mercoledì 30 maggio 2012

SUNRISE - Capitolo n. 121

Capitolo n. 121 - sunrise


Scott posò lo zaino ed una valigetta metallica nel living dell’abitazione di Geffen, che appena lo vide, si aprì in un sorriso ed un abbraccio caloroso.
“Ehi bell’uomo, sei di partenza?”
“Ciao Glam … sì, un mese in Congo, come ogni anno, volontariato all’ospedale pediatrico … mi fa stare meglio con me stesso.”
“Ottima scelta, ma il prossimo vieni ad Haiti, ok?”
“Ok … ti trovo in forma, dov’è il mio paziente preferito?”
“Jared sta nuotando … senti parliamo cinque minuti Scotty?”
“Certo. Mi offri un drink?”
“Analcolico spero” – e rise.
“Ovvio … Allora vivete insieme, tu e Jared?” – domandò curioso.
“Non lo so … Cioè adesso sì, ma stiamo per entrare in una vera battaglia, contro Colin o meglio il suo avvocato, una mia vecchia conoscenza, Bishop, hai presente?”
“Sì Glam … sei mesi fa sua moglie è morta nel reparto di un collega, un cancro al seno … Brutta situazione, aveva solo quarant’anni.”
“Sapevo che era malata … Il lutto temo abbia peggiorato il carattere di Bishop.”
“Di cosa hai paura Glam?”
L’uomo inspirò, notando Jared emergere e scrollarsi come un cagnolino a bordo vasca, in quel modo simpatico ed irresistibile, di cui si avvide persino Scott.
“Potrebbe distruggerlo … E’ un accusatore tremendo, il suo staff va a pescare nel torbido della controparte, senza scrupoli … Lunedì ci sarà la prima udienza, il giudice è un mio amico, ma conta poco, sai?” – rivelò preoccupato.
“Ve la caverete … Ehi ciao Jared!”
“Ciao doc … pensavo che Glam scherzasse” – e nel sottolinearlo, diede un bacio a Geffen, che lo prese sulle gambe, incurante del fatto che Leto fosse bagnato come un pulcino.
“Non capisco …”
“Credevo di sfuggire al mio controllo mensile doc!” – e rise di nuovo, cingendo le spalle di Glam.
“Hai preso le vitamine?”
“Sì …”
“Allora metti un dito qui e vediamo se sei sincero Jared Joseph Leto” – anche Scott sorrise complice.
“E’ per la glicemia?”
“Solo una goccia di sangue e questo aggeggio farà comparire sul visore collegato … ecco fatto, grazie!”
“Prego … ahi!”
“Dicevo farà comparire uno screening praticamente completo … E lo stomaco?”
“Ogni tanto brucia …” – disse Jared corrucciato, all’improvviso.
Geffen gli aveva lasciato il posto, senza però allontanarsi.
“Ok, ho l’ecografo portatile, vediamo cosa ci racconta, ti va?”
“Va bene Scott … mi stendo qui?”
“Dove meglio credi … Glam hai della carta, anche dei kleenex.”
“Sì, prendo un rotolo. Jay torno immediatamente.”
“A me questi esami innervosiscono … Anche se non sono invasivi” – mormorò Jared, guardando altrove, mentre Scott spargeva una quantità minima di gel sull’addome del cantante.
“Lo immagino” – e gli fece un occhiolino simpatico.
“Ma vai sempre in giro con questo affare doc?”
“E’ per l’Africa, spero non mi creino problemi in aeroporto come l’ultima volta.” – disse perplesso.
“Speriamo di no: posso darti dei soldi, per la scuola? Ho dei contanti …”
“Grazie Jared, meglio un bonifico, qui c’è la brochure del centro dove sto andando … Puoi farlo anche on line.”
“Contaci Scott … ehi qui fa un po’ male …”
“Un’ulcera … minima, guarda il monitor Jared.”
“Preferisco guardare Glam” – e si rivolse a lui, con uno sguardo carico di affetto ed ammirazione.
Geffen gli spostò i capelli dalla fronte, con un tocco leggero e paterno.
Scott spiava i loro gesti, trovando incredibile la loro reciproca simbiosi.
“Sarà sufficiente una terapia leggera, sono micro granuli in bustina Jared.”
“D’accordo … Oggi vado a Los Angeles e passo in farmacia … Glam mi accompagni?”
“Sì, certo, devo andare da Lula.”
“Ah ed il nostro campione come sta?”
“Scatenato … ed adorabile …” – rispose Geffen, spontaneamente intenerito al pensiero del figlio.
“Lula è una gioia” – aggiunse Jared, pulendosi dalla crema ed alzandosi.
“Mi raccomando non saltare i pasti.”
“Ho chi me lo rammenta ad ogni ora, per fortuna.” – disse sereno, ma poi cambiò umore, sentendosi stanco.
“Vado di là Glam … Ciao Scott, in bocca al lupo per la tua missione …”
“Ti ringrazio … abbi cura di te Jay, ciao.”


Tim aveva faticato a prendere sonno, quindi Kevin non volle svegliarlo, nonostante il sole fosse sorto da almeno tre ore.
Lo aveva convinto a seguirlo alla Joy’s house, nonostante un tecnico di sua fiducia avesse cambiato serrature e sistema di allarme al loft.
Con il proprio corpo era come se trattenesse quello di Tim, percorso da tremori latenti e fulminei, forse stava sognando.
Lo aveva medicato alla meglio, proponendogli di recarsi al pronto soccorso per un controllo, ma Tim, ironicamente, aveva detto che rischiava l’arresto a causa della cocaina in circolo.
L’avrebbe smaltita senza troppi problemi, lo aveva assicurato a Kevin, senza convincerlo.
La sbornia, invece, si dissolse grazie a molto caffè ed ad un paio di sandwich con maionese, tonno e lattuga, che il giovane divorò, con un entusiasmo infantile, commuovendo Kevin.
Quei sentimenti lo spaventavano.
Tim aveva una dozzina di anni meno di lui, forse non poteva considerarsi un nuovo “daddy” della situazione, anzi, Kevin non lo voleva per niente al mondo, ma il solo termine lo fece sobbalzare sul materasso, mentre stava per riassopirsi.
Guardò il palmare, trovandoci un sms del suo ex.
§ Ciao Kevin a pranzo passo alla Joy’s house per Lula: gli ho promesso una pizza da Barny. A dopo, grazie GG §
Quante cose gli aveva promesso Geffen?
Kevin ritornò al giorno del loro matrimonio: era orgoglioso di diventare il marito di quell’uomo, che nessuno era riuscito ad imbrigliare in un impegno serio e duraturo.
Sperare di fare meglio di mogli, amanti, compagne importanti, com’era stata Pamela, era un’utopia.
La sagoma di Jared sembrava muoversi come un’ombra al seguito di Glam, incidendo sulle sue decisioni, sui suoi sbagli, soprattutto.
Eppure Kevin ci aveva creduto a quel giuramento e sì, aveva sbagliato, tradendolo con Chris, poi con Jared ed infine Colin.
Con Tim nessun atto di adulterio, era già un inizio.


Jared se ne stava rannicchiato sul letto, avvolto in una coperta di pile, nudo dopo una doccia veloce.
“Scott è andato?”
“Sì tesoro … ti saluta ancora.”
“Era carino nel suo look … codino, braghe e giacca mimetici … in effetti va in guerra, anche lui.” – e si ossigenò, senza spostarsi da quella posizione, raggiunto presto da Geffen.
“Saranno felici le infermiere …”
“Credi? Secondo me è segretamente innamorato di un suo vecchio compagno di scuola” – e finalmente si girò in favore di Geffen, sorridendo.
“Scotty era due classi indietro alla mia” – Glam rise, baciandolo con una cauta passione, quasi insostenibile in presenza di Jared, del suo sapore buono.
“E scommetto che andavate per locali insieme” – sussurrò malizioso.
“Effettivamente era un vantaggio portarsi appresso un tipo come Scott, uno schianto direi ahahhah”
Jared si morse il labbro inferiore, folgorando Glam con una smorfia inquietante.
“Sei fottutamente sexy anche così mr Leto” – e massacrandolo di solletico, Geffen lo tempestò subito dopo di baci struggenti.


“Mi manchi …”
Robert soffiò quella frase, nella nuca di Jude, ancora intontito dai farmaci.
“La mia libido è a livello zero” – ribatté sconsolato l’inglese.
“Non mi riferivo a questo Jude.” – disse piano Downey, avvinghiandosi a lui maggiormente.
Law si sforzava di ricordare i momenti della violenza, era come se un tarlo gli stesse scavando nell’addome, sopra cui Robert poggiava ora i suoi palmi caldi ed aperti, una galleria dove precipitavano tutte le sue sicurezze e la voglia di vivere, precedenti a quell’esperienza deleteria.
Colin lo aveva ucciso.
Lo stesso Colin che gli aveva mandato a casa i dolci preferiti, che lo confortava con sms traboccanti di cura amorevole a distanza, confermando la figura di buddy quasi perfetto.
Quasi, appunto.
“C’era quel progetto Rob …”
“Quale piccolo?”
“Il film ad episodi … un’idea originale, ti piaceva, di quel regista francese …”
“Sì hai ragione Judsie … Dovremmo però trasferirci a Cannes o dintorni, sai che Gerard non si muove dall’Europa.” – e sorridendo, Robert voltò Jude, per scrutare le sue emozioni.
“Per tre mesi almeno Rob” – disse impacciato.
“E’ ciò che desideri Jude?” – domandò diretto.
“Sì … Sì Robert.”
“Dunque partiamo, martedì o mercoledì, il tempo di organizzarci, ok Jude?” – e gli diede un lungo bacio.
“Grazie Rob … grazie …”
“Ma di cosa …? Tu vieni prima di tutto, con nostra figlia, lo sai.” – e lo cullò.
“Dobbiamo … dovremmo anche presenziare alla sessione per il divorzio di Colin, in qualità di testimoni … Speravo di evitarlo Rob.”
“Noi non siamo obbligati, anzi, forse dovremmo rimanere neutrali, ma Cole ce l’ha chiesto come un favore personale e non me la sono sentita di rifiutare Jude.”
“Questa storia non mi piace Rob …” – replicò assorto.
“Ma si tratta di Colin … So che tu ci tieni.” – e scrollando le spalle, tornò ad accucciolarsi, stringendo il marito, senza avvertire il suo reale disagio.



martedì 29 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 120

Capitolo n. 120 - sunrise


Nonostante il sonno profondo, Jared avvertiva i baci, che Glam di tanto in tanto posava sui suoi capelli.
Erano colmi di affetto e complicità, necessari entrambi al cantante, per affrontare l’imminente battaglia legale, a cui Colin non aveva rinunciato.

L’irlandese era rientrato alla End House, provando un rancore smodato verso Geffen, ma alla fine si convinse che l’unico destinatario del proprio disagio doveva restare Jared.
Era lui a coltivare incertezze in entrambi ed anche Glam ne era una vittima, pensò Farrell, sforzandosi di sedare la voglia di recarsi a Palm Springs per un confronto, prima dell’appuntamento fissato da Bishop per il lunedì seguente.
Sarebbe stato un lungo week end.


Jude varcò la soglia di casa con in braccio Camilla e Rob allacciato alla vita.
“Eccoci qui … dai cucciola, lascia respirare papi Jude.” – disse dolcemente Downey.
“Voglio invece fare indigestione di lei … e di te amore” – replicò timido l’inglese, sprofondando in poltrona, mentre la figlia si piazzava sul tappeto, tra giocattoli e peluche, ai suoi piedi.
“Ci sono molti messaggi tesoro … alcuni di Colin” – Rob sorrise, ma a Jude gelò il sangue –“… poi di Glam, ma anche Sam e Dean, che carini … ah un video di Chris e Steven, da Haiti, devo mostrartelo, appena andrai al pc” – aggiunse sereno, passando poi in cucina, senza rendersi conto del pallore sul viso di Jude.
Il suo cellulare lampeggiava da alcuni minuti, in modalità silenziosa: era Colin.
Almeno una decina di telefonate.
Jude alla fine rispose.
“Ehi UK buddy, sei tornato?”
Il tono di Farrell era allegro.
“Sì … da alcuni minuti, come stai Colin?” – chiese calmo.
“Il solito disastro … Ho visto il nuovo loft di Jared, ci ho fatto l’amore, credevo rientrasse alla End House, invece niente, è corso da Glam … che vuoi farci, non riesco proprio a … a riconquistarlo” – sulle ultime parole, Colin si innervosì, ingoiando un singulto triste.
“Ci … ci hai fatto cosa?” – domandò Law, provando una nausea improvvisa.
“Sì è successo, è … è stato incredibile, quanto spontaneo … Mi sono illuso Jude, quel dannato anello, che Geffen gli ha regalato, aveva un significato profondo ed assoluto.” – spiegò mesto.
“Anello? … Perdonami Colin, ma ho un’emicrania … Vado a coricarmi, ti richiamo domani … ok?”
“Sì capisco, abbi pazienza, ma se non mi sfogo con te, che mi hai sempre capito … sono un egoista del cazzo Jude … scusami.”
“No … no, figurati è che devo superare un trauma” – gli tremò la voce.
“Se posso fare qualcosa Jude … Sei una delle persone più importanti che ho al mondo … spesso ho creduto di avere soltanto te, quando gli altri mi davano addosso e” – “Cole!” – lo interruppe brusco, poi Law riprese, in affanno – “Po-potrai sempre contare su di me e Robert … sempre.” – ed ormai piangendo, riattaccò.
Farrell sentì un peso allo stomaco: quella conversazione lo aveva sconvolto, ma mai quanto stava accadendo a Jude, proprio in quell’istante.
Robert era impegnato a preparare un pranzo leggero, così da permettere al compagno di eclissarsi in bagno, per una doccia, dopo avere sistemato Camilla nella sua cameretta al sicuro ed acceso tutti i baby control sparsi per l’alloggio.
Il corpo gli raccontava i segni invisibili della violenza subita: Scott lo aveva curato al meglio, prescrivendogli dei calmanti innocui, nel caso avesse incubi o stati di ansia.
Brandon aveva approvato la terapia, garantendogli assistenza anche a domicilio, nel caso volesse anche procedere ad una denuncia: lo aveva fatto altresì Geffen, che con Meliti non aveva raccolto prove, a causa del malfunzionamento delle telecamere nel centro commerciale, causato dal temporale scoppiato quella maledetta notte.
Jude voleva solo dimenticare, ma con Colin nella stessa città era davvero complicato.


Geffen non aveva il coraggio di alzarsi dal letto.
Si era svegliato un paio di volte con Jared, scambiandosi un buongiorno temporaneo, prima di rannicchiarsi con lui sotto al piumone e ricadere in un dormiveglia carico di sorrisi e reciproche attenzioni.
Quando Leto sgattaiolò via, Glam immaginò il peggio, ma poi valutò mentalmente che sarebbe stato anche il meglio per Jared: tornare dai suoi figli e ricucire i brandelli di quel rapporto con Colin.
Del resto lo amava, Geffen non aveva dubbi e nemmeno recriminazioni.
Voleva cogliere ciò che Jared gli avrebbe dato, da un attimo ad una vita intera, non aveva rilevanza, non doveva averne, se voleva sopravvivere al dolore di perderlo.
Quando Jared si fiondò nuovamente tra le coltri tiepide ed accoglienti, sul volto di Glam si dipinse un’espressione quasi stupita.
“Non la tenevo più” Jared rise “ … Che succede Glam?”
“No è che … ho pensato …”
“Che andassi via così? … Tu scherzi vero?” – e sorridendo, si appese al collo dell’avvocato, che quasi lo stritolò.


Kevin bussò, dopo avere suonato un paio di volte il campanello, senza successo.
La blindata di Tim rimaneva chiusa, come a vuoto l’esito delle chiamate del bassista verso il cellulare del giovane.
Kevin aveva comprato brioche e caffè caldi, voleva iniziare bene quella giornata con Tim, convincerlo che potevano provarci ad avere una relazione seria.
Si era persino preparato un discorso, che sembrò frantumarsi contro la faccia da schiaffi di Ivo, che improvvisamente spalancò la porta, in boxer, sigaretta tra le labbra, lievemente a ghigno e le palpebre socchiuse a fessura, infastidite dal fumo, rivelatrici del suo sguardo azzurro e sprezzante.
“Ah sei tu.” – esordì secco – “Che carino, la colazione? Grazie!” – e nel dirlo, il paleontologo gli strappò il sacchetto, con arroganza.
Kevin non si lasciò turbare da quel gesto, dando immediato un calcio all’uscio per entrare alla ricerca di Tim.
“Dov’è??!” – chiese con veemenza.
Ivo ridacchiò – “Cosa credi di spaventarmi finocchio!?”
La battuta era assurda, ma il pugno che Ivo tentò di assestargli risultò reale e fulmineo.
Kevin schivò quel primo attacco, spintonando l’avversario contro il muro del corridoio ed accorgendosi che Tim era riverso sul letto, lo zigomo sinistro ammaccato e vistose macchie violacee sul collo.
“Cosa gli hai fatto bastardo??!!” – urlò, iniziando a picchiare Ivo, senza più riflettere.
Si azzuffarono per un paio di minuti, mandando in frantumi diverse suppellettili, ma senza destare Tim dal proprio torpore.
Kevin notò anche della cocaina su di una mensola e diverse bottiglie semi vuote.
Riuscì alfine a sopraffare Ivo, che recuperò veloce gli abiti sparsi ovunque ed un trolley rimasto nell’ingresso, dove guadagnò imprecando l’uscita – “Non finisce qui!! Hai capito stronzo??!!” – gridò contro Kevin, che ormai aveva tra le braccia Tim e lo supplicava di riaversi.


“Ma sei già in piedi amore …?”
La bocca di Tomo era calda e speziata, come il bacio che posò tra le scapole di Denny, curvo sui testi che Glam gli aveva chiesto di analizzare per la causa Stabler.
Aveva degli occhialini da lettura, che il chitarrista trovò terribilmente sexy.
“Buongiorno uomo di Croazia … il capo mi ha messo sotto.”
“Parlerò con Geffen, quello è compito mio”
Risero – “Che scemo che sei Tomo …” – sospirò Denny e poi voltandosi lo baciò intenso.
La sua t-shirt ed i bermuda volarono in un angolo, poi Tomo lo prese a sé, sollevandolo in modo che Denny potesse cinturarlo con le cosce all’altezza dei fianchi e permettere al moro di portarlo contro il muro della loro stanza.
“De-devo lavorare” – ansimò Denny, inutilmente.
Tomo aveva solo un telo di spugna a separarlo dalla pelle di Denny: fu istantaneo, per quest’ultimo, toglierglielo.
“To-Tomo … è … sarebbe … la quarta volta, da ieri sera” – gemette Denny, nell’incavo sotto il mento del croato.
“Vorrai dire sarà …!” – e con una spinta decisa, gli arrivò sino in fondo, per poi fermarsi, tremandogli dentro.
Anche Denny era devastato da un fremito, che gli saliva dalla schiena alla nuca, pronto ad acuire la sua libido ad un livello spasmodicamente alto.
“Sei … sei così stretto … e bollente Denny” – le frasi di Tomo si rimescolarono a baci sempre più scabrosi: i due amanti si intrecciavano nel leccarsi, gustandosi e godendo della reciproca eccitazione.
Tomo sembrava conficcarsi al centro di Denny, ad ogni colpo.
Fissandosi reciprocamente, le bocche incollate, anche dal sudore, vennero insieme.
Come due spighe di grano nel vento, si accasciarono sul parquet, scambiandosi un ultimo bacio, casto e colmo di tenerezza.
“Ti amo Tomo …”
“Anch’io ti amo, Denny”
Le dita di Milicevic segnarono il contorno delle labbra di Denny, finché le stesse non si schiusero in un sorriso, terribilmente innamorato.


“Tim!! Tim … ti prego svegliati …”
Kevin scoppiò a piangere, mentre scuoteva l’amico sotto al getto di acqua gelida.
Si era tolto solo le scarpe, prima di entrare con lui, nudo, nel box ed aprire il miscelatore.
Finalmente Tim tossì, riprendendo un minimo di lucidità.
“Mio Dio … eccoti … Dio ti ringrazio!” – singhiozzò Kevin, per poi avvolgerlo e confortarlo.
“Cosa è … cosa?”
“Stai calmo, ora torniamo di là e preparo un caffè, ok Tim?”
“Ciao Kevin … sei fradicio … i tuoi vestiti …” – disse confuso.
“Mi presterai qualcosa tu, che ne pensi?”
Tim annuì, indossando un accappatoio, assistito da Kevin, che aveva ripreso il controllo delle proprie emozioni.
“Che fine ha fatto Ivo?”
“Ti preoccupi per lui?” – sbottò infastidito Kevin, a quella richiesta inconsueta.
Tim si avviò con qualche incertezza verso i fornelli – “Il caffè lo preparo io Kevin” – disse piano.
“Ok … Scusa, non volevo sembrarti invadente …”
“Figurati” – tirò su dal naso – “Non è la prima volta che cedo alle insistenze di quel coglione … ed ai suoi doni preziosi” – rise avvilito.
“Whiskey, droga e rock and roll …?” - ribatté Kevin con un sorriso altrettanto tirato.
“Hai dimenticato il sesso” – disse di rimando Tim, fissandolo.
Kevin spostò la propria visuale verso le finestre, ma era inutile.
“Guardami! Ti faccio schifo, vero?” – domandò crudo Tim.
Kevin scosse il capo, incontrando nuovamente i suoi occhi chiari e lucidi – “Chi sono io per giudicarti …? Del resto me lo hai detto tu che sono un fallito, nel mio rincorrere ancora Glam, giusto Tim?”
“Tu sei … tu sei legato a lui, lo ami, non c’è nulla di sbagliato … Non sei un fallito, non l’ho mai neppure pensato ...” – replicò quasi flebile.
“Mi dispiace Tim”
“Per cosa?” – e due lacrime scesero inattese dai suoi cristalli.
“Per averti spinto a cercare Ivo o vuoi negarlo?” – chiese con apprensione Kevin.
“Me l’ha fatta pagare … per averlo mollato in asso all’aeroporto … Prevedibile.” – e si strofinò la fronte nervosamente.
“L’hai cercato tu?”
“No Kevin.”
“Ma …”
“Ivo ha le chiavi di questo appartamento, va e viene come vuole … E’ stata l’ultima volta, ora cerco un fabbro e faccio cambiare la serratura … che ne pensi?” – ed accennò un sorriso.
“Penso sia un’idea fantastica Tim” – e senza ritardare oltre, Kevin gli si avvicinò per abbracciarlo forte.



NEW ENTRY > Il dottor Scott da oggi ha un volto: BRAD PITT (quasi coetaneo di Geffen, classe 1961, mentre per Brad 1963, ovviamente nella realtà, ma anche nella fic, come età anagrafica ;)

venerdì 25 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 119

Capitolo n. 119 - sunrise


Geffen sentì dei rumori inconsueti.
Il quartiere residenziale in cui aveva scelto di abitare a Palm Springs era sorvegliato da diverse squadre della vigilanza privata, piuttosto efficienti, ma il timore di essere derubati non veniva mai meno.
Si alzò, cercando la t-shirt ed i boxer.
Era piuttosto accaldato: aveva fatto una leggera terapia nello studio di Scott, dopo essere passato a vedere Jude, che sarebbe stato dimesso il mattino seguente.
Sbuffando sbirciò in corridoio, vedendo una luce debole provenire dalla camera, che aveva destinato a Jared.
Lui era lì.
Glam arrivò scalzo sulla soglia, lasciando trapelare il proprio stupore, mescolato ad un’immediata preoccupazione.
“Tesoro … cosa ci fai tu qui?”
“Ciao … io vedi … ho fatto una cosa Glam…” – e gli andò incontro, cercando il suo abbraccio.
“Quale cosa?”
“Ho mostrato il loft a Colin, dopo essere usciti dall’ospedale … e poi …” – si interruppe, senza smettere di guardarlo.
Geffen socchiuse di poco le palpebre, sorridendo mesto.
“Jared lui è … è tuo marito …”
“Mi ha chiesto di tornare a casa … e sarei dovuto essere là … tra qualche ora credo … Pensavo di volerlo, che fosse la scelta giusta … invece sto così male” – ed affondò nella sua spalla, un pianto, che non riuscì a trattenere, nonostante se ne vergognasse.
Glam avvolse i suoi zigomi, sfiorando con i pollici la barba appena accennata, scrutando i suoi occhi di un blu unico.
“Perché mi sento sconvolto …?”
“Perché tu mi ami ancora, Jared.”


“Non dormi?”
La voce di Sammy era vellutata, come la sua carezza, sulla nuca di Dean.
Lo teneva a sé, cingendolo alle spalle, con il suo corpo più massiccio, con la sua età giovane, che avrebbe meritato una vita più spensierata, magari sulla neve a fare snow board, in discoteca o dal cantonese, che a Sammy piaceva da impazzire.
Dean non riusciva mai a ricordare il nome di quelle ricette, che il compagno conosceva a memoria, anche nella preparazione, barattata con un paio delle sue creazioni, dopo un’estenuante battaglia con il simpatico cuoco del locale.
Il broker si domandò mentalmente da quanto tempo non ci andavano.
“Pensavo.”
Anche Dean ruppe il silenzio, ossigenandosi, per poi sedersi di scatto sul bordo.
“Mi odierai, prima o poi Sammy.”
“Non dirlo nemmeno per scherzo e per quale motivo, poi?” – domandò stupito il giovane.
“E’ come … è come se le mani luride di quel bastardo avessero sporcato tutti i nostri sogni … E la tua … la nostra libertà Sammy.”
“Vieni qui … sciocco ragazzo con le lentiggini … Una pioggia di stelle deve esserti caduta addosso quando hai visto la luce del mondo Dean … io già ti amavo, non smetterò mai di dirtelo e di portarmi dentro anche ciò che non abbiamo vissuto insieme, lo sai.” – e lo baciò, cullandolo, finché lo sentì finalmente rilassato.


Geffen avrebbe baciato ogni centimetro della sua pelle, se solo Jared glielo avesse chiesto, rimandando in eterno quell’attimo unico, in cui avrebbero colliso, come due asteroidi vaganti, per una costellazione, contrassegnata solo i loro nomi.
Nessuna disgregazione, anzi, una formidabile fusione, di corpi e di anime, stava per realizzarsi, nel riverbero delle candele, che Jared aveva acceso, dopo avere chiesto a Glam di tornarsene a letto ad aspettarlo.
Si spogliò davanti a lui, stendendosi sotto al suo corpo massiccio, attirandolo e circondandolo poi con le sue braccia e le sue gambe magre, ma toniche, i cui muscoli sembravano vibrare ad ogni tocco da parte di Glam, che faceva seguire alle proprie dita le proprie labbra, sinuosamente.
La scia calda diveniva un brivido, ad ogni suo respiro: Jared si inarcava e spingeva verso i suoi fianchi, mentre le sue iridi esprimevano più di mille parole, la richiesta di non esitare oltre.
Tormentando la sua apertura, Geffen si aprì un varco senza alcuna fatica: il gel che stava utilizzando, unito agli umori di entrambi, rendeva quella discesa magnifica.
Mai quanto il loro guardarsi, specchiandosi l’uno nell’amore dell’altro.
Glam si fermava, baciava Jared, che sembrava volerlo inghiottire, sperando che l’uomo facesse altrettanto con il suo sembiante gracile, poi riprendeva a dilatarlo, gemendo all’unisono, bocca a bocca, le lingue come impazzite in un’esplorazione umida e bollente.
“Ti voglio così bene Jay … ti amo così tanto” – e prendendo fiato, Geffen si mise in ginocchio, portando con sé Jared, dopo averlo afferrato per i glutei, sistemando perfettamente i suoi polpacci, prendendolo per le caviglie, non senza averle prima baciate e succhiate, destino che ebbero anche i suoi capezzoli ed il suo mento, ormai imperlati da un sudore dorato, fottutamente sexy.
Il movimento liberato in un ritmo incessante da Glam, coronò il loro ritrovarsi: l’avvocato si prese cura anche dell’erezione di Jared, prepotente e febbrile, tra i loro ventri contratti dall’amplesso.
Jared si appese alle sue spalle e Glam riversò altri baci nel collo del cantante, che ormai non lo fissava più come prima, le palpebre strizzate dall’orgasmo, che si propagava nel contatto tra la sua prostata ed il membro dell’altro, che stava per esplodere.
Geffen si sollevò, sentendo ormai il proprio divenire imminente ed irrimandabile: premendo sulle ginocchia di Jared, lo schiuse completamente ai suoi colpi voraci, suscitando in lui una lascivia maggiore.
“Ora pensaci tu … Masturbati Jay” – ansimò.
Jared annuì, al colmo del ludibrio, ricambiando con un altrettanto scabroso incitamento – “Scopami forte … scopami più forte Glam” – e sentendolo ingrossare dentro, dilagò contemporaneamente a Geffen, urlando di gioia.


Le luci dell’alba svegliarono Colin.
Si rese conto dell’assenza di Jared, dopo avere girato mestamente per l’alloggio.
Il blando calmante, che assumeva ogni giorno, gli procurava un sonno profondo e gli permetteva di recuperare energia, ma senza sogni.
Quello, pensò, era l’incubo quotidiano della End House, da quando Jared si era allontanato.
Farrell notò le numerose foto che lo ritraevano, più di quelle dei figli avuti con Leto.
Sorrise, asciugandosi una lacrima dispettosa.
Attese ancora qualche minuto, poi si preparò con calma.
Jared era quasi certamente da Geffen, Colin non aveva dubbi.
Compose un’e-mail stringata sul proprio b.berry e la inviò allo studio Bishop.
§ Buongiorno avvocato. Le avevo chiesto di temporeggiare per la mia richiesta di divorzio, ma ora puo’ procedere. Attendo sue disposizioni in merito. Grazie. §
Colin non provava rabbia, ma neppure rassegnazione.
Sulla lavagnetta della cucina lasciò ancora un messaggio, forse l’ultimo prima dell’inevitabile battaglia legale.
§ Il tuo posto è ancora e sarà sempre accanto a me ed ai nostri bambini Jay. Nessuno riuscirà a sostituirmi, nessuno. Tuo Cole §
Se ne andò, chiudendo piano la porta.



Un grazie all'amica DONAPI di EFP per la foto ;-)

mercoledì 23 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 118

Capitolo n. 118 - sunrise


Jared fece strada.
“Accomodati … ah, sono passati per le pulizie, spero non abbiano toccato i miei spartiti Cole.”
Jared sorrise imbarazzato, mentre Farrell si guardava intorno, tra il compiaciuto, per ciò che vedeva, il compagno un po’ impacciato, ed il rammarico per ciò che era successo a Jude, ulteriore aggravante per quel periodo assurdo.
“E’ un appartamento luminoso Jay, ti rispecchia …”
“Grazie”
“Ryan, Thomas ed io volevamo farti un’improvvisata, con il pranzo del take away di Sam, però poi è arrivata la tua chiamata …”
“E’ … è terribile, per Jude, per Robert, per tutti noi ecco … Vuoi bere qualcosa Cole?” – e prese fiato.
“Dell’acqua … e magari ordiniamo qualcosa, al ristorante qui sotto Jared, se ti va.”
“Fai pure … la brochure è sulla mensola in cucina, io vado a farmi una doccia.”
“Sì … certo.” – ed inspirando, Colin andò a piazzarsi sul divano, concentrandosi fintamente su quelle immagini un po’ finte e troppo colorate.
La tentazione di seguire Jared era insopportabile, ma riuscì a dominarsi, perdendo comunque un battito quando il cantante tornò nel living, in accappatoio bianco, tamponandosi le chiome lisce e distribuite sul volto tirato, ma pur sempre bellissimo.
Colin lo stava fissando e Jared sorrise – “Hai scelto?”
“Sì … cioè no” – rise nervoso –“Pollo e patatine, hamburger vegan ed insalata mista, cosa ne pensi Jay?”
“Ok … ora telefono.”
“Posso … potrei asciugarti i capelli, prima che tu possa buscarti un raffreddore Jared?”
“Sì … sì ok, il phon è in camera.”



Le domande di Hopper erano imbarazzanti.
Dean prendeva appunti, sulle risposte possibili e l’atteggiamento sul quale auto convincersi, come un marine una strategia di battaglia.
Quella era una guerra che il giovane si portava addosso da troppi anni e mai se ne sarebbe liberato se non in un unico modo: affrontando il nemico, in mare aperto, con il sostegno di persone fantastiche.
Primeggiava in questa armata protettiva e sicura il suo Sammy, ma anche Cody aveva un ruolo fondamentale e Marc non avrebbe mollato, andando sino in fondo a quella causa, dai contenuti spesso brutali.
“Potresti evitare il racconto di ciò che più ti fa male Dean, con il rischio di compromettere l’azione legale e la relativa condanna per quello Stabler.”
Il tono di Brandon era pacato.
Riuniti al tavolo ovale dello studio Geffen, Sammy stringeva la mano sinistra di Dean, mentre con la destra il broker tormentava la stilografica, con cui scriveva e scarabocchiava, su di un foglio ormai divenuto quasi nero.
“Voglio dire tutto invece … devo farlo … per me stesso, per voi, soprattutto per Sammy … e per i ragazzi che quel maiale ha usato ed … ed abusato!” – ringhiò, con motivazione e sdegno.
Le vicissitudini occorse a Jude, per giunta, sembravano dare un ulteriore stimolo ai loro propositi.


Qualche filo d’argento si illuminava, tra la nuca ed il collo di Jared.
Le dita di Colin massaggiavano lievi i punti dove l’aria calda si insinuava, sollevando anche il profumo dello shampoo al cocco, che Jared usava puntualmente.
L’attore non riuscì a rimandare un gesto usuale, in momenti come quelli: posare un bacio sulla porzione di pelle, tra il collo e la spalla, che Jared aveva scoperto, togliendosi la spugna, restando in boxer.
“Ti amo Jay …” – disse Colin, quasi con la timidezza davanti a qualcosa di eccessivamente fragile, anche se solo sfiorato da parole così sentite e sincere.
Leto si voltò, lentamente, come se si stesse prendendo un attimo esiguo, per decidere.
Unì le loro bocche, in una simbiosi dal sapore immutato.
Colin si sentì letteralmente scoppiare il cuore: era come il loro primo contatto, rimandato per settimane, dopo essersi conosciuti.
Una sequenza di istantanee, che affollarono la mente di entrambi, senza bisogno di parlare.
Erano già sul letto: quasi scivolarono, allungandosi, intrecciati ed in poche movenze, calibrate ed attente, spogliati di quel poco, che volò sul parquet lucido.
Ormai era buio, Jared aveva dimenticato la luce accesa nella sala, dalla quale proveniva un riverbero dorato, per via della tinta alle pareti.

Colin si insinuò tra le gambe di Jared, restando stesi sul fianco, senza sovrastarlo: esitava, nel rinnovato timore di sbagliare, di turbarlo, con il desiderio che lo stava devastando.
Cominciarono ad accarezzarsi, a vicenda, con quell’innocenza, rimasta intrappolata in quel fotogramma del passato, che ancora esaltava i loro sensi ed il reciproco appartenersi.
Si scrutavano, baciandosi appena, tremando, per il piacere crescente, che si propagava, come linfa vitale nei loro inguini.
Colin precipitò sino all’ombelico di Jared, tormentandolo con la lingua, segnandolo superficialmente con morsi appena accennati, preparandolo all’amplesso, che di lì a poco avrebbe preso vita, provocando nei loro corpi una morte dolce, fatta di spasmi ed ansiti crescenti.
Jared, lubrificato generosamente, affondò le labbra nell’incavo del collo di Colin, succhiando e gemendo, ad ogni affondo del marito.
Quel vocabolo sembrò irrompere nel suo cervello, mentre Farrell, ad un istante dal venirgli dentro, gli mormorava intenso “Torna a casa … torna da noi amore” – per poi strozzare un urlo al centro del proprio addome, tra gioia ed estasi pure, dopo un tempo infinitamente doloroso.


martedì 22 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 117

Capitolo n. 117 - sunrise


Meliti tamburellava le mani sul tavolo in radica, mentre sorseggiava un brandy, assorto in pensieri cupi.
Glam era al secondo bicchiere, seduto all’altro capo di quel mobile pregiato.
“Così finirai di ubriacarti, Geffen.” – bofonchiò il vecchio boss.
“Ci vuole ben altro Antonio.” – ed inspirando controllò il palmare.
“Ci sono novità dall’ospedale?”
“Nessuna. Jude è sotto sedativi.”

Scott era stato gentile ed accorto nel non traumatizzarlo.
In presenza di Glam, discreto e taciturno, ma partecipe con lo sguardo vivido sull’amico, che spesso cercava il suo conforto, anche silenzioso, il medico volle procedere non solo ad un controllo, ma anche alla prassi conseguente un’aggressione del genere.
“E’ un kit apposito Jude. Non temere, nessun dolore, ma in caso contrario, ti autorizzo a mollarmi un bel calcio sui denti.”
Scott sorrise, mentre sistemava un paravento tra sé ed il paziente, dopo avere tirato anche un ampio tendaggio, all’interno del suo studio.
“A cosa serve?” – domandò teso Law.
“Faccio un prelievo … Per la verifica di malattie del … Ci sono delle tracce dell’aggressore, le rilevo e poi verifichiamo, anche il DNA, è la procedura d’ufficio, però non chiameremo la polizia, ok? Conserverò personalmente i campioni ed i risultati nella mia cassaforte, la vedi Jude?”
La sua voce era persino dolce, quasi paterna.
Jude annuì, sbirciando oltre la tenda azzurrina, cosa stesse facendo Geffen.
Guardava oltre la finestra, concentrato su quanto accaduto, ritornando con la memoria a New York, a ciò che fecero a Kevin.
Il suo Kevin.
Lo avrebbe raggiunto, con Lula, dopo essere stato a villa Meliti, su richiesta di quest’ultimo.

“Hanno colpito la nostra famiglia. Come intendi procedere Glam?”
“Jude non vuole casini, questo mi ha chiesto ed io lo accontenterò.”
“Lasciando impunito quel ladro? Ha infierito su Jude, ti rendi conto che lasciamo a piede libero un potenziale psicotico? Che bisogno c’era di massacrarlo, bastava stordirlo e prendere quel dannato portafogli!”
Geffen si grattò la nuca.
“Una cosa non mi torna Antonio … Jude al polso aveva un orologio costoso e quel tizio non l’ha preso.”
“Forse non l’ha visto od è stato disturbato. Il parcheggio sotterraneo di un centro commerciale … Che idiota, ci sono decine di telecamere.”
“Hai ragione … Potrei … Solo che Jude mi ha fatto precise richieste”
“A me no, però! Sento un amico, lo spedisco a Los Feliz e ti faccio sapere: quelli della sicurezza ci mostreranno le registrazioni, con le buone o”
“Antonio, per favore …”
“Intendo essere generoso con loro, ci mancherebbe …” – e con un ghigno poco rassicurante, prese il telefono e compose un numero a memoria, come sua abitudine.


Robert tolse le scarpe, tenendo addosso la tuta dell’Adidas di due taglie più grandi.
Alzò il lenzuolo e si infilò nel letto di Jude, che lo strinse forte.
“Secondo te mi cacceranno amore?” – domandò piano Downey, dando dei baci leggeri sulle tempie del compagno.
“Non mi importa Rob … Non lasciarmi” – ed affondando il viso nel collo dell’americano, Jude si intristì, attanagliato dall’angoscia per avergli nascosto la verità.
“Dillo ancora una volta Jude e …”
L’inglese lo bloccò con un bacio mozzafiato.
Ne seguirono molti altri, fatti di tepore ed affezione assoluti.


Lula correva per i corridoi, con un giocattolo stretto al petto, come fosse una conquista.
Geffen lo seguiva sereno a poca distanza, ma non sufficiente per vedere chi c’era dietro l’angolo: Lula si bloccò, spalancando i suoi fanali di pece.
“Ciao!” – esclamò, facendo un saltello – “E tu chi sei?” – chiese sorridendo.
“Ehi ciao … mi chiamo Tim e tu devi essere Lula.”
Il ragazzo si accovacciò, arridendo alla simpatia del piccolo.
“Sei un amico di papà Kevin?”
Nel frattempo Glam sopraggiunse, incuriosito dalle loro voci.
Tim indossava soltanto un paio di pantaloni mimetici, nei toni del verde, era scalzo ed a dorso nudo.
“Salve, lei chi è …?”
Geffen lo scrutò, dubbioso.
“Avvocato, non mi riconosce? Ero il partner di Roger …”
“Ecco dove ti avevo già visto … ma cosa fai a casa mia mezzo nudo?” – domandò con aria poco rassicurante, prendendo in braccio Lula.
“Ma lui conosce papi Kevin, vero? Ah eccolo, ciao papi!!”
“Tesoro ciao … daddy …?” – gli venne spontaneo, così come gli morì in gola, almeno quanto l’occhiata di Tim, per nulla imbarazzato.
“Buongiorno Kevin” – lo salutò più cordiale e tornando a sorridere Geffen – “Devo seguire Lula nei compiti, non l’hai dimenticato, vero?”
“No … no, certo, ma Pamela mi ha telefonato, per Jude, come sta?”
“Migliora. Ok, vi lasciamo tranquilli, Lula ed io abbiamo da fare, vero campione? Piacere di averti rivisto, Tim.”
“Piacere mio, Glam … un tempo ci davamo del tu, comunque.” – e fece una smorfia scanzonata, le mani sui fianchi, come a mettere in mostra più efficacemente i propri addominali scultorei.
“Ah sì, ma davvero …?” – quasi sussurrò Geffen, allontanandosi.
Tim e Kevin rimasero soli.
“Ok, io vado.” – disse secco il giovane.
“Dove vai Tim?!”
“Torno al mio loft.” – aggiunse a testa bassa, oltrepassando Kevin, che lo trattenne per un braccio.
“Avevamo un programma per stasera Tim, cazzo!”
“Oh sì … cena fuori, passeggiata al chiaro di luna e poi un’altra scopata? Magari quando non sarai più così in fissa con il tuo daddy, ok?” – concluse brusco, per poi sparire davvero: Kevin non riuscì a trattenerlo in alcun modo.


“Secondo te è il nuovo fidanzato di papi?”
L’interesse di Lula era buffo, quando complice, nel suo esprimersi.
“Parli di Tim, soldino di cacio? Non saprei …” – replicò l’uomo in maniera serafica.
“E’ simpatico …”
“Sicuramente Lula.”
“Tu, però, sei il massimo papà!” – e ridendo felice, gli saltò al collo, interrompendo il dettato che stava scrivendo su di un quadernone, zeppo di ritagli e disegni coloratissimi.
Kevin bussò.
“Glam, perdona l’interruzione, vorrei parlarti un attimo, puoi?”
“Certo … Lula ripassa matematica, poi ti interrogo, ok?” – e gli scompigliò i capelli.

Passarono due camere oltre, senza dirsi nulla nel breve tragitto.
Glam si versò da bere.
“Ne vuoi Kevin?”
“No grazie. Volevo scusarmi Glam, per prima, non dovrei portare degli estranei in questa casa, senza avvisarti e soprattutto quando c’è il bimbo.” – esordì serio.
“Penso tu abbia il buon senso di portarci delle brave persone, quindi non vedo il problema.”
“Tim è … era”
“Una marchetta, vuoi che non lo sappia? In compenso quel Roger lo tirò via dalla strada, ma obiettivamente forse Tim passò dalla padella alla brace … Come l’hai conosciuto?”
Kevin inspirò.
“In … in un bar, per caso.”
“Ok.” – ribatté Geffen, scrollando le spalle e spostando la visuale dalle iridi di Kevin.
“Ok …” – mormorò il bassista, stringendo poi i pugni – “Non te ne importa oppure fai l’accondiscendente per adularmi, per avere il divorzio o sbaglio Glam?” – domandò con durezza.
“Io non voglio discutere quando c’è nostro figlio a pochi metri da noi Kevin!” – sbottò deciso, finendo la bibita in fretta.
“Tim mi ha mollato in asso e” – ma si interruppe, vergognandosi del pianto, che stava per assalirlo.
Glam sospirò, scuotendo il capo, appesantito da un’improvvisa emicrania.
“Vorrei che tu fossi felice, con Tim o con chi vorrai Kevin, possibile non riesca ancora a capirlo?”
Quel discorso suonò paternalistico ed odioso al suo cuore, così Kevin preferì uscire da quella camera, come una furia.
Geffen tornò da Lula, facendo finta che tutto andasse bene, quando invece il mondo là fuori, stava andando in frantumi, senza appello.




TIM

lunedì 21 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 116

Capitolo n. 116 - sunrise


Il silenzio insospettì Robert.
Erano le nove e trenta del mattino, Jude di solito faceva colazione e diverse telefonate a quell’ora.
Girava inoltre per casa in boxer e vogatore, esitando tra un tapis roulant ed i pesi, dimenticati da Downey sotto alla scrivania, dove accendeva il pc e magari chattava con i figli a Londra.
Niente.
In bagno uno strano disordine, la vasca era stata usata, ma non ripulita a specchio, come Law pretendeva, apparendo come un’acida zitella fissata con le pulizie.
Robert sorrise, ripromettendosi di tirargli le orecchie e fargli dispetti, canzonando il biondo per quella inconsueta disattenzione, ma quando lo vide, riverso tra i cuscini, macchiati dal sangue rappreso, ebbe quasi un mancamento.
“Jude … Jude!!”


Geffen diede il buongiorno a Jared, tramite il web.
Era impegnato nella lezione quotidiana agli studenti della sua classe mista e virtuale, ma aveva deciso di prendersi un caffè, salutando Leto, ancora in pigiama.
“E quello da dove esce Jay?” – chiese ridendo, mentre il cantante si stropicciava la faccia.
“Regalo di Shan!”
“Ma è un sedere con un bel perizoma, ciò che vedo stampato sulla t-shirt?” – ed aguzzò la vista in maniera buffa.
“Yes sir! Certo prof, come vedi è pure femminile, così non sarai geloso ahahaah”
“Beh insomma … dormito bene Jared?”
“Abbastanza … strani sogni … forse per il senso di essere stato abbandonato la prima notte di nozze.” – disse sibillino Jared, masticando un biscotto al cioccolato.
“Jared …”
“Sto scherzando!” – puntualizzò, gli occhi sbarrati e divertiti – “Sul serio Glam … ho capito che … che avevi ragione tu.”
“Se non mi sentissi un coglione, per giunta pazzo, ad avere rinunciato a … a fare l’amore con te … Ecco se non mi sentissi tale, allora potrei annuire come quei pagliaccetti appesi al cruscotto dei camper …”
“Provo la stessa sensazione Glam, a volte ecco … Mi lascio prendere dalle sensazioni, reagisco d’istinto, ma sono infantile … e stupido.”
“Sei confuso Jared”
“Da Colin?”
“Anche …” – disse mesto.
“Non da te Glam, te l’assicuro.”
“Ora devo riprendere con i ragazzi … ops telefono …”
“Tutti ti reclamano avvocato …” – e rise, senza rendersi conto di avere ricevuto un paio di chiamate da Robert, pochi istanti prima: Jared comprese che era lui a cercare Geffen.


Downey aveva un tremore diffuso, non riusciva a parlare.
Jared arrivò subito all’ospedale, poi giunse Glam trafelato.
Lo strinsero, provando a calmarlo.
“Un … un tizio l’ha aggredito … e picchiato, per derubarlo …”
“Ma dove è successo Robert?!”
“Al centro commerciale Glam … di Los Feliz, Jude stava tornando dalla End House, era andato a trovare Colin, però non l’ha trovato e … e così voleva comprarsi dei piatti pronti per cenare …”
Jared scrutò i suoi interlocutori – “Sarà meglio avvisarlo … non credete?” – chiese timidamente.
Downey acconsentì, rimanendo a parlare con Geffen.

“Bevi questo Rob e stai tranquillo, Jude se la caverà.”
“Ha sbattuto qui … ha un bernoccolo …” – e balbettando rise nevrotico – “Gli è sparito il portafogli, con denaro, documenti, carte di credito, ma non ci importa un cazzo …” – inspirò, provando un’improvvisa rabbia – “Quel balordo poteva ucciderlo!!”
“Sì, ma non è accaduto, è andata bene, come a Jared, ricordi quei teppisti? Ormai la città ne è infestata, accidenti!” – inveii Glam.
“Forse l’ha picchiato perché non aveva abbastanza contanti …”
“Sono vendicativi … ed il cellulare?”
“No … no, quello era rimasto in auto …”
“Ok chiamo la polizia Rob.”
“Jude non vuole! Ti prego Glam … Jude ha bisogno di tranquillità adesso, non di un poliziotto che lo perseguita di domande.”
“Sì, comprendo, però dove sono i vestiti? Magari ha delle tracce sotto le unghie, se si è difeso …” – spiegò Geffen con pacatezza.
“E’ svenuto … e quello ha infierito, con calci, pugni … Il fatto di essere celebre non ha aiutato, temo.”
“Sì, plausibile … come mai non ci ha avvisati prima Robert?”
“Come ti ho anticipato al telefono, ero con Lillybeth, da Susan: Jude è arrivato a casa per miracolo, sotto shock … si è lavato ed è crollato … voleva solo dormire … Forse sperava fosse un incubo Glam”


Farrell si era sbarbato, scherzando con i gemelli, piazzati sull’ampio pianale del bagno, nel loro trasportino.
Voleva fare una sorpresa a Jared, facendogli visita nel nuovo alloggio.
“Andiamo da papà a Malibu campioni … Ma dobbiamo comprare il pranzo, voglio che sia tutto perfetto …” – si bloccò, fissandosi nella lastra lucida – “Ho bisogno che lo sia, che torni da noi sapete …? Mi manca da morire, sto impazzendo …”
Il vibracall del suo b-berry si intromise in quei ragionamenti ad alta voce.
“E’ lui! … Ok, un bel respiro … Pronto Jared …” – ed arrise al solo pensiero di parlargli.


“La tac è negativa … Le costole integre, allo zigomo sinistro abbiamo dato un paio di punti, non rimarrà neppure una cicatrice … Signor Downey volete sporgere denuncia? Suo marito mi ha detto di essere stato malmenato da un delinquente in un parcheggio sotterraneo …”
La dottoressa Redsale era gentile e comprensiva.
“Jude non vuole pubblicità … lui è spaventato … Questo è il nostro avvocato, Glam Geffen, stiamo decidendo in proposito …”
“Si conosco il signor Geffen, è amico di mio cugino Scott da sempre.” – e sorrise.
“Salve … Conosco la procedura, ma la prego di fare un’eccezione per i miei amici, almeno temporaneamente.”

Jared rimaneva in disparte, trepidando per vedere Jude.
La Redsale lo accontentò.
Quando lo vide con lo sguardo puntato alla finestra, il respiro gli morì in gola.
“Ehi ciao …” – gli disse l’inglese, appena si accorse della sua presenza.
Jared corse a raccoglierlo sul proprio petto.
Jude iniziò a singhiozzare, disperatamente.
Nella sua testa andavano ad accavallarsi da ore le immagini proprio di Jared, violentato da Colin ad Haiti ed abusato da lui anche in Los Angeles, senza contare i problemi avuti dal cantante dei Mars, all’inizio della sua relazione con Farrell, schiavo di droghe ed alcol.
Quando Jared gli disse che Colin si stava precipitando e che era sconvolto per avere appreso di quanto accaduto al suo migliore amico, Jude realizzò la paradossale beffa, materializzatasi nella mente dell’irlandese.
Fu anche peggio, quando se lo ritrovò davanti: Colin era sinceramente rammaricato nel profondo, ma aveva rimosso ogni dettaglio della notte precedente.

Quando Downey lo accompagnò al reparto di Scott, Jude si era aggrappato alla speranza che Colin non dicesse niente e che egli stesso potesse risolvere quel dramma, affrontandolo in un secondo momento.
Si era immaginato le scuse inventate da un Colin affranto, per non fargli visita, ma mai si sarebbe aspettato una simile circostanza, dal sapore troppo amaro.
Era come se il destino si fosse accanito su di lui, facendogli scontare tutte le occasioni in cui aveva preso le difese di Colin, rinnegando la sua indole pericolosa, se esposta alle alterazioni della dipendenza cronica, ma, soprattutto, non accettando la sua debolezza ed immaturità, nell’affrontare gli ostacoli esistenziali, preferendo ubriacarsi e farsi di qualsiasi sostanza proibita reperibile.

Il cervello di Jude era in pieno collasso ed il dopo barba di Colin, che lo stava cullando, divenne il fattore scatenante per una crisi immediata.
“Voglio rimanere da solo … voglio Robert!”
Jared accarezzò le scapole di Farrell – “Usciamo Cole … Jude non agitarti, faccio venire qui Robert, ok?”
Law era in affanno, ma cambiò repentinamente idea – “C’è Geffen di là?!”
“Sì … Glam è con Rob …” – disse flebile Colin.
“Vorrei parlargli … per … per la mia deposizione …” – balbettò.
“Ok, te lo mando.” – concluse Jared, trascinando via Colin, che avrebbe preferito rimanere.


La schiena di Tim era liscia e perfetta, per addormentarcisi, appagati, quanto lo era Kevin.
Avevano dormito per qualche ora, baciandosi semplicemente al risveglio, decidendo di guardarsi un film, durante il quale, Tim improvviso e brioso, finì per salire a cavalcioni su Kevin.
Erano nudi e caldissimi.
Le dita del bassista, frugarono tra le cosce del ragazzo, che andava umettandosi le labbra, pronte ad avvolgere l’erezione di Kevin, bagnandola a sufficienza per essere penetrato con fluidità.
Ci vollero un paio di tentativi, sinuosi da togliere il fiato a Kevin, che con successivi quanto calibrati colpi di reni, risalì all’apice di Tim, che urlò dal piacere, spontaneo e felice, per essere stato toccato nella porzione di carne più ricettiva in sé.
La sua cavalcata successiva, era esperta, ma anche dolcissima, nel suo chinarsi, alla ricerca di ulteriori baci con Kevin.
Il sudore quasi zampillava dal busto scolpito ed asciutto di Tim, la sua estasi tormentata anche dalla masturbazione, messa in atto da un Kevin al limite dell’estasi.
L’orgasmo li assalì, anche nelle più remote terminazioni nervose, devastandole di ludibrio e passione.


Geffen prese la mano di Jude, che lottava per non assopirsi.
“Glam …”
“Sono qui.”
“Chiudi la porta, per favore …” – lo pregò sommesso.
“E’ già chiusa … sigillata direi” – sorrise, provando a distrarlo.
“Potresti aiutarmi Glam …?”
“Chiedi e farò il possibile” – replicò emozionato.
“Devi prima giurarmi … giurarmi su Lula che non dirai niente a Robert ed a nessun altro, nemmeno a Jared, che ti è così caro” – e due lacrime caddero dai suoi opali lunari, straziati dall’angoscia.
Geffen inarcò un sopracciglio, esitando.
“Glam … ti supplico, fallo”
“Ok, te lo giuro su Lula.” – ribatté fermo.
Jude si sollevò di poco, avvicinandosi a lui, parlando pianissimo.
“Quell’essere immondo … quel maiale … mi ha stuprato Glam.”
“Cosa …?”
“Vorrei essere visitato da Scott, in privato, per … perché ho tanta paura e mi vergogno da morire Glam.”
Geffen lo strinse forte, poi tornò a guardarlo.
“Scott ti assisterà al meglio e nella massima riservatezza, te lo garantisco Jude, però dammi la possibilità di assicurare alla giustizia quel bastardo!” – ringhiò furente.
“So che … so che tu ci sei passato con Kevin … ma io voglio solo cancellare questo abominio Glam … Posso contare su di te …?”
“Sino alla fine Jude. Sino alla fine, promesso.”



SUNRISE - CAPITOLO N. 115

Capitolo n. 115 - sunrise


Le parole di Jared non lasciavano spazio all’immaginazione.
Glam scosse la testa, avvolgendolo un istante dopo, con le sue ali robuste.
“Da quando ti amo, Jay, ho imparato a convivere con i rimpianti” – disse piano, per poi dargli un bacio profondo ed andarsene, senza lasciargli possibilità di replica alla sua scelta.


Colin cercò Jude, con la voce di chi voleva porre fine al proprio sconforto.
Law, senza Camilla e Robert per casa, la prima da Pamela ed il secondo dalla piccola Lillybeth a Malibu, corse dall’amico, consapevole che l’avrebbe trovato in uno stato pietoso.
Farrell aveva non solo bevuto, ma anche ingerito un farmaco, prescrittogli da Scott, per la terapia di mantenimento post ictus.
Era l’unica pastiglia, che l’attore proseguiva ad assumere, senza particolari effetti collaterali, essendo ormai sobrio da anni.
Il fatto di essere un ex alcolizzato, purtroppo, lo esponeva al rischio di gravi conseguenze: un’overdose capace di fargli perdere la cognizione di sé stesso e di ciò che lo circondava.
Jude provò a farlo ragionare, davanti alle sue invettive, atte a respingerlo, come se fosse un demone, sbucato da un inferno, che soltanto Colin vedeva incendiarsi all’ultimo piano della End House, disabitato e senza arredi, dove aveva trovato rifugio, per ubriacarsi senza essere disturbato.
I Wong, con i body guard ed i bimbi non potevano sentirlo assolutamente, così come non sarebbe accaduto con le grida di Jude.

Inaspettatamente Colin gli sferrò un colpo in pieno viso, facendolo crollare inerme sul parquet, dove la nuca dell’inglese emise un tonfo sordo, attutito da un provvidenziale tappeto.
Le mani di Farrell lo afferrarono per il collo, ma Jude non riusciva né a reagire né tanto meno a difendersi.
“Cole … Cole ti prego fermati …”
Altri schiaffi e gli abiti di Jude che andavano a brandelli.
L’odore nauseante di sudore acido, questa era l’ultima cosa che Jude riuscì a ricordare, prima di svenire, per un tempo indefinito.
Quello che accadde, nella stanza semibuia, Jude lo dedusse quando riprese i sensi.
La schiena era flagellata da fitte, come l’ambiente dal lampeggiare esterno, in una tempesta di vento e pioggia assordanti.
Le sue gambe erano umide, i jeans calati e sfilati solo dal piede sinistro, mentre alla caviglia destra erano rimasti intrappolati, come i boxer; la camicia strappata, così il pullover.
I dorsi delle mani graffiati, gli zigomi ammaccati, le tempie pulsanti, come la pelle dell’inguine.
Tremando, si toccò tra le gambe, sussultando nel capacitarsi che era stato aggredito da Colin.
Gli venne da vomitare e lo fece: non c’era nessuno, soprattutto, non c’era Colin.

Jude non poteva saperlo, ma Farrell era tornato come un automa sino al proprio letto, in una trance surreale, facendosi persino una doccia, prima di infilarsi tra le lenzuola candide.


Il terminal era semideserto.
Parecchi voli erano stati cancellati, ma non quello di Ivo.
Lui e Tim avevano litigato pesantemente ed al sopraggiungere di Kevin, la situazione sembrò peggiorare.
“Questa è l’ultima volta che ti chiedo di seguirmi Tim!!”
“Vai al diavolo, io non voglio crepare su quella scatola di sardine, per poi ridurmi a rimanere chiuso in camera ad aspettare i tuoi porci comodi, stronzo!”
Ivo gli mollò un ceffone, almeno l’intenzione era quella, ma Kevin, provvidenziale, lo bloccò per un polso, per poi buttarlo a terra, con uno spintone vigoroso.
“E tu che cazzo vuoi!!?”
Nelle sue iridi, Kevin riconobbe la furia delle persone egoiste e sadiche, alle quali non ci si poteva sottrarre, forse sedotti dal fascino del male, che Ivo trasmetteva nitido ed inquietante ai due giovani.
Il bassista non si arrese, reagendo con determinazione.
“Voglio portarmi via Tim e lo farò, stanne certo!”


La strada era buia, tutto lo era, dentro Jude.
Con uno sforzo, che gli apparve sovraumano, riuscì a rivestirsi e guadagnare l’uscita, coprendosi anche con un trench, dimenticato appesa ad un attaccapanni nei pressi di un’uscita secondaria della residenza di Colin.
Jude si alzò il cappuccio, nascondendo il viso tumefatto e le lacrime, che ben presto andarono a mescolarsi con la pioggia battente.
Mentalmente ringraziò il destino per essere solo al proprio rientro.
Si spogliò affannosamente, decidendo di lavare tutto e poi buttarlo, se necessario.
Era nel bagno di servizio, in preda al panico, quindi cercò del cognac e ne bevve un bicchiere quasi colmo.
Reggeva bene l’alcol, ma la paura gli attanagliava lo stomaco, rivoltato dai conati di poco prima.
Riempì la vasca e vi si immerse, tremando.
L’acqua ed i vapori lo rasserenarono, forse anche l’Armagnac aveva qualche merito: avrebbe voluto urlare, ma preferì quasi annegare, per poi risalire ansante e ripulito, dai segni invisibili lasciati da Colin, una delle persone alle quali era più legato.

Si impose una logica assurda, appena riuscì a rannicchiarsi sotto al piumone, profumato di Robert.
Se Farrell non l’avesse scagliato sul pavimento, se fosse stato cosciente insomma, non sarebbe accaduto nulla.
Avrebbe respinto la violenza di Colin e …
Ebbe come un black out: quei sensi di colpa erano quanto meno assurdi, quanto allucinanti.
Le lacrime si riappropriarono delle sue iridi alienate, così come Colin aveva fatto con la sua dignità e la sua gioia di vivere.


domenica 20 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 114

Capitolo n. 114 - sunrise


Quando miss Wong gli citofonò che Jared era arrivato con Isotta e che lo stava aspettando in biblioteca, Colin quasi cadde dal letto, ancora mezzo addormentato e stordito dai sonniferi.
Si precipitò sotto alla doccia gelida, riprendendo alla meglio lucidità e controllo, indossando poi una tuta, che solo mentre scendeva per le scale, si accorse essere del compagno.
In quelle due settimane aveva perso altri cinque chili, per lo stress.
Si bloccò di fronte ad uno specchio nel corridoio, fissando la propria immagine ed inspirando.
Le pupille erano leggermente dilatate, il viso segnato dal suo profondo disagio, il colorito arrossato per l’emozione.
Fece un ennesimo tentativo di dominarsi, ma fu pressoché inutile: non poteva perdere tempo, doveva vedere Jared immediatamente, anche se ne aveva una paura fottuta.


Farrell era privo di argomenti, di fronte alle fredde richieste di delucidazioni, snocciolate da Leto, seduto composto sul divano.
“Devo dunque parlare con quel Bishop, per sapere cosa ne sarà di me, Cole? Di questa casa, che è anche mia, ma prima ancora è la dimora intoccabile dei nostri figli, oltre che tua, ovviamente? In sostanza sono fattori di nessuna importanza per me, voglio, anzi esigo comprendere, il futuro che stai dando ai bambini, dopo questo divorzio che tanto desideri.”
Colin deglutì amaro, piazzandosi in poltrona, dietro alla scrivania, dopo essere stato appoggiato allo stipite, per non cadere, bloccato anche dalla visione di Jared: era bellissimo.
I capelli raccolti ed ordinati, il volto incorniciato da una barba curata, una leggera abbronzatura diffusa, merito del breve soggiorno a Palm Springs, gli abiti eleganti, camicia bianca su pantaloni neri, oltre alla giacca, in un completo firmato, che al cantante stava una meraviglia.
Il profumo, infine, di Jared, speziato, ma leggero, che aleggiava nell’aria, corrotta, peraltro, dalla tensione.
“Io … io non desidero affatto questo divorzio.” – disse finalmente Farrell, tentennando sull’ultima parola.
“Allora perché lo pretendi?” – ribatté serafico Jared.
Dentro aveva l’inferno, ma esteriormente non voleva lasciarsi andare ad inutili scenate.
Lo aveva promesso a Glam, mentre questi lo stringeva, prima di salutarsi.
Jared aveva preso l’ennesima decisione.
Colin non riusciva nemmeno a parlare.
Artigliò i braccioli, serrando le palpebre – “Io … io non sono in grado di affrontare questa situazione Jared … non oggi, io non ci riesco davvero, scusami.” – e si alzò.
Leto lo imitò, senza fretta.
“Questo è il mio nuovo indirizzo Cole.” – e posò un biglietto da visita sul tavolo.
L’attore lo esaminò, perplesso – “Residence Palace, Malibu …?”
“Sì, ho affittato un loft arredato, con pulizie settimanali e ristorante interno.” – così avrebbe mangiato regolarmente e senza scuse, un’altra garanzia quasi pretesa, ma amorevolmente, da Geffen.
“Jared io non”
“C’è poco da capire. Il mio domicilio, per il tuo amico Bishop, rimane lo studio dove lavora Marc Hopper, il mio avvocato attualmente.” – spiegò con insistente calma.
“Bishop non è” – Colin inspirò greve – “Come potevi pensare che riuscissi a tollerare quel tuo anello?!”
Jared era ormai sulla soglia, pronto ad andarsene.
“Io stavo per tornare qui, con Isotta, per chiederti scusa. La mia indelicatezza è stata inaccettabile, ma anche per me è un periodo traumatico da gestire Colin, quindi per distrazione non ho tolto questo anello, che è semplicemente un dono da parte di un uomo, a cui voglio bene e che non mi ha imposto niente, tanto meno un matrimonio.”
“Mi stai … confondendo Jay”
“Tu non hai compreso che senza di te, dopo il mio compleanno, ero come un relitto alla deriva: avevo bisogno di Glam, che mi ha assistito per l’ennesima volta. Certo agli occhi di chiunque io sarò sempre quello che passa da te a Geffen con disinvoltura o come una puttana”
“Jared!”
Farrell si avvicinò, bruscamente, richiudendo la porta e spingendovi contro Jared, dopo averlo catturato per le braccia esili.
“Lasciami andare Colin. Verrò qui ogni mattina, per stare con i bimbi, ma ora, per favore, lasciami andare.”


Solo un pianoforte.
Acquistato cinque minuti dopo avere ritirato le chiavi in agenzia: Jared lo aveva scelto di colore nero, come quello di Palm Springs.
Una postazione con pc ed un’apparecchiatura sofisticata per incidere i brani scritti di getto durante il suo soggiorno da Glam.
In cucina un frigo con qualche cibo vegano e le foto dei cuccioli, bloccati da tante calamite a forma di girasole.
Jared le sistemava ogni volta che gironzolava lì intorno, ripetendo sommessamente i loro nomi.
Nel living un mobile basso, affollato da decine di cornici elettroniche, con immagini del passato e del presente: Colin era ovunque.
Shannon fu il primo visitatore.

“Ti sei trovato un bel rifugio fratellino …” – disse, mentre lo abbracciava, guardandosi intorno.
“E’ asettico, scontato … ma a me piace.”
“No c’è … c’è una bella veduta sull’oceano …”
“Sì ricorda il mio vecchio appartamento, vero? Quello che”
“Manca la terrazza” – lo interruppe Shan.
“Già … come ti va la vita?”
“Mi sono divertito in Messico con Owen e le pesti … Josh ora è da Tomo e Denny, sono rientrati dai monti …”
“Vero, la settimana bianca, il mese prossimo dovremmo andarci.”
“Davvero? Tu e Colin?” – e sorrise.
“Non ne ho idea. Mi ha chiesto il divorzio.”
Shan impallidì.
“E’ una barzelletta Jay?!”
“No.”
“Lui ti tradisce e poi chiede il divorzio??!”
“Ha vissuto al peggio il mio trasferimento a Palm Springs, da Glam: si è fatto i suoi film, io li ho alimentati scordandomi di togliere questo” – e gli mostrò la fede nuova “quindi Cole ha tratto le sue conclusioni e mi ha sparato dritto al cuore, se ti piace la similitudine …”
“Porti due vere nuziali Jared …?”
“L’unica è quella del matrimonio con Colin, questa è un dono di Glam, per assicurarmi il suo amore incondizionato, ma senza vincoli, tanto è vero che … ma lasciamo stare.”
“Ci hai fatto sesso?”
“No!”
“Strano Jared, perdonami l’insolenza.”
“Tanto valeva accadesse, io non l’ho respinto, anzi, sai cosa ti dico, avrei voluto farlo, ma Glam mi ha … rispettato.” – e scivolò lungo la parete, accovacciandosi e tenendosi la testa.
“Potevi rimanere da noi.”
“E’ soffocante villa Rice e poi non ti vedo felice Shan, una tortura, che sommata a quella per il casino con Cole, stava diventando assurda!”
“Con Geffen invece è stato un paradiso?”
“Sì … perché negarlo?”


Kevin accompagnò Lula da Violet, per una merenda alla Joy’s House, un’ottima scusa per incontrare Colin ed accantonare il proprio turbamento per Tim.
L’irlandese lo accolse con una cortesia incolore, quasi di maniera.
“Ciao Kevin, rimani tu con i bambini, io ho da fare.”
“Credo che Rebecca e Simon siano più che sufficienti … Volevo parlare un po’ con te, ma se ti disturbo …”
“No … certo che no, andiamo in veranda, beviamo qualcosa.”
“Volentieri.” – Kevin gli sorrise, presagendo le ragioni del suo malessere.


“Volevo farti ascoltare alcune tracce Shan, per il nuovo cd.”
“Il nuovo cd?” – esordì stupito il batterista.
“Sì, non ci credi? Ho composto almeno dodici pezzi, tra ballate e rock pop … con venature di elettronica pura … molto interessante.” – rivelò con entusiasmo il leader dei Mars.
“Ok … sono tutto orecchie!”


“Perdonami per prima Kevin.”
“Riguardo a cosa?”
“Sono scontroso ed … insopportabile, da quando Jared è andato via.”
“Vorrai dire è andato a vivere con Glam.”
“Ah, non lo sai …”
“Cosa Colin?”
“Jared si è appena spostato in un alloggio a Malibu.”
“Non ci credo …”
“E’ tutto vero Kevin.”
“Hanno litigato?”
“Ci stai sperando? Non credo”
“Non me ne importa più un cazzo di Geffen!” – sbottò, posando il drink alla frutta, offertogli da Farrell.
“A questo sì che è difficile credere Kevin …”
“Mi sto … muovendo … cioè non rimango a casa per piagnucolare nel ricordo di lui.”
“Buon per te Kevin.”
Furono interrotti dal cellulare del bassista: era Tim.
“Un attimo Cole … Sì pronto …”
Ne seguì uno scambio di battute brevi a monosillabi.
Kevin chiuse la telefonata, con aria dubbiosa.
“Qualcosa non va?” – domandò incuriosito Farrell.
“Onestamente non lo so … ma voglio scoprirlo. Lula puo’ rimanere qui? Torno domani.”
“Nessun problema Kevin … Avvisa Glam, però.”
“Sì, non temere. A presto ciao.” – e si dileguò.


Quando Jared sentì il campanello rise, pensando che Shannon avesse scordato qualcosa.
“Animale cosa … Glam …?!”
“Ciao tesoro … lo so, avevo garantito che me ne sarei stato a Palm Springs e”
“Su entra.” – replicò Leto con un sorriso.
“Grazie. Permesso …”
“Cosa chiedi permesso a casa tua?”
“Casa mia?” – chiese meravigliato dall’affermazione di Jared.
“Così ricambio, con la tua villa … qui ci sono le chiavi, nel caso servisse Glam.”
“Spero solo per rifornirti di provviste Jay …”
“In effetti siamo due sopravvissuti … Sai che sono tornato a Los Angeles per non perdere i miei figli e per non dare adito a quel Bishop di infangarci inutilmente Glam, però a casa nostra possiamo ospitare chi vogliamo, non siamo in clausura.”
Geffen annuì – “La convivenza invece … un escamotage insomma Jared.”
“Ti offro da bere … come vedi ho già cenato a base di schifezze cinesi con Shannon.” – ed indicò gli avanzi rimasti sul tavolo del soggiorno.
“Almeno questo … guarda che non sono qui per controllarti Jay.”
Leto si girò di scatto, passandogli un succo di frutta – “A me non dispiace. Essere controllato da te. Salute …” – ed abbozzò un brindisi.
“Alla tua nuova … dimora Jay?”
“Anche … ma mi riferivo ad altro … a qualcosa di più importante per noi, che non voglio rimandare più Glam.”



venerdì 18 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 113

Capitolo n. 113 - sunrise


Robert deglutì a vuoto, mentre Jude posava la tazza di tè, sul tavolino, che si frapponeva tra loro e Colin.
“Hai chiesto il divorzio a Jared? Ma sei impazzito?”
Downey non seppe trattenersi, fissando l’irlandese, che era oltremodo assorto nei propri pensieri, dopo avere comunicato la novità agli amici.
“Non avevo scelta.” – ribatté Farrell, cercando con lo sguardo l’approvazione almeno di Jude, che non tardò ad arrivare.
“Forse è la cosa migliore Rob, del resto anche tu pensavi che prendersi una pausa”
“Ma cosa cazzo dici anche tu?!! Jared ne morirà, lui ti ama da impazzire Colin! Possibile tu non lo capisca?!” – sbottò alzandosi, per dirigersi alla finestra.
“Mi ama da impazzire, ma intanto va a vivere con Geffen, ti sembra logico accidenti!!?”
Jude raggiunse Robert, provando a calmare entrambi.
Posò il palmo sinistro sulla spalla destra di Robert – “Non è il caso di litigare …” – mormorò, con gli occhi lucidi.
“Jude … scusami per prima … scusami” – e lo strinse forte.
Farrell si contrasse – “Ecco, questo vuole dire amarsi da impazzire … come voi!” – e nel dirlo, Colin scoppiò a piangere.
I due corsero ad abbracciarlo, consolandolo per quel momento terribile.


Jared si congedò da Hopper, ringraziandolo per la premura di essersi affrettato a consegnargli quella comunicazione a Palm Springs, oltre ad assicurargli il proprio patrocinio.
Geffen avrebbe supervisionato gli incontri, senza ingerenze nell’operato di Marc.
“Io devo mettermi in contatto con Colin, adesso. Pensi tu alla bimba, Glam?”
Il tono del cantante era come accartocciato ai suoi respiri.
“Certo … Forse, però, dovresti rifletterci sopra Jared ed aspettare …” – disse incerto l’uomo, che provava un dolore sordo al petto, nel vederlo soffrire in quel modo.
“No, non posso rimandare. Vado in camera mia.” – e sparì.


Farrell volle restare da solo e quando vide la chiamata di Jared, ebbe come un capogiro.
Provò un desiderio insano di ingerire qualche barbiturico, per calmarsi, ma vi rinunciò all’istante.
Bishop gli aveva detto di essere rigoroso e puntuale ad ogni appuntamento con il marito ed il legale di lui, che presumeva essere Geffen stesso oppure un suo collaboratore fidato.
Ci mise un po’ a rispondere, ma poi si decise.
“Ciao Jared …”
“Ciao”
Ne seguì un doloroso silenzio, poi Leto si fece forza, seppure con un pianto incastrato in gola.
“Non … non è semplice farti questa telefonata Cole”
“Jared ascolta”
“No, fallo tu, una volta tanto.” – poi prese fiato, senza alterarsi minimamente – “Non hai capito veramente nulla di me e di noi, dopo tutti questi anni Colin”
“Cosa avrei dovuto capire, le tue fughe o la tua dipendenza da Glam?!” – lo interruppe brusco.
Jared si asciugò il viso, dal sudore e dalle lacrime.
“Pensi che questo Bishop risolva le nostre incomprensioni Cole?”
L’attore non rispose.
“Ho spiegato ai nostri figli i motivi per il mio temporaneo allontanamento Colin ed hanno compreso. Ora spero facciano altrettanto quando tu dirai loro che mi stai buttando fuori dalla tua vita.”
Jared riattaccò, spegnendo il cellulare, esausto.

Colin si piegò sopra al divano, dov’era rimasto, scivolando poi dallo stesso, fino al tappeto: vedeva chiazze nere intorno a sé, gli mancava il respiro.
Si trascinò a fatica sino alla propria stanza, allungandosi sul letto, al buio, in cui portò l’ambiente azionando le tapparelle elettriche a distanza con il telecomando installato sopra al comodino, all’interno del quale annaspò, fino a trovarci i sonniferi.
Ne inghiottì un paio, poi ancora due, aspettando che facessero effetto, nel tremolio generale del suo corpo stanco.


“Uova e bacon anche per te Kevin?”
Tim gli sorrideva dalla cucina, mentre lui gironzolava in boxer.
“Ok grazie … quanto cavolo abbiamo dormito Tim?”
“Abbastanza, ma ieri era tardi … anzi stamani” – e rise.
Kevin si accorse che era nudo, dietro alla penisola, già apparecchiata.
Il bassista tornò in camera, recuperando i jeans di entrambi.
“Potresti metterli Tim …?” – gli chiese, quasi con timidezza.
“Ti dà noia vedermi così?” – replicò il ragazzo, guardandolo di traverso, ma in maniera simpatica.
“No, affatto, sei splendido.”
“Grazie” – ed arrossì, non se l’aspettava un complimento così spontaneo da Kevin, che arrise al suo stupore, per poi baciarlo, intenso.


Downey chiuse la blindata come una furia.
“Sempre la stessa storia, ci andiamo di mezzo noi, litighiamo, per cosa poi, PER CHI??! Per quegli stronzi immaturi di Jared e Colin, ma vadano al diavolo!!”
Law andò a rannicchiarsi in poltrona: era turbato dalla reazione di Robert, perché leggeva nei suoi gesti un’autentica esasperazione, più lacerante in confronto a quella dimostrata in episodi precedenti.
“Potremmo non parlarne Rob …?” – domandò il biondo, per poi ammutolirsi.
L’americano trangugiò un Martini, ossigenandosi poi con vigore.
“Per fortuna Camilla è dal nonno … Guarda, danneggiamo anche la nostra cucciola con questi casini Jude!”
“Hai ragione Rob …”
“Lo so che soffri per lui, lo so che ci tieni a Colin e che sei consapevole, come me, che provocherà soltanto ulteriori danni a Jared ed al loro legame, con questa scelta avventata e ridicola!”
“Io so soltanto che vorrei che tu mi abbracciassi Rob, come alla End House.”
Downey esaudì subito quella richiesta, spargendo baci sugli zigomi di Jude, sulla sua bocca ben disegnata e carnosa.
Erano quelli gli attimi migliori di loro: assoluti, totalizzanti.


Geffen cambiò Isotta, con l’ausilio di Lula, che passava l’occorrente.
Jared non riusciva ad apprezzare quella circostanza allegra e spensierata, che sembrava coinvolgere la figlia, palesemente innamorata sia di Glam che di Lula ovviamente.
“Ecco fatto principessa.” – le sussurrò con tenerezza Geffen.
“Posso tenerla io?” – chiese Lula saltellando e Glam gliela passò con cura.
“Tienila bene soldino di cacio …” – e rise, accorgendosi alfine di Jared, che gli fece un cenno.
“Ok Lula, adesso vai dritto da Vassily e fate merenda, senza stampare la marmellata sulle pareti, come l’ultima volta, ok campione?”
“Okkeiii papi!”

Geffen chiuse la porta, dopo avere seguito Jared nella biblioteca, dove spesso lavorava.
“Tesoro come ti senti?”
“A pezzi Glam.”
“Mi sento responsabile per quanto accaduto Jared, ho voluto rendere un poco più reali i miei sogni ed egoisticamente ti ho coinvolto nel mio personale disegno, in un momento delicato del tuo percorso con Colin.”
Il discorso di Geffen era velato da un’afflizione composta, ma Jared non accettò il suo punto di vista.
Si strinse a lui, senza sapere chi dei due avesse l’impellenza maggiore di essere confortato – “Se il tuo demerito è quello di farmi sentire speciale Glam, allora sei colpevole …” – Jared sorrise, poi gli diede un bacio leggero, quindi affondò ulteriormente nel collo di Geffen, che non si dava comunque pace, nel vederlo così affranto.


Kevin notò delle istantanee in un cestino, tra la biscotteria ed il posacenere, dove Tim posò la sigaretta, che stava fumando lentamente.
Ne prese una, scrutando il volto di un tipo, che valutò essere suo coetaneo: non sbagliava.
“Quello è Ivo. Era sua la berlina, che mi ha scaricato al Dallas ieri sera.” *** – disse Tim, senza dimostrare interesse alla conversazione, che stava per nascere.
“Carino.” – replicò Kevin, posando la Polaroid.
“Particolare.” – Tim ridacchiò.
“Sarebbe?”
“E’ un paleontologo, 35 anni … Sicuro di sé, egocentrico, molto prestante.”
“Sei fortunato allora …” – disse contratto il bassista.
Tim sospirò.
“Non sono clienti, non batto più, storia vecchia, ma mi piace avere parecchi amici: averli addosso e sentirmelo messo dentro è sbagliato, per te, Kevin?”
All’altro quasi andò di traverso il caffè.
Kevin tossì, riprendendosi subito – “No, certo che no!”
“Dovresti smettere di giudicarmi.”
“Non lo sto facendo Tim!” – protestò, senza veemenza.
“Ivo mi tratta spesso come un oggetto, poi un giorno mi ha sparato un § ti amo § inaspettato ed abbiamo avuto qualche problema.”
“Voleva avere l’esclusiva su di te?”
“Appunto, sei sveglio Kevin, cogli al volo il fulcro della questione, tranne quella specifica per cui sei qui ora.”
“Di che parli Tim?”
“Ti sei illuminato come un’insegna di Las Vegas mentre parlavi di Colin Farrell, senza contare di come ti rode citare quel Jared Leto e di come sei ancora cotto del famigerato Glam Geffen: tanto varrebbe faceste un’orgia a quattro ogni tanto, così vi rilassate, ammansite i reciproci pruriti e non ve ne andate in giro a foraggiare altre sanguisuga in doppio petto, per dei divorzi del cazzo.”
Kevin si accese una Camel.
“Questo sì che vuole dire parlare chiaro.”
“Ho imparato a farlo frequentando carogne di ogni estrazione sociale Kevin.”
“Ok, io sono un perdente, Jared e Colin due sciroccati, di Glam cosa mi racconti?” – domandò secco.
Tim rise di gusto.
“Oh Geffen … è un tipo pericoloso.”
“Pericoloso?”
“Raramente papà mi portava appresso nel suo studio, mentre discutevano di affari anche poco limpidi, diciamo … Ovvio che immaginassi come fosse farsi sbattere per ore da uno come Glam, perché era ciò che ci raccontavano le nostre amiche, mie e di Kurt intendo, che ormai non si facevano neppure più pagare da Geffen, pur di vederlo. Lui sfogava nel sesso le sue angosce: aveva la fama da duro, ma in un’occasione, a Tania o Katia, si sbottonò un minimo … Il padre era un violento, lo picchiava”
“Conosco l’infanzia di Glam”
“Tu devi averlo cambiato Kevin, per come lo adori.”
“Merito di Jared.”
“Stronzate”
Suonarono.
“Chi rompe, cazzo …”
Tim andò al video citofono.
“Ciao posso salire?”
L’intonazione maschile, che gracchiava da quell’aggeggio, era asciutta ed invadente.
“Non sono solo Ivo.”
“Devo chiederti una cosa Tim.”
“Ok, vieni su.”
Kevin tornò in camera, a recuperare la t-shirt ed il giubbotto.
“No aspetta, non andartene, potresti reggermi il gioco?”
“Quale gioco Tim?”
“Non arrabbiarti … Digli solo che mi porti a pranzo, non ho voglia di averlo tra i piedi.”
“Ma …”
Anche Tim si vestì – “Grazie Kevin, ti devo un favore!”

Ivo aveva una bellezza, che Kevin definì “pungente”, nella propria valutazione mentale, appena Tim glielo presentò.
“Salve …”
Il saluto di Ivo era freddo, come i suoi occhi chiari.
“Sei nuovo Kevin …”
“Kevin ed io stavamo andando a mangiare.” – si intromise Tim, contenendo un certo nervosismo.
“Vado a Philadelphia oggi, per tre giorni, mi accompagni?” –
Ivo lo chiese puntando letteralmente le iridi di Tim.
“Ok … un convegno?”
“Sì.”
“Strano, di solito”
“Ho cambiato idea Tim.” – ed il suo atteggiamento si fece più mansueto: in effetti si poteva paragonare ad una belva, che astutamente andava a toccare le corde giuste nel cuore del suo interlocutore, una preda ambita a quanto sembrò di intendere a Kevin.
Ivo azzerò la distanza con il giovane, per un abbraccio casto, così come il bacio che gli stampò sulla tempia e poi tra il collo e la spalla, spostando il lembo di stoffa della maglietta – “Scusa per questo …” – bisbigliò, baciando anche un segno, che Kevin aveva notato prima di addormentarsi insieme a Tim.
“Passo a prenderti alle tre.” – concluse soddisfatto – “Piacere di averti conosciuto Kevin.” – e qui c’era un’arrogante ironia.
Kevin non disse nulla.
Appena Ivo uscì, Kevin cercò le chiavi dell’auto nelle tasche dei pantaloni e si diresse alla blindata.
“Buon divertimento a Philly.”
“Kevin …”
Voleva andarsene, senza voltarsi indietro, anche se le sue narici erano impregnate dal profumo di Tim, come il suo cervello, dalle sue risate: peccato che adesso, per Kevin, suonavano solo come canzonatorie.


N.d.a.
*** Il nome Ivo si pronuncia Aivo, giusto per immaginare i dialoghi.
Omaggio al film “No night is too long” dove i protagonisti sono appunto Marc Warren = Ivo e Lee Williams = Tim ;-D






MARC WARREN è IVO / LEE WILLIAMS è TIM

giovedì 17 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 112

Capitolo n. 112 - sunrise


Kevin parcheggiò in un’area di servizio.
“Devi fare rifornimento?” – chiese distrattamente Tim, che non staccava lo sguardo dal finestrino, tempestato di goccioline.
Continuava a piovere a dirotto.
“No … facevo solo una pausa.” – replicò Kevin, ormai tranquillizzatosi.
“Ok”
“Ok Tim … Che è successo là dentro?”
Il ragazzo rise, puntando il soffitto dell’abitacolo e poi la faccia di Kevin, girata anch’essa verso la strada semi deserta.
“E perché non iniziamo dalla Dodge Dart, dalla quale sono sceso al mio arrivo?” – esordì, quasi scanzonato.
“Va bene … se proprio ci tieni Tim” – e sorrise nervoso, guardandolo.
“Sinceramente non tengo proprio a niente di ciò che faccio … e di come vivo” – si strinse nelle spalle – “Non combino nulla di buono, da quando Roger è …”
“Senti, parliamo d’altro, anzi, ti porto a casa, vuoi?”
“Non mi dispiace ricordarlo” – quasi protestò.
“Ne sono sicuro Tim, neppure a me spiace ricordare Glam, però se ti fa male, non trovo giusto che tu lo faccia, per di più con me.” – ribatté risoluto.
“Lui mi faceva male, non i ricordi” – affermò deciso, con dignità.
Kevin arrossì, senza capirne la ragione, poi rimise in moto – “Ti accompagno.” – concluse, a tono basso, come se non volesse disturbare il resto del mondo.
Tim annuì, asciugandosi una lacrima, di cui Kevin non si era accorto.


Geffen infilò l’accappatoio a Jared, facendolo quasi roteare, per poi dargli ancora un bacio: non era successo altro tra loro, forse era lui a non averlo permesso in realtà, con la scusa di tornare dai bambini.
Jared aveva accettato in silenzio, seppure sconvolto dall’orgasmo procuratogli da Glam, che era ugualmente appagato da quell’intermezzo intimo e scabroso.

“Guarda come dormono …”
“Sì Glam, sono due angeli … Lula dice che Isy è la sua sorellina … Senti, io non voglio confonderlo, cioè …”
“So cosa intendi. Lula sa chi sono i suoi genitori Jay, però sai quanto sia legato a te. Del resto è anche merito tuo se l’ho adottato.” – e lo strinse, cullandolo per pochi istanti.
“Tu sei un padre incredibile Glam …”
“No, sono un disastro in quel ruolo, chiedi agli altri miei figli” – disse serio.
“Sei severo, a me sembra tu abbia recuperato con loro.” – puntualizzò il cantante, indossando un nuovo pigiama, come stava facendo Geffen.
“Un minimo sì, però è Lula il destinatario di ogni mia attenzione migliore … Devo lavorarci parecchio, sai? Magari distaccandomi a poco a poco dal lavoro, sia con i ragazzi, che le gemelle e poi il nuovo arrivo” – sorrise.
“E Sveva? Come sta?”
“La sento quasi ogni giorno, ha qualche problema di pressione … Dovrebbe rientrare a Los Angeles tra una decina di giorni, sempre con la sorella buldogg” – rise solare.


Era un mega loft in centro, arredato con gusto e ricercatezza.
Kevin sembrava studiarne i dettagli, forse stupito dall’eccessivo lusso di alcuni soprammobili.
“Me l’ha lasciato Roger, insieme ad un fondo fiduciario ed una rendita vitalizia. I suoi parenti volevano portarmi via sia questo appartamento, sia il denaro, ma lo studio Geffen ha risolto i miei problemi.”
“Ti ha difeso Glam?”
“No, un suo socio, Glam era il legale di pa … ops di Roger.”
“E’ stato generoso …”
“Sì, forse”
“Non lavori Tim?”
“Il mio mestiere era quello di Kurt.” – replicò asciutto, dirigendosi al mobile bar.
“Ah”
“Non lo sapevi Kevin?”
“Sì, cioè … non è che tutti gli amici di Kurt erano” – si interruppe – “Ok, sono un coglione.”
“Tu sarai nato e cresciuto nella bambagia, ma a tipi come me e Kurt non è andata così bene: ci ha salvato la nostra bella faccia ed il nostro attraente culetto!” – rise sarcastico.
Kevin andò a sedersi sul divano – “Non è vero … Ma non importa.”
Tim gli passò una birra – “Scusami Kevin, ho fatto una gaffe, giusto?” – mormorò amareggiato.
“La mia esistenza è un rifiuto dall’inizio Tim … Sei certo di volere ascoltare il mio melodramma? Ah, grazie per questa” – e sorseggiò dalla lattina la bevanda gelida, come il suo addome contratto.
Il giovane prese posto sul tavolino, davanti a Kevin: le loro ginocchia si sfioravano appena.
“Se te la senti … perché no?”
“Facciamola breve: infanzia in orfanotrofio, adottato da due stronzi, ricchi da fare schifo e poveri di amore, a me sembrava di dare fastidio pure a loro, come alle istitutrici … ho odiato le donne da sempre, strano che non sia un serial killer”
Risero, per l’espressione che Kevin fece, nel dirlo.
“Ok e poi?” – chiese con tono dolce Tim.
Kevin lo fissò, allo stesso modo.
“Poi … Poi qualche flirt … Francamente mi affezionavo a tutti quelli che mi facevano un complimento e per fortuna ho conosciuto ragazzi perbene … Studiavo con poco profitto, i miei costruiscono barche, pensavano ad un futuro da dirigente per me, invece preferii la musica.”
“Quindi diventi bassista dei Red Close”
“Non subito … Chris, il leader, lo conosco dopo tanti provini, ne avevo fatto anche per i Mars, il gruppo di Jared Leto, l’amante di mio marito, hai presente?”
“Eh? Jared Leto … amante di chi?”
“Ma sì … io volevo farla breve questa tragedia greca” – risero di nuovo – “Ma che si fottano … lui, Glam, Colin”
“Colin? Colin Farrell? Ma non è lui a stare con Leto?”
“Sì, sono sposati, hanno una marea di pargoli …”
“Ho visto le foto su qualche rivista … a me sono sempre sembrati due sciroccati.”
“In che senso?”
“Boh adottare tanti piccoli, quando si è così instabili … Drogati, bevuti … Non voglio giudicarli, anzi, ma ho avuto questa impressione da ciò che ho letto in rete, sai io navigo molto.”
“Hanno avuto dei casini, ma sono puliti, specialmente Colin.” – disse, tradendo una lieve emozione.
“Farrell è un ottimo attore, anche Jared è notevole come artista, guarda che io li rispetto, ma non riesco a decodificarli come coppia. Se tu poi ora mi dici che Jared è l’amante di tuo marito”
“Glam ama Jared da quando lo conosce, da prima di me, capisci? Poi arrivo io e lui … lui si innamora in qualche modo …”
“In quale modo Kevin?”
“Come un rimpiazzo Tim.”
“Fa abbastanza schifo come prospettiva.”
“Ovvio, ma io … Io in lui ho trovato ogni cosa, ogni sfumatura adorabile … E gli sono stato vicino anche in momenti terribili, mi sono beccato persino due pallottole nelle gambe e … cazzo!” – inspirò, strizzando le palpebre e stritolando l’involucro della Becks.
Tim gli diede una carezza, calda, delicata.
Kevin gli cinse il polso, con entrambi le mani, baciando poi il palmo, che lo aveva confortato – “Grazie” – sussurrò, liberando l’ossigeno dai polmoni, rimanendo ad occhi chiusi.
“Ok … due vite di … e se andassimo a dormire?” – propose TIm, con pacatezza.
“Posso anche rimanere qui”
“Non ne vedo il motivo Kevin … a me piace dormire con te”
“Lo dici come se fosse un’abitudine” – disse spiazzato.
“Sarà che hai un buon odore … o che non dai calci nel sonno ahhhah”
“D’accordo … ci facciamo una doccia prima?”


Geffen accese il computer, dallo schermo gigante, attivando diverse chiamate.
In pochi minuti almeno una decina di persone, suddivise in tanti piccoli riquadri, si collegarono con lui, salutandolo.
Erano studenti, in parte americani e diversi europei.
“Dunque … file numero dieci … ci siete?”
Quasi in coro confermarono, sorridenti e soddisfatti di essere in contatto con il loro professore particolare.
Glam inforcò gli occhialini, aprendo diversi fascicoli sulla scrivania, mentre alle sue spalle Lula correva per il living con un aquilone, tampinato da Vassily.
Jared era in poltrona, a leggere dei messaggi sul telefonino e sorvegliare Isotta, che sul tappeto componeva un castello con costruzioni in plastica colorata.
Era una bella giornata di sole.

Quando Geffen concluse la sua lezione, Jared lo raggiunse.
“Sei davvero un prof simpatico!” – esclamò sereno.
“Ci provo Jay … Hanno suonato o sbaglio?”
“Sì …”
“Aspetta, vado a vedere chi è.”
Era Hopper.
Geffen lo accolse con un sorriso, che si smorzò alla vista di inconfondibili documenti.
“Ah … sono arrivati, per il mio divorzio da Kevin?”
“No … veramente sono per Jared. Li hanno notificati da parte di Bishop …” – spiegò imbarazzato Marc.
“David Bishop?” – disse Glam sbigottito, mentre Jared si avvicinava perplesso.
“Sì, c’è anche la revoca di Farrell per te Glam … Ha chiesto il divorzio, da Jared … mi dispiace.” – e li porse a Leto, che perse un battito.
“Cosa …? Cole mi chiede … il divorzio?”



Isotta

mercoledì 16 maggio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 111

Capitolo n. 111 - sunrise


“Colin non mi ha fatto nulla Glam … stai tranquillo.”
La voce di Jared era sommessa.
Stava seduto a gambe incrociate sul letto di Geffen, mentre questi gli accarezzava dolcemente i capelli, posando un bacio sulle sue tempie, quando lo vedeva tremare troppo.
“Io sono tranquillo Jay e sono certo che Colin non ti farebbe mai del male.” – disse pacato.
Jared sorrise mesto – “Tu dimentichi”
“No, non l’ho dimenticato Jay.” – lo interruppe, prendendo fiato.
“Ha visto … ha visto l’anello e si è infuriato … Non mi ha neppure chiesto da dove venisse, sembrava saperlo … Ho fatto una cosa sbagliata, ho mortificato Colin, sono stato inopportuno Glam e … e lo stesso faccio con te.” – lo fissò, alzando lo sguardo sino a quel momento concentrato sulle proprie dita.
“E cosa dovresti fare Jared, se non semplicemente esistere?” – replicò sorridendo.
“Glam ma”
“Dovresti fare sesso con me?”
“No … faremmo l’amore …” – ed il sorriso di Jared divenne ancora più nervoso, quasi incredulo – “Tu ed io … sarebbe naturale, sarebbe giusto” – una lacrima segnò il suo zigomo sinistro, cadendo veloce, come il suo respiro – “Non facciamo l’amore Glam, noi non lo facciamo e non capisco neppure il motivo e”
Geffen lo baciò.
Adorava interromperlo in quel modo e sentiva che a Jared dava le medesime sensazioni, di appagamento e di appartenenza.
“Ti amo Jay … ti amo così tanto e potrei resistere senza possederti, se solo rimanessi nella mia vita quel tanto che basta per” – ma si interruppe, scuotendo la testa.
Jared lo abbracciò forte.
“Tu non devi più sacrificarti per me Glam.” – disse sommesso il cantante, cercando nuovamente la bocca di Geffen, spingendolo sotto di sé, senza staccarsi da lui.
Un lieve bussare li interruppe.
“Papi ci sei?”
Era Lula, squillante, ma educato.
“Arrivo! … Scusami tesoro” – e dando ancora un bacio sulla fronte di Jared, Glam si diresse alla porta.
Quando la aprì, vide Lula con in braccio Isotta.
“Ehi che succede …?”
“Isy vuole dormire con il suo papà!” – spiegò allegro.
“Ok …”
“E anch’io papi!” – aggiunse Lula, bisbigliando in modo buffo, mentre si sistemava tra Jared e Glam.
“Principessa tutto bene?” – le disse con tono amorevole il padre.
Isotta rise felice, accucciolandosi.
Geffen spense la luce – “Buonanotte ciurma” – sussurrò sereno, dando una carezza a tutti e tre, che sembravano ringraziarlo con i loro occhi, rassicurati e felici.


Kevin non sapeva cosa ci facesse ancora lì, sotto alla pensilina del Dallas.
In realtà conosceva alla perfezione il motivo di quell’appostamento.
Con le mani nelle tasche del giubbotto sportivo, quasi saltellando da una lastra all’altra di plexiglass, illuminata da led azzurrini, puntava ogni figura si palesasse dalla strada o dal marciapiede retrostante.
Tim non si vedeva.
Era un cliente assiduo di quel posto, anche il barista lo aveva confermato a Kevin, però stranamente non si faceva vivo da una settimana.
Finalmente arrivò, dopo essere sceso da una berlina, che sparì appena lui richiuse lo sportello.
Aveva l’aria sconvolta.
Kevin avvertì come un pugno allo stomaco: cosa gli avrebbe detto?
Si ripeteva un paio di saluti insulsi, quando invece doveva a Tim delle scuse.

“Ehi ciao … ti … ti stavo aspettando.” – disse quando finalmente il ragazzo fu a tiro per una conversazione decente.
“Kevin … sei l’ultima persona che pensavo di incontrare qui … e l’unica che non voglio vedere! Va al diavolo e fammi passare” – disse risoluto, spingendolo da un lato.
“Tim aspetta!” – ed afferrandolo per le spalle, lo spostò verso un angolo più appartato, a pochi metri dalle casse del locale.
“Che cazzo vuoi?!” – esplose, senza però divincolarsi da lui.
“Chiederti … Volevo scusarmi, ecco” – ribatté impacciato.
Tim ridacchiò, alienato – “Come se fossi il primo che mi sbatte e poi mi getta, come hai fatto tu con i preservativi, con cui vado in giro ben fornito, giusto Kevin?”
Il bassista lo liberò da quella morsa inutile – “Non pensavo a ciò che stavo dicendo … ero … io ero incazzato per come è andata a puttane la mia vita”
Tim annuì, guardandosi attorno – “Perdonato ed ora vaffanculo, ok?” – e corse via, salutato dai due buttafuori.
Ricominciò a piovere.


Il temporale svegliò Jared.
Scivolò verso la cucina, per prepararsi una tisana.
Inciampò in diversi mobili, ostinandosi a rimanere al buio, perché qualsiasi bagliore l’avrebbe infastidito.
Quando finalmente arrivò al frigorifero, un corpo caldo lo cinse da dietro, spingendolo contro all’elettrodomestico, dopo averlo bloccato per i polsi.
Riconobbe il profumo di Glam, che repentino lo girò a sé, ammirandolo nel susseguirsi del bagliore dei lampi.
Jared lo baciò, il cuore in gola.
Geffen era nudo, mentre a lui restavano indosso soltanto i pantaloni setosi di quel pigiama, trovato al suo arrivo nel cassettone della sua camera.
L’avvocato si mise in ginocchio, correndo con la sua lingua, che mai si era separata da Jared, fino al suo inguine, scoperto con un gesto brusco da quell’indumento leggero.
“Mio Dio Glam” – gemette lui, appena l’uomo inghiottì la sua erezione, succhiandola vigorosamente.
Le dita di Geffen erano assicurate ai fianchi di Jared, che non smetteva di sfiorare la nuca del suo amante, con i polpastrelli non più gelidi.
Quando quel contatto straordinario stava per volgere al culmine, la bocca di Glam si alternò alla propria mano destra, altresì capace ed instancabile, fino a finire Jared, nutrendosi della sua essenza.
Geffen risalì, impetuoso, aderendo alla pelle di Jared, baciandolo ovunque – “Non pensare mai che io non ti desideri Jay … non crederlo neppure per un secondo … sei tutto ciò che voglio. Tutto ciò che voglio, hai capito?” – e riprese a divorarlo, con il suo ardore, dopo che lo stesso effetto era stato sortito dalle sue parole.


Kevin non voleva demordere.
Si era intanato nel proprio suv, in attesa di Tim.
Erano quasi le due, quando lo vide uscire barcollante dall’ingresso a vetri, sorretto da un altrettanto giovanotto brillo e dagli atteggiamenti poco gentili.
Tirò un pugno tra le scapole del giovane, che sbottò nella sua direzione, bissando quel colpo, con uno schiaffo sull’orecchio di quel coglione.
Kevin intervenne, dividendoli da una zuffa pronta a scatenarsi, non solo tra i due, ma coinvolgendo anche un gruppetto poco raccomandabile di cocainomani, che Kevin aveva notato durante la sua unica visita al Dallas, quando conobbe Tim.
Quest’ultimo non se lo fece ripetere e seguì frettolosamente in auto Kevin, che ripartì sgommando.