giovedì 26 febbraio 2015

LIFE - CAPITOLO N. 96

Capitolo n. 96 – life



Le microspie sottocutanee, di ultima generazione, fecero un ottimo lavoro.

Hotch lanciò un’occhiata a Rossi, seduto accanto a Geffen, all’interno del campo base operativo, allestito presso la Fondazione umanitaria, fondata dall’avvocato, ormai in fibrillazione, quanto Kevin, per le sorti di Lula e Pepe.

“Hai sentito daddy? Lula è vivo … Nostro figlio è vivo” – e scoppiò a piangere.

Glam lo strinse forte a sé, distraendosi solo nell’attimo in cui si accorse della chiamata da parte di Jared.

L’uomo lo aggiornò velocemente, destando in lui ed in Farrell un moderato entusiasmo.

Il fatto che soldino fosse in coma da mesi, non prometteva nulla di buono sulle sue condizioni di salute.

Scott e Steven stavano arrivando da Los Angeles, con il primario di rianimazione, un luminare per quei casi disperati, che espresse già molte perplessità, ancora prima di decollare verso l’isola.

Geffen, però, non voleva smettere di sperare.

Una seconda telefonata lo fece trasalire: era Lux.

“Sì, dimmi tutto”

“Buongiorno maldido, noi siamo a buon punto: dove ci incontriamo?”

Mendoza gli strappò il cellulare, con veemenza – “Dai qui, ci parlo io con quello stronzo!” – tuonò.

“Ciao Ernando, quale inferno ti ha vomitato stavolta?”

“Tu hai qualcosa di mio ed io di tuo, quindi non scherzare Geffen, non è davvero il caso, credimi!”

“Anche tu non dovrai farlo, sai? Ho tra le mani la tua ricchezza, ciò a cui più tieni, in base alla tua avidità proverbiale”

“Tagliamo corto! Dammi un posto tranquillo, dove effettuare la consegna, niente scherzi, se no lascerò le cose a metà, hai capito!?”

“Rivoglio solo mio figlio”

“Ti darò molto di più, se starai ai patti”

“Cosa vuoi dire, spiegami!?”

Glam non si tradì, in merito a quanto già sapeva di soldino.

“Voglio dire che tengo in ostaggio anche Lula!”

“Tu menti …”

“No, ho le prove! Alviero mandagli il video, a questo numero! Ti sta arrivando un file, scaricalo e mi crederai” – rise odioso.

Geffen lo fece, le dita tremanti, mentre teneva in viva voce la loro conversazione.

I presenti lo accerchiarono per constatare che Lula giaceva in un letto ospedaliero, attaccato a monitor e sensori, nonché un respiratore, che lo ossigenava e speciali flebo, che lo alimentavano artificialmente.

Era smagrito, fragile, indifeso e Glam fece un urlo, così drammatico, da gelare il sangue a chi lo circondava.

Kevin si sentì male e Spencer lo accompagnò alle toilette, dove il bassista si liberò lo stomaco, ma non il cuore da un rammarico tremendo.

Con gli occhi pieni di lacrime ed una rabbia ingestibile, Geffen riprese a parlare con Ernando.

“Farò ciò che mi chiederai, ma ridammi i miei bambini”

Dave e Morgan si scrutarono, forse Glam non avrebbe retto sino alla fine e l’esito dell’operazione, per incastrare i Mendoza, entrava in un margine di rischio, senza più alcun controllo da parte loro.

Appena il legale riattaccò, lo sguardo severo di Hotchner lo investì.

“So cosa stai pensando, ma io non permetterò che la facciano franca, devi credermi … Dovete farlo tutti: vi consegnerò Ernando e la sua banda, ma devo andare da solo, all’indirizzo che lui ha scelto: io so cosa devo fare.”




Colin gli spazzolò i lunghi capelli, dopo una doccia insieme, silenziosa e senza baci, dove restarono comunque abbracciati, per tutto il tempo.

“Sei dolce …” – mormorò il cantante, seduto con lui al centro del letto.

“Mi sto prendendo cura di te, Jay, ne avrai bisogno, più che mai, a breve” – disse piano l’irlandese, senza smettere quei gesti così delicati ed attenti.

Leto corrugò la fronte – “Cosa vuoi dire …?” – e sorrise a metà.

“Immagino gli scenari futuri ed anziché incazzarmi, il mio intento, sin da ora, è quello di aiutarti a superare un dispiacere, qualcosa che ti farà male: ho faticato a capire il meccanismo, di ciò che ti sto spiegando sai? Forse e ripeto forse, ho imparato cosa vuole dire essere realmente altruisti e generosi, quando si ama qualcuno, anche se potrei sembrarti arrogante”

Jared lo fissò a quel punto – “Sei vago unicamente su di un dettaglio, perché il resto l’ho compreso Cole e te ne ringrazio …”

“Non ci metterai molto ad arrivarci … Glam e Kevin, appena ritroveranno il loro Lula, come credi reagiranno? Mi spiace per Tim, verrà spazzato via come una spiga nel vento … radici troppo deboli”

“No, ma aspetta, lui e Kevin hanno appena adottato Layla”

“Sì, è chiaro che sarà un trauma, che ne discuteranno, però Kevin non potrà restare lontano da Geffen, diverrà il suo idolo, per l’ennesima volta, senza contare che”

“Che cosa?” – e perse un battito.

“Jay tu lo sai meglio di me, appena abbiamo incrociato Tim alla villa di Glam”

“Ok, ok, probabilmente Kevin e Glam hanno … hanno trasceso, erano sconvolti, anche Tim li ha capiti, li ha perdonati!”

“Quindi ne avete parlato, tu e Tim? Mi pare evidente”

“Ma sì, sì, lui si è confidato con me, forse per caso, forse perché gli ho dato una spalla su cui piangere”

“Potrebbe essere tuo figlio, nostro figlio, è lampante che tu volessi consolarlo, ma dimmi cosa hai provato, appena hai saputo di  loro?” – chiese incisivo.

Il leader dei Mars incrociò le braccia sul busto esile, ma palestrato.

“Nessuno sorpresa, Glam è fatto così, travolge tutto e tutti come un caterpillar”

“Una riflessione amara …”

“Glam si prende ciò che vuole, che sente essere suo, non importa delle conseguenze, lui non cambierà mai” – affermò risentito.

Farrell sorrise rassegnato, ma con estrema dignità – “Così ognuno di voi … Kevin, Robert, tu … amore mio” – e gli diede un bacio caldo sulla tempia sinistra, poi si alzò.

“Dove vai Cole?”

“Sul divano, non sopporto di dormirci, lì, su quel materasso, tra quelle lenzuola, anche se Geffen ha fatto cambiare tutti i mobili. Scusami” – ed afferrando una coperta di filo multicolore ed un cuscino, passò nel living, senza che Leto si muovesse; non subito.




L’oscurità dava alla scena un contorno ancora più angosciante, se mai fosse stato possibile.

Geffen scese dall’Hummer.
Solo.
Come voleva Ernando.

Alle spalle del malavitoso, si palesarono quattro dei suoi tirapiedi.
Oltre loro Vincent, Jerome, Dimitri e Peter, che teneva per mano Pepe, in fermento perché poco distante da lui c’era il suo papà.

Il suo super eroe, che era andato a riprenderlo.
Come ogni promessa mantenuta, qualcosa di rassicurante, che ti rimette in pace con il mondo.

Glam ci stava pensando, con il cuore spezzato a metà per la gioia di vederselo lì, a pochi passi, che avrebbe bruciato e la preoccupazione per le sorti di Lula, per il quale avrebbe dato la vita.

Già la vita, così ricca di brutti scherzi, di sortilegi.
Di imbrogli, come disse Mendoza.
Stupidi imbrogli.


“Geffen, lo riconosco, tu hai del fegato” – lo accolse Ernando, con un tono sprezzante.

“Ho ciò che ti serve e ti ci porterò personalmente, a garanzia della mia buona fede: tu farai altrettanto con i miei figli, vero?” – chiese asciutto, fissandolo senza scomporsi.

“Sì … Riprenditi il nino, ma ci andremo ora, al mio oro, non posso aspettare, quindi o te lo porti appresso o”

“Non sarà necessario” – lo interruppe Lux, facendosi avanti con gli altri tre, al suo seguito, oltre a Pepe.

“Dove credete di andare?”

“Noi ce ne andiamo” – aggiunse Jerome – “… portiamo in salvo il piccolo e vi lasciamo con Glam: lui saprà cavarsela, vero?” – e puntò l’amico.

Geffen annuì.

“Sono tuoi complici, dunque?” – ruggì il bastardo.

“Sono brave persone, che hanno assolto ad un compito fondamentale: aiutarmi a salvare Pepe … Vieni qui amore”

“Papà!!” – e gli volò tra le braccia.

Gli scagnozzi di Mendoza alzarono le armi, ma Ernando gli fece un cenno secco.

“Quelle non servono, senza le sue informazioni non risolviamo nulla! Allora andiamo Geffen sì o no?!”

“Dimmi dov’è Lula!”

“Come posso fidarmi di te?! E se poi cambiassi idea??!”

“Ti giuro sulla testa dei miei figli che non lo farò! Avanti parla e non mentirmi!”

“D’accordo! Alviero portaceli tu, vai con loro e ci rimarrai finché non saremo tornati, ti va bene come contro garanzia Geffen??!”

“Perfetto …” – sibilò, posando a terra Pepe – “… tesoro vai con gli zii e questo signore, sarai al sicuro ok?” – e gli sorrise, con la morte dentro.

Quel relitto di Alviero valeva zero ed era perfettamente sacrificabile, per Ernando, questo lo avevano capito tutti.

“Muoviamoci!”

“Hai un motoscafo?” – domandò Glam, seguendoli.

“Certo, ne ho sempre un paio pronti a salpare: sarà un viaggio lungo?”

“No … Imposterò le coordinate sul navigatore direttamente io, ok?”

“Fai pure e non pensare di fregarmi Geffen!” – ringhiò, spingendolo a salire su una delle loro jeep.

Jerome e gli altri salirono sul blindato lasciato nel piazzale da Glam e ripartirono, per raggiungere Rossi e la sua squadra: con loro sarebbero andati da Lula, ma non prima di avere consegnato Pepe a Jared e Colin, al sicuro.

Una strategia riuscita solo al cinquanta per cento, sino a quel momento.
Dovevano accontentarsi, senza coltivare inutili illusioni sull’onestà di Mendoza.

Purtroppo.




L’aroma di latte e biscotti gli invase le narici.
Era quasi mezzanotte.

Colin grugnì qualcosa, il volto affondato nel cuscino.

“Sei comodo?” – domandò leggero Jared, posandogli un bacio tra le scapole, sulla schiena nuda.
Aveva un profumo così buono, la sua pelle dorata.

“E’ già ora di colazione?” – si lamentò.
Aveva preso un sonnifero blando, per sedare il nervoso ed il senso di colpa, per non essersi coricato accanto al marito.

“No, è ora di fare pace, Cole” – e lo baciò sulla bocca, percependola salata.

Farrell aveva pianto.

“Non … non abbiamo litigato” – arrossì, sentendosi inerme ed in balia di quegli zaffiri, incantati dalla visione che Leto aveva di lui in quell’attimo.

C’erano solo un paio di faretti accesi in cucina, il riverbero era soffuso, verso quel punto distante, dov’era stato sistemato un sofà molto ampio e dalla foggia ultra moderna.

“Invece sì … In un modo strano, perché tu non volevi discutere, ma aprirmi il tuo splendido cuore e lasciarmi tutto il posto necessario, affinché io non mi sentissi solo, Colin”

“Era mia intenzione, infatti” – e si sollevò su di un gomito, scrutandolo.

“Questi li vuoi?” – e con un cenno, Leto indicò il vassoio.

“No, sei tu ciò che voglio, Jay” – e, sporgendosi lento, arrivò a baciarlo, nel collo, poi sul mento ed infine sigillò le loro labbra, mentre gli sollevava la maglietta, portandoselo sopra.

“Vuoi farmi l’amore?” – chiese il moro, senza smettere di baciargli il petto tatuato.

Accadeva di rado, di scambiarsi i ruoli, ma la loro intesa sessuale era completa, da sempre.

Con le dita frementi, Jared si abbassò i pantaloni della tuta: non aveva nulla sotto e con altrettanta frenesia iniziò a prepararlo, cercando un gel nella sacca da viaggio, rimasta su di un tavolino, a portata di mano, fortunatamente.

Nel frattempo non avevano smesso di baciarsi, famelici, scalpitanti nella loro reciproca virilità.

Jared gli scivolò dentro, dopo un paio di spinte, piuttosto decise ed era così, che Colin lo desiderava sentire.

Vivo e suo.
Appartenergli in quel modo, così arrendevole, lo mandava in estasi, la stessa, che l’attore leggeva negli occhi del compagno.

Questi, con esperienza e naturalezza, cominciò ad accarezzarlo forte, tra i rispettivi addomi, fatti di carne pulsante ed uno stillicidio di sudore terribilmente sensuale.

Vennero a più riprese, senza bastarsi mai.

Sino alla fine.








martedì 24 febbraio 2015

LIFE - CAPITOLO N. 95

Capitolo n. 95 – life



Nuvole.

Al di sotto il vuoto, al di sopra un cielo, del colore dei suoi occhi, fissi, su di esso, così come quelli di Glam, erano concentrati su Jared, da qualche attimo.

Era bellissimo.
Con i suoi capelli lunghi, la barba accennata, ma ben curata.

Lui e Geffen erano speculari, ma a modesta distanza.

Al loro fianco, dormivano rispettivamente Colin e Kevin.

Il tempo sembrava essere tornato indietro.
In maniera folle e pericolosa.




Tim si asciugò in fretta le lacrime, detestava essere compatito, anche se l’occhiata di Richard, apparso improvvisamente in cucina, era del tutto affettuosa e comprensiva.

“Neanche tu riesci a dormire?” – chiese paterno.

“No … E poi devo dare da mangiare a Layla, così come tu stai per fare con Veronica” – replicò abbozzando un sorriso.

“Sì, ci fanno fare dei turni massacranti, le nostre principesse, ma se hai bisogno di aiuto Tim non hai che da chiedere” – propose sorridente.

“Ok … Ne terrò conto” – e tossì, cercando lo sterilizzatore.

“Volevi questo?”

La voce di Niall si intromise tra loro, in modo allegro – “L’ho dovuto nascondere dai gemelli di Glam, volevano giocarci a tutti i costi” – spiegò poi, porgendolo a Tim.

Le loro dita, sotto quell’elettrodomestico, si sfiorarono, così i loro sguardi acerbi.

“Ti ringrazio, si sono tremendi”

“Come il loro padre, che poi sarebbe anche il mio” – Ricky rise, dosando il latte in un biberon.

“Già, bella differenza di età” – notò Horan, ricevendo una gomitata leggera da Tim, che rise sotto ai baffi, complice, mentre l’amico arrossiva come un peperone.

“Sì, bel casino” – il primogenito di Geffen stette al gioco, senza scomporsi.

“Comunque tutti da copertina!” – Niall peggiorò la situazione imbarazzante, dimostrando quanto l’avvenenza di Richard lo avesse colpito da subito.

“Belle le mamme, passabile il papà … Se mi sentisse il mio vecchio ahahahh”

“Oddio non ne dico una giusta” – sussurrò il biondino e Tim si sentì come sollevato da un peso, in sua presenza.

Per qualche minuto, non aveva più pensato a Kevin ed alle recenti delusioni, metabolizzate anche per il bene della figlia, appena adottata.

“Ok io salgo, voi che fate?” – domandò l’architetto.

“Torno da Mark, sarà già in pensiero, è un po’ ansioso e meno male che insegna psichiatria” – scherzò, moltiplicando le sue gaffe.

“Preparo la pappa a Layla e vada in camera di Pamela, l’ho lasciata da lei, è bravissima con i neonati …”

“Sì Tim, è un po’ la mamma di tutti” – osservò Ricky assorto, poi si congedò.




Fecero l’amore a lungo, contemplandosi, gli occhi lucidi, tremolanti, stringendosi per i polsi, le mani, mentre Jude affondava ritmico, tra le sue gambe, schiuse con il proprio mondo al suo, che si univa a lui, con infinito amore e partecipazione.

Una sinergia di ansiti, senza parole, ma unicamente baci, distacchi, altri baci, poi un gemito, reciproco, più intenso, a lacerare l’aria.

Law lo sollevò, incrociando le braccia dietro la schiena di Robert, portandoselo a sedersi addosso a sé, che avrebbe voluto portarlo via da tutto quel dolore.

“Tu sei qui … sei qui Rob” – ripeteva, fissando nello specchio poco distante, le loro figure madide, toccando il compagno sotto alle scapole, scivolando poi veloce agli incavi, sopra ai suoi glutei sodi.

Downey era in piena estasi, non si erano ancora lasciati andare, Jude era dentro di lui e tornò a muoversi, nuovamente eccitato, forse anche da quell’immagine così sensuale di entrambi.

“Ju Jude mio Dio …”

Le falangi affusolate dell’inglese gli cinsero la nuca e si infilarono tra le sue ciocche folte e scure.

“Non ti lascerò più andare via, sai?” – e gli sorrise, per poi baciarlo e venire, copioso, in un rinnovato orgasmo così assurdamente profondo e devastante.




Ernando Mendoza andò ad aprire personalmente la blindata, poco persuaso dalle parole di Alviero, che lo seguì come un cane al guinzaglio.

Jerome e Vincent, vestiti di bianco, dai Borsalino a tesa larga, alle scarpe, gli sorrisero raggianti nei loro completi griffati, molto in contrasto con l’abbigliamento trasandato di Dimitri, messo di lato e quello più sobrio di Peter, a chiudere quella strana comitiva.

“Che onore, il grande zio di Alviero in persona! Avete licenziato la servitù?” – li salutò Jerome, con un’aria da mascalzone, pari solo a quella sfoggiata da Lux, che con disinvoltura fece un passo avanti, guardandosi intorno e togliendosi il cappello.

“Bel posticino amigo, è tutto tuo qui?” – chiese altrettanto sfacciato.

“E sarebbero questi i tuoi amici americani Alviero?” – chiese acido il boss, facendoli accomodare.

“Ce certo zio, sono anche amici di Dimitri, è lui che me li ha raccomandati, perché risolveranno tutti i nostri problemi, te lo assicuro!” – affermò inquieto.

“E lui sarebbe?” – ed indicò Peter.

“E’ il nostro uomo di fiducia” – spiegò pronto Jerome – “… Ognuno ha il sovietico che si merita, no?” – e gli strizzò l’occhiolino.

“Capisco … Ok, sentiamo cosa avete da vendermi: posso offrirvi un drink?” – e passarono in salotto, notando del movimento in veranda.

“Costanza porta via i bambini!” – esclamò Ernando e Pepe stampò il nasino sulle vetrate, cogliendo al volo un cenno di Vincent.

Il cucciolo di Geffen era molto sveglio e non tradì alcuna emozione, scappando via insieme agli altri, verso la piscina, scortato dalla babysitter.

Jerome si accomodò, mentre Lux restò in piedi.

Peter e Dimitri piantonarono l’uscita, cercando di cogliere ogni minimo dettaglio intorno, come stava facendo l’ex poliziotto.

“Noi siamo persone per bene, investiamo, monetizziamo” – esordì Jerome, accendendosi un sigaro, senza chiedere il permesso a nessuno.

“E allora?”

“Abbiamo saputo del tuo tracollo, Ernando, a ventiquattro carati, hai presente? A New York sei davvero famoso in certi ambienti” – Jerome ridacchiò, buttandogli il fumo quasi in faccia.

Mendoza strinse i braccioli della poltrona, posta accanto a quella del transalpino, senza perdere la calma – “Cosa sapete, veramente?”

“Tutto ciò che serve” – sussurrò Vincent, aprendogli sotto al naso una valigetta.

Il contenuto fece sobbalzare Ernando.

“Dove l’avete trovato?!”

Un lingotto di oro purissimo.

“Controlla il numero di serie, prima di scaldarti” – gli suggerì Lux.

“Presto Alviero, prendi l’elenco nella mia scrivania, avanti muoviti!” – ruggì.

Con quel foglio tra le mani, Mendoza sembrò loro un assetato nel deserto, in vista di un’oasi inattesa.

“Sì eccolo … 02565 …”

“E questi sono i numeri sulle casse … Sei, esattamente, tutte ben sistemate in un luogo più che sicuro: tu non hai idea di cosa abbiamo dovuto fare per trovarle” – affermò Jerome.

“Sì, corrispondono anche questi codici …” – inspirò sollevato – “… non state mentendo, come potreste?”

“Questo lo tengo io” – Vincent richiuse la ventiquattrore – “… fa parte del nostro quaranta per cento” – e rise.

“Trenta!” – sbottò Ernando fissandolo.

“Quaranta e non discutiamo oltre, se non di una spiacevole faccenda, che dovrà risolversi e subito, se vorrai arrivare al tuo tesoro, è chiaro?” – disse con durezza Jerome.

“Quali faccende?!”

“Prima ti abbiamo spiegato quanto sia stato complesso avere queste informazioni”

“Sì, posso capirlo”

“Ebbene tu sai chi è Geffen, vero? Ci tiene in pugno”

“Cosa?!”

“E’ lui che ci ha fornito la prova, è lui che ha trovato il malloppo, non sappiamo come, ma ci è riuscito” – spiegò Lux.

“Maledizione!! Come è possibile, quello è un demonio, allora sono vere le voci su di lui!! Deve avere parlato con Lula, non so come, telepaticamente, forse!!” – sbraitò Mendoza, scattando in piedi.

Vincent e Jerome si guardarono.

“Telepaticamente? Cosa intendi? Lula è morto, da quanto ne so” – Jerome lo fronteggiò.

“Non proprio, è un … E’ stato, un grosso imbroglio …”

“Spiegati, sono curioso”

“Quella bomba, alla fondazione Geffen, doveva servire solo a creare un diversivo per rapirlo: il bimbo doveva conoscerla quella maledetta data, la sapete la storia, vero?”

“Sì, le coordinate per arrivare al bottino, questo lo so, perché è Geffen che ce lo ha detto, pretendendo ovviamente qualcosa in cambio, ma se anche Lula fosse in vita, noi non vogliamo entrare in rapimenti di minori od omicidi del genere, sia chiaro! Infatti dobbiamo consegnargli Peter, detto Pepe, ecco la sua foto, a me sembra fosse lì fuori, cinque minuti fa”

“Certo, era lui, ma per Lula … Non che non sia in vita, come hai appena detto tu, però è come se lo fosse … Morto o quasi: è in coma, da mesi, da quando lo abbiamo portato via dall’obitorio, grazie ad un nostro contatto interno, che si accorse di come il nino fosse tornato a respirare … Una morte apparente, anche se era gravissimo: non avete idea di quanto ci sia costato tenerlo attaccato a quei macchinari, li abbiamo dovuti procurare tutti, è stato un delirio, una corsa contro il tempo!”

Lux intervenne a quel punto.

“Mi sono accordato io con Glam: abbiamo un appuntamento, dobbiamo riportargli Peter e lui ci consegnerà la mappa completa, con la data e tutto il resto; se dovesse fare scherzi, alzeremo la posta, rivelandogli ciò che tu ci hai appena raccontato di Lula, che ne dite?”

“Sì, ottimo piano, del resto sarà la nostra carta vincente, che ci metterà al riparo da qualsivoglia sorpresa da parte sua: è un maledetto, Geffen, non ci si può fidare di lui” – Mendoza sorrise bieco, versandosi altro whisky.

“Ok ora lo chiamo”

“Ma è a Port au Pirnce?”

“Certo Ernando, ci ha preceduti di un paio di giorni, per recuperare la prova di quanto diceva”

Ovviamente Vincent stava mentendo: durante il volo, una squadra dell’FBI aveva raggiunto una minuscola isola dell’arcipelago di Haiti, repertando la refurtiva e fornendo il lingotto al team di Hotch, appena il jet di Geffen atterrò in città, oltre a tutti quei numeri, che esaltarono Mendoza, convincendolo sulla buona fede di quei due stranieri dall’accento parigino.

“Sì, tutto quadra, ora contattalo, io faccio preparare il nino, non gli abbiamo torto un capello, avete capito?! Diteglielo!”

“Sarà fatto, non temere.”




Jared accese il frigorifero, sistemando le provviste.

“A Pepe piacciono i budini alla vaniglia, sarà felice di trovarli” – disse sereno il cantante, mentre Farrell osservava gli arredi del loft.

Quel posto lo ricordava bene: lì aveva incontrato Syria e non solo.

Le memorie brutte, Colin, avrebbe voluto invece cancellarle, come i messaggi, che un tempo Leto elencava sulla lavagnetta magnetica.

Sans souci.

Quella scritta era, però, rimasta.

“Avresti dovuto venirci da solo con Glam … qui intendo” – esordì lieve.

“Come scusa, amore?”

Farrell si girò di scatto a guardarlo – “Questo posto, perfetto per nascondere Peter, appena sarà liberato, lo sarebbe stato anche … anche per voi, in un certo senso” – sottolineò, con pacatezza: non voleva litigare.

Jared gli si avvicinò.

“Questo posto, come lo chiami tu, è stato testimone di eventi di ogni genere … Qui, tu ed io, ci siamo perduti e ritrovati … Certo, è stato speciale per Glam ed il sottoscritto, se lo negassi sarei uno squallido ipocrita e tu meriti quanto di meglio io possa offrirti Colin, anche con i miei limiti, del resto è reciproco” – replicò dolce amaro.

“Vorresti farmi credere che abbiamo raggiunto un equilibrio, finalmente?”

“Non lo so Colin, forse non voglio neppure saperlo … Quando mi tieni tra le tue braccia, io ritrovo me stesso e ti scelgo … Ti scelgo ogni fottutissima volta” – ed i suoi zaffiri vennero inondati dall’emozione.

Era sincero.

Farrell lo afferrò per i fianchi, attirandolo a sé, per baciarlo irruente e focoso.

Stava bruciando dentro, in ogni muscolo, in ogni cellula, dal cuore al cielo, incendiato da un tramonto indescrivibile.

        





lunedì 23 febbraio 2015

LIFE - CAPITOLO N. 94

Capitolo n. 94 – life



La nonna di Lula avanzò tra i presenti, a sorpresa, sotto braccio a Sebastian, che la fece accomodare su di una poltrona, quasi al centro della stanza, dove Geffen aveva appena concluso quella sorta di riunione.

“Alaysa deve dirvi una cosa … E’ importante” – affermò il fratello di Pamela ed i presenti annuirono, tornando a sedersi a loro volta.

“E’ per la data … La data di nascita di soldino …” – prese un lungo respiro e Glam le porse dell’acqua.

“Grazie …” – sorrise, fissando il vuoto – “… Mia figlia, vedete, si innamorò della persona sbagliata, la peggiore potesse capitarle di incontrare a Port au Prince … Il suo nome era Samuel, Samuel Riveira e lavorava per i Mendoza …” – fece una pausa e deglutì a vuoto.

“Era un loro affiliato oppure un semplice collaboratore?” – domandò l’avvocato con calma.

“Era un disgraziato, che comunque godeva della loro fiducia: provvedeva ai lavori sporchi e con Tamara vaneggiava che sarebbe diventato un boss, prima o poi e che avrebbe anche sbaragliato la concorrenza … Un pazzo … Eppure lei lo adorava e quando rimase incinta la seconda volta, nell’arco di pochi mesi, dopo avere dato alla luce Josh, lui si sentì in dovere di arricchirsi, a discapito di chi gli stava dando un lavoro, uno sporco lavoro certo, ma, ad essere sinceri, lui e la mia bambina non se la passavano male …”

“E poi cosa accadde?” – chiese Rossi, prendendo appunti sul suo tablet.

“Durante la gravidanza, Tamara iniziò ad avere dei dubbi e si confidò con me: Samuel era diventato taciturno, guardingo, era lampante che si fosse messo nei guai o che tramasse un piano degenere e così avvenne … Rubò un carico di lingotti d’oro, un pagamento, che un cliente dei Mendoza, di New York credo, aveva inviato a copertura di un’enorme partita di cocaina purissima”

“Immagino di valore notevole” – intervenne Hotch.

“Certo” – confermò Alaysa, guardando nella sua direzione – “… Milioni e milioni di dollari, probabilmente l’affare più redditizio capitato a quei delinquenti”

“E Samuel ha nascosto la refurtiva?” – disse Read.

“Sì, infatti … Tamara venne ricoverata, per le doglie, la nascita di Lula era ormai prossima e fu anticipata per delle complicazioni: la sottoposero a taglio cesareo e morì sotto ai ferri, mentre quell’incosciente la lasciò in ospedale, con la promessa di tornare al più presto … Con un motoscafo avrebbe trafugato il bottino e le confidò che la sua destinazione era stata suggerita dal lieto evento: quel giorno e quel mese, stavano per diventare le coordinate per raggiungere un’autentica isola del tesoro”

“Una di quelle dell’arcipelago intorno ad Haiti?” – insistette Spencer.

“Esattamente”

“Alaysa, ma lei non conosce questo giorno, possibile?!”  - Glam si infervorò.

“Sì, lo conosco e se avessi saputo cosa avevano in mente quei bastardi, avrei impedito il rapimento di Peter e di Lula … Mi auguro non sia troppo tardi: il diciotto luglio, un pomeriggio afoso, soffocante, durante l’estate del 2010.”




Niall si tamponò il volto, scrutando poi l’immagine di sé e Mark, riflessa nello specchio, di uno dei bagni di villa Geffen.

“Mi dispiace piccolo …”

“Per cosa?” – Horan inspirò, ripiegando il telo.

“Per prima, per lo stress di avere incontrato Matt” – anche Ruffalo prese fiato.

“Ti emoziona ancora così tanto incrociarlo?” – chiese un po’ brusco, voltandosi per poi appoggiarsi al lavabo.

“No, no è che pensavo a te, a quello che è capitato al matrimonio di Glam e Robert!” – replicò turbato, afferrandogli le braccia nude e muscolose.

Niall si appese a lui, improvvisamente impaurito.

“Miller mi detesta e se penso che ho persino rinunciato a denunciarlo, commuovendomi per la sua storia personale”

“Tesoro tu sei stato fantastico, compassionevole, però lui è una minaccia e non capisco come mai Geffen se lo sia portato sino a qui e con quel Dimitri poi!”

“Glam sa quello che fa … C’è in gioco la vita dei suoi figli ed è pronto a giocarsi il tutto per tutto”

Ruffalo scosse la testa, sorridendo affettuoso – “Un altro fan di Glam, posso capirlo”

“Temo ne abbia pochi tra i matusa della nostra famiglia, Geffen è l’idolo degli sbarbatelli” – e rise, canzonando il fidanzato più maturo.

Tornarono a stringersi forte, baciandosi alla fine, senza più poterne fare a meno.




Robert gli chiuse la ventiquattrore, appena rimasero da soli.

“Ora tutto è chiaro, Glam …” – esordì a mezza voce, provando a controllare il respiro.

“Sì, tutto molto semplice, vero?” – replicò lui concentrato su mille idee.

“Hai una strategia?”

“La sto elaborando e penso davvero che Vincent e Jerome facciano al caso nostro, come neppure potevo supporre all’inizio di questa avventura, Robert” – e lo guardò, intenso, allacciandosi il giubbotto.

“Tutto ciò che fai, lo è … Rocambolesco” – sorrise amaro, riuscendo a stento a reggere quei turchesi vividi.

“Vai da Jude, rassicuralo ed abbi fiducia in me: non posso permettermi il lusso di fallire, sai?”

“Glam …”

“Già vedo il momento, in cui correrai verso Pepe e lui verso di te” – Geffen chiuse le palpebre – “… e vi vedrò felici, due delle creature, che amo di più al mondo” – gli accarezzò le guance arrossate, mentre lo diceva, convinto.

“Grazie per farmi sentire al sicuro” – e si allacciò a quel busto solido, pregando che Glam lo avvolgesse nelle proprie ali.

Un’aspettativa, che mai il suo ex avrebbe disatteso: soprattutto in questa occasione.




“Colin che intendi fare? Andiamo con loro, potremmo servire?”

Leto era ultra agitato.

Il consorte gli dava retta, ma le sue intenzioni erano ben diverse.

“Perché dovremmo metterci in pericolo, amore?”

Jared si morse le labbra – “Perché Glam lo farebbe, senza pensarci un solo secondo” – bissò secco ed algido.

“Sì … E’ … E’ ovvio”

Tante cose lo erano.




Matt gli spostò il ciuffo di capelli dalla fronte spaziosa.

Dimitri sorrise mesto.

Erano ancora ammanettati, anche ai piedi, ora.

Vas gli aveva sistemati sui sedili posteriori dell’Hummer, sotto la vigile sorveglianza di Peter, piazzatosi davanti con lui.

“Poteva andare peggio …” – mormorò il sovietico.

“E come?”

“Potevano farci fuori … A borsettate”

Miller ridacchiò composto – “… Dio, tu che fai battute, oggi nevicherà a Los Angeles”

“Anch’io so essere simpatico, quando voglio …”

“Ed anche un po’ discriminante, non pensi?”

“Io non sono una checca” – puntualizzò il mercenario.

“Nessuno di loro lo è” – bisbigliò Matt, notando che Vas li stava ascoltando.

“A me piaci tu, di questi non mi frega un cazzo, sia chiaro” – ringhiò.

“Che tu sia gay o meno, temo sia l’ultimo dei nostri problemi, Dim”

“Sì, ovvio”

“Comunque grazie … sei dolce, a modo tuo” – ed intrecciò le loro dita.

“Se lo dici tu”

“Io … io ti amo e mi mancherai, pregherò che tutto si risolva”

“Tu sogni ragazzino … Questo è un viaggio di sola andata”

Miller impallidì.

“Se mai arriveremo al covo dei Mendoza, non ne usciremo vivi per raccontarlo, Geffen ha sbroccato, non abbiamo speranze”

“Ma ci saranno gli agenti dell’FBI”

Dimitri rise di gusto – “Penso che ci siano più sbirri nelle fondamenta di quel bunker a cielo aperto, che al cimitero di Quantico, sai?”

“Volete tacere?!” – ruggì Vas – “E per tua informazione, siamo usciti da casini peggiori”

“Forse tu ed il tuo amichetto, ma quegli idioti in giacca e cravatta, che il massimo rischio lo corrono quando entrano in palestra e scelgono la velocità sbagliata sul tapis roulant, come pensi se la caveranno?” – chiese sarcastico.




“Io devo andarci, lo capisci Tim?”

Kevin stava parlando alla sua schiena: il marito era intento a cambiare Layla, su di un fasciatoio attrezzato con quanto indispensabile per il cambio di un neonato e fatto allestire da Geffen, come il resto della nursery, principalmente per Veronica, l’ultima nipotina.

“Certo che lo capisco, si tratta di Lula, l’amore” – Tim chiuse gli occhi, senza voltarsi – “… vostro figlio, tuo e di Glam”

“E tuo, amore!” – ribatté deciso, girandolo a sé, con un gesto d’impeto, mentre la cucciola sgambettante li osservava.

“De devo darle il biberon” - balbettò teso il più giovane.

Il bassista sorrise triste – “Sei un genitore fantastico Tim, lo sei da sempre, anche di Lula, il suo terzo papà, non puoi negarlo”

“Sì, non posso … Non devo …” – ed appoggiò la fronte, stancamente, sulla spalla sinistra dell’altro.

“Io ti amo Tim …” – sospirò Kevin, affranto da presagi cupi e soffocanti.

Quel viaggio avrebbe riservato delle brutte sorprese, ne era certo.




Jude lo cullò per alcuni minuti.

“Non hai mangiato nulla, Robert …” – gli disse lieve, le labbra tra i suoi capelli ancora più corvini che brizzolati.

Sapeva di buono, del suo shampoo preferito, di quell’acqua di colonia leggerissima, come la sua anima, nel candore di una sensibilità smisurata, che Law amò dal primo istante.

Downey era così tante cose, per lui, affascinato anche dai suoi sbagli, dalle sue passioni incondizionate.

Quella per Glam era sconfinata, oltre modo vivida e presente.

A Jude non importava, lui voleva unicamente la sua bocca, sigillata alla propria, a condividere la stessa aria, le medesime pulsazioni.

Bastava il suo cuore, per entrambi, per alimentare ciò che si era ritrovato e che, purtroppo, rischiava nuovamente di perdersi.

Forse.





 TIM