sabato 31 marzo 2012

SUNRISE .- CAPITOLO N. 80

Capitolo n. 80 - sunrise


“Ok facciamo l’accampamento!”
Jared prese un materasso gonfiabile, trovato nello sgabuzzino ancora confezionato, mentre Sammy recuperava coperte e cuscini.
Dean si occupò di candele ed incensi, oltre a disporre i vassoi di tramezzini e frutta su di un tavolino comodo da raggiungere, completo di bibite miste, ma non alcoliche.
Si sistemarono ai piedi del divano, indossando delle comode tute, dimenticate nell’armadio sia da Glam che da Jared.
Una maglietta di Geffen era rimasta appesa, il cantante dei Mars la ricordava nitidamente, come l’istante in cui Glam l’aveva indossata per pochi minuti e poi sfilata, per restare con lui, in una giornata particolare.
Il profumo del suo dopobarba era rimasto impresso nel tessuto, così indossarla fu per Jared come averlo accanto in quelle ore, in cui voleva parlare apertamente di sentimenti, di ricordi anche scomodi, con Sam e Dean, pronti ad ascoltarlo ed a ricambiare la sua fiducia.


Colin mise a letto Rebecca e Violet, occupandosi poi dei gemelli, mentre miss Wong cambiava Isotta ed Amèlie.
C’era una quiete quasi irreale alla End House, dopo un susseguirsi di voci e risa, dai corridoi alla nursery, dove Farrell aveva parlato per circa un’ora via web cam con Jared.
Il cantante gli aveva raccontato di come le iniziative procedessero a gonfie vele, sia all’asilo che all’orfanotrofio, elogiando la disponibilità di Sam e Dean, nonché la serietà di Chris e Steven, all’altezza delle aspettative.
Colin lo vedeva sereno e Jared era premuroso ed attento ad ogni parola e sguardo amorevole per il consorte e quella prole scatenata di fronte al monitor.


“La crema di carciofi e peperoni, con il tofu, è stata un’abbinata geniale Sammy … ancora uno e poi basta …” – Jared rise, cercando l’ennesimo sandwich, mentre i i due giovani si erano allungati, Dean nel mezzo, avvolto dal corpo di Sam, che gli respirava e parlava tra il collo ed i capelli morbidi.
Anche Jared si rannicchiò, abbracciando un guanciale e sotterrandosi sotto una coltre in lana, che ben presto spostò, perché eccessivamente pesante.
“Ok … allora cosa volete sapere della mia esistenza ultra sgangherata?”
Dean sorrise – “Quello che ti senti di raccontarci, che … ti pesa sul cuore.”
Jared annuì, con una smorfia simpatica delle sue – “Avete un secolo? Ahahaha No … ehm … basta fare il cretino, adesso ho davvero bisogno di raccontarvi di me, di Colin, di Glam … e non solo.” – strizzò le palpebre.
“E noi ti ascolteremo volentieri Jared …” – disse pacato Sam, spegnendo la tv, a cui nessuno badava.

“Questo posto fa parte di me … Ad Haiti, Shannon, nostra madre ed io abbiamo vissuto, eravamo piccoli e girovaghi, con lei, che faceva il possibile per darci un percorso decoroso, ma anche emancipato e libero, talvolta anticonvenzionale. Erano anni magici, nonostante poi siano successe cose spiacevoli …” – inspirò, per poi proseguire.
“A quindici anni, in assenza di un vero padre, mi affezionai molto al nuovo marito di mia zia, la sorella di mamma … Credo che da lui partano un sacco delle mie angosce, sapete?”
Sul viso di Dean si spense il sorriso, mentre la sua attenzione andò ad acuirsi.
Sammy lo strinse impercettibilmente di più, accarezzandogli il petto sotto la casacca e rendendosi conto di quanto i battiti del compagno fossero aumentati.
Jared scrollò la testa – “Inutile girarci intorno … Quello che pensavo un amico, un genitore mancato, mi ha … fatto del male … Minacciando di farne anche a Shannon, mi costrinse a cedergli e … Ok, non è semplice …”
“Jared …” – sussurrò Sammy, dandogli una carezza sullo zigomo sinistro ed un bacio a Dean, che aveva ormai gli occhi lucidi.
“Quello che chiamavo papà ha atteso che fossi maggiorenne, per abusare completamente di me, però mi ha violentato da quando ne avevo quindici, come te Jared.” – si sfogò, senza alzare la voce.
“Mi dispiace Dean … Ho pensato che se fosse stata da uno sconosciuto, la stessa violenza, avrebbe avuto una gravità differente, sapete? Per fortuna non ebbe una seconda occasione, ci trasferimmo prima, senza che la mamma sapesse di lui e di me … Anzi, nella nostra famiglia è ancora ricordato con affetto, dopo che il cancro lo uccise piuttosto presto.”
“La giusta punizione!” – ringhiò Dean, bevendo poi un altro sorso di succo all’arancia, anche se avrebbe preferito un Martini.
Jared si raggomitolò maggiormente.
“Le persone che amo, hanno cercato di proteggere il mio cammino, da ulteriori traumi, innanzitutto Colin, nonostante ...” – si interruppe, sorseggiando dell’acqua.
“Di Colin … mi innamorai subito … Era di un’ingenuità imbarazzante, completamente inadatto al mondo del cinema e di Hollywood. Ancorato alle tradizioni, alla sua Irlanda, protetto da un nucleo solido, sembrava un eterno azzardo questo mestiere, per la sua indole inquieta ed eccessivamente sensibile. I complimenti lo disorientavano, le critiche lo distruggevano … E l’ha fatto per un sacco di tempo, arrivando persino a morirne … Quando lo lasciai, per venire qui, dopo un anno in cui mi aveva trascurato pesantemente, Colin ricadde nell’abuso di farmaci … Fu per questo che … che mi aggredì … proprio in quella stanza, dove dormite …”
“In che senso Jared?”
“Nel senso peggiore Sammy …” – abbassò lo sguardo.
“Colin …?” – sottolineò esterrefatto Dean.
“Già … incredibile vero?” – e tirò su dal naso, pervaso dal rammarico – “Non era lui … era un mostro, che dormiva in qualche angolo della sua anima, sporcata da droghe legali e depressione … Ero disperato, annientato … e violentato dall’uomo che amavo di più al mondo … da colui che aveva realizzato i miei sogni … Alla fine lo amai ancora di più … E rinnovai la mia promessa di sostenerlo affinchè si disintossicasse, come in passato.”
“Cioè l’hai accompagnato in clinica?”
“Certo Dean … E non per il senso di colpa per averlo tradito con Glam, visto che io e Geffen stavamo insieme qui: era la mia … seconda vita, non un’alternativa e tanto meno un ripiego. Glam è stato straordinario e non smetterò mai di … di amarlo … Lui non si è mai presentato come Colin, completamente strafatto, in balia di crisi nervose, anche quando provavo a lasciarlo … Una sera … una sera era finito in un locale di Malibu, con pochi soldi e c’era un tipo, più grande di Colin e parecchio, che gli offrì una dose in cambio di … sì insomma, sesso orale … Colin era talmente in astinenza che quasi cedeva, ma nel tirarsi indietro, quello gli urinò addosso, in segno di sfregio, buttandogli per giunta la bustina accanto al cesso, dove si erano rifugiati, insultandolo … Quando piombò nel mio appartamento, stringeva quel pezzo di plastica intatto, singhiozzando e supplicandomi di non dirlo a sua madre, al fratello … Ovvio che non l’avrei mai fatto, ma Colin era nell’alienazione più assurda. Il giorno dopo entrò in riabilitazione per tre settimane … estenuanti … Orribili.”
“E risolse?”
“Sì Sammy … Si ristabilì, andammo dai suoi nonni a Dublino, ci adoravano. Solo che poi … Io decisi di lasciarlo, quando Colin mi dimostrò di reggersi sulle proprie gambe. Lui impazzì dal dolore e trascorsero quattro anni: infine fui io a cercarlo, nel frattempo anche lui non aveva mai smesso, ciò nonostante i contatti erano nulli … Stava con Alicya, era nato Henry, qualcuno parlava di nozze, però Colin la lasciò e da quell’istante non ci siamo più separati.”
“Non capisco la ragione del tuo abbandono, quando era finalmente pulito Jared.”
“Sì Dean, anche per Colin fu inspiegabile quella mia decisione … In realtà il mio istinto di sopravvivenza lo reclamava, quell’atto tremendo di troncare, ma non potevo esistere senza Colin … lo amo da morire … Lo amo e basta.”
Jared fece una pausa, sollevandosi per cercare una sigaretta nella sacca da viaggio, dove vigeva una confusione storica.
“Vi dispiace?” – e fece per accendersi una sigaretta – “Ne volete …?”
“Ok, grazie … posso Dean?”
“Non ti preoccupare amore … ne prendo un po’ da te …” – e sorrise.
“Volete sapere di Glam, ora?”
Sam scrollò le spalle – “La verità? Non vediamo l’ora Jared.”
“Ok … da dove comincio …?”


giovedì 29 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 79

Capitolo n. 79 - sunrise


Jared annaspò tra cuscino e coperta, alla ricerca del suo cellulare, che stava suonando da alcuni secondi.
Rispose senza guardare, la voce impastata – “Cole …?”
Dall’altra parte una pausa contratta, dopo un sorriso iniziale.
“No Jared, sono Glam, stavi ancora dormendo temo …”
“Glam … ciao!” – replicò vivace il cantante, cercando di ovviare a quella che sentiva come una gaffe.
“Buongiorno, ti chiedo scusa, credevo foste già in piedi.”
“Sissignore … tra cinque minuti …” – e rise in quel modo, che scioglieva ogni rammarico in Geffen.
“Ok … sei abbastanza vispo per lavare i piatti e cucinare, cosa ne pensi?”
“Spero di non deluderti.”
“Non lo fai mai, Jared. Ti lascio … sono arrivato.”
“Già al lavoro?”
“Ho un appuntamento con Scott, devo fare una terapia, sai che ogni tanto è necessario.” – disse mite.
Jared si mise seduto – “Glam stai bene, vero?”
“Sì, a parte i reumatismi, li conosci i miei acciacchi.”
“Perché Kevin non è con te?” – chiese con apprensione.
“Ha portato Lula a scuola e poi aveva il dentista, credo … Stai calmo Jared, ti richiamo dopo se vuoi, così saprai se sono vivo ahahhaah”
“Smettila!” – si rannicchiò - “Glam …”
“Ci sono.”
“Lo so, ecco vedi …”
“Tesoro devo davvero scappare, ho i minuti contati, ma ci risentiamo, promesso.”
“D’accordo Glam.” – e trattenne un respiro.
“Ti voglio bene, a presto piccolo.” – e riattaccò, senza lasciare spazio a repliche, di nessun genere oppure ad un odioso silenzio da parte di Jared.


“Non fare cazzate.”
“Ok Jude, serve altro?”
Colin rise, abbracciandolo.
Robert era già in auto con Camilla, ma Law si stava trattenendo per fare la predica al suo irish buddy.
Quando l’inglese lo raggiunse, Downey era assorto e silenzioso.
“Scusami Rob, ma ho voluto redarguire quel pazzo.”
“Pazzo …?”
“Colin non ne combina una giusta, sai come è fatto.” – ribattè allegro, avviandosi verso l’uscita della End House.
“Più o meno … tu lo conosci Jude ...”
“In effetti … Cos’hai Robert, da quando siamo atterrati? Sei distante …”
“In realtà ho provato sollievo nel vedere che Chris e Steven avevano rinunciato all’adozione, almeno per ora, ma poi la loro scelta l’ho vissuta come … come un trauma. Forse non è la definizione corretta Jude.”
“O forse sì.” – sospirò, fermo ad un semaforo.
“Spero non abbiano dei casini, per il resto è un atto di generosità il volontariato che si apprestano a svolgere, se poi pensi che Steven è un eccellente medico.”
“Io li ammiro Rob e penso tu sia orgoglioso di Christopher.”
“Lo sono …” – e sorrise a metà, prendendo la mano di Jude, ritrovandola fredda.
Ne baciò il palmo, trattenendolo aderente alle proprie labbra piene e turgide.
Scivolò sul polso e poi tornò al punto di partenza, strizzando le palpebre.
“Ti amo Jude.”
Law accostò, per stringerlo a sè.
Camy si era già assopita, la macchina le faceva quell’effetto.
“Anch’io ti amo Rob e … e se qualcosa ti tormenta, parliamone: non facciamo come …” – e si interruppe brusco, scrollando la testa.
“Noi siamo noi Jude …” – e nel sussurrarglielo, Downey sorrise, baciandolo con la puntuale passione, che li univa da sempre.


Denny preparò la colazione, senza fare rumore.
Si era già cambiato per andare in udienza, mancavano solo giacca e cravatta, era elegantissimo.
“Il mio completo l’hai messo all’asta su E-bay?” – domandò Tomo ridendo, in piedi contro lo stipite, mentre si stropicciava la faccia.
“Ciao …” – gli rispose l’avvocato con un’inconsueta pacatezza.
“Ciao Denny, ho dormito come un sasso.” – ed andò a sedersi alla penisola.
“Ne sono felice … come del fatto che tu sia rimasto Tomo.”
Il croato lo fissò, sfiorandogli poi un fianco, appena Denny gli fu abbastanza vicino per farlo.
“Vorrei capire alcune cose mio dolce amico …”
“Quali Tomo?”
“Noi abbiamo cominciato tirandoci le palle in continuazione, divertendoci, poi … poi abbiamo fatto …” – Tomo volle riflettere su come esprimersi, ma Denny lo anticipò.
“Non è stato sesso tra noi Tomo, almeno per me.” – affermò convinto, però senza impeto.
“Abbiamo condiviso dei momenti, che per me sono stati importanti Denny. Tu ci sei stato, hai avuto la dolcezza e la disponibilità di avere cura di me: è stato un comportamento forse inaspettato da parte tua, ne sono stato colpito …”
Il legale sorrise, inserendosi tra le gambe di Tomo, che rimase seduto, mentre lui era in piedi, ma avvolto dalle braccia del chitarrista.
Denny appoggiò la fronte sulla sua spalla, lasciandosi poi serrare completamente in quella morsa amorevole.
Le loro labbra quasi si corsero incontro, avide di esplorarsi, con gioia.
Eppure entrambi sentivano come un freno, alimentato dalla paura di fallire ulteriormente, buttandosi a capo fitto in un rapporto senza futuro.
“Devo … devo andare Tomo …” – mormorò Denny, tremante.
Il moro si alzò, riprendendolo sul cuore, spargendo carezze sulla schiena di Denny, che cercava altri baci, come ossigeno vitale.


Jared passò a vedere lo studio dove si era piazzato Steven, per somministrare i primi vaccini.
Sebastian, il fratello di Pamela, era in Nuova Guinea, presso una nuova struttura di accoglienza.
“Come vedi Jared, si era liberato un posto.” – disse Boydon sorridendo.
“Sebastian era simpatico e ben voluto, come sarai tu Steven.” – disse guardandosi intorno e notando le foto con Syria ed una scolaresca.
Boydon provò un lieve disagio.
“Lei è la mamma di Isotta, giusto …?”
“Sì Steven, è Syria … Qui era felice.” – ed annuì, incrociando le braccia sul petto, dov’era rispuntata la sua triad, in oro bianco.
“Volevi che ti misurassi la pressione?”
“Grazie doc!”
“Mettiti sul lettino, arrivo tra un secondo … Hai preso le vitamine?”
“Più o meno … la crostata di Sammy era più appetitosa.” – e rise gioviale.
“Ovviamente. Ok procediamo.”
Lo visitò accuratamente, destando in Jared un notevole senso di pace.
“Ok adesso i linfonodi ed abbiamo finito.” – Boydon sorrise, premendo sull’inguine, le ascelle ed infine il collo di Jared, che solo allora sentì una vaga inquietudine.
“Sono ok, vero Steven?”
“Perfetto.” – e gli arruffò i capelli, arridendo alla sua irrequietezza.
“Dov’è Chris?”
“All’asilo, stava dipingendo delle ringhiere …”
“Lo raggiungo, così sfuggo alle marmitte!” – e svanì, lasciando nella stanza il profumo del suo shampoo e di quella sua leggerezza di esistere, che tutti amavano incondizionatamente.


Sam infornò il pane e quattro teglie di pizza.
Amava cucinare salato, anche se la sua specialità restavano i dolciumi.
Denny lottava con centinaia di pomodori e cipolle, che il compagno gli aveva chiesto di pelare e sminuzzare, con l’ausilio di altri tre “disgraziati”, in lacrime come coccodrilli, così da ottenere un sugo per i cuccioli, che stavano stampati al vetro con i loro nasini, in attesa della merenda.
Avevano soprannominato Sam “il gigante”, mentre Dean era “occhi belli”.
Erano elettrizzati da quell’esperienza e dall’avere tanto affetto, dando in cambio così poco.
Dean spesso li osservava, seppure orfani, quei bimbi erano pronti a sorriderti comunque.
In fondo era la loro forza, quello stare uniti e legati, dopo una tragedia familiare oppure un cataclisma, in quel nido sicuro, che Geffen aveva costruito con estrema volontà.
Lui era “daddy”, la scritta era nelle didascalie delle foto, sui disegni, in alcuni albergava una sorta di venerazione, anche tra il personale.
Dean si chiedeva come mai l’avvocato non avesse preferito restare lì, con Jared, Lula ed Isotta: ormai sia a lui che a Sammy erano chiare le dinamiche del loro rapporto, così come permaneva qualche perplessità sul comportamento di Glam, non sempre limpido e sincero.
Il broker si riservò di esaudire i propri dubbi direttamente con Jared, alla prima occasione.


“Che scusa hai usato con Glam?”
Colin preparò un tè, versandone due tazze.
Kevin era fermo davanti alla finestra della biblioteca, intento a seguire i giochi tra Violet e Rebecca.
“Daddy è in ospedale, da Scott.”
“Per una chemio?”
“Non esattamente … Gli fanno un’iniezione e poi fanno un monitoraggio per un paio d’ore. Durante la notte solitamente ha qualche problema, ma non grave.” – ed inspirò greve.
“Il suo fisico è già piuttosto provato, ricordo che in montagna”
“Non voglio parlare di Glam.” – lo interruppe secco – “Ti prego, Colin.”
L’attore controllò l’orologio.
“A breve mi collego con Jared, ci sta aspettando.”
“Tu ed i vostri figli?”
“Infatti … dalla nursery, se no chi li tiene i gemelli, Isy ed Amèlie …” – disse sorridendo.
“Se lo avessi saputo …”
“Kevin stammi a sentire: se continui a cercarmi esiste un motivo, che vorrei tu mettessi da parte immediatamente.”
Il bassista si contorse le mani, intrecciandole poi dietro alla nuca, nervosamente.
“Ti chiedo di essere onesto Colin, con me e con te stesso!” – e sul finale strinse i denti, come a schiacciare il senso di inadeguatezza, in cui Farrell sembrava averlo relegato di colpo.
Colin sgranò quelle iride fluide e schiette, come le sue asserzioni.
“Non posso negare di avere dell’affetto per te, anzi, i miei sentimenti vanno ben oltre, se penso a come ci siamo amati Kevin, però … però è stata una fusione fisica, che di certo ha condizionato le rispettive emozioni, falsandone l’essenza.”
“In poche parole Colin, scopiamo alla perfezione, ma i sentimenti stanno a zero?”
Farrell si avvicinò.
“Non lascerò Jared per stare con te.”
La sua fermezza si espresse senza variazioni di volume ed inflessione.
Kevin deglutì, incassando quel fendente, senza scomporsi: non distolse lo sguardo dall’irlandese, che mettendosi le mani in tasca, cercò il proprio palmare, per verificare la presenza di messaggi, il cuore in gola, una sudorazione fredda, che andava ad imperlare la sua pelle nascosta dalla camicia a quadri, rubata a Jared.
“Passa una buona serata Colin.”
Gli passò oltre, salutandolo con quell’augurio sterile e gelido.


Lula si rannicchiò sotto l’ala di Glam, che Vassily aiutò a stendersi sul letto, dopo esserlo andato a prendere in clinica.
“Fatti i compiti soldino di cacio?”
“Sì papà, mi leggi la favola del ranocchio?”
“Ok … Grazie Vassily. E’ arrivato anche Peter?”
“Sì Glam, la Ferrari è in garage.”
“Bene … allora questa storia del principe …”
“Ranocchio!” – Lula rise, cercando di cingere il busto di Geffen, più vasto dei suoi arti sottili.
“Scott ti ha fatto la bua, papi?”
“No …” – sospirò, dandogli un bacio su quella testolina ribelle.
“E’ arrivato un messaggino!” – esclamò, prendendo l’i.pod di Glam, che si ricordò di non avere dato più notizie a Jared.
Il cantante le stava reclamando, con una sequenza di emoticon buffe.
“Lula scrivi a Jared che sono in forma.”
“Okkei!” – e velocemente compose quel riscontro, mandando anche molti baci al suo zio preferito.
“Fatto!! Come mai non sei rimasto con zio?”
“Ci ha cacciati …” – e rise.
“Lui si diverte con gli zii Sammy e Dean, giusto?”
“Lo spero …”
“E tu papi qui con noi?”
“Non vorrei essere altrove Lula …”
Il bimbo si mise in ginocchio, dandogli poi una carezza delle sue, che partiva dalla tempia di Geffen sino al suo mento – “Io resterò sempre con te papà.” – disse serio.
“Ma … non dovevi sposare Violet?”
“Mmmm sì!! Io, lei ed i nostri Lulini staremo sempre con te!”
“Grazie Lula …”
“E tu … starai con papà Kevin …”
“Se mi sopporterà …” – e rise, sollevandosi per respirare meglio.
“E … e vorrai sempre bene anche a zio Jared, vero?”
“Lula vedi … sono essenziali, mi hanno donato spesso il loro tempo, ma papà Kevin è stato in assoluto il più comprensivo ed io non meriterò mai abbastanza la sua devozione … Lo amo da impazzire.”
“Lui lo sa?” – Lula lo sussurrò, simpatico e complice.
“E’ … inciso nel suo cuore, da quando ci siamo sposati.”
“Anch’io un giorno sposerò Violet e zio Jared farà un bel discorso, come al vostro matrimonio!” – e tornò ad accucciolarsi.
“Non mancherà di farlo, ne sono sicuro.”
“Sì papà … spero solo sia meno triste, questa volta.” – e si assopì.
Kevin li aveva ascoltati, ritirandosi poi verso il corridoio semi buio, come se la sua non presenza potesse disturbarli, sentendosi un intruso.


martedì 27 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 78

Capitolo n. 78 - sunrise


Denny aveva appreso da Flora l’orario di arrivo del suo capo e quindi di Tomo.
Si precipitò all’aeroporto, ma il suv che lo precedeva di qualche metro era quello di Shannon: lo riconobbe appena sceso dall’auto, tenendo per mano Josh, allegro e spensierato per l’imminente incontro con il suo secondo papà.
Il giovane non riuscì a sottrarsi a quella che sentì come una sottile tortura.
Si mescolò alla folla del Lax e si posizionò in un angolo perfetto per spiare ciò che avveniva, nella zona riservata ai jet privati.
Colin fu il primo a scendere, seguito da Jude e Robert, che si infilarono sul mezzo di Simon, mentre Vassily teneva sulle spalle Lula, che si sbracciò ridendo, appena Glam e Kevin apparvero sulla scaletta, ugualmente felici di tenerlo stretto a loro un secondo dopo.
Tomo finalmente scese e la sua espressione di sorpresa fu inequivocabile.
Sembrava cercare qualcuno che non fosse Shannon, avendo sperato che si palesasse invece Denny: per quest’ultimo fu una magra consolazione, che andò a sgretolarsi quando Shannon e Josh furono avvolti dalle ali di Tomo, seppure quest’ultimo non si dimostrasse troppo espansivo con il batterista.
Avevano un figlio, Denny se lo ripeteva, una volta lasciato il parcheggio, ma era una metabolizzazione faticosa per il suo cuore, che andava perdendo sempre più spesso battiti nel pensare a Tomo.
La chiamata di Geffen lo destò dalle sue riflessioni.
“Ciao capo, bentornato …” – disse mesto.
“Grazie Denny, sei in tribunale?”
“No, le udienze sono state rimandate a lunedì, c’è uno sciopero …”
“Ah capisco … tutto bene Denny?” – chiese perplesso, accarezzando la testolina di Lula, appallottolato sul sedile posteriore sulle sue gambe.
“Sì … sì certo, sto andando a farmi una bevuta.”
“Ma sono le tre di pomeriggio …”
“Davvero …?” – e sentì una rabbia umida infestargli le iridi di acciaio fluido – “E’ una giornata di merda capo … ma andrà meglio.” – ed accostò, di fronte ad un locale gay, aperto ventiquattrore su ventiquattro.
“Denny vuoi passare da noi? Anche subito, alla Joy’s house.” – disse serio.
“No Glam, preferisco andare … a fare footing …”
“Sì ma non bere.” – e sorrise, con un tono paterno.
Kevin lo osservava, immaginando che Tomo fosse la causa di quel disagio.
Aveva parlato di Denny con Geffen una sera, quasi per caso, scoprendo quella loro amicizia a singhiozzo, nei discorsi che il marito aveva fatto con Hopper.
Una catena di parole, dove lui sperava di non finire mai, per via del tradimento di Colin.
Nel frattempo gli aveva inviato un sms, dicendogli che se aveva bisogno di lui, sapeva come trovarlo.
Una voce in Kevin, gli ripeteva che doveva vederlo e provare a scoprire i veri sentimenti dell’irlandese, quasi ad aprirsi un varco di salvezza, nel caso in cui Glam gli avesse preferito Jared definitivamente.
Sembrava una partita a scacchi, mentre invece si annunciava come un massacro.


Sammy preparò una teglia di lasagne vegan per i suoi invitati.
Steven fece una smorfia, Chris, Dean e Jared esultarono, mentre lui aveva il piatto di riserva, che salvò anche Boydon: cannelloni al ragù italiano.
“Sapete non che non apprezzi tutte quelle cosine verdi, rosse, gialle …” – li canzonò il medico, ma il trio vegetariano rispose con una serie di pernacchie colorite.
C’era un’ottima atmosfera.
“Ma voi dove dormite?” – chiese improvviso Leto, rivolgendosi a Chris e Steven.
“Geffen ci ha lasciato usare un altro alloggio, era di Pamela, credo …” – replicò il ragazzo.
“Ah sì, quindi neppure quello è stato venduto. E’ spazioso.”
“No, guarda che a noi è toccato il monolocale, il resto è stato affittato ad altri, ma abbiamo la nostra indipendenza.” – spiegò Boydon sorridente.
“Semmai verrete qui, tra una settimana, aspettate a sistemarvi.”
“Ok Jared … in effetti qui è molto luminoso, vero Steven?”
“Sì Christopher … a parte che io starei anche in una tenda con te, per cui …” – e gli diede un lungo bacio, suscitando gli applausi dei presenti.
“Tornate con l’hummer, qui ci sono le chiavi Chris, poi domani mattina passate a prenderci.”
“Grazie Jared … C’è sul serio tanto pericolo?”
“C’è ancora molta disperazione per i vicoli di Port au Prince, non corriamo rischi inutili.” – ribattè Leto assorto, poi afferrò il cellulare – “Chiamo Colin! Scusate …” – e sparì in terrazza.


Jude e Robert ritrovarono Camilla alla End House.
Decisero di rimanere, soprattutto per non perdere di vista Farrell, taciturno ed inappetente.
“E’ il jet lag …” – sembrò giustificarsi, con in mano una tazza di caffè, che non si decideva a bere.
Jude lo scrutava da ore, mentre Rob cullava in poltrona Camy, pensando a Chris, che gli aveva lasciato un messaggio in segreteria.
§ Papà grazie di esserci … Ti adoro Robert, io … sono così felice per Steven e per ciò che sei diventato tu … Il vostro amore mi ha reso libero. A presto, dai un bacio alla mia sorellina ed a Jude … a lui anche altro! §
La sua risata cristallina, riecheggiava nel cuore di Downey, mentre ascoltava quelle poche frasi, passeggiando nel parco in solitudine, dopo avere messo la piccola a nanna e lasciato Jude in biblioteca con Colin.


“Su avanti rispondi … Ehi Cole, ciao!”
“Amore! Ciao … stavo per chiamarti.”
Jude aggrottò la fronte, abbandonando la stanza, per lasciare loro la massima riservatezza.

“Ho lo stomaco che fa una specie di collinetta … la pasta al forno di Sam credo stia lievitando ahahhah”
“Ti sto baciando proprio lì Jared … è sexy questa protuberanza …” – Colin pensava fosse più complicato interagire con lui, invece l’allegria di Leto era contagiosa.
“Grazie … puoi anche farlo altrove …”
“Dove sei, sulla sdraio?”
“Sì Cole, nel nostro spazio di fronte al tramonto …” – quasi sussurrò, rilassandosi.
“Le tue mani, Jay?” – chiese flebile.
“Sono … dappertutto …” – e sorrise.
“Mi fai impazzire Jared …”
“Lo so.”
“Sei … sadico …” – ed inspirando l’attore si infilò il palmo destro sotto ai jeans, incontrando un’erezione pronta ad esplodere.
“Jay … dovresti … fare qualcosa … per il mio problema …”
“Quale problema …?” – sussurrò malizioso.
“Lo sai.”
“Credi?” – aggiunse Jared impenitente, ma poi i suoi respiri furono estremamente esplicativi per Colin, che ormai si stava masturbando, incurante che Jude o chiunque potesse irrompere nella camera.
Lo stesso pensava il leader dei Mars, ma le prime ombre della sera, stavano occultando il suo gesto autoerotico, sempre più intenso.
“Cole …”
“Sì?” – grugnì strozzato.
“Cole!”
“Cazzo Jay sto venendo!” – ed aspirò più aria, intossicata da quella loro empatia, che mai si sarebbe esaurita, nemmeno con il passare degli anni.
Jared sbuffò - ” Uffi … già finito …” – miagolò infantile.
“Che vuoi farci, stiamo invecchiando!” – ridacchiò sornione Farrell, come se per un istante l’angoscia per saperlo lontano fosse come svanita.
“Domani di nuovo, ok Cole?” – e rise felice.
Colin fu pervaso da una commozione pungente.
“Ti amo Jay … e sì, ovvio che lo rifaremo …”
“Vado a coricarmi sono stanchissimo …”
“Va bene Jared, abbi cura di te … al prossimo contatto ci saranno anche i cuccioli con la web cam, se ti va.”
“Naturalmente, non vedo l’ora, soprattutto di riabbracciarti e respirarti Colin, ti amo. Dormi tranquillo.”


Denny barcollò fuori dal box doccia, indossando un accappatoio bianco.
Quel tizio si stava rivestendo: non si ricordava il suo nome, in fondo non gli importava affatto.
Era già successo in passato, ma con altri.
Anche con questo, avevano scolato una bottiglia di brandy, piuttosto costosa, offerta dall’avvocato rampante e sicuro di sé, che voleva fare credere ai propri interlocutori di avere il mondo in pugno, ma che poi si ritrova da solo a cambiare le lenzuola sudice, prima di crollare, vuoto ed inconcludente.
Avrà avuto venticinque anni, anche questo “non rilevante vostro onore”.
Il campanello lo fece trasalire: non aspettava nessuno, era ormai mezzanotte, quindi dovevano avere sbagliato.
“Non apri?”
La voce di quel moccioso era incolore.
Stava per accendersi una sigaretta e Denny gliela strappò.
“Ti chiamo un taxi, vai fuori dai coglioni, ok?” – biascicò, sentendosi a pezzi.
Sembrarono implodere, al secondo suono.
“E’ tua moglie?” – e ridacchiò.
“Fottiti …” – sibilò Denny, mentre lo sconosciuto ridacchiò, risparmiandogli la facile battuta.
Adesso stavano bussando.
“Denny ci sei?”
“Cazzo Tomo …!”
“Ah allora è tuo marito aahahah comunque bella scopata, ciao ciao.”
Denny rimase come inerme, mentre il giovane aprì, passando oltre Tomo, che lo squadrò in malo modo.
Denny si mise seduto sul tappeto della sala, fissando l’amico, che ora lo stava guardando.
“Ciao Tomo …” – disse mesto, massaggiandosi la faccia arrossata.
Il chitarrista richiuse, prendendo fiato.
“Credevo … che volessi dirmi delle cose importanti Denny. Ho scelto il momento meno opportuno.” – e scrollò le spalle, sorridendo imbarazzato, ma non in collera autentica con lui.
“Mi dispiace … ho rovinato tutto?”
“Tutto cosa Denny?” – chiese dolcemente Tomo, inginocchiandosi davanti a lui.
Il moro gli sfiorò i capelli – “Ti preparo un caffè Denny.”
Lui annuì, recuperando dal cassettone della teleria pulita.
Girò persino il materasso, poi riassettò velocemente, avrebbe voluto bruciarle quelle coltri che non avevano il profumo di Tomo, ormai ad un passo da lui, con una brocca ed i bicchieri.
“Non era necessario Denny … non mi fermerò qui. Se stai bene, me ne vado anche subito.”
“Co-cosa?” – balbettò, buttandogli addosso il proprio sguardo disordinato e demoralizzato.
“Non ha senso …”
Denny strinse i pugni, lasciando che un brivido percorresse la spina dorsale, scaricandosi nella sua nuca – “Non ce l’ha perché tu ami ancora il tuo ex?”
Tomo ridusse lo spazio tra loro, ma Denny indietreggiò, le spalle al muro.
Le mani del croato lo spogliarono di quel niente, con una lentezza quasi esasperante.
“Tomo …”
“Lo so … ti ho già fatto abbastanza male … è sempre la stessa storia.” – e lo baciò, trasudando un’esasperazione torbida e irrefrenabile.
Con i palmi, Tomo bloccò i fianchi di Denny contro la parete, quando si abbassò, per baciargli il sesso, risalendo per immergersi nell’ombelico, con la sua lingua frenetica ed invasiva, le sue labbra che poi si schiudevano prodighe, si richiudevano, succhiavano, pompavano, in un rimescolio di ansiti e desiderio puri.
“Sporcami … adesso …”
Denny lo fece, finendosi ed arpionando il capo di Tomo, anche se lui non si sarebbe sottratto a nulla.
Gli iniziali gemiti di piacere, divennero presto dei singhiozzi, nella gola di Denny, che si rifugiò in quell’abbraccio, che gli era stato negato poche ore prima.
Gattonarono sotto alle coperte, dove Tomo si denudò, senza più lasciare Denny.




CHRIS PINE IS DENNY

lunedì 26 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 77

Capitolo n. 77 - sunrise


Dean li vide abbracciati sotto le coltri in quel letto troppo piccolo per due persone, ma perfetto per Jared e Colin.
L’irlandese aprì un occhio, tossendo piano, per non svegliare il compagno, avvinghiato a lui, un’espressione serena sul volto.
“Ciao …” – disse con voce roca al giovane, che si stava avvicinando portando un vassoio e due tazze di caffè.
“Buongiorno … Sammy ha preparato le meringhe con la panna gelato, ne vuoi una Colin?”
“Sì … grazie …” – e sorrise a metà, sollevandosi mal volentieri, per assaggiare quella delizia mega calorica.
“Dio … che buona …” – bisbigliò, facendone cadere alcune briciole sulla fronte di Jared, che con una smorfia iniziò a riprendere i sensi.
“Ehi ragazzi … gozzovigliate già così presto?” – e rise, appoggiandosi sui gomiti e leccando il dolce di Colin, che protestò sonoramente.
Dean rise, passandone uno anche a Jared, che lo divorò letteralmente.
“Stanotte il temporale ha allagato il balcone, ho pulito, ma dovremo cambiare la tenda Jared.”
“Ok … l’ho lasciata aperta ieri, è sempre così ad Haiti, sono acquazzoni torrenziali.”
“Per fortuna che oggi è migliorato … potremo decollare senza problemi …” – osservò Farrell, mantenendo il sorriso.
Jared gli diede un bacio nel collo, cercando poi i boxer e la t-shirt nel comodino – “Faccio una doccia. Mi fai compagnia Cole?”
“Certo … Grazie Dean per la colazione.”
“Grazie a voi, torno da Sammy.” – e sparì nella stanza in fondo al corridoio.
“Simpatico …” – disse l’attore, avvolgendosi in un lenzuolo.
“Sì … è un bravo ragazzo … Ha migliorato il proprio atteggiamento, forse per merito anche di Brandon.”
“Sì … forse.”


“Daddy io sono pronto.”
“Lo vedo … Vieni qui un attimo Kevin.” – Geffen gli porse le mani, seduto alla scrivania del suo studio all’interno del centro.
“Quante carte Glam …” – disse timido, prendendo posto sulle sue gambe.
L’avvocato lo fece rilassare sul proprio petto e Kevin affossò il volto nel collo di lui, che sapeva di caffè e di uomo, di padre affettuoso, di amico sincero nel momento della necessità.
“Ti amo daddy …”
“Stanotte è stato bellissimo Kevin.” – disse convinto ed appagato, accarezzandogli la schiena .
“Potrei … potrei farti felice anche prima di partire, se mi vuoi daddy …” – e riemerse, guardandolo, in attesa di un bacio, che la sua bocca stava reclamando.
Quella sua bocca disegnata, carnosa e capace, che trovò la sua strada, dopo che Kevin aveva slacciato i pantaloni di Glam, precipitando sino al suo inguine bollente.


“Non ti fai la barba Cole?”
“No … sembro un disperato?” – ed accennò un sorriso.
“Un pochino.”
Risero.
“Ok la faccio …”
Era a torso nudo, solo i jeans addosso, scalzo, di fronte allo specchio, il rasoio di Jared, che gli designava un pizzetto affascinante.
“Perfetto … se no poi pungi Isy ed Amèlie … per non parlare dei gemelli …” – disse a bassa voce il cantante.
“Mancherai loro come l’aria … a me succede già Jared … ma questi giorni voleranno, vero?” – e lo strinse, quasi al rallentatore, come a fargli sentire quanto fossero in simbiosi
“Tornerò prima che te ne accorga Colin.”


Tomo fumava nervosamente.
Era stato il primo ad arrivare all’aeroporto, senza aspettare nessuno.
Chris gli aveva chiesto di trovarsi nell’hangar per un saluto, ma il croato avrebbe preferito essere già a casa.
Aprì il note book, scorrendo dei vecchi file.
Un video del viaggio in Spagna con Chris sembrava spiccare tra il resto di file dai nomi più disparati.
Lo aprì, con il volume al minimo.
Erano fotogrammi ed una breve sequenza, di risa e scherzi tra le vie di Madrid.
Chris era incantevole.
Tomo scaricò anche la posta, accorgendosi di una e-mail di Denny.
La aprì, i battiti accelerati.
Era un Denny solare, seduto su di un muretto; armeggiava con il cellulare di ultima generazione per mandare quel “contributo per la tua sopravvivenza”, come lo definì a titolo di prologo.
§ Ciao Tomo, guarda cosa mi fai fare …
Ti pensavo, ero qui, a fare una corsetta … se quando atterri mi chiami passo a prenderti, se no … sei uno sfigato! Ahahahah
Ok … scherzo … scusa … § arrossì § … ti … ti volevo dire cose piuttosto impegnative … Ma sul serio, non sto divagando Tomo.
Meglio vedersi, beviamo una birra, facciamo … Spero faremo … § rise sfuggente, poi concluse § A presto, ti bacio … ciao. §
E svanì.
“Ciao Tomo.”
Il chitarrista si girò di scatto – “Chris … ciao.” – ed azzerò la distanza, abbracciandolo.


“Glam è qui sotto Colin … Andiamo?”
“Preferirei tu rimanessi qui Jared … Ti dispiace?”
Jared inspirò – “Ok … ok Cole, se preferisci fare così …”
“Sì tesoro. Scendi comunque …?”
“Certo, prendo le chiavi, i ragazzi sono andati a fare la spesa.”
“Salutameli allora … ok, andiamo.”


“Tu e Steven state facendo la cosa giusta, però siate prudenti, ok Chris …?”
“Sicuro, però volevo dirti che sei stato davvero … davvero speciale Tomo, nel supportarci in questa avventura.”
“Magari rientrerete con un bel bambino.” – e sorrise.
“Magari … Dai una coccola a Josh da parte mia.”
“Lo farò Chris.”


Prima una leggero tocco, poi un bacio sulla tempia sinistra.
L’arrivederci di Geffen fu casto, mentre Colin baciò ripetutamente Jared, che sembrava all’improvviso spaventato nel vederlo andare via da lui.
Fu soltanto un istante.



domenica 25 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 76

Capitolo n. 76 - sunrise


Geffen aprì la blindata, mentre Jared aveva un’aria incredula alle sue spalle, al contrario di Sam e Dean, che volevano soltanto andare a dormire.
Colin e Kevin stavano in disparte: conoscevano bene quell’alloggio, ma pensavano, come Jared, che Glam l’avesse venduto a suo tempo.
“La transazione non era andata a buon fine …” – sembrò giustificarsi, mentre i raggi del tramonto, diffusi da qualche minuto nel living, investirono anche la sua mente di ricordi e nostalgia.
Jared gli passò oltre, posando il bagaglio, scrutando l’ambiente.
“Incredibile … è come quando l’ho lasciato …” – mormorò, facendo guizzare le iridi vivaci da un angolo all’altro dell’appartamento.
Vide la lavagnetta, con quella scritta: “Sans souci … nessuno l’ha cancellata …”
Geffen alzò le tapparelle, arieggiando l’ambiente, ma tutto sapeva di fresco e pulito.
Colin aprì il frigo, cercando qualcosa da bere e notando che c’era di tutto al suo interno: Glam non lasciava mai niente al caso.
“Voi dormirete nel lettone ed io sul divano!” – esclamò il cantante ridendo felice.
“Guarda che te ne ho fatto sistemare uno singolo da quella parte Jared …” – disse pacato Glam, ma avrebbe voluto che gli altri sparissero, lasciandolo da solo con quel ragazzino di quasi quarantasette anni, emozionato come il primo giorno di scuola in quel contesto saturo di contrasti.
Lo avrebbe semplicemente cullato, senza pretendere nulla da lui e da sé stesso, se non un rimpianto dolce di ciò che non erano riusciti a consolidare, per mille ovvi motivi.
Quelle rimembranze dolorose sembravano non stancarlo mai, non saturarlo a sufficienza per concretizzare quelle decisioni o scelte nette, di cui aveva accennato a Jared sulla tomba di Syria.
Kevin uscì in terrazza, sentendosi strangolare dai sorrisi di Jared e di Glam, persino da alcune battute divertenti od aneddoti, che sembravano sgorgare dal cuore di entrambi.
“Ce la caveremo.” – disse improvviso Leto, fissando sia Colin che Glam.
L’avvocato annuì, preparando un aperitivo, mentre l’irlandese strinse a sé il compagno, chiedendogli cinque minuti di pace, distante da quella confusione.
Jared lo prese per mano, portandolo su di un balconcino laterale, dov’era rimasta una poltrona da giardino, comoda per due.
“Mettiamoci qui Cole …” – e nel dirlo con voce tranquilla, accostò la porta finestra, abbassando la tenda a sacchetto, nei toni dell’arancio e del bianco, diffusi ovunque ed immutati.
“Ti ringrazio Jay … speravo di dormire con te stanotte, visto che il jet decolla domani … Chris e Steven hanno preso una decisione inaspettata, ma meravigliosa e non c’è motivo di restare oltre … O mi sbaglio …?”
Jared si inginocchiò tra le sue gambe, baciandolo senza dire ciò che Farrell sperava.
La sua fronte scivolò su quella dell’attore, le sue mani massaggiavano lievi il suo collo, dove le ciocche di Colin si stavano allungando.
Un altro bacio, più forte, pronto ad esplodere in un assalto reciproco, come due belve sopraffatte dal desiderio di sbranarsi, per sopravvivere o semplicemente prevalere sull’avversario: erano giunti a questo, si domandò mentalmente Colin.
Avrebbe voluto non piangere, come se rovinasse quella tensione, in parte erotica, come se non avesse più la capacità di gestire il loro cammino.
Si sentiva fragile, allo scoperto, senza difese.
Jared non avrebbe fatto nulla di male ad Haiti eppure Colin stava vivendo quel distacco come uno strazio senza soluzione.
“Noi staremo insieme sino alla tua partenza Cole … se hai pensato il contrario, sbagliavi.” – e rise, abbracciandolo energicamente.
“Possiamo stare tu ed io Jay … senza questo casino? Ho visto che c’è un ristorante vicino alla spiaggia, ci andiamo?” – e si sforzò di sorridere, provando il bisogno spasmodico ed odioso di prendere una di quelle pillole, che Brandon gli aveva concesso, in caso di improrogabile necessità.
Quell’espressione dello psichiatra apriva nei ragionamenti di Colin una sequenza di circostanze, che talvolta si era divertito ad elencare, ovviamente distorcendone il senso serio e trasformandole in una sorta di gag.
Il tempo di giocare gli sembrava finito, Colin diede un termine preciso al suo stato d’animo: depressione.
Di quelle peggiori.
Jared sembrava librarsi – “Andiamoci subito Cole, è ciò che voglio anch’io.”
Farrell poteva fraintendere e rivoltare ogni sua esternazione gioiosa.
§ Figurati, non vedi l’ora, così ti togli questo dente e poi mi darai una sonora pedata, destinazione California! § - pensò Colin, dandosi del pazzo direttamente.
Doveva prendere quel veleno, ma una telefonata di Jude arrivò a salvarlo.
Parlando con lui, l’attore sembrò liberarsi da quel demone.
“Come procede irish buddy?”
“E’ … è ok, sto portando Jared a cena … lui ed io, capisci?”
“Mi sembra perfetto Colin … Non dimenticare le mie raccomandazioni …” – e rise in quel modo che Farrell adorava, gli sembrava che Jude si protendesse verso di lui, avvolgendolo di una comprensione amorevole e complice.
“Ho … ho bisogno di questo Jude …”
Law pensò si riferisse a Jared, ma Colin stava parlando di lui: non era importante che il suo uk buddy cogliesse quel dettaglio, non in quell’istante.
Ora era Jared che respirava nelle sue iridi, poi nel suo collo, nel bagno del locale, dov’erano giunti alla svelta, lasciando Geffen e compagnia nel loft, dove decisero di ordinare cibo dal take away sottostante.

“Finisce sempre così … tra di noi … Cole …”
“Non sai … quanto hai … ragione Jay …” – ad ogni intercalare, tra una spinta e l’altra, poche parole, quasi un singhiozzo dalla gola di Colin, che lo stava opprimendo contro il muro di una toilette angusta.
Jared era aggrappato a lui, le sue cosce segnate dalla presa troppo decisa di Colin, che si sentiva morire, nel colpirlo, bagnandolo in modo esacerbato e dissoluto come non mai.
Farrell gli aveva artigliato la nuca, tormentandogli la chioma liscia ed a caschetto, in quel look, che ogni tanto Leto rispolverava, con sommo gradimento del consorte.
“Sto … venendo Jay … non … non muoverti … non cadere adesso …”
Così iniziò a risalire in lui, grondando di umori da Jared, che ansimava, sconvolto da un’estasi dirompente.
La medesima forza sembrò ridurre Colin a rannicchiarsi, convulsamente, tra le gambe di Jared, che stava tremando, dopo essere tornato in piedi, le dita stremate tra le tempie e gli zigomi del suo uomo.
“Non … non devi farlo Cole …” – disse confuso e sconvolto da quell’orgasmo, che sentiva diffondersi nell’addome, ma sarebbe stato estremizzato da un divenire, tra le labbra di Farrell, capaci e sublimi.
I loro sguardi si ritrovarono, nel culmine estremo, come in una simbiosi telepatica.
I loro cuori sapevano dove fosse l’unico posto dove trovare un senso compiuto, ma Colin e Jared sembravano allontanarsi da esso, così stupidamente.


“Tre mesi …”
“Sì papà … per-perché piangi …?” - Chris balbettò, stritolato nell’abbraccio di Robert.
Si erano fermati tra gli scogli, dopo una lunga passeggiata, per smaltire un pasto abbondante.
Jude era rimasto in albergo al computer con villa Meliti e Camilla, mentre Steven stava facendo altrettanto, ma con la direzione del suo ospedale.

“Mi ha scioccato la vostra … scelta Christopher … ne sono orgoglioso, ma anche spaventato … Siamo ad Haiti, ci sono spesso disordini …” – spiegò l’americano, contemplandolo e lasciando che solo le loro mani restassero intrecciate, quando si misero sulla sabbia.
“E’ … qualcosa di nostro Rob … mio e di Steven, perché non eravamo pronti per portare nelle nostre vite un bimbo, semmai il contrario … porteremo il nostro percorso, il nostro amore, nell’esistenza di tanti cuccioli.” – disse radioso ed innocente.
“Tu avrai sempre il mio … sostegno …” – ma nei suoi inchiostri, affiorò la parola § amore § nitida e sincera.
Chris si sentì pervadere dalla certezza di avere finalmente raggiunto il meglio del loro legame: si strinse a Robert, pronunciando un “Grazie …” colmo di riconoscenza.


Le stelle si spensero, tra le nubi di un temporale improvviso, tipico per l’isola.
Cole e Jay correvano, tra scrosci tiepidi ed elettrizzanti, tenendosi per mano e bloccandosi di tanto in tanto per roteare, baciandosi e ridendo felici.
L’andatura di Robert e Chris era altresì rapida e quasi divertita, tra pozzanghere e lampi di luce.
I suoni roboanti di quei tuoni, battevano nel petto di Glam, fermo davanti al davanzale; Kevin si era assopito, toccandosi nel punto in cui Geffen lo aveva preso ripetutamente, riuscendo a farlo godere di nuovo, senza inibizioni, seppellendo i suoi traumi.
Era la magia folle di quei luoghi: Glam se ne convinse, spegnendo l’unica sigaretta della giornata e serrando le palpebre, come un sipario, dinanzi ad una platea deserta.



sabato 24 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 75

Capitolo n. 75 - sunrise


Nulla era cambiato.
La città li accolse chiassosa e colorata.
L’impegno della fondazione aveva dato i frutti sperati, nell’ospitare i senza tetto, vaccinare i nuovi nati, curare ed accudire gli indigenti.
Numerosi bimbi della scuola assalirono Jared, ricordandosi di lui, sommergendolo letteralmente con il loro affetto.
Colin nel vedere quanto fosse ben voluto, anche dal personale, si commosse: lui per primo aveva conosciuto la generosità e l’altruismo di Jared, quando percorreva il tunnel più oscuro della sua esistenza.
Jared non si era mai tirato indietro: né davanti agli insuccessi, né alle ricadute di Farrell e neppure le botte, gli insulti, i tradimenti, perpetratisi oltre ogni sopportazione.
Come un guerriero ferito a morte, non aveva mai ceduto le armi, sicuro di potere tirare fuori da quell’abisso il suo dolce ragazzo irlandese, dal cuore grande e munifico.
Ora quel muscolo palpitava nella gola di Colin, che dovette rifugiarsi in un bagno a rinfrescarsi, riprendendo fiato.
Jude lo seguì, notando la sua reazione.

“Ehi irish buddy, tutto a posto?”
“Jude … sì … sì, certo …” – e si asciugò con una salvietta di carta, gettandola poi in un cestino griffato dai disegni degli orfani, tante manine nei toni del giallo, verde e rosso.
“Io lo amo Jude … e a volte fa così male … Eppure Jared resta la mia unica ragione di vita, sai?” – e lo fissò, stravolto.
“Cerca di calmarti ora … Comprendo le tue emozioni, ma non devi lasciarti sopraffare questa volta Colin, non te lo permetterò.”


Geffen partecipò ad una breve riunione, permettendo agli altri di parlare con i funzionari preposti alle adozioni.
Tomo e Robert indirizzarono Chris e Steven, visibilmente confusi.
In ogni angolo qualcosa o qualcuno sembrava invocare aiuto ed assistenza.
Presero in esame diversi fascicoli, riservandosi un approfondimento ed una eventuale decisione per il mattino seguente.

Sam si ambientò nelle cucine, mentre Dean e Jared si misero a pelare patate e lavare del pentolame.
Colin chiese quasi il permesso di unirsi a loro, ma un bacio profondo da parte di Jared, iniziò a sciogliere il suo sconforto.
“Tu sei il benvenuto qui Colin … Se sapessi quanto hai da dare ancora … e non solo ad un nuovo bimbo, per noi …”
“Jared io vorrei soltanto renderti felice … e scusarmi per quello che è andato storto …”
Il cantante lo baciò di nuovo, sussurrandogli un “ti amo” perpetuo e rassicurante.


Glam non si era mai separato da Kevin, ma questi gli chiese di andare in hotel, prima del tempo.
“Tesoro qualche problema?”
“Sono stanchissimo daddy … Mi sento un po’ debole, ma potrei chiamare un taxi, se tu non puoi …”
“Ma scherzi? Andiamoci subito, ho prenotato alcune suite, gli altri ci seguiranno, a loro discrezione.” – e sorrise, stringendolo sul cuore.
“Ti voglio bene daddy …”
“Lo so angelo mio … ti adoro Kevin, non dimenticarlo mai.”


La tomba di Syria era sempre stracolma di fiori, peluche e biglietti dei suoi alunni.
Tenevano in ordine quel tempio di marmo ed alabastro, dove, da una sua foto, la ragazza sembrava sorrideva ai passanti.
Jared e Glam ci andarono da soli, nonostante avessero chiesto sia a Colin che a Kevin di unirsi a loro.

“Era … è bellissima.” – mormorò Geffen, sistemando un bouquet di rose albicocca, le preferite da Syria.
Jared annuì, tirando su dal naso e togliendosi i ray-ban.
“Isotta le somiglia, non trovi Glam?” – chiese con timidezza.
Geffen lo scrutò, dandogli poi una carezza sulla nuca – “Devo … devo parlarti Jared, facciamo due passi?”
“Certo …”


La spiaggia era deserta.
Kevin aveva mandato un sms a Colin e lui andò malvolentieri a quell’incontro, di nascosto da Jared.
Si sentiva già a disagio, non voleva peggiorare la situazione.
“Potevamo vederci a Los Angeles. Per una settimana Jay non sarà accanto a me, dovevamo aspettare Kevin.” – disse senza neppure salutarlo.
Il bassista prese aria e coraggio, per affrontarlo.
“Scusami Colin … evidentemente combino casini a raffica, però … io non resistevo più. E’ … è un inferno, per me.”
“E come credi mi senta io?? Abbiamo commesso un errore, siamo stati disonesti e se proprio volessimo comportarci in maniera dignitosa, allora dovremmo lasciare i nostri compagni, anziché vendicarci in questo modo squallido!” – imprecò.
Kevin posò il suo sguardo in quello di Colin, dritto e spietato.
“Colin hai pensato a questo quando noi due … Era una lurida rivalsa, quindi?”


Si misero seduti su di una panchina, tra alberi secolari.
C’era un quiete quasi irreale.
“Stanotte ho fatto l’amore con Kevin … E’ … è cambiato, ha qualcosa che non riesco a comprendere … no, mi sono espresso male Jared: lui ha qualcosa che io non riesco a risolvere.”
“Cosa è successo, scusa …?” – domandò imbarazzato.
“Kevin è distante, ormai lo conosco bene, lo percepisco diverso, da settimane.”
“Colin è triste invece, per questa mia decisione, per il mio incidente, per … per il bambino.”
“Ne avete riparlato?” – chiese sereno.
“Venendo qui solo qualche accenno … Poi è nervoso, fa battute sarcastiche, ma senza cattiveria, si sente escluso.”
“E tu come affronti questa crisi, Jared?”
“Non siamo in crisi. Sono io che non mi rassegno.” – ammise con inquietudine.
“Un verbo … compromettente.” – e rise, prendendolo poi sotto l’ala.
“Ho esagerato con Kevin: conosco le mie mancanze, sai? Sveva, ma specialmente i sentimenti che mi legano a te Jared … Dovrei essere drastico oppure fare delle rinunce, alla mia età poi …”
Il cantante dei Mars sorrise, ma con gli occhi lucidi – “Tu sei giovane! Tu sei …” – si interruppe, un groppo alla gola ed uno allo stomaco.
“Siamo quattro infelici.” – disse piano Geffen, asciugando con un bacio le lacrime che impietose condannarono Jared.


Farrell si calmò, emozionato dall’atteggiamento di Kevin.
“Io sto bene con te …” – disse quasi sotto voce, mescolando la propria incertezza al vento di quel mattino.
“Questo è … è vero Colin …”
“Non mi riferisco al sesso …” – e mise le mani in tasca, spostandosi verso la battigia.
“Mi hai sempre trattato con rispetto, so cosa intendi.”
“Kevin tu meriti rispetto da chi ti circonda e sono pronto ad appoggiarti, se Glam dovesse maltrattarti di nuovo, ma non infilandoci in un letto.”
Kevin perse un battito, pensando ai momenti condivisi con Farrell, scacciandoli immediatamente dalle sue riflessioni estemporanee e dannose.
“Anch’io non voglio perderti Colin.”
“Ok …” – e sorrise.
“Ok.” – replicò Kevin, tornando all’auto, con una sensazione di sconfitta opprimente.
Inconsciamente avrebbe voluto un esito diverso da quel confronto, ma Jared vinceva sempre, senza neppure saperlo.


“Steven io non ci ho dormito stanotte …”
“Tesoro … ti ascolto.”
Chris si stava vestendo, era quasi ora di pranzo.
Boydon si arrotolò pigro tra le coltri, che sapevano del ragazzo e dell’amore consumato prima di addormentarsi.
Nell’allacciarsi i jeans e successivamente la cintura, si girò a guardarlo, le iridi accese da un intento irrimandabile, almeno per lui.
“Qui c’è bisogno di … un oceano d’amore Steven … di sacrificio … di disponibilità … Vorrei … io voglio rimanere.”
“Cosa …?”
“Ho già fatto volontariato e mi sono sentito meglio, come se con la musica fossi sempre di corsa, senza vedere quello che mi stavo perdendo, ma dando un senso ai gesti quotidiani, più umili, ma utili, io posso rinascere … e vorrei farlo con te Steven … Sei un medico, un eccellente chirurgo, potresti alleviare tante sofferenze … ovvio che non posso obbligarti.” – e sorrise, tornando a sedersi di fronte a Boydon, rimasto senza parole.
“Posso … prendere un’aspettativa di tre mesi Christopher, lo prevede il mio contratto per progetti di questo genere … e lo farò, se puo’ renderti felice.”
“A condizione che anche tu possa esserlo Steven …” – e si morse il labbro inferiore, provando già un appagamento totale per la sua approvazione spontanea.
Boydon lo strinse, cullandolo e baciandolo: non poteva esistere conferma migliore per entrambi.







venerdì 23 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 74

Capitolo n. 74 - sunrise


Jared si addormentò a fatica.
Colin lo aveva tenuto sul petto, provando a confortarlo, dopo la brutta esperienza dell’ospedale.
Il compagno viveva quegli assalti dei fotografi come delle vere e proprie violenze psicologiche ed il sentirsi toccare da persone estranee, in modo tanto invadente, lo gettava in una profonda crisi.
Simile a quella in cui Farrell non riusciva più a trovare una via di sbocco, verso una serena metabolizzazione di quanto accaduto con Kevin.
Aveva mandato un sms a Jude e, nonostante fosse quasi mezzanotte, l’amico si presentò a quell’inconsueto rendez vous, dopo avere spiegato a Robert quanto stava accadendo a Colin, deducendo l’ennesimo casino.
Downey aveva preparato i bagagli per assecondare la richiesta di Chris e si sentì quasi in dovere di perfezionare quella compensazione di altruismo, da parte di Jude verso Colin.
Gli sorrise, dopo avergli dato un bacio profondo e caldo, salutandolo con un “Non preoccuparti Jude, vai pure, ti aspetto sveglio.”
Camilla era già da Meliti, accudita da Pamela e quella serata poteva avere spunti romantici per la coppia, però il mattino era ancora lontano e restava qualche speranza nel cuore di Robert, nonostante quell’imprevisto.


“Non dormi Jamie?”
“Nemmeno tu.” – disse baciandogli lo sterno, avvinghiato a Marc.
“Dispiaciuto per il ritorno a Rio di Gabriel e Thomas?”
“Pensavo restassero a Los Angeles, ma comprendo la loro esigenza di vivere nel luogo che più amano …”
“Sono stati carini stasera … è stata una bella cena Jamie.”
“Ci siamo divertiti e Julian è davvero un bambino buono, nonostante sia così piccolo …”
“Tom Tom sembrava impazzito nel coccolarlo.”
“Gabriel invece non mi sembrava molto convinto, sai Marc? Per lui esiste solo Thomas, a trecentosessanta gradi, come fratello, figlio, amore, amante …” – e rise a metà.
Hopper lo strinse, baciandolo e capovolgendo le loro posture.
Accarezzò il petto di Jamie, che serrando le palpebre, gemette dal piacere derivante da quei semplici tocchi iniziali.
Il baby control li richiamò alla realtà.
Risero complici, dividendosi le incombenze: Jamie in cucina a scaldare il biberon della seconda poppata e Marc a cullare quella peste dai fanali azzurri, che trasmettevano ad entrambi i genitori un amore sconfinato.


La terapia degli abbracci era la migliore, per ritrovare un minimo di pace.
Colin avrebbe voluto dirlo a Jude, ma i reciproci silenzi erano meglio di qualsiasi considerazione.
“Perdonami uk buddy …”
“Perdonato.” – e gli sorrise, distaccandosi piano da Farrell ed arruffando i suoi capelli brizzolati.
“E’ … è tardi Jude …” – disse nervosamente, girando a vuoto in quella stanza distante dal centro della residenza, dove abitava con Jared, ignaro di quella visita.
“Mi sembravi disperato.”
“Rob …?”
“Non pensare a lui, è ok …”
“Sicuro? Ci sono già io che combino casini e rischio il mio matrimonio …” – e deglutì, sedendosi su di un divano in damasco rosso.
“Ok sputa il rospo Colin e cerchiamo una soluzione.” – ribattè risoluto l’inglese, accomodandosi accanto a lui.
“La soluzione alla mia debolezza non esiste Jude!” – disse rabbioso.
“Debolezza …?”
“Lui … lui continua ad avere Jared, a possederlo, anche se sono quasi certo che non abbiano più …”
Law si strofinò la faccia, sconfortato.
“Colin non dirmi che tu e Kevin avete di nuovo”
Il suo annuire secco, interruppe la frase del biondo, che si alzò di scatto.
“Non ci sono speranze Colin! Qui rimestiamo questo intruglio di porcherie da anni!” – esplose severo.
“Non so cosa dire Jude … vorrei parlarne a Jared, prima che Kevin lo faccia con Geffen … è più distrutto dai rimorsi di me.”
“Il che rappresenta il colmo!” – sbottò Jude.
Anche Farrell si elevò, con la medesima foga – “Certo, non sono un idiota, so benissimo quanto Jared e Glam ci hanno calpestati, umiliati, ridicolizzati in passato!”
“Quindi avete pareggiato il conto? Oppure collezionerete una serie di scopate tanto per arrivare in quota?!” – disse sarcastico, ma con immensa amarezza negli occhi lucidi, come quelli di Colin, che si appoggiò alla parete, disfatto da quel perenne fallimento.
“Jared rimarrà ad Haiti … io ripiomberò in un incubo Jude … Non mi vuole accanto, come avevamo fatto in Africa, non posso rimediare ai miei sbagli, perché nel deserto eravamo in un luogo custode del nostro tempo migliore, mentre a Port au Prince io ho … io ho abusato di Jared … Capisci?”
Jude posò i suoi palmi sulle spalle ricurve dell’irlandese, inspirando prima di esprimersi.
“E’ come una catena Colin, fatta di anelli, che una volta saldati non puoi sganciare e permetterti una scelta: se rimetterli al proprio posto oppure accantonarli o dimenticarli, ma persino gettarli … Ti sei come condannato, per me, a vivere con Jared, ad ogni costo, sedando i tuoi sentimenti, anche legittimi. Cosa provi per Kevin? Te lo sei mai chiesto? E per Justin? Lontano da qui, lontano anche dal tuo cuore, vero? Una soluzione insperata, comoda, ma io so che tu ci pensi, rinnegando l’unica evidenza plausibile: ti eri innamorato di Justin, così ora, probabilmente, di Kevin. Ammettilo.”
Il suo discorso era stato pacato, comprensivo, ma terribilmente concreto.
Farrell si allontanò, incrociando le braccia sul torace, arroccandosi nell’estrema difesa, di ciò che temeva fosse divenuto insalvabile: “Io amo mio marito. La … la nostra incapacità a preservarci dal dolore, temo sia uno dei fattori essenziali per unirci allo stremo di qualunque raziocinio Jude.”
“Raziocinio Colin? … Lo definirei … abominio, contro il rispetto, contro la stima, contro l’amore stesso!” - ruggì.
La sua invettiva si schiantò contro alla schiena di Colin, che se ne andò, senza aggiungere altro.


Tomo portò un vassoio sul letto, baciando la fronte di Denny, ancora immerso in sogni all’apparenza belli, dal suo volto sereno.
Quegli specchi di ghiaccio erano magnifici nella luce del mattino.
“Ciao mofo papi …” – e rise: l’aveva letto su di un cuscino, usato sempre da Josh.
Il croato fece una smorfia buffa – “Ciao splendore.” – e lo baciò.
Denny riuscì ad attirarlo di nuovo sotto al piumino, togliendogli l’accappatoio, affinchè i loro corpi nudi si ricomponessero in un incastro umido ed impaziente di animarsi del loro fare l’amore, scabroso ed intenso.
“Te-tesoro io ho … un … un aereo …” – ansimò Tomo, il cui sesso era già in preda alle mani dell’amante.
“Toccami anche tu … avanti …” – sussurrò Denny nel suo collo, leccandoglielo e distribuendo morsi fugaci e sensuali.
Si masturbarono a vicenda, baciandosi di continuo.
Arroventati da quel desiderio spasmodico di appartenersi, Denny spinse Tomo a pancia in giù, senza smettere di accarezzarlo osceno, ma usando la bocca per leccarlo in quel solco ben disegnato, che eccitava a dismisura il giovane avvocato.
Le sue dita divennero oltraggiose, ma mai quanto la sua successiva invasione, turgida e bagnata, da saliva ed umori.
“Voglio venirti dentro Tomo … lo voglio e basta …!” – ringhiò, mordendogli la nuca, come un predatore, che non gli avrebbe dato scampo.
Culminarono all’unisono, lasciandosi andare a singulti rochi ed animaleschi.
Fu liberatorio ed appagante, ma l’epilogo definitivo si consumò in baci più intimi e speciali.
Gli stessi servirono ad impedire a parole più compromettenti di emergere dai loro sguardi, dove le stesse sembravano fremere, ma non abbastanza per levarsi e confermare un nuovo legame.


“E mi saluti tutti gli amici della scuola papà?”
“Certo soldino.”
“E poi dai un bacio alle maestre??”
“Ehm … chiedilo a papà Kevin.” – Geffen rise, ma quella battuta risultò infelice – “Sai Lula, sono un imbecille!” – bisbigliò, facendogli l’occhiolino.
“Daddy …” – anche Kevin sorrise, prendendo sulle ginocchia Lula, per il suo turno di coccole e saluti.
Owen si era proposto di accompagnarli all’aeroporto, ma Geffen aveva provveduto con Vassily.
Mentalmente Shannon gliene fu grato: aggregarsi a loro e rivedere Tomo, non era semplice.
“Ok, il jet del nonno è pronto …” – disse Kevin, dopo avere risposto ad una telefonata del pilota.
Si avviarono, dopo una miriade di baci ai cuccioli ed un arrivederci ad Owen e Shan, che si strinsero, provando sensazioni contrastanti.
Owen gli aveva prospettato una nuova adozione, ma Shannon tergiversava da mesi.
L’occasione di quel viaggio, poteva comprendere anche una loro visita alla fondazione, per concretizzare un progetto, che restava comunque soltanto negli intenti di Rice.


Jared e Colin erano già nella saletta di attesa, con Sam e Dean, bersagliati da foto e clip, che il cantante dei Mars gli mostrava sul proprio i-pod.
C’erano immagini anche del Marocco e Colin quasi trasalì nel vederle.
Voleva trattenersi, ma poi un – “Almeno da lì non mi hai cacciato.” – pronunciato ridacchiando velatamente isterico, diede piuttosto fastidio a Leto, che si sforzò di non cogliere l’allusione.
Law e Downey giunsero con Steven e Chris, in fibrillazione, mentre Geffen con Kevin fu l’ultimo ad approdare nella zona del check in.
“Ci siamo tutti? Allora si va.” – esclamò affabile, scrutando ogni singolo volto dei presenti, rivelatore di stati d’animo drasticamente differenti.


giovedì 22 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 73

Capitolo n. 73 - sunrise


“Me la fai guidare Glam?”
“Sicuro?”
Jared annuì sorridendo, saltando al posto di guida.
“Ok, ma se sei stanco, accosta, ok?” – gli disse dolcemente, dandogli un bacio tra i capelli.
“Resteranno i segni Glam?”
“Per cosa?”
“Questi tagli … i lividi sono quasi spariti.”
“Vedrai che Scott userà qualche unguento da stregone tra poco e le cicatrici svaniranno nel nulla.” – affermò ridendo, mentre si allacciava la cintura della sua Ferrari.
“Fosse così semplice …” – disse assorto Jared, mettendo in moto.
Percorsero un paio di viali, poi Glam volle chiederglielo.
“Come mai non ti sei fatto accompagnare da Colin?”
“Doveva finire un doppiaggio e si è … alzato tardi stamattina, così non ci è riuscito, ecco …” – spiegò, concentrato sulla strada.
“Capisco …” – disse distratto Glam, per poi ridacchiare.
“Che c’è?”
“Nulla, hai una strana macchia qui …” – e puntò il suo indice sinistro sulla nuca di Jared, che si alzò il cappuccio – “Uffa!!!”
Risero insieme, prendendosi poi per mano, ma solo per alcuni secondi: ormai erano a destinazione.
Jared imboccò l’ingresso laterale, ma, a sorpresa, vide che c’era un drappello di fotografi, piuttosto chiassosi, che indicarono il bolide di Geffen, come se li stessero aspettando.
“Ma che cazzo …” – sibilò l’avvocato.
“Parcheggio là, Glam?”
“Sì, ma questi cosa vogliono?”
“Non lo so, mi perseguitano quando fanno così, accidenti!” – disse rabbioso, scendendo per farsi poi largo tra voci, che urlavano il suo nome.
Glam cercò di fargli da scudo, ma uno dei paparazzi provò a scoprire il volto di Jared: l’avvocato lo afferrò per il bavero – “Come ti permetti??”
Avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma Jared aveva la priorità: ne seguì un parapiglia, attirando gli agenti della sicurezza, che finalmente intervenne.


“Se stai cercando la crema protettiva, è nell’altro reparto.”
La voce di Jamie era solare, almeno quanto il viso di Dean, che lo riconobbe, salutandolo con un bel sorriso.
“Ehi ciao … Grazie, non so come muovermi …” – disse confuso.
“Posso aiutarti?”
“Ok … ciao Julian.” – Dean diede un bacio al bambino, che sgambettava nel marsupio, allacciato a Jamie.
“Ehi monello sta un po’ fermo …” – sussurrò il ballerino, ricoprendolo di coccole.
“Sei stanco Jamie? … Posso aiutarti …?” – chiese incerto il broker.
“In effetti pesa un pochino … il mio cicciotto amore … Sono un po’ scemo, vero?” – ed arrossì.
Dean scrollò la testa – “Siete bellissimi … e sei così innamorato di tuo figlio …”
“Hai ragione Dean … Comunque te lo passo per un po’, se vuoi.”
“Ok!” – replicò con entusiasmo.


“Ma cosa è successo là fuori??” – sbraitò Scott all’interfono con il servizio di guardie interno.
Il responsabile gli disse che qualcuno aveva fatto trapelare l’arrivo di Leto alla struttura, incolpando ovviamente i collaboratori del primario.
“Lascia stare Scott …” – disse Geffen, concentrato su Jared, tremante su di un divanetto, per l’agitazione.
“Adesso calmati Jared, bevi questo …” – e gli passò un succo d’arancia.
“Voglio andarmene Glam.” – disse flebile.
Il medico nel frattempo era passato nell’ambulatorio adiacente, per verificare ci fosse il necessario per la medicazione di Jared.
Geffen lo aiutò a sollevarsi – “Scott farà presto, poi ce ne andiamo da qualche parte, ok …?” – gli disse piano, stringendolo a sé.
Jared piangeva sommessamente, ma le carezze dell’altro sulla sua schiena, sembrarono rassicurarlo.
Glam gli diede un bacio sulla tempia, ma Jared si aggrappò alle sue labbra con le proprie, sigillandole per un attimo, che ad entrambi sembrò senza fine.

Scott lasciò l’incombenza al proprio assistente, restando solo con Geffen.
“Mi scuso per l’inconveniente Glam.”
“Non importa … stanno arrivando Vassily e Peter con l’auto blindata: non so più come proteggere Jared, che cazzo prende a certi stronzi là fuori!?” – ringhiò sconvolto.
“Io … io non capisco una cosa Glam.”
“Quale?”
“Perché non state insieme, tu e lui intendo … Jared sembra una parte di te, sai?”
Geffen sorrise stupito.
“E da quando fai caso al mio privato, Scott?”
“Chissà, eh? In questi mesi mi fai partecipe di qualunque pasticcio della tua vita.”
“Già …”
“A proposito, come sta Sveva?”
“Bene … il bambino cresce … devo passare da lei prima di andare ad Haiti, l’ho promesso.”
“Vorrei sapere quante promesse fai al giorno, Glam.”


Tomo andò a prendere Josh, per poi accompagnarlo a villa Rice.
Si incrociò frettolosamente con Owen, che salutò entrambi con estrema cordialità, dicendo loro che Shannon era nello studio di registrazione.
Anche il batterista, come Kevin e Jared, aveva ricavato uno spazio professionale, all’interno di quella residenza ricca di spazi inutilizzati.
Josh vide Lula e July, insieme alle due baby sitter, da poco assunte e corse verso di loro.
Tomo inspirò, decidendo di cercare l’ex per salutarlo prima di partire per Haiti il mattino seguente.
Shan stava ascoltando un vecchio pezzo dei Mars, appoggiato svogliatamente ad un pianale costellato di pulsanti colorati, le cuffie intorno al collo, l’aria triste.
“Posso … disturbo?” – domandò Tomo, chiudendo la porta alle sue spalle.
Quando Shan lo vide, il croato si accorse dei suoi occhi lucidi e del magone, che lo stava soffocando.
Sembrarono scivolare l’uno verso l’altro, mescolandosi come correnti, che nell’oceano provenivano da luoghi distanti, ma così simili.
Tomo lo stava cullando – “Va tutto bene Shan … stai tranquillo ora …”
“Scusami … scusami amore …”
Due parole, che andarono a ripetersi, come una eco, tra lo spazio ovattato di quell’ambiente lontano dalle loro realtà, alla deriva da troppo tempo.
“Ci siamo soltanto arresi Shan … non è colpa di nessuno … forse non potevamo fare altrimenti.” – e lo baciò, accartocciandosi con lui sul pavimento freddo.


La ragazza che gli aprì, aveva un’aria incuriosita, ma non espansiva.
“Salve … tu devi essere la sorella di Sveva, io sono”
“Sì so chi è. Sveva, c’è il signor Geffen!” – disse girandosi a metà, verso il living dell’appartamento dell’insegnante, che spuntò dal terrazzo, arridendo all’arrivo di Glam.
“Ciao, accomodati. Lorena che modi …” – si lamentò in modo simpatico.
La giovane sparì in cucina.
“Ciao cara, come state?” – disse Geffen, dandole un bacio leggero tra le chiome lunghe e sempre in ordine, mentre le sfiorava il pancino, in modo affettuoso, che Lorena spiò dalla sua postazione.
“Stiamo bene, grazie. Cosa possiamo offrirti Glam?”
“Un caffè … sono a pezzi, ho avuto una giornata del cavolo e …” – poi si rese conto come di blaterare a vanvera.
Lei non era una compagna con cui sfogarsi, ma il sorriso di Sveva l’aveva sempre ben predisposto al dialogo.
Lei rise.
“I tuoi soliti casini big Geffen?”
“Oddio così mi chiama Phil …”
“Il regista?”
“Sì. Derado … Domani mi assento per andare ad Haiti, comunque per il controllo rientro, poi sarai tu ad andare a casa per il Natale.”
“Infatti … hai qualche preoccupazione Glam?”
“Si tratta di una serie di eventi … Troverò una soluzione Sveva, non so come, ma accadrà.” – e sorrise tirato.


Sam passò a recuperare Dean, quasi imbambolato davanti ad un gelato ed ai racconti di Jamie, molto loquace.
“Tesoro!” – si accese, appena vide il suo ragazzo.
“Ciao Dean, ehi gente, ne offrite uno anche a me?” – ed indicò il cono, che Julian stava sbrodolando sul tavolino.
“Ovvio Sammy … crema e pistacchio? Vado subito.” – e si alzò, dopo averlo baciato radioso.
Jamie li osservò, contento della loro sintonia.
“Allora domani partite con quel gruppo di pazzi?” – chiese allegro il ballerino.
“E’ una vacanza fuori programma Jamie, però Dean ed io siamo impazienti di vedere le zone di cui ci ha parlato Jared.” – affermò sereno.
“Sarà un’esperienza unica … Magari il prossimo giro, ci andremo, con Marc e Julian … Tra qualche anno.” – ed ammiccò al ritorno di Dean, che si rilassò nell’abbraccio del suo Sammy, dove sarebbe rimasto ad oltranza.


La pioggia sfiorava i pensieri di Colin, nella prima ora della sera.
Lo stesso sguardo, si stava perdendo inconsapevole, dalle pupille di Shannon, mentre i bimbi facevano un gioco sul tappeto, davanti al caminetto, con Owen.
Tomo correva con i suoi quarzi, tra i vari angoli della sua terrazza, sulla quale decise di uscire, inzuppandosi dopo pochi minuti.
“Ti buscherai un malanno!”
La voce di Denny lo fece rinsavire.
“Tu …?”
“Hai lasciato la porta aperta Tomo … dovresti fare attenzione e … Ma stai piangendo?”
“No … io non …” – ma si sentì venire meno.
Denny impedì la sua caduta, accompagnandolo sotto alla doccia.
Aprì l’acqua calda, mentre l’amico si spogliava a fatica.
Si infilarono nel box insieme, dopo che Dean si era liberato dagli indumenti fradici.
Il giovane lo lavò con cura, consolandolo con un silenzio complice e senza pretese.
Usò una spugna nera, per tamponare la sua pelle chiara, facendo attenzione ai nei ed alle ferite invisibili, che stavano devastando Tomo.
Si coricarono, nel buio quasi assoluto della mansarda, dove avevano fatto l’amore.
“Grazie Denny per …”
“Non dire niente … chiudi gli occhi e dormi.”
Gli diede un ultimo bacio, senza più sciogliere il suo abbraccio, colmo di inaspettata tenerezza.



mercoledì 21 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 72

Capitolo n. 72 - sunrise


Denny aprì a fatica le palpebre, sentendo nelle narici il profumo di Tomo: si erano addormentati arrotolati l’uno sull’altro e la barba del croato gli stava solleticando una tempia.
“Ehi … ciao bel ragazzo …” – disse, scrutando gli occhi chiari dell’avvocato.
“Ciao … dormito bene?”
“Alla grande.” – e si stiracchiò, dopo avergli dato un bacio leggero sulla fronte.
“Come siamo casti stamattina.” – lo provocò, stringendo il cuscino sotto di sé.
Tomo gli diede un bacio più vero e Denny lo contraccambiò in modo appassionato.
“Ancora una volta e poi me ne vado … lo giuro vostro onore …” – gli bisbigliò nel collo, salendo a cavalcioni sulle gambe magre di Tomo, che non si aspettava tanto entusiasmo.
“Denny …”
“Non vuoi?” – e fece un broncio adorabile.
Si sentiva libero di essere sé stesso e mille altre persone, con Tomo, che seppure assecondandolo spesso con ironia, provava dei sentimenti di puro affetto per lui.
La bocca di Denny fu molto convincente.


Jared non trovò Colin al proprio risveglio.
L’irlandese camminava nel parco, indossando una vecchia tuta del compagno: quando lo vide, affacciandosi al balcone, il cantante notò quanto Colin fosse dimagrito ultimamente.
Farrell seguiva una dieta rigida, per contrastare gli effetti collaterali dei farmaci assunti per l’ictus, tra cui il facile aumento di peso ed il gonfiore.
Era in una forma splendida.
Jared sorrise, chiamandolo.
Colin gli rispose con un gesto e lui decise di scendere velocemente.
Si lavò velocemente, mettendo i jeans di colin ed il maglione, che l’attore indossava la sera prima, quindi si precipitò allegro in giardino, portandosi anche due fette di torta avanzata dalla festa di Isotta.
“Ne vuoi amore?”
“Ciao Jay …” – e lo avvolse, baciandolo, nascosti dall’ampio cappuccio, che Colin aveva tirato su, per proteggersi dalla brezza mattutina di novembre.
Jared si sentì assorbire da quel gesto, velato da una disperazione palpabile.
Deglutì a vuoto, staccandosi da Colin, che aveva uno sguardo altrettanto triste.
“Cole … è … è solo una settimana, però se non vuoi io …”
“Assolutamente Jay, tu sei libero di fare ciò che senti, specialmente dopo …” – inspirò – “Dopo il terribile trauma che hai subito.” – aggiunse, serrando gli occhi lucidi.
Jared lo baciò di nuovo.
Ripresero poi a camminare, tenendosi per mano.
“Grazie Colin … Spero di rendermi utile all’asilo … ci sono dei bimbi davvero piccoli …”
Farrell gli lanciò un’occhiata rapita – “Sì Jared, come quella bimba, che voleva solo te per il cambio del pannolino, la ricordi?” – e sorrise.
“Certo … ora vive in Australia … Spero sia felice … come i nostri figli Cole.”
“E come noi, Jay … Vero?” – si bloccò, intrecciando più forte le sue dita a quelle di Jared, che gli accarezzò le guance, segnate da mille pensieri bui: “Noi ci ameremo per sempre Colin. Sempre.” – e lo baciò ancora, fondendosi con il suo corpo, che lo stava reclamando, dal primo contatto.
Scelsero le scuderie, ormai prossime al sentiero delle rose; un angolo fatto di coperte e materassi coloratissimi, dove i bimbi spesso giocavano, era l’ideale per farlo: spogliati sommariamente, caldissimi, Colin si congiunse a lui, senza mai separare i loro sguardi.
Era una fusione liquida, continua, progressiva.
Le falangi si rincorrevano sotto gli indumenti, delineando sulla pelle dapprima tiepida e poi via via sempre più umida, arabeschi di puro ludibrio.
Così le lingue, aggrovigliate in una battaglia, poi più docili, nel leccarsi, in un conforto reciproco e bellissimo.
“Sto … io sto … mioddio Jay … eccomi …!”
A Jared sembrò di ricevere una sferzata di luci e colori, capaci di capovolgere le sue pupille, mentre le sue labbra si schiudevano, in cerca di aria, intossicata da umori e grida, soffocate nel suo petto da parte di Colin.
Il moro scivolò, il suo ventre tremava ancora per essergli venuto dentro copiosamente, ma voleva appagare anche Jared, succhiando e nutrendosi di lui, fino al culmine: non si sarebbe fermato, per niente al mondo.


“Dove sei Denny!?”
“Capo scusi, ho avuto un problema con l’auto …”
“Vengo a prenderti allora, dammi l’indirizzo.”
“Cazzo …!” – sibilò a denti serrati, mentre Tomo stava impazzendo nel cercare un abito conforme alla sobrietà del tribunale.
Denny era più muscoloso, quindi tutto gli stava aderente e sexy.
Alla fine spuntò miracolosamente un completo, che l’artista aveva usato per una premiazione dei Mars, a Parigi.
“E’ un pochino lucido …” – sogghignò – “Ma almeno è nero, elegante!” – e rise.
“Allora dove sei?” – ribadì Geffen, alla guida della sua Ferrari per i viali del lungo mare.
“Ecco … ha presente … dove vive Tomo?” – ammise nevrotico, come se si trovasse su di una graticola.
“So dov’è, va bene arrivo.” – e riattaccò, grattandosi la nuca.
Nel frattempo anche il telefono di casa stava suonando.
“Stamattina tutti in piedi presto, che strazio!” – esclamò Tomo, vedendo che era Shannon.
“Ma porca … sì pronto, ciao Shan.”
“Buongiorno! Ho appena lasciato Josh a scuola, che ne dici di offrirmi la colazione?” – chiese allegro.
Il suo entusiasmo si smorzò, quando l’ex gli sussurrò di essere in compagnia e che si sarebbero visti un’altra volta.
“Con chi sei scusa, Chris forse?” – insistette, con tono polemico.
“Ma non dire cazzate Shan …”
“Ok … vai al diavolo!” – e chiuse, sentendosi ribollire.
La sua curiosità reclamava un riscontro, quindi Shannon svoltò per esaudire i dubbi, che lo stavano tormentando.
Fu superato da Geffen, proveniente da una via laterale, ma non si riconobbero a vicenda, non subito almeno.
Quando Glam inchiodò davanti all’entrata di Tomo, la perplessità di Shan aumentò.
Riconobbe infine Denny: di corsa il giovane si infilò nel bolide rosso fuoco, che ripartì immediatamente.



“Dove pensi di andare, rock star?”
“Lo so capo, non è proprio il la mise adatta … ma sarei dovuto ripassare dal mio alloggio ed avrei perso altro tempo …”
Glam sbuffò – “Deduco tu abbia trascorso la notte da Tomo.”
“Già …” – ed aggiustandosi i capelli, Denny inforcò gli occhiali da sole.
“Non sono fatti miei, però mio figlio frequenta Tomo, Shan ed Owen, quindi cerca di non incasinare ulteriormente questo pasticcio.”
“Quale … pasticcio …?”
“Come se non lo sapessi Denny.” – disse risoluto.
“So che Tomo ha qualche strascico con Shannon … ok, ogni tanto si fanno una scopata!” – affermò nervoso, per poi ammutolirsi.
“Lo sospettavo … E dove collochi la tua presenza?”
“La mia … Senti Glam, avevi ragione.”
“Su che?”
“Non sono fatti tuoi.”


“Lo devo riconoscere Tomo, te li scegli tutti molto affascinanti!”
Shannon calpestava lo zerbino, mentre Tomo lo stava guardando storto.
“Accomodati.” – disse come svuotato.
“Allora sentiamo, questo Denny o come si chiama”-“BASTA!” – tuonò il moro, raccogliendosi i capelli a coda.
Shan si versò della tequila, tremando.
“Bevi a quest’ora del mattino??”
“No! … io … scusami, non so quello che faccio Tomo.”
“Lo vedo.”
“Perdonami …” – e tentò di avvicinarsi, ma l’altro si andò a sedere sul divano, accendendosi una sigaretta.
“Sto solo cercando di andare avanti Shan, con o senza di te, va bene?! E poi Denny è un amico.”
“E gli presti i tuoi vestiti …?”
“Cosa??”
“Era un mio regalo!” – inveii il batterista, asciugandosi con l’avambraccio sinistro una lacrima ribelle.
Tomo si rialzò – “Ma cosa cazzo vuoi tu da me, lo potrei sapere una volta per tutte??!”
Shannon indietreggiò, appoggiandosi al muro, all’improvviso inerme.
“Io … io ti amo e non … non sopporto l’idea che qualcuno possa toccarti …” – disse mesto, indebolito dalla tensione.
Tomo si segnò i lati del naso con i pollici, mentre la cenere della Camel precipitava sul parquet.
“Ecco … il nostro amore è diventato questo, dopo anni Shan … cenere nell’aria … L’abbiamo arso vivo, con le nostre bugie, gli sbagli, i tradimenti … E tu non fai che perseguitarmi, illudendo quelle misere speranze di tornare insieme ad ogni tua escursione nel mio letto o … dove capita …” – rise amareggiato.
Shannon si avviò alla blindata, senza più avere il coraggio di reggere il suo sguardo.
Il clic secco della porta, sembrò decretare una fine annunciata, per un qualcosa che non era riuscito a sopravvivere alle rispettive scelte, frantumando le loro vite in maniera irreparabile.



martedì 20 marzo 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 71

Capitolo n. 71 - sunrise


Quando la End House si svuotò di voci, risate, allegria, rimasero Colin e Jared a cullare Isotta, nella sua cameretta.
Il resto dei bimbi era nell’ala opposta, ad ascoltare favole, giocare alla play station, mangiare gelato, mentre Yari ed il suo Misaki erano andati al cinema.

“Bella festa Jay …” – disse Farrell impacciato, prendendo una tutina pulita.
“Vuoi cambiarla ora amore?” – replicò assonnato Jared.
“Tu stai crollando … come ha fatto la nostra cucciola mezz’ora fa …”
“Ti amo Cole …” – aggiunse con aria sognante, prima di socchiudere le palpebre appesantite ancora dai farmaci.
L’attore si protese per custodirli, provando a cancellare i rimorsi, che puntuali si riaffacciavano al suo cervello alienato.


Kevin mise a nanna Lula e poi corse da Glam, che stata già preparando i bagagli per Haiti.
“Daddy mancano tre giorni …”
“Sì lo so piccolo, ma già che c’ero.”
“Ti annoiavi?” – e rise, nel vano tentativo di sdrammatizzare i suoi stessi toni.
“Ovviamente vieni anche tu, vero Kevin?” – chiese improvviso, senza voltarsi verso di lui, allungato sul letto.
“Veramente … preferivo restare qui con soldino di cacio …”
“Puo’ tenerlo Tomo.”
“Lui viene con noi, per Chris …”
“Già … allora andrà da Owen e Shan, si trova benissimo a villa Rice, ci sarà per forza Josh, se Tomo si assenterà come noi.” – e sorrise sereno.
Kevin inspirò – “Sarà bello accompagnarti daddy.”
“Sarà un viaggio particolare … Per certi versi temo che Steven e Chris non siano ancora pronti.”


Boydon spense le luci del living, raggiungendo il cantante dei Red Close tra cuscini e libri sulla prima infanzia.
“Tesoro ti stai documentando?” – chiese dolce, baciandolo poi sul collo, distraendolo.
Chris rise.
“Tu hai fatto pratica con i nipoti, da tua sorella, ma io sono alle prime armi.” – e sospirò.
“Preoccupato?”
“Trepidante Steven … e … terrorizzato.”
“Ci aiuteremo a vicenda Christopher.”
“Lo so, però una nuova vita da crescere ed accudire è una sfida assoluta … Robert e Jude ad esempio hanno la costante apprensione per la salute di Camilla … Shan poi mi raccontò di Josh, quasi moriva, quando poi scoprirono che lui e Lula erano fratelli e si salvò.”
“Comprendo le tue incertezze Chris e se vuoi rimandare …”
“No Steven … Facevo la chioccia in anticipo.” – e si rannicchiò sul suo cuore saldo.
Boydon gli accarezzò le ciocche castane, baciandogli la fronte – “Gli daremo il meglio di noi Christopher, te lo prometto.”
“Oppure le daremo … una bimba …”
“Già chissà …”


Tomo stava pulendo casa, per smaltire la mezza teglia di pasta alle melanzane, che Pamela aveva preparato per la festa di Isotta.
Quando suonarono, pensdò fosse Shan, ma trovandosi di fronte Denny, reagì con estremo stupore.
“Cosa fai con lo strofinaccio ed il mocio a quest’ora, antipatico!?” – e scoppio’ a ridere.
“E tu … cazzo entra.”
“Volentieri, è avanzato qualcosa dall’Isy party?”
“Come mai non sei venuto Denny?”
“Dovevo vedere degli amici di New York e poi, ammettiamolo, le riunioni della big family sono abbastanza pallose, poi succede sempre qualcosa ahahah Spero non abbiano stirato il mio capo sotto l’hummer nuovo di zecca oppure che Jude abbia rovesciato il Martini addosso a Colin!” – e quasi saltellando, al ritmo della musica, che Tomo stava ascoltando, si buttò sul divano, dopo essersi tolto le scarpe sportive.
“Io mi sono divertito …”
“Come no, hai pomiciato con il tuo ex, Tomo?”
“Smettila di fare lo stronzo Denny …”
“Tra voi finisce sempre così … e tu sei uno straccio, peggio di quello che hai appena gettato nello sgabuzzino.” – disse serio, fissandolo.
Tomo era in poltrona e sbuffò – “Ok, l’ho capita la similitudine genio … Hai mai amato qualcuno?”
“Discorso già fatto honey …” – e si passò la lingua sul labbro superiore, per poi sorridere – “Ho avuto anch’io i miei bei calci sui denti, lo sai uomo di Croazia.”
“Sì, lo so. A proposito, ho fatto … pace con Chris, mi ha perdonato insomma.”
“Ma dai, senti senti … Un’altra scopata a sorpresa?”
Tomo si rassegnò – “Pensi solo al sesso? Da quanto tempo non lo fai??”
“E tu?”



Una lunga doccia insieme, abbracciati, era un piacere così intimo per entrambi.
“Sei stanco daddy?”
Le mani di Kevin erano scivolate tra le gambe di Geffen, che riaprì gli occhi.
“Sì … cioè no … perdonami se ti sto trascurando ultimamente …” – sembrò giustificarsi, baciandolo sulla tempia.
“Non importa …” – e si raggomitolò, dandogli le spalle.
“Kevin …”
“Non sono arrabbiato Glam.”
“Lo vedo e … mi sembra strano.”
Kevin si sentì pietrificare, da quella che era una battuta, ma che sentì come una pungente allusione.
Si girò di scatto – “Non … non devi fare l’amore con me, se”
Quella che probabilmente era una sciocchezza, morì sul nascere, nella bocca di Geffen, pronto ad impadronirsi con essa, di ogni parte pulsante di Kevin, in crisi di ossigeno dopo pochi istanti.
L’uomo si spinse in lui con vigore e risolutezza, dopo averlo lubrificato parzialmente: Kevin sembrò non volere aspettare oltre, attirandolo a sé, senza lamentarsi per quelle fitte iniziali.
“Kevin asp aspetta tesoro …” – gli ansimò nel collo Glam, incapace di fermarsi, per quanto stava godendo di lui.
Rallentò il ritmo, ritraendosi ed affondando nuovamente, lento, sino al centro del bassista, sudato e tremante, per gli spasmi procuratigli dal membro dell’altro, che andava ingrossandosi ad ogni suo singulto.
“Daddy …” – le palpebre traboccanti di lacrime, il suo cuore in mille pezzi, che nessun orgasmo avrebbe ricomposto.
Geffen gli sollevò le cosce, arpionandole ai propri fianchi, poi le braccia, oltre la testa di Kevin, che raccoglieva i suoi baci, come una pioggia ristoratrice.
Colpì tanto duramente, che la testata del letto iniziò a battere contro la tappezzeria: con un gesto fulmineo, Glam la bloccò, senza smettere di venire, inondando la prostata di Kevin, i cui sensi di colpa avevano come anestetizzato la sua libido, in modo irreparabile.


I capelli di Tomo gli pungevano il petto, ma a Denny non importava.
I suoi capezzoli erano talmente turgidi da fare male, ma sentirselo dentro, quel suo amico dal cuore in bilico, era come un’ambizione che si stava realizzando per il giovane avvocato.
Gli piaceva baciarlo, le labbra di Tomo, generose e morbide, che si contorcevano con quelle di Denny, impedivano ai rispettivi ansiti di propagarsi per la stanza.
Il chitarrista si staccò per ammirarlo, sotto di lui, madido e straziato dall’eccitazione: Denny si stava masturbando, per compiacerlo di una visione lasciva e torbida.
Si inondarono a vicenda, capovolgendo poi le posizioni, per rinnovare quel connubio di sensi e di corpi, che li stava appagando oltre ogni limite, sino all’alba.





DENNY