lunedì 31 marzo 2014

ZEN - CAPITOLO N. 269

Capitolo n. 269 – zen



Harry affondò un altro bacio, nella bocca di Louis, mentre i propri fianchi facevano lo stesso, tra le sue gambe tremanti.

Boo era stremato e felice.
Il marito lo aveva amato sino all’alba, nella piena tranquillità del loro loft, dov’erano tornati insieme a Petra.

“La nostra bambina … E’ incredibile”
Styles non smetteva di ripeterlo.

La piccola dormiva tranquilla, dal baby control nessun segnale di capricci.

Era stupenda anche sotto quel profilo, almeno per quella prima notte, nella casa dei suoi nuovi papà.
Quella parola inorgogliva entrambi ed Harry, in giacca, cravatta e ventiquattrore, dopo colazione, li aveva salutati con un piglio disinvolto, ma anche navigato, almeno agli occhi di Louis, che lo guardava andare in studio.

Sembrava che quella scena si ripetesse da anni, mentre invece era unicamente un giorno.
Uno dei tanti, che la coppia si augurava di rinnovare, vedendo Petra crescere, non senza un fratellino.
Harry lo disse subito a Louis, nell’entusiasmo del ritorno a casa.

Il futuro paleontologo era in piena caos emozionale, ma non certo per la loro riconciliazione.
Quella lo rendeva appagato e sereno.
Era ben altro, che ancora gli dava ansia, nonostante le rassicurazioni sciorinate da Lux al telefono, come una cantilena, la sera precedente, quando Petra volle dare la buonanotte al suo zio preferito.

Lo scambio di battute tra gli adulti fu velato di imbarazzo e costernazione.
La solidità di Vincent era solo apparenza ben costruita, ma Louis sapeva che il francese non ci credeva affatto.
Era ancora troppo presto.



I suoi occhi azzurro cielo puntavano una cosa qualsiasi, da quando l’affarista si era seduto in poltrona, all’altro capo della scrivania di Hugh Laurie.

Lo psicologo, nell’assoluto silenzio di quella seduta, quasi giunta al termine, un po’ prendeva appunti, un po’ guardava il soffitto ed infine Lux, in totale scena muta.

Lo sguardo liquido, di chi aveva pianto, le dita intrecciate, nervose, il respiro mozzato, appena un pensiero particolare si affacciava alla sua mente, di certo rivolto a son petit, ma che non gli usciva per nulla.

“Ok … tempo scaduto …” – mormorò Laurie, perplesso.

“Ti ringrazio …” – Vincent si alzò lento – “Posso tornare lunedì?”

“Come no, siamo sempre aperti” – sorrise a metà.

La porta si schiuse ed in corridoio stazionava Mason, pronto per andare a pranzo con il compagno, che gli fece un cenno benevolo.

Lux scivolò via.


Nasir giocava con i cubi di plastica, rubati al nido dell’ospedale.
Jim e Hugh preferivano tenerlo lì, vicino a loro, raggiungibile in qualsiasi pausa o cambio turno.

Erano realizzati, alla vista di chiunque ed isolati in un mondo a parte, nell’interagire amorevole e piuttosto inconsueto, per chi conosceva Laurie.

Certo il suo sarcasmo e l’ironia mai mancavano anche al cospetto di Mason, che si sarebbe dispiaciuto ed allarmato del contrario, però le espressioni tenere dell’analista, rivelavano il suo attaccamento puro al consorte, fatto di mille gesti e premure, quasi impercettibili, ma concreti.

“E’ stato un po’ assurdo, sai Jim, anche se non è il primo paziente che se ne sta zitto in questo modo …” – quasi si lamentò, rammaricandosi di non avere fornito un sostegno adatto a Lux.

“Deve sbloccarsi o forse non accadrà mai, però insieme a te si sentiva al sicuro, compreso insomma … O no?”

“Chi può dirlo …? Varcata la soglia, Vincent ha nascosto il proprio dolore dietro agli occhiali scuri ed ad un sorriso di circostanza, mentre ti salutava educato, vero?”

“Sì, è gentile, lo si capisce da mille dettagli, anche se di certo è stato una canaglia, magari quando faceva il poliziotto … “

“Louis, volente o nolente, gli ha spezzato il cuore, punto”

“Non con intenzione, forse perché troppo giovane …”

“Il fatto è che Louis ama Harry e viceversa o … quasi”

“Quasi?! Che dici?” – Mason rise poco convinto.

“Ha messo incinta Sylvie, insomma ci ha provato, ha sperimentato, ha curiosato nelle mutandine di un’avvenente mamma single, senza pensarci troppo! Interroghiamoci su questo fatto o meglio, che lo faccia Louis!” – affermò perentorio, ma a bassa voce.

Jim scosse la testa – “Lo ripeto, sono poco più che adolescenti, insomma non possiamo ritenerli adulti, nonostante Harry sia un talento e Louis ad un passo dalla laurea … Devono crescere ed accumulare ulteriori esperienze”

“Non ora che hanno Petra: ti rendi conto del gesto di Lux?”

“E’ stato paterno, ha confermato la sua devozione a Louis, anzi all’idea di volerlo felice, anche nelle vesti di padre, anche se non insieme a lui”

“Ed i Re Magi portarono doni al bambinello!” – Laurie ringhiò.

“Te la prendi troppo, hai una cotta per Vincent?”

“Eh?? Cosa c’era nel tuo caffè?!” – e gli diede un bacio intenso e meraviglioso.

Jim sentì le farfalle nello stomaco, dopo tutti quegli anni gli sembrò un miracolo.
Così come le risa gioiose di Nasir, che l’oncologo mise velocemente tra sé e Hugh, stringendoli entrambi, con infinito affetto.



Il ragazzino gli aprì, sorridente e composto.

Geffen inspirò, esitando un attimo, poi entrò.

“Mi chiamo Hiroki, benvenuto”

Il legale lo scrutò – “E sei nipote di Kiro, davvero?”

“Figlio di sua sorella”

“Sì, capisco … Permesso …”

“Prego”

Su di una tv al plasma scorrevano immagini di una fioritura straordinaria, rosa e bianca, una distesa immensa di alberi.

“Sakura, lo spettacolo di primavera dei ciliegi di Tokio, io vengo da lì …” – spiegò.

Il giovane indossava dei pantaloni in lino, poco sopra la caviglia ed una t-shirt, entrambi bianchi, camminava scalzo sul parquet lucido ed aveva un buon profumo.

Era bellissimo e fragile, come quei fiori, pensò Glam, seguendolo.

“Faccio strada, se hai sete o fame, non hai che da chiedere”

“Solo un po’ d’acqua, ti ringrazio” – chiese allungandosi poi su di un letto senza cuscini o lenzuola, se non quello che rivestiva il materasso, ampio e comodo.

Hakiro gli procurò un guanciale, recuperandolo da un baule in legno massiccio.

Gli arredi erano scarni, ma di pregio.

Probabilmente il tempo per le pulizie era esiguo.
L’ordine dominava ogni dettaglio.

“Faccio in un secondo Glam … che nome strano”

“E’ un acronimo …” – replicò distratto.

“Il mio significa abbondante gioia, ma anche forza”

“E tu sei così Hiroki …?” – lo guardò dritto negli occhi scuri, come quelli di Robert.

“Ci provo” – e scrollò le spalle.

“Qui ci sono i soldi …” – Geffen glieli porse, un po’ a disagio.

Hiroki sembrò contarli, ma solo con le iridi attente – “Ma sono troppi …” – e fece per restituirgliene una parte.

“No, tienili pure … E non farti strane idee, non pretendo nulla di più, di quanto Kiro mi ha accennato …” – e deglutì a vuoto.

Hiroki arricciò il naso – “Lo zio Kiro dice che tu sei un virtuoso, ma adesso mi ricordi uno scolaro il primo giorno di scuola” – disse limpido, senza provocazione alcuna.

Geffen rise – “Mai fatto cose del genere, anche se tuo zio mi sta aiutando, per questo cancro, per i dolori, capisci?”

Il giapponese annuì – “Dopo il trattamento di oggi, ti sentirai meglio, anche se per pochi giorni”

“Giorni? Addirittura?”

“Sì, però brucerai prima la tua vita Glam … Questo lo sapevi?”

“Non mi importa … Non voglio diventare il peso di nessuno”

“Forse esageri … Vado e torno, spogliati, avrai caldo, puoi tenerti l’intimo oppure toglierlo, cerca di essere a tuoi agio” – e gli passò un telo di spugna candido.

In fondo al corridoio c’era una mensola.
Sopra di essa il necessario per preparare una dose di eroina pura.
Una merce tanto illegale, quanto preziosa, per chi la spacciava.
Kiro era uno di questi.

Hiroki si riavvicinò a Geffen.

“Ok … L’iniezione puoi farla dove vuoi” – e gli mostrò gli avambracci segnati.

Il giovane sembrò commuoversi, mentre si inginocchiava al centro del materasso.
Posò un bacio su quella pelle martoriata, lasciando Glam un po’ stranito.
Era dolce nei suoi modi gradevoli, ma non impostati.

Solo il laccio emostatico infastidì l’avvocato; era troppo stretto.

E doveva esserlo anche Hiroki, se solo lui avesse avuto l’azzardo di scoprirlo, fisico permettendo.
Glam era a pezzi.


“Ora rilassati … Che bei tatuaggi …”

Geffen socchiuse le palpebre, sentendosi pervadere da un calore piacevole.

“Tu ne hai?”
“Alcuni, sì … Posso?” – e lambì l’asciugamano, posato sui fianchi di Geffen, con le dita affusolate.

“Certo …” – bissò lui, flebile, come impaurito.

Le labbra di Hiroki erano morbide.
La sua bocca, caldissima.

Sapeva come dare piacere ad un uomo, l’aveva imparato presto.

Il patrigno lo adorava, così che quel loro legame divenne sempre più torbido, da quando Hiroki aveva sedici anni.

Fu straziante lasciare la città natale e quella persona, così matura ed avvenente, il suo maestro in ogni piccola e grande cosa: nessuna violenza, nessuna costrizione.

Hiroki gli era devoto ed ogni notte si coricava insieme a lui, mentre la madre, un’aristocratica vezzosa e frigida, si imbellettava nei suoi appartamenti, per recarsi a feste, dove il marito non amava andare.

Lui scriveva, era archeologo e filosofo.

Forse l’aveva sposata più per Hiroki, suo studente, che perché realmente innamorato di lei.

Lei che li aveva divisi, minacciando di denunciare entrambi alle autorità locali.

Kiro promise un lavoro serio, ma poi Los Angeles travolse e divorò il destino di Hiroki.
Il patrigno si impiccò due mesi dopo la sua partenza.
Lui precipitò nell’inferno delle dipendenze e della prostituzione.

Kiro lo salvò, ma solo a metà.

Quello strano mestiere, in compenso, gli permetteva di vivere al sicuro da un mondo, dove si stava rovinando inesorabilmente.

Disintossicato e senza pendenze legali, Hiroki si rivelò perfetto: un pusher di alto livello.
Quello a cui unicamente tipi come Geffen, potevano accedere.



Geffen che stava venendo, copioso, ma in preda anche ad allucinazioni dai contorni incandescenti.

Hiroki gli si appoggiò sul petto e lui lo chiamò più volte Jared.
Lo strinse forte.
Infine si assopì.

Hiroki lo lavò, senza svegliarlo, poi si alzò per andare alla blindata.
Qualcuno aveva suonato.
Gli appuntamenti della giornata, però, erano finiti.

Schiuse con stupore le labbra, ancora speziate dal sapore di Glam, controllando dallo spioncino chi fosse.

Aprì.

“Salve … Io mi chiamo Jared”

“Sì, ti conosco” – lo interruppe, spostando la scollatura della maglietta verso destra, per rivelare a Leto un tatuaggio.

Provehito in altum.





 KOIKE TEPPEI è HIROKI, special guest solo per questo capitolo :)


SAKURA TIME ...



venerdì 28 marzo 2014

ZEN - CAPITOLO N. 268

Capitolo n. 268 – zen





Si era fatta sera, ma non del tutto.

Gli ultimi bagliori di arancio ed oro investirono le figure di Harry, Petra e Louis, che si tenevano per mano nel tramonto, davanti all’oceano, sopra la spiaggia, dove i loro passi lasciavano orme all’apparenza indelebili.

In una regola d’amore, che Vincent, spettatore silenzioso, conosceva bene.
L’aveva fatta propria, nel nome di son petit, di Boo, semplicemente di Louis, il ragazzo del quale si era innamorato perdutamente ed aveva lasciato andare, incontro alla felicità, insieme alla sua nuova famiglia.

Il loro congedarsi pochi minuti prima, era stato toccante.

Louis era salito alla terrazza della villa, dove Lux si era come rifugiato, dopo avere dato loro la notizia dell’adozione.

Boo gli si avvicinò, quasi timoroso.

“Vincent …”

“Mon petit” – gli sorrise, voltandosi di scatto.

Louis gli corse incontro, abbracciandolo forte, in lacrime.
Della stessa forma e luce di quelle, che albergavano nelle iridi del francese.

“E’ giusto così …” – mormorò l’uomo, più a sé stesso, che al giovane.

Si guardarono.

“Vincent …”

“Sì, lo so … L’ho sempre saputo quale era il tuo posto ed ho fatto di tutto perché tu non te ne dimenticassi mai, lo ammetto …” – sorrise amaro.

“Volevo dirti grazie, anche se non basterà mai …”

“Invece è abbastanza, perché tu sei il mio tutto Louis” – disse con dolore e tenerezza.

Le sue mani scivolarono dalla schiena di Boo sino alle sue spalle, poi ai suoi zigomi, dove Lux posò un bacio casto, così sulle palpebre del ragazzo, chiuse per non vedere quanto l’altro stava soffrendo.

“Ora vai …”

Sembrò che la voce di Vincent si unisse al vento del tardo pomeriggio, caldo, avvolgente.
Bellissimo.

Le dita di entrambi si sparsero in una carezza totalizzante, sui loro corpi, come i rispettivi sguardi, sino ad unirsi, intrecciandosi, per poi districarsi, scivolando via, le une dalle altre.

Era finita, perché tutto il resto ricominciasse.
Per davvero, questa volta.



Il telecomando fece un bip, che echeggiò tra le pareti del box.

Un paio di lampeggianti segnalarono l’apertura dei cancelli.

Un rombo devastò l’aria.

Geffen accelerò un paio di volte, godendosi quel suono, così unico.

Il muso della Ferrari avanzò con uno scatto verso l’uscita, inchiodandosi poi ad un metro da una sagoma, spuntata all’improvviso.

“Vincent …?”

“Ciao, dove stai andando?” – gli chiese stanco, le mani in tasca.

“A farmi un giro e tu? Vuoi venire con me?”

“Certo” – e salì.

Glam inspirò, stringendo il volante – “Hai ottenuto ciò che volevi?” – chiese secco, puntando i propri turchesi sulla strada, già illuminata da decine di lampioni.

“Sì”

“E’ una bella notte per fuggire … O per morire” – aggiunse l’avvocato, poi partì, sgommando.

Lux lo fissò, sconvolto per ciò che provava, non tanto perché l’amico fosse alla guida di un bolide, lanciato a tutta velocità verso le colline di Palm Springs.

Aveva ragione Glam, pensò l’affarista.
Era una bella notte.

“Ti sei fatto di qualcosa Glam?” – domandò improvviso.

“No … Non più del solito” – ridacchiò, accelerando ulteriormente.

“Sai Vincent, odio le auto con il cambio automatico” – ed afferrò il pomello, per scalare le marce – “Io amo sentirla, tra le mie mani, la vita ed il resto, sono io che decido, anche di sbagliare ed imballare il motore o spremerlo al massimo, vedi?” – ed affrontò un tornante al limite, facendo stridere le ruote sull’asfalto.

Da un cespuglio spuntarono due fari; poi il suono di una sirena.
Inconfondibile.

“Ora sì che ci divertiamo, mon ami, tieniti forte!” – Geffen scoppiò a ridere.

“Cristo fermati!” – urlò di botto Lux, come se si fosse destato da un sogno.
Od un incubo.

Geffen gli diede retta.

La figura massiccia di un poliziotto avanzò sino a loro.

Era Chris.

“Ehi … Ti hanno declassato al pattugliamento?” – lo salutò Glam, con una smorfia buffa.

“Oh cazzo … Ma cosa stai combinando? E poi lo faccio due volte al mese, per la cronaca e non ti arresto perché”

“Perché ti faccio pena?”

“Scendi e fai cambio con Vincent … Per questa volta vi lascio andare …”

“E cosa racconterai al tuo collega?” – chiese Lux.

“Che siete due chirurghi ed avete avuto un’urgenza: non mi crederà, ma fa lo stesso. Su, sparite” – e se ne andò anche lui.



Le invettive di Kevin si sentivano sino in fondo alla caletta.

“Con Tim e Lula volevamo farti una sorpresa, cenare con te Glam e cosa veniamo a sapere, una volta arrivati qui?? Che ti diverti a scorrazzare a tavoletta come un pazzo, rischiando la tua vita e persino quella di Vincent!!”

“La mia vita …? Quale vita, esattamente, Kevin?” – sibilò, guardandolo torvo, dopo essere rimasto zitto ad ascoltare il suo sfogo.

L’ex di Geffen si mise le mani tra i capelli, sbuffando esasperato – “La tua, a cui NOI teniamo terribilmente, ok?”

“Voi, sì è chiaro … Peccato che a me non freghi più un cazzo di restare su questo pianeta a marcire! Perché quello che sta andando in malora qui dentro, sono io accidenti!! E non voglio finire i miei giorni facendomi tutto addosso, ridotto pelle ed ossa, attaccato a dei monitor, a flebo e chissà quale altra diavoleria, nell’attesa che passi al Creatore, tra mille sofferenze ed imbottito di morfina, da sbavare come una lumaca!!”  - tuonò livido.

Kevin rimase fermo in piedi, nel mezzo del living, mentre Geffen era in poltrona.

Gli altri erano al terzo piano.
Vincent se n’era tornato a Los Angeles.


“Vas mi ha detto quello che”

“Vas doveva farsi i cazzi suoi!!”

“Daddy stammi a sentire, tu davvero non vedi alternative? Potrebbe cambiare qualcosa, potresti migliorare e poi io non smetterò di credere ai miracoli, non sarebbe la prima volta, Lula potrebbe”

“Lula non può più fare niente” – lo interruppe brusco.

“Questo lo dici tu …” – ed i suoi occhi tremarono di un bagliore disperato e liquido.

Lo stesso che Geffen intravide nelle iridi di Robert, spuntato sulla soglia, con Jude, Colin e Jared, che ancora aveva le chiavi.

“Oh bene, ci siete tutti, che bel convivio” – ironizzò, massaggiandosi la nuca.

Downey prese fiato, accostandosi poi a Kevin, senza smettere di fissare Glam.

Il loro contatto andava ben oltre quell’occhiata di intesa perenne.

“Ha ragione lui, non possiamo tormentarlo con i nostri egoismi, anche se si chiamano amore ed affetto” – disse l’attore, inclinando la testa leggermente verso sinistra, come ad osservare meglio le emozioni di Geffen.

“Non sono egoismi, come puoi definirli tali?” – si intromise Jared.

“Lo sono e basta, perché non vogliamo lasciarlo andare via, con dignità, rispettando il suo desiderio di scegliere quando morire … E Glam potrebbe farlo in qualsiasi istante, ne ha i mezzi, le opportunità, vero?”

Geffen tacque, abbassando il suo sguardo, come se Downey lo avesse toccato nel profondo.

“E ve lo sto dicendo perché anch’io ci sono passato, ma nessuno mi ha mai permesso di mollare … Jude e Glam, più di chiunque, anche se ognuno di voi mi è stato vicino … In ogni caso c’era una speranza, per me, Jared, mentre per Glam non ce se sono, da quanto ci è dato sapere, purtroppo …”

“Sì, ma potrebbe avere ragione Kevin, potrebbe stare meglio di quanto noi crediamo, i medici a volte sbagliano! E potrebbe guarire!” – Leto si agitò.

“No Jay … Questo non succederà … Non in questa vita” – disse sommesso Geffen.

Downey gli si inginocchiò davanti, prendendogli i polsi.

“Come stavo dicendo, tu avresti già potuto mettere in atto qualsiasi eutanasia o suicidio, Glam, ma non l’hai fatto … Ed è a questo che io mi aggrappo, al tuo bisogno di rimanere a vedere come va a finire, perché tu non sei un vigliacco” – e gli sorrise, commuovendosi.

“Anima mia … Saresti stato un ottimo legale, sai Rob? Peccato che tu non colga l’evidenza o non voglia considerare una ragione plausibile: non sono stato ancora abbastanza male, per farla finita senza più appelli”

Tim e Lula, nel frattempo, erano scesi, lasciando Harry, Louis e Petra nella loro camera, a raccontare una favola alla bimba, dopo averle dato da mangiare.

Soldino si fece largo tra i presenti, andando da Glam, che lo accolse sul petto, come se fosse la sua ancora di salvezza.

“Il mio papà deve dormire, adesso” - sembrò decretare il bimbo.

Geffen si sollevò, così Robert, che tornò da Jude.

Colin porse il bastone al suo eterno rivale, perché si reggesse con più sicurezza.


“Il vostro piano è lodevole, non posso impedirvi nulla ed in fondo non lo voglio assolutamente … Io non voglio perdervi … Almeno quanto voi, con me. Buonanotte.”









giovedì 27 marzo 2014

ZEN - CAPITOLO N. 267

Capitolo n. 267 – zen


Sylvie spiava di tanto in tanto i loro movimenti, senza peraltro essere notata, non da Harry, almeno.

Il ragazzo era troppo concentrato a saziarsi della visione e della vicinanza di Boo, nuovamente addormentato sul suo cuore, per quel ritorno verso la California.

Scott gli aveva somministrato un ulteriore tranquillante, notando in Louis una perpetua e mal celata agitazione; finché il giovane non avesse chiarito con Vincent, ciò che provava, nessuno avrebbe ritrovato un giusto equilibrio.

Di certo aveva scelto: il futuro prendeva la forma del volto innamorato di Styles, il colore dei suoi smeraldi accesi, il profumo della sua pelle.

Eppure Lux sembrava conficcato nel cuore di Boo, senza fargli alcun male, senza sanguinare.

La malinconia, l’ebbrezza dolce al pensiero di lui e di quanto aveva saputo donargli, senza pretendere niente in cambio, facevano ancora tremare Louis, come nessuno.

A parte Harry, che mai, come ora, non avrebbe più permesso al destino di portargli via Boo.
Assolutamente.



Jude e Robert si sottoposero all’ecografia mensile.
Il primo fu Downey ed appena terminò, il compagno si precipitò da lui, per aiutarlo a rivestirsi, baciandogli le tempie, amorevole.

“Tesoro, sentito qualcosa?”
“No Jude, è un esame esterno …” – e sorrise, godendosi a pieno le sue carezze, mentre gli allacciava la camicia.

“Ora tocca a me … Il medico è simpatico?” – gli chiese a bassa voce.

“Quando ti spalma il gel è una favola” – scherzò l’americano, ma Jude avvampò subito di gelosia.

Geffen li stava spiando, con un sorriso.
Era in visita a Sylvie, che aveva preferito sottoporsi a qualche analisi, prima di tornare a casa.

L’avvocato teneva in mano un bel mazzo di girasoli e quando la ragazza li vide, si illuminò.

“Glam … Che bella sorpresa”

L’uomo l’abbracciò, dopo essersi seduto sul bordo della sua lettiga.

“Come ti senti piccola?”

“Meglio, avevo solo paura per le infezioni, anche se Scott mi aveva rassicurata, però avevo delle perdite … Insomma è normale, dicono …” – spiegò senza imbarazzi, come se Geffen fosse suo padre.

“Ok, vedrai che andrà tutto bene … A proposito c’è un giovanotto che vorrebbe salutarti: gli sei mancata parecchio”

Alain entrò tenendo per mano Sveva.

“Amore mio …”

Sylvie lo avvolse con gioia, commuovendosi.

“Hai visto Alain, la tua mamma è in piena forma, era solo un’intossicazione da cibo avariato …” – disse Geffen e lei annuì, sbirciandolo tra i riccioli del suo bambino, ignaro che avrebbe avuto un fratellino, purtroppo perduto.

Sveva sistemò i fiori in un vaso, mentre Glam si congedava, invitando entrambe a Palm Springs per il fine settimana.


Robert era seduto in corridoio, a sorseggiare un caffè.
Appena si accorse di Glam, gli sorrise.

“Ehi anche tu qui?”

“Ciao Rob” – gli si affiancò, sistemando il bastone da passeggio dietro al divanetto – “Sono passato a vedere Sylvie”

“Come si sente?”

“Supererà anche questa, è una donna tenace, del resto ha imparato presto a cavarsela da sola …”

“Già, come tutti noi del resto …”

“Infatti” – e lo fissò, intenso.

Robert tossì – “E tu come stai Glam?”

“Lula mi ha dato questa … E’ un monile porta fortuna, era di sua madre, la sacerdotessa di magia bianca, ricordi?” – rivelò lasciando trapelare il suo disagio.

“Sì, la conosco la storia del nostro soldino e questa meraviglia era sua?”

“Infatti e lui me l’ha consegnata, dicendo di stringerla quando mi sentirò male, quindi presumo che le crisi, da ora in poi, peggioreranno … Certo lo sapevo già da Mason, non che sia una novità e”

“Glam calmati” – e lo abbracciò con immensa tenerezza e trepidazione.

“Scusami …” – gli mormorò nell’incavo della spalla, sciogliendosi in un pianto, carico di frustrazione.

Downey lo cullò, come se avesse sul petto Diamond o Camilla.

“Glam permettici di rimanerti accanto … Te lo chiedo per tutto ciò che ci ha unito e poi Jude è d’accordo, anzi, è determinato a non lasciarti da solo, sai?” – e lo guardò con dolcezza.

“Non sarà un bello spettacolo …”

“Jared ci ha chiesto di unirci a lui e Colin, anche nel caso tu decidessi di andare alla End House … Temo volesse dirtelo lui, però non credo sia il momento dei giochetti o dei segreti …” – rise lieve.

“Un adorabile complotto …” – ricambiò il suo sorriso, dandogli un bacio in piena fronte – “Grazie Robert … e ringrazia Jude, a nome mio … Ci penserò”

“Promesso?”

“Promesso Rob …”



Louis si fermò nel living di Palm Springs, ascoltando il silenzio intorno, frammentato dal respiro alle sue spalle di Harry, che aveva accolto la sua richiesta di andare alla villa per salutare Vincent e Petra.

Lux li stava osservando attraverso i monitor installati nella biblioteca di Geffen, dove l’amico aveva lasciato sopra la scrivania gli incartamenti richiesti dal francese e perfezionati dallo studio legale in tempo record.

Vincent scese, non senza essere passato dalla nursery, anche per prendere dal tavolino dei giochi, un disegno alquanto prezioso ed esaustivo.


“Buonasera ragazzi …”

“Ehi ciao …” – lo salutò Boo, il cuore in gola.

Styles arrise alla vista di Petra, in braccio all’affarista, concentrato, però, su Louis.

“Principessa ci sei anche tu …” – esordì Styles, andando a darle un bacio sulle manine, che la bimba gli tese allegra.

“Prendila pure Harry …” – disse Lux, passandogliela.

Lou andò a stringersi a lui invece, come un istinto irrefrenabile.

“Mon petit devo dirti una cosa … Anzi, devo mostrarvi questo, ad entrambi …” – e gli porse quel foglio, carico di colori sgargianti.

C’era un sole, un prato verde mela, c’erano due giovani, uno era Harry, con quei riccioli inconfondibili, l’altro era Louis, dal sorriso unico ed in mezzo a loro, tenuta per mano, una cucciola, di nome Petra: i rispettivi nomi li aveva scritti Lux.

“Vincent, ma …” – Boo perse un battito.
Così Haz.

“Sapete, a voi sembrerà che io abbia preso una decisione importante, però è stata Petra a scegliere … A scegliervi, come i suoi nuovi papà … Che ne dite?”

Styles sbiancò, poi si accese, incontrando l’incredulità e l’entusiasmo negli occhi di Louis, gli stessi che anche lui stava provando, dal suo cuore al suo cervello.

“E qui ci sono le pratiche per l’adozione … Dovete solo firmarle e consegnare il dossier a Flora … Credo che Harry non avrà problemi per questo” – e sorrise, ossigenandosi.

Louis gli si appese al collo, poi volle a sé anche Harry e Petra, pazzo di felicità assoluta.



Vas si fermò al semaforo.
Geffen stava scrutando il tramonto, attraverso il finestrino del lato passeggero.

“E’ estate …” – disse sommesso.

“Sì, un caldo insopportabile Glam …”

“A me non dà noia … Ho sempre freddo …” – replicò assorto ed immobile.

“Sì, capisco … Vuoi che accenda il riscaldamento?”

“No …” – sorrise esausto, bevendo una bibita energetica.

“Passiamo a prendere Lula?”

“No … Verrà con Kevin e Tim domani … Accosta un attimo Vas, per favore”

“Certo, non ti senti bene?”

“Non è per questo amico mio … E’ da tanto che ci conosciamo, vero Vas?”

“Sì, parecchi e tutti incredibili” – sorrise bonario.

“Lo riconosco … Ti sarò per sempre grato per quanto hai fatto per noi Vas … Ed avresti la mia solida e cospicua riconoscenza, se portassi a termine un’ultima missione”

“Quale, scusa?”

“Non ho ancora deciso i dettagli, i tempi ad essere sincero … L’obiettivo, in compenso, è a senso unico”

“Sembra interessante, di che si tratta?”

Geffen lo guardò, finalmente.

“Potrei non essere così coriaceo e resistente, come tutti pensano: si sbagliano di grosso ed io conosco i miei limiti, sai?”

Vas si adombrò – “Non ci vuole un genio per capire dove vuoi andare a parare Glam e la mia risposta è no!” – ribatté risoluto.

“Tu avresti fatto un lavoro pulito, sei un soldato, non deludermi, in fondo ti sto chiedendo un aiuto e potrei pure supplicarti”

“Non servirebbe Glam: io non sono un assassino”

“E non lo saresti, cazzo!”

“Chiedilo a Scott, l’eutanasia è praticata da molti medici!” – protestò vivido.

“Già fatto e lui si è rifiutato!”
“Perché ti vuole bene, come me, come tutti noi, come i tuoi figli, non potremmo mai e dico MAI farti questo Glam! Discorso chiuso.”

Ripartirono.

Geffen si ammutolì sino a destinazione.