista, recuperando terreno nel tenergli testa, in quella discussione inconcludente.

Erano stati semplicemente folli a diventare amanti, a tradire quell’angelo, dalle ali spezzate, ormai.




Geffen era il papà che tutti avrebbero desiderato.

Louis lo pensò, sorseggiando la seconda tazza di tisana alla menta, che Glam gli porse con educazione e senza fargli domande tanto inutili quanto dolorose.

“Petra è giù con gli altri?”

“Sì tesoro, qui è al sicuro e si stava divertendo a provare gli abiti di Isotta” – lo informò, sorridendo.

“C’è anche Jared?”

“Credo sia rimasto a Los Angeles, i gemelli andavano al campeggio, Jay voleva salutarli e poi credo pranzi insieme a Colin … A proposito, che ne pensi di una bella bistecca? Oppure preferiresti un orribile vegan burger? Ce n’è per tutti i gusti nel frigo” – e rise, adorabile, seduto sul bordo, mentre Boo se ne stava raggomitolato in un piumino, nonostante la stagione.

“Ho lo stomaco chiuso, mi basta questa”

“Ma stasera recuperi, ok? Una pizza alla Lula, ti toccherà assaggiarla per amore o per forza”

Louis annuì, gli occhi grandi e lucidi.

Glam si commosse, provando un impeto d’ira nei riguardi di Harry e Vincent, al solo pensiero di quanto avevano combinato.

“Ok Boo … Vuoi dormire, guardare la tv o …” – chiese un po’ strozzato, riponendo tazza e cucchiaio su di un vassoio, sistemato di traverso, sopra al comodino.

“Glam …”

“Sì, dimmi” – e tornò a sorridergli, anche se i suoi turchesi raccontavano una verità diversa.

“Tu non faresti mai una cosa così a Jared, vero?”

“No Louis … Non potrei mai, dopo esserci scambiati promesse come le nostre, anche se non sono un santo e tu lo sai, vero?”

“Io so che per me ci sei sempre stato e che … Che sei speciale, anche quando il mondo va a rotoli e prova a travolgerti …”
Stava di nuovo per piangere.

Geffen lo strinse a sé, accarezzandogli i capelli.

“Sì, ci prova … Senza mai riuscirci o … almeno così voglio credere.”












sabato 22 agosto 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 12

Capitolo n. 12 – nakama



Il tragitto verso Palm Springs, a Will sembrò non finire mai.

Rambo dormiva, sopra ad una coperta, sul sedile posteriore, mentre Mads guidava, concentrato sul percorso, verso la villa di Geffen.

“E la tua piccola tribù?” – esordì il più anziano.

“Ho un amico che provvede in mia assenza … Ha il negozio per animali nel palazzo di fronte al mio” – spiegò Graham, perso in mille pensieri.

“Capisco” – l’uomo sorrise, immaginandosi questo misterioso sconosciuto; mai aveva visto Will in compagnia di qualcuno di particolare.

Will, che si era svegliato di soprassalto, su quel divano, insieme al suo cane, con Mikkelsen in poltrona, crollato verso le tre del mattino, dopo averli vegliati amorevole.

“Come mai l’avvocato non l’abbiamo incontrato a Los Angeles?”

“Pare ci trascorra meno tempo possibile, da quando il figlio adottivo è riapparso miracolosamente nella sua vita piuttosto movimentata”

Graham lo fissò – “Quanto sai di questo tizio? Ho sentito voci su di lui per nulla rassicuranti”

“E’ il migliore, secondo altre voci … E poi mi affascina, è finito anche sotto ai miei ferri, sai?”

“Davvero? Ok … L’importante è che ti tiri fuori da questo guaio”

Mads lo guardò, intenso – “Ti importa davvero, Will?”




Colin preparò i gemelli per la loro partenza verso il campeggio.

Yari e Misaki si erano iscritti come volontari al campo base, dove, con Robert e Jude, li avrebbero scortati, insieme alle loro figlie, come quasi ogni anno.

Law sorrise, vedendo Farrell intento a fare raccomandazioni ai due monelli, che gli somigliavano sempre di più.

“Ciao Colin”

“Jude! Che bello vederti” – e si precipitò ad abbracciarlo, come se stesse per mettersi in salvo da chissà quale pericolo, grazie all’inglese.

“Che entusiasmo, dobbiamo vederci più spesso” – Jude rise – “… adoro le coccole!” – scherzò, andando poi a dare un buffetto a Thomas e Brian.

“A chi lo dici … La mia vita da single, anzi da ex, non mi aggrada più di tanto, anche se l’ho scelta con queste mani … e questa testa” – rivelò più serio.

“E questo cuore, Colin … Non dimenticarlo”

“Già, per il bene di Jared, ne abbiamo parlato alla nausea, tu ed io, dopo Parigi” – e si accomodarono in un salottino, ricavato in una delle torri della End House.

Da lì si poteva godere della vista quasi completa del parco antistante l’edificio.

“E’ una giornata magnifica” – sospirò Law, osservando Robert, tra i roseti, chiacchierare con il maturo Mr. Wong.

“Sì … Per gente innamorata come voi, di sicuro” – Farrell sorrise sincero.

“Anche tu lo sei, amico mio”

“Puoi dirlo forte, ma chi conta, per me, non ascolterà le tue parole”

“Non lamentarti, non devi ridurti alla malinconia … Guardati intorno”

“L’ho fatto, con Taylor, non ricordi? Pessima idea”

“Abbiamo entrambi avuto una storia con lui, Colin e siamo stati fortunati, non trovi? Ci siamo sentiti, Taylor ed io, giusto ieri: si è confidato con me, su Richard e questa nostra forma di amicizia, recuperata dopo tanto astio, a me sembra un miracolo, credimi”

“Avete fatto tutti progressi, Jude, tranne il sottoscritto!” - sbottò amaro.

“Con Jared potrebbe essere altrettanto, non forzare tempi e situazioni: io ti conosco”

“Anche lui mi conosce e sa che il mio impeto non troverà mai pace, quando si tratta di lui … E poi ne sono terribilmente geloso, più del solito, accidenti!” – ringhiò, a pugni chiusi.

Le iridi lucide.




Appena si rese conto della spiaggia, Rambo andò incontro alle onde.

Will lo rincorse, trovando di colpo il buon umore, giocando tra gli schizzi e le capriole di quell’ex randagio, molto fortunato, pensò Mikkelsen, intento ad osservarli, con un sorriso.

Un bimbo corse verso la coppia, ridendo ed invocando il nome del segugio.

“Ehi, come sai che si chiama Rambo?”

Soldino ammiccò – “E’ scritto sulla medaglietta!”

Graham scosse il capo scapigliato dal vento – “E’ vero … Ciao, io sono Will”

“Io sono Lula e questo è Vas!”

Il sovietico si avvicinò, fissando Mikkelsen.

“Buongiorno, ho un appuntamento con il signor Geffen” – precisò il medico, notando i suoi modi protettivi verso Lula.

“Sì, la sta aspettando in casa … Ehi peste, rientriamo per la colazione?”

“Con Will e Rambo, okkei!”

“Ok …” – mormorò Graham, poi Lula si rivolse a Mads – “Tu hai salvato il mio papà … Grazie!”

“Prego … Tu sei il famoso Lula quindi …”

“Io non sono famoso” – e rise, senza smettere di accarezzare Rambo, in estasi per tutte quelle attenzioni – “… tu in compenso lo sarai presto! … Forse!” – e fuggì via, inseguito dal suo nuovo amico a quattro zampe.

“Faccio strada” – brontolò Vas, incamminandosi.

Will e Mads si scrutarono, incuriositi soprattutto dall’affermazione di soldino, di per sé poco rassicurante in realtà.




Downey era rimasto solo, ad osservare un intricato cespuglio di edere e gerbere, una vera composizione, creata dal vecchio Wong.

“A lui riesce l’impossibile”

La voce di Jared lo fece voltare – “Ehi ciao … Anche tu qui”

“Sì, volevo salutare i ragazzi … Ciao Robert, come stai?”

Il suo atteggiamento era distaccato.

“Molto bene e tu? Glam?”

“Mio marito è rimasto a casa, aveva un appuntamento di lavoro” – precisò, guardandosi in giro, dopo avere sottolineato il ruolo di Geffen, nella sua vita.

Come se ce ne fosse bisogno.

Downey avrebbe voluto ridergli in faccia, per come vedeva la situazione in quel preciso momento, ma si rammaricava altresì per Glam, di sicuro destinato all’ennesima delusione, riservatagli da un Jared, nella sua forma più classica.

Infedele ed innamorato di Colin James Farrell.

“Il mio, di marito intendo, è in casa con il tuo: il tuo ex, Jay”

Leto assottigliò impercettibilmente le palpebre, le mani in tasca, le labbra schiuse, a carpire un po’ d’aria, per mantenersi calmo.

Si stavano educatamente scannando.

“Ok … Vado da Cole adesso”

“Ottima idea, salutamelo e dì a Jude che qui siamo ormai pronti ed in ritardo, come al solito” – rise, inforcando gli occhiali – “Arrivederci Jared”

Il cantante gli passò oltre, sussurrando un – “Addio Robert” – più che esaustivo.




Mikkelsen lo stava come analizzando, dopo essersi accomodato all’altro capo della scrivania di Geffen, rimasto in piedi, a riordinare dei fascicoli sul ripiano in marmo rosso, striato di bianco.

“Trovo sia incredibile, ritrovarmela davanti, sa Mr. Geffen?”

“Mi chiami Glam, se vuole”

“Io sono Mads, piacere … Raramente do del tu, comunque”

“Nessun problema: chi l’ha indirizzata a me?”

“Conoscenti … I Flannigan, ma non solo”

“Amici di mio padre, quindi, senatori, fiscalisti” – Geffen sorrise, sarcastico.

“So che lei non li frequenta più da anni”

“Infatti” – e si mise a sedere, fissandolo.

“Ho messo queste proprio lì, alla sinistra di quelle cicatrici, sa? Per rimuovere il tumore, formatosi dietro al suo muscolo cardiaco” – e fece ondeggiare le dita affusolate, davanti al volto teso.

“Per quanto le ha assicurate?”

“Venti milioni di dollari”

“Ne valgono ogni centesimo” – Glam rise – “… forse dovrei farlo con la mia lingua, la dialettica è la dote migliore io possegga”

“Pare ne avesse altre”

“Chiacchiere Mads, solo chiacchiere”

“La sua guarigione rimarrà un mistero eterno” – Mikkelsen sorrise, più rilassato.

“Non sono un demonio, come qualcuno ha scritto oppure uno zombie … Sono un uomo e padre fortunato, questo sì”

In quell’istante transitò Lula – “Hai visto Brady, papi?”

“Non ti stancherai mai di quel peluche, amore?”

Padre e figlio si guardarono, abbracciandosi un secondo dopo, in una simbiosi, che sembrava tagliare fuori il resto del mondo, ogni volta.

“Brady è il mio portafortuna! Will e Rambo sono in veranda” – disse Lula, rivolgendosi al chirurgo.

“Chi sono?” – chiese Glam.

“Sono il fidanzato ed il cane di questo signore qui!” – ed indicò Mikkelsen, avvampato come un tizzone.

“Bene, ci uniremo a loro appena avrò finito di parlare con  questo signore qui, soldino” – e lo congedò, affettuoso.




“Quando qualcuno esce dai nostri giorni, è come se nascessimo ad una nuova vita, sai?”

Il tono roco di Farrell, lo fece voltare di scatto, mentre Jared riordinava i giochi di Amely e Florelay, nella loro cameretta deserta.

“Colin … ciao”

Leto rimase fermo, come se ci fosse una barriera invisibile, tra loro.

“Tutto cambia, le abitudini, gli orari, le aspettative, costruite su quella persona, che adesso non c’è più” – proseguì l’attore, nel suo riflettere ad alta voce, senza mai smettere di guardarlo, sofferente ed assorto.

“Io … io credo che, a meno che quella persona non sia morta, tutto è recuperabile, non trovi?” – ed abbozzò un sorriso incerto e smarrito.

“Ci sono assenze anche più pesanti, seppure non definitive Jay” – ed inspirò, raccogliendo una bambola di pezza, ormai consumata dal tempo.

“Gliela comprammo a Dublino, a Flo, per il suo primo Natale con noi” – proseguì Farrell, mettendola poi in un cesto, quasi colmo.

Il leader dei Mars si accostò a lui, flebile negli sguardi e nella successiva affermazione.

“A volte mi chiedo, Cole, se abbiamo dato loro il nostro meglio”

“Almeno a loro, Jay?” – e lo scrutò, senza severità – “Perché il peggio l’abbiamo riservato a noi o sbaglio?”

“No, non sbagli” – e ricambiò lo sguardo.

Un minuto così, che apparve ad entrambi come un’eternità.

Un’eternità in assenza di loro.

Di quanto li aveva portati sino a lì, in quel preciso istante.




“Lei conosce Vincent Lux, Mads?”

Geffen lo chiese, analizzando il file di Mikkelsen, preparato da Denny, dopo avere ricevuto la richiesta di assumere la sua difesa.

“Lux? L’affarista? Vagamente, dai giornali, direi”

“Ha perduto il compagno, Kirill, uno dei”

“E’ buffo” – lo interruppe Mads – “… Kirill è stato anche fidanzato con Will ed è per questo che …” – esitò, in palese imbarazzo – “E’ per questo che Will ha perso la sua stima per me … Oltre al resto, che mai è sbocciato, ad essere sinceri”

“Lo sarò a mia volta, intendo sincero, Mads: non posso rappresentarla, né in aula ed in alcun dove, mi dispiace: lo devo a Vincent ed a me stesso, senza pregiudizio verso di lei ed il suo passato, anche se le risulterà difficile credermi sulla parola”

Mikkelsen sorrise amaro.

“Invece lo farò, sa? Forse stupendola un pochino, ma lei ed io, Glam, siamo così simili, che dopo esserci riconosciuti, ci siamo trattati vicendevolmente con rispetto ed è già molto … Me lo farò bastare.”




Lux lo fece accomodare, senza troppi convenevoli.

Boo si guardò intorno, sistemandosi sopra ad un divano, mentre il francese gli offriva da bere una tonica.

“Il tuo messaggio era … criptico, Vincent” – Louis rise, un po’ tirato.

“Non potevo scendere in particolari, mon petit”

Era così doloroso chiamarlo in quel modo, percepirlo ancora così, come mai più Tomlinson gli avrebbe permesso: non dopo quanto Lux si apprestava a confessargli.

“Quali, esattamente?”

“E’ … è una cosa che … che dovevo dirti io, non potevo permettere a nessun altro di farlo, ecco”

“Altro? A chi, scusa?” – ancora una risatina, stropicciata tra le sue labbra morbide e ben delineate.

Era abbronzato, bellissimo, nella sua t-shirt bianca, come i pantaloni, le scarpe da vela, il suo animo, di una purezza inestimabile e mai totalmente compresa ed apprezzata, neppure dall’uomo, che stava per spazzare via ogni sua certezza.

“Louis ascolta … Si tratta di Harry … e … e di me”

Il tempo si dilatò, crepitando nella gola di Lux e nell’addome di Boo.

“Abbiamo … abbiamo avuto una relazione clandestina, per mesi, ma è finita, te lo assicuro tesoro, è finita”

Il fiato gli bruciava nelle iridi, facendolo avvampare, in quelle rivelazioni assurde, al cuore di Louis.

“Non … non può essere vero Vincent, ma cosa … Cosa ti stai inventando??!”

Louis ruggì sul finale, alzandosi di scatto, lasciando cadere il bicchiere, che andò in frantumi.

Riflesso preciso di come si sentiva lui, ora.

Senza più via di scampo.