venerdì 28 febbraio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 253

Capitolo n. 253 – zen



Colin indossò un semplice completo in jeans scuro, oltre alle inseparabili scarpe logore, alle quali era particolarmente affezionato.

“Devono essere dei porta fortuna, quelle, mio caro Farrell” – lo canzonò Jared, piombando nella camera armadio, dove il coniuge si stava preparando per il suo compleanno.

“Con te hanno funzionato, amore” – lo accolse solare, dandogli un bacio.

“Sono già arrivati tutti, Jay?” – chiese piano, scorrendo il suo viso, con i propri carboni liquidi.

“Più o meno … Mancano Vas e Peter, la sorveglianza è al minimo, però arriveranno Chris ed alcuni agenti, a scortare quei ragazzi ed i loro genitori … Il più grande è orfano, ma pare ci sia uno zio, che doveva fungere da tutore …”

Colin inspirò – “Escludo a priori i metodi di Antonio ed anche di Glam, però li ammazzerei con queste mani, credimi, per ciò che hanno fatto subire al nostro Yari ed a Misaki” – disse fermo.

“Glam è sempre stato … determinato, quando si trattava dei suoi affetti … Ricordo l’aggressione a Kevin e poi l’attentato, dove Lula rimase ferito: quella notte, Glam avrebbe ucciso Mendoza di sicuro, se non l’avesse trovato già morto stecchito” – sospirò, rabbuiandosi.


“Sì, lui non ha mai avuto molta pietà o comprensione, quelle che tu ora stai dimostrando, Jared, con uno sforzo incredibile”

“Eppure mi crederete tutti, dopo il discorso, che farò a queste persone: almeno lo spero” – sorrise, riabbracciando l’irlandese, che non aveva mai smesso di guardarlo innamorato.


Kevin entrò nel salottino al secondo piano della Joy’s house, trovando finalmente Glam.

Stava fumando una canna, il caminetto acceso, dopo essersi allungato su di una poltrona, avvicinandola il più possibile al focolare.

“Ah sei qui daddy … Mio Dio, apri almeno la finestra” – e provò a ridere di quella situazione, seppure il suo cuore fosse come stritolato in una morsa, nel vederlo in quelle condizioni.

“Perdonami … Ho un po’ freddo, non ci ho pensato” – mormorò assorto ed un po’ confuso dall’erba.

Kevin si sfilò la t-shirt, restando mezzo nudo, con i cargo e le infradito, come se dovesse andare in spiaggia e non ad un ricevimento, seppure informale.

“Si soffoca qui, daddy … Hai bisogno di un medico?” – e si inginocchiò tra le sue gambe.

Geffen lo scrutò, turbandolo, con le sue iridi ancora vivide.

“Io … ti ho fatto soffrire così tanto, vero piccolo …?”

“Glam non è il momento di rivangare, abbiamo superato certi … melodrammi” – si ostinò a scherzare, guardando in basso, per non farsi vedere sul punto di piangere.

Geffen gli sfiorò con le dita i capezzoli turgidi, per la folata di vento, che ridiede all’ambiente una minima salubrità.

Si sollevò poi del tutto, avvolgendo Kevin, con le ali smagrite, ma tenaci, nel volere brandire qualcuno, che un tempo era stato suo e che, forse, lo sarebbe stato per sempre, in un certo senso.


Quel senso di loro, che aveva portato gioia, alternandola al rammarico più sordo e cupo, del tradimento, dell’inganno, della menzogna.

Ora sembrava davvero tutto metabolizzato, quasi dimenticato.

Geffen lo fissò, tenendolo a sé, commosso.

“Ti chiedo scusa Kevin, per averti deluso e per tutte quelle cose, che tu sai meglio di me”

“Non importa daddy … E se tu sapessi quanto mi dispiace … mi dispiace così tanto” – e si appese al suo collo, scoppiando in lacrime.

L’avvocato lo cullò, in un gesto così caro ad entrambi, che sarebbe mancato da morire a Kevin, in un futuro, che sembrava correre loro incontro, spietato ed incontrovertibile.



Louis ed Harry giunsero alla End House con Brent e Brendan, convinto, suo malgrado, dagli altri tre ad arrivarci in sella ad una bicicletta.

Nelle loro tenute sportive, i giovani sembravano a loro agio, mentre l’analista a stento teneva dritto il manubrio, caracollando nel vialetto del parco ed innescando un’ilarità scoppiettante, nel resto di quell’allegra spedizione.

“Questa è l’ultima volta!” – tuonò Laurie, mentre Brent si affrettava a disinfettargli i gomiti, lasciati imprudentemente scoperti.

Louis si tolse il casco, recuperando dalle spalle di Harry lo zainetto, contenente i rispettivi abiti – “Noi andiamo a cambiarci, addio!!” – esclamò allegro, trascinando il neo sposo verso le scuderie poco distanti.

Laurie grugnì minaccioso, ma il suo ragazzino riuscì ad ammansirlo in meno di dieci secondi, con un bacio mozzafiato.

“Mi sposerai anche se non metto i braccioli, Brent?” – bofonchiò arrossendo adorabile.

“Ti sposerei in qualsiasi modo, brontolone …”

“Lo sono? Ma dai” – rise, prendendolo per mano ed avviandosi verso il ricevimento.



Meliti parlottò insieme a Geffen, al suo arrivo.

Lula si allontanò con Tim e Kevin, che si raccomandò di non tardare: Jared aveva chiesto loro di essere presenti all’incontro con le famiglie dei ragazzi, che avevano malmenato Yari e Misaki.


“Dunque Vas e Peter sono andati sul posto?”
“Sì Glam, ci ho spedito pure Amos … Brutta faccenda, Vincent mi sembrava davvero preoccupato” – spiegò l’anziano, buttando fuori il fumo del suo sigaro.

Iniziarono a camminare, reggendosi entrambi sul proprio bastone da passeggio.

Geffen scosse la testa – “Il tuo jet mica può atterrare su di una pista di fortuna, da come mi hai raccontato”

“No, infatti useranno un elicottero, forse due: la situazione potrebbe farsi critica nelle prossime ore. Speriamo bene”

“Non dire nulla a Louis, non vorrei che si allarmasse, ok Antonio?”

“Non temere, sarò una tomba”



Tomo, alla fine, si decise a prenderlo sotto il braccio sinistro; Shannon sorrise, provando un enorme sollievo.

“Comunque” – esordì il croato, senza fermarsi.

“Cosa?” – replicò l’altro, inquieto.

“E’ stato un momento particolare, ma io non ci passo sopra, Shan, a quello che mi hai fatto, per l’ennesima volta”

Il batterista deglutì a vuoto, bloccandosi, per poi staccarsi e fissarlo.

“Ti capisco Tomo”

“Davvero?” – rise storto, aggiustandosi i capelli, dal taglio corto e scalato.
Gli stavano a meraviglia.

Da lontano, Chris ed Ivan, appena arrivati, li salutarono in piena armonia.

Leto li guardò di sfuggita.

“Forse con lui saresti stato più felice e poi Christopher è un tale schianto ed io non sono nessuno” – osservò serio.

Tomo rise.

“Mi prendi anche per il culo, adesso?” – sbottò, all’apparenza livido, ma Shannon aveva solo una paura fottuta di perderlo.

Tomo lo sapeva; gli afferrò il viso e lo baciò.

Le pulsazioni accelerarono, così i loro corpi non esitarono ad avvinghiarsi.

“Sei uno stupido Shannon Leto”

“Sono un pazzo, a correre ancora il rischio di rovinare tutto e di vederti andare via”

“Potrebbe ancora accadere” – sorrise.

“Ok Tomo … Ok” – prese fiato, poi si rifugiò nell’incavo della sua spalla – “Ho bisogno di te … di noi”
“Torna a casa, stasera e dimostramelo”

“Lo farò” – e si accese, di speranza e gioia.
“Rispettando i miei tempi, ok?”

“D’accordo …” – ed annuì convinto.
“Bene … Andiamo a divertirci ora, sono stufo di essere triste” – e si avviarono, allacciati e silenziosi, fino a destinazione.



Jared si appoggiò alla scrivania, dove Antonio si era accomodato al lato opposto, su di una poltrona piuttosto vistosa, per foggia e colore.
Un arancio vivo.

Si era creata una sorta di platea, davanti al cantante: i familiari di quei ragazzi e questi ultimi, sorvegliati da agenti in borghese e da Chris, che teneva in manette il maggiore della cricca.

“Potresti togliergliele?” – chiese gentile Leto.

“Come vuoi … E tu non fare scherzi”

Il giovane era pallido e si mise a sedere.

Geffen li squadrò nel peggiore dei modi, dopo essersi presentato come il legale di Yari e Misaki.
Kevin e Tim quasi lo sostennero, sino alla sua postazione laterale, dove già si erano sistemati Colin, i genitori di Misaki ed infine Jude e Robert, nettamente migliorati, grazie anche al soggiorno a Palm Springs.


“Vi sono grato per avere accettato il nostro invito: Colin ed io abbiamo adottato Yari in Egitto, diversi anni fa. E’ stata una scelta dettata dall’urgenza di salvarlo da mille pericoli ed una parte di noi, penso, credeva di averlo reso immune da ogni ostacolo, il che, oggi, ci appare come una grossolana ingenuità.”

Fece una breve pausa, bevendo un sorso d’acqua, che Farrell gli porse con un sorriso, affiancandolo.

“Yari non era come i nostri bambini, sapete? Insomma era così diverso, malnutrito, sporco, disperato: era uno dei tanti orfani, abbandonati per strada a loro stessi, da persone ignobili, che mai si sarebbero occupate di lui, così come avremmo potuto evitarlo persino noi, girandoci dall’altra parte, schivando il nugolo di ragazzini in cerca di elemosina, dove lui, peraltro, soccombeva a chi era più robusto, anche se di poco … Ciò mi colpì al cuore, perché era l’ultimo, tra gli ultimi … Era discriminato persino tra gli emarginati ... La loro cattiveria smosse qualcosa dentro di me e fui determinato a portarlo con noi, a fargli conoscere i nostri figli, che lo accettarono subito, con il loro tipico entusiasmo e senza alcuna ritrosia … Credo di essere stato vittima di un’illusione, ma volevo nutrire fiducia nel prossimo e non vincolare ogni suo passo alla presenza di bodyguard, che peraltro non ci mancano: Yari non doveva pagare il prezzo della mia celebrità o di quella di mio marito Colin, non doveva accadere, per la sua serenità, per non farlo sentire nuovamente un diverso

Una donna in prima fila alzò timidamente la mano – “Posso chiederle quanti figli avete …?”

“Certo” – Jared arrise al suo quesito – “Sono undici, di cui cinque naturali ovvero James, Henry ed i gemelli Thomas e Ryan, concepiti da Colin e poi c’è Isotta, la mia principessa … A proposito, venite avanti …”

Il loro colorato clan varcò la soglia, riunendosi tra il nonno e zio Geffen, che li salutarono premurosi.

“Come potrete notare manca solo Yari … Ecco signora, suo figlio ha causato la sua assenza … E così di Misaki, a cui noi vogliamo un mondo di bene … Lui e Yari sono andati a convivere, seppure siano poco più che adolescenti, ma sono maturi, eccellono negli studi e negli sport, ci danno soddisfazioni immense … Eppure né io, né Colin, abbiamo voluto soccombere al dolore ed alla rabbia, nel vederli feriti e costretti in un letto di ospedale per qualche settimana, non solo per colpa sua, ma anche degli altri tre suoi amici … In fondo la scena si è ripetuta e Yari non è riuscito a difendersi, oggi, come allora nella sua terra natia … E temo che anche i vostri figli non saprebbero farlo, se condotti in un carcere, anzi, se già sono incazzati con la vita, l’odio che ha corroso in parte la loro indole, li condannerà completamente” – affermò serio.

Nessuno proferì una sillaba, lasciandolo concludere.

Jared prese quattro buste ed un plico – “Qui dentro c’è del denaro e qui la denuncia, che Colin ed io non abbiamo ancora controfirmato … Il primo potrebbe salvare i vostri ragazzi dalla delinquenza, ricondurli a scuola, garantendo un futuro migliore, mentre la seconda, segnerebbe il loro destino … Yari ha avuto un’opportunità incontrandoci … Sapete, ho imparato che il rancore fa marcire il bello che è in noi e cancella ogni nostra buona azione pregressa, perché ci porta a commettere degli errori, ad allontanarci da chi amiamo, persino a vergognarci di noi stessi … Ed io mi sarei vergognato a morte, se mi fossi lasciato prendere dall’ira, provando a vendicarmi di ragazzini, dei quali avrei potuto essere il padre … Ciò nonostante, dovrete dimostrarvi all’altezza di questa chance, ma potete anche rifiutarla e la legge farà il suo corso. Se accetterete, degli assistenti sociali vi seguiranno per i prossimi sei mesi, relazionandomi sui vostri progressi”

Gli sguardi tra William, Larry, Charles e Duncan, questi i loro nomi, furono esaustivi.

Così la gratitudine dei rispettivi familiari, che si alzarono, per andare vicino a Jared e Colin, così da ricevere quel dono prezioso ed inatteso.


I coniugi li invitarono altresì ad aggregarsi ai festeggiamenti, ma nessuno di loro si sentiva a proprio agio per accettare.


Una volta soli, Colin strinse Jared con energia, baciandolo dolcemente.

“Se tu non ci fossi, dovrei inventarti … Penso di avertelo già detto un milione di volte Jay”

“Una in più non guasta” – bisbigliò, prendendo il cellulare dalla tasca dell’attore – “Voglio chiamare Yari”

“Glielo dirai? O lo sapeva già?”

“Non sa nulla, Colin e mi auguro non si arrabbi …” .

“Fidati di lui … E’ un tipo in gamba, sai? L’ha cresciuto un certo Jared Joseph Leto” – rise solare, accarezzandogli i capelli.

“E’ andata bene solo perché c’era al mio fianco un tale Colin James Farrell, hai presente? … A proposito, pare che oggi sia il suo b-day … Ormai è vecchissimo!” – e ricambiò la sua risata argentina, non senza baciarlo nuovamente ed a lungo.









martedì 25 febbraio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 252

Capitolo n. 252 – zen



Shannon inciampò un paio di volte, prima di arrivare alla porta, dietro la quale Jared lo stava sollecitando ad aprire, dopo averlo avvisato telefonicamente della propria visita.

A prima vista, in quella suite, sembrava passato un ciclone.

Il cantante afferrò la bottiglia di vodka, dimenticata sul tavolino del soggiorno, per poi dirigersi in bagno, ove ne versò il contenuto nel lavandino, non senza sentirsi addosso le proteste biascicate del fratello.


“Cazzo non ho voglia di farmene portare un’altra dal servizio in camera …” – farfugliò debole, affossandosi in poltrona, dopo essere stato insultato.

“Mi spieghi cosa risolvi in questo modo, eh Shan?!” – sbottò acre.

“Non saprei” – ridacchiò alterato – “Owen mi lascia vedere Julie due volte al mese … ora anche Tomo mi concederà lo stesso con Josh … Loro sono anche i miei figli!” – ruggì sul finale, scaraventando il telecomando della tv al plasma, sul pavimento in marmo lucido.

Jared annuì, tirando su dal naso e guardandosi intorno, sconsolato.

“Pensavi di cavartela? In qualche modo?”

Shannon lo fissò un po’ storto, poi divenne triste.

“Non mi perdonerai mai davvero … Giusto Jay?” – domandò svuotato.

“No, l’ho fatto. Sei così sbronzo da essertene dimenticato?”

“Assolutamente no … anzi … Ma era troppo bello per essere vero”

“Mi sto sforzando e credo di farlo al meglio, sia con te che nei riguardi di Colin” – ribatté serio.

Il batterista scosse la testa, tormentandosi le gote ispide.

Era trasandato e forse non si lavava da un paio di giorni, pensò Jared.

“Ora vieni, devi farti una doccia e poi usciamo”

“Per andare dove, Jay? Lasciami in pace …”

“Tu non conoscerai pace, finché ti comporterai in questo modo” – e lo afferrò per un braccio, provando a sollevarlo.

“In quale? Ragionando solo con i miei coglioni?!” – esclamò livido e disperato.

Jared lo scaraventò sul divano – “Appunto! Giusto Rice, è un ottimo esempio!!”

I toni schizzarono al soffitto.

“E tu mi avresti perdonato??!”

Jared strinse i pugni – “NO! SEI CONTENTO ADESSO?!! E FORSE FINCHE’ NON MI DIRAI PERCHE’ LO HAI FATTO NON ACCADRA’ MAI ACCIDENTI SHAN!!”

Ci fu come una pausa, statica, senza respiri.

Erano belve inferocite, sanguinanti, così lontane da quel tempo in cui erano cuccioli, pronti a dare la vita l’uno per l’altro.

Era come avere spento la luce e non riuscire più a trovare l’interruttore, girando per la stanza, inesorabilmente a vuoto.


Il suono del cellulare di Jared ruppe l’aria.
Era Colin.

Jared prese fiato, poi rispose, inserendo l’altoparlante.

“Tesoro dove sei?!” – la voce di Farrell era concitata.

“Al residence con Shannon, perché?” – bissò in allarme, con una brutta sensazione allo stomaco.

“Yari e Misaki sono stati aggrediti, siamo in ospedale, ci sono Steven e Scott” – spiegò veloce.

“Co cosa …? Sono feriti?”

“Yari un braccio rotto e Misaki una gamba, poi dei lividi, ora li hanno sedati, perché erano sofferenti …” – ed iniziò a piangere.

Shannon nel frattempo si era sciacquato la faccia, indossando jeans, maglietta ed infradito, cercando le chiavi dell’auto, nei cassetti del comodino.

Jared aveva appena chiuso la chiamata.

“Guido io, tu sei troppo sconvolto, ok?”

“Shan … i … i ragazzi …”

“Ho sentito, ma andrà tutto bene, te lo prometto! Andiamo, muoviamoci”

Per Shannon era un’abitudine, sin da bambini: rassicurare Jared.
Il suo piccolo Jared.



Geffen salì dal reparto oncologico, accompagnato da Mason.
Hugh si unì a loro in ascensore, grattandosi la nuca, nervosamente.

“Bullismo omofobo … Questa piaga è insanabile, anche se siamo nel 2021 miseria” – masticò amaro.

Jim gli diede una carezza tra le scapole, mentre Glam avvisava Antonio.

Nel corridoio del reparto di traumatologia, venne loro incontro Tom.

“Chris mi ha appena avvertito … Li hanno già presi: uno di loro, quello maggiorenne, ha provato ad usare la Visa di Yari in un negozio di dischi”

Geffen sbuffò – “Prima pestano due ragazzini e poi vanno a comprarsi dei cd? Maledetti schifosi” – ringhiò, facendo poi un cenno a Colin, che li raggiunse immediato.

“Jared sta arrivando” – disse quasi tremando.

Scott gli diede un leggero sedativo, invitandolo ad accomodarsi nella sala di attesa.

“No, voglio stare con Yari … Ti prego”

“Ok, seguimi, voi restate qui”

“Glam potresti dirlo tu a Jared, appena arriva?”

“Certo Colin, vai tranquillo …” – e provò a sorridergli, con la morte nel cuore.
Già immaginava la reazione di Leto.

L’avvocato rammentò il modo in cui Yari piombò nelle loro vite e di come la coppia gli chiese aiuto, per salvarlo dalla miseria e dall’accattonaggio, durante una vacanza in Egitto.

Si commosse, chiedendo dell’acqua, che Tom gli porse immediato.

“Anche tu dovresti prendere un valium …” – il terapista sorrise e Geffen gli accarezzò i capelli.

“Tu sei un angelo … Ed io ho già così tanta morfina in circolo, da aprire una rivendita …” – scherzò mesto.


I passi di Jared irruppero in quello scambio di battute.

Steven lo condusse subito da Yari e Colin, mentre Laurie venne avvicinato dai genitori di Misaki, che timidamente chiedevano spiegazioni.

Erano stati avvisati dalla polizia, entrambi sul posto di lavoro, abbandonato all’istante per sincerarsi sulle condizioni del loro adorato ultimogenito.



Harry posò la valigetta, controllando i messaggi in segreteria.

Lo studio era semi deserto, a causa di una riunione degli associati, alla quale lui non era stato ancora invitato.

Sylvie bussò piano ed Harry le sorrise.

“Credevo fossi di là a preparare i caffè”

“Simpatico Styles … Sei un buffone”

Il giovane inarcò il sopracciglio sinistro – “Sei di cattivo umore ed io un cafone, a quanto pare” – disse a denti stretti.

Lei avvampò.
“No, scusami Harry, è che dormo male in questo periodo … E non sono stata bene stanotte”

“Mi spiace, dovresti fare dei controlli, forse lo stress, gli orari, i pasti saltati …”

“No, di quelli ne faccio in abbondanza … Ok, ti lascio, torno ai miei faldoni, ho quasi terminato con il nuovo archivio” – replicò imbarazzata, senza che Haz ne comprendesse la ragione.

C’era tensione nell’aria e lui provò a stemperarla.

“Lascia perdere i tuoi dossier, andiamo a berci qualcosa … Tanto qui non combiniamo più niente” – le sorrise complice.

“No, meglio di no …”

“Come vuoi … Ti accompagno a prendere Alain? – e nel proporlo, Harry fece cadere dalla tasca della giacca una brochure.

Era del centro adozioni.

Sylvie la raccolse con una sorta di guizzo.

“Volete adottare un bambino?” – chiese di botto e stranita, come se avesse visto un fantasma.

“Ci … ci stiamo pensando con Louis, lo desideriamo tantissimo … Forse più io di lui” – ammise sincero e solare.

“Certo …”

“Sei sicura di stare bene?”

“Mai stata meglio Harry … Ci vediamo domani, buona serata” – e si defilò, come se fosse una ladra.



“Papà …”
Era così debole, ma appena vide Jared, Yari sorrise.

“Amore mio” – sussultò lui al suo capezzale.

La loro era una simbiosi unica e particolare.

Dal primo momento, da quando si scelsero, in mezzo a quella strada polverosa.

Colin, al lato opposto del letto, lo confortava, ma era Jared il punto di riferimento per Yari, da quando sbarcò a Los Angeles, magro e spaurito.

In un certo senso, Leto si rivedeva in lui, nel medesimo contesto.

“Era … era solo un bacio papà …”

“Non stancarti tesoro … Un bacio? In che senso …?” – e guardò Colin di rimando.

“Con Misaki … Lui sta bene vero?” – tossì.

“Sì, non preoccuparti”

“Giura su Isotta” – sorrise amorevole.

“Lo giuro su Isy …” – e gli diede un bacio sulle tempie.

“Ora devi dormire …” – “Sì papà Colin … ok …” – e crollò nel sonno nuovamente.


“Dio mio … E’ per un bacio, che sono stati picchiati?”

“Temo di sì Jay … Ora torniamo dalla nostra famiglia … Diamo la buona notizia che Yari è fuori pericolo”

“Lo è stato?”

“I medici temevano lesioni interne … Per via dei calci, ma ci sono solo un paio di ematomi sotto lo sterno … Non te l’ho detto, per non angosciarti, ma Steven mi ha confermato che il nostro Yari scoppia di salute …” – sorrise con gli occhi lucidi.

Si abbracciarono e Jared quasi perse i sensi, ma poi si fece forza ed uscì, senza vacillare.



Il tenente Hemsworth arrotolò il plico, nascondendolo dietro la schiena.

“Dammelo subito Chris” – sibilò Meliti.

“Antonio datti una regolata”

“Che succede?”
“Oh Glam, ciao, glielo dici tu di farsi da parte almeno stavolta?”

“Lì ci sono i nomi di quei porci! Tu sai che io posso arrivarci anche senza i tuoi beneamati fogli da fare firmare a Jared e Colin per la denuncia formale, vero??”

“E’ un mio arresto e si fa come dico io, ok?” – ribatté schietto il poliziotto.

“Dammeli ed io sarò caritatevole …” – e serrò le palpebre.

“Torna dalla tua neonata, da tua moglie, da Tony jr e lasciami lavorare, cazzo!” – bissò Chris a muso duro.

“Hanno bisogno di una lezione e tu questo lo sai … Chi tocca i miei nipoti, muore” – decretò l’anziano patriarca, senza scomporsi.

Sopraggiunsero Colin e Jared, oltre ai coniugi giapponesi, che avevano trovato Misaki in buone condizioni generali.

Hemsworth li aggiornò.
“Oh eccovi qui … Sono quattro, uno ha diciannove anni ed è al distretto, in attesa di cauzione, mentre il resto della banda è sotto i sedici anni … Il tribunale minorile ha convocato i familiari …”

“Hanno quindi un padre ed una madre …” – esordì Jared.

“Sì, a quanto pare …”

“Voglio incontrarli”

Farrell lo scrutò – “Jay, ma cosa vuoi fare?”

“Lascia che ci pensi io” – si intromise Antonio.

“Nonno so che sei in buona fede, ma vendicarsi non migliorerà la situazione e non rimetterà in piedi, come se nulla fosse accaduto, sia Yari che Misaki … Ci penserò io, insieme a Colin ed ai genitori del fidanzato di nostro figlio … ok?” – e gli cinse i polsi, con una dolcezza, che colpì Meliti.

“Come vuoi … Hai la mia piena fiducia Jared”

“Ti ringrazio … E così voi, che non ci avete fatto mancare il vostro sostegno in queste ore terribili”

Nel contempo, si erano aggregati anche Hopper, Rossi ed i relativi compagni.

Kurt rimase in un angolo, a parlare con Shan, tenuto tra le braccia da Tomo, accorso immediatamente.


Jared prese per mano Colin ed uscirono, preceduti da Chris, che li avrebbe scortati sino alla centrale, senza ulteriori esitazioni.





 YARI





 MISAKI

lunedì 24 febbraio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 251

Capitolo n. 251 – zen



Louis fu svegliato dalle carezze di Harry.
Il compagno, assonnato e caldissimo, lo stava baciando nel collo, dove aveva dimenticato le proprie labbra dalla sera prima, dopo avere fatto l’amore con Boo almeno due volte.

I suoi singulti arrivavano al cuore del giovane, ormai rapito da ogni sua attenzione scabrosa, che lo invadeva tra le gambe, nella bocca, opprimendo dolcemente il suo corpo più esile, rispetto a quello di Styles, sempre più palestrato.

Ci teneva ad essere al meglio per il suo Louis, ma anche per un misto di vanità personale, di cui non si vergognava affatto.

Era cambiato.
Come Louis del resto.

“Dobbiamo impegnarci, sai …? Per il nostro bambino ... Boo sei così … Dio mio!” – gemette forte, traboccando nell’altro, con il vigore dei suoi anni acerbi, ma consapevoli.

Louis aveva perso il senso del tempo e dello spazio.

Tutto ruotava intorno ad Harry e lui ne era felice.
Le paure le aveva lasciate alle spalle.
Forse.



Brent era indeciso tra una cravatta rosso cardinale ed una seconda blu notte.

“Quale scelgo?” – rise, scrutando poi il fratello piuttosto silenzioso, durante quello shopping fuori programma.

“Ehi, sei qui con me, Boo?”

“Scusami Brent è che pensavo a stamattina, ad Harry” - ed arrossì.
“Ah, la faccenda dell’adozione …” – replicò perplesso.

“So che non ti convince la cosa Brent …” – e storse le labbra, facendo scorrere una fila di giacche appese.

“Queste le guardiamo dopo … Dai vieni, andiamo a berci qualcosa.”

Scesero al bar del centro commerciale, colorato di gente e chiasso.

Si accomodarono, ordinando bibite e patatine.

“Quindi Harry vuole un figlio” – esordì l’ex capitano.

“Sì, ma anch’io lo voglio” – precisò schietto Louis, controllando il cellulare.

“E’ la decima volta … Aspetti una telefonata?” – Brent rise solare.

“No … Cioè non saprei, ho scritto a Vincent, ma niente, anche se so che è difficile comunicare, me lo aveva detto … E sono preoccupato”

“Volevi confidarti con lui sull’argomento? Dovrai accontentarti di me, fratellino” – scherzò, non senza una punta di gelosia.

“Ma dai … E’ che la zona in cui si trova è pericolosa … Ho sentito alla tv che c’è una guerriglia …” – bissò triste.

Brent lo scrutò.

“Sei ancora così legato a lui … A Lux intendo”

Boo annuì sincero – “Mi è stato accanto in un momento delicato, ha preso il posto di Haz, di papà … Forse anche il tuo, ero terribilmente solo, mentre ora …” – e si illuminò.

“Non per questo devi dimenticare Vincent, io questo lo capisco, credimi” – ribatté sereno.

“Non accadrà mai … Per il progetto con Harry, comunque, non voglio affrettare i tempi … Lui dice che avrà presto una promozione allo studio, con un aumento di stipendio … Insomma è cresciuto così in fretta, ma sono io quello più vecchio

“Tuo marito è sempre stato precoce o sbaglio?”

“No, Brent … Non ti sbagli …”



Colin domrì nell’ala ovest anche quella notte.

Con Jared avevano avuto una lunga discussione, appena tornati da Palm Springs.
I toni, dapprima pacati, si erano via via infervorati, quando il confronto andò ad incagliarsi su Kurt.

Il gesto del leader dei Mars, poteva sembrare una semplice vendetta, ma in realtà andava ben oltre.

Nella sostanza ed in una forma assai deprimente, Farrell paragonò la loro situazione ad una nave da crociera, che si ostinava a solcare un mare dai fondali troppo bassi e pericolosi.

Gli scogli rappresentavano le tentazioni, ma si poteva oltremodo richiamare la bellezza della barriera corallina, in cui si intrecciavano i reciproci tradimenti, con persone avvenenti e sensuali, quali appunto Kurt, Kevin, Justin e Jimmy, amanti addirittura di entrambi in coniugi, in un passato mai così vicino e devastante.

Glam e Shannon, invece, rappresentavano un discorso a sé stante.

Un oceano dove, senza alcun appiglio, il loro matrimonio rischiava di affogare definitivamente.


Inutile fuggire, questo giro e tanto meno apporre l’ennesima rappezzatura, con un’adozione.

Di bambini a rischio di divorzio genitoriale, ce n’erano già a sufficienza, gli aveva urlato contro l’irlandese.
Quest’ultimo, se mai si fosse illuso, comprese sino a che punto, il loro rapporto aveva subito una frattura insanabile, dopo Shan.

Le iridi di Jared lo trafissero ed il peso delle colpe, su quella metaforica bilancia, oscillò dalla parte di Colin.
Per l’ennesima volta.



L’arrivo di Geffen allo studio, fu una gradita sorpresa per i suoi collaboratori.

Aveva lasciato alla villa Jude e Robert con le cucciole, Diamond e Camilla, accompagnate da Pamela, Xavier e Derado, per ricongiungersi ai padri convalescenti e terribilmente felici di poterle riabbracciare.


Sylvie e Flora lo accolsero entusiaste, portando tè e pasticcini, nell’ufficio di Glam, che nessuno osava occupare.

“Fateci almeno un archivio gente” – propose allegro l’avvocato, mentre Hopper e Denny lo aggiornavano sommariamente sui casi recenti.

Sylvie piazzò sotto al naso di Glam i vari dossier, puntando i dolci sul vassoio, senza sapere resistere.

“Noto con piacere che non badi più alla dieta” – Geffen rise e lei avvampò, smettendo di masticare regolarmente.

“No, è che non ho fatto colazione …”

“Non ti strozzare Sylvie e non fare caso a me, ormai sono un brontolone … E comunque non sono mica qui per lavorare, mi sono ritirato, queste scartoffie ve le lascio volentieri …” – aggiunse più mesto.


Marc riempì le tazze – “Ecco qui, come delle megere inglesi … Non era meglio un brandy o dello champagne?”

“Per me sono vietati … o quasi” – sottolineò con un’espressione delusa Glam, assaggiando una ciambella alla crema – “Deliziosa … Denny che fai, digiuni?”

“No, è che devo andare in tribunale, se mi macchio sarebbe un guaio …”

“Figurati, abbiamo decine di cambi, vero Flora?”

“Sì, abituati com’eravamo ai tuoi macelli Glam …” – replicò con una commossa tenerezza.

Geffen sospirò – “Tutto cambia, mia bella signora …Tutto.”



Jared stava assemblando un enorme puzzle.
Era stato ricavato da una foto ingrandita di lui, Colin ed i bimbi: al termine ne avrebbe potuto fare un quadro da appendere.

Diecimila pezzi.
Diecimila frammenti di loro.

Se ne stava al centro della camera dei giochi, dove venivano scartati i doni di Natale, in ginocchio sul parquet.

Quella stanza rappresentava un posto magico, almeno per lui.

Le finestre erano spalancate ed i lunghi tendaggi avorio, sembravano danzare, nella brezza di maggio inoltrato.

Colin lo osservò per circa cinque minuti, poi chiese permesso.

“Scusami, volevo solo avvisarti che sto per uscire Jay … Ho una riunione agli studi” – mormorò educato.

Leto fece un cenno, senza distrarsi, ma tirando su dal naso, il volto nascosto dai lunghi capelli castani, dai riflessi dorati.

“Vorrei fosse pronto per il tuo b-day Cole … mancano tante tessere … A volte non riesco a ricomporre, ciò che mi sembra semplice … Come la tua faccia … od il tuo sorriso …” – balbettò sul finale, come soffocato da un odioso nodo alla gola.

Farrell si piegò, inginocchiandosi a propria volta, alle sue spalle, con il timore di toccarlo.

Accadeva di rado, ma il senso di colpa sembrò frenare il suo innato istinto a dargli un conforto, anche se, magari, non richiesto o gradito.

Sbagliava.

Nella sua mente, Jared, pregava ogni singolo istante di riavere la sua comprensione, anche se una parte di lui detestava Colin e, come in quel mosaico di cartapesta, continuava a non comprendere i motivi di quel tradimento insieme a Shannon.

Il batterista, in compenso, aveva preferito trasferirsi in un residence sulla costa, in attesa che Tomo cambiasse idea sulla loro unione spezzata senza appello.

Il suo tentativo di calmare il croato era miseramente fallito.
Il chitarrista, infatti, non intendeva passare sopra quell’atto di puro egoismo, di insana follia, di cui Shan si era macchiato, privo di giustificazioni valide.


Perdonarsi sarebbe stato così bello eppure la tela era stata deturpata dalla loro scelta di non fermarsi, di non cadere: Tomo sembrò irremovibile, ma Shan non avrebbe rinunciato a lui tanto facilmente.


Così Farrell a Jared, con i suoi zigomi tremanti, appena il tepore di quel mattino li sfiorò, evidenziando delle rughe di espressione appena accennate, ma che lo facevano sembrare ancora più sofferente.

Arrendersi a quell’emozione, nonostante il terrore di ricevere un rifiuto, di ascoltare l’ennesima invettiva, sembrò a Colin l’unica soluzione per non smettere di respirare, sedando le fitte nelle tempie e nel petto, dove il suo cuore reclamava la possibilità di andare avanti, dopo avere fatto mille sacrifici, per non perdere Jared.

Il suo Jared.

Scivolarono di lato, intrecciandosi gambe e braccia, baciandosi con un abbandono speculare e bellissimo.

Infine si guardarono, raccogliendo dal pavimento due sezioni di un fotogramma, custodito da quel tempo, in cui nulla era impossibile.

Diversamente non sarebbero arrivati dov’erano in quell’istante.
Nel bene e nel male.
Anzi, nel peggio.

I profili collisero, armoniosi e perfetti.

Jared si asciugò una lacrima, poi una seconda.

“Ci hai ritrovati subito, Cole …”

“Ritroverei il tuo sorriso, tra mille facce Jay … Questo dovresti saperlo …” – sorrise lieve, ma senza più la paura di dire o fare la cosa sbagliata.

E senza neanche il bisogno di dirgli ti amo.