lunedì 30 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 98

Capitolo n. 98 - sunrise


Jared era concentrato sul manuale di istruzioni, allegato al nuovo palmare, che Shannon gli aveva regalato, suscitando in lui le classiche reazioni del fratello, davanti ad un giocattolo elettronico di ultima generazione.
“Sono contento che ti piaccia Jay” – disse assorto.
“Fantastico … posso inviare dei video nei formati più disparati … Quando Colin sarà sul set, gli trasmetterò il cambio di Ryan e la poppata di Thomas, visto che ci resta male, quando se li perde.” – e sorrise radioso.
Incontrando, però, lo sguardo triste di Shan, ebbe un’immediata sensazione di sconforto.
“E Tomo …?” – chiese esitante.
“E’ con Josh e … Denny.” – replicò amaro.


“Fermi così … fatta! Eccola qui, tre minuti in tasca e si sviluppa alla perfezione, vedrai San Tommaso!” – e nel dirlo, l’avvocato scoppiò a ridere.
Quella Polaroid anni ottanta era un cimelio, che Tomo aveva scovato in un mercatino delle pulci.
Josh era incuriosito e chiese di poterla utilizzare per immortalare la coppia.
“Certo tesoro … ecco guarda qui e poi premi questo, ok?” – spiegò Denny emozionato, passandogli quello che decretò come regalo preferito.
Il croato, dal canto suo, era rimasto impressionato dall’orologio di marca ricevuto, estremamente costoso ed a dire poco imbarazzante.
Era un gioiello raffinato, per nulla vistoso, ma ben lontano dal suo stile spartano e stropicciato: in compenso il biglietto, che accompagnava lo scrigno in velluto avorio, traboccava di dolcezza.
§ A te che sei riuscito a realizzare l’impossibile: ti amo da morire … Tuo Denny §


“Piedini ciccioni ha gradito la nuova giostrina scelta dai tuoi genitori Marc … mi sembra incredibile che abbiano accettato la nostra unione …”
Jamie si rannicchiò sul petto del compagno, che non smetteva di leggere la missiva, sottoscritta sia dal padre che dalla madre, colma di auguri e la promessa di fare loro visita, appena rientrati dall’Europa.
“Sono da zia Magdala, a Londra … Ci vanno spesso, è un’artista, così bizzarra, che lascerebbe di stucco anche te Jamie.” – disse sereno.
“Allora non vedo l’ora di conoscerla … e se ci andassimo noi per Capodanno in Inghilterra?” – propose elettrizzato.
“Cavoli … hai ragione … saranno entusiasti di coccolare il loro nipotino e poi faranno i salti di gioia, quando annunceremo che vogliamo allargare la famiglia.” – e sorridendo, Hopper gli diede un bacio sconvolgente.
Le urla di Julian posero fine a quel contatto dal sapore magico.
Jamie fece una smorfia – “Sicuro di volerne un altro così presto?”
“Veramente pensavo a … due gemelline Jam.” – e gli strizzò l’occhiolino.


Sammy si era assopito, senza distaccarsi da Dean.
Era come un incastro, pelle contro pelle, carne contro carne, neppure credevano fosse possibile, ma i due giovani aveva fatto l’amore a lungo, per poi decidere che doveva essere così, tra loro, sino al mattino di quel Natale unico.
“Bentornato …”
“Ciao Sammy … russavo?”
“Come un ghiro.”
Risero, accucciolandosi maggiormente.
“Preparo la colazione Dean?”
“Tra un momento … Non è un sogno?”
“Cosa cucciolo?”
“Questa felicità che ho nel cuore Sammy … sembra galoppare da qui a qui.” – ed indicò il percorso tra lo sterno e la gola.
Sam vi ci posò una miriade di baci, stringendo piano tra l’indice ed il pollice, i capezzoli del ragazzo, che con un ansito inarcò la schiena.
“Sammy …” – soffiò nel collo di lui, che gli aveva già posizionato le cosce intorno ai fianchi solidi, affondando improvviso in Dean, con una facilità spaventosamente bella.


Jude versò la spremuta di arance nella caraffa e tostò il pane bianco: il vassoio era colorato di frutta e miele, mancava solo il bricco del latte.
Downey era in terrazza, alle prese con l’allacciatura dispettosa di un abitino, dono di Pamela per Camilla, che si specchiava nella piscina, come una principessa.
“Ok fatto …”
“Papi telefono!”
“Ci pensa papà Jude …”
Law apparve con il cellulare, stretto tra la spalla e l’orecchio, il viso sereno, la chiacchierata sciolta.
“Ok Christopher, ti passo papà.” – e gli porse l’apparecchio – “E’ Chris, lui e Steven hanno una novità.”
Era in realtà una video chiamata.
“Grazie Jude …” – disse stupito, fissando poi il visore.
Dall’altra parte, Chris e Steven tenevano in un ovetto un neonato.
“Papà guarda! Ti presentiamo Clarissa.”
Avrà avuto tre mesi e sgambettava con una ranocchia di gomma, intrappolata tra le caviglie e le labbra carnose.
“Mio Dio … Christopher … è una meraviglia … vero Jude?”
L’inglese lo cinse da dietro, con in braccio Camilla, che salutava divertita quell’adorabile terzetto.
“Ci ha scelti con un sorriso …” – affermò Boydon, gli occhi lucidi.
Stringeva a sé sia Chris che la bambina
“Questo è un modo fantastico di concludere l’anno.” – disse Jude, baciando sulla nuca Robert, che era incantato dall’intera situazione.


Farrell passò più di un’ora al telefono con Eamon, assente giustificato durante le feste, a causa di un noioso intervento al menisco.
Lui e Colin sembravano pomiciare, nel loro interagire intimo ed a tratti buffo, considerata la rispettiva età anagrafica.
Jared inarcò un sopracciglio, pensando a tutte le volte in cui Colin l’aveva canzonato, per il suo attaccamento a Shannon.
Ebbe un impeto di tenerezza e quindi si avventò sul suo irlandese, con l’unico scopo di coccolarlo fino all’ora di pranzo.

Nel salone principale di villa Meliti c’era un notevole fermento, soprattutto per la gara di cuoche, tra Constance, miss Rita, Pamela e Carmela, che veniva seguita passo passo dal consorte, assai petulante, nel rammentarle di non fare sforzi inadeguati alle sue preziosissime condizioni.
Xavier e Phil trascinarono via Antonio a forza, ridendo come pazzi e liberando finalmente Carmela, intenta a farcire dei succosi ed italianissimi peperoni.


Kevin scorse la sagoma di Glam nei pressi del laghetto, dove i bimbi ammiravano i cigni, buttando loro delle briciole ed i pop corn rubati a Jared.
Gli fece un cenno, al quale Geffen rispose con un sorriso.
L’avvocato abbandonò la scomoda seduta del muretto, ma Kevin lo anticipò, precipitandosi ad abbracciarlo.
“Daddy tutto bene? Ti sei alzato presto e poi”
“Perdonami Kevin” – lo interruppe, accarezzandogli le tempie – “Desideravo un minimo di pace, troppo trambusto là dentro.”
“Sì … sì, certo, sembra la stazione dei bus … Il nostro Lula dov’è?”
“Alle casette con Violet.”
“Non la lascia sola un attimo … Forse la sta assillando.” – disse impacciato, cercando un sigaretta nel giubbotto.
“E’ la prima cotta, sono così simpatici.” – e rise, senza smettere di camminare.
Kevin si appoggiò ad una quercia, dando due boccate, per poi passare la Camel a Glam, che sembrava distratto da altri pensieri.
“Daddy hai preso il regalo per Jared …?”
“No e tu?” – replicò calmo.
“Temo che riciclerò qualcosa …”
“Veramente Jared aveva chiesto unicamente donazioni per la mensa di Los Angeles, la Santa Rita credo.”
“Hai ragione Glam, me l’ero scordato … Non gli serve nulla ad ogni modo.”
“Sì, Jared ha tutto Kevin.” – ed inspirò il fumo, chiudendo lentamente le palpebre.
“Gli devo comunque delle scuse. In ospedale sono stato maleducato con lui.”
“Come mai Kevin?”
Il giovane scrollò le spalle, guardando altrove.
“Sarà stato il suo sguardo di rimprovero … Tu ed io avevamo fatto l’amore e credo abbia pensato ti facesse male … in effetti.” – e rise nervoso, rovistando nuovamente nelle tasche.
“Ora basta fumare tesoro … Rientriamo per l’aperitivo, ti va?”
Kevin scosse la testa, cingendo il busto di Geffen, che lo baciò tra i capelli.
“Ti amo così tanto daddy …”
Glam non aggiunse altro, se non un tocco gentile sulla nuca di Kevin, per poi riprenderlo sotto l’ala e condurlo verso casa.





domenica 29 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 97

Capitolo n. 97 - sunrise


Dean non riusciva a prendere sonno.
Controllava la sveglia digitale, ad ogni minuto, avvertendo anche il minimo rumore della casa.
Sentì l’ascensore arrivare al piano, poi delle risate, che immediatamente scomparvero.
Lì c’erano soltanto i due attici: il loro e quello di Chris, per cui qualcuno aveva di certo sbagliato pulsante.
Sospirò, accorgendosi poi che Sammy lo stava fissando.
“Ehi … ma allora sei sveglio!”
“Buon Natale cucciolo.” – e gli diede un lungo bacio.
Era mezzanotte.
“Vieni con me Dean” – e prendendolo per mano, lo portò nel living.
Sam azionò un telecomando e mille luci celesti si accesero sulla parete retrostante il loro abete, già illuminato, rivelando la presenza di numerosi pacchetti regalo, spuntati da chissà dove.
Ad inizio serata ce n’erano giusto un paio, quelli che si erano comprati a vicenda, con tanto di lettere, contenenti i loro pensieri sull’anno appena trascorso.
Dean ebbe un sussulto, quindi si precipitò a vedere cosa celava quella meravigliosa sorpresa.
Quasi tremando, scartava e gioiva per ogni oggetto ricevuto: poi si bloccò, strizzando le palpebre.
“Come … come facevi a saperlo Sammy …?” – domandò con una voce strana.
“Sapere cosa amore?” – replicò preoccupato l’altro.
Dean si girò, sorridendo – “Che non avevo mai avuto un Natale autentico, da bambino?”
Sam inspirò, precipitandosi ad abbracciarlo – “Perché è quello che è successo a me Dean” – spiegò emozionato.
“Per … per me era diventato l’ennesimo incubo, sai …? A scuola i compagni raccontavano di come trascorrevano le feste ed io non avevo mai niente da dire, visto che accadeva sempre qualcosa o meglio … Chi mi accudiva, era talmente esasperato dai miei atteggiamenti, da non pensare certo a comprare dei giocattoli … Dopo fu anche peggio.”
“Tesoro ci siamo buttati alle spalle quel periodo, vero? Brandon ha detto che sei migliorato, che sei … rinato.” – disse fiducioso Sam, baciandogli piano le tempie, come se avesse il terrore di incrinare nuovamente le sue sicurezze.
Dean deglutì, poi andò ad appoggiarsi al muro, restando seduto, lo sguardo fisso sul nastro, che contorceva tra le dita ghiacciate dai ricordi.
“Lui mi sussurrava sudicio … ce l’hai un regalino per il tuo papà, vero?” – disse a fatica.
Sammy andò in cucina a prendere dell’acqua e gliela porse – “Ora bevi e calmati Dean, quel maiale non ti ruberà più niente: se mai dovesse accadere, io lo ucciderò, promesso.”


Brandon sfiorò la copertina preziosa, rilegata in pelle ed oro.
“Un’edizione di Psicologia moderna davvero rara Kurt … è stato un pensiero magnifico da parte tua, grazie piccolo.”
Cody lo baciò, passandogli poi un astuccio serigrafato da un simbolo, che il compagno conosceva bene: “Mio Dio Brandon … non posso”
“Crederci? E’ nel garage, che ho comprato di fronte al nostro palazzo, è il numero sedici … Auguri Kurt.”
Era una moto, un HD nuova fiammante e pronta a scorrazzare per i viali di Los Angeles.
“E poi scusami Kurt”
“Per cosa?” – chiese il più giovane, con gli occhi lucidi.
“Temo di … averti trascurato.” – e con un gesto tenero, gli spostò il colletto della camicia.
Posò un bacio anche su quel segno, ripetendo un sommesso – “Scusami.”
Kurt perse un battito.
“Facciamo l’amore Brandon … ne ho bisogno …”
“Certo … ma non pensare mai che io possa mutare i miei sentimenti per te Kurt: sei la mia vita, con Martin, sei l’assoluto e non finirò mai di ringraziarti per ciò che riesci a farmi provare da quando stiamo insieme.” – e tornò a stringerlo, iniziando a spogliarlo.


Quando Jude spuntò all’ingresso dell’hangar, nel suo completo grigio chiaro e la valigia in mano, Robert provò una sensazione di estasi pura.
Law era bellissimo e pronto a decollare con il jet di Meliti, destinazione Cancun, per condividere, dal giorno di Natale al primo dell’anno, una vacanza fuori programma insieme al suo Downey.
Vassily l’aveva accompagnato, mentre Robert era già sul posto, per verificare gli ultimi dettagli di quel viaggio inaspettato.
“Tesoro bene arrivato, il pilota dice che possiamo salire a bordo, tra quindici minuti saluteremo la California per il Messico.” – e gli diede un bacio profondo.
Il russo tossì, richiamando l’attenzione di Jude.
“Rob ascolta … questa tua decisione è stata incredibile, quanto meravigliosa, però io vorrei non angosciarmi un solo minuto di Camilla, ma, soprattutto, vorrei averla con noi, per guardare quanto è concreto il nostro legame, attraverso i suoi sorrisi …”
“Judsie io … io ero della stessa idea, ma Camy è con Pamela e”
“Non esattamente.” – e Law sorrise, facendo un cenno a Vassily, che andò a prenderla in auto, dove la bimba stava dormendo.
“La nostra …” – “Sì Robert, è nostra figlia. Io vivo per voi …”
Se la accoccolarono sui petti, destandola da qualche sogno.
Lei fece alcune moine, poi si aggrappò al collo di entrambi, bisbigliando un “Papi ho sonno …”
“Grazie Vassily e buon Natale.” – esclamarono all’unisono, congedandolo.

venerdì 27 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 96

Capitolo n. 96 - sunrise


“Dov’è Camilla?”
Downey arrivò alle spalle di Jude, concentrato su qualcosa nel parco: era affacciato alla finestra della camera, che di solito occupavano a Villa Meliti.
L’inglese ebbe un sussulto.
“Amore …” – si voltò, fissando Robert, accennando un sorriso – “E’ con le figlie di Glam, mi pare voglia raccontare ai piccoli una favola.”
“Ok …” – replicò Downey, le mani in tasca, lo sguardo volutamente in giro per la stanza.
Jude si avvicinò, posando i palmi tiepidi sulle spalle del compagno, che agganciò le proprie intorno alla vita del biondo.
“Qualcosa non va Rob?”
“Sai … è come se una patina si fosse posata sul nostro amore libero … Era così, un tempo, carico di allegria, di … di pazzia Jude.” – disse, gli occhi lucidi, all’improvviso, come quelli di Law, che inspirò.
“Cosa dovremmo fare per riprenderci noi stessi Robert? Aiutami … ed io lo farò, io … io farò qualsiasi cosa per te.”


Arabeschi con l’indice destro, ecco ciò che disegnava Dean sul petto di Sam.
“Non dormi …?”
“No Sammy.”
“Aspetti mezzanotte?” – e sorrise, baciandolo tra i capelli.
“Forse” – sorrise a propria volta.
“Manca poco Dean.”
“Faccio una doccia!” – e si alzò di scatto.
“A quest’ora? … Io non riesco a stare sveglio invece …” – e si assopì.
Dean rise, cercando degli asciugamani puliti nel cassettone.

L’acqua era come una carezza, ma gli mancavano quelle di Sammy.
A Dean sembrò di sentire un tonfo, aprì l’anta del box e chiuse l’acqua: c’era solo silenzio.
Si tamponò alla meglio e ritornò di corsa ad accoccolarsi sotto l’ala massiccia di Sam, che quasi russava per la stanchezza.
Controllò l’ora: erano da poco passate le undici.


“Jared, posso?”
La smorfia da canaglia stampata sul volto di Kurt era irresistibile.
“Sì, certo, ho quasi finito …”
Il cantante dei Mars era alle prese con Thomas.
“Quella cos’è?”
“Camomilla, ha una colica … come la tua, di prima, Kurt.” – e ridacchiò complice.
“Touchèz!” – e con fare simpatico, andò a sedersi sul davanzale, dove stava Jared.
“Ok a posto … Tienilo un secondo tu” – e gli passò il cucciolo di Farrell.
“Bellissimo … come i suoi papà.” – disse Kurt, incantato.
“Io centro poco, stavolta …”
“Non credo, sai? Il vostro amore plasma i bambini che amate.” – replicò Kurt sereno.
“Bella teoria … Vuoi un po’ di latte caldo?”
“Oddio siamo tornati all’asilo e manco me ne sono accorto!” – e rise sornione.
Jared ne versò in un solo bicchiere – “Ok, per te gin?”
“Adesso si ragiona! Si è addormentato …”
“Mettilo nella culla con Ryan, grazie.”
“Ho saputo di Carmela … pazzesco, ma il nonno ha il suo fascino.”
“Vero … come hai tu, del resto.”
“Vuoi provocarmi, Jared?” – chiese, puntandolo.
“Vorrei sapere cos’hai combinato prima di arrivare qui, con Denny per giunta.”
Kurt fece spallucce, sigillando l’uscita – “Mi sono fatto fare un pompino al Dallas!” – esordì, facendo sputare la bevanda a Jared, che sbarrò le palpebre, incredulo.
“Ma non da Denny, scemo!!” – rivelò Kurt, sghignazzando.
“E da chi allora?!”
“Da … non lo conosci, si chiama Tim, un vecchio amico.”
“Vecchio?”
“No, a dire il vero avrà venticinque anni, ma che ti frega Jay?”
“Era … era solo per parlare.” – ribattè incerto.
“Sei diventato rosso, da non credere … con tutte le stronzate che abbiamo fatto durante il corso delle rispettive esistenze Jay Jay Leto …”
“Si vede che sono cambiato.” – disse velatamente polemico.
“Nessuno cambia, in questa città.”


Isotta era appesa al collo di Geffen, circondato dagli altri bambini, attenti ad ascoltare ogni singolo passaggio della storia, che l’avvocato stava raccontando loro, sprofondato in poltrona.
Lula girava le pagine, mentre Violet, con Rebecca, distribuiva biscotti.
Il resto degli adulti si serviva al buffet, chiacchierando sui progetti più disparati e sulla gravidanza di Carmela, che aveva allietato la serata.
Kevin scrutava le espressioni del marito, colme di dolcezza ed amore, ma non per lui, non come in passato.
Il giovane avvertiva un sottile imbarazzo in Glam, oltre al proposito di parlargli, cosa che Kevin gli aveva impedito, approfittando della confusione legata alle feste.
Probabilmente Geffen aveva intuito il tradimento di Kevin, ma non sapeva come affrontarlo: questa era la spiegazione, che il bassista preferiva, quindi si impose di rivelare la verità il giorno seguente.
Incrociando gli occhi gioiosi di Lula, però, cambiò nuovamente idea.


“Hai parlato con Chris?”
Robert annuì, ravvivando il caminetto.
Con Jude erano finiti nell’ala opposta a quella del ricevimento, dove avevano scovato un salottino accogliente, che ricordava ad entrambi le suite di un hotel londinese, destinazione di incontri clandestini, all’inizio del loro legame.
“Con il fuso orario, ad Haiti è già Natale da quasi tre ore. Ti salutano, lui e Steven.”
“Qui manca poco …”
“Sì Judsie, quindici minuti … Ho recuperato questo” – ed estrasse dalla giacca un albero di Natale in cartoncino, ritagliato e decorato da Camilla.
“Fantastico!” – e rise solare.
Robert lo guardò, inclinando il capo – “Mi sono innamorato di questo, Jude.”
Law ebbe un istante di stupore – “Di … di cosa Rob?”
“Del tuo modo di ridere. Sai, lo notai mentre giravamo il primo film su Holmes. Nel corso delle settimane, questo tuo modo di ridere andava cambiando, con un netto miglioramento.” – ed ammiccò.
“Sì, ero … ero sempre più felice … mi stavo innamorando di te e questo sentimento mi faceva sentire leggero, solo che …”
“Dimmi, ti ascolto …”
“Solo che ero spaventato Robert … ma mai come in questo momento.”
“Di cosa hai paura Jude?” – domandò smarrito.
“Sarai sincero, se ti chiedo una cosa, vero Rob?”
“Assolutamente”
“Tu sei restato con me solo … solo per Camilla? Per la … nostra bambina?” – il suo fiato si mozzò.
Downey era visibilmente sbigottito.
“Cos’è questa Jude? Una farneticazione?!” – inveii, afferrandogli gli zigomi, costringendolo contro la parete, come se schiacciando il corpo di Law, Robert potesse fargli uscire quell’eresia dall’anima.
“Rob …”
“Ma cosa ti salta in mente amore?!”
“Passi ore con Geffen, forse a … a parlare di un divorzio …”
Downey lo avvolse, energicamente, frantumando le sue angosce.
“L’argomento è stato quello, hai ragione Jude, ma riguardava solo lui e Kevin, accidenti!”
“Co-cosa?” – balbettò, per poi sorridere, cercando la bocca di Robert – “Giura …” – mormorò baciandolo.
Downey corrispose a pieno quel contatto, ma quando se ne distaccò, la sua faccia era corrucciata – “Io posso giurartelo Jude … questo è il vero problema, però, la tua mancanza di fiducia e la necessità di continue conferme da parte mia.”
L’americano sciolse il loro intreccio, facendo un passo indietro.
“Rob era un modo di” – ma cercando ossigeno, le dita sulla nuca, le iridi colpevoli, Law fece la propria ammissione – “E’ vero. Penso di conoscerne il motivo recondito, Robert: sono io quello che ti ha tradito, spesso e nel peggiore dei modi e non esiste ladro, che non tema di essere derubato … Sono uno squallido ipocrita, immaturo e … e stronzo.”
Downey si morse le labbra, soffocando un sorriso triste.
“Il Jude che conosco io e per il quale ho deciso di cambiare la mia vita, non è l’uomo di cui parli … Non lo riconosco e neppure voglio frequentarlo, quindi devi ridarmi il vero Jude, quello che si tolse immediatamente la sciarpa, per proteggermi dal freddo, in quella notte a Londra, sul tetto di una locanda, dove abbiamo poi fatto l’amore … Tu devi farlo, se mi ami ancora.”
Law annullò quell’insignificante spazio, a metà del quale i reciproci respiri si scontravano per poi mescolarsi – “Lo farò Robert.”






martedì 24 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 95

Capitolo n. 95 - sunrise


Geffen posteggiò la Ferrari, notando il suo hummer nel secondo viale di accesso a villa Meliti.
“Kevin è già arrivato …”
“Sì, anche Jude.” – disse piano Robert.
Glam sorrise, provando un lieve disagio.
“Ti ho sconvolto Rob?”
“No … no, cioè sono abbastanza adulto per capire le ragioni di un divorzio, ma sarà il periodo e la mia … fragilità … Penso a Kevin, mi immedesimo in lui se dovessi ascoltare Jude …”
“Non succederà mai tra di voi. Per me è diverso.” – ribattè pacato Glam, inspirando.
“Perché proprio al compleanno di Jared?”
“Forse perché voglio evitare di trascorrere anche il 31 dicembre con Kevin, dicendogli delle bugie, pianificando un futuro, che lui merita di vivere con un altro.”
“Lula come la prenderà?”
“Il … il nostro bambino è in gamba, sarà in grado di capire … Spero.”


Jared percorreva il corridoio veloce, cercando Colin, ma trovando solo Kurt, in una saletta, indaffarato con il colletto della camicia.
Lo allacciava e slacciava, con fastidio.
“Ehi uomo di New York!”
“Ciao Jared! Vieni qui …” – e si abbracciarono.
“Che combini, problemi?” – ma nel domandarlo, la curiosità di Leto si spense su di un dettaglio – “Che hai fatto qui …?” – ed indicò un segno inequivocabile, sul collo dell’amico.
“Oggi è la giornata dei quiz scemi” – replicò Kurt nervosamente.
“Se te l’avesse fatto Brandon, non lo nasconderesti.” – disse Jared deluso dalla reazione di Kurt, che abbozzò un sorriso.
“Jared Joseph Leto, un fulmine di guerra!” – e ridacchiando si versò un'altra dose di gin.
“Ma che ti prende Kurt …?”
“Niente … niente, ok? Ci si vede.” – ed in modo brusco si allontanò.


Jude disegnava ghirigori intorno al volto di Ryan, dopo averlo cambiato.
Colin stava cercando una tutina pulita nella sacca, che Jared aveva preparato per trascorrere la vigilia dal nonno – “Eccola … rossa, come d’obbligo, guarda come sta bene a Thomas.” – e sorrise radioso.
Law lo notò, arridendogli di rimando – “Sei bellissimo stasera Colin … la vostra gioia è … traboccante … Ne sono felice, sai?”
“Ti ringrazio Jude … stai un po’ meglio?” – chiese dolce, mentre le loro dita si sfioravano, nel vestire il piccolo.
“Ho riflettuto a lungo … Oggi Robert era a fare spese con Glam, pensa … sono diventati molto amici, dopo l’ospedale.”
“Sì, hanno un bel feeling.”
“Di lui non sono geloso, se è questo che stai pensando Colin …” – e rise senza allegria.
“Penso al fatto che vorrei vederti sereno Jude.”
“Mi sforzo di esserlo … Ci sto provando, credimi.”


Downey si accese una sigaretta.
“Ti dà noia Glam?”
“No, però meglio scendere, siamo in ritardo …”
“Ok … Guarda c’è Jared.”
Geffen aprì lo sportello, utilizzando un bastone per sollevarsi – “Accidenti, guidare mi stanca …” – brontolò.
Jared corse ad aiutarlo – “Ciao Glam, aspetta …”
“Ciao tesoro … grazie.” – ed appoggiandosi a lui, si mise in piedi.
Robert si unì a Jared – “Ciao campione …” – “Ciao Rob.”
“Cosa sono questi occhioni lucidi Jay?” – chiese Geffen, accarezzandogli il mento.
“Nulla … nulla è … è per Shan …”
“Shan?”
“Non sta molto bene … è depresso … per Tomo.”
“Mi dispiace Jay.”
“Anche a me Glam.”
Downey scrutava il loro interagire: erano come in un mondo a parte, fatto delle premure di Geffen, dalle quali Jared sembrava attingere, come una fonte di sollievo e conforto inestinguibili.
“Poi c’è anche Kurt, fa lo stronzo … Lo so, sembro un bambino lagnoso, che va dal padre a …”
Geffen lo interruppe con un abbraccio dei suoi.
Jared vi ci sprofondò, con un sussurro – “Grazie di esserci Glam …”


Pamela andò a salutarlo con il consueto entusiasmo.
“Maldido!”
“Ciao bella signora … sei in forma.”
“Sì, sono di ottimo umore, anche perché ci sono delle novità!” – e gli sventolò sotto al naso un test di gravidanza.
Geffen strabuzzò gli occhi, incredulo – “Che novità? Oddio ho un dejà vu!”
Lei rise.
“Ok … Ok Pam, non mi dirai che … le mie bambine!!”
“Glam sei sempre il solito!! E’ … Carmela!” – gli sussurrò.
“Carmela??! Davvero …?” – e fece un sorriso ebete.
“Guardala lì, con Antonio, la ricopre di attenzioni e … gioielli …” – quindi sospirò, indicando l’astuccio in velluto nero, che Carmela stava aprendo, per scoprire un magnifico bracciale in diamanti e smeraldi.
Jared sopraggiunse, informandosi su cosa stesse accadendo.
“Il nonno … diventa papà?? Oddio … corro a dirlo a tutti!” – e scappò via come un folletto.
Pamela osservò Geffen – “Come va con lui?” – chiese scaltra.
“Una meraviglia, è innamoratissimo di Colin ed io voglio essenzialmente la sua felicità” – affermò sereno.
“Se lo dici tu big Geffen …” – e prendendolo a braccetto, si avviò nel salone, per confermare il lieto evento, nel caso Jared si fosse dimenticato di dirlo a qualcuno.


Dean aveva glissato l’invito da Meliti, con l’appoggio di Sammy, preferendo la festa di compleanno per Jared.
“Andremo a quella dopo domani tesoro … sicuro non ti dispiaccia mancare all’evento di stasera?”
“No Dean, a me importa che questo è il nostro primo, vero, Natale.” – e lo abbracciò nell’ingresso, sotto ad un rametto di vischio.
“Devi baciarmi …” – disse Sam ammiccando.
“Devo? Fammi pensare …”
Risero, per poi incollarsi come due adolescenti.
Erano appena rientrati, con la cena acquistata al take away.
“Mangiamo sul letto Dean?”
“Ok … sono stanchissimo, dovrai imboccarmi …” – propose mordendosi il labbro, appoggiato alla parete della loro camera.
Sam spense le luci, dopo avere acceso un paio di lanterne, appena acquistate per l’occasione.
“Sono belle …” – disse l’altro, come incantato da un sogno ad occhi aperti.
Strinse da dietro Sam, baciando la porzione di pelle tra le scapole, dopo avergli sfilato la felpa e la t-shirt in un unico gesto.
“Ti amo tanto …” – mormorò, piegandolo in avanti – “Non ti muovere Sammy …”
Con delicatezza gli slacciò i jeans, ma con una sottile irruenza, glieli scese, accompagnando anche i boxer sino alle caviglie: flettendosi, poi, Dean lo liberò delle scarpe, delle calze e del resto.
Risalì, facendo scorrere la lingua nell’incavo delle ginocchia di Sammy, che inarcò la schiena, ben presto percorsa dalla stessa scia liquida e caldissima.
“De-Dean” – balbettò, il fiato spezzato, quando Dean tornò giù, per lubrificarlo – “Voglio scoparti … in tutti i modi Sammy … dimmi che mi vuoi anche tu”
“Sì … io ti voglio”
“Dimmelo di più” – quasi ringhiò, insinuandosi tra i glutei sodi del giovane, con le dita umide di saliva e degli umori, che Dean stava raccogliendo masturbando Sammy, in preda a mille contrazioni – “Ti voglio!!”
Dean si rialzò, sovrastandolo, il suo petto contro il dorso di Sammy, che brandì i bordi del tavolo, spostando pacchetti e shopper griffati.
Senza mai abbandonare l’erezione del suo amante, Dean diede un primo colpo di reni, entrando quasi fino in fondo a Sammy, che schiuse la bocca, come se l’atmosfera intorno si fosse rarefatta e dalle narici risalisse solo l’odore di quell’amplesso straordinario.
“Sei … così stretto … mioddio … mioddio Sammy …” e stringendo i denti, Dean aumentò i colpi, toccando la punta del membro di Sam, tormentandola, facendolo singhiozzare dal piacere, avvolgendo i suoi testicoli, inaspettatamente, ripercorrendone poi ogni centimetro, visualizzando ogni vena pulsante sotto quella pelle sottile, ormai bollente.
“Eccomi Sammy … eccomi …” – ed a quel punto del proprio apice, Dean artigliò i fianchi del suo gigante buono, ora inerme ed in sua completa balia, per svuotarsi forsennatamente in lui.
Tutto era dilatato, ma quando Sammy si ritrovò disteso sul parquet, a pancia in su, non comprese immediatamente che Dean voleva essere impalato, senza troppe preparazioni.
Ne seguì un bacio ansante, in mezzo al quale Sam avvertì poche parole confuse – “Anch’io voglio essere tuo Sammy” – e con impeto, Dean concretizzò quell’intento, lasciandosi penetrare largo e duro.
Un attrito carnale lo pietrificò, ma poi la sua cavalcata ebbe inizio, convulsamente, amplificata da un orgasmo immediato.
Sammy lo inondò di sé, dopo pochi minuti, Dean fece altrettanto, per la seconda volta, spargendo il proprio seme sugli addominali e dentro l’ombelico di quel ventre perfetto.
L’apoteosi del loro congiungersi restava l’abbraccio conclusivo, dove era impossibile contare le reciproche pulsazioni; esse sembravano rimbombare, come un ritmo arcaico ed istintivo, di per sé esclusivo, quanto irrinunciabile.




lunedì 23 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 94

Capitolo n. 94 - sunrise


“E’ strano”
“Cosa Dean?”
“Questo silenzio Brandon …”
Cody sorrise.
“Il mio studio è insonorizzato.”
“Ah, ecco” – rise, innocente.
Appariva così, a chi interagiva con lui, da quando si era liberato da troppi incubi.
“Novità?” – chiese l’analista, prendendo appunti.
“Ho cambiato lavoro.” – replicò Dean sereno.
“Accidenti, un grosso cambiamento.”
“Voglio un figlio”
“Dean, non è l’elenco della spesa”
“Vorrei cambiare casa …” – rise – “Sì lo so Brandon … il mio tono era un po’ spicciolo, vecchie abitudini.” – e sospirò, guardando l’ora.
“Vuoi andartene?”
“No, ma dovrei comprare dei regali e”
“Allora qui abbiamo finito.” – ribattè Cody tranquillo – “Potrei dire che sei … guarito.”
Dean si mise seduto, dopo essersi completamente rilassato sopra alla solita chaise long.
“Co-cosa?”
“Hai altre priorità, quelle giuste intendo Dean. In ogni caso, sai dove trovarmi.”


Kurt giocherellava con un alambicco, esposto nella vetrinetta, dove Cody aveva raccolto vecchi strumenti medicali.
“Ciao tesoro, come ti va?”
“Ehi … ciao Brandon … sono passato a vedere se ti eri sbrigato.” - e corse ad abbracciarlo.
“In anticipo come vedi … sei molto sexy … non proprio da shopping natalizio.” – risero, per poi baciarsi voluttuosamente.
Si staccarono a fatica.
“Hai congedato mr lentiggini prima del tempo?”
Brandon rise malizioso – “Sì, Dean sta meglio.”
“Non ho fatto pensieri impuri su di lui, non guardarmi così!” – e fece una smorfia buffa.
“Allora torniamo al tuo look: dove te ne vai?”
“Porto Jamie in un bar gay, voglio fargli uno scherzo ahahah gli dirò che ci siamo mollati e che siamo lì per rimorchiare!”
“Kurt, ma dai …”
“E tu ci credi? Ok, ricomincio da capo: porto Jamie a scegliere i doni …”
“Il locale gay era più divertente …” – disse Cody raccogliendo alcuni fascicoli.
“Vieni con noi?”
“Sbrigo questi tesoro … vi raggiungo da Meliti.”
“Ok Brandon … a dopo.” – e sorridendo tirato, uscì.


“Invasato con i suoi pazienti, forse lo fanno sentire impegnato, utile! Che palle!”
Il discorso di Kurt già in auto verteva su quel fronte, che a Jamie non interessava particolarmente.
Era abituato ai ritmi ed alle assenze del compagno, così che anche per gli amici doveva essere una cosa accettabile, visto che contribuiva al benessere familiare.
“Brandon ti adora, non capisco perché ti lamenti Kurt. Ci sono coppie che stanno andando alla deriva, tu ed io dovremmo essere grati ogni giorno per la vicinanza di persone straordinarie come i nostri compagni.”
“Non mi lamento, uffa! Era per fare conversazione … Di chi parli? Glam e Kevin? No perché Jared e Colin sembrano in luna di miele.”
“Sì, di loro … ho ascoltato una strana telefonata tra Marc e Geffen, appunto …” – disse sovrappensiero.
“In che senso Jamie?”
“Nel senso che temo il peggio …” – spiegò triste.
Kurt parcheggiò.
“Se stai parlando di divorzio non posso crederci.”
“Io invece credo che un po’ di onestà sia la strada migliore in una coppia Kurt.”
“E se invece Glam volesse dimostrare qualcosa a Jared?”
“No … non lo so Kurt, se anche fosse? Jared a me sembra determinato con Colin, altro che Glam. Semmai Kevin merita un minimo di correttezza da parte del marito.” – disse convinto.
“O … ex marito Jamie …”


“La rugiada mi ha fatto venire i reumatismi … etciù!!”
L’ennesimo sternuto interruppe la cronaca, che Downey stava facendo proprio a Geffen, tra un piano e l’altro del centro commerciale, dove stavano saccheggiando i negozi più alla moda.
“Credo ne sia valsa la pena Robert.” – e rise, indicando una vetrina di giocattoli.
“Sì … abbiamo parlato, pianto, urlato … niente botte comunque.”
“Consolante Rob … allora cosa compro per la vostra Camilla?”
“Le piaceva quella casa delle bambole …” – disse emozionato.
“Ok … Lula ha scritto la sua lettera e c’era un semplice: Tanta salute per il mio super papà … Lo amo da impazzire.”
“Quindi gli comprerai l’intero magazzino?” – chiese Downey ridendo.
“No … a proposito, hai ancora un’ora da dedicarmi Rob?”
“Certo … andiamo da qualche parte?”
“Sì … volevo mostrarti una cosa … e parlarti di alcune scelte, che ho fatto, mentre ero in ospedale.”
“D’accordo … andiamo.”


Le dita di Owen erano talmente salde intorno ai polsi di Shannon, da sembrare incollate.
Succhiava e mordeva in continuazione il collo del batterista, acuendo le spinte, fermandosi ad ogni bacio più prolungato.
Shan teneva le palpebre chiuse, strizzandole di tanto in tanto, ma era abbastanza buio in quella camera e Rice sufficientemente preso da orgasmi ripetuti, da non accorgersene.
Le molle cigolavano, c’era un sottile odore di fumo: quel motel faceva davvero schifo, pensò Leto.
Darsi appuntamento lì, facendo finta di non conoscersi, era un giochetto eccitante, ma ormai usurato da altre fantasie e pensieri, che Shannon non aveva più su Owen, da un sacco di tempo.


Denny spense la sigaretta, soffiando nel vento l’ultima boccata: avrebbe smesso, l’aveva giurato a Tomo.
Era sulla terrazza della sua casa ed aveva portato un paio di valigie, finalmente.
Josh giocava nella propria cameretta ed il croato era in mansarda a modellare una nuova scultura.
Sembrava tutto perfetto e forse per questo Denny avvertiva una strana irritazione.
Lui non meritava quel paradiso, non aveva fatto nulla per guadagnarselo, al contrario di Shannon, che ora lo stava puntando, dopo essere sceso dall’auto, per riprendersi Josh.
Ogni volta che si incrociavano, sembrava un discorso silenzioso, quello che l’ex di Tomo gli faceva, mentre Denny toccava le “loro” cose.
Era snervante.
“Denny puoi scendere con me?” – chiese dolce il moro.
“Che succede?” – domandò riprendendosi dall’abisso di quelle riflessioni aspre.
“Josh vuole salutarti.”
“Sì, subito … scusami.”
“Per cosa Denny?” – e lo baciò, sul pianerottolo a cima scale, incurante di Shannon, che si sentiva morire in quell’istante.
Il bimbo spuntò dalla cucina trafelato – “Eccomi!!”
“Ok campione …” – disse mesto Leto, accucciandosi per allacciargli il giubbotto – “Noi andiamo Tomo.”
“Sì, un attimo …” – esclamò lui di rimando, per poi precipitarsi nel living, lasciando Denny nel pieno imbarazzo, misto al compiacimento di quel suo gesto amorevole.
“Josh vieni qui …” – e lo strinse – “Ci vediamo dal nonno, ok?”
“Ok mofo papi …”
“Fai il bravo, saluta Denny …” – “Ciao Denny!” – disse Josh allegro.
“Ciao piccolo …”


Kurt si aprì tre bottoni della camicia.
“Ma ci vai sul serio??” – domandò perplesso Jamie.
“Sì … guarda, il tocco finale …” – e si allacciò un collarino di pelle nera, con delle borchie minuscole – “Ah c’è Tim.” – e fece un cenno ad un giovane, che sopraggiungeva dall’angolo opposto alla strada, dove il ballerino l’aveva accompagnato.
“Brandon lo sa?”
“Non ti sembra una domanda cretina, Jamie?” – e rise.
“Ok … non dico che tu ci vai per … ma è pur sempre una discoteca gay …” – e scrollò le spalle.
“Tu corri veloce dal tuo maritino e da piedini ciccioni, zio Kurt fa quattro salti e poi arriva in giacca e cravatta a villa Meliti per l’antipasto, promesso!”
“Se proprio ci tieni … E non fare lo stronzo!”
“Sì zia Jamie! Ciao, ciao!”


Tim aveva occhi da cerbiatto ed una bocca disegnata ad arte.
Kurt aveva brevemente accennato a Jamie, che usandola con le persone giuste, il ragazzo si era sistemato con un ricco petroliere del Texas, facendolo divorziare dalla terza moglie e mandandolo al Creatore in sei mesi, guadagnandosi una cospicua eredità.
Adesso si erano praticamente avvinghiati in pista.
“Ai vecchi tempi Kurt?” – gli sussurrò, dirottandolo in un angolo più buio della sala affollata.
“Veramente tu sei della nuova generazione ed io un vecchio …” – ribattè, infilandogli la lingua nell’orecchio sinistro.
“Cristo … me lo fai diventare duro solo con la voce Kurt …” – ansimò, strofinandosi a lui, ormai stampato al muro.
Kurt deglutì a vuoto – “Non voglio scoparti.”
“Peccato … peccato che io non sia della stessa idea” – e ridacchiò, inginocchiandosi.
“Tim … Tim … cazzo!” – ed afferrandogli la nuca, Kurt lo lasciò fare.


Shannon non la smetteva di piangere, sulla spalla di Jared.
“Lo ama … capisci Jay? Tomo lo ama davvero …”
“Mi dispiace Shan … dovresti accettarlo e basta, non credi?” – gli chiese con un mezzo sorriso, ma gli occhi lucidi, come quelli del fratello.
“E’ sempre qui … in ogni crepa del mio cuore.”
“Non … tu non riesci ad essere felice con Owen? E’ così innamorato di te e della vostra July … per non parlare di Josh e … e Lula.”
“Owen è un uomo fantastico, con qualche … vezzo … dei minimi difetti, che ha levigato, lo ammetto …”
“Per te Shan, ci è riuscito per te.” – e dopo avergli dato un bacio leggero sulle labbra, Jared tornò a stringerlo, cullandolo.
La residenza di Antonio si andava animando, ma in diverse stanze albergava un malessere poco rassicurante per la buona riuscita di quella vigilia.


Kurt si sciacquò il viso, mentre Tim si chiudeva nel cesso a lato dei lavabo, per prepararsi una canna.
Fece l’occhiolino all’altro, che poteva intravederlo attraverso la porta semi chiusa.
“Un tiro?”
“Fottiti Tim” – disse sommesso.
“Magari trovo qualcuno disposto a farlo, comunque sei un guastafeste.” – e rise, riponendo lo spinello nel taschino della giacchetta in pelle, che gli stava una meraviglia.
“Ti offro da bere rompiballe!”
“Va bene Tim … ok, scusa, magari dopo”
“Dopo? Non c’è nessuno che ti aspetta?”
“Sì, beviamo un drink e poi vado.” – e sbuffò, dirigendosi al bancone centrale, dove notò un volto conosciuto.
“Ehi avvocato!” – e gli diede una pacca sulla spalla.
Tim notò lo sguardo perso di Denny e si intromise – “Kurt non mi presenti?”
“Ciao …” – disse lui, con aria infastidita: voleva rimanere con i propri pensieri, rimandando la sua presenza da Meliti.
“Questo è Tim, questo è Denny.”
“E’ il tuo legale? Per i guai che combini Kurt? Piacere …” – e gli diede la mano.
“Come mai qui, Kurt?”
“Ti giro la stessa domanda!” – replicò, in tono scherzoso.
“Facevo un giro … Credo che entrambi dovremmo essere altrove.” – disse, saettando la sua visione da Kurt a Tim, che lo stava fissando dall’inizio.
“Infatti … Mi daresti un passaggio?”
“Va bene Kurt, andiamo … Salve Tim, buon Natale.”
“A voi … tieni Kurt, il mio nuovo numero.” – e gli passò un biglietto da visita.
“Lo memorizzo.”
“Bugiardo.” – gli bisbigliò, addossandosi a lui, approfittando della calca, per poi sfiorarlo tra le gambe.
“Tim”
“Kurt?!” – ed esplose in una risata affascinante.
Denny sembrava analizzarlo, ma si sentì avvampare quando Tim tornò a guardarlo – “Ti farò causa se non mi telefoni per gli auguri di Capodanno Kurt!”
“Ci sentiamo, promesso.” – e dandogli un bacio fugace sulla tempia, si allontanò, preceduto da Denny, che non vedeva l’ora di uscire da quel bordello di lusso.






OMAGGIO A LEE WILLIAMS > TIM

SUNRISE - CAPITOLO N. 93

Capitolo n. 93 - sunrise


Robert si soffiò il naso, asciugandosi il volto, mentre se ne stava rannicchiato in un angolo della biblioteca della End House.
“Scusami Glam … sono così arrabbiato e … e de-deluso” – singhiozzò, provando un malessere fisico generale.
“Ora calmati Robert … vuoi venire qui? Portaci Camilla, prenditi un paio di giorni con Jude, così parlate.” – disse calmo Geffen.
“Non gli basta mai quello che faccio, è … è faticoso, cioè lo sento così ed è orribile, perché ogni cosa che realizzo è per lui, prima ancora che per nostra figlia!” – gridò piano.
“Comprendo la situazione, non meriti un simile trattamento, ne abbiamo parlato a lungo e sai quanto ci tenga a te Rob.” – disse amareggiato, mentre Kevin sistemava le cose del compagno nell’armadio.
“Ora … ora la smetto …” – rise nervoso – “Non ci volevo neppure venire a questa cena, ma Colin e Jared hanno insistito tanto.”
“Forse è stata invece una buona idea, almeno all’inizio …”
“Infatti Glam, lui e Colin stanno a confabulare come due adolescenti, ho sempre rispettato la loro amicizia, credo che persino a Jared dia fastidio, io invece mi sforzo, invece dovrei fare come lui e dargli due ceffoni quando se li merita, specialmente con Xavier!” – esclamò, infervorandosi nuovamente.
Geffen sorrise – “Me la immagino la rissa generale … Poi Jared che prende per i capelli Jude o viceversa, è già successo” – rise, infastidendo Kevin, che preferì tornare in salone con Lula, a guardarsi dei cartoni.
“Infatti, dovrei scriverci una sceneggiatura.”
“Dammi un secondo … Kevin!?”
Il giovane tornò – “Che c’è?” – domandò incolore.
“Potresti mettere a letto nostro figlio, vorrei parlarti di una cosa importante.”
Kevin lo scrutò, scuotendo la testa – “Non stasera daddy, sono stanchissimo ed anche tu dovresti dormire, Scott è stato chiaro.”
“Ok … come vuoi … Robert devo andare.”
“Certo … che coglione, non ti ho neppure chiesto come stai …”
“Va meglio, ma tienimi aggiornato, ok?” – disse con una velata dolcezza.
“D’accordo … magari mi servi come difesa, quando lo avrò affettato!”
“Mi raccomando, pezzi piccoli!”
Risero insieme, per poi salutarsi.


Jude camminava nel parco, scrutando le evoluzioni delle fontane, arabescate di luci e colori, grazie alle numerose luminarie, installate dal signor Wong.
Prese il cellulare e compose il numero, che più amava.
“Dove sei tesoro …?” – chiese con imbarazzo.
“Nello studio di Colin”
“Hai una voce strana Rob”
“La solita quando ti diverti ad umiliarti, perché dev’essere così, altrimenti perché lo faresti Jude?”
“Umiliarti …? Non era mia”
“Sì che la era, cazzo!” – esplose.
Law inspirò.
“Sono al gazebo delle rose gialle … ti prego raggiungimi, altrimenti salgo immediatamente” – quasi implorò.
Robert avrebbe voluto stringerlo e baciarlo, ponendo fine a quella guerra fredda, ma non era così semplice.


Kevin spense la luce, accucciolandosi tra le braccia di Glam.
Gli dava le spalle, come a non volere cogliere nel suo sguardo qualcosa, che già lo allarmava.
Quel discorso che Geffen aveva intenzione di fargli, l’aveva soltanto rimandato.
Pesava come un macigno sul cuore di Kevin, almeno quanto il segreto, che si portava dentro.
Si voltò di scatto, per rivelarglielo: non ne poteva più.
Glam dormiva sereno, sembrava sorridergli.
“Daddy …” - mormorò lui, dandogli poi un bacio salato sulle labbra morbide, che questa volta non si schiusero.


Jude si tormentava le mani, nell’attesa di Robert, che arrivò con passo spedito.
Downey possedeva quella verve nei gesti e nei comportamenti, che era divenuta il segreto del suo carisma interpretativo, qualunque personaggio affrontasse.
In realtà, sul set, non esistevano sfide impossibili, ma quella che si accingeva ad a combattere ora, gli sembrava già persa in partenza.
Gli occhi di Jude lo investirono, con la loro bellezza, frammentata in mille dubbi.
L’inglese si alzò dalla panchina, dove Robert lo costrinse a risedersi.
“Adesso mi ascolti Jude! Parleremo di Christopher una volta per tutte!”


“Dove sono finiti Colin?”
“A spasso in giardino … a discutere presumo.” – rispose Colin sconsolato.
Jared dava la camomilla ad Isotta, che lo guardava sognante.
“Siete bellissimi …” – aggiunse l’irlandese.
“Grazie amore … i gemelli?”
“Dormono, anche Amèlie, persino Camilla; ho detto a miss Wong di sistemarla nella camera di Becki e Violet.”
“Hai fatto bene Cole, lasciamo che i genitori si … sfoghino.” – e sorrise poco convinto.
Farrell andò a sedersi sulla poltroncina della nursery, senza mai perdere di vista Jared.
“Notizie di Glam?” – chiese improvviso.
“E’ alla Joy’s House, salvo imprevisti.”
“Pensi che Scott l’abbia trattenuto?”
“No, speriamo trascorra il Natale con noi … sì, insomma, in famiglia Colin.”
“Staremo insieme, nessun problema.” – e volò a stringerli, baciando Isy tra i capelli soffici, almeno quanto la bocca di Jared, dove si perse, provando una malinconia struggente.


“Ok Rob … parliamo di Christopher.”
“Perfetto. Vuoi sapere se ci ho scopato? No! Se l’ho baciato? No! Se gli voglio bene? Sì, un bene immenso, ma come ad un figlio, accidenti!”
Law si allontanò verso le siepi, poco distanti.
“Avrei preferito se te lo fossi portato a letto.” – rivelò sfinito.
“Non voglio parlare con la tua schiena Jude” – disse avvicinandosi.
“ED IO NON VOGLIO PERDERTI!” – gli urlò in faccia, mentre la sua stava andando a fuoco.
Downey allargò le braccia, vibranti di costernazione.
“Spiegami … Jude spiegami il motivo in base al quale tu puoi avere il privilegio di condividere una particolare intimità con Colin e con Xavier, mentre io dovrei cristallizzarmi in funzione di te, cosa che peraltro faccio perennemente!?”
Law prese fiato, cercando una motivazione corretta.
“Tu gli parli con amore Rob … Ti precipiti quando Chris ti cerca. Lo rendi prezioso agli occhi di chi vi guarda.”
“Di chi ci guarda? Intendi ad esempio Colin?”
“Non accusarlo ingiustamente, lui ti tiene la parte ad ogni mia crisi.”
“Quello accusato ingiustamente, qui, sono soltanto io Jude.” – ribattè serio.
“Tu … tu sei mio Rob … me ne sono convinto nell’attimo in cui ci siamo innamorati …” – disse commosso.
Downey precipitò sull’erba fresca di rugiada notturna.
“Mi stai distruggendo Jude con questa gelosia … E mandi in frantumi anche il nostro matrimonio, te ne rendi conto?”
Law si mise in ginocchio, prendendo le mani di Robert, che si rifiutava di incrociare i reciproci sguardi.
“Ho … ho perso me stesso Rob … Non riesco neppure a respirare se penso che tu ed io un giorno potremmo …” – non riusciva a dirlo.
“Separarci?” - chiese severo.
Jude assentì, poggiando la fronte sulla spalla di Downey.
Robert esitò, ma le sue braccia erano come attirate da una calamita invisibile, che gli imponeva di stringere a sé Jude, il suo Jude.
“Andiamo via Robert … con nostra figlia …”
“Mi proponi una fuga?”
“No. Un viaggio. Vorrei che anche tu riuscissi ad innamorarti di nuovo … ma di me Rob.”
Downey boccheggiò, esausto – “Tu continui a credere che io mi sia innamorato di Chris … Se insisti, me ne convincerò anch’io, è questo che vuoi Jude?”
“No …” – rispose in lacrime.
“Ascolta … forse …” – tornò a guardarlo, accarezzandogli le braccia, come a consolarlo – “Forse dovremmo andare in terapia Jude, Brandon potrebbe aiutarci.”
“Non ho bisogno di lui per capire quanto sta diventando malato il mio amore per te Robert, ma io di questo vorrei anche morirne, sapendo che era giusto così … era giusto sfidare il mondo, sapendo che non mi avresti mai lasciato andare senza di te, era giusto adottare una bimba come la nostra Camilla, combattendo un’ulteriore battaglia … Ti … ti ho mai raccontato di come certi ex amici mi hanno insultato, sapendo che stavamo insieme? Per non parlare di quelli che mi dileggiavano, visto che avevo scelto di amare un ex drogato, un ex ubriacone, uno come te … Ho fatto a botte con quei bastardi, prendendo le tue difese, come neppure avrei fatto per i nostri figli … perché sono nostri, vero Rob? Perché sei tu la mia unica, vera, famiglia.”
Downey annuì, percorso da una scossa elettrica, che gli faceva pulsare le iridi di inchiostro, increspate di stelle: quelle in cui si stava specchiando Jude, con le proprie, riaccese su di loro, come mai prima di allora.
Si baciarono, spogliandosi lentamente, sulle tavole in legno di quel tempio, testimone di un amplesso profondo, talmente bello da cancellare i livori e le incomprensioni delle ultime settimane, come per incanto.



sabato 21 aprile 2012

ONE SHOT - NEVER

OST > http://www.youtube.com/watch?v=sU8V0kGW3T4


Pov - Colin Farrell -
NYC 2002


And 'this astonishment, I tear the soul.
Watching you, your face lights up with wonder, does not believe a single word, yet you would like to say, I really would like Jared.
Pacing in my memory, trying to make indelible traits of your mouth, the color of your eyes, the expression of your brow furrowed, where I placed a kiss before saying goodbye.
"Take care of yourself ... I'm sorry for the film Jared."
"No matter, we still"
"What?" - I ask as my heart is found behind the vocal chords, beats, so strong, that if I could open its jaws, you may see it and run away in fright Jared.
But you do not forsake me never.
"We spent some beautiful days, however, Colin, we had fun." - And shrug his shoulders.
We are at the airport, you wanted me to accompany him, after the usual vegetarian pizza to local Derek.
"Yes ... I even have" - ​​I laugh like an idiot.
Laugh at yourself - "Even? ... "
Drawing on the fogged glass of ellipsis - "Write the first thing you think of Jared." - Amused wonder.
You bite your lower lip, then blush: not from you, so what should I be, according to a finding of "wise Leto," I love your ass when you take the pedantic, what we have already passed, he knows everything You are smart ... Jared Joseph Leto and I am a jerk, if I kiss you in five minutes, you'll race to see that in six boarding for Los Angeles.
New York looks at us.
I wait.
I love Cole ......... .........
You fixed me and you are not breathing.
I kiss you, kiss you so hard that we could stifle both.
Our fingers will advance under your t-shirt and my shirt open over my jeans, you gave me.
"Me too" - suffocating in your hair, your neck, your smell so good Jared.
Now it rains, it rains when two people like us are going to say goodbye ... to leave ...
"I will never do Jay."
Pant, such as hands, grabbing your cheekbones and then ... then nod your head, then shake your head - "What you do not Cole?"
"Leave you. Never. "

The End


venerdì 20 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 92

Capitolo n. 92 - sunrise


Kevin uscì dal bagno in accappatoio.
La camera privata di Geffen, aveva ogni confort, come un frigo bar e la tv satellitare, con lettori di ogni genere, non sembrava davvero di essere in ospedale, così come a Jared non sembrò vero di intuire cosa era successo la notte appena trascorsa, tra Glam ed il compagno.
“Ciao … scusa Kevin, ho scelto il momento sbagliato …”
“Ciao … mi vesto ed usciamo, non voglio svegliare daddy.” – disse velatamente contrariato.
“Ok …”


Jamie portò la colazione a letto per Marc, che si era addormentato tardi.
“Grazie tesoro. Questa causa mi farà impazzire, si sente la mancanza di Glam.”
“Mi dispiace, ma tra due giorni è la vigilia e voi lavorate ancora?” – chiese perplesso.
“Ormai Denny ha stilato la richiesta di rinvio, spero solo che l’accettino, diversamente domani ci sarà lo scontro finale.” – e sorrise baciando Jamie nel collo.
“Ho … ho tanta voglia …” – disse Hopper sommesso, leccando piano l’incavo sotto il mento dell’altro, i cui respiri aumentarono, mescolandosi a quelli del marito.
“Vuoi … dare una sorellina a Julian?”
Risero abbracciandosi – “Magari l’anno prossimo Jamie … adoro l’idea.” – disse solare.
Jamie perse un battito – “Sei … sei incredibile Marc Hopper …”


Dean scrutava le decorazioni, che Sam aveva scelto per il loro albero.
“Sammy …”
“Sì?” – si voltò, illuminandolo con il proprio sguardo carico d’amore.
Dean sorrise.
“No, niente … volevo solo … guardarti mentre ti accorgevi di me.” – disse sereno, passandogli la lettera, che gli aveva scritto e che avrebbero letto, con quella di Sam per lui, la notte di Natale.
“Ti amo Dean”
Glielo diceva di continuo, ma sempre al momento giusto per entrambi.


“Lula è da noi, con Violet … Colin mi ha detto che avrebbero dimesso Glam oggi.” – disse impacciato Jared, scegliendo un caffè alla macchinetta.
“Ne vuoi Kevin?”
“No, scendo al bar dell’angolo, questa brodaglia mi dà acidità di stomaco.”
“Capisco”
“Davvero Jared?” – replicò di impulso.
“Ma cosa ti prende …?” – domandò il cantante smarrito.
“Non devo chiedere il permesso a te per fare l’amore con mio marito! Né a te e neppure a Scott!” – inveii puntandolo con le iridi colme di rammarico ed ostilità.
Jared inspirò, gettando il bicchiere ancora pieno nel cestino.
“Io penso a Glam ed alla sua salute.” – spiegò, cercando di mantenere la calma.
“Ah davvero?? Quel pomeriggio non ci hai pensato poi tanto, fermando il suo cuore con le tue uscite del cazzo!!”
A quel punto anche Leto perse le staffe, pur mantenendo un tono di voce misurato, ma minaccioso.
“Devo rispetto a Glam, gli devo moltissimo, credimi, quindi volevo renderlo partecipe della mia decisione di chiedere perdono a te ed a Colin, davanti a lui, con il suo sostegno!”
Kevin sgranò gli occhi, indietreggiando, per poi bloccarsi contro lo stipite – “Io non ti perdonerò mai per certe cose Jared, sappilo.”
“Cambierai idea. Solo i cretini non lo fanno.” – e se ne andò, sfilandolo come in un aura gelida, senza concedergli alcun contrattacco.


Scott aiutò Glam ad alzarsi.
“Eccoci qui … La testa gira?”
“No … anzi, mi sento bene.”
“Sul serio Glam? Cosa ti avevo detto? Niente rapporti sessuali per almeno un mese!” – sibilò feroce.
“E quando me l’avresti detto, scusa?” – ribattè Geffen, con un simpatico occhiolino.
“Ok, ti firmerò il lasciapassare tra un paio d’ore … Facciamo il controllo alla prostata.”
“Eh?”
“Che c’è di strano? Preferisci la dottoressa Carson?” – e gliela indicò, di passaggio nel corridoio.
Glam la seguì per qualche istante, con aria stranita – “Sembra … un camionista allo sbaraglio …” – disse piano.
“Ah ma se preferisci lei …” – disse offeso.
“Smettila di fare il buffone Scott!”
“Ok! Procediamo!” – e si infilò un guanto in lattice, poco rassicurante.
“E che modi … nemmeno un fiore, un appuntamento decente, un”
“Ti invito a pranzo!” – affermò inarcando il sopracciglio sinistro.
“Ok Scott … se proprio insisti.”


Jude si allungò sul lettino prendisole in terrazza, tenendo sul petto Camilla, che aveva segnato su di un catalogo di giocattoli le sue scelte per i regali, anche dei suoi numerosi cugini.
Ad ogni foto, diceva il nome del destinatario, esultando quando era “Mio!” – e rideva, rendendo ancora più gioioso quell’istante con il suo papà biondo.
Downey li osservava, come amava fare, quando Jude e Camilla interagivano.
Decise di avvicinarsi, con della cioccolata calda.
“Lo so, non siamo in montagna, ma rende l’idea …” – disse timido, incontrando il sorriso di Jude, che si affrettò a baciarlo, appena gli fu abbastanza vicino.
“Grazie Rob …”
“Grazie a voi, di esistere.”
Il suo cellulare vibrò: l’aveva lasciato sul pianoforte, ma il rumore si sentiva a diversi metri di distanza.
“Non rispondi?” – domandò Jude, mutando espressione.
“Richiameranno.” – disse imbarazzato.
“Magari è importante Robert.”
“Nulla potrebbe esserlo più di questo.” – e lo baciò di nuovo, sentendo che non era come prima quel contatto.
Si distaccò, come svuotato dall’atteggiamento severo di Jude.
Camilla fece una smorfia triste, tendendo le braccia a Robert, che la prese sul cuore, cullandola e mettendosi su di un’altra sdraio, poco distante.
Jude rientrò con passo deciso, controllando chi insistesse in quella telefonata, accorgendosi che era Colin.
“Che idiota …” – sussurrò flebile.
“Cole …! Ciao …” – disse contratto.
“Jude finalmente, il tuo numero è irraggiungibile da stamattina, così ho chiamato Rob, tutto bene?”
“Sì … no … lascia stare, ci sentiamo più tardi …”
“Con Jared volevamo invitarvi a cena, che ne dite?”
“Non lo so Colin”
“Stai piangendo Jude …?” – chiese intimorito dalla tensione, che avvertiva nelle risposte dell’amico.
“No … sì … sono a pezzi.” – rivelò, dopo essersi chiuso in bagno.
“Jude ascolta, ora fai un bel respiro”
“Non ci riesco, ho … ho la nausea …” – ed a conferma della sua sensazione, diede di stomaco due secondi dopo.


Kevin raggiunse Glam e Scott, al ristorante della clinica, portandosi Lula, felice nel vedere il suo papà vestito con una tuta ed il trolley dietro la sedia.
“Amore mio …” – gli bisbigliava l’avvocato, tenendolo sulle ginocchia ed imboccandolo, come se avesse ancora tre anni.
Lula appoggiava la sua testolina alla fronte di Geffen, dando l’impressione che si fondessero.
“Lula è la sua vita …” – disse piano Kevin.
Scott provò a dirottare il discorso sulla nuova terapia, consigliata al suo paziente preferito, ma l’aria triste di Kevin sembrava aleggiare su ogni loro parola.
“La prossima volta impegnati di più Scott! Vogliamo una pizza gigante, vero Lula?”
“Okkeiii!!” – e volò in braccio a Kevin, che lo accolse con infinito amore.
Geffen accarezzò la nuca di Kevin, che si sporse, baciandolo – “Vado a recuperare l’auto amore … ti aspetto all’entrata.”
“D’accordo Kevin … Lula saluta Scott” – e rise.
“Ciao dottore, grazie per avere salvato il mio papà!” – e gli schioccò un bacio sulla tempia sinistra, prima di trotterellare via con il bassista.
Il medico notò il tatuaggio del giovane.
“GG … rosso fuoco, ma …”
“Sì, sono le mie iniziali Scott.”
“E Kevin se le è fatte incidere …”
“Non avrei voluto, ma ha un senso profondo il suo gesto.”
“Lui vive in funzione di te, più di Lula stesso … temo.” – disse posato.
Geffen prese fiato.
“Dovrà … dovrà imparare a non farlo più, sai …? E’ mia intenzione chiedere il divorzio da Kevin, non posso più prenderlo in giro … Io lo amo, chiunque direbbe a modo mio, lo so, però … Non è giusto continuare un cammino insieme, non lo è, credimi Scott.”


ONE SHOT - NEVER

One shot – Never



Pov – Colin Farrell – NYC 2002

E’ questo stupore, che mi lacera l’anima.
Guardarti, il tuo viso che si illumina di stupore, non credi ad una sola parola, che dico eppure vorresti, lo vorresti davvero Jared.
Ricalco nella mia memoria, cercando di renderli indelebili, i tratti della tua bocca, il colore dei tuoi occhi, l’espressione corrugata della tua fronte, dove ho posato un bacio, prima di salutarti.
“Abbi cura di te … mi dispiace per il film Jared.”
“Non importa, abbiamo comunque”
“Cosa?” - chiedo, mentre il mio cuore si ritrova a ridosso delle corde vocali, pulsa, talmente forte, che se spalancassi le mandibole, potresti scorgerlo e scappare via per lo spavento Jared.
Tu, però, non mi abbandoneresti mai.
“Abbiamo comunque trascorso delle belle giornate Colin, ci siamo divertiti.” – e scrolli le spalle.
Siamo in aeroporto, hai voluto che ti accompagnassi, dopo la solita pizza vegetariana al locale di Derek.
“Sì … io mi sono persino” – rido, come uno scemo.
Ridi anche tu – “Persino? …”
Disegno sul vetro appannato dei puntini di sospensione – “Scrivici la prima cosa che ti viene in mente Jared.” – chiedo divertito.
Tu mordi il tuo labbro inferiore, poi arrossisci: non è da te, quello timido sarei io, secondo una valutazione del “saggio Leto”, adoro prenderti per il culo quando fai il saccente, quello che ci è già passato, quello che sa tutto … Tu sei in gamba Jared Joseph Leto ed io un coglione, se non ti bacio tra cinque minuti, visto che tra sei correrai verso l’imbarco per Los Angeles.
New York ci guarda.
Io aspetto.
… … … Ti amo Cole … … …
Mi fissi e non stai respirando.
Ti bacio, ti bacio talmente forte che potremmo soffocare entrambi.
Le nostre dita si fanno largo sotto alla tua t-shirt e nella mia camicia aperta sopra ai jeans, che mi hai regalato.
“Anch’io” – soffoco tra i tuoi capelli, il collo, il tuo profumo così buono Jared.
Adesso piove, piove sempre quando due persone come noi stanno per salutarsi … per lasciarsi …
“Non lo farò mai Jay.”
Ansimo, come queste mani, che afferrano i tuoi zigomi e poi … poi annuisci, poi scuoti la testa – “Cosa non farai Cole?”
“Lasciarti. Mai.”

The end


mercoledì 18 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 91

Capitolo n. 91 - sunrise


“Il … il tuo orecchio sinistro è … è più staccato di quello destro”
Robert tirò su dal naso, indicando quella caratteristica peculiare di Jude, che faceva finta di dormire.
Downey lo sapeva benissimo.
Così sapeva che aveva pianto, come lui, del resto.
Qualche lampo illuminava la stanza, a scatti: in uno di questi si spalancarono anche gli opali di Jude, che si voltò dall’altra parte, con un gesto tanto fulmineo, da fargli vibrare l’intero corpo nudo, come quello di Robert.
L’americano posò delicatamente i palmi sulle sue scapole – “Scusami Jude”
Un respiro più greve, seguì i precedenti, carichi di afflizione.
La gelosia ed il possesso, lo stavano devastando, da quando aveva letto quel messaggio.
Colin cercava di vedere il lato migliore della vicenda – “Te l’ha detto Jude … non ti nasconde le cose …”
“E’ una puttana!!”
Certo Jude non voleva dirlo, non in quel modo, non con Colin e neppure con un estraneo, perché era una falsità, un travisare l’atteggiamento di Robert, ma ormai il fiume di lava, fatto di insulti, aveva preso forma tra le sue corde vocali e sembrava non avere freno.
“E scodinzola come un cane, anzi una cagna, quando quello stronzo lo chiama!! Christopher, Christopher, lo ripete alla nausea, ci si riempie la bocca!!”
Urlava, l’abitacolo del suv di Farrell sembrava implodere del suo gesticolare furente e disperato.

Adesso c’erano i tuoni, c’erano le labbra di Robert, incollate alle sue, c’erano le sue lacrime, mescolate a quelle di Jude, che mentalmente gli ripeteva § Non lasciarmi … non lasciarmi Rob … anche se lui è così giovane … ed è bellissimo §
La propria valutazione su Chris, l’aveva singhiozzata anche sulla spalla di Colin, poi alla fine risero, ad un passo dall’affogare in quello stillicidio reciproco.
Volle ribadire inoltre che – “Non le pensavo Colin … quelle cose … io Rob lo amo … lo amo da impazzire …”
“Infatti sei un adorabile pazzo.” – aveva concluso irish buddy, prima di riavviare l’auto, verso casa di Jude.


Il respiro di Kevin era regolare, ma la sua espressione corrucciata.
Glam la osservava, delineando con il pollice il contorno della sua bocca carnosa e ben disegnata.
“Daddy …”
“Ciao …”
“E’ … è tardi?”
“No cucciolo, sono le sei meno un quarto.” – gli sorrise, baciandolo.
Kevin, quasi istintivamente, mentre si abbandonava a quel contatto, toccò l’inguine di Geffen, che mugugnò compiaciuto – “Per … per questo è presto Kevin”
“Voglio solo toccare mio marito” – replicò lui serio.
Glam annuì, richiudendo le palpebre ed inspirando nel cuscino.
Kevin proseguì, con sensuale accortezza, piegandosi poi a succhiare una porzione di pelle, nel collo di Geffen, che avvertì un pericoloso aumento delle pulsazioni.
“Kevin … fermati …”
“Che succede?” – chiese preoccupato.
“Non sono pronto per questo …”
“Mi dispiace daddy …”
“A me dispiace … sto rubando la tua vita Kevin ed è ingiusto.”
“Perché dici questo Glam …?”
“E me lo chiedi tesoro …?” – gli diede un bacio, dapprima leggero, ma che Kevin rese intenso, sovrastando di poco il bacino di Geffen, mentre con la destra recuperava un gel neutro, dimenticato dal cardiologo sulla mensola del tavolino per i pasti.
“Ke-kevin” – balbettò l’avvocato, sentendosi avvampare.
Kevin lo stava aiutando a penetrarlo, aprendosi a lui, con spinte progressive, fino ad ergersi per cavalcarlo, senza che Glam si stancasse.
“Mioddio Kevin … Kevin …”
“Penso io a te … daddy … sono tuo … tuo” – e con un rantolo lussurioso, riunì le loro labbra, gemendo forte appena percepì lo sperma di Geffen inondarlo copioso.


Jared dormiva sereno.
Un lieve fermento dei suoi zigomi, affascinò Colin, che lo stava vegliando da almeno mezz’ora.
Senza più sapere resistere, gli fece il solletico con la barba appena accennata, sotto al mento.
“Buongiorno.”
“Cole …”
“Mi mancavi Jay …”
Leto arrise a quella sua innocenza istintiva, di cui si era innamorato perdutamente, appena glielo presentarono – “Io sono qui Cole.”
Farrell si rannicchiò sul suo addome, in carenza di ossigeno – “Resta con me Jay”
“E’ ciò che voglio … credevo lo sapessi” – disse tranquillo, accarezzandogli i capelli brizzolati e corti.
§ Perdonami … §
Colin lo pensò, senza riuscire a dirglielo.





SUNRISE - CAPITOLO N. 90

Capitolo n. 90 - sunrise


“Lo avresti baciato?”
Geffen si girò su di un fianco, per ascoltare meglio, anche con gli occhi, la risposta di Downey, allungato sulla poltrona, allestita con un poggia piedi per la notte, che avrebbero trascorso insieme.
Robert inspirò, fissando il soffitto, tempestato di lucette azzurrognole, che creavano un riverbero piacevole.
“Sarebbe stato uno errore madornale Glam … vedi io sono spesso in pensiero per Christopher … Vivo nell’angoscia che mi chiami dicendo che Steve l’ha maltrattato o tradito o deluso … Quando invece ho la massima fiducia in lui.”
“Steve è un uomo meritevole di rispetto, come puoi pensare ad una cosa simile?”
“Francamente quando si è innamorati di un ragazzo che ha vent’anni meno di te, forse potresti anche perdere la ragione, no?”
Geffen sbuffò – “Ok, touchez.”
“Appunto … Kevin è giovane, ma Chris lo è ancora di più …”
“Mi stai dicendo che sono vecchio? Ci ha già pensato la madre di Sveva oggi ahahah”
“Eh? Sono passate a trovarti? Come sta Sveva?”
“Bene, anche il bambino … C’era anche la simpaticissima sorella, insomma il trittico al completo …” – e sospirò.
“Immagino …”
“Sì Rob, ho colto delle battute sul tipo, ma quello poteva anche sposarti o cose del genere, poi la frecciatina sul fatto che sono un po’ attempato …”
Risero all’unisono.
“In effetti non sei di primo pelo big Geffen ahahahah”
“Ora direi pure un relitto, eh Rob …? Hai sviato bene il discorso, ma torniamo a Chris.”
“Ok … Quando l’ho messo su quell’aereo poco fa … Cioè è lui che ci è salito”
“Per tornare dal fidanzato!” – lo interruppe simpatico Geffen.
Downey si strofinò gli zigomi, sistemando la coperta ed il guanciale – “Sai … quando Chris è stato violentato … con Kevin …” – un nodo in gola lo bloccò.
Glam chiuse le palpebre, sentendosi pungere gli occhi all’improvviso.
“Robert …”
“Sì, insomma, lo stesso abuso, l’incubo tornava, senza pietà e lui … lui si era reso conto di tutto, come me, in galera e … e non solo.” – nel dirlo quasi stritolò i braccioli, come se quel dolore gli fosse piombato dentro, più intenso e sadico.
“Rob tu dovresti parlarne anche con Jude, non credi?”
“No … impossibile … litighiamo sempre a causa di Chris, è … è più forte di Jude, anche se … anche se gli ho inviato un sms per dirgli cosa stava succedendo, mentre era con Colin al lavoro …”
“E ti ha risposto?”
“No.”


“Josh ti adora …”
Tomo gli diede un bacio più profondo, come a convincerlo della propria affermazione: Denny non voleva lasciarlo andare via, tra le sue gambe, ecco quale era il posto di quel croato, che gli aveva cambiato il ritmo del cuore e le abitudini.
“Mi … mi vuoi ancora …?” – domandò, segnando con l’indice sinistro il profilo di Tomo, che avrebbe voluto sviluppare altri discorsi.
“Non ti va di parlare di noi, vero Denny? In modo serio.” – affermò severo il chitarrista, spostandosi con uno scatto, per andare a sedersi al centro del letto.
“Tomo …”
“Ma fottiti accidenti!” – e si alzò brusco – “Voglio che tu venga a stare da me, cosa dovrei dimostrarti che sei l’unico uomo nella mia vita?! NO! Purtroppo o per fortuna non esisti soltanto tu, ho un ex ed ho un figlio, ho degli amici, alcuni molto cari, ma è di te che sono innamorato cazzo!!”
Denny non l’aveva mai visto così.
Tomo stringeva i pugni, poi afferrò un lenzuolo e si coprì malamente, dirigendosi in terrazza, per fumarsi una sigaretta, pescata dal pacchetto rimasto su di un davanzale, le dita tremanti, come i suoi occhi increspati di lacrime rabbiose.
Ricominciò a piovere.


“Dio Rob è tardissimo, che dici dormiamo?”
Downey sbadigliò, controllando il palmare.
“Nessuna nuova …?”
“No Glam. Vorrei telefonargli, però …”
Dei passi lo distrassero.
Era Kevin.
“Tesoro …” – “Ciao daddy, Rob … Ho … ho lasciato Lula da Rice con Josh … Non sapevo dove andare …” – disse contratto da un malessere evidente.
Robert gli andò vicino, avvolgendolo in quella coperta tiepida e Geffen si sollevò, tendendogli le braccia – “Kevin, vieni qui” – e lo strinse forte.
“Posso rimanere …?” – chiese affondando il viso bagnato nel petto di Glam, che era spaventato dallo stato d’animo del compagno.
“Certo … Ma sì certo amore” – e gli diede un lungo bacio.
Robert decise di andarsene.
Kevin si spogliò, infilandosi nel letto di Glam, che sorrise.
“Scott ti sgriderà daddy?”
“Deve solo provarci.”


Denny indossò una tuta, sul corpo ancora intossicato dal sapore di Tomo, che rientrò, per andarsi a fare una doccia.
“Vai a correre?” – domandò svuotato, senza guardarlo.
“Devo schiarirmi le idee.” – replicò l’avvocato, la voce fioca, la testa nascosta nel cappuccio alzato della felpa.
A luci spente, si diresse verso l’ingresso, ma due mani gli afferrarono i polsi, sbattendolo con la faccia al muro.
Tomo non aveva nulla addosso.
“Non te lo permetterò Denny … di rovinare tutto, non dopo quello che abbiamo condiviso!” – gli ansimò nella nuca, con afflizione, ma pronto a non cedere assolutamente dal proprio intento.
Il giovane si liberò, afferrandogli febbrile la nuca, scontrandosi con i suoi denti, con la sua lingua, in un bacio mozzafiato.
Tomo gli sfilò la casacca, cinturandolo per la vita, mentre Denny scalciava via anche i pantaloni e le Adidas.
Le sue cosce agganciarono i fianchi del moro, eccitato spasmodicamente, ma asciutto e crudele, nel negarsi a lui, che voleva appartenergli subito.
“Sono ancora sporco di te … prendimi Tomo …” – gemette, puntandolo con quelle iridi di ghiaccio, pronte a liquefarsi, come le pareti di quel corridoio.
“Non è scopando che ne usciremo … io ti amo …” – disse sommessamente e con altrettanta cura risalì in lui, scivolando poi sul parquet, su quegli abiti sgualciti, per fargli l’amore, senza mai fermare quei baci, ai quali Denny attingeva aria e gioia, senza più paura di sbagliare.




martedì 17 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 89

Capitolo n. 89 - sunrise


“Potresti portare la tua roba a casa mia …”
La voce di Tomo era carezzevole, come le sue mani sulle scapole di Denny, tra le quali il croato posò un bacio caldo ed umido, prima di alzarsi e cercare i boxer, finiti sotto ad un tavolino da fumo.
“Meglio di no.” – disse piano l’avvocato, recuperando i jeans dalla poltrona ed indossando solo questi.
“Vuoi una sigaretta Tomo?” – domandò inspirando una prima boccata da quella appena accesa.
“No. Vorrei un’altra risposta.”
“Troppo presto Tomo.” – replicò Denny, con una smorfia da canaglia, la Camel tra le labbra invitanti, su quel viso terribilmente bello ed arrapante, come il resto di lui.
“Perché fai lo stronzo stamattina?” – chiese deluso il chitarrista.
“Ti sbagli, lo faccio per Josh, è tuo figlio e quella è casa sua, non deve subire confusioni od equivoci. Io non sono ancora niente … e forse non lo diventerò mai.” – spiegò, forzando una tranquillità, che faceva a pugni con il dolore al centro del suo petto scolpito.
“Che cavolo dici, Denny?!”
“La verità. Sai, mia madre ha cambiato quattro mariti, persone fantastiche, non so neppure come li adulasse al punto da farsi puntualmente sposare, però ci riusciva ed io mi affezionavo come un cane a loro. Poi succedeva qualcosa, lei strumentalizzava il suo affetto per me ed io diventavo la causa di rotture drammatiche, perdendo quei padri temporanei, con la beffa di stare loro pure sulle palle!”
Tomo andò ad abbracciarlo, fermando il tremore improvviso, che si era impadronito dell’addome di Denny.
Denny lo strinse forte – “Ti chiedo scusa Tomo … scusami …” – mormorò commosso ed imbarazzato.
“E di cosa …?”
Si fissarono, aderendo ancora con i corpi l’uno all’altro.
“Ti amo cazzo … io ti amo e non riesco a …”
“Ci riesci benissimo Denny” – e gli sorrise, dolce, come solo Tomo riusciva ad essere.
Si baciarono, con la voglia di tornarsene tra le lenzuola, ma il lavoro li reclamava, oltre agli impegni famigliari.
Josh era a villa Rice, ma per pranzo sarebbe andato al parco giochi con Tomo, mentre Denny era atteso per un’udienza da Hopper.


“Ciao Glam, ti ho portato i giornali.”
“Colin … ciao, pensavo non venissi.” – e gli sorrise, aprendo un quotidiano a caso.
“Perché?” – domandò turbato.
“Non avevi quel doppiaggio con Jude?” – replicò Geffen sereno, cercando gli occhiali da lettura nel comodino.
“Ah … sì, ma tra un’ora almeno. Aspetta ti aiuto.” – e nell’aprire il cassetto, l’attore vide il cofanetto in velluto nero.
Pensò ad un regalo, probabilmente per Kevin.
“Eccoli.”
“Grazie Colin, anche per questi.”
“Figurati … portano solo brutte notizie.”
“Vero … Sai, ho voglia di neve, il Natale ha più senso …”
“Potresti andare in Svizzera.”
“Niente aerei a lunga percorrenza, per sei mesi, così dice Scott.” – ribattè mesto.
“Niente chalet allora, ma vedrai che la prossima estate potrete tornarci, magari lo faremo anche con Jared ed i cuccioli.”
“Chi puo’ dirlo …” – concluse Glam perplesso – “La mia infermiera preferita è in arrivo, devo sottopormi ad un ecocardiogramma Colin.”
“Ok, tanto me ne andavo … Fammi sapere se ti serve qualcosa per domani mattina …” – disse incerto, sfuggendo lo sguardo di Geffen.
“Una salute migliore … A presto Colin.”

http://www.youtube.com/watch?v=1e4YFcuDO_A

Il suo sguardo si perdeva in fondo a quell’orizzonte, guardato insieme a Jared così tante volte in passato.
Una spiaggia somigliava ad un’altra, ma quell’angolo di Los Angeles era unico per il cuore di Farrell.
Lì il suo Jared lo aveva lasciato tanti anni prima, un’eternità, che sembrava non essere esistita mai, invece faceva ancora così male.
Poteva scorgere la terrazza del vecchio appartamento del compagno, dove si erano rincorse ore di felicità ad altre drammatiche.
Era lì che Colin si rifugiava, ubriaco e disperato, quando non aveva la forza di tornare dalla donna del momento o da James, che non meritava un padre simile.
Sempre lì, Jared si era preso cura sia di lui che di quel dono prezioso, cambiandogli pannolini e preparandogli pappe, mentre Colin vomitava o sniffava nel bagno, sentendo il pianto di quel ragazzo di Bossier City, che sopportava, sopportava, sopportava …
Ancora lì, quando ormai era rinato, Colin dovette affrontare la prova più dura: sopravvivere senza Jared, abituarsi alla sua assenza, al suo rifiuto: nessuno dei due si sarebbe salvato da quel destino, che qualcuno oltre loro ed oltre quell’orizzonte, adesso cupo, per un temporale imminente, aveva scritto in un tempo sconosciuto.

Dalle vetrate dell’ospedale Jared scorgeva l’accavallarsi delle nubi, cariche di pioggia e voli di gabbiani, liberi e chiassosi.
Colin li stava ascoltando, Jared poteva unicamente immaginarli.
Kevin gli sfiorò la schiena con una carezza, facendolo sobbalzare.
“Scusami Jared …”
“Ehi ciao …” – e lo abbracciò.
Si sentiva di farlo e basta.
Kevin sembrava non avere smesso mai di piangere, da quando Geffen era entrato in rianimazione.
“Va meglio …?” – domandò Jared, con timidezza.
“No … No, anche se Glam migliora … Non so descriverti cosa ho provato quando mi sono reso conto che era finita per lui. E’ un incubo dal quale non riesco a svegliarmi Jared, si rinnova ad ogni alba e mi sembra di impazzire.”
Leto gli restituì quella carezza, passando il pollice sulla fronte di Kevin, sino alla sua tempia sinistra.
Glam, spinto dall’inserviente sulla sedia a rotelle, assistette alla scena, senza carpirne il dialogo.
Fece un cenno a Jared, che si accorse di lui ed ebbe un’ulteriore emozione nel ritrovarlo.
Kevin si girò, sorridendogli.
Entrambi gli andarono vicino, inginocchiandosi, come a raccogliere un suo gesto paterno, tra i rispettivi capelli, spettinati dal disordine, che albergava in loro.
Geffen non fece distinzioni o torti: li adorava, lo aveva detto a Robert, verso mezzanotte, prima di cedere al sonno, insieme a lui, che steso sulla poltrona gli mostrava foto di Chris e Jude, analizzando i propri sentimenti.


“Irish buddy che ti prende?”
I toni di Law erano affabili, anche se una vena di tristezza sembrava corrodere le sue parole ed il suo stesso respiro.
“Nulla … nulla Jude, vorrei solo sbrigarmi e rientrare a casa per …”
“Stare con Jared? E’ una giornata speciale?”
“Facciamo l’albero con i nostri figli …” – disse, l’aria smarrita, come i suoi quarzi cupi e liquidi.
“Ammettiamolo … è un periodo di merda.”
“Jude …?”
“Ovunque mi volti, vedo solo persone tormentate: sono come specchi, in cui rifletto il mio stesso disagio!”
Farrell lo strinse sul petto – “Calmati …” – gli sussurrò, percependo quanto era teso.
“Ho … ho voglia di bere Colin … ed è sbagliato … è sbagliato, cazzo!” – ed il suo fervore si trasformò in singhiozzi, che avrebbe voluto nascondere.
“Qualsiasi cosa, ma non questo Jude!” – inveii l’irlandese, scuotendolo.
Law inspirò, annuendo.
“Potresti …? Solo per un minuto Colin …” – e tornò ad aggrapparsi a lui, tra quelle braccia tatuate e solide, che Farrell non gli negò, traendone a propria volta il beneficio solidale da quell’amico, che adorava da sempre.


Chris glielo disse con un sms.
§ Papà sono ad L.A. fino a stasera, per una grana con il mio agente, che ho già risolto. Se vuoi raggiungermi resto nel mio alloggio per qualche ora, devo cercare alcune cartacce e non posso fare altrimenti … se no ti telefono. Ti voglio bene. §

Downey rideva e piangeva, mentre lo faceva roteare per il living.
“E’ incredibile … dovevi avvisarmi prima tesoro, avrei preparato un pranzo, comprato qualcosa …” – disse come rapito dai suoi occhi chiari e vividi.
“A me basta incontrarti, mi dispiaceva non avvenisse per le feste … anche se le passerò ad Haiti …”
“Steve?”
“Sta bene, ti saluta, era in pena per Geffen, come me del resto …” – disse mentre si accomodavano sul divano.
“Quel demonio di un uomo fa progressi, è d’acciaio.”
“Ma non eri tu Iron man?” – e risero.
Robert gli spostò una ciocca, dandogli poi un buffetto sul mento – “Mi sei mancato … Non vorrei destabilizzarti con il mio entusiasmo Christopher, ma sei nei miei pensieri, vorrei saperti felice e … e so che lo sei con Steve.”
“Tu hai riempito dei vuoti fondamentali … io sono felice anche per questo Rob.” – e gli diede un bacio sulla guancia – “Ti voglio bene …”
“Anch’io Chris …”
Trascorsero alcuni istanti di silenzio, poi il leader dei Red Close sembrò animarsi di un’idea – “Sai cosa mi piacerebbe papà?”
“Cosa?”
“Fare l’albero, anche se non ci sarò … farlo qui con te.”
“Ok … ma hai il necessario?”
“Sì, l’avevo preso on line, una sera che mi annoiavo ahahaha”
“Sul serio …?”
“Certo! Ci sono tre scatoloni nello sgabuzzino, non li ho mai aperti.”
“Andiamo bene … e se ti avessero spedito delle bambole gonfiabili??” – e con spirito allegro si alzò, seguendo Chris verso l’altro lato dell’attico.


Tomo pagò lo zucchero filato, mentre Josh rimaneva attaccato alla sua gamba, come gli aveva insegnato quando andavano in giro da soli.
Di colpo gli tirò i pantaloni, suo padre rise e Josh indicò qualcosa – “C’è zio Denny!!”
“Ehi … ciao …” – lo salutò raggiante.
“Ciao Tomo … ho finito prima, posso invitarvi a prendere un hamburger?” – disse togliendosi la cravatta, arrossato per essere lì con loro.
“Sìììì!!” – esultò saltellando il bambino.
“Volentieri … solo che …” – e nel dirlo Tomo alzò lo sguardo verso il fondo del viale.
Shannon, Owen e July stavano arrivando.
“Volevano fare una sorpresa a Josh … Spero ti aggregherai lo stesso Denny …” – chiese speranzoso.
“Non so se è il caso …” – “Dai zio Denny!!!”
“Sì, d’accordo allora …”


“Manca solo il puntale … Chris qui necessitiamo della tua statura …”
“Tu non sei basso papà, anzi, sei perfetto.” – disse solare, sistemando l’ultima decorazione.
“Ok, se lo dici tu …” – replicò schernendosi.
“Hai il telecomando per le luci Rob?”
“Sì … che diavoleria …”
“Divertente, però!” – e prendendolo per mano, Chris lo portò a sedersi contro la parete opposta.
Il giovane si piazzò tra le gambe di Downey, appoggiandosi al suo busto, avvolgendosi con le braccia dell’americano.
Poteva sentire le pulsazioni di Robert solcare la propria spina dorsale, il profumo del suo fiato nel collo, mentre gli parlava, quasi balbettando – “Christopher …”
“Spegni la luce papà … e … fatto!”
Le luminarie presero vita, innescando uno stupore infantile in entrambi.
“Buon Natale Robert …” – sussurrò Chris, rilassandosi.
“Buon Natale tesoro …” – bissò di rimando il più anziano, posando un bacio sulla nuca di quel figlio, che rappresentava una conquista, alla quale non avrebbe più rinunciato.





domenica 15 aprile 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 88

Capitolo n. 88 - sunrise


L’abbraccio di Shannon era caldo e confortevole: Jared non se ne sarebbe più staccato, per evitare le inevitabili domande di quel fratello, che per lui era stato tutto, senza mai smettere davvero.
“Grazie Shan …”
“Sembrava importante … vieni, sediamoci.”
Si erano trovati in un locale, per una cena leggera, in fondo solo una scusa per raggiungersi e discutere delle ultime settimane.
Jared, però, aveva reclamato la presenza di Shan, subito dopo essere uscito dall’ospedale, senza aspettare la vigilia di quel Natale ormai imminente.
“Cos’hai detto a Colin?”
“Niente di particolare, sa che sono qui con te e sa che ho visto Glam, dopo una settimana dal suo … incidente.” – e sorrise mesto.
“Ho trascorso la notte con lui mercoledì scorso e non stava benissimo.”
“E’ migliorato … per fortuna.” – replicò Jared, grattandosi nervosamente la nuca.
“Non avevate avuto discussioni, comunque …”
“No Shan, anche se il mio discorso è stato duro … realistico, sincero … almeno quanto quello che lui mi ha fatto oggi.” – spiegò serio.
“Ed i suoi argomenti ti hanno sconvolto?”
“Abbastanza … Glam sa come infrangere le mie difese … Solo che non si tratta di un attacco, anzi, semmai una promessa … od un suo auspicio.”
Shan rise, ordinando una cena a base di pesce fritto e birra messicana.
“Posso chiamarti Sfinge, Jared? Non ci ho ancora capito un tubo …”
“Ok … Vedi tempo fa io ho fatto un sogno: eravamo in un luogo incantevole, dapprima ero solo, poi arriva Glam e … e mi chiede di sposarlo.”
“Eh …? Nel sogno?”
“Sì, sì, esattamente … e lì la scena veniva interrotta dal mio risveglio, senza che io gli rispondessi.”
“Cosa centra questo episodio con il discorso di Glam, allora?” – domandò Shannon incuriosito.
“Dal vivo, pochi giorni dopo, gli dissi di sì … ma senza alcuna premessa. Doveva restare una cosa mia, capisci?”
“Conoscendoti, non gli sarai sembrato più pazzo di quanto tu non mi appaia ora, questo lo capisco Jared!”
“D’accordo, era una premessa, ma poco fa Glam mi ha detto che lui … lui ed io ci sposeremo, insomma dovrà accadere, per dare un senso compiuto alla sua vita … probabilmente anche alla mia Shan.”
“Vi … sposerete?”
“E’ il modo in cui l’ha detto, è l’anello, dentro una scatola, che lui non ha aperto, pur mostrandomela, insomma è l’impatto della sua voce, la profondità e determinazione dei suoi occhi nei miei …” – disse d’un fiato, poi si bloccò, come stremato.
“Calmati e bevi un po’ d’acqua Jay … mi stai spaventando …”
“In che senso?” – chiese concitato.
“Nel senso che … cazzo avevi deciso di stare con Colin, ho letto la tua e-mail da Haiti e poi te ne arrivi con questa storia di Glam, della sua proposta e”
“No, aspetta! Non è stata una proposta è stata … Accidenti Shan, se Tomo ti avesse detto queste cose, in questo modo”
“Gli avrei detto di sì.” – lo interruppe convinto.
Jared inspirò, gli occhi velati di tristezza.
“Se fossi coerente … l’avrei dovuto fare anch’io … Non sono confuso, lui mi ha … steso … Non ho cambiato idea, io voglio stare con Colin, voglio chiedergli perdono, sia a lui, che a Kevin, con o senza la presenza di Glam, come auspicavo.”
“E vivrai nell’attesa che si avveri ciò che ha partorito il tuo inconscio? O che Glam concretizzi il suo intento?”
“Non posso permettermelo, impazzirei Shan …”
“Ancora una volta, ribadisco che a me non sarebbe dispiaciuto saperti con Geffen, io gli sono affezionato, lo stimo, però tu sei troppo legato a Colin ed alla fine li faresti soffrire, per l’ennesima volta. Perdonami se te lo dico, non vorrei apparirti spietato Jay.” – e gli accarezzò il viso stanco.
“Il … il cuore di Glam si è fermato, dopo che l’ho reso partecipe del mio cammino, della mia volontà … il mio, invece … è come riscaldato dal suo amore … non posso mentire a me stesso, sapere che lui si proietta nel futuro vedendoci sposati, con un posto tutto nostro, i … i bimbi … addormentarsi con me, risvegliarsi con me, questo mi ha detto … ed io … io ero così felice …” – e si piegò sugli avambracci incrociati sopra al tavolo apparecchiato.
Shan si alzò, intercettando la cameriera e prendendo il vassoio, elargendo una cospicua mancia, per non essere importunati.
“Devi mangiare Jared, sei uno straccio.”
“Io devo … devo soltanto andare da Colin e sapere che ho preso la decisione migliore … per tutti.”


“E’ anche troppo, per una persona sola Dean … è veramente troppo …”
Sam lo stava consolando, dopo avere saputo la verità su quelle cicatrici.
Piangevano, sfogando la rabbia repressa ed il disagio, dettato dall’impotenza di fronte ad un passato, che continuava a molestare il loro presente.
“Non ho altri segreti per te Sammy … anche se non li ho mai considerati tali …”
“Neppure io Dean, sappilo … So che lo avresti fatto prima o poi: liberarti e coinvolgermi, senza più paure.”
Il broker tremò tra le ali di Sam, del suo gigante buono, come lo chiamavano gli orfani della fondazione Geffen.
“Ho … ho davvero bisogno di sentirmi tuo … e di non sentirmi sbagliato Sammy.” – mormorò affondando la bocca nel collo dell’altro, che sentiva l’eccitazione crescere nel suo addome, dove le mani di Dean stavano muovendosi incontrollate, per spogliarlo.
“Avrei voluto difenderti, vederti nascere, cullarti e prendermi cura di te, Dean, lo avrei fatto dal tuo primo sorriso, contando le tue meravigliose lentiggini, realizzando ogni tuo sogno …”
“Lo fai da quando sei con me … non voglio nessun altro amore al di fuori del tuo Sammy … te lo giuro.” – e lo baciò, allungandosi sotto di lui, ormai nudi, premendo le dita intorno ai suoi fianchi solidi, che si infrangevano tra quelli di Dean, in spinte superficiali, pelle contro pelle, senza andare oltre, non da subito.
Sam cominciò a masturbarsi, lambendo con la punta del proprio sesso l’apertura stretta di Dean, che gemeva, agognando che non rimandasse quel connubio sensuale.
Quando gli arrivò in fondo, lubrificato dalla saliva di entrambi, ma con un unico fendente carnale, Dean urlò di piacere, senza inibizioni.
I suoi zigomi vibrarono, di febbre e sangue, così le sue palpebre, la bocca sembrò risucchiata tra i denti e poi si schiuse appagata al ritrarsi di Sammy, in preda a spasimi di piena lussuria.
“Scopami …” – disse impercettibile Dean, ma la risposta di Sam fu piena e totale.
Stritolandogli i polsi, ormai dispiegati oltre la testa, all’estremità delle braccia muscolose del giovane, Sammy iniziò a penetrarlo, inondandolo di umori e baci, morsi e carezze, fino ad un orgasmo, che sembrò esaurire ogni sua energia.
In affanno, ma non vinto, Sammy gli procurò ulteriore piacere leccandolo e pompandolo tra le gambe, scomposte ed ebbre di ludibrio pulsante, in ogni terminazione nervosa.
Lo ingoiò, a più riprese, cogliendo le occhiate di un verde colmo di stupore e frenesia devastanti, da parte del suo Dean, giunto all’apice.
Riposandosi per pochi minuti, fecero l’amore sino all’alba, ripetutamente.


Quando Jared rientrò alla End House, ritrovò Colin alle prese con i gemelli e la loro poppata delle nove e trenta.
“Ciao Jay, bentornato … mi aiuti?”
“Sì, certo, scusami Cole …” – e sorridendogli, prese in grembo Thomas, sistemandosi sul davanzale della nursery.
“Come sta Shannon …?” – domandò l’irlandese, fintamente distratto.
“Ha mangiato come un cinghiale … è in forma, un po’ incasinato …”
“Per Tomo?”
“Sì, lo ama ancora.” – replicò Jared, puntando il vuoto, oltre i vetri limpidi.
Colin tossì – “E … con Glam, problemi?”
“No. Si sta riprendendo.”
“Domani passerò sul presto da lui, devo andare in sala doppiaggio con Jude, per un video benefico …”
“Ok … Glam ha detto che gli dà molta gioia vederti, come per tutta la famiglia …”
“Posso solo immaginare allora cos’ha provato quando” – ma si interruppe.
Jared mise Thomas nel seggiolino, assicurandolo con le cinture e spostandolo sul tappeto, dove c’erano Colin e Ryan, quasi assopito.
“Glam ha avuto parole rassicuranti, di rispetto per me, per ciò che ho scelto … Mi ha poi … confermato il suo amore, non te lo nascondo, non voglio più farlo lo sai …” – sorrise – “Io non tornerò indietro Colin, ho fiducia in te, nel nostro matrimonio, in un avvenire da trascorrere con questi angeli e forse … forse ancora un bambino … quello che volevi.” – e si sporse per baciarlo.
Farrell provò uno disorientamento pericoloso, sopprimendo l’impulso di dirgli di lui e Kevin.
Sigillandosi a Jared, si sentì indegno davanti alla sua trasparenza, alla sua integrità.
Il cantante dei Mars era pronto a sublimare il suo percorso attraverso quella richiesta di perdono, più volte ribadita a Colin, che pensò ad un viaggio, per allontanarsi con Jared da Los Angeles e da quel confronto, ma sarebbe stata una mossa insulsa quanto miserabile.

Colin doveva attendere e sperare nel silenzio di Kevin, perché lui si era persuaso a tacere, implorando mentalmente la sorte di non condannarlo a vedere gli occhi di Jared, nel caso avesse appreso del loro tradimento.


SAMMY & DEAN