sabato 30 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 146

Capitolo n. 146 – gold



Jared aveva acceso cento candele, cento piccole cialde in altrettanti contenitori in vetro, ad ampolla, nei colori marocchini, che Colin e lui amavano.
Avevano vissuto tanti momenti felici, ma quel periodo restava in assoluto il piú incredibile, per intensitá di emozioni e scoperte.
Rosso, ocra, oro, come i drappeggi che circondavano l’alcova a baldacchino.
Era semplice, anche se quel resort traboccava di opulenza e lusso.
Jared lo preferiva, per l’ottimo cibo vegan del buffet, ma al momento voleva nutrirsi solo di Colin.
Lui era appena entrato, guardandosi intorno, piacevolmente appagato alla vista di tanti ricordi, ricreati apposta per compiacerlo.
Chiamó il nome del compagno, posando le poche cose che si era portato nella sacca da viaggio, ritrovata in fondo ad un armadio.
Si sentiva un viaggiatore in cerca d’amore, come succedeva da quando lui e Jared si erano messi insieme.
Salivano su aerei, con destinazioni sempre diverse ed a volte assurde, troppo distanti dai rispettivi set o sedi di concerto, nulla riusciva a fermarli, né le urla di Claudine, tanto meno quelle di Shannon, loro si ribellavano ad ogni costrizione, pur di viversi.
Jared lo cinse da dietro, incrociando le braccia sul suo petto.
“Amore…” – sussurró Colin, assaporando il profumo della sua pelle, che scoprí nuda un secondo dopo.
“Hai sete Cole?” – chiese baciandolo tra il collo e la spalla.
“Di te… ma… avrei bisogno anche di una doccia…”
“Un bagno vorrai dire, mio signore…” – sorrise.
Quello che sembrava un gioco, era invece un rito, per loro.
L’unguento che Jared aveva usato per rendere il proprio sembiante liscio e luminescente, nel bagliore tremolante di quelle fiammelle, sapeva di mirra e riso gradevole ed eccitante.
Colin lo respiró a fondo, baciandolo con una sottile irruenza.
Sentiva la propria erezione ribellarsi sotto la tela dei Levis avorio, i capezzoli inturgidirsi e scontrarsi con la stoffa della casacca in lino chiaro, che Jared sfiló, sostituendo quel contatto con la propria bocca, succhiando intenso e deciso.
Colin piegó la testa all’indietro – “Cazzo… verró subito cosí Jay… pietá…” – rise incantevole.
Jared gli leccó le labbra, fissandolo ed ansimando, caricando di promesse ogni suo sguardo per Colin, che era giá in completa estasi.
Lo prese in braccio, era leggero e sinuoso, un corpo magnifico quello di Jared, almeno quanto quello di Colin, che si tuffó tra i vapori e le acque tiepide di una piccola piscina.
Jared si ancoró con le cosce a lui, che prese il proprio sesso, strofinandolo forsennatamente contro la fessura del compagno, che gemette impaziente.
Farrell si bloccó, stritolandogli quasi il viso e poi le costole, nel stringerlo a sé – “Se è un sogno, non svegliarmi piú… Jay sei tutto ció a cui tengo, con i figli che mi hai dato e quelli che hai cresciuto con totale devozione, sei il mio sposo, il mio amante e l’amico migliore… tu sei la mia vita, non dimenticarlo mai.” – e lo bació nuovamente, penetrandolo, sino in fondo alla sua anima, che scalpitó, per poi accoglierlo a pieno.
Jared deglutí, piangendo e pregandolo di non smettere – “Sono tuo Colin… è vero…è vero…”
Colin lo fece emergere, uscendo veloce da Jared, mettendolo seduto sul bordo, per gettarsi sul membro eretto e pronto ad essere inghiottito e pompato allo spasimo da lui, che non aspettava altro.
Jared gli afferró i capelli, premendo per la nuca ed acuendo gli affondi di Colin.
“Vieni… vienimi in faccia…segnami Jay… segnami di te dappertutto…”
Jared lo fece, masturbandosi ed urlando.
Colin si immerse completamente ed un attimo dopo era giá impegnato a spingerlo contro alla parete piastrellata, in una sequenza che Jared non riuscí a seguire, talmente preso a recuperare un minimo di luciditá.
Lo prese da dietro, avendo cura che Jared non si facesse male al volto contro a quel muro dove la condensa del calore, si mescolava a quella dei loro respiri.
“Sentimi… sono… sono dentro di te…Jay… Jayyy!” – era al limite e non si frenó oltre.
Jared si sentí colmare e purificare dallo sperma di Colin, che stava spargendo baci ovunque potesse arrivare.

Peter e Tomo fecero stendere Chris, mentre Brandon cercava nella valigetta lo stetoscopio ed il misuratore di pressione.
Il giovane cantante era in preda ad un’agitazione crescente, sudava e tremava, in un delirio di frasi via via piú sconnesse.
Tomo era spaventato, ma si impose di non perdere il controllo e di aiutarlo.
Robert corse al piano superiore, seguito da Jude.
Vedendo Downey, Chris si protese verso di lui, che si premuró di stringerlo, provando a calmarlo.
“Rob… Rob mi hanno fatto male…”
“Lo so piccolo… lo so…”
A quel punto gridó cosí forte, che Cody pregó Jude di chiudere la porta – “Spero che Kevin non abbia sentito!” – esclamó, preparando una siringa.
“Tomo prendi delle salviette, usa dell’acqua gelida!”
Lui le procuró in pochi secondi, tamponando Chris come gli stava indicando il medico, che con l’aiuto di Downey gli iniettó un calmante.
“Ok… ok, adesso ha rivissuto il trauma e si è sfogato al meglio… Ora deve dormire. Avanti Chris, è passata, quella notte l’hai chiusa in un cassetto, sei stato bravissimo…” – e dicendolo gli accarezzava la fronte, mentre Rob faceva altrettanto con le braccia.
La respirazione si stabilizzó finalmente.
Jude era immobile in un angolo, turbato ed inquieto.
Tomo riprese posto accanto a Chris, ringraziando i presenti per essersi prodigati per lui.
Vassily, presagendo la crisi del ragazzo, fece allontanare i bambini nel punto piú distante del parco, intrattenendoli con Kurt, oltre a Glam e Kevin, che avevano bisogno d’aria, dopo il colloquio con i poliziotti.
Meliti era rimasto nel salone con Shannon ed Owen, aspettando pazienti che qualcuno li aggiornasse.
Lo fece Peter, alcuni minuti dopo: Chris si era addormentato pesantemente, ma cuore e pulsazioni erano regolari.

Jude e Rob tornarono a casa, dopo avere salutato quella che consideravano ormai la loro famiglia allargata.
Lillybeth dormiva sul sedile posteriore, Downey guidava e Law era silenzioso.
“Tutto bene cucciolo?”
“Sí Rob… ma sono a pezzi.”
“Mi dispiace…Spero che…”
“Cosa…?”
“Spero che non ti dia fastidio il comportamento che tengo con Chris, ma è come un figlio per me.”
“Ma…ma non è tuo figlio…” – disse con tono riflessivo, come se stesse parlando a sé stesso e non a Rob, che si asciugó due lacrime dispettose – “Hai ragione Judsie, è proprio il figlio di nessuno, com’ero io e forse anche tu…Quelli come noi vengono forzatamente emarginati e tentano invano di riscattarsi, dimostrando al mondo di essere normali, all’altezza di aspettative ipocrite, fino ad arrivare a rinnegare sentimenti, sessualitá, diventando anche padri, pure di uscire da quel circolo vizioso di sospetti e voci, che sembrano infangare ogni nostro gesto, anche il piú legittimo. Figli di nessuno, appunto.”
Jude si irrigidí, inspirando forte – “È … è una predica?”
“No Jude, è la veritá. Se sbaglio, peró, dimmelo pure.” – replicó pacato ed assorto.
“Io… io non voglio fare scenate davanti alla bambina…” – singhiozzó piano, prendendosi il volto con i palmi tremanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, piegato in avanti, come se stesse per crollare.
Rob fermó l’auto, disfacendo quell’assurda posizione, per baciarlo e toccarlo ovunque.
“Ti amo… ti amo, non dubitare di questo, MAI!” – gli disse convulsamente, mentre Jude ritrovava un minimo sorriso, per poi sprofondare nel suo petto rassicurante.

I fianchi di Jared si spingevano in Colin da un tempo che si era dilatato, come ogni cosa in loro, che non riuscivano piú a distinguere lo scorrere dei minuti e delle ore, diventata cosa di scarsa importanza ed alcun rilievo apparente.
Languivano ad ogni gesto reciproco, alzandosi a quella quota di un cielo libero, dove nessuno poteva raggiungerli, non in momenti come quelli.
Jared aveva provato una forte angoscia, nell’attendere l’arrivo di Colin, ripensando a Glam, ai suoi rimproveri, per avere perdonato il suo uomo, per essere tornato nel suo letto, per avergli permesso di riprenderselo, come se nulla fosse cambiato.
Eppure tante cose avrebbero mutato le loro esistenze, una su tutte Isotta, ma anche Syria.
Jared provó ad auto convincersi che era venuto il momento di dire la veritá a Colin, il motivo per cui tornava ad Haiti, rinnegando ció che sentiva per Geffen, come se non centrasse anche lui in quei continui rientri sull’isola, ma quando lo vide, sereno, gioioso e pervaso di aspettative, la buona intenzione svaní.
Sentirlo nel fondo delle viscere, che avvolgevano il suo sesso, averlo, dominarlo ed arrendersi a lui, era questo che adesso prevaleva in Jared, che non riusciva piú a staccarsi da un bacio, al quale consegnó l’esaltazione del suo orgasmo, accompagnando anche quello di Colin, tra le sue mani capaci, che mai lo avevano abbandonato.
Scivolarono, avvolti in un copriletto di seta pesante, sul parquet in ebano: madidi di sudore, provarono a riprendere fiato, ma non riuscivano a smettere di sfiorarsi, inginocchiati, uniti, aderendo l’uno all’altro, le dita che si intrecciavano ai capelli ed alle nuche, divorandosi ed estraniandosi da ogni presente, che era troppo poco per contenere il loro infinito amore .



venerdì 29 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 145

Capitolo n. 145 – gold



Brown stava armeggiando con il proprio computer per scaricare qualche file, inerente Glam Geffen.
La collega, di grado inferiore, non aveva le credenziali necessarie per accedervi.
“Accesso negato… mmm proviamo con l’altra password… negato anche qui… Che cazzo! Livello otto?!”
Il capo della polizia arrivava al sette.

L’agente Costa arrivó negli uffici di Los Angeles direttamente da San Francisco, dove era stato destinato da un paio di anni.
Ascoltó con attenzione i fatti da Brown, che gli spiegó come i due dipartimenti avessero incrociato le informazioni e rilevato la corrispondenza dei dna dei due “… disgraziati appesi come dei maiali, a testa in giú… Capisce, un’esecuzione di stampo mafioso, temo.”
Costa sorrise – “O di una gang. Erano spacciatori, in un giro di prostituzione anche maschile, quindi non escluderei nessuno.”
“Ma qui stiamo parlando di Antonio Meliti e di questo dannato Geffen!”
“Il … dannato Geffen gode di immunitá, ha aiutato il nostro ufficio e gli Stati Uniti d’America ad ingabbiare il peggiore dei Meliti e non è Antonio.”
Brown sbuffó – “Comunque era il suo… ragazzo, quello violentato, come si chiama… Kevin, sí Kevin, mentre l’altro non è collegato a Geffen, penso.”
“Guardi che Glam Geffen è molto stimato per il suo operato ad Haiti, le sue relazioni personali sono private e posso dirle che si è tolto tutte le soddisfazioni possibili.” – rise divertito in modo simpatico.
“Lo vedo, tre mogli, sei figli… un nipote… ha adottato anche un altro figlio?”
“Sí con il suo ragazzo, come lo chiama lei Brown.”
“Fatti suoi, ma io non dico che sia l’esecutore materiale, ma il mandante. Con l’appoggio di Meliti.”
Costa si alzó, riprendendo i suoi dossier.
“Lasci perdere Brown, quei due non li piangerá nessuno.”
“Un omicidio resta un omicidio ed è un crimine gravissimo e va perseguito e punito chi ne è responsabile!” – protestó.
“Anche stuprare, pestare ed accoltellare due ragazzi innocenti, per il puro gusto di farlo, drogati fino al midollo come sono risultati quei due bastardi è un vero delitto. Ed è stato punito.”

Meliti ascoltava divertito i racconti dei bambini, dopo un pranzo abbondante.
Kevin era tranquillo in sua presenza, Chris persino riconoscente, una volta che aveva letto sul giornale che avevano trovato i responsabili, ma non riveló niente agli altri.
I reporter non li avevano collegati ai fatti di New York
ovviamente, Brown era il solo a saperlo, insieme al suo braccio destro ed avevano mantenuto il massimo riserbo.
Si diressero alla End House, per informarli di questa svolta nelle indagini e tastare il terreno.
Erano tutti presenti.
Tutti tranne Jared, che preferí non raggiungere Colin a Los Angeles, per rispetto a Kevin ed evitare di rivedere Glam, per non deludere nessuno e provocare inutili sofferenze.
I due detective si guardarono intorno, una volta ricevuti da miss Wong, che li fece passare nel salone, dove era stato appena portato il caffè.
Furono accolti con una certa circospezione.
Colin diede loro il benvenuto. “Accomodatevi, ne volete una tazza anche voi?” – chiese gentile.
Loro annuirono.
Brown si rivolse subito a Geffen.
“Dovrei darvi delle comunicazioni delicate.”
Glam cercó lo sguardo di Kevin e poi di Chris, che strinse la mano a Tomo, seduto accanto a lui sul divano.
Meliti restó sprofondato in poltrona, mentre Jude e Robert in piedi davanti al caminetto spento, Brandon alla finestra e Kurt sul seggiolino del pianoforte, dove Jared suonava sempre a Natale.
Shannon ed Owen rimasero a tavola.
I bimbi furono accompagnati in giardino.
“Parli pure, non ci sono segreti tra noi.”
“D’accordo, come vuole.”
Snoccioló la sequenza di foto e dati anagrafici.
“Eccoli qui. Diciamo che qualcuno è arrivato prima di noi.”
Geffen scrolló le spalle, scolando poi il suo secondo whisky – “Chiunque sia, datemi il suo nome e lo copriró d’oro.”
Brown scosse la testa, grattandosi poi i capelli radi.
“Lei è veramente un… fenomeno.”
“Prego?”
“Si sente intoccabile, ma non è cosí signor Geffen.”
“Mi ricordo di essere anche un avvocato. Se ha qualcosa mi arresti, diversamente la ringrazio per averci aggiornato e… arrivederci.” – sorrise, da canaglia, come era abituato a fare in tribunale.
Brandon scostó i tendaggi, scrutando fuori: “Colin ci sono Vassily e Peter…” – intervenne sorridendo.
“Cosa? Vassily e Peter?!”
Erano davvero loro.
Entrarono posando gli zaini mimetici, come il tessuto delle loro divise.
Meliti sogghignó – “Mi mancavano i due armadi di casa!”
Brown ed il suo socio si girarono, sentendo i loro passi pesanti.
Colin voló tra le loro braccia.
Erano sempre uguali.
Strinsero o meglio stritolarono le mani a tutti, compresi i due funzionari.
“Dov’è Jared?” – chiese Vassily.
“Ad Haiti…” – rispose Colin con aria smarrita, alla quale il russo non diede peso.
“I signori chi sono?” – proseguí avvicinandosi e vedendo le istantanee rimaste su di uno scrittoio.
“Ragazzi è successa una cosa, ve la spiego se venite di là un attimo…” – mormoró Colin.
Kevin si alzó di scatto – “Quei due hanno stuprato me e Chris.” – disse in un unico respiro.
“Cosa…?” – sussurró Peter.
“Chris?...”
Kevin si morse il labbro – “È lui… è il cantante del mio gruppo… perdonami Chris io…”
“Stai tranquillo Kevin, è la veritá…”
“Vassily e Peter sono parte della nostra famiglia…” – sembró giustificarsi, ma Chris lo abbracció, per rassicurarlo.
Vassily si rivolse a Brown – “Voi avete provveduto, vedo. Ottimo lavoro.”
“Co… cosa? Ma chi diavolo siete?? Cosa cazzo state dicendo?!”
“Ufficiali della marina sovietica. Imbarcati su di un sommergibile nucleare, ma non mi chieda altro, la nostra unitá sorveglia e protegge…” – sorrise, indicando il distintivo di Brown.
“Fantastico! Ma… ma cosa siete…? Voi cosa siete? Un clan, una setta? Tutti quei bambini… cos’è questo posto?!”
Brandon si fece avanti – “Io sono il dottor Cody, psicologo e psichiatra, lei credo sia sull’orlo di una crisi di nervi.” – ironizzó, mentre gli altri li stavano fissando.
“Senta detective Brown, alcuni di noi sono piuttosto famosi e questa è la mia casa, mia e di Jared Leto, che è il mio compagno e padre dei nostri cinque figli.” – disse alterandosi Colin.
“Signor Farrell so chi è lei e chi è il signor Downey Junior, il signor Law, ci vado al cinema ed ascolto anche la musica, forse non quella del signor Leto, ma non sono rincoglionito del tutto, non ancora almeno!” – sbottó.
“Allora abbia rispetto della nostra famiglia.” – sentenzió Meliti, sollevandosi – “E per le sue accuse, che non esprime con chiarezza, servono prove. Quei due erano dei fottuti bastardi, avevano rubato una partita di droga a New York, a quelli di Mendes, uno dei trafficanti piú in vista della cittá da almeno cinque anni. Si parla di quattro milioni di dollari, se tagliata bene, anche se l’eroina e la cocaina non sono piú di moda, hanno ancora un ottimo mercato in sud America. Euforici per l’ottima riuscita del colpo, anziché tornarsene di corsa a Los Angeles, si sono infognati in quel club, dopo avere provato un po’ di quella roba. Il resto lo sappiamo.”
“E a lei chi ha detto queste cose Meliti?”
“Un uccellino… Avete mai visto Mendes incazzato? Credo di no, ma cosa importa? Senza contare tutti i piedi che hanno pestato nei paraggi di Sunset Boulevard… Secondo me, si davano gli spintoni quelli che volevano farli fuori. Avete l’imbarazzo della scelta.”
Brown prese una sedia e vi crolló sopra.
“A me… a me dispiace che siano morti… avrei voluto chiedergli il motivo, ma se erano in quello stato…Io non ricordo… non…”
“Kevin…” – Glam si precipitó da lui, abbracciandolo e riportandolo a sedere.
Chris aveva gli occhi persi nel vuoto da diversi minuti.
“Io li ho visti… ho visto e… e sentito tutto...”
Brandon gli prese dell’acqua – “Chris non me lo avevi detto.”
“No… Hanno tramortito Kevin, era svenuto, lo stesso pensavano di me, ma non era cosí…C’era della droga nei nostri drink, ce li avevano offerti nel locale ed io mi sentivo inerme, paralizzato…Non completamente… è stato orribile, perché assistevo a quello che stavano facendo a me, attraverso ció che stava subendo lui… Era come un incubo troppo reale. Quando si sono resi conto che ero cosciente, mi hanno dato quella coltellata, ma della gente che stava arrivando li ha messi in fuga. È l’ultima cosa di cui mi sono reso conto.”
Due lacrime rigarono il suo viso bellissimo.
Si accasció sul petto di Tomo, seguendolo poi in camera con l’aiuto di Peter, che sosteneva entrambi.
Vassily disse qualcosa in russo, direttamente a Brown.
“Io non parlo…”
“Ha detto se non le sembra il caso di lasciare in pace questi due ragazzi, dopo tutto quello che hanno passato.” – si intromise Rice, che parlava correttamente sei lingue.
Simon chiese permesso e bisbiglió qualcosa a Colin.
“Adesso…?”
“Sí Colin… andiamo?”
“Prendo il passaporto, vengo subito. Chiedo scusa, ma devo andare. Vi telefono stasera.”
Salutó i piccoli e salí sul suv, insieme al body guard sorridente, per la loro destinazione.



giovedì 28 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 144

Capitolo n. 144 – gold



“I capelli ti stanno crescendo…”
Colin lo disse sorridendo, sfiorando lo schermo del suo portatile, chiuso nella propria camera.
“Grazie…”
“Per cosa Jay?”
“Per la carezza… l’ho sentita.” – anche Jared sorrise, al di lá dell’oceano.
Una lacrima precipitó dai suoi occhi.
“Jay…”
“Mi manchi Cole…”
“Allora incontriamoci.” – disse lui, sentendo fremere qualcosa in fondo allo stomaco.
Aveva iniziato a pensare che Jared ce l’avesse ancora con lui per la violenza subita, desiderando quindi mantenere le distanze, rifugiandosi ad Haiti.
“Va bene, ma devo finire alcune cose qui, sto aiutando Sebastian con le vaccinazioni, ancora per un paio di giorni almeno.”
“Non c’è nessun altro che possa farlo al posto tuo tesoro?”
“Veramente i due volontari che di solito se ne occupano sono volati a Los Angeles per accompagnare Lula.”
“Ah capisco… Ok Jared, non ci sono altre motivazioni, sei sicuro?” – domandó dolcemente.
Jared aggrottó la fronte, pensando ovviamente a Syria, ma nessuno di chi lo sapeva lo avrebbe “tradito”, a meno di qualche gaffe.
“Ok, ti dico ció che penso.” – proseguí Colin – “Sei arrabbiato con me? Per quello che…” – “No! No amore… assolutamente.” – replicó pronto e con un bel viso radioso, che rassicuró Farrell.
“Ti amo da morire Jay…”
“Anch’io Cole e non vedo l’ora di ritrovarti, in tutti i modi possibili… ed impossibili.”

Lula correva entusiasta per il parco della End House con i suoi cuginetti e Geffen, che non lo perdeva mai di vista.
Per comoditá avevano accettato l’ospitalitá di Colin, anche per favorire le sedute di Kevin con il dottor Cody.
Il ragazzo aveva difficoltá nel ritrovare una pace interiore ed un equilibrio con il compagno, che aveva cura di lui in tutti i sensi, senza chiedere nulla.
L’ultima cosa a cui pensava Glam era il sesso, a meno che Kevin non ne sentisse la necessitá, ma solo a suo esclusivo favore.
Geffen avrebbe rispettato i suoi tempi ed accettato qualsiasi decisione da parte di Kevin.

Trascorse un’altra settimana, fatta di progressi solo per Chris.
Kevin alternava momenti di serenitá a profonde crisi, fatte di silenzi e pianti.
Brandon fece una seduta di psicoterapia, nella biblioteca adibita ai suoi incontri con Kevin.
“Mi puoi visitare oggi?” – chiese, dopo un mutismo perpetrato per almeno venti minuti.
“Certo, prendo la valigetta.”
Kevin si tolse la maglietta, per consentire a Brandon di controllare la fasciatura intorno alle costole: “Direi che qui siamo a posto… Proviamo la pressione.” – sorrise.
Lui era tenero e comprensivo, aveva pazienza e metodo.
“Le funzioni sono regolari Kevin?” – chiese, premendo lieve sul suo addome, perfettamente rilassato.
“Sí… tutto ok, a parte il sesso…Cioè Glam non mi fa mancare niente, ma io non riesco ancora a…”
“Sono certo che lui non ha pretese, vero?”
“Hai ragione… Ho superato il dolore fisico…é… era l’unico dettaglio che mi faceva capire ció che mi hanno fatto…”
Brandon si rimise seduto in poltrona: “Temi di provare lo stesso malessere facendo l’amore con Glam e rivivere lo stupro?”
Era un quesito preciso ed arrivó come un treno in corsa, dritto al cuore di Kevin, che si irrigidí, annuendo tremando.
“Posso assicurarti che non è cosí Kevin.” – disse deciso Cody, fissandolo.
Kevin si mise in posizione eretta, raccogliendo le gambe, chiudendosi a riccio ed abbassando lo sguardo lucido.
“Non sará un disagio diverso da quello che sentivi quando avevi rapporti incondizionati con il tuo uomo, quando eravate in armonia, devi prendere atto di questo, solo di questo Kevin.” – il suo tono divenne nuovamente paterno.
“Ti fidi di Glam?”
“Sí… lui è tutto per me… è anche troppo, forse…”
“Troppo?”
“Temo di avere fatto uno sbaglio, destinandolo ad occupare tutti gli spazi importanti ed essenziali nella mia vita…”
“Accade quando si ama una persona totalmente e non è uno sbaglio, anzi, è l’opportunitá migliore che possa presentarsi ad un essere umano, che si affida ad un altro, capace di farlo sentire tanto speciale ed unico. Credo che Glam con te ci sia riuscito ed il tuo è stato un magnifico gesto d’amore Kevin.”
“Come vorrei che fosse cosí anche adesso Brandon…” – disse assorto.
“Rendilo possibile. Non esistono altri sistemi.”
“Vorresti dire che tutto dipende da me?” – chiese.
“La risposta è giá scritta nei tuoi occhi: io la leggo benissimo e tu Kevin?”

Robert chiuse il bagaglio di Chris, mentre Jude stava controllando i biglietti per la California.
“Ecco fatto! Pronti, ma dov’è Tomo?”
“È andato a prenotare il taxi…” – rispose il ragazzo, che stava armeggiando con la zip del suo giubbotto.
Downey gliela chiuse ridendo – “Sono proprio imbranato… Grazie Rob…”
“Penso tu sia emozionato per il ritorno, dai andiamo.”

“Ci mancava soltanto che lo prendesse per la manina e lo accompagnasse in bagno… a no per quello c’è sempre Tomo!”
Colin si stava rotolando dal ridere sopra al letto di quella che era diventata la loro camera segreta alla End House.
Jude era in preda ad uno sfogo di gelosia, allungato al suo fianco.
“Ok, ok, sono un cretino… un coglione… dimmi che lo stai pensando!?”
Farrell si mise a pancia in giú, appoggiandosi ai gomiti – “Mmmm un pochino uk buddy… ahahhaha”
“Lo so che a Chris è successa una cosa tremenda e che Rob si identifica in lui...”
Colin divenne serio, come Jude a quel punto.
“A te non succede…?”
“No… io ho voluto cancellare tutto Colin…”
“Per Chris e Kevin sará un cammino complesso…”
“Ci sono persone fantastiche che li stanno aiutando, ce la faranno…”
“Robert è come un padre per Chris, lui è stato rinnegato, me lo ha raccontato Glam.”
“Conosco la storia, Chris ci ha spiegato la sua… famiglia… Mi ha fatto molta tenerezza…”
“È la stessa che sente Robert, non ci sono secondi fini…”
“Ne sono convinto…” – sorrise.
“Scendiamo Jude? Robert sará arrivato con Lillybeth.”
“Sí andiamo… E Jared? Notizie?”
“Ci vediamo a breve, ma non so dove, come… ma sono felice!”
“Ed io lo sono per voi irish buddy.”
Si abbracciarono.

Tomo aiutó Chris a farsi una doccia.
Gli lavava la schiena con calma, ma il cantante dei Red Close era impaziente e lo provocava di continuo, facendolo impazzire.
Si voltó, avvinghiandosi a lui – “Ricordati la tua promessa…” – ed inizió a baciarlo con intensitá.
Il croato si sentí percorrere la schiena da mille brividi.
Prese in braccio Chris, portandolo direttamente sul letto – “Prendimi… Tomo… ti voglio dentro…”
Lui esitó, ma poi fu cosí semplice scivolare in lui, che gli si donava con gioia.
“Dio…amore… amore…” – Tomo ansimava ad ogni affondo profondo, ma controllato.
“Lasciati andare… voglio sentirti di piú… di piú…” – gemette Chris, attirandolo a sé per succhiargli la lingua.
I fianchi di Tomo persero ogni freno inibitore, anche contro la sua volontá, invadendo e godendo di Chris senza rimandare oltre un orgasmo appagante per entrambi.




mercoledì 27 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 143

Capitolo n. 143 – gold



Owen distribuí dei baci profondi sulla schiena di Shannon.
Avevano il pomeriggio tutto per loro, Josh era ai campi estivi con Yari e Steven, mentre la galleria era chiusa per un restauro e gli impegni del Leto maggiore davvero esigui nell’ultimo periodo.
Shan ebbe un brivido, che lo fece ansimare, precipitando il viso nel cuscino, cercando il sesso di Owen, con la mano sinistra, dietro ai propri fianchi.
“Dove sei amore…?”
“Qui… vicino a te Shan…dentro di te…tra un attimo, devo… devo prepararti.” – replicó succhiandogli la nuca, mentre le sue dita frugavano tra le sue gambe muscolose.
Il gel che stava usando era profumato delicatamente, come i tessuti damascati, che vestivano il letto di Rice, come l’aria intorno, grazie ad un impianto climatizzato molto particolare.
Erano solo dettagli, ma tutto sembrava perfetto in quella casa, mentre il mondo lá fuori era immerso in una lunga notte, che sembrava non volere finire, nonostante i raggi del sole accarezzassero i sembianti stanchi di coloro i quali stavano scendendo dal jet privato di Meliti.
Antonio si era assicurato che le indagini su chi aveva aggredito Kevin ed i suoi compagni, non si fermassero mai, anche se i risultati tardavano ad arrivare.
Si impose mentalmente si dare un vantaggio di una settimana a quelli della polizia di New York ed il termine era scaduto.
I suoi contatti a Los Angeles furono assai piú efficienti.
Una volta arrivati alla End House, per restare lí solo per la cena, a Geffen arrivó una telefonata.
Fissó il nome sul display, respiró forte e poi rispose.
“Sí, dimmi…”
“Li abbiamo trovati.”
Strizzó le palpebre, poi parló – “Vengo subito. Grazie.”
Chiese scusa ai presenti e le chiavi della Ferrari a Colin – “Ci faccio solo un giro…”
“Dove stai andando Glam?” – gli domandó in ansia, come se avesse un presentimento.
Kevin coccolava il suo gatto certosino Igor e quelli che anni prima avevano regalato a Jared per un Natale indimenticabile.
Geffen lo guardó – “Non posso fermarmi adesso. Non posso Colin, ma torneró presto.”
Si avvicinó poi a Kevin, che sembrava assorto e distante – “Piccolo io faccio una commissione e poi arrivo per mangiare con gli altri, ok?...” – gli disse dolcemente.
Kevin annuí, dandogli poi un lungo bacio.
Glam lo sollevó, cullandolo tra le sue braccia avvolgenti e solide – “Ti amo cucciolo mio adorato…”
“Anch’io daddy… stai attento… dovunque tu vada…Ti amo tanto…” – e lo bació di nuovo.
Colin sorrise, pensando che tra loro fosse tornata la pace e l’intesa.
Pregó che fosse cosí.

Robert stava facendo una partita a poker con Chris, le carte appoggiate al tavolino dove il ragazzo aveva mangiato una pizza, insieme a lui, che gliela aveva portata di nascosto.
“Stai molto meglio oggi.” – disse con gioia.
“Sí Rob… merito del sangue nuovo…e di certe flebo… Anche i biscotti che mi portano le infermiere da parte dei fans non sono male ahhahah…”
Sembrava rinato, ma se si alzava gli girava ancora la testa.
Tomo lo accompagnava in bagno, resistendo alle provocazioni del giovane, che voleva fare l’amore con lui.
“Ti prometto, anzi no ti giuro, che succederá appena saremo in California, ok?” – ribatté Tomo ridendo, mentre Chris giocava con la sua lampo.
“Ma io sto bene… se solo il pavimento tornasse sotto ai miei piedi…”
“Ok, andiamo a sederci… anzi, a stenderci…”
“Sí, sí, sono d’accordo!”
“Chris daiii ahahahah Dio ti amo…”
Si baciarono finché non arrivó Downey, dando un simbolico cambio a Tomo, che tornó in albergo per una doccia fredda
“Magari mi farebbe bene se lui ed io…” – e fece un broncio irresistibile.
Robert fece una smorfia maliziosa – “Mmm sí, stai davvero meglio, ma non affrettare i tempi, siete giovani, avete tutta la vita per fare l’amore, poi il sesso, poi di nuovo l’amore…”
“Tu e Jude lo fate tutti i giorni?” – domandó con una curiositá acerba.
“Quasi… diciamo che succede quando ci vediamo, tra un impegno e l’altro. In pratica sí.”
“Wow… fico!”
“Oddio ahahahah… ah ecco il mio tesoro biondo…” – mormoró, vedendolo in fondo al corridoio.
Chris si sporse – “È bellissimo… e molto geloso di te, ma lo capisco. Sei l’uomo ideale Rob…” – lo affermó con convinzione, ma poi arrossí.
“Grazie Chris… non sono sempre stato … ideale, credimi.”
“Ció che conta è come sei ora, anche per merito di Jude… penso.”
“Sí, lui ha dei meriti incredibili… Ciao Judsie, guarda il nostro paziente, sta quasi alla grande.” – disse, per poi baciarlo.
“Ciao Rob, ehi Chris, tutto bene?” – e lo salutó scompigliandogli i capelli.
“Buongiorno Jude, sí, a posto… ho spennato il tuo uomo!” – esclamó ridendo.
“Hai fatto bene. Ti ho portato delle riviste ed il tablet che mi avevi chiesto.”
“Grazie, voglio mandare un messaggio ai miei sostenitori su Twitter…”

Syria stava camminando a piedi nudi sulla battigia, a fianco di Jared, che le scattava delle istantanee di tanto in tanto.
“Le faremo vedere alla nostra bimba…” – disse con un sorriso sincero.
“Sí, vedrá quanto sono ingrassata!” – sbuffó, per poi arridere a quel bel tramonto.
“A proposito, ho prenotato al ristorante dove fanno il pesce alla piastra, come piace a te e… a Glam…”
Sospiró, inforcando gli occhiali scuri.
“Ti manca tanto, vero?”
“Sí Syria… Cado sempre nella confusione piú totale quando torno sull’isola…”
“È come un incantesimo, forse…” – ribatté la ragazza, scrollando le spalle.
Anche a lei Geffen mancava molto: gli scriveva tutti i giorni, via sms ed email.
Lui la riscontrava appena poteva, ringraziandola per tutte le sue attenzioni a distanza.

“Noi non ci dovremo sporcare le mani.”
La voce di Antonio Meliti sembrava persino diversa.
Era la cattiveria ritrovata, la voglia di fare male a qualcuno che aveva osato toccare qualcuno che lui amava.
Un tempo la cosa sarebbe rientrata in un discorso di zone da controllare, per le tangenti o per qualche appalto su cui mettere le mani, prima delle famiglie rivali.
In fondo lui non si era mai macchiato di omicidi o violenze, come il fratello, che Geffen mandó in galera nel passato.
In ogni caso era sempre stato al corrente di cosa accadesse nel suo ambiente, senza opporsi.
Il figlio maggiore era stato sacrificato, per punirlo e minacciarlo, ma lui era passato sopra a chi lo aveva portato via la persona migliore e piú distante da quell’universo oscuro.
Adesso era pronto a fare pentire nuovamente qualcuno delle proprie azioni sconsiderate.

Geffen abbassó il finestrino della limousine.
Con Meliti era seduto comodamente sui sedili posteriori, a debita distanza da un sotto passo, grigio e squallido.
Antonio strinse il pomello del bastone di ebano, la sua bocca era come una smorfia di dolore e disprezzo.
“Eccoli lí. Quello a destra é… Lui ha fatto del male al nostro Kevin. L’altro a Chris. Li hanno fatti parlare, prima… Ok, possiamo andare.” – decretó, bussando al vetro, che li separava dall’autista.

Il detective Brown con la sua squadra li trovó appesi per i piedi, seviziati e finiti con un taglio netto alla gola.
Un agente si avvicinó a lui, trattenendo il senso di vomito a stento – “Li hanno torturati a quanto pare… chi diavolo sono questi due disgraziati?”
“Semmai chi erano… Chiunque fossero, devono avere fatto incazzare davvero qualcuno, che non ha avuto nessuna pietá. Davvero nessuna pietá…”

Glam e Kevin si trattennero per la notte a casa di Colin, che non aveva il coraggio di fare domande a Geffen, limitandosi a studiarne le espressioni a tavola, in un misto di sollievo ed ansia, a fasi alternate.
Kevin si fece una doccia insieme al proprio uomo, che non aveva mai spesso di ricoprirlo di attenzioni, sia di fronte agli amici, che nella loro intimitá.
“Ho le gambe indolenzite daddy…”
“Ti faccio subito un massaggio…” gli sussurró, baciandolo nel collo lievemente, ma con sensualitá, tanto da fare gemere Kevin, che si appese a lui, succhiandone i capezzoli, come a cercare nuova energia vitale.
Glam lo masturbó con intensitá, fino a farlo venire nella propria gola.
“Tu… tu mi fai stare cosí bene daddy… ed io ti ho trattato male… mi dispiace…”
Inizió a piangere, ma Glam voleva solo vederlo sereno – “No, non pensarci… Tu meriti il meglio dalla vita ed io faró il possibile per farti tornare ad essere felice, te lo prometto anima mia.”



KEVIN

GOLD - Capitolo n. 142

Capitolo n. 142 – gold



Lula stava correndo avanti ed indietro nella sua stanza, per preparare il trolley.
“Vado dai miei papá!! Yeahhhh!!!”
Era adorabile, tra saltelli, sorrisi e faccine carichi di gioia.
Jared lo guardava commosso, insieme a Pamela.
Lei aveva pensato bene di invitarlo a dormire da loro, nel piccolo alloggio di Glam, per aiutare il bimbo a prepararsi.
“Grazie per avermi ospitato Pam…”
“Figurati, guarda come è felice il cucciolo del maldido Geffen!” - e rise solare.
A Jared si stringeva il cuore, soprattutto perché non poteva aggregarsi a quel viaggio, nonostante le insistenze del piccolo: “Dai zio Jared vieni con me!!”
“No tesoro non posso…”
“Ma… ma ci sará zio Colin! Io vado anche da lui!?”
“Sí, penso di sí Lula… salutamelo…e dagli un bel bacio da parte mia…” – disse emozionato, prima di uscire in terrazza a piangere senza freni.

Tomo sollevó la testa di Chris, per la nuca, con delicatezza, aiutandolo a bere il succo di frutta.
Il giovane cantante dei Red Close, si riappoggió al cuscino sorridendo, per poi ricevere un lungo bacio dal chitarrista croato.
“Grazie Tomo…” – sussurró.
Era ancora molto debole.
Attraverso la vetrata Downey e Jude assistettero alla scena, preoccupati per il pallore del volto di Chris.
“Rob entra tu… qui c’è scritto una persona per volta…”
“Sí…vado… Dio come l’hanno ridotto…”
Inspiró forte e si fece avanti.
Appena lo vide, Tomo lo abbracció, per poi lasciargli il posto.
Chris si era assopito, ma era un continuo dormiveglia.
Schiuse le palpebre ed arrise alla visione degli occhi scuri e rassicuranti di Robert.
“Ehi bel ragazzo, ma se volevi che venissi a New York, potevi cercare un’altra scusa…” – accennó una battuta, sentendosi mancare un battito.
Chris allungó una mano, che Downey strinse subito, baciandone il palmo, mentre con quella libera accarezzó la guancia sinistra di Chris, che ebbe un tremolio delle labbra – “Hai… hai visto… Tomo è tornato da me…” – disse piano.
Downey si piegó per posare un secondo bacio sulla sua fronte, imperlata di sudore – “Non stancarti Chris… Sí l’ho visto, lui ti ama tantissimo, sai?”
L’altro annuí – “Ho… ho corso verso il tramonto Robert…” – tossí, per poi rannicchiarsi sul fianco, riaddormentandosi.

Kevin stava mettendo in un borsone le poche cose, stipate nell’armadietto.
Aveva fretta ed un nervosismo crescente lo stava logorando.
Geffen stava in silenzio in un angolo, visto che il compagno non voleva essere aiutato in quell’operazione.
“Tesoro dovresti firmare questi…” – disse porgendogli dei fogli.
“Co… cosa sono?” – chiese sussultando, perché immerso in altri pensieri.
“Le dimissioni.”
“Ok… fatto!” – e gettó la penna sul tavolino porta vivande, dopo avere scarabocchiato il proprio nome.
“Vieni a salutare la dottoressa con me Kevin?” – domandó con calma.
“Salutarla? E magari ringraziarla? E per cosa?!” – chiese bruscamente.
Alle sue spalle arrivó Farrell.
“Ragazzi se siete pronti andiamo.” – disse con un sorriso.
Kevin gli corse incontro, abbracciandolo – “Colin! Sí, portami via subito da qui!” – esclamó, cambiando repentinamente tono nella voce, diventando cordiale.
Farrell fissó Glam, con aria interrogativa, per poi tornare a scrutare il comportamento di Kevin, che stava sorridendo – “Non vedevo l’ora che tu arrivassi… sei sempre stato buono con me…”
“Kevin… sí, mi sembra il minimo…” – accennó, senza sapere come replicare a quel suo modo alienato di reagire al trauma subito.
“No, tu sei un uomo straordinario…profondamente buono…”
Colin a quel punto sentí una fitta allo stomaco, ferito anche dalle occhiate di Glam, che non aveva di certo confidato a Kevin quanto successo ad Haiti, con Jared, in quella notte da dimenticare.
“Vado a salutare Chris, torno subito!” – disse improvviso, per poi allontanarsi velocemente da loro, che restarono soli nella stanza.
Geffen crolló su di una sedia, mentre Colin scivoló lungo la parete – “Grazie per non averglielo detto...”
“Colin ascolta…”
“Cazzo scusami, mi viene da…” – e si precipitó in bagno a vomitare per lo stress.

Meliti aveva messo a disposizione il jet privato ed una serie di body guard, che tennero a bada curiosi e paparazzi, stazionari da giorni fuori dall’ospedale.
Il volo fu tranquillo.
Brandon, Kurt e Martin si unirono agli altri tre, mantenendo un silenzio, che divenne insopportabile.
Colin decise di scrivere una lettera a Jared.
Prese carta e la stilografica, che gli aveva regalato la sorella Claudine per il suo compleanno, iniziando a buttare giú le riflessioni su quella giornata strana.
Il dottor Cody ruppe poi l’imbarazzo generale, chiedendo di Chris.
“Deve restare ricoverato ancora una settimana.” – spiegó Geffen – “Gli hanno fatto due trasfusioni…”
“Tornerá a Los Angeles con Tomo?” – intervene Kurt.
“Sí, penso di sí… vero Colin?”
“Credo anch’io Glam…Tomo deve venire a casa da Josh. Adesso è con Shan ed Owen.”

Robert era in piedi davanti alla finestra da una mezz’ora.
Fuori pioveva, nell’oscuritá che sembrava inghiottire tutto ció fosse in movimento per le vie della cittá sempre sveglia.
Jude lo osservava, allungato tra le lenzuola fredde, stringendo il cuscino, che sapeva di lui, con quel profumo speziato, mai cambiato da quando stavano insieme e l’inglese glielo donó.
“Mi manchi Rob…”
Lui si giró, turbato da quella frase.
Sembró precipitarsi da Jude, stringendolo forte sul petto.
Avevano fatto l’amore, ma in Downey c’era come una disperazione, che Law avvertí, mentre affondava in lui, che si puntava sui talloni ripetutamente, per riceverlo piú a fondo possibile.
“Perdonami Judsie… perdonami… non volevo trascurarti…”
“Ma non mi sento cosí…” – sorrise, provando a tranquillizzarlo.
“Sono… addolorato per Chris… come se…Non riesco a parlarne, ma tu puoi capirmi, sento che è cosí amore.” – poi lo bació, con intensitá.



CHRIS

martedì 26 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 141

Capitolo n. 141 – gold



Jude si inginocchió, respirando il profumo che avvolgeva la pelle di Robert, rimasto in piedi contro lo stipite della porta del bagno, dove erano rimasti nella vasca per quasi un’ora.
Le attenzioni di Downey si erano fatte sempre piú intense, immerso in un malinconico romanticismo, scaturito nel riguardare vecchie foto nel loro alloggio bomboniera di Londra, dove Jude conservava ogni ricordo di viaggio, dai biglietti dei musei, sui quali il compagno disegnava strani pupazzetti mentre erano in coda per entrare, anche in pose oscene ad acquisti insensati, che finivano nello sgabuzzino ormai intasato.
“Apri la bocca tesoro…” – disse gettando il proprio sguardo in quello di Jude, che sospiró – “Non essere cosí dolce…voglio il mio uomo e subito.”
Rob sorrise, poi si umettó le labbra, spingendo il suo sesso fino in fondo alla gola di Jude, che gemette compiaciuto dal gesto spontaneamente sensuale ed imperativo.
“Va bene…va bene cosí? Cazzo! Scoparti la bocca!” – ansimó afferrandolo per la nuca, mentre i suoi fianchi sembravano impazziti di bramosia.
Lo staccó un attimo prima di venire, ma Jude voleva ingoiare il suo piacere e ci riuscí, quasi ribellandosi ed eccitandolo ancora di piú.
Il letto era poco distante, ci finirono un istante dopo, per continuare un amplesso di pura passione.
Law lo prese mordendogli le spalle ben proporzionate, come tutto il corpo di Robert: passivamente subiva ora la foga del biondo, il quale, madido di sudore stava gocciolando dalla fronte e dal petto, che Downey sentiva premere sulle proprie scapole, mentre il membro dell’altro lo stava spaccando a metá, facendolo peró sentire come un’unica persona insieme a Jude.
Il suono del telefono non li fermó, sicuramente non era importante.

Tomo si stava tormentando le unghie, piegato su di un divanetto nella saletta di attesa dell’ospedale dove erano ricoverati Kevin e Chris.
Quest’ultimo era stato pesantemente sedato; aveva perso molto sangue ed i medici avevano preferito imporre un coma farmacologico.
Kurt gli portó un caffè, sorridendo.
“Hai una sigaretta?...” – gli chiese il croato, ricominciando a respirare con regolaritá.
Era terribilmente in ansia.
Con Brandon aveva parlato dei propri sensi di colpa, ma era un discorso senza senso, visto che lui era rimasto a Los Angeles per il figlio, quindi per un motivo valido e non aveva né messo in pericolo Chris e tanto meno lo aveva abbandonato con quella scelta.
“Sí Tomo vieni, usciamo in terrazza…”
Le luci di New York sembravano cosí estranee al suo stato d’animo: aveva sempre adorato quella cittá, ma al momento la detestava.
“Non doveva succedere… Kurt non è giusto…”
“Hai ragione ed io non so come aiutarti, perché questa tragedia non si potrá cancellare, ma soltanto superare, con il tempo e con l’amore che vi lega… Lo ami, vero?”
“Sí Kurt… ora piú che mai…”
“Allora diglielo, dillo a Chris, ne avrá davvero bisogno.”

Jude andó in cucina a prendere da bere.
Il cellulare di Robert stava lampeggiando, il suo era rimasto spento, ma appena lo attivó, vide cinque chiamate di Colin.
C’era solo un messaggio vocale su quello di Downey.
Appena lo ascoltó, il bicchiere di latte che si era versato, si frantumó sul pavimento.

Farrell raggiunse Geffen al bistrot dall’altra parte della strada.
“Ciao, è da molto che aspetti?”
“No Colin…devo mangiare qualcosa, prima di prendere un’aspirina per questo assurdo mal di testa.” – replicó fissando il menú.
“Sei riuscito a dormire qualche ora?”
“Sí… sulla poltrona accanto a Kevin…”
“Come mai le dimissioni sono state rimandate di un paio di giorni?” – domandó preoccupato.
“Hanno voluto fare un’altra lastra per le costole, gli hanno cambiato terapia e volevano controllare gli effetti collaterali… Domani sera voliamo a Los Angeles, vieni con noi?”
“Sí… va bene, avviso solo le mie sorelle, tornano con i bambini da Dublino… Posso ospitarvi, vengono anche Kurt, Martin e Brandon…”
“Cody me lo ha detto, è fantastico, vuole seguire Kevin per due settimane almeno, ma noi resteremo nel nostro attico, faró venire Lula da Haiti…”
“Splendido Glam…” – sorrise, annullando l’imbarazzo tra loro, ma poi sentí fuori luogo quella parola – “Perdonami… non c’è niente di splendido in questo dramma…”
“Nostro figlio lo è Colin… Grazie per l’invito, ci vedremo in qualche modo, se…”
“Glam mettiamo da parte i nostri problemi, Kevin e Chris hanno la prioritá… Di Bobby cosa mi dici?”
“È giá a casa dai nonni italiani, era una ferita superficiale, per fortuna. Ha una famiglia fantastica a quanto pare… Kevin e Chris non hanno nessuno invece. I genitori sono fantasmi.”
“Che bastardi…”
“Kevin ne parla poco, ma soffre per questo, cosí come Chris, che è stato in sostanza ripudiato. Ho scoperto che il padre è un giudice molto in vista a Boston, la madre una nobile europea, avevano concentrato su di lui molte ambizioni, figlio unico, soffocandolo al punto di farlo scappare in California per questa carriera musicale…”
“Capisco… Ora c’è Tomo, lo adora… Che casino.”
“La nostra specialitá Colin…” – rise mesto, stropicciandosi la faccia ed asciugando due lacrime.
Farrell gli prese il polso sinistro, con delicatezza – “Io… io non sono arrabbiato con te Glam.”
Geffen lo scrutó pensieroso – “Hai di nuovo Jared, a dire il vero non lo hai mai perduto, la tua gioia ti porta a perdonare anche uno come me…”
“Hai avuto la tua possibilitá con Jared… Di farti scegliere intendo.” – ribatté deciso.
“Ho avuto molte incertezze, forse è stato questo il mio sbaglio con lui, visto che cerca conferme da sempre.”
Il suo tono non era sarcastico, ma Colin provó un disagio fastidioso, come se si stessero affrontando su di un campo di battaglia: “Allora devo ringraziarti Glam, per avermelo lasciato. Non ti senti un po’ stronzo a discutere con me, visto quello che è successo a Kevin?”
Geffen si alzó – “Ma io sono uno stronzo, il peggiore di tutti Colin. E non ho dimenticato quello che gli hai fatto. Chi è lo stronzo adesso?” – e se ne andó, lasciando cinquanta dollari alla cameriera, che stava transitando – “Tenga il resto. Arrivederci.”
Compiaciuta per la lauta mancia, provó a chiedere un autografo a Farrell, dopo averlo riconosciuto, ma lui non la stava ascoltando minimamente.
Si precipitó in strada, rincorrendo Glam, che era giá nell’androne dell’edificio, animato da un formicolio di persone in visita e personale del cambio turno.
“Aspettami Cristo!” – e lo afferró per un braccio.
Geffen si voltó, rivelandogli che stava piangendo.
Colin si sentí spezzare qualcosa dentro.
“Io… io non mi perdoneró mai per ció che Jared ha dovuto sopportare e forse… forse se ha superato questo trauma è anche merito tuo Glam…Ti chiedo scusa, per… per prima.”
“Tu non mi devi niente. Io ho fatto il possibile per averlo e non ho avuto alcun rispetto per la vostra unione e la famiglia che avete creato e che amo… Ecco, forse questo è il lato piú tragico e comico… Io vi ho amato davvero, ma ho fatto solo dei danni, in particolare a Kevin, che non lo meritava affatto. E questo è il risultato. La punizione trasversale, che ha colpito lui, arrivando a me come quando gli spararono… Kevin sta pagando troppo la sua devozione ed il suo amore per me.”
Farrell gli strinse le spalle, come a scrollarlo da quel dolore, trascinandolo in un corridoio laterale e deserto.
“Dobbiamo tornare ad essere ció che eravamo Glam, è l’unica soluzione, ritrovandoci… Solo cosí impediremo a persone come quelle che hanno fatto del male a Kevin di sopraffarci!”
Geffen abbassó gli occhi arrossati – “Nulla sará piú come prima… credimi.”
“Tu non vuoi davvero fare un tentativo, neppure minimo?!” – esclamó rabbioso.
“È un passo che faró solo per Kevin, ti basta Colin?”
A quel punto Farrell molló la presa, passandosi le dita frementi tra i capelli – “Sí. Ti ringrazio.”
Ritornó sui propri passi, senza aggiungere altro.



sabato 23 aprile 2011

GOLD - CAPITOLO N.140

Capitolo n. 140 – gold




Colin si era addormentato sul ventre di Jared.
Lui era sveglio, gli accarezzava i capelli.
Ne vide alcuni grigi.
Farrell era stressato, non invecchiato, ma stanco dentro, mentre fuori era un bellissimo quarantenne.
Jared sentí il tremito delle sue labbra tumide.
Si destó sorridendo.
“Sei davvero qui... pensavo fosse stato un sogno Jay...”- disse senza spostarsi.
“È l’alba Cole... una bellissima alba d’estate a New York...” – disse mestamente.
“Sei triste...?”
“Sono in ansia per Kevin...”
“Ti accompagno da lui... tra poco... Non vuole vedere nessuno, ma con te sará diverso Jared…”
“Non voglio tormentarlo...” – respiró forte, sollevando gli addominali scolpiti ed asciutti.
Colin li bació, affondandoci le dita – “Vorrei... vorrei un altro bambino insieme a te Jay...”- mormoró all’improvviso.
Il compagno chiuse gli occhi, pensando a Syria ed alla bambina che sarebbe nata.
“Per... per Natale torno a casa Colin... Anzi prima... all’inizio di novembre...”
Farrell salí verso di lui, come se avesse ricevuto una scossa elettrica.
Il suo viso si illuminó –“Non... non scherzi vero? No, non lo faresti mai su una cosa del genere...!” – disse stringendogli la nuca, per poi baciarlo intensamente.
Colin sentí una fitta nel cuore, gli venne un dubbio.
“Jay... Jay ma torni... solo per le feste, per i bambini...?”
Jared si sollevó, puntandosi sulle mani, per stringerlo a sé – “No Colin, torno da te... se mi vuoi ancora... se mi... se mi vorrai ancora...”
“Io non solo ti voglio e ti vorró sempre, ma... ma ti saró fedele, come ho fatto sino ad oggi, non faró piú stronzate con i farmaci... Dopo la clinica Sheppard solo qualcosa per dormire, prescritto da Cody.”
“Fallo per me... per i nostri figli...” – inizió a piangere, voleva dirgli di Syria e della bambina soprattutto, ma non ci riuscí.
I suoi progetti erano immutati: l’avrebbe convinta a trasferirsi a Los Angeles, una nuova casa, un lavoro se voleva, sarebbe stato presente con la figlia, cosí come Colin lo era con Henry e James, anche se non vivevano sotto allo stesso tetto.
Farrell, poi, avrebbe adorato quella cucciolina, ne era certo.
Lui avrebbe capito.
Anche Glam avrebbe capito le sue scelte.
In quel momento Jared si convinse che sarebbe tornato con Kevin, che tutto stava già cambiando, ma lui voleva fare ancora qualcosa per i profughi ad Haiti.
Lo confermò a Colin.
“Ora... ora te ne andrai via di nuovo quindi...?”
“Sí Cole... devo... ci sono cose e persone, che mi aspettano ad Haiti e non parlo di Glam...”
“Io... io so che tu lo ami... Ho ingannato me stesso credendo che tu avessi ucciso questi sentimenti Jared...”
Singhiozzando cercó di consolarlo – “Non è cosí semplice Colin... A gennaio non sapevo piú chi ero... volevo solo andarmene da Los Angeles e mettere della distanza tra noi due... L’idea di Haiti e di Glam mi rassicurava...”
“Sai una cosa...? Sei un amore anche con i capelli alti mezzo centimetro... e... e poi non devi darmi spiegazioni... Fai solo attenzione... Vivo nel terrore da quando ci sei andato...”
“Aiutare gli altri dá tanta gioia...”
“Lo so Jared... ti amo da impazzire...” – lo strinse di nuovo.
“Ti amo anch’io Cole... ti amo... ti amo...” – il suo pianto divenne piú silenzioso.
Fecero l’amore sotto alla doccia, poi sul divano davanti al caminetto, non riuscivano a smettere.

Kevin prese le vitamine che la dottoressa gli aveva prescritto.
Brandon se n’era appena andato.
Kurt era rimasto a casa con il piccolo Martin.
Colin e Jared arrivarono, con l’idea di portare a pranzo Glam, ma erano certi che non li avrebbe seguiti.
“Vorrei tanto parlare con Kevin... pensi che sia una cattiva idea Cole?”
“No... penso che sará felice di vederti... Glam comunque non penso sappia che tu sia qui, a meno che tu non lo abbia avvisato...”
“No, non l’ho fatto. Entriamo...?”
“Ok Jay, andiamo.”
Kevin fissó entrambi, accennando un sorriso.
Geffen rimase interdetto per pochi istanti – “Jared... ma quando sei arrivato...?”
“Sono arrivato ieri sera. Alla fondazione è tutto a posto... Ciao Kevin come stai?” – disse avvicinandosi.
Lui si mise seduto e gli tese le braccia.
Jared affondó sé stesso in quel corpo usurpato, mescolando le sue lacrime a quelle di Kevin.
Colin e Glam uscirono.
Andarono a sedersi, con un caffè in mano.
Farrell scrutava il vuoto.
Geffen stritoló il bicchiere di carta, lanciandolo poi nel cestino davanti a loro.
“Hai il nome di Jared inciso ovunque...” – disse con voce incolore.
Colin cercó il suo sguardo – “Jared tornerá ad Haiti e ti spiegherá tutto. E sí... sí, abbiamo fatto l’amore tutta la notte... Lo trovi cosí strano?” – domandó non certo per sfidarlo, anzi, era sofferente.
“No Colin. No.”

Kevin passava il palmo della mano sulla testa di Jared – “Sembri piú giovane cosí... nessuno direbbe che hai quarantaquattro anni Jared...”
“Quasi quarantacinque...” – replicó ridendo.
“Non fa differenza...” – anche Kevin sorrise.
“Ti... ti fa male... da qualche parte...?”
“Ho... ho un nodo qui... non riesco a scioglierlo...” – mormoró indicando un punto alla bocca dello stomaco, poi proseguí – “... Non so quando potró fare l’amore ancora ... con Glam...”
“Presto... prima di quanto credi e poi perché non dovresti...?”
“La vergogna mi soffoca... Brandon dice che è un trauma e che lo supereró... ma io... io... io amo solo Glam, gli sono sempre stato devoto... non sono mai finito in un altro letto, neppure con Chris ... Erano in due e ci hanno... ci hanno... non riesco neppure a dirlo!” – chiuse i pugni, per poi passarsi le mani tra i capelli – “Li voglio tagliare anch’io... ti prego Jared, chiama qualcuno che lo possa fare... subito!”
“Cosa...? Sí... scusami, va bene, chiamo un amico... verrá immediatamente se vuoi...”
“Sí... sí... grazie Jared.”

Marco accese la macchinetta.
“Me li fai come Jared...? Come un marine...”
“Ok... stai fermo mi raccomando...”
Kevin si era seduto su di una sedia a rotelle, mentre Colin e Glam ascoltavano la spiegazione di quanto stava accadendo da Jared.
“Credo sia... come una punizione... lui adora i suoi capelli...” – disse Glam, sconvolto.
“È solo una fase... ci vuole del tempo...” – intervenne Colin, con le mani in tasca.
Arrivó la dottoressa.
“Buongiorno a tutti... allora le analisi sono a posto... La scientifica ci ha confermato che i due... i due soggetti non avevano malattie veneree e questa è una bella notizia... Ma ne ho un’altra: Kevin puó tornare a casa, se vuole...”
“È un’ottima notizia... Lo riporto a Los Angeles, a casa nostra. Sempre se ci vorrá andare.”
“Ha dei parenti...? Cioè mi perdoni signor Geffen, ma io sapevo che lei risiedeva ad Haiti e Kevin non dovrebbe rimanere da solo.”
“Non lo sará, resteró io con lui, non si preoccupi.”
“Perfetto. Le dimissioni sono giá firmate, ora vado da Kevin per informarlo.”
Jared ricevette una telefonata.
Era Syria.
Si allontanó per chiederle se andava tutto bene.
Lei era agitata per la nuova ecografia, ma riuscí a calmarla, assicurandole che sarebbe rientrato al piú presto.
Tornó poi da Colin – “Ho un aereo tra due ore... mi accompagni all’aeroporto?”
“Sí amore... certo...” – rispose, accarezzandogli le guance rigate e pallide.
Jared guardó poi Geffen – “Salutami Kevin, digli ... che gli voglio bene... ciao Glam, ti scriveró... abbiate cura di voi...”
Lui lo strinse sul cuore, trattenendo la sua afflizione – “Ciao Jared... grazie.”

Farrell fermó il suv nel parcheggio sotterraneo del J.F. Kennedy, cercando di respirare regolarmente.
Aveva bisogno di impasticcarsi, ma non l’avrebbe fatto per nulla al mondo.
Pensó al sorriso dei loro bambini e si ricordó all’improvviso di una cosa: una memory card.
La prese dal portafogli, passandola poi a Jared.
“Tieni... ci sono le foto del compleanno di Becki... ed altre... anche dei gatti, di Spanki e Dado... Manchi a tutti, ci... ci manchi da morire Jared...” – la sua disperazione dilagó, ma non voleva assillarlo, glielo disse, ma Leto gli chiese di sfogarsi liberamente.
Lo bació a lungo, poi reclinó i sedili, spogliandosi velocemente e mettendo le sicure.
Liberó Colin dai jeans e dai boxer, calandoli quel poco necessario a permettergli di possederlo, restandogli sotto, mentre lui spingeva il suo sesso dentro a Jared, senza mai smettere di succhiargli la lingua, poi la bocca, unendosi ai suoi gemiti.
Colin afferró i bordi del sedile di Jared, aderendo a lui il piú possibile, scopandolo forte a quel punto, poi piú dolcemente, poi di nuovo con tanta foga, fino a svuotarsi in lui, sentendosi perduto e ritrovato, prima di salutarlo senza che Jared si voltasse piú indietro.





venerdì 22 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 139

Capitolo n. 139 - gold



Tomo si svegliò in un bagno di sudore.
Aveva avuto una lunga serie di incubi, ma doveva sbrigarsi, il suo volo per raggiungere Chris nella grande mela sarebbe decollato poco prima di mezzogiorno.
Il baby control lo fece sobbalzare, quando la voce di Josh arrivò forte e chiara nel reclamarlo.
Si precipitò per vedere cosa avesse, trovandolo febbricitante e con gli occhi leggermente purulenti.
Spaventato telefonò subito a Shannon, che arrivò insieme al pediatra.
“Dottore ha la temperatura a quaranta…” – disse Tomo, con il respiro rotto dal pianto, mentre il Shan cercava di rassicurarlo.
“Sicuramente è per un’infezione, vi consiglio il ricovero, chiamo subito un’ambulanza.”
Shannon provò a convincere Tomo ad andare comunque da Chris, ma fu inutile: “Lui puo’ capire la situazione… Josh rimane la mia priorità.” – replicò deciso, pur ringraziandolo per la premura.

Colin decise di rientrare in anticipo, lasciando i figli dai genitori.
Robert e Jude si diressero a Londra, dopo averlo salutato affettuosamente.
“Allora vai a trovare Brandon e Kurt?” – chiese Downey, prima di andare al check in.
“Sì, colgo l’occasione per stare un po’ con loro e per firmare il contratto per il film con Ridley Scott… a proposito, pensavo di proporre quel biondino, sai l’attore inglese, come si chiama, un po’ isterico quando si perde per i boschi ahahahah”
Jude lo prese a calci e poi lo abbracciò esclamando – “Magari!”, sotto lo sguardo complice di Robert.
Si sarebbero rivisti a Los Angeles dopo una settimana alla End House.
Almeno questi furono i loro programmi.


Jared andó a farsi radere i capelli praticamente a zero: l’idea di avere dei pidocchi era insopportabile.
Glam quando lo vide scoppió a ridere: “Ma allora non scherzavi!?”
“Certo che no! Ora non prendermi in giro, ma mi sono depilato... ovunque!” – ricambió l’allegria di Geffen, volandogli tra le braccia, una volta uscito dalla doccia.
“Vedere... vedere...” – scherzó cercando di togliergli l’accappatoio, ma Jared fuggí in camera, buttandosi sul letto, nella penombra della sera.
Si mise seduto sulle ginocchia e tese le mani verso Glam, appena varcó la soglia.
“Ti amo Jared...”
Lui arrise a quelle parole, spogliandosi ed aiutando Geffen a fare altrettanto.
“Non muoverti...” – mormoró, bloccandolo in piedi per poi slacciare in rapida successione la cintura ed i pantaloni, mentre Glam si sfilava la maglietta colorata.
Scivoló sul tappeto, prendendo in bocca il suo sesso.
Glam cercó piú ossigeno, schiudendo le labbra ed accarezzando le guance di Jared, sentendo la sua erezione riempirle, illuminando gli occhi del suo amante di una gioia completa.
“Jared... Ja... Jared sto venendo... a... aspetta...”
Le sue mani forti lo presero per le spalle, accompagnandolo sul materasso – “Apri le gambe... voglio sentirti... voglio tutto di te Jared...”
“Hai... hai tutto di me... fammi godere...”
Glam lo penetró con un unico affondo, Jared gemette, aggrappandosi prima alle sue spalle, poi al suo collo, inondandolo di baci e morsi, mentre Glam ansimava e gridava il proprio orgasmo.
Si ritrasse piano da Jared, lambí la sua apertura e lui sentí lo sperma caldo di Glam, che poi lo riprese, con un’altra spinta, a completare un amplesso gratificante.

Il cellulare rimasto nei jeans sul pavimento, inizió a vibrare.
“Glam... Glam è il tuo…?”
“Sí... ma chi diavolo rompe...”
“Dai rispondi...” – lo esortó Jared.
“Ok... ok.”
Geffen cercó nervosamente il palmare e fissando il nome sul visore: “Colin...?”
Jared era sorpreso quanto lui.
“Sí pronto...?”
Dall’altra parte un’esitazione, poi Farrell parló.
“Glam ciao... io... io non avrei mai voluto fare questa telefonata...”
“Colin che succede? Cosa stai dicendo?!” – chiese sentendo una fitta allo stomaco.
“Si tratta di Kevin... è... è stato aggredito... Con la sua band, una rissa in un locale di New York...”
“New York...? Ma come sta?”
“È in ospedale... io sono qui con Kurt...”
“Colin quanto è grave...?”
“Ora è sedato, ha delle costole incrinate... Puoi raggiungerci?”
“Sí, parto subito... Grazie Colin...” – replicó affranto.
Jared era pallido – “Kevin... come sta...? Glam cosa gli hanno fatto?”
“Non lo so... cioè sí... lo hanno picchiato... ma Colin... non so, temo non mi abbia detto tutto... Devo andare.”
“Sí... fammi sapere qualcosa... Vuoi che venga con te?”
“Pensa a Syria ed alla fondazione... Ti chiamo appena arrivo...”
“Mi dispiace Glam... mi... mi dispiace...” – disse con gli occhi pieni di pianto.

New York all’alba aveva colori intensi e suoni confusi, che si accavallavano nella testa di Glam, stravolto dal viaggio, sopra ad un taxi che lo stava portando alla clinica dove era stato ricoverato Kevin, insieme al batterista Bobby ed al cantante Chris del suo gruppo, che erano stati entrambi accoltellati, ma nessuno era in pericolo di vita.
Colin stava dormendo su di un divano, mentre Kurt arrivava con due caffè.
Quando vide Glam, li posó su di una mensola e gli corse incontro.
Si abbracciarono, Colin si sveglió.
“Glam... ce l’hai fatta...”
“Prima che potevo... grazie per avermi avvisato... Grazie Kurt, per quello che stai facendo...”
“Brandon arriverá tra poco...”
“Ciao Colin...Posso vedere Kevin?”
“Non lo so Glam... quello è il tenente che segue il caso...”
L’uomo robusto e di mezza etá vide Glam e si diresse verso di lui: “Buongiorno signor Geffen. È un piacere conoscerla, seguo il suo lavoro ad Haiti...”
“Sí... faccio quello che posso... Sa dirmi cosa è successo al mio Kevin?”
Kurt e Colin si guardarono per un attimo su quell’espressione di Glam.
“Sediamoci... da questa parte.”
Andarono tutti in una saletta, per parlare lontano dal personale che andava e veniva nel corridoio.
“I testimoni dicono tutti piú o meno la stessa cosa... Kevin ed i suoi amici stavano bevendo ad un tavolo, senza fare casino, dopo il concerto nel club... Due tizi si sono avvicinati e poi è scoppiato il finimondo... Se la sono presa soprattutto con Kevin e Chris... Sono stati trovati poi in un vicolo, non sappiamo come ce li hanno portati, ma da lí sono fuggiti con il furgone, che avevano lasciato parcheggiato. Credo sia stato tutto premeditato.”
Sopraggiunse anche una dottoressa, che salutó Glam – “Tenente ha aggiornato il signor Geffen?”
“Non del tutto...”
Glam si strofinó la faccia – “La prego... non mi vorrá dire che...” – si sentí mancare un battito.
“Kevin e Chris... sono stati stuprati da quei due balordi... Abbiamo prelevato il dna, se sono schedati la polizia li prenderá.”
“Lo spero proprio!” – una voce tuonó alle loro spalle.
Antonio Meliti era appena entrato nella stanza.
Il poliziotto si alzó, riconoscendolo: “E lei cosa ci fa qui?” – domandó stupito.
“Kevin e questi ragazzi fanno parte della mia famiglia... o meglio, io della loro.” – replicó secco.
Glam si alzó, era intontito, ma si fece forza – “Grazie per essere qui Antonio... Io voglio andare da Kevin...”
“Certo, mi segua, lo voglio svegliare.”
Meliti chiese a Colin e Kurt se c’erano altre novitá, mentre il funzionario di polizia si allontanó.
Antonio prese il cellulare, componendo un numero a memoria: “Ciao, sono io. Ho bisogno un favore, dal tuo amico della scientifica. Si tratta del pestaggio del Kast24… Hai presente? Ok, perfetto. Due stronzi hanno lasciato le loro tracce e voglio sapere i loro nomi. Fammeli sapere subito, sono stato chiaro?”
Meliti non cambió mai espressione, sembrava una statua di marmo. Riattaccó.
“Penseró io a loro. Ci vediamo piú tardi.”
Kurt crolló su di uno sgabello: “Dio mio Colin... Antonio se li trova come minimo li spella vivi...”
“Lo farei anch’io se facessero una cosa del genere al mio Jared...” – replicó stringendo le palpebre ripensando a come proprio lui aveva abusato del compagno ad Haiti.
Volle convincersi che fosse una cosa diversa, ma si sentiva un verme.

Kevin riprese lentamente conoscenza, ma quando si accorse della presenza di Glam sorrise.
Si sollevó con fatica, per rifugiarsi sul cuore di Geffen, traboccante di disperazione.
“Daddy...... dove mi trovo.?” – pianse.
“Ciao piccolo... sei al sicuro... ehi... andrá tutto bene... ti amo sai?”
Il medico gli chiese solo di non stancarlo, poi li lasció soli.
“Perché... perché sono qui?”
“Sei in ospedale Kevin... vi hanno picchiato... non lo ricordi?...”
“Ricordo soltanto che abbiamo suonato... ho male dappertutto... Dov’è Chris?... E Bobby...?”
“Si sono presi una coltellata, ma stanno bene... almeno cosí dicono... stai tranquillo adesso...”
“Li hanno feriti...? Anche a me...?”
“No, no... tesoro hai delle costole incrinate... Kurt e Colin sono sempre stati con te, mi hanno avvisato loro...”
“E dove sono adesso...?”
“Stanno bevendo l’orribile brodaglia delle macchinette...” – sorrise.
Kevin si mosse ed ebbe una fitta alla schiena.
Chi lo aveva violentato non si era risparmiato in morsi e graffi.
A quel punto si rese conto di ció che era accaduto, pur non mettendo a fuoco i dettagli.
Il suo corpo gli stava parlando.
Sbarró gli occhi, toccandosi dove gli doleva.
“Daddy... cosa... cosa mi hanno fatto...?”
Geffen gli accarezzó le guance, asciugando le copiose lacrime – “Tesoro... mi... mi dispiace...”
“No... no... ti prego... dimmi che...”
“Non posso Kevin... lo vorrei davvero, farei di tutto per cancellare la notte scorsa...”
Kevin urló la sua rabbia, facendo rientrare la specialista e due infermieri.
Si strappó la flebo, provando ad alzarsi, ma Glam lo fermó – “Calmati... calmati Kevin...!”
Kurt e Colin arrivarono di corsa, ma vedendoli, insieme agli altri, si coprí il volto, rannicchiandosi in posizione fetale, come vergognandosi – “Mandali viaaa!! Non voglio che nessuno mi veda… non voglio!!” – gridó.
Uscirono tutti, tranne la dottoressa e Geffen.

Nel tardo pomeriggio Kurt e Colin tornarono per fare visita a Kevin insieme a Brandon.
Glam non lo aveva lasciato nemmeno un minuto; riuscí a convincerlo ad ascoltare almeno l’analista.
“Brandon lo aiuterá... ne sono sicuro...”
“Sí Kurt... ho la testa che mi scoppia... hai un’aspirina?”
“Ne ho una io se vuoi...”
Farrell ebbe un sussulto nell’ascoltare quella voce a lui tanto cara – “Jared…?!”
Si abbracciarono.
Era arrivato su indicazione di Kurt via sms.
Fuori pioveva ed era bagnato come un pulcino.
Colin non riusciva a lasciarlo – “Jay... Prenderai una polmonite...” – gli sfioró le labbra e si baciarono.
Sembravano isolati in un mondo a parte.
Trascorse un tempo indefinito, poi Jared volle chiedere come stesse Kevin.
Appena seppe la veritá, si accasció sul pavimento.
“Non... non è possibile...”
“Gli sbirri dicono che è stata un’aggressione mirata... Hanno approfittato anche di Chris... Comunque Meliti li sta cercando...” – intervenne Kurt.
“Antonio... Cosa vuole fare Colin?”
“Giustizia... credo... a modo suo.” – rispose, ma poi aggiunse – “Jared ho una camera nell’hotel qui davanti, per favore vieni e mettiti qualcosa di asciutto...”
“Sí... sí d’accordo...”
“Ok... ma cosa ti è successo ai capelli?”
“Ah... nulla... c’è stata un’invasione di parassiti al centro dove faccio volontariato ad Haiti... meglio prevenire...” – sorrise come alienato, tirandosi sú.

Il temporale aumentó.
La camera di Colin era dotata di un caminetto.
Jared si spoglió e fece subito una doccia calda.
“Ti... ti aspetto qui Jay...”
Jared lo fissó, nel lampeggiare, tra i rumori di tuoni sempre piú assordanti, come se anche il cielo si ribellasse a quell’orrore, che aveva coinvolto Kevin ed i suoi amici.
“No Colin... vieni... ti prego...” – gli tese le mani, poi strinse quelle di Farrell tra le proprie, portandolo sotto i getti, che non riuscivano a riscaldarlo quanto il suo abbraccio ritrovato.
Si travolsero reciprocamente di baci e sussulti, fino a crollare sul letto, ancora bagnati ed insaponati.
Jared salí sui fianchi di Colin, ansimando – “Prendimi subito... amore...” – lo bació, facendosi penetrare, gemendo forte, mentre Colin inizió a seguire i movimenti del suo bacino, risalendo in lui, per poi ricadere, gli sembró di impazzire dalla gioia.
Si sentí poi in colpa, terribilmente, perché Kevin e Glam stavano da cani e lui aveva offeso anche l’amore che lo univa a Jared, al quale non sembrava importare nulla di quanto gli aveva fatto subire ad Haiti.
Colin inizió a godere, fu bellissimo.
Jared si spostó, aprendogli le gambe e prendendolo, era il suo turno di colmarlo di sé.
Bastarono pochi minuti, ma diede ad entrambi un appagamento profondo.
Continuavano a baciarsi ed a leccarsi.
Colin si mise in ginocchio, portando Jared ad avvinghiarsi alle sbarre della testata del letto in ferro battuto, tornando dentro di lui, alle sue spalle.
Lo cinturó con le braccia, la sinistra intorno all’esile vita di Jared e la destra intorno al suo petto, infilandogli due dita nella bocca, dove si mescolavano sudore e gocce dal cielo dei suoi occhi.
Era una furia dolce e sconvolgente.
Venne di nuovo.
Jared era stremato, quasi svenne supino, accarezzando il volto stravolto, ma felice di Colin, che si insinuó nuovamente in lui.
Cercó di farlo con estrema tenerezza, ma Jared gemeva – “Perdonami Jared... perdonami…”
“Non importa... non... non importa amore... ti amo tanto... ahhh”
Il seme caldo di Colin inondó di nuovo la prostata di Jared, il punto piú sensibile di lui, il cuore del massimo piacere.
Gridó, mentre il rimbombo dall’esterno copriva il suo orgasmo, Colin faceva altrettanto, tremando su di lui, dentro di lui, oltre lui, ancora una volta.



GOLD - Capitolo n. 138

Capitolo n. 138 – gold



Robert uscí piano da Jude, per non fargli male.
Ebbe la massima cura di lui e l’attenzione amorevole, che il suo compagno gli ispirava ed alimentava, come nel vederlo volare giú dal suv di Colin appena lo vide nel giardino di casa Farrell, impegnato a giocare con Becki e Violet, che adoravano zio Downey.
Fu una sorpresa: Robert avvisó Colin via sms e lui riportó il suo uk buddy di corsa a Dublino, con una scusa.
Erano impegnati a visitare una basilica, in un paesino poco distante.
Davanti all’altare maggiore, Jude gli aveva chiesto una cosa particolare: “Secondo te Dio guarda all’amore tra me e Rob, tra te e Jared, tra persone dello stesso sesso insomma, come qualcosa di colpevole?”
“Non credo Jude… L’amore è stato donato come emozione in mille forme differenti, ma non diverse, soltanto uniche. Credo in questo.”
Law sorrise, prendendolo per mano – “Mi manca l’abbraccio di Rob…”
“E devi chiedermelo?” – Colin sorrise a propria volta, stringendolo sul cuore, con la dolcezza di un amico sincero e premuroso.

“Ringrazio gli intoppi di questa produzione…” – sussurró Jude, riprendendo a baciare Robert con estrema intensitá.
“Ed io ringrazio la famiglia di Colin per l’ospitalitá… saremo stati inopportuni?”
“Penso siano abituati… e poi qui siamo in mansarda, lontani da orecchie indiscrete…” – replicó ridendo.
La loro camera aveva un lucernaio, dal quale uno spicchio di cielo azzurro veniva frastagliato a tratti da un ramo della quercia in giardino, mosso dal vento.
“Hai fame Rob?”
“Abbastanza… ho preso tè e pasticcini al mio arrivo, la signora Rita è incantevole.”
“Sí, è una famiglia incredibile… anche se devo dirti che il padre di Colin mi sembrava un tantino sulle sue... Forse ha pensato cose strane su di me ed il figlio, ma noi due non abbiamo di sicuro dato adito ad equivoci.” – puntualizzó, diventando pensieroso.
“Di certo adesso non avrá piú dubbi Judsie…” – e riprese a coccolarlo con tenerezza.

Le mani di Shannon accarezzarono il petto di Owen.
Stava cingendo Rice da dietro, affondando nel suo collo.
Lui sospiró, sentendo le sue labbra tumide e sensuali – “Grazie Shan…”
“Di cosa…?” – domandó, respirando il suo profumo.
“Di essere qui… di avermi fatto l’amore…” – mormoró, intrecciando le dita a quelle dell’unico uomo che aveva mai amato, ormai ne era certo completamente.
“Ne avevo bisogno Owen…”
“Io vorrei… vorrei avere una seconda possibilitá, per noi…”
Shannon lo voltó a sé, baciandolo in risposta a quella richiesta.

Geffen per qualche giorno scelse di trascorrere i pomeriggi con Jared, per poi tornare a dormire a casa con Lula.
Aveva motivato la sua scelta, come necessaria per non trascurare il piccolo e Jared aveva capito, pur dispiacendosi di trascorrere la notte in solitudine; non comprendeva invece come mai Glam gli desse piacere in tutti i modi, ma senza fare sesso con lui.
La mattina si occupavano della fondazione, poi pranzavano insieme nell’appartamento, coricandosi dopo, dedicandosi alla visione di qualche film, ma soprattutto di loro stessi.
“Glam senti… ma non stai bene? So che qualche volta esagero e…”
L’uomo scoppió a ridere, sapendo che presto o tardi avrebbero affrontato l’argomento.
Gli diede un buffetto e Jared arrossí.
C’erano dei momenti in cui Geffen lo vedeva cosí innocente e puro, nonostante i suoi quasi quarantacinque anni.
La natura od il destino non avevano mutato le fattezze di Jared, che dimostrava al massimo trent’anni, ma non era questa l’essenza di quegli occhi e di quel viso splendidi e luminosi.
“Sto benissimo Jay…”
“Allora è colpa mia e…”
“Non sta succedendo nulla, non pensare cose che non esistono…” – sorrise, accarezzandogli i capelli – “Volevo solo viverti cosí… ti dispiace cucciolo?”
Jared lo bació, lasciandosi avvolgere: solo Geffen riusciva a farlo sentire in quel modo, rapito dalla sua stessa vita, come in una fusione di corpi e di anime.
Glam gli prese il mento, parlandogli sotto voce – “Apri un pochino di piú questa bocca…Dio come amo perdermi in te Jared…”
“Toccami mentre lo fai…” – ansimó, visto che l’altro lo aveva anticipato, giocando tra le sue gambe frementi, sentendo il suo inguine bollente.
Lo penetró con estrema calma, dilatando la sua fessura con capacitá, regalandogli quel tremore che saliva per tutta la spina dorsale, fino alla nuca, provocando quell’inarcamento della schiena, febbrile e devastante, fino a non sfuggire il dolore, offrendosi generoso al suo uomo.

Tomo andó incontro a Shannon, salito sulla terrazza per cercarlo e parlargli.
“Ciao… devo dirti una cosa Shan…”
“Anch’io Tomo…”
I loro occhi si riempirono di lacrime, contemporaneamente.
I loro cuori si incontrarono, sotto la stoffa delle camicie, oltre la pelle, in una comprensione delle reciproche necessitá, sul volere fare un passo indietro, a raccogliere quelle storie d’amore piombate come uragani nelle loro esistenze, che non avevano piú senso, se non per Josh.
“Cerchiamo di non farlo soffrire…Lui si è affezionato ad Owen e Chris, ma ho il terrore che resti confuso… cosa ne pensi Tomo?”
“Va bene… va bene Shan, hai ragione… Noi ci saremo sempre per Josh e proveremo a dargli stabilitá in tutto questo caos…Gli parleremo, ma ne sono spaventato… Tu no?”
“Terribilmente…”



martedì 19 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 137

Capitolo n. 137 – gold



Rice non sapeva cosa rispondere al messaggio di Shan, poi decise di scendere nel viale antistante la sua villa di Los Feliz, per accogliere Josh, che gli corse incontro con uno splendido sorriso raggiante, gridando “Zio Owen!!”
Si accovacció per raccoglierlo in un abbraccio caloroso e commosso.
Shannon li guardava, il respiro spezzato da un’emozione incredibile.
Solo in quell’istante si era quasi pentito di avergli portato il bambino, un’iniziativa che gli stava costando molti sensi di colpa e dubbi.
“Come stai campione?” – chiese ricacciando indietro le lacrime.
“Bene zio e tu?”
“Insomma… ho una leggera influenza…”
“Per questo non sei al lavoro?”
“Sí Josh… sei un amore… ti voglio bene, sai?”
“Anch’io tanto, tanto!”
Per i bimbi tutto era semplice.
Bianco e nero, amore oppure odio, anche se un piccolo non poteva conoscerlo, semmai esprimeva rifiuto istintivo verso chi non gli dovesse piacere.
Josh adorava Owen, per cui qualcosa di buono in quell’uomo a tratti cinico e spietato, doveva pur esserci.
Un orizzonte verso il quale si era affacciato spesso lo stesso Shannon, innamorandosene.
Ora avrebbe negato questa evidenza del cuore, pur di uscire dall’imbarazzo nel scrutare ogni sua espressione, ogni suo colore, sentendo i battiti aumentare nella vena del collo, dove Owen posava i propri baci quando erano a letto e non solo lí.
Ogni luogo era perfetto per congiungersi, in quella simbiosi di passione e desiderio, da sempre alla base di quella relazione finita nel peggiore dei modi.
“Vuoi un caffè Shan…?”
“Sí grazie…”
“Accomodati, tanto Josh è preso dalla sua play station…”
“Pensavo avessi smontato la sua stanza dei giochi…”
“No Shan, non è per Josh, forse spero ancora che un cucciolo entri nella mia vita, in qualche modo.” – replicó fissandolo, serio, ma senza cattiveria o presunzione.
Shannon tossí, alzandosi per uscire in terrazza a fumare.
Offrí una sigaretta ad Owen, che accettó, prendendo l’accendino e facendo fuoco – “Grazie…” – mormoró Shan a pochi centimetri da lui.
Fece un paio di tiri, senza spostarsi, come ipnotizzato dalle iridi azzurre di Owen, che non aveva mai distolto il proprio sguardo.
Il batterista dei Mars gettó la Camel, facendo altrettanto con quella di Owen, afferrandolo poi per la nuca e baciandolo con irruenza, all’improvviso.


“Verrai a New York, allora…? Posso sperarci Tomo?”
“Sí tesoro, ho deciso ormai. Forse Shan mi creerá qualche problema, ma ho intenzione di fare chiarezza con lui…”
“Ne sarei felice, ma penso sempre a Josh…”
“Anch’io ci penso Chris, ma sono stanco di fingere, di pensare a te quando… Chris mi manchi… mi manchi da morire e vorrei solo stringerti, fare l’amore, ritrovarci…”
“Avrai tutto ció che vuoi… ti amo sai?” – sorrise, con quell’innocenza intrisa di una sinceritá, che destabilizzavano Tomo, sempre piú consapevole che quel loro legame aveva radici profonde ed irrinunciabili.

“Ecco ci siamo persi buddy! Lo sapevo!”
Jude fece un saltino sul sedile del suv di Farrell, battendo sulle gambe una cartina stradale, che aveva garantito come metodo efficace per arrivare a destinazione, visto che il nuovo navigatore era andato in tilt.
Colin ridacchió, assecondandolo in quella scenetta isterica – “Oddiooo come faremo!!? Ci rapiranno gli alieni, la setta delle fatine dei boschi ci trasformerá in ranocchie e poi naaaaa … tu in una gallina, visto quanto starnazzi uk buddy aahahahh!!” – sghignazzava dandogli gomitate e scompigliandogli dispettoso i capelli.
“Coleee ti strozzo, se non la smetti di prendermi per il culo ok??!!”
“Ok provaci…” – e gli mostró il collo robusto, sul quale spiccava una catenina d’oro ed una medaglietta – “E questo chi é…?” – domandó Jude.
Colin si rabbuió – “Oh questo… un regalo, di Geffen… il protettore dei naviganti, perché noi siamo stati navi in tempesta, senza un porto sicuro, finché non abbiamo trovato l’amore vero… La storia era questa, ne ha una anche Jared ed un’altra lui, ovvio… penso anche Kevin, sí… sí, ce l’ha.” – sospiró.
“Colin mi dispiace…”
“Per cosa?” – abbozzó un sorriso, scrutando oltre il parabrezza per non mostrare quanto fosse malinconico a Jude, che gli accarezzó un braccio - “Per averti fatto ricadere in ricordi dolorosi…”
“Ma sai… in fondo quello era un momento bello per tutti, non eravamo tanto confusi e… mescolati…” – si strofinó la faccia – “Dai, ripartiamo, troveremo prima o poi una segnalazione…”
“Va bene… e spero un pub, ho una fame!”
“Pure io… una bella bistecca?”
“Magari Colin…offro io!”
“È il minimo con un autista come me!” – esclamó Farrell riappropriandosi, con uno sforzo non indifferente, del buonumore con cui si erano messi in viaggio.

Jared si addormentó sul divano nell’ufficio di Geffen insieme a Lula, dopo avere giocato agli indiani e cow boy, buttando all’aria tutti i documenti parcheggiati sulla scrivania.
Glam si mise a sedere osservando quella confusione ed i due colpevoli.
Sospiró, pronto a sgridarli, ma erano troppo teneri, abbracciati ed immersi in qualche sogno, i tratti dei volti rilassati, dai quali traspariva quel candore sereno, tipico di chi non ha problemi.
Forse solo in quei rari momenti Jared ritrovava la giusta pace con sé stesso: Glam rifletteva su quelle considerazioni, mentre si avvicinava a loro.
Sfioró con il palmo destro la fronte di Lula, che restó immobile, per poi ripetersi su quella di Jared, che arricció il naso, arridendo ad un’illusione – “Papá…”
Geffen si ritrasse, come se lo avesse violato con una bugia, ma poi tornó a lambire il suo profilo, finché non aprí gli occhi, ancora sognanti – “Ehi Glam… scusa per quel casino, ma…”
“Non importa… davvero, non cambierei nulla di… Vi voglio bene.”
“Anche noi… per sempre.”





lunedì 18 aprile 2011

GOLD - Capitolo n. 136

Capitolo n. 136 - gold



Colin si avvicinò timidamente a Jude.
Fuori pioveva ed iniziava a sentire freddo.
“Accendo il caminetto, cosa ne dici?” – domandò esitante.
Law sorrise – “E’ troppo romantico questo luogo per i discorsi che stiamo per affrontare buddy… Mi sento a disagio per ciò che sento da quando ho saputo di quanto tu possa essere diverso da come ti conoscevo…”
“C’è un mostro in ognuno di noi. Credimi Jude.”
“Sì, ovvio che c’è, io bevevo, Robert si drogava anche, ma noi non abbiamo mai ferito a tale punto neppure un estraneo…”
“Quindi tu credi di essere migliore di me? Sei davvero tanto sicuro che prima o poi anche tu o Robert non possiate cadere?”
Jude lo affrontò faccia a faccia.
“Non ti sto giudicando Colin! Sto solo provando a spiegarti quanto ho sofferto, la mia delusione, la consapevolezza di non avere capito dove potessi arrivare, mi sento responsabile anch’io, perché tu avevi già aggredito Jared, cazzo!!” – esplose, gli zigomi tremanti, come le gambe, per quanto era agitato.
Colin crollò su di una poltrona: si prese la testa, come in una morsa disperata.
Iniziò a piangere.
Jude si inginocchiò davanti a lui, prendendolo per i polsi con delicatezza.
“Cosa devo fare…? Dimmelo tu Jude, cosa… cosa devo fare per avere il vostro perdono…?”
Si guardarono per una decina di secondi, poi il biondo lo strinse, comprendendo che quel continuo tedio avrebbe fatto ricadere presto Colin in un baratro dal quale non avrebbe più potuto o voluto rialzarsi, se lo avessero abbandonato.
“Ssstt… è tutto finito Cole… è passato…hai sofferto abbastanza…Per come io ti conosco, meriti ben oltre una seconda possibilità…”
“Ti voglio bene Jude…”
“Anch’io… più di prima buddy.” – replicò sorridendo e cullandolo.


Geffen, dopo una lunga doccia calda, crolló letteralmente sul letto, dove Jared si prodigó subito per fargli dei massaggi.
Erano nella loro piccola casa di legno, a pochi passi dal mare.
Glam aveva deciso di spostare parte dei documenti del proprio ufficio, nell’unica stanza inutilizzata, perfetta per quello scopo.
“Mai piú traslochi dell’archivio della fondazione… Sono distrutto, è come se un tir mi avesse travolto…”
“Forse era il tir per il trasloco ahahahhah…”
“Mmmm puó darsi… cucciolo sei un vero tesoro, sei molto bravo…”
“Anni di esperienza!” – esclamó divertito, baciandolo tra il collo e la spalla.
“Cosí va bene signore?” – sussurró all’orecchio di Glam, che era ad un passo dall’addormentarsi.
“Eccellente… me lo diceva sempre un professore di diritto all’universitá… Era un uomo terribile, da incubo…”
“Ne ricordo uno … era di arte moderna, guardava le persone sempre dall’alto in basso, un vero idiota…”
“Il mio deve essersi giá estinto ahahhah… Mmmm ecco lí, proprio lí Jared, che sollievo…” – mormoró chinando il capo tra le braccia incrociate.
Jared rimase in silenzio per qualche minuto, poi Glam sentí una lacrima, caduta dai suoi occhi, scivolare lungo la sua schiena.
“Ehi… un pensiero triste Jay?”
Tiró sú dal naso, poi rispose – “Sí… uno dei miei…”
Geffen si voltó lentamente, per stringerlo sul cuore.
Jared affondó il suo pianto nel collo di Glam, mentre lui gli accarezzava con una mano la schiena e con l’altra intrecciava le proprie dita con le sue.
Gli bació la fronte, poi i capelli, finché non si calmó, sorridendo a metá.
“Sei molto buono… e paziente con me Glam.”
“Sono molto innamorato… farei qualsiasi cosa per te piccolo.”
“Kevin non ti manca?”
“Sí, certo… cosí come Colin manca a te, oltre ai vostri bambini. Vuoi tornare da loro?”
“Li vedrò con la web cam… certo non è la stessa cosa, ma li raggiungeró quando Colin rientrerà da Dublino…”
“Ne saranno felici.”
“E… e se poi succede che…”
“Qualunque cosa succeda Jared, so cosa provi per Colin, l’importante è che tu faccia le tue scelte liberamente, senza essere condizionato dalla situazione o forzato da lui… Ora guardami.” – e gli sollevó il mento con due dita, fissandolo.
“Ti guardo Glam…” – disse con un tono di devozione.
“Se vorrai fare l’amore con lui, accadrá e basta e se vorrai restare alla End House io capiró, credimi.”
“Il cuore mi esplode in gola quando trovo al pc anche Colin… Ci sono momenti in cui vorrei ritornare, anche insieme a Syria, sono certo che tutti la accoglierebbero con gioia… almeno spero.”
“Aspetta un bambino da te, è una brava ragazza, certo che la adoreranno.” – sorrise, dandogli un lungo bacio.
“Ho il potere di fare soffrire tutti coloro che mi amano.”
“Forse chi ti ama dovrebbe farlo senza pretendere nulla piú di ció che soltanto tu sai dare Jared… È qualcosa di prezioso, da vivere prima che sia troppo tardi.”
“Prima che io cambi idea, vero Glam?” – domandó nervosamente, sollevandosi.
“Se anche fosse cosí, anzi è cosí, non devi né scusarti, ma neppure pretendere che io neghi l’evidenza.” – replicó, vagamente severo.
Jared salí a cavalcioni su di lui, dopo essersi tolto i vestiti.
Guardó il petto di Glam, poi lo bació, profondendo molte carezze.
Si sollevó nuovamente, dopo avere strizzato le palpebre – “Sono piú stronzo o piú puttana secondo te Glam?” – le sue parole tagliarono l’aria.
Geffen non aveva mai distolto la propria attenzione, né da ció che stava facendo e neppure da ció che stava dicendo.
“Quello che tu ora pensi di essere, Jared, si riflette in me, proprio come se ti specchiassi, non trovi?”
Lui respiró forte.
“Il fatto che io abbia cinquantacinque anni forse non fa di me proprio una puttana, ma di sicuro un fottutissimo stronzo. Stiamo facendo il gioco della veritá, Jared?” – si alzó appoggiandosi sui gomiti, sulle ultime parole.
“Forse… forse il gioco delle parti.”
“E tu sei il regista, lo sceneggiatore, il produttore… forse troppe cose, ma hai abbastanza entusiasmo per tutti.” – lo spostó con dolcezza e si mise in piedi, cercando dei vestiti puliti nel cassettone.
“Pensavo che… dormissimo insieme.” – disse con voce esitante.
“Non ho detto che me ne sto andando.”
“Facciamo un giro?” – un’altra domanda fatta con un timore, mescolato a qualcosa di innocente, che faceva salire dei brividi incessanti alla testa di Glam, che si sfiló rapidamente la maglietta appena indossata, per ritornare da Jared, prenderlo per le spalle, spingendolo sul materasso e baciarlo, baciarlo a lungo, con foga, tanta foga ed infinito amore.
Geffen fece scivolare la mano sul proprio sesso, masturbandosi piano e bagnando la fessura di Jared, che lo aiutó con un po’ di saliva tra le dita tremanti, nello schiudergli quel posto di indispensabile piacere, in cui Glam cercava da sempre una morte ossessiva.
Lo penetró con un'unica spinta, sino in fondo, a Jared sembró quasi che i testicoli del compagno seguissero il sesso in quel movimento continuo.
La bocca di Glam era incollata alla sua.
Gemeva spasmodico, insieme a lui.
Le mani di Geffen brandivano a tratti i fianchi ed a tratti le natiche sode di Jared, che con le proprie si aggrappava a Glam, avvolgendolo con le braccia muscolose, ma sottili, come tutto in lui.
Jared era resistente, ma il soggiorno ed il volontariato ad Haiti lo stavano consumando.
“Glam…! Ahhh…”
Lui insistí su quella porzione di membra, che davano il piacere orgasmico assoluto a Jared, acuito dallo sperma caldo di Geffen, che urló a propria volta il nome dell’amante.
Cadde poi l’oblio sui loro corpi, dimentichi di tante piccole sofferenze, che alla fine confluivano in quella loro storia d’amore, che non potevano piú rimandare.

Jared si chiuse nella doccia ed inizió a toccarsi, fino a venire, ripetendo piano il nome di Colin, invocandolo, come se non avessero piú avuto la possibilitá di rimettersi insieme.
Di colpo sentí un vuoto lancinante nello stomaco.
Prese il bberry ed uscí sulla spiaggia.
Glam dormiva profondamente.
Le ombre della notte accompagnavano i suoi passi veloci.
Arrivó ad un gruppo di scogli, che racchiudevano una piccola caletta.
“Colin ciao… sono io…”
“Jared!... Amore, dove sei?”
“A cinque metri dall’oceano…”
“Lo sento… tutto a posto?”
“Sí… volevo sapere… io volevo…”
“Jay… cosa succede?”
“Faresti una cosa per me Colin?” – stava trattenendo a stento le lacrime.
“Tutto ció che vuoi.” – ribatté Farrell deciso.
“Ho… io ho bisogno… di sentirti respirare, mentre…”
“Di sentirmi Jared…?”
“Sì! … Sei a letto?”
“Da poco…”
“Spegni le luci…”
“Fatto.”
“Sei nudo?”
“No, ho i boxer…”
“Allora toglili, vuoi?”
“Va bene… un attimo… ora non ho piú nulla addosso, a parte il lenzuolo… tolgo anche questo?”
“Sí Cole… grazie…”
“Sono… mi sono eccitato… é… è la tua voce Jared...” – chiuse gli occhi.
“Sei perfetto… adorabile… prenditelo con una mano, falla scorrere, dalla punta, sino alla base, stringi bene quando sei in fondo…”
“Come… come fai sempre tu…”
“Sí Cole… come ti faccio io…”
I respiri di Farrell iniziarono a diventare affannosi e sensuali.
“Sei bravissimo, sei quasi al limite, lo sento…”
“Sí Jay… sí… Dio… io… io sto … venendo!” – digrignó i denti, mentre lo sperma gli inondava il ventre.
“Tesoro… Jay… tesoro sei ancora lí…?”
“Sí Colin… ti amo, sai?... Ti amo da morire…”
“Anch’io ti amo… come un pazzo…”
“Grazie… a… a presto, ti bacio…” – e riattaccó, mentre l’alta marea inghiottiva e suoi singhiozzi e la luna osservava le stille preziose, che sgorgavano dai suoi zaffiri.