mercoledì 31 agosto 2011

GOLD - CAPITOLO N. 246

Capitolo n. 246 - gold


Brian aveva preparato una cena molto saporita.
“Ho esagerato con la senape, vero …?” – domandò, succhiando l’indice di Justin, dopo che lo aveva intinto sul fondo della ciotolina davanti al suo piatto, sorridendo complice.
“No … è tutto perfetto …” – mormorò il biondo, facendo scivolare le stoviglie da un lato della penisola, prendendo il loro posto.
Era completamente nudo dall’inizio e si fermò in ginocchio davanti a lui, brandendogli il viso con impeto - “Voglio succhiarti anch’io, sai?”
“Inizia dalla mia lingua Just …”
“Mi ecciti quando dici Just …” – ed iniziò dai lobi delle sue orecchie, scivolando nel collo, per poi piombare nella sua bocca, travolgendolo in un bacio, alla fine del quale Brian lo sollevò, portandolo sul letto disfatto dal mattino.
Brian si tolse velocemente i jeans, non indossava altro, aprendo le gambe di Justin, senza smettere di baciarlo e leccarlo.
Un cellulare iniziò a suonare, distraendoli per qualche secondo.
“E’ … è il mio … Brian …” – sembrò protestare, spostandolo di poco.
“Ma … ma ti sembra il caso di …” – sbottò il moro, scostandosi e liberandolo da quel groviglio di attenzioni sensuali.
“Scusa, ma aspettavo una conferma per il nuovo lavoro, controllo se è Gary …”
Prese il portatile, ma senza rispondere subito.
“Allora chi è?” – chiese Brian nervosamente.
“E’ … è Colin … pronto …?”
“Ciao Justin, ti disturbo?”
Il ragazzo rise – “In effetti era un bel momento …”
“Oh cavoli … ma faccio in trenta secondi, devi solo mandare le tue credenziali al numero che ti manderò via sms, così ti registrano per l’incarico di cui parlavamo.”
“Sul serio Colin?” - disse esultando.
“Certo, te lo avevo … sì insomma, ne abbiamo parlato appunto …” – replicò come imbarazzato.
“Grazie … non sai cosa vuole dire per me potere lavorare …”
“Ne sono felice anch’io, ora vado, salutami Brian e digli che mi dispiace di avervi interrotto …” - e sorrise, salutandolo.
Justin riattaccò, spegnendo il suo Nokia, facendo poi un balzo sul materasso – “Ingaggio confermato, story board per altri quattro mesi!”
Brian storse il labbro – “Bene … vado a farmi una doccia.”
“Ehi … come una doccia, adesso?”
Lui non gli rispose, andandosene in bagno.

Glam fu dimesso.
Entrò nell’alloggio sostenuto da Kevin, anche se non ce n’era effettivo bisogno.
“Che stanchezza … però non posso abituarmi a questo mare di coccole …” – e rise, mentre Kevin posava il bagaglio.
“Invece sarà proprio così …” – ed inspirando, lo baciò a lungo, dopo essersi seduti sul divano.
Quando si staccarono lentamente, Geffen arrise al suo cucciolo d’uomo, spargendo altri baci leggeri sul suo viso – “Ti amo piccolo …”
“Anch’io … non sai quanto daddy …” – e si asciugò due lacrime dispettose.
“Ehi … ora basta piangere, voglio solo allegria e … a proposito, dov’è Lula?”
“Ho chiesto a Tomo di tenerlo sino a domani mattina … ha protestato, ma io volevo dirti una cosa e preferivo essere da solo con te daddy …”
“Accidenti, sembra una faccenda seria …” – disse sornione.
“La è daddy … è successa qui …”
Glam aggrottò la fronte, poi sbuffò – “Tesoro, se vuoi dirmi di Chris, non è il caso, non rivanghiamo …”
“No daddy, non si tratta di Chris.” – disse serio.
Geffen deglutì – “Vuoi farmi venire una crisi di gelosia mentre sono ancora un budino, Kevin?” – e ridacchiò infastidito da quel discorso.
“Glam la colpa è stata mia, quindi non prendertela con …”
“Con chi?”
“Con Jared …”
“Jared?”
“Non so cosa mi sia preso, ti avevano appena operato, era andato tutto bene, eravamo stremati, ma felici, siamo tornati qui a prendere le tue cose e poi … poi ci siamo fatti una doccia …”
“Insieme?” – ma nel domandarlo Geffen sorrise, vedendo Kevin in difficoltà estrema.
Era terribilmente tenero, in quel suo modo di essere sincero.
“No daddy … nei due bagni … poi io ero in camera nostra … ecco ho fatto anche questa cazzata, farci l’amore nel … nostro letto …” – ed il pianto sgorgò copioso a quel punto.
“Jared sa che me ne avresti parlato?”
“No. Gli ho chiesto di dimenticare, ma come vedi … io non ci riuscivo …” – e si alzò, andando a versarsi una tequila.
“Avete fatto l’amore … non una scopata … E’ importante questo dettaglio.”
“Sì, sai che ci vogliamo bene e poi ci siamo addormentati … Sono stato io a baciarlo per primo, la colpa è mia.”
“Lui non ti ha respinto, quindi perché ti prendi tutta la responsabilità? Vieni qui dai …” – e gli tese le braccia, dove Kevin si rifugiò.
“Perché ti ho fatto questo daddy …?”
“La risposta è dentro di te amore mio … Posso pensare che avevate così paura di perdermi, da volervi ritrovare almeno voi, sentendo che eravate vivi, stando bene, dopo tanto dolore …”
“Quando ti sei sentito male Glam, mi sono sentito in balia della vita, come mai prima, neppure quando mi svegliavo in quello schifo di orfanotrofio, senza la carezza di nessuno, senza una parola gentile per me …”
“Angelo mio … ti adoro Kevin e sono io a chiederti perdono, tu non mi hai fatto alcun torto, anzi, tu mi rendi orgoglioso di noi …” – e lo baciò con intensità.

La saponetta era di colore azzurro, come gli occhi di Justin, che adesso lo stavano scrutando, oltre il cristallo del box.
“Posso entrare …?”
Brian aprì, prendendolo per i polsi – “E’ accanto a me il tuo posto Justin. Lo pensavo e vorrei crederlo ancora.”
“Ti ho dato motivo di non farlo?”
“Lui è ancora tra di noi, in qualche modo, anche se ama Jared, anche se gli chiede un altro figlio, come mi raccontavi … Colin Farrell è come quei virus silenti, che ti è entrato nel sangue o sbaglio?” – affermò rigido.
Justin sgranò gli occhi, scuotendo la testa – “Vuoi che ti dimostri qualcosa? Che rinunci al mio impiego?”
“Assolutamente! Non sei prigioniero del mio amore … tu sei libero di essere e fare ciò che più desideri Justin.”
“Dillo di nuovo …”
Brian chiuse le palpebre, in segno interrogativo.
“Dillo che mi ami … e che il tuo amore puo’ solo custodirmi, senza soffocarmi …”
“Ti amo Justin.”
“Sono tuo Brian … tuo e basta.” – e gli si appese al collo, baciandolo forte.
Brian lo avvolse, tormentandolo con morsi lievi e pressioni delicate su tutti i suoi muscoli contratti, voltandolo poi, per penetrarlo, dopo averlo insaponato con cura.
Justin gemeva, abbandonandosi a lui, che spingeva a fondo, insistendo su quel punto capace di dargli un orgasmo carico di lussuria.
Si svuotò con una sottile cattiveria, ma poi raccolse il suo giovane amante con estrema tenerezza – “Mi fai impazzire … Justin ho paura di perderti, possibile che tu non lo capisca?”
“Non avrai mai ragione di questo Brian, davvero mai.” – e lo baciò ancora.

Brandon chiuse a chiave la porta.
“Tutti a nanna, grandi e piccoli, accidenti che giornata Kurt …” – e si avvicinò a lui, già sotto le lenzuola, buttando sulla cassapanca la camicia ed i pantaloni.
“E quelli Brandon?” - chiese malizioso.
“I miei boxer sono di tua competenza, come da contratto …” – e si allungò sopra di lui, girandolo sul fianco, nella sua stretta calda e rassicurante.
Kurt spense le luci, lasciando sul comodino una candela accesa.
“Quella da dove viene?” – sussurrò, spargendo molteplici baci su Kurt.
“E’ di Jared … è il frutto del mio ricatto, per non rivelare le sue cazzate …”
“Cos’ha combinato stavolta?” – e sospirò, senza però smettere quei preliminari succosi.
“Kevin … ehm …”
Cody ebbe un sussulto – “Cosa?!”
Kurt fece un’espressione buffa, quindi rise insieme a Brandon – “Doveva succedere prima o poi … Kurt tu invece? Non sei ancora caduto con lui …?” – il suo tono era suadente ed ipnotico.
“Ti eccita questo pensiero … da un secolo …” – e gemendo, brandì la sua erezione, facendolo avvinghiare ancora di più a lui.
“Forse … non è un segreto …”
Eppure qualche segreto esisteva anche tra di loro, che coinvolgeva proprio Jared: l’intimità tra questi e Kurt, in diverse occasioni ed il sesso al telefono, che Brandon aveva consumato in una notte un po’ folle.
Appartenevano ad un passato ormai sepolto, un bagaglio di esperienze che aveva arricchito anche il loro legame, indirettamente, senza neppure che ne fossero consapevoli.
Il membro di Brandon era devastante nel suo movimento progressivo – “Che bello fotterti … Kurt cazzo … sei un delirio … sei mio … mio!” – e venne con un urlo, che Kurt mescolò al proprio, baciandolo in una frenesia di tremori e sperma, che li invase ed imbrattò dappertutto.

http://www.youtube.com/watch?v=ms429LgjQAI&feature=related


Brian e Justin


Brandon

One shot - The last kiss - HOLMES TALES

This story is pure fantasy, the characters do not belong to me and there is no reference to their actual sexual orientation.




Sherlock Holmes' Pov



They were warm, but also the last for the day, kisses Watson, on me.
"You have to go, John ...?" - I ask in vain, I know the answer.
This time does not even that, just look at his load of guilt.
She sighs, sitting on the edge of the mattress.
I give him away, turning the other side, naked, covered with a sheet faded from use, often misguided, at least three years.
He sweetens me with caresses and whispered words in her hair - "I could stay, if only I could ..."
You could if you had not engaged, she snapped, but I just have this.
A little of his time now devoted almost entirely to the new house, his future wife, the family acquired the studio renovated next door that her parents have donated to the couple, with best wishes.
They were ready to plunge, although there was a subtle reference in these six months of seemingly peaceful coexistence.
Honestly I did not want to know, spying on the remains, which I was granted: after all I was not so special to Watson, no more and the worst was still another thought.
"And 'for guilt, which will come from me, John?" - Wonder, going back to fix it, because I want the comparison, even the battle, even the beating I make alive and part of something that was not the nostalgia devastating, which leaves me to see you all: yes, because a minimum on the illusion too, perhaps became a being who does not know, like a prostitute, paid not with money but with his piety.
Horrible.
My trusty assistant and cunning, in the beginning, then my best friend along the way, then my lover, surprisingly, finally, the love of all life, with strength and determination, his jealousy has always exalted , his sense of protection, content, the carnal contact, sublimated perceptions, which did not even know.
John I have been really happy with you.
My irises become poignant, he realizes it and hugs me - "I know that you can understand Sherlock ... I know you'll forgive me ... you know I love you, I ... I love you."
And you leave.

Ruminate on the night before.
We had handed over to Scotland Yard a criminal recidivist, which infested Piccadilly, bringing it up in person at the police station.
It was pouring rain, the usual London in November but in that darkness, I felt as protected by the darkness and your eyes, ever vigilant about my follies.
The coach arrived in front of our house, oops, I correct myself, my house, more than one.
You have climbed quickly to your old room, knowing that there were still some clothing.
Without saying a word, I take refuge in the chaos of my staff accommodation, a chaos that is both appropriate to reveal my nature instinctive, but confused, especially in front of your naked body: I ​​just could not stop shaking when you showed itself at the foot of the bed, after you've removed the robe, my gift, that it considers valuable.
"I decided to stay ... you ... Sherlock?"
And I nodded, like those porcelain dolls, which have been cut off their heads and then put back to good and better, reducing it to a fake movement and uncertain, behold, I am in such a manner unbecoming REDUCED.
I am an intelligent man, I have a talent that few have yet received the gift should exchange all my deductive knowledge and virtue, for having no compromises, lies, no more than postpone a renewed cohabitation with you, John ...
I love you ... "I love you ..." - again in tears, while you kill me in this cocoon of illusion, gained thanks to your smile, this proposal does not go home, where a beautiful woman awaits you anxious and hopeful.
We are so similar, Mary and I, so wandering in almsgiving attention by a brave soldier in arms, but timid in love ...
I feel bad, cruel, I reject you, right in your becoming, which would give me enormous pleasure, protests, I shake, sink cynical and ruthless, because your enjoyment is inherent in the beast, screaming and demands satisfaction, in every human being without exception.
You have so abused that as well, for me, well ... maybe I do not love me that much ...
I've yelled and I got two slaps, then your crying and then we made love again, your generous kindness, your warm breath on me, our bodies never really full, my heart ... the our hearts, in a single beat, once again, our mouths in a last kiss ... John

John ...

"I do not want to see you again ... and this time I'm not kidding."
We are in a tavern, I demanded your presence here, amid the squalor because only we can sharpen the vision of what we have become.
"Sherlock can not jump out of your life, even if I wanted, even killing me."
Your reply is grim, harsh, but your irises are swinging, like your right knee, which blocks in a vice, when you realize, blushing at that.
"You're talking behind your sentences to these fake, there is no force now, my dear John, no arrogance, you can not get anything from me."
"I already have everything, you, Sherlock."
Says so hard, but the shortness of breath after my frosty silence, your insane certainties are about to crumble.
A tear welling up, then bounce on your left cheekbone, the weaker party, that of your heart ... John
"I will never stop loving you, but this will never prevent me preserve a modicum of dignity ... and that's what I eat now to give you up, as you did with me John, without pity for this old fool in love yourself to death ... you. "
I get up, I feel evil invade, I'm going to pass out and if it were not for that beer, I gulped down without informing the taste, I would be dehydrated even the dull ache that is devouring me.



The street is deserted, and wet cobblestones, I feel the stench of the slums, the laughter of the sailors, for some clumsy joke, the noises of the port, the rotting boards, the smell of tobacco spit on the sidewalk.
I'm finished, I just want your embrace, a safe place, but here there is nothing and no one who can really save.
Someone pushes me, then snatching the watch from his pocket: you left me, with a dedication - § In a sense from you that in my days, I love you § JW
I recover from the surprise and push him against the opposite wall, I start hitting with a violence that desperate possessed.
Only your action, allows him to escape my fury.
I return the stolen goods, like a child, which was stolen from the moon.
I cower in a corner, her eyes locked with agitation, the chest that looks like a bellows, I am upset and ashamed of my reaction, in your presence, because what bothers me is just another confirmation of what you were right: you had everything about me, John.
I succor - "... Sherlock Sherlock, but it could kill you ..."
Hold me, choking with your strong arms, your spicy scent, I get drunk in your neck of this fragrance and I kiss you, kiss you and adore you ...
"I love you ... my angel ... John ..."
"My love ... my love ... priceless" - and I whisper and kiss me and you ... you are my world ...

And here I thought it was your last kiss was wrong.



THE END


ONE SHOT - L'ULTIMO BACIO

One shot – L’ultimo bacio


Pov Sherlock Holmes



Erano caldi, ma anche gli ultimi, per quella giornata, I baci di Watson, su di me.
“Devi proprio andare, John …?” – chiedo inutilmente, conosco la risposta.
Questa volta non arriva neppure quella, è sufficiente un suo sguardo carico di colpa.
Sospira, sedendosi sul bordo del materasso.
Gli do le spalle, girandomi dall’altro lato, nudo, coperto da un lenzuolo sbiadito dall’uso, spesso incauto, da almeno tre anni.
Lui mi addolcisce con una carezza e parole sussurrate tra i capelli – “Resterei, se solo potessi …”
Potresti, se non ti fossi fidanzato, sbotterei, ma non mi resta che questo.
Un poco del suo tempo, ormai dedicato quasi completamente alla nuova casa, alla futura moglie, ai familiari acquisiti, lo studio rinnovato accanto all’appartamento che i genitori di lei, hanno donato alla coppia, con i migliori auguri.
Erano pronti al grande passo, anche se c’era un sottile rimando in questi sei mesi di convivenza all’apparenza serena.
Sinceramente non volevo sapere, spiare nei resti, che mi erano stati concessi: in fondo non ero così speciale per Watson, non più e la cosa peggiore restava un altro pensiero.
“E’ per i sensi di colpa, che torni ancora da me, John?” – chiedo, tornando a fissarlo, perché voglio il confronto, anzi lo scontro, persino le botte mi renderebbero vivo e partecipe di qualcosa, che non fosse quella nostalgia devastante, in cui mi abbandona ad ogni arrivederci: eh sì, perché una minima illusione la merito anch’io, forse sono diventato un essere che non conosco, simile ad una meretrice, pagato non con denaro, ma con la sua pietà.
Orribile.
Il mio collaboratore fidato e scaltro, in principio, poi il mio migliore amico, durante il percorso, quindi il mio amante, a sorpresa, infine l’amore di tutta un’esistenza, con forza e determinazione: la sua gelosia mi ha sempre esaltato, il suo senso di protezione, appagato, il contatto carnale, sublimato percezioni, che neppure conoscevo.
John io con te sono stato davvero felice.
Le mie iridi diventano pungenti, lui se ne rende conto e mi stringe – “So che tu puoi capire Sherlock … so che mi perdonerai … sai che ti amo, io … io ti amo.”
E te ne vai.

Rimugino su quella notte appena trascorsa.
Avevamo consegnato a Scotland yard un criminale recidivo, che infestava Piccadilly, portandolo personalmente sino al commissariato.
Pioveva a dirotto, il solito novembre londinese eppure in quel buio, mi sentivo come protetto, dalle tenebre e dai tuoi occhi, sempre vigili sulle mie follie.
La carrozza arrivò davanti a casa nostra, ops, mi correggo, casa mia, oltre l’una.
Sei salito veloce alla tua vecchia stanza, sapendo che c’erano ancora alcuni abiti.
Senza dire una parola, mi sono rifugiato in quel caos del mio alloggio personale, un caos che tanto si rivelava appropriato alla mia indole istintiva, ma confusa, soprattutto di fronte al tuo corpo nudo: non riuscivo proprio a smettere di tremare, quando ti palesavi, ai piedi del letto, dopo esserti tolto la vestaglia, un mio regalo, che consideravi prezioso.
“Ho deciso di restare … Sherlock potresti …?”
Ed io ho annuito, come quelle bamboline di porcellana, alle quali è stata staccata la testolina e poi rimessa alla bene e meglio, riducendola ad un movimento posticcio ed incerto, ecco, anch’io sono RIDOTTO in siffatta maniera indecorosa.
Sono un uomo intelligente, possiedo un talento, che pochi hanno ricevuto in dono eppure baratterei ogni mia conoscenza e virtù deduttiva, per averti senza compromessi, bugie, senza rimandare oltre una rinnovata convivenza insieme a te, John …
Ti amo … “Ti amo …” – ripeto in lacrime, mentre mi uccidi anche in questo bozzolo di illusione, maturata grazie ad un tuo sorriso, a questa proposta di non rincasare, là dove una bella donna ti attende trepidante e fiduciosa.
Siamo così simili, Mary ed io, così raminghi nell’elemosinare attenzioni da un soldato coraggioso in armi, ma pavido in amore …
Mi sento cattivo, crudele, ti respingo, proprio nel tuo divenire, che mi darebbe un piacere smisurato, protesti, mi scuoti, affondi cinico e spietato, perché nel tuo godimento è insita la bestia, che urla e pretende soddisfazione, in ogni essere umano, nessuno escluso.
Hai così abusato anche di questo, in me, oltre me … forse non mi ami poi così tanto …
Te l’ho urlato ed ho ottenuto due schiaffi, poi il tuo pianto e poi abbiamo di nuovo fatto l’amore, le tue premure generose, il tuo respiro caldo su di me, i nostri corpi mai davvero sazi, il mio cuore … il nostro cuore, in un unico battito, ancora una volta, le nostre bocche in un ultimo bacio John …

John …

“Non voglio più vederti … e questa volta non sto scherzando.”
Siamo in una taverna, ho reclamato qui la tua presenza, perché solo in mezzo allo squallore possiamo rendere nitida la visione di ciò che siamo diventati.
“Sherlock non puoi buttarmi fuori dalla tua vita, nemmeno se lo volessi, nemmeno uccidendomi.”
La tua replica è arcigna, severa, ma le tue iridi stanno oscillando, come il tuo ginocchio destro, che blocchi in una morsa, quando te ne rendi conto, arrossendo per giunta.
“Mi stai parlando, dietro a queste tue frasi fasulle, non esiste alcuna forza adesso, mio caro John, nessuna prepotenza, non puoi ottenere più nulla da me.”
“Io ho già tutto, di te, Sherlock.”
Lo affermi duramente, ma nel respiro affannoso successivo al mio silenzio gelido, le tue insane certezze stanno per crollare.
Una lacrima zampilla, per poi rimbalzare sul tuo zigomo sinistro, la parte più debole, quella del tuo cuore John …
“Non smetterò mai di amarti, però questo non potrà mai impedire che io preservi un briciolo di dignità … ed è di questo che mi nutro, ora, per abbandonarti, come tu hai fatto con me John, senza pietà per questo vecchio stupido, innamorato sino a morirne … di te.”
Mi alzo, sento il male invadermi, sto per svenire e se non fosse per quella birra, che ho trangugiato senza avvertirne il sapore, sarei persino disidratato dal dolore sordo, che mi sta divorando.



La via è deserta, acciottolata ed umida, sento il fetore dei bassifondi, le risa dei marinai, per qualche scherzo balordo, i rumori del porto, il marciume delle assi, l’olezzo del tabacco sputato sul marciapiede.
Mi sento finito, vorrei solo il tuo abbraccio, un posto sicuro, ma qui non esiste più nulla e nessuno che possa realmente salvarmi.
Qualcuno mi spinge, strappandomi poi l’orologio dal taschino: me lo avevi lasciato, con una dedica – § A te che dai un senso ai miei giorni, ti amo JW §
Mi riprendo dalla sorpresa e lo spingo contro al muro opposto, inizio a colpire quel disperato con una violenza indemoniata.
Solo il tuo intervento, gli permette di sottrarsi alla mia furia.
Riprendo il maltolto, come un bambino, a cui hanno rubato la luna.
Mi rannicchio in un angolo, le palpebre sbarrate dall’agitazione, il petto che sembra un mantice, sono sconvolto ed ho pudore della mia reazione, in tua presenza, perché ciò che mi tormenta è solo l’ennesima conferma di quanto tu avessi ragione: hai avuto tutto di me, John.
Mi soccorri – “Sherlock … Sherlock, ma poteva ucciderti …”
Mi stringi, soffocandomi con le tue braccia forti, il tuo profumo speziato, nel tuo collo io mi inebrio di questa fragranza e ti bacio, ti bacio e ti adoro …
“Ti adoro … angelo mio … John …”
“Amor mio … amor mio impagabile …” – e mi sussurri e mi baci e tu … tu sei il mio mondo …

Ed io che pensavo fosse l’ultimo bacio, sbagliavo.



THE END




martedì 30 agosto 2011

GOLD - CAPITOLO N. 245

Capitolo n. 245 - gold


Il medico disse a Geffen che il tumore era benigno.
La notizia fu accolta con un senso di liberazione da ulteriori ansie legate al ciclo di chemio, previste nel caso fosse stato il contrario, ma anche in quel frangente era necessaria una terapia mirata.
“Quindi Glam ti sconsiglio di andare in Europa, come mi accennavi ieri …”
“Capisco, ma credevo che l’ospedale locale mi avrebbe seguito al meglio.”
“Sono protocolli sperimentali americani, non vengono ancora applicati in altre strutture, poi la decisione finale spetta a te.” – e sorrise, chiudendo la cartella clinica, dopo averla aggiornata.
Kevin ascoltava con attenzione, poi sorridendo si avvicinò a Glam, dandogli un bacio sulla fronte – “Daddy noi resteremo qui, è la scelta migliore, in Svizzera ci andremo questa estate magari …”
“Ne sei sicuro piccolo?” – gli chiese perplesso.
Kevin annuì, senza aggiungere altro.


Kurt stava ballando su di un cubo, al centro di una stanza ancora vuota alla End House, mentre Jared sghignazzava in un angolo, prendendo le birre dal frigo portatile.
La musica a tutto volume, un vecchio pezzo di Madonna, Vogue, rimandato da uno stereo degli anni ’80, cimelio recuperato su qualche bancarella a Londra da Leto, in vena di acquisti vintage.
“Datemi un palo e vedrete cosa so fare!!” – e saltò, ridendo a propria volta come un matto.
Loro stavano bene insieme da sempre.
“Dov’è quel troglodita del tuo uomo Jay??!” – esclamò con voce profonda ed impostata.
“Sul set … lo sai … che scemo che sei Kurt ahhahaha potevi romperti una gamba!”
“Non ho mica l’oste … qualche cosa …”
“Sì l’oste della taverna ahahahah Osteoporosi bestiola!! E dov’è invece il tuo dotto compagno?”
“Ha portato Martin in piscina con gli altri … ah buona e fresca … come sta invece big Geffen?”
“Oddio perché lo chiami così?”
“E’ Phil che l’ha soprannominato così, non io Jared!” – e scolò la lattina.
“Big Geffen, ma sentili …”
“Ti dispiace? Sei geloso anche del suo nome??” – e gli scimmiottò l’ultima frase, facendolo irritare per finta, così che Jared iniziò a dargli delle cuscinate, recuperando i guanciali da un materasso, sul quale alla fine andarono a stendersi.
Guardavano il soffitto, in silenzio.
“Ho scopato con Kevin.” – disse improvviso il cantante dei Mars.
Kurt stava bevendo la seconda Cères e ne sputò il sorso, strozzandosi.
“Co-cosa hai fatto???! Ma sei fuori??!!”
“No Kurt.” – e si sedette, appoggiandosi al muro – “Abbiamo … abbiamo fatto l’amore ad essere onesti.” – aggiunse mesto.
“L’onestà, perdonami Jared, non è il tuo forte …”
“Dovevo dirlo a qualcuno e visto che con Colin non lo farei neppure per scherzo, tanto meno con Glam, è toccato a te il mio sfogo Kurt, sei l’unico di cui mi fidi, a parte Shannon, che però mi spaccherebbe la faccia …”
Kurt lo scrutò, amorevole – “Perché fai queste cose, cazzo …?” – chiese stranito.
“Sei deluso? Hai un amico che è una vera puttana.” – ribattè deciso.
“Non sei … tu non sei … Jared, ascoltami, voglio credere che eravate sconvolti per Glam, che lo amate entrambi e che questa cosa vi abbia aiutati ad esorcizzare la paura di perderlo …”
“Mi sembri Brandon.”
“A forza di stare con lui, ho imparato qualcosa, che ne dici?” – e sorrise complice.
“Ci fai l’amore, con lui …?”
“Sì, certo, molto più di quanto tu possa credere, scemo!” – e rise.
“Non ho mai pensato che …”
“Secondo me lo pensate tutti Jared, visto che Brandon non ha più né quaranta e neppure cinquant’anni, anzi, con i suoi sessanta è ancora molto in forze e prestante … poi è dolce, è l’unico uomo che mi abbia fatto davvero l’amore, sempre attento alle mie esigenze, in un modo che non saprei neppure spiegarti, ma che mi rende orgoglioso di noi.”
La sua voce era convinta ed intenerita, i grandi occhi marrone scuro accesi della passione, che quel discorso gli stava suscitando.
“Brandon è molto fortunato, sei la persona migliore di cui potesse innamorarsi Kurt.”
“Lo so anch’io, dal primo momento … Sì, dal primo momento Jared.”


Brian piombò nei camerini senza preavviso, grazie ad un pass, che proprio Farrell gli aveva mandato da Justin.
Li vide parlare e ridere, in fondo al corridoio.
Il film necessitava di alcuni ritocchi, così si era aggiunta un’ulteriore giornata di lavoro.
Quando lo vide, il grafico gli corse incontro – “Amore!”
Era raggiante e Colin, seppure accogliendo con un sorriso, ebbe una fitta allo stomaco.
Li salutò, inventandosi una scusa per andarsene.
Brian non ci fece caso, anche perché voleva evitare ulteriori scenate al suo Justin, che sembrava pendere da ogni sua parola.

Geffen stava sonnecchiando, dopo avere visto i disegni di Lula.
Il bimbo gliene faceva ogni giorno: bussarono.
“Ti disturbo ...?”
“Colin … ciao, entra dai.” – e gli sorrise raggiante.
“Ciao Glam, come va oggi, ci sono novità?”
“Sì, per fortuna la biopsia ha dato esito negativo, quindi niente arsenico, solo qualche farmaco meno aggressivo.”
“E’ una splendida notizia … Jared lo sa?” – domandò sedendosi.
“Non ancora … cioè non saprei, di sicuro Kevin lo avviserà. Da dove arrivi?”
“Dagli studios … volevo … io volevo parlare con qualcuno di una faccenda …”
“Ed hai scelto me?” – chiese incuriosito.
“Sì … eh lo so che qualcuno mi darebbe del coglione, ma …”
“E per quale motivo? Siamo amici o sbaglio?” – sembrò un rimprovero, ma Glam voleva solo fargli capire che era pronto ad ascoltarlo ed aiutarlo.
Farrell si grattò la nuca: “Ho … ho un problema con Justin …”
Geffen inarcò le sopracciglia – “Ti prego Colin, non mi dirai che …”
“No! No, non è come pensi … Il problema è solo mio, lui vive felice con il suo Brian ed io … c’è un senso di vuoto o di colpa, che non riesco a decifrare, sicuramente legato a quanto è successo prima del mio ictus.”
“Non avevi risolto? Con l’assistenza di Brandon e di Jared?”
“Diciamo che lì ho riempito certe lacune, ma miseria schifosa io non so perché ci sono finito a letto, perché l’ho baciato, perché gli ho detto certe cose!!” – si alterò.
“Ti piaceva … forse ti ricordava l’innocenza di Jared … io Justin non lo conosco così bene.”
“In fondo lui e Jared non hanno mai avuto qualcosa in comune … questa innocenza di cui parli, credo che da Justin trabocchi spontanea, mentre in Jared occorre cercarla, anzi no, aspettarla e se abbassa tutte le barriere allora puoi vederla …” – e perse lo sguardo in fondo alla camera.
“Nessuno conosce Jared meglio di te, Colin …”
Farrell rise piano – “Ti sottovaluti …”
“Ok, a me non l’ha mai nascosta, anzi, debordava in molti gesti, perché sono il padre che gli è sempre mancato. Contento?” – replicò serio.
“Non volevo farti arrabbiare … scusami.”
“Perché diavolo non ne parli con Jude, del tuo Justin?!”
“Jude … no, ho preferito farlo con te … non è la prima volta Glam … E poi non dire, il tuo Justin, ti prego …”
“Diciamo che anche noi due, tu ed io, abbiamo in comune un bene prezioso … è risaputo. Comunque … non farlo soffrire, lui è geloso di Justin, anzi, gli sta proprio sul cazzo ahahahahh”
“Glam …!?” – ma poi si unì alla sua risata.
Colin gli prese la mano, raccogliendola nei propri palmi e portandosela alla bocca, per un bacio – “Ti voglio bene Glam …” – e chiudendo le palpebre, liberò due lacrime.
“Torna a casa e di corsa … hai uno splendido ragazzo americano, che ti aspetta solo per amarti Colin … muoviti.” – e lo congedò, scompigliandogli i capelli.


“Sono questi i momenti in cui sento meno la mancanza di Jared, quelli in cui incontro le emozioni di Colin, scoprendo quanto si amano, dopo tanto tempo ed una montagna di sbagli … è … rassicurante Xavier …!”
Lo scultore ascoltava rapito quei pensieri ad alta voce di Geffen.
“Voi vi amerete per l’eternità Glam, ma parlo di tutti e tre! Ahahahah”
“Voglio che Kevin sia felice, voglio che il nostro domani sia solido … io lo amo infinitamente, seppure il mio cuore sia diviso a metà tra lui e Jared … forse sono l’uomo più fortunato del pianeta, nell’averli accanto …” – disse sereno.
“Tu sconvolgi l’anima ed i sensi, ne so qualcosa.” – e sorrise, spontaneo e sincero.
Geffen sembrò analizzare con cura il volto di Xavier – “Tu hai superato quel momento … io non volevo farti soffrire, ma sono stato un vero … stronzo.”
“No Glam, abbiamo colto un attimo tra tanti altri ed io avevo bisogno di viverlo, così tu … ma potrei sbagliare.” – e sorrise simpatico.
“Siamo stati alla grande, perfetti per quell’attimo.”
“Sono d’accordo …” – e divenne paonazzo.
“Come sta Pamela? Ed il vostro … guapito?”
“Li adoro … anche Phil è presente ed entusiasta per il cucciolo in arrivo …”
“Le mie gemelle lo adorano, so che passano del tempo insieme.”
“Phil ci fa anche i compiti con le tue figlie Glam, è un uomo corretto e maturo, lo amo da morire …”
“Si vede, sarete una splendida famiglia per questo nino, con un nonno come Antonio poi!” – e risero allegri.




lunedì 29 agosto 2011

GOLD - Capitolo n. 244

Capitolo n. 244 - gold


Jude girò la chiave nella blindata con aria afflitta.
Sperava di ricevere almeno una telefonata da Robert, invece nulla.
Inspirò, per trovare il coraggio di affrontarlo, presagendo una pessima reazione da parte sua, come del resto aveva avuto Sienna, che minacciava persino una querela, attraverso il proprio portavoce.
A Jude non importava niente, lui voleva solo riavere il suo Rob e non sapeva in quale altro modo dimostrargli quanto fosse svilito e pentito, per quel gesto davvero insano.
Un profumo gradevole investì le sue narici, così il bagliore caldo di parecchie candele accese, qua e là nell’appartamento.
Erano le otto di sera e c’era un clima fresco, proveniente dalle finestre aperte.
Al centro del living, un tavolo rotondo, apparecchiato per due, con tutti i crismi adorati da Downey, che aveva abituato Jude anche a queste piccole attenzioni, curando dettagli e colori, per compiacerlo e dimostrargli che il loro legame era perfetto anche sotto quel punto di vista.
L’inglese si guardò intorno, provando una sensazione di accoglienza ed amore, in ogni oggetto, che Robert aveva sistemato accuratamente, per dargli quel benvenuto.
“Rob …”
Era finalmente apparso, dal corridoio che portava alla zona notte.
“Ciao Jude … sei arrivato …” – e sorrise, incedendo verso di lui, vestito di scuro, giacca e pantaloni, camicia bianca, scarpe in tono, elegantissimo, abbronzato ed affascinante, i capelli tagliati, così la barba, che al mattino era disordinata, ora era stata delineata in un carismatico pizzetto.
I suoi occhi erano come traslucidi ed a riflessi intermittenti, ma profondi, nell’avvicinarsi a Jude, che rimase senza parole, soprattutto quando il profumo di Robert, dono di compleanno, lo accarezzò, insieme al suo palmo sinistro – “Devo dirti anch’io delle cose amore …” – mormorò con tono pacato, socchiudendo per pochi secondi le palpebre, per poi rivelare nuovamente quei pozzi bistrati di inchiostro.
Jude sorrise: “Ti ascolto …”
“Ho sofferto tanto per ciò che hai fatto e di cui mi hai chiesto persino scusa pubblicamente. Il tuo gesto è stato esemplare, mi ha colpito nel mezzo di tutta questa mia stupida reticenza nel capire che non esiste nessuno al mondo capace di darmi le stesse emozioni, di cui solo tu, Judsie, sei stato capace. Adesso sono io che mi scuso, per essere tornato a causa di nostra figlia, per il suo bene, imponendomi che dovevo ristabilire il nostro legame, vista la responsabilità, che ci eravamo assunti ad Haiti: mentivo a me stesso, creando un’ulteriore motivo di rancore, visto che io sono letteralmente volato da te, perché non riuscivo a vivere senza quello che adesso si muove nel mio petto, nella mia mente, nelle mie mani … è il nostro amore e se ciò ha un nome, lo conosciamo unicamente tu ed io, Jude Law … ti amo così tanto, credendo di annullarmi, mentre invece io rinasco ogni giorno insieme a te, che mi vuoi così bene …” – e lo abbracciò sull’ultima frase, baciandolo dapprima piano e poi sempre più intensamente, ricambiato a pieno dal suo meraviglioso sposo.
La loro eternità era stata ripristinata.


Jared si era seduto al capezzale di Geffen.
Era stato trasferito in una camera privata, arredata come se fosse in una casa qualunque, con due poltrone, una lampada a stelo, dei quadri, un cassettone, sopra al quale il cantante aveva invasato i fiori, portati in dono al suo Glam.
Il senso di possesso e di appartenenza, sembravano pulsare nelle vene, che gli percorrevano il collo sottile.
Era stremato da sensazioni contrastanti e la vicinanza di Kevin lo turbava oltre misura.
Doveva mantenere quel segreto, anzi, doveva dimenticarlo.
Sfiorò il polso di Glam, al quale erano stati sospesi i sedativi.
Era un’attesa fatta di riflessioni e di speranze, scambiate tra gli amici, sempre presenti e disponibili.
Chris aveva preso in braccio Lula, accompagnandolo dal padre, mentre Kevin era tornato all’attico a riposarsi.
Quando vide Jared, ebbe un’esitazione, come se temesse di disturbare entrambi, ma poi il bimbo iniziò a scalpitare: “Mi porti dal mio daddy zio Chris!?”
“Certo tesoro … vai da solo, c’è zio Jared, io aspetto qui, lo sai che non possiamo entrare in troppi …”
Lula tirò la manica della camicia di Jared, che lo accolse con un sorriso radioso – “Soldino di cacio, cosa ci fai tu qui?”
“Aspetto che il mio papà si svegli!” – e nel dirlo, salì sulle gambe di Jared.
“Il mio … soldino … di cacio …”
La voce di Geffen era flebile, ma quando loro la percepirono, fu un’esplosione di gioia: “Papààà!!!”
“O mio Dio … Glam … Glam sei sveglio!”
I suoi occhi si riempirono di lacrime, Chris avvisò il medico e l’equipe si riunì velocemente, per controllare i valori del paziente, ancora piuttosto confuso.
“Lula il dottore deve visitare papà, dai usciamo, dobbiamo chiamare Kevin …”
“Sì lo faccio io, lo faccio io!!” – e saltellava allegro, mentre Jared gli passava il cellulare.
Il bassista dei Red Close si precipitò, per stringersi al suo uomo, unendosi alla ritrovata serenità di Jared, che pregò Flora di avvisare anche gli altri.


“Ultimo giorno di lavoro, come ti senti Colin?”
Il sorriso di Justin era accattivante, ma non i suoi gesti.
Era professionale e gentile con tutti, ma con Farrell aveva un’intesa perfetta sul set, dando l’impressione di avere superato qualsiasi imbarazzo.
“Stanco … e stressato per le condizioni di Glam …”
“Non ci sono novità?”
“E’ stabile, l’hanno dimesso dalla rianimazione, ora non resta che attendere … comunque volevo parlarti di un progetto, sono ancora indeciso sul da farsi, per via dell’impegno di diversi mesi, ma è buono e ti ho proposto per lo staff tecnico, anzi, direi che ti ho imposto, visto come sei bravo.” – e sorrise, prendendo un caffè dal vassoio e porgendone un secondo a Justin, che arrossì lievemente.
“Imposto …? Non vorrei che …”
“Non pensarci, qui bisogna marciare come carri armati, devi fregartene dell’invidia e pensare solo a te stesso, funziona così e così dev’essere, tanto nessuno ti regala niente, gli amici veri sono una razza in estinzione Justin.” – affermò convinto e vagamente nervoso, per quei due fanali, che lo stavano scrutando.
“Sei un tantino cinico Colin, ma hai ragione … si puo’ sapere cosa ti prende? Ti sento … strano.”
“Te l’ho detto e poi non preoccuparti, sono sopravvissuto a momenti peggiori.”
“Hai dei problemi con Jared? Per via di Geffen, a me puoi parlarne, sai che sono dalla tua parte.”
“Anche quando sbaglio?”
“Se no a che servono gli amici?” – e ridacchiò, fissando un punto altrove.
“Venite a cena da noi, tu e Brian, stasera magari …”
“Stasera? Perché no … ah guarda che il tuo cellulare sta vibrando Colin.” – e lo indicò sulla mensola del trucco.
Farrell lo prese – “E’ Jared … sì pronto … accidenti davvero?” – e sorrise.
“Ok … ok arrivo, mi porta Justin, ci vediamo tra poco amore.”
“Sì ti aspetto Cole …” – replicò Leto sommessamente.
Chris notò quel suo spegnersi – “Ehi va tutto bene?”
“Ehm cosa …? Sì … sì Chris, a meraviglia ora che Glam è resuscitato!” – e liberò una risata incerta e persino stonata con la contrazione del suo viso.


Kevin si era rilassato sul cuore di Glam.
“Batte forte e sicuro, come al solito … mi piace questo suono daddy … ti amo da impazzire, sai?” – e gli diede l’ennesimo bacio.
L’avvocato non aveva mai smesso di sfiorargli i capelli, avvolgendolo con amore e gratitudine – “Ti ho sognato tutto il tempo Kevin … eravamo in un luogo che non conosco … e poi in montagna … forse sarebbe meglio che ci andassimo sul serio, per la mia convalescenza, cosa ne pensi?”
Kevin si sollevò, arridendo a quella proposta – “Ma sarebbe meraviglioso! Tu, io e Lula, sì facciamolo, lo dico al nonno, ci presterà il jet oppure Owen …” – e gli diede un bacio più profondo, che Geffen assaporò con estrema partecipazione.
Il lieve tossire di Jared li interruppe – “Chiedo venia … ma volevo dirvi che abbiamo dato la bella notizia a figli, nipoti, ex mogli, colleghi, gente di passaggio, venditori ambulanti …” – disse con aria simpatica.
“Vieni qui Jared …” – Glam gli porse le mani, così Kevin, per poi raccoglierlo con tenerezza, come se anche lui facesse parte di un armonia ritrovata.
“Ti voglio bene …” – gli sussurrò Kevin e Geffen lo imitò, baciando poi entrambi sulle tempie – “Senza di voi non ce l’avrei mai fatta … sei venuto a trovarmi anche tu, Jared, urlavi e strepitavi che non dovevo andarmene, quindi come potevo deluderti?” – e rise.
“Tu non ci hai mai deluso Glam … mai.” – e gli diede un bacio sulla guancia.
Colin li ritrovò così, in un groviglio di sorrisi e lacrime di commozione.
Justin rimase un passo indietro, sentendosi escluso da quel contesto, al quale anche Farrell si aggregò raggiante – “Sei proprio un maldido, come dice Pam, accidenti a te … accidenti a te …” – e si strinse a Glam, approfittando dello spazio che Jared e Kevin gli lasciarono immediatamente.
Leto sorrise compiaciuto, per poi smorzare quella sensazione positiva nel fissare Justin: “Ciao … entra pure se vuoi …” – gli disse abbozzando un sorriso.
“Non voglio disturbarvi …” – ribattè il biondo educatamente.
“Ma quale disturbo, dai vieni” – “Ti ringrazio Kevin … ciao Glam, come stai?”
“Ehi ciao campione … direi vivo … e vegeto, ancora una volta.” – rispose divertito, seppure accorgendosi del disagio di Jared.
Il chirurgo li fece allontanare per visitare con calma Geffen.
Justin si congedò, seguendo in ascensore Chris, pronto a tornare da Tomo insieme a Lula, che avrebbe dormito da loro in camera con Josh.
Colin e Jared rimasero da soli nella saletta di attesa – “Pericolo scampato … non ce lo leveremo mai dai piedi ahahahh”
“Sì Cole … devo dire che accade anche con altre persone …” – e scrollò le spalle, armeggiando con la macchinetta degli snack – “Ne vuoi uno anche tu?”
“No Jay grazie … lasciale perdere, ti porto a mangiare qualcosa di più sostanzioso, vuoi?” – e cingendolo da dietro, lo baciò caldo sulla nuca.
Jared intrecciò le proprie dita a quelle di Colin, sospirando emozionato – “Ho bisogno di te …” – poi si voltò, afferrando il volto del compagno, per baciarlo veemente.
Farrell in risposta, lo invase tra le gambe, strofinando il membro di Jared, spingendosi oltre, sino alla sua fessura, sentendo dapprima il gonfiore, poi il calore dei punti raggiunti dal suo tocco sorprendente attraverso la stoffa sottile – “Ti sbagli, io ho bisogno di te Jay …” – e gli leccò la bocca, schiusa in quel modo tipico e suadente, con cui il ragazzo di Bossier City toglieva la ragione a chiunque ne godesse la vista.
“Cole … mioddio Cole …” – e si aggrappò al suo collo – “Non smettere … Cole … non smettere … toccami ancora …” – e lo attirò in una rientranza buia, dietro ad una tramezza in cartongesso, contro alla quale erano piazzati i distributori automatici.
Farrell lo appoggiò con eccessiva esuberanza a quella parete posticcia, facendo tremare sia Jared che il resto, ma ormai lui si era slacciato i pantaloni, permettendo a Colin di intrufolarsi sotto all’intimo, macchiato dai suoi umori.
Con due dita lo penetrò, facendolo sussultare e gemere, tanto che Colin smorzò quelle grida con un bacio assurdamente erotico.
Affondò in Jared, aprendo la mano ed inserendo l’indice ed il medio sino alla base, sostenendolo poi nel colpirlo ripetutamente.
Con la sinistra lo stava masturbando, così da donargli un piacere completo.
Jared era avvinghiato a lui, sudato, i capelli appiccicati agli zigomi, vermigli e tremuli.
Fu un orgasmo incredibile.
“Fammi un pompino … ricambia la cortesia …” – gli ringhiò Colin, come assatanato da quella loro ennesima performance.
“Non sono una puttana …” – replicò, umettandosi ed ansimando, ottenendo nel moro una spasmodica eccitazione.
“Certo, sei la MIA puttana! Muoviti!” – gli ruggì, costringendolo ad inginocchiarsi.
Jared era un autentico portento, Colin ne era consapevole, ma il rapporto orale che ne seguì fu qualcosa di memorabile.
Lo sporcò dalle tonsille al petto, uscendo e rientrando a ripetizione, quando Jared lo fece venire copiosamente.
“Cazzo … cazzo!!” – ed incamerò parecchio ossigeno, per stabilizzare il fiato – “Voglio scoparti Jay … ma non qui! Andiamocene subito!” – e lo trascinò via con lui.





domenica 28 agosto 2011

GOLD - Capitolo n. 243

Capitolo n. 243 - gold
When the tears go down


Colin aveva indossato il camice, i calzari, la mascherina e la cuffia, prima di entrare nella camera sterile di Geffen, che riposava sedato e collegato ai monitor di controllo.
Gli prese la mano sinistra, mentre con la destra gli sfiorava la fronte, con il fastidio del lattice dei guanti.
Colin sorrise.
“Vorrei svegliarti Glam, ma forse è meglio che tu dorma ancora un po’. A me piaceva lo stato di coma, vedevo e sentivo cose incredibili, ho persino incontrato i miei nonni, sai? Eppure io ascoltavo, anche le parole che mi hai detto.”
Si chinò, posando un bacio leggero sulla tempia di Glam, che non cambiò espressione.
“A modo suo, Colin, lo ha sempre amato …” – mormorò Jared, che oltre il vetro, insieme a Kevin, lo stava osservando, con malinconia, verso un tempo, che non sarebbe più tornato.
Ci aveva pensato durante il tragitto verso l’ospedale, al periodo in cui erano loro due soltanto, anche se tra centinaia di persone, con cui interagivano per lavoro o motivi di famiglia, ma senza in fondo lasciare spazio a nessuno, di interferire con la loro dimensione fatta di amore, di lacrime, di urla, di botte, recriminazioni e riconciliazioni.
Jared e Colin: due nomi scritti sul tovagliolo di carta, in un caffè all’aperto di Malibu, dopo l’ennesima litigata, scarabocchiati dal cantante dei Mars, che nelle orecchie aveva ancora nitido il tonfo della porta sbilenca del motel poco distante, dove avevano dormito, lui sobrio ed incazzato, Farrell fatto e stordito da troppe tequila.
Avevano scopato, non poteva definire diversamente quell’atto, che ormai andava ripetendosi senza alcuna partecipazione emozionale e sentimentale, visto che l’irlandese non aveva un solo momento di lucidità da un paio di mesi e Jared aveva esaurito le lacrime, nel vano tentativo di redimerlo.
§ Quando le lacrime scendono, possiamo assaporarne il gusto, scoprendole sempre salate, certo, ma con un piccolo sforzo ne leggeremo le diverse sfumature e non ce n’è una buona in quelle che verso per Colin … §
Era l’ennesimo sms inviato da Leto al fratello Shannon, pronto a fare a pezzi quel bastardo di Farrell, glielo ripeteva ormai sgolandosi inutilmente.
Il ding dell’ascensore, riportò Jared davanti a quella barriera, che li separava da Geffen.
Colin era sparito, Kevin si stava già preparando per entrare e tutto aveva un aspetto sfocato.
“De-devo sedermi …”
“Jay …!” – esclamò Farrell, apparso improvviso e pronto per sorreggere il compagno.
Adesso era buio, ma nella sua mente si rincorrevano vivide le risa lungo la collina, verde smeraldo, animata dal vento d’Irlanda, sul retro della casa di quei nonni che Colin tanto amava.
Quei due signori anziani, avevano però capito quanto fosse importante l’amore che univa il nipote a quello strano ragazzo americano: la prima volta che lo videro, Jared aveva dei pantaloni di pelle così attillati, da sembrare persino volgari, ma su di lui erano un incanto.
Le unghie smaltate di nero e l’eye liner, a sottolineare quei due laghi colmi di sogni: “Ha degli occhi bellissimi il tuo amico …” – disse il nonno, Colin arrossì e l’altro comprese, approvando per giunta, nonostante l’età e le abitudini.
Furono due settimane meravigliose, senza droga, né alcol, neppure sesso, ma solo un’intimità praticamente casta, sul letto a baldacchino incastrato in una mansarda pulita ed in ordine, profumata di lavanda e con grandi vasi di erica sotto al lucernaio.
Da lì i due giovani potevano vedere le stelle, abbracciati e nudi, innamorati e semplici: a Jared mancava quella dualità esclusiva, quel tutto che aveva imparato a conoscere grazie a Colin.
Quando riprese i sensi, da quel lieve svenimento, si aggrappò al suo collo, come un bimbo – “Cole … andiamo … andiamo dai nonni …”
“Tesoro come ti senti? … i nonni? …”
“Il cottage … nel sottotetto …”
“Jay quella casa non esiste più … e neppure loro, purtroppo, l’hai dimenticato …”
Jared scoppiò a piangere, mentre Colin lo cullava – “Mi dispiace piccolo … mi dispiace …” – e prendendolo in braccio, lo portò via.


La suite era invasa dal buio, così il cervello di Jared, che voleva solo sentire le spinte di Colin, dentro di sé, fino a riperdere i sensi, per quanto fosse devastante unirsi a lui.
Farrell lo aveva portato lì, per dargli ciò di cui entrambi avevano bisogno, per disintossicarsi dal dolore e dai rimorsi.
Jared sentì nel proprio collo il pianto di Colin, mentre veniva, sussurrandogli rassicurazioni ed amore, ciò nonostante il senso di paura non si decideva ad abbandonarlo.


Jude stava ancora dormendo.
Robert scrutava le linee del suo volto, l’arcata delle sopracciglia, l’attaccatura dei capelli arruffati, la forma delle labbra, che si schiusero in un meraviglioso sorriso, appena Law si svegliò, illuminando quello che gli stava intorno.
“Rob …” – mormorò, abbracciandolo e spargendo baci dalla sua fronte, all’incavo sotto al mento, per poi risalire dalla parte opposta – “Rob … Rob …”
Era una sequenza lenta e profonda, i corpi tiepidi di sonno, ma poi sempre più bollenti, nell’aderire l’uno all’altro, alla ricerca di qualcosa che sembrava perduto, ma che, in realtà, era come nascosto.
“Jude … perché stai piangendo …?”
“E tu perché sei così triste …? Perché non ridi più come prima …?” – stava singhiozzando, nel mentre gli poneva quei semplici quesiti.
Downey si sentì spezzare – “Non … non riesco a perdonarti davvero … io non ci riesco Judsie, mi dispiace …”
Jude fuggì via, dopo essersi vestito velocemente, senza che Robert muovesse un muscolo per fermarlo.
Era incapace di reagire, schiacciato da quella disperazione, che gli stava urlando parole indecifrabili.


“Papà sta riposando?”
“Sì Lula … ma presto tornerà da noi, te lo prometto cucciolo …” – e lo fece scendere, per accompagnarlo fuori dal reparto.
Lula aveva voluto vederlo a tutti i costi e Kevin non poteva rimandare oltre, soprattutto dietro alle lacrime del figlio, che iniziava a pensare “ … papà è in cielo? Come zia Syria …?”
I suoi pozzi di cioccolato si inondavano di lacrimoni, quindi doveva controllare che Kevin gli stava dicendo la verità, per tranquillizzarsi.
Jared stava arrivando con un mazzo di fiori.
Kevin gli sorrise, mentre Lula gli correva incontro – “Zio Jared lo sai che papà tra poco si sveglia?? L’ho sognato stanotte!”
Il cantante dei Mars si mise in ginocchio, accogliendolo sul proprio cuore: “Lo spero davvero angelo mio …” – e senza sapere come si ritrovò le dita intrecciate a quelle di Kevin, nello sfiorare i capelli di Lula.
“Grazie per essere qui … vai da lui e parlagli un po’, vuoi?”
“D’accordo Kevin … d’accordo.” – ed inspirò a fondo, prima di rialzarsi.
Una chiamata lo distrasse: era Shan.
“Jay sei in ospedale?”
“Ciao … sì, ma non ci sono novità …”
“Se hai il tablet, connettilo sul canale 12 … o se c’è una tv nella saletta accendila e guarda cosa stanno trasmettendo.”
“Aspetta, ci stiamo andando con Kevin e Lula … ma che succede?”
“Lo scoprirai da solo, a presto.”
Kevin ebbe un attimo di stupore – “Ma è Jude … cosa sta facendo, una conferenza stampa?”
“Alza un po’ il volume … sembrerebbe di sì.”
Elegantissimo, in un completo grigio chiaro, Law era circondato da giornalisti e dai collaboratori del suo ufficio stampa.
Gli stessi avevano avvisato Robert, che si era accomodato in poltrona, con Camilla tra le braccia.
“Buongiorno a tutti. Mi chiamo Jude, Jude Law, credo che molti di voi mi conoscano per il mio lavoro di attore ed altri per un mare di pettegolezzi, che circolano su di me da tanti anni. E credo peraltro che ad alcuni sembrerà un deja vu, anche se questa mia dichiarazione pubblica, la volta scorsa, era rivolta ad una donna, che amavo, con la quale ho avuto un figlio, che adoro.
Io la tradii, con la baby sitter dei miei primi tre figli: fu un atto deplorevole ed anche ripetuto, così che dopo averlo scoperto, lei mi lasciò.
All’epoca decisi di fare ammenda, esponendomi al giudizio della collettività e lei mi diede un’ulteriore chance, per proseguire il nostro rapporto.
Lottavo, anche contro me stesso, per sostenere l’immagine che piaceva alla mia famiglia, ai media, ai fan, al monto intero, tranne che a me.
Ero frastornato dal successo e turbato dalle critiche, spesso mi rifugiavo nell’alcol, frantumando l’autostima e mandando all’aria quel briciolo di decenza e dignità acquisite.
Un giorno, però, conobbi una persona e mi innamorai sul serio e per la prima e definitiva volta, nella mia esistenza sgangherata.
Ebbi davvero paura, perché non ero minimamente alla sua altezza, per le qualità del suo animo, per la bontà che traspariva da ogni gesto.
Nonostante mi desse continue conferme, ho temuto di perdere il suo amore in parecchie occasioni e sostanzialmente avevo ragione su di una cosa: non l’ho mai meritato abbastanza.
Il suo nome è Robert Downey Junior, ma è solo un nome, visto che non esistono abbastanza termini per descriverlo.
Se l’amore ha un nome, per me resta Rob e gioisco nel pronunciarlo, nel pensarlo, nel ripeterlo … Rob adesso starà ridendo o piangendo, per la situazione paradossale, per me, per noi, per questo mio atto, visto che oggi io chiedo scusa a lui.
Ho tradito il mio uomo, l’ho tradito una sola volta e proprio con la donna di cui parlavo prima, Sienna Miller.
Vorrei spiegare anche a me stesso il motivo di questo sbaglio, vorrei potere trovare un senso, ma non mi resta altro che chiedergli scusa e dirgli che mi sento un bastardo, quel bastardo che non ha mai meritato il suo amore …
Ho materializzato tutte le mie insicurezze, le ho buttate fuori e Robert ha saputo darmi comprensione, seppure distrutto da questo errore imperdonabile …
Rivoglio la mia vita con te Robert, con la nostra bambina e gli altri figli che abbiamo … Dimostrerai nuovamente quanto tu sia grande ed io immensamente piccolo, ma almeno potrò rannicchiarmi nel cuore immenso che hai saputo donarmi, quando ci siamo sposati … Accidenti, che sto dicendo, da quando … da quando ci siamo innamorati … E come ho sempre sostenuto, da molto prima di incontrarci, lo sai … Ci vediamo tra poco, ti bacio. Grazie per avermi ascoltato.” – e salutando gli astanti, se ne andò con calma, seguito da due assistenti.



venerdì 26 agosto 2011

GOLD - CAPITOLO N. 242

Capitolo n. 242 - gold


Le ore sembravano non trascorrere mai.
Colin era arrivato da solo, con il fiatone, ma appena vide Jared perse un battito.
Lo strinse così forte da piegargli le costole, sotto al maglioncino di cotone nero, sopra a dei jeans scoloriti, che lo facevano sembrare ancora più magro.
“Colin … dov’eri … non lasciarmi, non lasciarmi …” – disse sommessamente, accasciandosi sul divanetto della sala d’attesa.
Meliti era fuori sul ballatoio a fumarsi un sigaro, fissando il vuoto e sentendosi come perduto, al pensiero che Geffen potesse non farcela.
Pamela stava inveendo in spagnolo con un medico di passaggio, perché nessuno li aggiornava, trattenuta da Xavier e Phil, preoccupati per la salute del bimbo, ma lei era una vera furia.
Chris cullava Kevin, che non parlava più ormai.
Ogni tanto sembrava perdere i sensi per la tensione, ma poi si rianimava al primo rumore, senza alcun risultato, perché il resto del mondo, in quell’ospedale, sembrava andare avanti senza curarsi del suo stato d’animo.
Kurt e Brandon si prodigavano per tutti e così facevano Shannon ed Owen, rientrati frettolosamente da un breve viaggio in Messico.
I figli di Glam erano accorsi e persino Richard era montato sul primo volo disponibile.
Voleva dire al suo vecchio, che sarebbe diventato nonno per la seconda volta ed era il più straziato, soprattutto nel vedere quanto Kevin soffrisse: gli voleva molto bene e gli era grato per avere reso il padre un uomo migliore.
Le madri erano assenti, ma venivano informate, nonostante non avessero mantenuto buoni rapporti con l’ex marito.


Ormai albeggiava e fu in un sussulto generale, che i presenti si svegliarono.
Il cardiochirurgo si palesò a loro, con il camice macchiato di sangue.
L’aria stravolta.
Due equipe si erano alternate, ma lui era stato sempre presente.
Si tolse mascherina e cuffia, asciugandosi il sudore: “Accidenti che nottata, come state?” – chiese con un mezzo sorriso, che sembrò rassicurante.
“Come sta dad … Glam …?”
“Abbiamo preso una bella cantonata …”
“Co-cosa? Cosa sta dicendo …?” – chiese Jared avvicinandosi, l’aria nevrastenica di chi è arrivato al limite e sta per scoppiare.
“Era un piccolo, schifosissimo tumore, nascosto dietro al tessuto cardiaco. Non lo abbiamo visto durante gli esami, ma per fortuna non vi ci si è attaccato il bastardo … Lo abbiamo rimosso completamente, ora faremo la biopsia e se fosse maligno, per precauzione, sottoporremo il paziente ad un breve ciclo di chemio, diversamente, la zona è pulita ed anche il sangue trarrà giovamento da una terapia di nuova generazione, lo sapremo presto …”
Kevin lo prese per i polsi, lo sguardo allucinato e commosso: “Grazie … io … io la ringrazio, anche a nome del nostro bambino …” – e fece per alzarsi, ma ci mancò poco che crollasse.
Colin lo sostenne, nell’entusiasmo generale di chi era rimasto.
Antonio aveva accompagnato a casa Pamela, mentre le gemelle erano lì, con i loro fratelli, in una comunione di gioia sconosciuta sino a quel momento.
Abbracci e lacrime si mescolarono, così le risa isteriche e liberatorie, tra Kevin, Jared e Xavier, il quale blaterava in spagnolo una serie di esclamazioni colorite.
Il dottore si dileguò con un “Vado a sbronzarmi … ci vediamo in serata.”
L’aria che entrò dalla finestra, spalancata da Brandon era frizzante, in quel nuovo giorno a Los Angeles.


“Faccio una doccia … Jared i cambi per daddy sono nel cassettone, li avevo già preparati e poi c’è un borsone nella camera armadio, è rosso o marrone, non ricordo … c’è il resto della roba … grazie.”
Erano tornati all’attico per recuperare il necessario alla degenza di Glam.
“Vuoi che ti prepari qualcosa da mangiare Kevin?”
“No … non lo so … sono così felice e … stanchissimo …”
“Siamo tutti provati, ma ci riposeremo domani o dopo …” – e sorrise, andando verso le ante scorrevoli, aprendole per cercare quanto gli aveva detto il compagno di Geffen.
“Sì … hanno detto che non si sveglierà subito … coma indotto …”
“Come hanno fatto con Colin, ma vedrai che farà un sacco di sogni e poi ce li racconta.”
“Sarà così … certo … mi lavo e torno, se vuoi usare l’altro bagno Jared fai pure …”
“Non me lo faccio ripetere, sono sudato come un caprone … cavoli …” – e canticchiando andò dall’altra parte dell’appartamento.
Quando tornò da Kevin lo trovò sul letto, in accappatoio, com’era lui – “Ho messo i miei stracci in lavatrice, mi presti qualcosa?”
“Serviti pure … chiudo gli occhi solo due secondi …”
“Facciamo che io torno in ospedale e tu rimani e riprendi le forze, ti mando qualcuno se non vuoi stare solo …” – propose, sedendosi sul bordo ed accarezzandogli i capelli.
Kevin si tirò su lentamente, posando il capo sulla spalla di Jared, liberando le ultime lacrime di tensione – “Se la caverà … vero?”
“Sì … lui è il tuo daddy, è … il nostro mondo …” – e lo avvolse, per poi tornare a guardarlo – “Andrà tutto bene Kevin …” – e sorrise mesto, colmo di paura.
Si strinsero in un ulteriore abbraccio, mentre i singhiozzi del bassista andavano a spegnersi – “Gli darei la mia vita Jared … gli darei tutto di me, per riportarlo a casa …”
“So che lo faresti, nessuno ha saputo amarlo come te …”
“Neppure … neppure tu?” – domandò con un’espressione quasi estatica, perdendosi nelle iridi di cobalto di Jared.
Il cantante scosse di poco il viso, come imbarazzato.
Kevin si sporse, baciandolo, dapprima a scatti, come se le loro labbra scottassero e poi con un contatto pieno ed immenso.
“Ke-kevin … cosa stai …” – protestò a bassa voce, come se il fiato gli venisse meno per lo stupore.

Fu sconvolgente il lambire la pelle l’uno dell’altro, avvinghiati in un intreccio di saliva e lingue, che combattevano, come i loro sessi, turgidi e prestanti: senza mai smettere di fissarsi, si distaccarono quel minimo per masturbarsi a vicenda, sconvolti per quanto fosse piacevole, poi Kevin capovolse la posizione, mettendo Jared sotto ed iniziando a baciarlo ovunque, fino a succhiare e pompare il suo membro già bagnato.
Deglutendo ed ansimando, si posizionò meglio, gemendo nel strofinarne la punta lungo la propria fessura, aiutato da Jared, che non vedeva l’ora di impalarlo, come se il suo spirito si fosse dilaniato in quel desiderio di lui inatteso.
C’era sempre del gel in qualche anfratto della spalliera, così Kevin se ne servì per preparare Jared, ricambiato dalle dita di lui, che si insinuarono decise, facendolo urlare.
“Sono pronto … Jay … prendimi, avanti …!” – sembrò protestare.
Fu bruciante ed assoluto, salire in lui e poi ridiscendere.
Kevin si muoveva benissimo, era esperto e Jared stava impazzendo: non aveva mai tratto tanto piacere da quella posizione come con lui.
I colpi di reni si susseguivano, finchè Jared lo portò sotto, aprendolo maggiormente e scopandolo a pieno.
I loro busti si incollarono, erano così saldi l’uno all’altro da sentirsi spezzare entrambi nel mezzo, fino ad esplodere.
Fu un orgasmo lacerante ed all’unisono, perché Kevin era talmente eccitato da non avere bisogno di altri stimoli.
Sporcò il ventre di Jared, pervaso da contrazioni e spasmi, che lo fecero tremare a lungo, dopo che uscì da Kevin, urlando e piangendo.
Ripresero a baciarsi con calma, assaporandosi ancora, toccandosi e leccandosi, così appagati da rilassarsi e dormire per qualche minuto appena, ma profondamente.


Si misero due tute uguali e delle infradito, nel silenzio della camera, dove c’era di nuovo un ordine statico.
Kevin aveva cambiato le lenzuola, serafico e concentrato in mille pensieri, così Jared aveva riunito la biancheria per Glam, insieme a delle foto di Lula: “Gli darà gioia vederle, quando …” – “Sì, sarà così Jared.” – e lo guardò sereno.
“Kevin ascolta …”
“Anche se è successo … non è mai successo … ok?” – esordì, con aria smarrita, ma senza alcuna pretesa che Jared lo assecondasse, era come se gli stesse dando un semplice consiglio.
Jared annuì, prendendo le chiavi dell’auto ed il cellulare, lasciati sul comodino – “Ok … andiamo, è tardi.”



GOLD - CAPITOLO N. 241

Capitolo n. 241 - gold

Pov Glam Geffen

La mia vita è come questo viale alberato, che ora sto percorrendo stringendo l’anima di una signorina rossa, che ha un cuore fatto di rombi, poco inclini ad andare al rallentatore, come adesso.
Lei era simbiotica con il mio modo di essere, la mia Ferrari, di tutti i colori possibili, come le scelte che ho accumulato, sbagliate o giuste non importa.
Anzi, no, importa eccome, ma vorrei non essere così severo, in questo preciso istante, in cui vado cercando la risposta che manca in fondo alla pagina.
Vorrei sapere se ce ne saranno altre, solo un dettaglio, ne ho viste di peggio, di giornate o di prove?
Su Glam rispondi …
Voglio solo guardare all’amore oggi.
A quello che non ho fatto con Kevin e neppure con Jared, a quello che farei con Syria, se fosse qui, perché oggi mi va così, magari fuori giri, come sta andando il motore, protestando e tossendo, proprio lo stesso che capita a me da alcune mattine, al risveglio.
Mi sento stanco.
Sento il profumo di Jared, in un fazzoletto che tengo in tasca dal nostro ultimo incontro: glielo avevo prestato per asciugarsi il pianto e lì è rimasto.
Sono macchie dilatate e screziate, sono l’essenza di ciò che abbiamo vissuto o non vissuto, con troppo dolore e … e paura.
Il sorriso di Kevin mi accompagna, gli occhi di Lula mi inteneriscono e … Dio mi sono innamorato di lui dal primo sguardo, adorando ogni cosa facesse … E’ il figlio che amo di più, non mi pesa ammetterlo, è lui che mi ha scelto, è lui che mi ha insegnato molto, è il dono migliore che mi sono potuto concedere …
Lula che si lamenta, perché la mia barba punge, ma non si stacca dalla guancia, mangia la sua pizza e mi imbratta la camicia ed io lo amo … lo amo così tanto.
Devo fermarmi, la vista si annebbia per la commozione e vorrei respirare a fondo, riprendere il controllo, ma ormai anche questo è andato.
So soltanto una cosa: non ho mai meritato tutto l’amore che mi è stato dato. §

I cancelli di villa Meliti si aprirono e Geffen parcheggiò.
Da una finestra centrale Xavier gli fece un cenno divertito.
“E’ arrivato Pam! Andiamo?”
“Certo nino, ci si vede gente!” – e scesero.
Si salutarono calorosamente.
“Ehi maldido, come mai questa voglia di scortarci a fare l’ecografia?” – domandò allegra la donna, accomodandosi in auto.
“Semplice curiosità … ciao Xavier come stai? E Phil?”
“Phil ti saluta, stiamo tutti bene … permesso … vado dietro! Ma non era meglio l’hammer? Ahahahh”
“Tanto sei piccolo, stai dappertutto!” – replicò ridendo.
“Lo senti Pam, mi prende in giro! Il nostro guapito sarà una stanga! Tiè!”
“Sapete che è un maschietto …?” – disse emozionato Glam, rivolgendosi a Pamela.
“Non sappiamo ancora nada! Se stai appresso ai ragionamenti del cico, ti perdi Geffen! Si va?”
“Si va.” – ed ingranò la prima, dopo avere inforcato gli occhiali da sole.


La dottoressa accese il monitor, distribuì il gel ed iniziò l’esame.
“L’ultima volta che …” – accennò Glam, ricordando Syria, ma poi si interruppe assorto.
Pamela gli diede la mano e lui la baciò sul palmo, chiudendo le palpebre stanche.
Dall’altra parte c’era Xavier, che provava un certo disagio, nel carpire che qualcosa non andasse in Geffen: nessuno sapeva delle sue condizioni di salute, a parte i pochi, che erano stati informati da Jared.
“Tutto a posto, volete sentire il battito?”
I presenti annuirono, guardandosi l’un l’altro.
Quel suono arrivò nitido: Xavier e Pam lo assimilarono come un buon auspicio verso il futuro, ma a Glam sembrò come una sentenza di condanna.
Ciò nonostante arrise alla gioia degli altri due, fissando poi Pamela.
“Ti ho sempre amata … sei una donna in gamba, forte e genuina, l’unica che ha saputo tenermi testa … Mi hai reso felice ed io non ho mai fatto nulla per essertene grato.” – mormorò convinto, ma pacatamente.
“Glam …?! Ma tu mi hai dato due magnifiche figlie …” – ribattè quasi imbarazzata.
“No, tu le hai donate a me … grazie Pam.” – e le diede un profondo bacio tra i capelli ed uno più leggero sulle labbra.
Xavier rimase immobile.
“Devo andare … vi chiamo un taxi, scusatemi …” – ed uscì con calma.
Il giovane lo rincorse nel corridoio – “Ehi aspetta … Glam!!”
“Che c’è Xavier?”
“Ma … che ti succede?? Non sono stupido … cosa …”
“Nulla. Stai tranquillo ed abbi cura di quella bella signora, mi raccomando.”
“Certo … sicuro di sentirti bene?”
“Mai stato meglio …” – ed inspirò, sforzandosi di sorridere, mentre gli scompigliava le ciocche brune, prima di sparire nell’ascensore.


Justin si fermò sotto ad un ponte.
Quel temporale arrivò furioso ed improvviso.
“Accidenti Colin … lassù qualcuno è agitato.” – e si rannicchiò al posto di guida, prendendo il tablet, per scorrere gli ultimi file inseriti.
Farrell sbuffò – “Pochi minuti e potremo ripartire … Come sta Brian?”
“Dorme fino a tardi, gli ho detto di cercarsi un lavoro e che non puo’ vivere di rendita, ma è così dolce con me … ed attento e … un sacco di altre cose belle.” – e rise solare.
“Cosa guardi?”
“Delle foto e dei disegni trasferiti dal mio portatile …”
Colin mise il braccio dietro al poggiatesta di Justin e si avvicinò, sentendo un profumo di shampoo, che conosceva.
Il grafico parlava di qualcosa, ma lui non ascoltava minimamente.
Nella sua mente si accavallarono le immagini di loro due, che facevano l’amore.
Colin perse un paio di respiri e poi deglutì a vuoto.
“Ehi, ma dove sei?” – gli chiese Justin, inarcando le sopracciglia.
Farrell venne scosso da un brivido e si spostò contro lo sportello – “Sono qui … sono qui Justin. E … cosa dicevamo?”
“Ti stavo raccontando dei biscotti che Brian prepara, orrendi, ma io gli dico che sono squisiti … una sciocchezza.”
“No, è importante, così come lo è che ti tratti bene.” – e sorrise.
“Anche troppo, mi distrugge …” – ed arrossì, in quel modo che Colin vedeva solo in lui.
“Con Jared facciamo spesso l’amore, perché …” – poi rise piano – “Lo so, chissà quanti mi darebbero del pazzo, ma quando cerchiamo di avere un altro bambino, nella nostra famiglia, è come se ci impegnassimo a concepirlo, capisci?”
“Sì, perfettamente …”
“Comunque valutavo diverse ipotesi … Pensavo all’utero in affitto, ma non mi va … Jared non ne sa nulla, così come non sa che vorrei averlo in modo classico, anzi, vorrei conoscere due donne che …”
“Ma cosa dici Colin??!”
“Sì insomma, sia lui che io … com’è successo con Syria, anzi, senza nessun coinvolgimento, perché come ha fatto Kurt non mi convince e …”
“A Brian lo ammazzerei se mi proponesse una cosa del genere!” – esclamò contrariato.
“Non è poi così assurdo o grave o …”
“No! Nonono Colin, è orrendo!! Scusa, ma io sono un gay vero, tu invece …” – e lo scrutò.
Scoppiarono poi a ridere – “Cazzo, ma che stronzata che ho detto ahahahhah!”
Le ultime gocce di pioggia erano cadute, potevano ripartire.


Lula finì tutto il cibo nel suo piatto, come al solito.
“Bravo cucciolo, sei un bimbo straordinario …” – disse Glam accarezzandogli la testolina.
“E voi due i miei super papà!” – e rise, andando in braccio a Geffen.
Kevin si alzò subito per prenderlo, con delicatezza – “Non stancare papà, Lula …”
“No lascia … grazie amore, ce la faccio. Vado a stendermi, oggi non ho appuntamenti.”
Aveva consumato un pranzo leggero, come da prescrizione pre operatoria.
Era necessario depurare l’organismo e poteva farlo comodamente da casa, seppure non avesse ancora fissato una data precisa per l’intervento.
“Fai il sonnellino con me peste?”
“Sì papi … mi racconti la favola?”
“Certo … Kevin vieni anche tu?”
“Metto i piatti in lavastoviglie e vi raggiungo daddy.” – disse dandogli le spalle, gli occhi colmi di lacrime.
Lui aveva sensazioni negative, vedeva dei cambiamenti in Glam e la sua ansia cresceva.


Jared si era assopito sulla poltrona, in sala di registrazione.
Aveva ricevuto dei brani da alcuni gruppi emergenti e stava vagliandone alcuni, ma la notte in bianco si faceva sentire, così come la vibrazione del cellulare, che interruppe il suo sonno agitato.
Era Kevin.
Scambiarono poche battute, mentre stava già avviandosi velocemente al piano di sopra per chiamare Kurt e Brandon, in visita alla End House: “Veniamo subito!” – disse con la voce frammentata, come il suo animo.


Tomo fu il primo ad arrivare, con Chris.
“Grazie … Lula è nella sua camera, con il cambio per … per domani …” – stava tremando ed il cantante dei Red Close lo strinse.
“Io resto con lui Tomo …”
“Nessun problema, vado a casa ed aspetto vostre notizie, mi raccomando …” – e con in braccio il fratellino di Josh, ancora intontito, tornò verso le scale, dalle quali stavano salendo gli altri.
Jared entrò, sentendo delle voci sconosciute.
“Kevin …”
“Non … non respirava bene … io ho chiamato il suo medico … e c’è anche il chirurgo … dice che … dice che …”
“Presto Kurt, prendi dell’acqua! Kevin sediamoci, respira … Jared togli quella roba dal divano, così si corica meglio, grazie!” – Brandon dava ordini precisi, la cosa migliore in una tale confusione.
Aprì la valigetta, cercando un sedativo da iniettare al giovane, che però lo rifiutò.
Suonarono alla porta e Chris andò ad aprire, ritrovandosi di fronte i barellieri con una lettiga.
Li aveva chiamati il cardiologo, che piombò nel living sollecitandoli: “Da questa parte! Una salina e monitoraggio completo!” – poi si girò verso Kevin, senza nascondere il proprio disappunto – “Non capisco, non doveva peggiorare tanto velocemente … se lo avessi saputo, l’avremmo fatto ricoverare, mi dispiace.”
“Ma cosa succede!?” – chiese Jared, già fuori di sé per l’agitazione.
“Dobbiamo tagliare e vedere, nient’altro.” – e tornò da Geffen.
“Che … che modo è … Brandon, ma cosa ha detto …” – ed iniziò a piangere silenziosamente, prendendo sul petto Kevin, che stava vacillando come lui.
Quando videro passare gli infermieri, con un monitor portatile, appoggiato sulla coperta, sistemata su Glam, privo di sensi e con la mascherina per l’ossigeno, Kevin iniziò ad urlare, invocando il suo nome.
Jared ripiombò negli attimi in cui aveva seguito gli stessi movimenti, durante il malore di Colin ed anche lui sembrava protestare perché lo stavano portando via, anche se per salvarlo.
Brandon e Kurt li presero quasi di peso, arrivando all’auto con Chris, per andare in ospedale, dietro l’ambulanza.
L’aria sapeva di rugiada e cemento, il sole di fine aprile bucava le nuvole, che si stavano dissipando all’orizzonte: c’era una luce strana, che andava affievolendosi, come la vita dentro Glam, che si sentiva in pace, lontano dai suoni ovattati, che andavano svanendo, come in un sortilegio.



giovedì 25 agosto 2011

GOLD - CAPITOLO N. 240

Capitolo n. 240 - gold


Quando Geffen si destò lentamente, ritrovò Jared ancora accanto a lui.
Lo stava guardando amorevole – “Bentornato …”
“E’ tardi …?”
“No, sono trascorse solo due ore … vuoi un caffè Glam?”
“Sì … hai visto la macchinetta? Ma sarà ferma da anni …”
“Tanto vale provarci …” – ed alzandosi sorrise.
“Telefono a Kevin … o forse è meglio di no …”
“Glam tu devi dirglielo. E devi farlo oggi, credimi …”
Geffen sbuffò, strofinandosi la faccia stropicciata come i vestiti, che gli erano rimasti addosso – “Lo farò Jared.”
“Ecco fatto … sembra buono tieni …”
“Grazie Jared … sì … è decente …” – e si alzò a propria volta, sentendo un leggero capogiro.
Chiuse i pugni, in un gesto di stizza – “Voglio combattere.”
“Ed io sarò sempre al tuo fianco, te lo prometto Glam.” – replicò Jared convinto.
“Promettimi ancora una cosa Jared …”
“Quale …?”
“Se … se avrete un altro bimbo, tu e Colin … lo chiameresti Glam? Anche se è un acronimo orrendo e …” – “Ehi … Ehi!! Aspetta, Glam non è orrendo e non chiamerò alcun bimbo come te, perché non morirai, hai capito, queste cose si fanno solo con …” – ed un singulto gli spezzò la voce.
Le pupille bruciavano, il suo cuore aveva ripreso a battere forte.
“Ogni volta che lo avresti stretto sul petto Jared … io sarei stato nel posto migliore, sentendomi ancora parte di te …”
“Non dire più queste … cazzate!” – e singhiozzando gli volò tra le braccia.
“Oggi sono proprio un melodramma vivente Jared … che coglione … potremmo fare un milione di cose belle insieme e non parlo del sesso, anche se … A proposito, volevo ringraziarti, perché so che tu mi avresti fatto anche questo immenso regalo prima …”
“Credo di avertelo già detto Glam: tu sai tutto di me.” – e gli diede un ultimo profondo bacio, prima di riportarlo da Kevin e Lula e tornarsene alla End House.


Il bimbo di Jude era vivace, come del resto Camilla.
Si divertirono molto, sotto il controllo attento dei genitori: Jude aveva in fondo all’animo la speranza concreta di avere fatto un ulteriore passo avanti, dimostrando a Sienna chi fosse il suo unico amore e confortando in tale modo Robert, che aveva assecondato quella presa di posizione, lasciando comunque campo libero al compagno nel deciderne tempi e modi.
“Ok … ora torniamo a casa, dobbiamo preparare il lettino per il nostro cucciolo Rob …”
“Dorme da noi?” – domandò con un certo stupore.
“Certo, è il fratellino di Camilla e penso che tutti i figli che abbiamo concepito ed adottato, siano nostri Robert.” – e gli diede un bacio, suscitando l’approvazione dei piccoli.


Colin cercò Jared, ritrovandolo nella camera dei regali.
Era seduto su di una poltrona, davanti alla vetrata e circondato da vecchi scatoloni, contenenti fotografie e souvenir di tutti i generi.
“Tesoro sei qui …”
“Ciao Cole …” – e tirando su dal naso, si asciugò gli occhi gonfi.
“Jay cosa ti prende, mio Dio … Jay …” – e corse a consolarlo.
“Glam … Glam è malato, sta davvero male e …”
“Glam?! … Parli dell’esame che ha fatto? Come è andato?”
“Nel peggiore dei modi Colin …”
Gli spiegò sommariamente la situazione, cogliendo nello sguardo di Farrell uno sconforto sincero, nonostante il rivelargli come aveva cercato di stare vicino a Geffen, potesse giustamente turbarlo.
“Lui non riusciva ad aprirsi con Kevin e non … non poteva vincere la paura questa volta … è una prova difficile e potrebbe avere esiti in ogni caso negativi … Perdonami Colin se ho cercato di assecondarlo, ma non ho mai visto Glam in uno stato simile ed ho avuto paura per lui …”
Colin sorrise, accarezzandogli gli zigomi – “Vedrai che Glam non ci lascerà … lui non puo’ farlo … non deve.”
“Soffriva per Kevin e per Lula … li ama così tanto …”
“E questo lo salverà, per l’ennesima volta e noi … noi saremo lì a dirgli che è ci ha fatto prendere una strizza enorme, ma poi brinderemo alla sua nuova vita, ne sono certo.” – e lo strinse, quasi a consolidare quel suo convincimento.

Kurt si accese una sigaretta e poi la passò a Jared.
“Adesso ascoltami … Glam ne uscirà vivo e vegeto, pronto a scoparsi il mondo intero …” – e sorrise complice, sperando di strappare un sorriso all’amico, con quella battuta.
Jared scrollò le spalle, aspirando il fumo e serrando le palpebre.
Erano alle scuderie, dopo cena.
“Vorrei essere con lui … mentre lo dice a Kevin … temo che impazzirà dal dolore.”
“Come è successo a te Jared?”


Geffen raccontò tutto al suo compagno.
Kevin ascoltava con attenzione: avevano lasciato Lula con Tomo e Chris, che lo avrebbero portato fuori con Josh per una pizza.
Erano sul letto, seduti l’uno di fronte all’altro a gambe incrociate.
“La cosa che mi fa più male daddy, a parte questa terribile diagnosi è che tu abbia potuto pensare che potresti diventare un peso per me.” – lo disse piano, segnandogli il contorno del viso, per poi baciarlo, senza lasciargli repliche, poi riprese – “Non ti lascerò mai solo, non smetterò mai di volerti bene, di rispettarti, accudirti ed amarti Glam e non centra un cazzo il matrimonio, sai …?”
Le lacrime invasero i suoi discorsi, ma Kevin si ossigenò, per non cedere alla disperazione.
“Spiegherò al nostro piccolo come stanno le cose e noi … noi veglieremo su ogni tua difficoltà daddy … non … non lasciarti vincere dalla paura, perché se dovessi cedere, io non te lo permetterò, ok …?” e si appese al suo collo, straripando in tutta la sua afflizione.
Geffen lo cullò, sentendolo così vicino da annullare gli spasimi che aveva allo stomaco, nel raccontargli quelle ore con Jared.
La priorità di Kevin era un’altra adesso: doveva salvare l’uomo che amava di più al mondo, spronarlo perché non rifiutasse l’intervento, nel timore che potesse ridurlo una larva, perché restava la soluzione migliore.


“Si ameranno fino alla fine dei giorni …”
Colin finì la sua tonica su quelle parole.
Brandon lo fissava, restando in poltrona, nella biblioteca dove spesso Farrell si raccoglieva nei suoi pensieri.
“Tu pensi che loro …”
“Che abbiano fatto l’amore? Non mi importa, credimi, non è di alcuna rilevanza, perché sono andati ben oltre, cercandosi per affrontare insieme questo momento orribile Brandon … Tu non hai sentito la voce di Jared, vorrei poterla paragonare a quella che aveva mentre anch’io lottavo tra la vita e la morte, anzi, di sicuro è così, lui non fa differenze quando ama visceralmente qualcuno …”
“Ti fa male questa circostanza?”
“Ci sono già passato una volta … Perdere Glam, credere che fosse … Sì insomma, Jared era come in una dimensione parallela, sempre più spesso, anche se quando gettammo le ceneri nel vento, in Messico, riuscimmo a comprendere che anche i sentimenti per Geffen, erano un ulteriore collante nel nostro amore … Assurdo, vero?”
Cody fece no con la testa, terminando il secondo caffè.
“Dovrei rassegnarmi …? Dovrei accettare …?”
“Colin, secondo me, dovresti semplicemente amare il modo che Jared ha di amare, legarti sinceramente a lui in questo battito del suo cuore, che riserva a Glam, non per tradirti o punirti, ma perché non è possibile cancellare emozioni di una simile portata: in caso contrario, lui non sarebbe mai tornato da te, dopo Haiti, capisci? … Non esistono confini in storie d’amore come la vostra e neppure come la loro: si puo’ trasformare, puo’ finire e ricominciare, ma niente e nessuno potrà mai e poi mai farla scomparire nel nulla. Davvero mai.”
“Credi sia per questo che Jared ha superato il mio … il mio tradimento con Justin?” – chiese con timore.
“Tu cosa ne pensi?” – e gli sorrise.


Kevin gli era scivolato sino all’inguine ed il cuscino accoglieva il sudore della fronte di Glam, che reagiva convulsamente, nel sentire la lingua del suo amante adoperarsi per tutta la sua lunghezza, inghiottendo e succhiando con devozione e nessuna urgenza, per prolungare il suo piacere nel modo migliore.
Il suo tocco era morbido e caldo, così come i gemiti di Geffen, che avrebbe voluto dargli molto di più quella notte.
Kevin non si staccò mai da lui, ingoiando il suo seme, come a significargli che niente era cambiato tra loro, ma con la netta sensazione di stare camminando sul ciglio di un burrone.


Jared mise nella culla Isotta, cantandole una ninna nanna.
“Sei così dolce …”
“Cole …”
Si ritrovarono al centro della cameretta, a baciarsi con intensità e vigore.
Farrell lo prese in braccio, portandolo sul loro letto e nel passaggio da un ambiente all’altro, Jared gli sbottonò casacca e pantaloni, togliendosi poi la felpa ed i jeans che indossava, comodi e stracciati.
Si erano dimenticati entrambi l’intimo e la cosa li fece ridere, distraendoli per pochi secondi, durante i quali Colin sistemò i polpacci di Jared intorno ai propri fianchi, riprendendo a baciarlo con foga.
Iniziò a toccargli il punto in cui avrebbe depositato tutte le sue premure – “Sei già bagnato Jay …” – ansimò leccandogli il mento e la bocca, che si riaprì avida, nell’accoglierlo in un successivo contatto, che divenne totalitario, quando un po’ di gel rese più facile l’accesso al suo canale, stretto e pronto a dilatarsi completamente.
“Mioddio Cole … ti sento … Cole …”
Glielo fece prendere largo e duro, inclinandosi prima a destra e poi a sinistra, senza risparmiarsi, per poi colpirlo ripetutamente.
Jared afferrò i lembi delle lenzuola, girando persino le orbite, per le fitte orgasmiche, che lo stavano stordendo.
Quando Colin insinuò anche l’estremità dei suoi due indici, puntandosi sulle ginocchia, per dare maggiore incisione a quell’atto, Jared urlò, inarcando la spina dorsale, che sembrò implodere, per tutta la sua estensione.
Le palpebre del cantante si colmarono di lacrime, i suoi zaffiri dapprima le cristallizzarono, per poi spargerle in ogni direzione.
Colin riprese a leccarlo, salato ed intenso, diminuendo la pressione delle spinte, tornando a circondarlo con i suoi avambracci muscolosi.
Lo sollevò di poco, ruggendo “E’ da troppo che non ti scopo così bene!”
Aveva ragione, Jared se ne rese conto, quando la sua prostata si animò di mille sensazioni: Colin ne coglieva anche i minimi spasimi, rispondendo ad ogni contrazione, con un ulteriore e più sostenuto affondo.
Lo riempì, non riusciva a rimandare oltre quello sfogo, ma poi uscendo la Jared, si accorse che stava ancora venendo, quindi lo riprese, afferrandogli le caviglie ed aprendolo oscenamente.
Jared si sentì come un burattino, ma gli piaceva da impazzire, sia la posizione, sia il vedere Colin così disinibito ed in totale confidenza con lui.
“Sporcami ancora Cole … fottimi fino a domani …” – sibilò, mordendosi ripetutamente il labbro inferiore.
Finirono sul tappeto, imbrattati di lubrificante, sperma e saliva.
Jared brandì le ciocche scure di Colin, che si sottomise, mettendosi a carponi.
“Devi prima prendertelo in bocca il mio cazzo, va bene?!” – sussurrò Jared minaccioso.
Con una cintura gli bloccò i polsi dietro alla schiena, per poi rialzarsi e costringerlo a quella fellatio.
“Ti … ti piace essere scopato così, vero Colin??”
Lui succhiava ed annuiva, piagnucolando remissivo e docile.
“Ne ho abbastanza, girati!” – gli ordinò, colpendolo poi sulle natiche, con la stessa cintola, dalla quale lo liberò.
Lo strattonò nuovamente per la folta chioma scura, penetrandolo senza ulteriori preparazioni.
Lo morse in diversi punti, segnandolo anche con dei graffi impietosi, quando si svuotò in lui.
Fu difficile riprendere una respirazione regolare, ma appena avvenne, gattonarono tra le lenzuola, accucciolandosi per leccarsi quelle ferite superficiali, come due cuccioli spauriti, ma custodendo nelle rispettive iridi, un morboso appagamento.




GOLD - CAPITOLO N. 239

Capitolo n. 239 - gold


Jude e Robert si guardarono sino all’alba, ripercorrendo mentalmente una folta varietà di ricordi, alcuni belli altri brutti, che avevano caratterizzato i diversi momenti della loro relazione.
Sembrava che comprendessero il reciproco percorso, finchè Jude non ruppe quel silenzio: “Ho … ho deciso di fare una cosa Robert …” – e si baciarono, senza bisogno di ulteriori spiegazioni.
Qualunque cosa fosse, sarebbe accaduta e basta.


Jared portò i bambini a scuola, dopo avere salutato Colin e Justin, diretti al lavoro, per concludere quel film girato a singhiozzo e che finalmente andava a completarsi.
Farrell era abbastanza soddisfatto del risultato e di come riusciva a recitare efficacemente quella parte agrodolce.
Kurt era tornato a Los Angeles insieme a Brandon e Martin, facendo tappa a villa Meliti e lì avrebbe incontrato Jared, che si fermò a comprare la colazione per entrambi, visto che avrebbero fatto un giro per negozi.
Il suo programma venne però fatto saltare da un sms di Geffen.
Era appena risalito sul suv, quando lo lesse: § Ciao Jared, dovrei … vorrei parlare un po’ con te, al villino, se hai tempo. Non posso farlo con nessun altro, ma se non riesci … pazienza. Un bacio, Glam §
Jared ripensò a quella scenetta, che egli stesso aveva improvvisato davanti all’ambulatorio di cardiologia, ma non poteva essere quello il motivo per doversi vedere e parlare.
Ebbe un brutto presentimento e si precipitò sulle colline, dopo avere avvisato Kurt.

Percorse velocemente il vialetto ed arrivò sotto al porticato accorgendosi che la blindata era socchiusa.
Entrò con il cuore a mille, trovando Geffen in salotto, a contorcersi le mani, seduto sul divano.
“Ciao piccolo … non ci speravo.” – e gli sorrise tirato.
“Glam che succede?” – domandò con un’esitazione dolorosa.
“Non volevo spaventarti … ecco vedi è per l’esame che ho fatto, c’eri anche tu … mi aveva fatto piacere vederti e poi la tua reazione, sì insomma, era divertente … Un po’ meno l’esito …”
“Cosa ti hanno detto …?”
“Dovrei fare … un’operazione … dovrei farla, anche se ci sono dei rischi e … e comunque non avrei scelta, il mio cuore ha un sacco di problemi ed anche il mio sangue …” – iniziò a piangere sommessamente, fragile ed impaurito come mai Jared lo aveva visto.
Il cantante si avvicinò, inginocchiandosi tra le sue gambe, prendendo il suo viso tra le mani, provando ad asciugare quel pianto e fermare quel tremore, che lo stavano sfigurando.
“Glam calmati … Glam …”
“Potrei anche curarmi, ma … ma i farmaci stanno già facendo danni al … al sistema linfatico ed a parti di me che neppure conoscevo … loro parlavano … io ero così spaventato …”
Jared lo strinse e Geffen si aggrappò a lui, come se fosse un punto fermo, capace di salvarlo.
“Glam mi dispiace … ma … ma se puoi essere operato …” – e tornò a fissarlo.
“Questo intervento potrebbe ridurmi male … io … io non voglio … Non voglio che Kevin porti anche questo peso … e poi … poi Lula, non potrò vederlo crescere, non potrò aiutarlo come volevo … il nostro bambino …” – ed affondò nel collo di Jared la propria disperazione.
“Tu non permetteresti a nessuno di noi di mollare … Cristo Glam guardami!!” – ed a propria volta scoppiò a piangere.
Geffen lo fissò, riprendendo un minimo di controllo – “Non volevo farti questo … ma non sapevo a chi altri dirlo … tu sei … Jared mio Dio … perdonami …”
“Glam tu sai che puoi contare su di me … non ti abbandonerei mai …”
Geffen lo baciò, con intensità, per poi stritolarlo, fremendo ancora più forte – “Vorrei morire baciandoti … vorrei andarmene e sapere che tu ci sei Jared … scusami … scusami … ma ho commesso troppi errori con te … e mi manchi da morire …”
Jared si sentiva sconvolto per quelle rivelazioni sullo stato di salute di Geffen ed al tempo stesso provava un senso di colpa opprimente, pensando di continuo a Colin ed a come avrebbe reagito, se avesse assistito a quella scena.
“Glam ti aiuterò a parlare con Kevin, lo … lo faremo insieme e la nostra famiglia ti sosterrà in questa nuova prova … ed andrà tutto bene, te lo prometto …”
“Resta insieme a me Jared … ti prego.”

La Ferrari sfrecciava lungo la costa, diretta in una zona che Geffen conosceva bene.
C’era un panorama magnifico e Jared lo osservava da dietro le lenti dei ray ban a goccia, mentre Glam guidava concentrato sul percorso, a tratti tortuoso.
Si fermò in una piazzola, davanti ad un ristorante, dotato di un’ampia terrazza.
Salutò il proprietario calorosamente, doveva essere da parecchio che non si vedevano.
“Vieni Jared … mangiamo di sopra …”
“Sì ok … ma non ho molto appetito Glam …”
“Lo comprendo, ma vederti mangiare sarebbe davvero bello per me … mi farebbe sentire meno a disagio per averti rovinato la giornata …” – e sorrise quasi con timidezza.
“Farò il possibile allora …” – e contraccambiò il sorriso, lasciandosi avvolgere dalla sua ala, mentre andavano a sistemarsi in un angolo appartato, di quella balconata in parte naturale, fatta di pietre ed abbellita da una vegetazione lussureggiante.
“Tutto pesce ed un ottimo vino bianco, anche se non dovrei berlo …” – disse mesto l’avvocato.
“Allora berremo dell’acqua Glam.” – replicò severo Jared, ma sapeva che non si poteva averla vinta con l’altro, quando desiderava qualcosa.


La Miller aprì la porta con una certa rassegnazione.
Aveva ricevuto la chiamata di Jude molto presto ed aveva sommessamente accettato la sua richiesta.
Robert teneva in braccio Camilla e la salutò educatamente.
“Ciao Rob … come sta vostra figlia?”
“Bene Sienna e tu come stai?”
“Un po’ stanca … Entrate … il bimbo è pronto Jude, dove … dove andate?”
“Al luna park, così i nostri cuccioli si conosceranno meglio …”
Il figlio di Law corse dal padre, salutando lo zio Robert e dando un bacio alla sorellina.
“Ok, possiamo ripartire, ciao a dopo.”
Se ne andarono, sotto lo sguardo cupo della donna, che non aggiunse altro.


“I crostacei di Sam sono i migliori … ti piacciono Jared?” – e gliene porse una manciata, in un piatto giallo.
“Sì … ottimi …” – disse masticando, per poi ridere, vedendo che si era impiastricciato.
Ingoiò il boccone e si sporse dando un bacio a Geffen sulla guancia.
“Ti voglio bene Glam …” – disse strizzando le palpebre ed appoggiando la fronte alla sua spalla, con un lungo sospiro.
“Anch’io tesoro … sono un po’ stanco, se hai finito …”
Jared annuì, seguendolo sul retro della costruzione, dove c’erano tre camere per i clienti; Glam lo condusse in una di queste, tenendolo per mano.
La stanza era fresca e nella penombra, c’era un grande letto ed un arredo essenziale, in legno chiaro.
Geffen si tolse le scarpe e la camicia, coricandosi, dopo avere sistemato alcuni dei numerosi cuscini.
Jared lo imitò, dopo essere tornato dal bagno, dove aveva fissato la propria immagine per interminabili minuti, azzerando i pensieri, che lo stavano attanagliando.
Si allungò accanto a Geffen, accoccolandosi sul suo petto – “Va meglio Glam …?”
“Sì … è perfetto …”
Jared si sollevò, togliendosi la maglietta e Geffen lo aiutò, posando poi tra le sue scapole un lungo bacio.
Entrambi provarono come un rimescolio, che partiva dallo stomaco e saliva dritto al cervello.
Glam lo cinse da dietro, riportandolo giù e, lambendo il collo di Jared con il proprio fiato caldo, aumentò di poco la presa – “Tu non sai quanto ho desiderato il tuo corpo Jared, da quando ti conosco … ma prima di ciò il tuo cuore ed i gesti, che solo tu hai saputo donarmi nei rarissimi momenti in cui sei stato mio … e forse non è accaduto mai sul serio, ma io ci ho creduto quel tanto che mi bastava per essere davvero felice …” – e gli diede un bacio lieve tra i capelli spettinati.
“Sono stato tuo più di quello che pensi Glam …” – replicò piano, trattenendo a stento quel nodo alla gola, che lo stava tormentando, al pensiero continuo di Colin: non voleva tradirlo, non voleva fare l’amore con Geffen eppure era consapevole che non si sarebbe sottratto, se lui avesse continuato in quell’approccio, i cui presupposti gli apparivano inequivocabili ormai.
Poche tempo prima era stato Glam ad accudirlo, contravvenendo ad ogni buon proposito di fedeltà assoluta a Kevin, per l’ennesima volta, pur di assecondare Jared in un momento di difficoltà emotiva: se fosse giusto o meno ricambiare tale disponibilità, restava il pesante quesito, che stava spaccando a metà il compagno di Farrell.
Le loro dita si intrecciarono, così i loro corpi aderirono l’uno all’altro, come a plasmarsi per fortificare quell’idea di comunione, che non avevano mai rinnegato: Jared non aveva smesso di chiedere mentalmente perdono a Colin, avrebbe voluto che lui fosse lì e che lo aiutasse a superare quel trauma, nell’apprendere che Geffen poteva andarsene, anche in quell’istante.
Arrivò anche a temere che l’amico volesse proprio fare del sesso, fino ad ammazzarsi ed in quel modo sublimare l’emozione più vivida, che avesse mai provato in tutta quella sua incredibile esistenza.
Jared si concentrò su talmente tante deduzioni, che non si accorse neppure che Geffen si era assopito: si voltò piano, constatando che sul suo volto c’era un’espressione serena.
“Glam …” – mormorò commosso, posando le sue labbra sulle sue, senza svegliarlo – “Ti amo …”
Lo disse, senza sapere se l’avesse ascoltato o meno, ma non importava: Geffen lo sapeva da sempre.