mercoledì 29 febbraio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 55

Capitolo n. 55 - sunrise


“Sam è finito il latte di soia.”
“Guarda in dispensa ce n’è ancora.”
“Ma perché non lo tieni in frigo?” – chiese nervoso.
Al mattino era sempre di corsa ed agitato per la giornata di lavoro intensa.
Sam era più serafico, nel programmare gli impegni quotidiani, quindi sorrise, nell’esaudire la curiosità del compagno.
“Semplice: tu lo riempi a dismisura, non so neppure io perché, visto che poi devo gettare un terzo del cibo che compri.”
“Sai che” – “Sì lo so Dean, l’ho dovuto imparare da solo che hai anche questa piccola ossessione.” – disse accarezzandogli il volto, ma con l’immediato risultato di vederlo ritrarsi infastidito.
“Non è un’ossessione, ho poco tempo per la spesa e quando ci vado faccio rifornimento!” – protestò sgranando quegli occhi grandi e luminosi.
“Però mangi poco …” – replicò Sam con dolcezza.
“Ingrasserei e …” – ma un bacio stoppò le sue rimostranze, così un abbraccio, in cui Dean volle perdersi, una volta tanto.



“Ed è carino … certo il nostro piccolo, è cresciuto in fretta …”
Farrell sbarrò le palpebre aggrottando la fronte, seduto al centro del letto, nuovamente con tutti i cuccioli, impegnati ad assistere i singhiozzi di Jared, travolto dall’emozione di avere trovato Yari con Misaki.
Ci aveva rimuginato tutta la notte, senza potere aggiornare subito Colin sull’accaduto, sentendosi poi vecchio ed antiquato.
I gemelli stavano disfacendo il mega pacco di kleenex, recuperato da Colin nell’armadio, spargendoli ovunque, mentre Isotta ed Amèlie ne passavano a mazzi a Colin, che li ripassava a Jared.
“Ok, nostro figlio ha un ragazzo … Ho presente di chi si tratta, è molto carino …” – e sorrise, dando dei buffetti a Jared, che sembrò quietarsi.
“Sono sempre l’ultimo a sapere le cose, ecco!”
“Veramente … Oddio Jay … ahahhahah”
“Scommetto che ne eravate tutti a conoscenza, io devo essere una specie di ritardato allora!”
Colin scoppiò a ridere ancora più forte.
“Sì, sì, sto facendo la figura dell’imbecille! Il nonno se n’era accorto? Forse pure i Wong, anche Shannon ci scommetto! Pure Kevin e Glam, giusto? Ora lo chiamo e glielo chiedo!” – ed afferrò il b-berry.
Geffen era sommerso dai cuscini e dai peluche di Lula, che aveva dormito con i genitori.
“Co-cosa dici … Jay … ma che ore sono …? Io ti strozzo …”
“Tu lo sapevi che Yari sta con Misaki??”
Colin ormai era sul tappeto, sul petto Ryan e Thomas, con le lacrime agli occhi.
“Yari …? Misaki … Cazzo Jared … ti passo Kevin …” – e si rintanò sotto le lenzuola imprecando.
“Pronto …? Jay che succede?” – “Kevin forse già lo sapevi, ma il mio Yari ha un ragazzo! Misaki, nuotano insieme!”
“Misaki? Sì hanno vinto la staffetta tre mesi fa alle gare nazionali …” – disse assorto.
“Ecco vedi Cole!! Lo sanno tutti!!”


“E poi direi arrosto, in genere piace.”
Steven stava massaggiando la schiena di Chris, un’abitudine al risveglio, che il cantante dei Red Close gradiva parecchio, inventandosi strani indolenzimenti.
“Ripieno?”
“Anche Christopher … contorni misti, niente pasta, magari al dolce pensa Sam.”
“Sì, ovviamente, è lui il pasticcere del palazzo … grazie …” – e si sollevò, cercando la bocca al sapore di caffè di Boydon, che non chiedeva di meglio.


“Che eleganza Jamie …”
“Vado bene Marc? Troppo rigido?”
Era nervosissimo: avevano fissato un appuntamento con l’assistente sociale del vicino orfanotrofio, per potere avviare le pratiche dell’adozione e quello era il primo passo fondamentale da affrontare.
Hopper era più serafico, ma fingeva spaventosamente.
Continuava a seguire le movenze e le espressioni di Jamie, anche quando dovettero riempire decine di questionari.
Erano incastrati in quelle seggiole con il tavolino integrato, come due studenti agli esami.
Jamie, mancino, si strofinava zigomi e sopracciglia, quando trovava una difficoltà.
Si slacciò l’ultimo bottone della camicia bianca ed allentò il nodo alla cravatta: “Accidenti Marc … mi sono impantanato …” – e sbuffò, lamentandosi piano.
Hopper era come incantato dalla sua spontanea genuinità ed innocenza.
Fece correre i propri occhi sul profilo di Jamie, che sentendosi osservato, si girò a fissarlo – “Ehi … che c’è …?” – domandò timido.
Marc si sporse per dargli un bacio intenso.
Quando a malapena si distaccarono, le loro fronti si unirono – “Ti amo da impazzire Jamie …”
“Anche se sono imbranato con caselle, date e numeri …?” – sussurrò con una vaga afflizione.
Il sorriso di Hopper gli ridiede fiducia immediata.
“Dai vediamo queste domande tesoro …”
“Sì Marc, grazie.” – e sospirando accostò la sua cartellina, mostrandogli quale fosse il problema.


Chris volle approfittare del sole nel tardo pomeriggio per mantenere la sua splendida abbronzatura.
Salì al solarium, ritrovando su uno dei lettini Dean, a pancia in giù e solo i jeans addosso, per di più non allacciati.
La sua figura era tonica quanto quella di Chris ed attirava l’attenzione, quasi forzatamente.
“Ciao Dean …”
“Salve, come stai?”
“Bene … già fuori dall’ufficio?” – accennò una conversazione, provando comunque dell’imbarazzo nel sentirsi come analizzato dalle iridi del broker.
“Ho orari flessibili. E tu Chris?”
“Sono stato mesi in tour, adesso mi riposo … un anno sabbatico, si dice così sai?”
“Capisco … mi presti la lozione? La mia l’ho dimenticata e non ho voglia di scendere.”
“Certo, eccola …” – e gliela passò, mantenendo una certa distanza.
L’arrivo di Sam fu come un sollievo per Chris.
“Ah sei qui, ma non dovevamo …” – “Dio quanto rompi Sammy!” – sbottò cercando una t-shirt nella sacca da palestra, che Chris neppure aveva notato.
“Hai deciso tu per il cinema … ciao Christopher.”
“Buongiorno Sam … ci vediamo domani sera?”
“Sì … vi piacciono le meringhe?”
“A me no.” – intervenne Dean.
“Lo so, ti ho preparato la zuppa inglese infatti.” – lo zittì immediato, cogliendo il suo disappunto, forse per essere stato importunato durante il suo inaspettato incontro con Chris.
Sam glielo disse, non sapendosi trattenere, appena saliti in auto.
“Non dire cazzate!”
“Vorrei solo che non ti rendessi antipatico anche con questi vicini!”
“Quando mai l’ho fatto, eh Sam??!”
“Davvero l’hai rimosso da quella testolina?”
“Dico solo ciò che penso!”
“Dovresti invece pensare prima di dirlo!”
“Vacci da solo a vedere quel film stronzata Sam, mi hai rotto!!” – e ridiscese sbattendo la portiera.
Sam si spostò alla guida e mise in moto: non lo avrebbe assecondato, non questo giro.



DEAN


MISAKI


JAMIE

martedì 28 febbraio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 54

Capitolo n. 54 - sunrise


Era la sua saliva calda ed umida, a salire come una scia vertiginosa, dalla base del collo di Dean, fino alla sua bocca, che andava a schiudersi, progressiva e debole, sotto alle spinte di Sam.
“Sammy …” - a metà tra un gemito ed un rivolo di stupore, perché lo perdonava sempre, Dean si ancorava con le braccia alle sue spalle larghe e massicce, così le gambe ai suoi fianchi in continuo movimento.
“Taci …” – gli respirò dentro – “taci” – una sola parola, precipitava nella sua gola asciutta ed assetata di lui.
Lo tirò su, come se non pesasse niente: Dean era lieve e gracile, in quella foto stampata nella mente di Sam, quando a cinque anni se ne stava rannicchiato contro alla staccionata di una casa, in cui tutto gli era ostile.
Furono rare le confidenze che Dean gli fece sulla propria infanzia difficile, nonostante fosse così simile a quella di Sam.
Il ragazzo si innamorò anche attraverso quello scatto rubato da un vicino, per provare la sua nuova Polaroid.
Gliene fece dono, visto che era il compleanno di Dean, ma nessuno se n’era accorto.
I coniugi Gleeson, troppo impegnati ad incassare l’assegno mensile per gli otto orfani in affido, anzi in ostaggio, non si erano mai presi a cuore le date di nascita di quei piccoli disgraziati, come amavano definirli intorno al tavolo durante i pasti scarsi e freddi.
Dean sognava soltanto di andare a scuola, leggere ed imparare un mestiere, per non avere più paura del buio e di quei passi.
Gli assistenti sociali lo spostavano di continuo, per la sua indolenza ed il carattere blindato, un po’ come se chiederne la custodia, equivalesse ad ottenere almeno un bambino simpatico, per dimenticare quanto fosse in realtà un peso.
Dean odiava gli adulti e spesso pensava ad ammazzarsi prima di crescere troppo e divenire orrendo quanto loro, senza capire quanti danni invece avesse già subito il suo carattere instabile e senza equilibrio.
Un autentico disastro.

“Sammy …”
Lui aveva quelle mani grandi, cinque anni in meno, gli occhi da opossum, guai a dirglielo, Sam si incazzava, credendo lo prendesse per i fondelli, sbagliando.
Era il modo da parte di Dean di dirgli quanto lo amasse.
Dean che reclinava la testa all’indietro, così i bulbi oculari, tra le palpebre tremolanti, era l’attimo in cui godeva maggiormente e Sam lo sapeva alla perfezione.
Si ingrossava dentro di lui, acuiva i colpi, voracemente lo baciava e leccava, Dean inghiottiva ossigeno e grida smorzate dalla vergogna per essere tanto vulnerabile, fino a riempirsi di Sam, profusamente ed a lungo.



Isotta si addormentò subito, ma Amèlie non voleva saperne, almeno quanto i gemelli, tutti riuniti nel lettone dei genitori, che si erano appena congedati da Violet e Rebecca, impegnate nelle prove di un saggio per la settimana seguente.
“E Yari?”
“Non lo so Cole, miss Wong diceva che doveva allenarsi e che forse dormiva da un amico …”
“Ma abbiamo guardato in camera sua?” – chiese armeggiando con un biberon di camomilla.
“Io no … pensavo l’avessi fatto tu …” – e sorrise – “Ok vado a vedere.”
“D’accordo Jay, ma poi torna subito, qui sono in minoranza!” – e rise felice.

Il cantante dei Mars salì al piano superiore, dove Yari si era ricavato un mini appartamento.
Era un adolescente maturo ed impegnato, specialmente nel nuoto, ad un passo dalla nazionale, con grande orgoglio da parte di Colin e Jared, che ormai era sulla soglia di quello spazio coloratissimo e moderno.
Bisbigliò il nome di Yari, sentendo una musica a basso volume, proprio del suo gruppo.
A Jared faceva effetto ascoltarsi, ma provò un’emozione maggiore quando vide Yari assopito ed abbracciato tra le coperte, insieme ad un compagno di scuola giapponese, di cui non rammentava il nome.
Gareggiavano spesso insieme ed erano coetanei.
Rimase spiazzato da quella visione imprevista, notando svariati dettagli, che ripercorse mentalmente, durante il tragitto al contrario.
Era agitato e sconvolto, ma non smetteva di ripetersi che non c’era niente di male.
Poteva esserci un’amica invece c’era … “Misaki, ecco come si chiama! Pensare che è uno dei miei personaggi anime preferiti …” – masticò, aumentando il passo per dire a Colin della sua scoperta clamorosa.
Un rumore lo bloccò.
“Papà …!”
“Yari!”
“Siete tornati …” – e si precipitò ad abbracciarlo.
“Ciao Yari, sì … sani e salvi, come gli zii Marc e Jamie …” – disse in un fiato.
“Meno male, l’avevo saputo da Xavier comunque …” – disse raggiante.
“Tu tutto bene, la scuola … la piscina?”
Yari fece una risata buffa – “Ci hai visti, vero papà?”
“Oh miseria … che figura … ti va di parlarne?”
“A me sì ed a te?”



Il latte era fumante e le tortine alle mele di nonna Rita squisite.
“Te lo avrei detto papà …”
“Lo so Yari, quindi … è una faccenda seria.” – disse pavoneggiandosi in una comica autorevolezza paterna, poco consona ai suoi atteggiamenti notoriamente moderni.
“Misaki è … stupendo, come papà Colin!”
“Davvero? … comunque sono davvero fiero di te … ma anche di lui … ho visto che avete usato delle precauzioni ed è notevole …” – sottolineò, riferendosi ai preservativi sparsi accanto alla sveglia di Yari.
“A quello ha provveduto Misaki, io li trovo … poco naturali.” – e fece una smorfia divertente.
“Anch’io e papà quando …” – ma interruppe la corsa dei ricordi, arrossendo.
Risero insieme, decidendo di tornare dai rispettivi partner immediatamente.



Quando Jude si ritrovò davanti Chris, all’emporio di leccornie italiane, trasalì, provando un forte imbarazzo.
“Ehi ciao, anche tu qui?”
“Ciao Chris … sì in effetti …”
“Come stai? Compri le lasagne per cena?”
“No … carne e verdure grigliate … A Robert piacciono da pazzi …” – sorrise impacciato.
“Steven preferisce cannelloni e trota salmonata al cartoccio, dovrei metterlo a dieta.” – e rise solare.
“Non direi …” – e provò a defilarsi, ma Chris era in vena di chiacchiere.
“Papà ti ha detto della nostra cena? Del mio invito intendo.”
“Più o meno.”
“Cucinerà Steven, è lui lo chef, quando non è di turno all’ospedale, ovvio … a proposito potresti dire a Robert che ha funzionato?”
“Che cosa?” – si incuriosì.
“Ho affrontato il discorso con Steven, senza timori, a cuore aperto, come mi aveva raccomandato papà … Gli ho chiarito la mia intenzione di adottare un bimbo e non di … concepirlo con l’utero in affitto …”
“E’ una scelta importante Chris …”
“Sì, ma spesso mi rendo conto di non volere deludere Steven, come se …” – inspirò – “Come se temessi di perderlo se lo contraddicessi, invece è una cavolata tutta mia … E papà mi ha … svegliato!” – e scrollò le spalle.
“Robert è capace e generoso … lo so.” – disse Jude commuovendosi.
Inforcò istantaneo i ray ban e tossì, ma a Chris non sfuggì nulla.
“Siamo stati fortunati, abbiamo uomini fantastici Jude …”
“Sì … non voglio più scordarlo.”


CHRIS

SUNRISE - CAPITOLO N. 53

Capitolo n. 53 - sunrise


Jude ricadde in un doloroso silenzio, una volta rientrati nell’appartamento.
I giochi da spiaggia non potevano essere sufficienti a risanare da subito quella ferita apertasi dopo la discussione con Robert, che si distrasse a fatica occupandosi della cena di Camilla.
La mise a letto, raccontandole una favola, che non sembrava volere giungere al lieto fine, ben noto alla bimba.
Downey rimandava l’incontro con Jude, incapace di farsi perdonare per avergli provocato quell’ennesima crisi di gelosia verso Chris.
Nel frattempo lui aveva mandato una e-mail a Colin ed una al proprio agente, per sapere se c’erano novità lavorative su di un progetto teatrale in quel di Londra, al quale teneva parecchio.
La sera stava accarezzando Los Angeles, ricoprendo malumori e dubbi, ancora una volta.


“Come è andata oggi al lavoro?”
Sam stava riordinando i cassetti di Dean, insopportabilmente disordinato tra le mura domestiche, mentre questi giocava davanti al pc, nella loro camera.
“Nulla di che … tu invece, hai creato qualche nuovo capolavoro?” – chiese di rimando distrattamente.
Sam sapeva che non gli importava dei suoi successi come pasticcere, termine persino limitativo, considerato che ormai era un artista nel realizzare quelle preparazioni elaborate quanto golose.
“Dei … dei biscotti …” – disse timido – “Li ho chiamati … Deaners …” – aggiunse diventando paonazzo.
Il compagno vide quella reazione riflessa nello specchio di fronte a lui, provando un misto di irritazione ed insofferenza – “Hai dato il mio nome ad un frollino?” – domandò brusco.
“No … cioè non …” – Sam inghiottì quella sua reazione amara – “Lasciamo perdere Dean, tanto non capiresti.” – ed uscì dalla stanza.
L’altro non lo mollò, seguendolo.
“Magari li ha fatti a forma di orsetto lavatore!” – inveii, tirandogli un cuscino.
Sam si voltò, serrando i pugni – “No! NO! Li ho fatti a forma di testa di cazzo quale sei!!”
Dean avanzò togliendosi la camicia, restando a dorso nudo come Sam, libero da intralci, per poi sferrargli uno schiaffo in pieno viso.
Sam, più alto e massiccio di lui, ma anche svelto nell’evirare colpi, anche inaspettati, avrebbe potuto fargli molto male, considerata la differenza di stazza e muscoli, ma si limitò a bloccarlo, le braccia dietro la schiena, i loro busti aderenti e sudati.
“Lasciami stronzo!” – sibilò Dean fremente e livido.
“Sei solo un broker viziato e superficiale, bugiardo ed arrogante!”
“E tu uno scimmione senza carattere!!” – gli ruggì, ma con le lacrime agli occhi.
Sam lo scagliò in un angolo, prendendo poi una t-shirt rimasta sul tavolo della cucina, indossandola con la frenesia di chi vuole andarsene prima di commettere un’azione sconsiderata.
Guadagnò la blindata, che richiuse sonoramente, accompagnato dalle invettive di Dean, rimasto incastrato tra un tavolino e la poltrona del loro living, immerso nella penombra.


Il soffitto si riempiva di puntini violacei a forza di fissarlo.
Robert strizzò le palpebre, tirando su di qualche centimetro ancora il lenzuolo sul petto e contemporaneamente verso la spalla di Jude, girato di spalle e rannicchiato in posizione fetale.
“Scusa … sei hai caldo lo tolgo …” – mormorò, chinando il capo ed accorciando di poco la distanza tra loro.
“Vado a Londra domani.” – gli replicò incolore.
Downey deglutì.
“A … a fare cosa Judsie?”
“Ho un’audizione.”
Robert rammentò un discorso precedente – “Sì, ok … Se otterrai la parte, però, sarebbero sei mesi di repliche … in Inghilterra.”
“Intendo farle, se avrò il lavoro.” – spiegò, mordendosi il labbro inferiore.
Robert si sollevò sui gomiti – “Sarà … sarà bello starsene a Londra con Camy, per l’inverno, io … io sono d’accordo …”
“Chi ha parlato di questo?”
“Vorresti andarci da solo Jude?” – se gli avessero tagliato la gola, avrebbe fatto meno male, pensò Robert sbigottito.
“Sì, potrei volerlo.” – e scivolò via dal letto – “Vado a prendere dell’acqua, l’ho dimenticata.” – ed afferrò la caraffa, ben sistemata in un vassoio d’argento, con alcuni bicchieri in cristallo.
Downey accese l’abat jour dalla sua parte, scrutando le mosse di Jude, che sembrava gelido, ma sicuro.
Attese un paio di minuti, ma poi, non vedendolo tornare, decise di raggiungerlo.
Lo vide seduto su di uno sgabello, riverso e singhiozzante sulla penisola in legno massiccio.
“Jude …” – la sua voce si spense in un rantolo preoccupato.
Corse ad avvolgerlo, sbilanciandolo e cadendo insieme a lui sul parquet, in un groviglio scomposto.
Iniziò a baciarlo con frenesia, a scatti, sulla fronte, gli zigomi, il collo ed insistendo sulla bocca di Jude, non smetteva di dirgli – “Pensavi ti avessi creduto? Stupido, stupido … stupido!” – ma intanto piangeva come un cucciolo terrorizzato.
Law subiva quegli attacchi di amore e gioia compulsiva, da parte di Robert, che voleva consolare ed assaporare la reciproca fragilità.
Come sfinito, l’inglese lasciò cadere le braccia, un istante prima aggrappate a Downey, che si bloccò, ansimando.
“Io … sono così innamorato di te Rob …”
“Jude scusami … scusami …” – gli parlò, labbra contro labbra, fondendole infine, in un bacio profondo quanto agognato da entrambi.


“Mi sento innamorato come i primi tempi Glam … Forse è questo posto, ma non lo penso davvero, sai?”
Jared sorrise, raccogliendo le gambe sopra ad una seggiola, nella sala d’attesa dell’aeroporto di Dublino.
Stavano aspettando l’ok dei piloti: il jet di Meliti aveva quasi completato il rifornimento.
“Ne sono felice, l’avevo notato.” – ribattè Geffen, sorridendo limpido.
Erano praticamente da soli.
Colin era andato al bar con Eamon, il resto del gruppo faceva shopping e qualche telefonata.
“Glam senti … noi avevamo fatto quel patto …” – disse esitante.
“Di incontrarci due volte a settimana, lo so.”
“Ed io so che per te era un problema …”
“Tu non sei mai stato un problema per me Jared.” – disse, cingendogli il polso con quella delicatezza paterna, di cui il cantante dei Mars avrebbe avuto bisogno costantemente.
“Sì Glam, però …”
“Ascoltami … Questa prova ci ha messi in una condizione psicologica delicata, ma straordinaria. Abbiamo salvato Jamie e Marc, letteralmente, ma soprattutto abbiamo salvato noi stessi, questo è stato il vero miracolo Jay ed io … ringrazierò il destino o qualsiasi cosa ci abbia spinto in una direzione tanto particolare ed inaspettata. Stiamo tutti bene; ci sarò sempre, non temere, però non sprecherò questa opportunità … e tu?”
Jared annuì sgranando i suoi frammenti di cielo – “Grazie Glam.”


DEAN & SAM

lunedì 27 febbraio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 52

Capitolo n. 52 - sunrise

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“Sembrate proprio degli escursionisti seri!”
Eamon rise fragorosamente, vedendo i suoi amici riuniti nel salone di casa Farrell, con i bagagli della montagna, pronti a ripartire.
Decisero di consumare la colazione in un nuovo locale.
Quando Justin se li ritrovò davanti, corse ad abbracciare Colin, che li precedeva, sorridente.
Brian si aggregò e fu altrettanto felice nell’incontrarli.
Si aggiornarono reciprocamente sugli ultimi eventi, tralasciando i dettagli drammatici e privati sulla vicenda di Jamie e Marc, che tacitamente sembravano ringraziarli ad ogni occhiata.
“Carino qui, avete fatto un ottimo lavoro tu e Brian.”
“Sì Colin … siamo rimasti sul classico, ma alla sera c’è abbastanza casino.” – replicò il giovane, visibilmente emozionato.
Jared notava le sue espressioni, ma, per una volta, non lo infastidirono.
Farrell teneva la mano del compagno ed il suo corpo aderente al proprio, cercando spesso il suo sguardo blu vivido in quello scambio di battute, vivace e spensierato.
Kurt chiacchierava con Brian e Jamie, mentre Marc sbirciava la posta elettronica accanto a Geffen.
“Denny si è impantanato con la causa Linker, ma da quando la seguiamo?”
“Non lo so Glam, eravamo già venuti via da Los Angeles temo …”
“E’ volenteroso, ma gli occorre ancora un insegnante di sostegno.” – e gli fece l’occhiolino, mentre Kevin faceva una partita a domino con Steven ed Eamon.
Ricominciò a piovere: una giornata uggiosa, ma non fredda.
Uscirono, dopo avere firmato il guess book, coronando quegli arrivederci con faccine e logo spiritosi, per poi sparire tra le foglie autunnali del viale, che portava all’aeroporto.


Jude lo aveva ascoltato paziente.
Volle riflettere, prima di spiegare a Robert un’opinione, che gli sembrava logica ed innocua.
“Vedi amore, secondo me Steven vorrebbe evitare a Chris una delusione.”
“In che senso?”
“Nel senso che … nessun istituto autorizzerebbe un’adozione del genere, affidando un bimbo ad un ragazzo che ha da poco tentato il suicidio.” – disse pacato.
Downey inspirò, appoggiato contro il muro opposto a quello dove si era piazzato Law, dopo avere letto i giornali, sulla loro veranda.
“Quindi tu credi che sia questo il motivo per … per orientarsi verso l’utero in affitto?”
“Certo, suppongo sia così Rob.”
“Chris non farebbe mai del male al suo bambino.” – sembrò protestare, infervorandosi appena.
“Non lo penserei mai …”
“E poi … poi se avessero considerato il mio passato, allora Camilla sarebbe ancora ad Haiti!”
“Robert nemmeno io sono stato un santo, i miei problemi di alcolismo non sono mai degenerati, però esistevano, pertanto se fosse stata un’organizzazione locale avrebbero sollevato obiezioni anche nel mio caso, ma ad Haiti le cose funzionano diversamente e poi Camilla …” – si interruppe bruscamente, onde evitare qualche uscita inopportuna, intimorito anche dallo sguardo di Robert, che si accese del tutto.
“Ora comprendo … i reietti ai reietti …” – disse inspirando e contorcendo il suo volto impercettibilmente.
“Robert …”
“Abbiamo lo stesso odore, lo stesso sapore, lo stesso colore … Non possiamo confonderci con l’universo algido e perfetto degli altri, giusto?”
Jude sospirò, massaggiandosi la faccia – “Io … io ci ho davvero provato sai, Rob? La condizione di Chris è arrivata al limite ed io mi sono persino sentito in colpa, ma non serve a niente … Litigheremo sempre quando c’è di mezzo lui.”
“Christopher non centra nulla!”
“Hai ragione! Lui ora ha un uomo fantastico accanto e non sei più tu al centro dei suoi pensieri! Mi viene la nausea nel riconoscerlo, ma ti rode un casino avere perso questo primato e finchè lui ti voleva, tu hai saputo resistergli, mentre adesso ti dimeni in una gelosia stupida, su ogni decisione presa da Steven! Lo additi come se fosse un arrogante, un prepotente, vaneggi che lo soffoca, mentre invece lui lo ama e basta!! Proprio come succede a te, cazzo!”
I suoi occhi si riempirono di lacrime livide e sconcertate, ma Robert non sembrò cedere a quella che voleva riconoscere solo come una provocazione.
“Lo amo come un figlio e tu questo lo sai Jude, è lo stesso per te con Xavy!”
“NON E’ VERO!!” – e gli si scagliò contro, spingendolo con violenza verso lo stipite della porta a vetri, che fece un suono cupo.
“Finiscila o sveglierai la piccola!” – ringhiò indispettito, opponendo i suoi palmi al petto di Jude, che stava tremando – “Dillo che lo ami e facciamola finita!!”
Robert a quella frase non replicò, se non con un’occhiata allibita e frastornata.
Jude mollò la presa, dirigendosi verso il living e poi lungo il corridoio laterale, verso la zona notte del loro attico, senza aggiungere altro.


“Una cena con i vicini, Jude e Rob?”
Steven sorrise, mentre si allacciava la camicia, appena ricevuta in regalo da Chris, uscito dalla doccia ed in vena di progetti per il fine settimana successivo.
“Sì, così tanto per conoscerci.”
“Ok, ma quel Dean a me non piace, sappilo.” – disse finendo di tamponare il corpo di Chris, che adorava quel momento.
“Non piace a nessuno … comunque non neghiamogli una seconda possibilità.”
“Come vuoi tesoro … a proposito, hai pensato a quel nostro discorso …”
“La clinica? No … cioè sì … non era nei miei piani … preferisco l’adozione Steven.” – ammise timido.
Boydon lo baciò con estrema tenerezza.
“Faremo i passi necessari, ma dovremo confrontarci con persone spesso sgradevoli Christopher, che non avranno alcuna comprensione per le nostre fragilità.”
“Nostre …?”
Il medico gli spostò i capelli dalla fronte spaziosa, posandovi un ulteriore bacio.
“Nessuno di noi ne è immune amore. Tu … hai desiderato toglierti la vita, per un istante, ma questo verrà giudicato con asprezza e non voglio leggere nei tuoi occhi la delusione.”
“Non ci avevo pensato Steven … In compenso varrà pure qualcosa la mia intenzione di volere strappare da un futuro triste un bambino innocente ed abbandonato?”
Boydon sorrise, stringendolo a sé – “Varrà di sicuro molto Christopher … Te lo garantisco.”


Jude stava a gambe incrociate, tenendoci sopra Camilla, che giocava con delle palline in plastica colorata sulla spiaggia.
Le sue iridi grigie erano celate da grandi occhiali scuri, il suo sorriso spento, nonostante le movenze della figlia ed i suoi gridolini simpatici, specialmente quando sopraggiunse Downey.
“Papà Rob!!” – esclamò, tendendogli le manine.
Lui si inginocchiò, timoroso persino di spostare i granelli di sabbia, che circondavano Jude, impietrito nella propria costernazione.
“Ciao stellina … ho portato secchiello e paletta … facciamo un castello?” – propose a mezza voce, strangolato dal pianto.
Camilla annuì, dando poi un bacio sulla guancia di Jude, che la fece scivolare sul telo appena steso da Robert.
“Prendo l’acqua …” – disse mesto, quasi strappando dalle mani di Robert un contenitore a forma di orso e dirigendosi verso l’oceano.
Lo rimise accanto a loro dopo un minuto, facendo per andarsene.
“Rimani Jude, ti prego …” – sembrò supplicarlo.
“No, vado a casa, ho mal di testa, sarei una pessima compagnia.” - ribattè calmo.
“Non è lo stesso, se tu non sei con noi … vero Camy?”
Lei lo fissò, agguantando il bordo dei suoi pantaloni chiari – “Tu devi stare qui, papi!” – confermò, per poi ridere solare.
Jude si accovacciò – “Devo prepararti il pranzo Camilla … ci vediamo dop” – ma fu interrotto da una bicchierata di mare, che arrivò anche a Robert, ugualmente colto di sorpresa.
I due padri si guardarono, mentre Camy batteva le manine soddisfatta.
“Questa è guerra …” – sibilò Jude mutando atteggiamento, di fronte a quella buffa sfida.
Volò qualunque oggetto disponibile, finchè si ritrovarono tutti e tre avvinghiati a guardare il cielo, esausti ed imbrattati, in un delizioso silenzio, dove si poteva persino ascoltare il battito dei loro cuori.

venerdì 24 febbraio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 51

Capitolo n. 51 - sunrise


Steven dispiegò sul letto alcune brochure, sotto lo sguardo attento di Chris.
“Ecco tesoro, questa clinica è caldamente raccomandata …”
“Da chi?” – chiese incerto.
“Alcuni colleghi … certo loro ci hanno portato le mogli, ma in sostanza vengono considerate legittime anche le procedure di utero in affitto per coppie gay.” – disse sereno.
“Sì capisco, ma …”
“Lo so, sei molto giovane e dovresti riflettere ancora un po’ su questa nuova responsabilità Christopher.”
Il ragazzo deglutì, fissandolo.
“Tu lo vuoi un bimbo con me Steven?”
“Certo. Ora più che mai.”


“Diciamo che a mio cognato manca solo di mettersi il pollice in bocca e poi è perfetto.”
Steven sussurrò quella frase, che a Jared sembrò una critica, ma poi nel vederlo ridere sornione, si ricordò quanto il compagno di Eamon fosse spassoso ed adorasse Colin.
L’attore irlandese era praticamente avvinghiato al fratello maggiore, che come una “mamma orsa”, agli occhi di Leto almeno, lo custodiva al riparo dai mali terreni, sopra al divano di casa Farrell senior.
Dormivano e russavano, dopo un pranzo apocalittico per le coronarie di tutti, preparato da miss Rita, entusiasta per quella visita a sorpresa.
Glam con Kevin passeggiavano nell’ampio giardino, per poi dirigersi in centro a cercare un regalo per la mamma di Colin.
Geffen lo faceva sempre, per ringraziarla dell’ospitalità.
“Parlava di tegami in ceramica …” – disse l’avvocato sbirciando una vetrina.
Kevin sorrise, prendendolo sotto braccio e trascinandolo via – “Io direi un piccolo gioiello, magari una spilla antica. Guarda un po’ là.” – e lo spinse verso una gioielleria poco distante.
“Hai sentito nostro figlio Kevin?”
“Sì appena arrivati, sono tutti dal nonno e ti saluta, chiamalo appena puoi.”
“Certo … mi manca da impazzire.”
“Sei stato gentile ad assecondare Colin, penso che ora si senta meglio … Jared era molto preoccupato.”
“Brandon mi ha spiegato che sono quei farmaci. Colin non deve smettere di assumerli, dopo l’ictus … In compenso mi sembra che l’armonia sia tornata tra lui e Jared, quindi un passo avanti lo hanno fatto.”
“Sì daddy … ti ammiro per come hai aiutato Marc e Jamie … riesci sempre a stupirmi.” – disse guardandolo innamorato.
Glam lo strinse – “Ti adoro …” – disse piano cullandolo.
“E Sveva …?”
“Non ho più avuto sue notizie …” – disse perplesso.
“Sei emozionato per … sì insomma, diventerai di nuovo papà Glam.” – e quasi arrossì nel mormorarlo.
“Non riesco a pensarci … non davvero Kevin, capisci?”
“Forse sei stato distratto di recente da ottimi motivi …”
“Sì, forse … andiamo adesso.”


“Grazie per avere trovato il tempo …”
“Chris che succede?”
I modi di Robert, il suo abbracciarlo con tenera complicità, davano a Chris un senso di pace e di accettazione, mai conosciuti prima.
“Si tratta di Steven e … del progetto che abbiamo per avere un bambino.” – disse rannicchiandosi sulla poltrona di quella saletta, a villa Meliti, dove si erano incontrati in una sorta di zona neutrale.
La casa era immersa nell’euforia e nei preparativi di una festa per accogliere il ritorno di Marc e Jamie.
Jude era al lavoro per un doppiaggio di un cartoon natalizio e Steven di turno all’ospedale.
“Avere … un bambino?” – domandò Robert accarezzandogli lo zigomo sinistro con il pollice, dopo essersi sistemato su di una seggiola liberty.
“Sì, insomma, con una ragazza, come ha fatto Kurt in sostanza.” – spiegò concitato.
“Ed a te non va, presumo.”
“E’ così evidente papà?” – disse sgranando gli occhi lucidi.
“Abbastanza … Comunque lo desideravi tanto Chris o sbaglio?”
“No, hai ragione, con …” – e si interruppe.
“Con Tomo, lo so, ma non parlarne se ti fa male.”
“Penso che Tomo … lui è un genitore splendido.”
“Nessuno lo mette in dubbio Chris.”
“Lo stesso vale per Steven.” – affermò deciso.
“Levami una curiosità: chi di voi due …”
“Non l’abbiamo deciso Robert, non … non saprei, forse Steven.”
“Supponiamo sia così, sei d’accordo?”
Lui arricciò il naso – “No.”
“Come mai?”
Chris scrollò le spalle – “Sono confuso al riguardo … io vorrei adottarlo, ecco questa è la verità.”
Downey rise leggero – “Basta dirglielo e Steven capirà, ok tesoro?”
“Sai a volte mi sembra che tu … sì insomma, che ti dia fastidio il suo modo di comportarsi con me …”
Robert sospirò – “Come ogni padre, sono geloso del mio cucciolo … e non sopporto i suoi fidanzati!” – ringhiò buffo, facendo ridere Chris in maniera spensierata.
“Ed il resto come procede?”
“Bene … perfetto … facciamo anche troppo l’amore, credo che per Steven sia stata una scoperta pazzesca …” – e si illuminò.
“Cosa mi dici dei vicini, invece?”
“Ah Sam lo adoro, è proprio un pezzo di pane, ma quel Dean … Sam lo ama da morire, si capisce al volo, però, per il resto, io non riesco a decifrarlo per niente.”
“Potresti invitarli a cena …”
“Pensi sia una buona idea papi?”
“Di solito intorno ad un tavolo imbandito ci si conosce, si interagisce ...”
“Sarà … a patto che ci veniate anche tu e Jude!”
“Ok … perché no?”


Jamie pungolava l’addome di Marc.
“E qui sento … le ultime quattordici polpette che hai trangugiato!”
“Ti prego … pietà Jam … mi sento la bolla al naso …”
“No, guarda, ce l’hai la bolla al naso ahahahah”
“Ridi, ridi … come fai a resistere a tante leccornie?”
“Disciplina! Se no poi rotolo sul palcoscenico …”
“Invece dovresti mangiare Jamie, considerato il tuo … stato.” – e gli diede un buffetto sul mento.
Il ballerino si alzò dalla panchina, scrutandolo.
“Sei così dolce Marc …”
Hopper gli catturò le mani, baciandone i polsi.
“Mai quanto il mio sposo …”
Jamie inspirò, con aria comica – “Sì … però … a guardarci con obiettività … ehm … direi che …”
Marc si sollevò greve, con fare minaccioso – “Se stai per dire quello che io sto pensando Jamie …”
“Eh?” – chiese con un’espressione innocente.
“Preparati a correre perché …”
“Sembri tu quello incinto Marc!!! Aiutooo!!!” – e scappò via come un fulmine, inseguito da Hopper, che appena riuscì a riacciuffarlo, lo consumò di baci e carezze.


“Grazie Jay …”
“Per cosa amore, il massaggio …?”
“Anche …”
Farrell sorrise, nascondendo il volto appagato, tra gli avambracci incrociati sotto di esso, mentre Jared faceva scorrere i palmi, imbrattati di olio al sandalo, tra le scapole e la spina dorsale del suo uomo.
Si erano docciati velocemente, per poi infilarsi sotto al piumone della mansarda, dove dormivano sempre quando erano in visita dai genitori di Colin.
Il leader dei Mars propose questa ennesima coccola e Colin la accolse con entusiasmo.
Ora c’era anche la bocca di Jared, tra ogni vertebra, oltre a quei polpastrelli capaci di farlo impazzire, per un tocco magnetico e sconvolgente.
“Ja-Jay … io …” – e boccheggiò, in crisi di ossigeno, sollevando lievemente il bacino e permettendo a Jared di insinuarsi anche lì, per dare sollievo ad un’erezione sempre più turgida e dolente.
“Posso fare altro mio signore …?” – chiese docile, mordendogli la nuca, mentre lo masturbava intensamente.
Colin stritolò il bordo del materasso, per poi aggrapparsi alle sbarre tornite – “Scopami …” – gemette soffocato ed impaziente.
Jared voleva tormentarlo prima con la lingua, infilandola il più possibile in quella fessura strettissima, ma pronta a dilatarsi a suo piacimento.
La profanò in tanti modi, sino ad arrivarne in profondità con l’indice ed il medio sinistro, facendo urlare Colin nel guanciale di piume.
Quando lo invase con il proprio sesso, Jared si rese conto che erano entrambi al limite.
Si fermò, fremendo sul suo dorso e cinturandolo con il braccio libero.
“Apri di più le gambe … voglio farti supplicare di smettere Cole …” – ansimò nel suo collo, leccandoglielo con avida cupidigia.
Solo quando i capezzoli del moro divennero ostaggio delle falangi del suo angelico carnefice, lui si arrese, schiudendosi in modo osceno alle richieste di Jared, che non pago di tanta supremazia, lo girò a sé con vigore, affondando con maggiore veemenza ed acuendo il ritmo dei propri fianchi.
Lo toccava, scopandolo duramente, ma alleviando ogni sua rimostranza, con baci dapprima lascivi, ma via via sempre più appassionati.
Vennero copiosamente, liberandosi di quel senso di malinconia ed ansia, che aveva attanagliato i loro cuori troppo a lungo.





mercoledì 22 febbraio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 50

Capitolo n. 50 - sunrise


“Vuoi scopare?”
La domanda non era in sé un problema e neppure una novità per Sam.
Quei modi bruschi, assenti e gretti di Dean erano un’abitudine, ormai consumata ai suoi sensi.
Seduti sul divano, davanti ad un film in bianco e nero visto almeno duecento volte, ma che non li stancava mai: c’era qualcosa da condividere con una certa passione, quella per il passato, che entrambi apprezzavano.
Giravano per mercatini, tenendosi per mano, anche se l’ultima volta doveva essere stata almeno due anni prima.
Era da tre che stavano insieme, Dean ora trentenne, Sam da poco venticinquenne, quasi nessun punto in comune, se non la raccolta di cianfrusaglie, loro che un ieri non ce l’avevano sul serio, da una casa famiglia all’altra, fino a ritrovarsi e quindi conoscersi in un gruppo di ascolto per giovani disadattati.
Dean era come un pugno in un occhio, con quei completi costosi, tra un appuntamento e l’altro in prestigiose holding, dove forniva una consulenza valida: aveva lavorato sodo per ottenere ottimi risultati, almeno nella propria attività.
Sam sempre a tormentarsi le unghie, intrise di farina, così come i suoi occhi, intrisi, però, di stelle: Dean glielo aveva sussurrato prima di baciarlo, improvviso e bellissimo, in un angolo di quel centro, dove non tornarono più, perché erano loro ad essersi trovati e non avrebbe avuto fine.
Mai.


La discesa era più semplice.
Marc si era attardato con Geffen, sciupandolo di abbracci.
“Ora se non la finisci, Jamie mi strozza!”
“No, lui ti adora, come me Glam … Sono talmente sollevato che potrei volare!” – e rise, brandendo poi Jamie, facendolo roteare.
Kevin fischiò, come le marmotte, incontrate lungo il sentiero alla mattina mentre salivano al rifugio, appena vide due sagome in lontananza.
“Chi sono …?” – disse Jared rivolgendosi a Colin, attaccato alla borraccia di Gatorade.
“Non saprei amore … ma si sono accorti di noi pare.”
Jamie fece un saltello, poi strizzò le palpebre.
“Non posso crederci … non … Ehi!!! E’ Kurt!!” – ed iniziò a correre.
L’amico fece altrettanto, lasciando Brandon seduto su di un prato, accanto al torrente, che costeggiava la Malga Rossa, un punto di ristoro, meta incantevole lungo la Valle, che prendeva lo stesso nome.
Era il percorso tipico, per chi si muoveva dal Giogo Lungo e tornava verso Predoi, ritrovandosi per boschi e cascate, oltre alle vecchie miniere di rame.
Quando collisero, fu un’esplosione di gioia e lacrime.
Kurt finì in ginocchio, trascinando Jamie, che tremava e rideva come un pazzo.
“Fallo di nuovo ed io ti uccido!!” – gli disse strangolato dal pianto.
“Voleva farlo anche Glam …” – e si schernì, tornando poi a stringerlo forte.


“Certo che salire con l’elicottero è comodo, vero Brandon?”
Colin stava canzonando lo psicologo, una volta che si ritrovarono intorno ad un tavolaccio, a rifocillarsi.
“Dio questo luogo è pazzesco …” – disse con enfasi Jared, ammirando lo spettacolo di una natura incontaminata e resa ancora più spettacolare da una giornata di sole pieno.
“Hai ragione tesoro … sta arrivando il rancio truppa!” – esclamò Farrell, coinvolgendo la comitiva in un applauso corale per l’anziana proprietaria, pronta a rientrare nella sua casa di Campo Tures.
Avrebbe lasciato loro le chiavi della baita, per trascorrervi la notte, ormai prossima.
Lei con il marito ed il figlio non si faceva problemi a scarpinare al tramonto e di certo non era altrettanto distrutta da una miriade di emozioni e peripezie.



“Che notizia meravigliosa! Xavier dillo subito al nonno!”
“Sì Jude, corro!!”
Law e Downey erano a casa Meliti, invitati con Chris e Steven, per un pranzo informale, in attesa di buone notizie dall’Italia.
Il cantante dei Red Close si presentò con un dolce elaborato.
“Scommetto che è di Sam …”
“Giusto papi! Anche Steven ha apprezzato la novità.”
“Lo sai Jude che Chris ha dei nuovi vicini?”
“Interessante … Cosa ne pensi Steven?” – domandò versando un aperitivo.
“Carini, ma quel Dean … una frana!” – e rise, baciando poi tra i capelli Chris, sempre al sicuro tra le sue braccia, ovunque fossero.
Robert spostò lo sguardo in altre direzioni, paragonandolo mentalmente ad una piovra, ma poi si sentì osservato dai topazi screziati del figlio, a cui non sfuggiva mai nulla di lui.


“Questi puntini neri cosa sono?” – chiese Jamie, scomponendo una poltiglia bianca, che doveva essere formaggio.
“Cacchine di mosca!” – spiegò Jared, sogghignando.
“Maddaiii!!!”
“Sì, Jared ha ragione, vero Brandon?” – “Kurt, per favore ahahahah”
“A prescindere, mi concentrerei sulle cipolle sotto aceto …” – si intromise perplesso Glam.
“Daddy non esagerare con quelle … potresti avere delle turbe notturne.” – e cominciò a sghignazzare insieme a Jared, prendendolo per i fondelli abbondantemente.



Sempre al buio.
Dean gli aveva regalato quella casa prestigiosa, ma a Sam non era concesso di viverla come desiderava davvero.
Come una coppia qualunque, con orari normali, con ritmi banali, se necessario.
Era come un reticolato di tensione perenne, che gli tormentava il cuore, come le dita di Dean stavano facendo con i suoi polsi e un istante dopo i capezzoli, troppo turgidi per l’eccitazione di averlo dentro, volutamente rozzo.
Quando le posizioni si capovolgevano, Sam gli faceva l’amore, perdendosi nei suoi occhi, con cura, con calma, baciandolo senza opprimerlo.
A Dean, però, sembrava dare fastidio e tentava inutilmente di spegnere quell’unica applique, peraltro un riverbero arancione tenue, senza riuscirvi, perché almeno in quel caso Sam riusciva ad imporsi, a decidere qualcosa.
Continuando, da tre anni, a porgli un quesito, senza riscontro, sul motivo per quella che a lui sembrava un’autentica fobia, da parte di Dean.


Geffen sbuffò.
Prese una pillola, poi una seconda, scolando l’ennesimo bicchiere di acqua fresca di sorgente.
Era un sollievo, ma non risolutivo.
Appoggiò la fronte all’avambraccio sinistro, schiacciato contro lo stipite di una finestrella, che aveva appena aperto.
“Ehi, stai al buio Glam …?”
“Ciao Colin, in piedi anche tu?”
“Jared ha ancora fame, c’era del latte se non sbaglio …”
“Sì, nel frigo, due brocche.” – e sorrise.
“Non stai bene?”
“Una … crisi, adesso passa.”
L’attore non si era reso subito conto delle condizioni di Geffen, ma poi notando il suo busto imperlato di sudore, come il viso, gli andò immediatamente vicino.
“Siediti … chiamo Kevin?” – domandò ansioso.
“No, tranquillo … lui è abituato a vedermi così.”
“Ma io no!”
“Non agitarti Colin, anzi, accomodati, prima che collassi, non sto mica morendo …” – e rise mesto, tamponato dall’altro, che aveva preso una salvietta da un cassetto.
“Kevin e Jared ti accudiscono, questo lo so …” – replicò assorto.
“All’inizio mi spaventavo, ma poi … comunque sto aspettando che il farmaco faccia effetto …”
“Ok …” – mormorò, le iridi lucide.
“Colin … è stata una sfacchinata epica ed io sono un tantino acciaccato.” – e gli posò la mano sulla spalla.
“Sì … certo …” – disse rialzandosi, mentre Glam faceva lo stesso.
“Jared starà aspettando il suo beverone … torniamo a nanna Colin?” – disse sereno.
“L’avevo quasi scordato … è stata inverosimile questa avventura …” – ma il suo tono si spezzò in un pianto.
Geffen rimase interdetto e dispiaciuto per quella sua reazione; decise di abbracciarlo, quasi con cautela, come nel timore di turbarlo ulteriormente.
“Colin abbiamo risolto …”
“Mi … mi manca mio fratello … voglio andare da lui … mi manca Eamon …”
Ormai stava singhiozzando, ma le carezze pacate di Glam sulla sua schiena solida sembrarono ridargli una minima pace.
Nella cucina entrò Jared, senza fare rumore.
Cinse Colin da dietro, baciandolo tra le scapole, sulla t-shirt nera – “Cole non preoccuparti … ci andiamo da Eamon, ne abbiamo parlato …” – gli disse con dolcezza.
Farrell si strinse a lui, scivolando da Glam al compagno, che sembrava sapere gestire quel momento delicato.
“Vero Glam?”
“Sì Jared … ci andremo direttamente, ok?”
“Ok … Cole ti va di stenderti?” – e tornò a guardarlo, sorridendo.
“Il tuo latte Jay …”
“Lo recupero io, tra un istante.” – e se ne andarono.


Jared lo fece, un paio di minuti dopo.
“Sta meglio?”
“Sì, ti ringrazio per prima Glam.” – disse indaffarato con una caraffa sigillata.
“Aspetta ti aiuto …” – propose incerto Geffen, affiancandosi a lui.
“Non serve … non me lo merito, faccio solo casini!” – gridò piano, gettando nel lavatoio quel contenitore ostinatamente ermetico.
“Jared …”
“Jared cosa? Vi ho … rovinato la salute, vi ho … fatto solo del male!”
“Stammi a sentire, non ci hai mica costretti …”
“Lascia stare Glam …” – disse come sfiancato da una marea di sensazioni – “Colin ha amplificato una sensibilità fatta di eccessi malinconici … per Eamon, per i bimbi … lui perde il controllo, si commuove per un dettaglio e …”
“Questo fa di Colin una persona bellissima.” – disse convinto Glam.
Jared lo fissò stravolto – “Hai perfettamente ragione, sono io l’elemento guasto del cesto di mele … ho … ho sbagliato anche con Kevin, che è ugualmente amorevole … e speciale …” – sembrò quasi soffocare con quell’ultimo commento.
Fu proprio Kevin a distoglierlo da quel senso di inadeguatezza, accogliendolo sul petto, per poi ritrovarsi entrambi tra le ali di Glam, che baciò le loro tempie – “Siete incredibili … e darei la vita per voi, sempre.”


La soffitta era spoglia di arredi, ma quel giaciglio, fatto di materassi di lana, direttamente sulle tavole in legno del pavimento, era perfetto per Jamie, Marc, Kurt e Brandon.
Tra cuscini e coperte rappezzate, scherzavano sugli ultimi eventi.
“E così eravate in Australia …” – disse Hopper.
“Sì, la mia ultima figlia si è trasferita lì con la madre, nella stessa città dove abitano Richard, il primogenito di Geffen, con moglie e pargoli.” – spiegò Cody.
Jamie e Kurt erano nel mezzo, mentre i rispettivi mariti, restavano avvinghiati alle loro schiene.
Continuavano a farsi dispetti, finchè Jamie crollò esausto.
“Io e Marc … ci siamo sposati …” – disse assonnato.
“Sì lo sappiamo …” – ribattè Kurt.
“E poi … poi aspettiamo un bimbo … Julian … che ha i piedi ciccioni come il suo papà …” – bofonchiò già nel dormiveglia, ma con un bel sorriso.
Hopper gli diede un bacio sulla nuca – “Dormi piccola peste … ti amo da impazzire.”
Spensero l’ultima lanterna e si rannicchiarono, le mani di Jamie tra quelle di Kurt, come a saldare quell’amicizia unica per il resto dei loro giorni.




SAM & DEAN

One shot - In February

One shot - In February

Foreword by the author.
The characters do not belong to me, this is a story of pure fantasy, based on my assumptions related to pregnancy Susan Downey and the strange occurrences that are rotating around it.
OSD: I do not know why, but if you want you can listen to reading XD

http://www.youtube.com/watch?v=8wrbTYDZoxA&ob=av2n

Pov Jude Law
UK, 25.02.2012


London, in February, remains gray and sad, in tune with my clothes crumpled, ever since my heart.
He continues to call me.
Ewan is making tea in my kitchen.
We slept together: Japan was so orderly and pale, that the burst of red and ice in my stomach, so inappropriate, I thought so, as the rest of me, to ...
To...
"You're better than Jude?"
Ewan's voice is gentle, calm, caressing me.
I did too, desperately, in the bed where I loved so much Rob, to annihilate in the stupid idea of ​​us together forever.
Ewan did not complain: he just close his chest, whispering to a - "It's okay ... Jude did not think of me ..."
He opened his legs, but I did not want so much, I should not.
I kissed him, yes.
I have given what was once something of ourselves.
Our really.
Ewan, I was never deceived, we simply would have been if only I had wanted, despite wives, partners, children, lovers and young men, who regularly went from his bedding.
"That woman told me the child ..." - and childbirth, for the umpteenth time, after writing a hundred sms, § bastard, you filthy bastard! §
"A week ago ..." - and I cry, I'm too stupid and useless.
"Jude listens ..."
"Do not defend him!"
"No ... I would only protect you from this pain, as much as did Robert, but in the least ... appropriate."
"He's ... he's American ..." - chuckle, as if it might make sense that my line.
A sense of us, that no longer exists.
I deleted from the soul, with the acid of that reaction, I checked I do not even know how ... it's like a waterfall, with nails and shrapnel, not an explosion, the kind that made us laugh even on the set Holmes.
I hate it.
"No, I hate Robert ... the film has brought me luck ... a sea of ​​work ..."
"You're right Judsie."
My look has to be grim and ruthless.
Ewan sighs, pouring more tea.
"Thanks ..."
"I ... tonight I can stay Jude, if you want."
"I ... I want Robert ..."
Another drop down from the couch to the floor, my face off over there, as if I were a puppet, no one knows where to place ... or hide.

We're back to bed.
I let myself be fucked by Ewan.
At first he claimed it, but stuck to my back, him fingers intertwined with mine, him perfume good in my neck, him mouth seeking kisses, that I did not deny: as this body, which seems suspended in a time without a future.


Again morning.
Play.
They insist.
I rise and curse. Ewan is under the shower, turned on the radio, the mess in the living room, little suited to my habits.
Here are my children, not to make bad habits or misunderstanding on my good intentions found.
And 'Robert.
And 'there, on the landing, numb, always in the wrong dressing.
I opened and acid sneer: "You're not the only child at home, the mother has no time to check your wardrobe outrageous."
What the fuck am I saying ...?
Robert apologizes to me already with those two black pools, but I have a dry throat, a veil over the eyes, wearing a t-shirt, which then is Ewan, comfortable, but light, nothing.
I find myself again on the carpet, him tongue almost choking me, him hands that I almost crush him neck, him arms, collect me, him hips, I tear, as his erection, effortlessly.
I am ashamed, he will realize that I did ...
No, not the same.
I love him, baring sprawling, but with a fervor, which focus on me, without realizing that Ewan slips and disappears, smiling, but I see in a mirror, like him mischievous hello, but an accomplice.
It 's wrong, absurdly beautiful as wrong.
Crumbled, with tears, the last creek, the island sank into the ocean for months, ever since I heard about Susan.
Rob gasps from the coffee table and armchair.
I curl up like that puppy, who decided to come to the world, without my knowing it. In fact he waited, as much as I always did with him ...
"No ... I'm not even the father Jude ..."
"It makes no difference? You'll know, you have a son to raise, you want to disappoint him now? "
This speech, obnoxious, with which he hoped to sweeten the pill: a gift to his wife, it was time, albeit with artificial insemination, she materializes her desire for motherhood.
Lawful, clearly lawful, but to me unbearable.
We have broken down, Robert and I, no rock, to guard our love, just a pocket full of stones, forgotten in a coat worn by mutual recriminations.
"What is now ... Rob?"
"How could I leave you alone? With Ewan then ... "- says breathlessly.
I remain silent, but it is as if he was ready to undergo any humiliation, rather than lose it's obvious.
"... I needed to talk to someone ..."
"Jude does not owe me an explanation ... if anything I have to ..."
"A text message, ten second phone call, e-mail ... you got me feeling like a jerk, among those assholes ... ... they laughed at me."
Rob nods, embarrassed - "I know Jude. And I will do what I ask, to get your ... your forgiveness. "
"Have you brought Robert to doubt everything, even now, perhaps an attempt to avoid jeopardizing your business and those of your enterprising wife?" - Shout, but no voice.
"How can you say such a thing and ..." - "Ewan is better then!"
My tone is elevated and pit you brain, I know.
You advents on me, upset, shaking, you're about to explode.
They are trapped against the wall, but do not really want to run away, nor are there or I'm wrong?
And 'your crying, falling down like rain into the mine, which now goes to dry up, to exasperation, how to inject a jolt of high voltage.
We kiss.
And 'the best sex, that we consume from the beginning, our kisses, often unexpected, sweet, long term and all-encompassing.
Now I do not want to know anything ...
When during the dinner, I've talked about your project with Susan, I managed to say two words "Time's up."
For us, without appeal.
"Jude we could ..."
"What? Robert ... What? "- I was drained.
Months of hell, then I have broken down, I have even welcomed back, unable to stop loving you.
You were like a beaten dog and I stray.
What could still tell us? ...
Perhaps not even that the child was born here ... see ...
Maybe not you, then you feel for what?
Paradoxically, the innocence of him, the weapon became dark hurt our relationship to death.
This would have been in February or before, what changed?
I'm still kissing, do not want much.
Yesterday I wanted detestarti, in a futile exercise.
Maybe you ... do not miss anything, when I can not help but to look for Robert ...
I'll try to resist.
It will be sweeter than fall into this disease, you have defined "true love", when no one would stop.
"Come back to your son ..." - you're rocking and I'm robbing you.
"Only if you come with me Jude."
I yield.
Inexorably.
Yet ...
I'm so happy.

THE END


martedì 21 febbraio 2012

One shot – In febbraio

One shot – In febbraio

Premessa dell’autrice.
I personaggi non mi appartengono, questa è una storia di pura fantasia, basata su di una mia ipotesi legata alla gravidanza di Susan Downey ed agli strani accadimenti, che stanno ruotando intorno ad essa.
OSD: non so perché, ma se volete potrete ascoltarla leggendo XD
http://www.youtube.com/watch?v=8wrbTYDZoxA&ob=av2n

Pov Jude Law
Uk, 25.02.2012


Londra, in febbraio, resta grigia e triste, intonata ai miei abiti sgualciti, mai quanto il mio cuore.
Lui continua a chiamarmi.
Ewan sta preparando il tè nella mia cucina.
Abbiamo dormito insieme: il Giappone era così ordinato e pallido, che quella sferzata di rosso e ghiaccio, nel mio ventre, così inadatto, l’ho pensato così, come il resto di me, a …
A …
“Stai meglio Jude?”
La voce di Ewan è gentile, pacata, mi accarezza.
L’ho fatto anch’io, disperatamente, nel letto dove ho amato così tanto Rob, dall’annullarmi nella stupida idea di noi insieme per sempre.
Ewan non ha protestato: mi ha solo stretto sul petto, sussurrandomi un – “Va tutto bene Jude … non pensare a me …”
Aveva aperto le gambe, ma io non volevo così tanto; non dovevo.
L’ho baciato, questo sì.
Mi sono concesso quello che un tempo era qualcosa di nostro.
Nostro per davvero.
Ewan non mi ha mai illuso, semplicemente ci sarebbe stato, se solo avessi voluto, nonostante mogli, compagne, figli, amanti e ragazzi, che puntualmente passavano dalle sue lenzuola.
“Quella tizia mi dice del bambino …” – e parto, per l’ennesima volta, dopo averlo scritto in cento sms, § bastardo, lurido bastardo! §
“Una settimana fa …” – e piango, sono troppo stupido ed inutile.
“Jude ascolta …”
“Non difenderlo!”
“No … io vorrei solo proteggerti, da questo dolore, almeno quanto ha fatto Robert, ma nella maniera meno … appropriata.”
“Lui è … è americano …” – ridacchio, come se potesse avere un senso quella mia battuta.
Un senso di noi, che non esiste più.
L’ho cancellato dall’anima, con l’acido di quella reazione, che ho controllato non so neppure io come … è come una cascata, di chiodi e schegge, non un’esplosione, di quelle che ci facevano persino ridere, sul set di Holmes.
Lo odio.
“No, odio Robert … il film mi ha portato fortuna … un mare di lavoro …”
“Hai ragione Judsie.”
La mia occhiata deve essere torva e spietata.
Ewan sospira, versando altro tè.
“Grazie …”
“Figurati … stanotte posso restare Jude, se vuoi.”
“Io … io voglio Robert …”
Un’altra discesa, dal divano al tappeto, il mio viso vi si spegne sopra, come se io fossi un fantoccio, che nessuno sa dove sistemare o … nascondere.

Siamo di nuovo a letto.
Mi lascio scopare da Ewan.
All’inizio non lo ha preteso, ma incollato alla mia schiena, le sue dita intrecciate alle mie, il suo profumo buono nel mio collo, la bocca in cerca di baci, che io non gli nego: come questo corpo, che sembra sospeso in un tempo senza futuro.


Di nuovo mattina.
Suonano.
Insistono.
Impreco e mi alzo. Ewan è sotto alla doccia, la radio accesa, il disordine nel salotto, poco consono alle mie abitudini.
Qui ci vengono i miei figli, non devono prendere cattive abitudini od equivocare sui miei buoni propositi ritrovati.
E’ Robert.
E’ lì, sul pianerottolo, intirizzito, sbaglia sempre nel vestirsi.
Spalanco e sogghigno acido: “Non sei più l’unico bambino di casa, la mamma non ha tempo per controllare il tuo guardaroba scandaloso.”
Che cazzo sto dicendo …?
Robert mi chiede scusa già con quelle due pozze nere, ma io ho la gola secca, un velo sulle pupille, indosso una t-shirt, che poi è di Ewan, comoda, ma leggera, null’altro.
Mi ritrovo nuovamente su quel tappeto, la sua lingua che per poco non mi soffoca, le sue mani che per poco non mi stritolano la nuca, le sue braccia, che mi raccattano, i suoi fianchi, che mi lacerano, come la sua erezione, senza fatica.
Mi vergogno, se ne renderà conto, che io ho fatto …
No, non è lo stesso.
Mi fa l’amore, denudandosi scompostamente, ma con un fervore, che lo concentrano su di me, senza accorgersi che Ewan sgattaiola e sparisce, sorridendo, ma lo vedo in uno specchio, come il suo ciao dispettoso, ma complice.
E’ sbagliato, assurdamente bello quanto sbagliato.
Sgretolo, con le lacrime, l’ultima insenatura, di un’isola sprofondata nell’oceano da mesi, da quando ho saputo di Susan.
Rob annaspa tra il tavolino e la poltrona.
Mi rannicchio, come quel cucciolo, che decideva di venire al mondo, senza che io lo sapessi. In realtà lui aspettava, almeno quanto io ho sempre fatto con il suo …
“Non … non ne sono nemmeno il padre Jude …”
“E fa differenza? Lo riconoscerai, avrete un figlio da crescere, lo vuoi deludere da subito?”
Questo discorso, antipatico, con cui sperava di indorare la pillola: un regalo alla moglie, perché era tempo, anche se con l’inseminazione artificiale, che lei concretizzasse il suo desiderio di maternità.
Lecito, palesemente lecito, ma per me insopportabile.
Ci siamo disgregati, Robert ed io, nessuna roccia, a custodire il nostro amore, solo una tasca piena di sassi, dimenticati in un cappotto logorato da reciproche recriminazioni.
“A cosa serve, adesso Rob …?”
“Come potevo lasciarti da solo? Con Ewan poi …” – dice ancora affannato.
Resto in silenzio, ma è come se lui fosse pronto a subire qualsiasi umiliazione, pur di non perdermi: è evidente.
“Avevo bisogno di … parlarne a qualcuno …”
“Jude non mi devi spiegazioni … semmai sono io a …”
“Un sms, dieci secondi di telefonata, una e-mail … Mi hai fatto sentire come un coglione, in mezzo a quegli stronzi … hanno … riso di me.”
Rob annuisce, mortificato – “Lo so Jude. E farò ciò che mi chiederai, per avere il tuo … il tuo perdono.”
“Mi hai portato a dubitare di tutto Robert, anche ora, forse un tentativo per non compromettere i tuoi affari e quelli della tua intraprendente consorte??” – urlo, ma senza voce.
“Come puoi dire una cosa del genere e …” – “Meglio Ewan allora!”
Il mio tono si eleva e ti buca il cervello, lo so.
Ti avventi su di me, stravolto, tremante, stai per esplodere.
Sono in trappola, addossato al muro, ma in realtà non voglio scappare, io neppure ci sono o sbaglio?
E’ il tuo pianto, che precipita, come pioggia, dentro il mio, che ormai va a prosciugarsi, per esasperazione, ad iniettarmi come una scossa di alta tensione.
Ci baciamo.
E’ il sesso migliore, che consumiamo dal principio: i nostri baci, spesso imprevisti, dolci, prolungati e totalizzanti.
Ora non voglio più sapere nulla …
Quando durante quella cena, mi hai parlato del tuo progetto con Susan, riuscii a dire due parole “Tempo scaduto.”
Per noi, senza appello.
“Jude noi potremmo …”
“Cosa?? Cosa Robert …?” – ero svuotato.
Mesi d’inferno, poi ho metabolizzato, ti ho persino riaccolto, non riuscendo a smettere di amarti.
Eri come un cane bastonato ed io randagio.
Cosa potevamo ancora dirci? …
Forse neppure che il piccolo era nato … ecco vedi …
Forse non te la sei sentita e poi per cosa?
Paradossalmente, l’innocenza di lui, diveniva l’arma oscura che feriva a morte il nostro rapporto.
Tale sarebbe rimasto, in febbraio o prima, cosa cambiava?
Ti sto ancora baciando, non voglio altro.
Ieri volevo detestarti, in un esercizio inutile.
Forse tu … non mancherai mai, quando non potrò più fare a meno di cercarti Robert …
Proverò a resistere.
Sarà più dolce ricadere in questa malattia, che tu hai definito “vero amore”, quando nessuno ci avrebbe fermati.
“Torna da tuo figlio …” – mi stai cullando e lo sto derubando di te.
“Solo se verrai con me Jude.”
Cedo.
Inesorabilmente.
Eppure …
Sono così felice.

THE END



lunedì 20 febbraio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 49

Capitolo n. 49 - sunrise


“Signorina le chiedo solo la cortesia di vedere la camera del signor Hopper, lo so che se ne è andato, ma se le ha lasciato i suoi effetti personali da consegnarmi, vorrà pure dire qualche cosa!”
“Mr Geffen senta tutto quello che era nella suite è stato incluso nel pacco consegnatole dall’inserviente … comunque sta arrivando il direttore.”
Ne scaturì una vivace discussione, fino a convincere il funzionario ad accompagnarli nelle stanze occupate da Marc e Jamie.

“Accidenti era ora … forse troveremo un indizio …” – disse speranzoso Kevin.
Jared e Colin ispezionarono armadi, cassetti, Glam rovistò nel bagno, ma fu proprio Kevin, casualmente, ad avere una sorpresa.


Appena giunti a Predoi, Hopper parcheggiò in un ampio piazzale sorvegliato.
L’aria era frizzante e pulita, come il volto di Jamie, estasiato dal panorama.
“Eccoci qui piccolo … che ne dici di uno spuntino?” – gli domandò con dolcezza l’avvocato.
“Approvo! Mi prendi lo zaino Marc?”
“Certo …”
“Non riesco a trovare la mia cartina, ero sicuro di averla riposta nella sacca, ma sbagliavo …”
“Ha mille tasche il tuo Salewa, la troverai …” – disse passandogli il bagaglio appena acquistato per le loro escursioni.


“Valle Aurina … qui ci sono degli appunti Glam.”
“Fammi vedere tesoro … sì … sembra un itinerario preciso e siamo in ritardo di un paio di giorni. Noleggiamo una jeep e mettiamoci in strada subito!” – disse risoluto, uscendo dall’hotel.
“Glam sei affaticato … lo siamo tutti, ma tu sei pallido …” – disse timidamente Colin.
“Sono solo in apprensione per Marc e Jamie, non dobbiamo fermarci … piuttosto lì c’è un negozio sportivo, vediamo di prendere il necessario.” – e puntò dritto all’ingresso di uno store molto fornito.
“Quando parte non lo ferma nessuno …” – mormorò Kevin perplesso ed ugualmente in ansia per lui, come del resto Jared, che annuì, seguendo poi Geffen, imitato dagli altri due.


Chris corse ad aprire, pensando che Steven avesse scordato qualcosa.
“Ciao … scusami per l’ora …”
“Sam … ciao! Vieni, entra.”
“Ho portato questa … è il mio mestiere.” – disse impacciato, passando al cantante una scatola.
Conteneva un dolce, molto raffinato.
“Accidenti … sei un pasticcere? Non dovevi …”
“E’ per l’aiuto con il trasloco … e poi sei stato davvero gentile, anche a non mandare al diavolo Dean.” – e rise nervoso.
“In effetti siete talmente diversi …”
“Lui ha … ha incrociato il tuo … compagno, scambiandolo per tuo padre … cioè una gaffe tremenda in ascensore ieri sera, mentre tornavamo dalla pizzeria …”
Chris scoppiò a ridere – “Me l’ha detto … poi voleva fargli un’assicurazione ahahah!”
“Mi sarei disintegrato volentieri … tipo … tele trasporto in Star Treck …” – ed abbozzò un sorriso simpatico, arrossendo vistosamente.
“Non importa … Steven in effetti ha vent’anni più di me, comunque io considero Robert Downey junior il mio papà … tra poco arriva.” – disse allegro.
“Allora tolgo il disturbo …” – “No, stai … prendiamo un caffè insieme.”
“Devo andare al lavoro, davvero … ci si vede … ciao Chris.” – e si diresse veloce all’uscita.
“Ok … buona giornata …” – e si salutarono.


“Stanotte dormiremo in paese, affittano delle zimmer Marc … Domani mattina vorrei salire a questo rifugio, il Giogo Lungo, c’è anche … un ghiacciaio …” – disse Jamie assorto.
“D’accordo amore, faremo come vuoi … ti va di camminare un po’ anche adesso? C’è un bel sentiero, verso una cascata mi sembra …”
“Sì esatto, mastico un po’ di Tedesco, sai?”
“Me ne sono accorto Jam … Se ci fosse Ball si divertirebbe con noi in questi prati.”
“L’abbiamo lasciato in ottime mani, da Antonio.”
“Sì, i bambini lo adorano …”
Jamie strizzò le palpebre – “Già … anche il nostro … sì insomma, se ne avessimo avuto uno, di bimbo … Comunque “ – inspirò – “E’ stato bello anche il solo fatto di desiderarlo entrambi Marc, non credi?”
Hopper raccolse i suoi polsi – “Ti amo Jamie.” – disse fissandolo, con infinito trasporto.
“Ti amo anch’io … da morire.”


“E’ un attacco di calorie e zuccheri questo capolavoro … L’ha fatto Sam?”
“Sì papi … delizioso … ne vuoi un’altra fetta?”
“No, per carità, altrimenti due ore di palestra in più!” – e rise sornione.
“Figurati, stai benissimo, sei magro ed atletico, non fissarti papà.” – disse complice e spontaneo.
“Tu sei giovane, hai un metabolismo perfetto Chris, ma io … ecco lo faccio per Jude, per noi … è evidente.” – confessò con un certo imbarazzo.
“Credi che a lui importi?”
“Non lo so, ma un corpo tonico, come dici tu, penso sia meglio di uno flaccido … o no? … No eh? … che imbecille che sono …”
“Se parli della pancetta di Steven ahahahahah!” – era radioso, ogni volta che lo nominava.
“Veramente nemmeno l’ho notata, è un bell’uomo, massiccio, un po’ come Geffen, meno svitato, spero!” – e gli fece l’occhiolino.
“Steven è buono e generoso, ma Glam non è da meno. Sai che è alla ricerca di Marc e Jamie?”
“Sì, il nonno ci ha aggiornati, attraverso Xavier … aspettiamo notizie, ma non c’è ottimismo, viste le premesse.” – disse sconfortato.
“Come lo chiama Derado? Big Geffen? Lui dà la sensazione di risolvere, anche in estremi … io ci credo.”


Fecero una breve sosta, in una cittadina poco distante dal fondo valle, Campo Tures.
Chiesero a tutti se li avessero visti, mostrando foto ai passanti, ma fu il gestore di una pompa di benzina, che riaccese la loro speranza.
“Li ricordo, perché americani … Sono andati a Predoi, sempre dritto, ci sono le indicazioni, ma lì ci si ferma, poi ci sono rifugi, vette, boschi, diciamo mete semplici … Ma anche complesse per esperti.”
“La ringrazio, andiamo gente!” – esclamò Geffen fiducioso.
Durante il percorso, Kevin scambiava occhiate dubbiose con Colin e Jared, che ruppe il silenzio quasi a destinazione.
“Ma se si stanno arrampicando, come facciamo a raggiungerli?”
“Ho il recapito di un elicotterista, pronto ad intervenire in pochi minuti, è abituato alle emergenze.” – spiegò Glam, attento alla guida.
“Ok … solo che sto analizzando la mappa e ci sono alcune possibilità … Jamie ha evidenziato il Tridentina … il Giogo Lungo … Poi questo Pizzo Rosso, ma persino un lago, di Selva … quale avranno scelto?” – chiese Colin con agitazione.
“Pregate che abbiano parlato con qualcuno, non ci resta che questo.” – concluse Glam, indicando il cartello di Predoi.

La buona sorte non li aveva abbandonati.
La proprietaria di un Garni li confortò con la notizia migliore: “Il Giogo Lungo, ne parlavano a cena ieri sera, ma ormai saranno su da un pezzo, si sono mossi all’alba, da quella parte.”


Farrell aggrottò la fronte.
Il pilota era stato chiaro.
“Valle del vento, vedete? C’è un pianoro, con un torrente, di più non posso fare, poi scarpinate sino al Giogo, da lì i vostri amici se hanno pratica, potrebbero azzardare il Pizzo Rosso, ma è rischioso … Semmai richiamatemi, posso raccogliervi vicino al ghiacciaio, se sarete nei guai!” – la sua voce si mescolava a quella del rotore.
“Ok! Resta in contatto!” – gli gridò di rimando Glam, aprendo poi lo sportello per scendere in un luogo scarno di vegetazione, ma ricco d’acqua.
Jared e Kevin si rinfrescarono, controllando le borracce.
Faceva abbastanza caldo, ma una brezza sostenuta facilitava il cammino aspro, lungo dei viottoli stretti, ma semplici.
“Accidenti Marc … appena ti trovo!” – ringhiò Glam minaccioso ed in affanno, come Colin, che esitava in salita.
Jared sembrava una capra e Kevin non era da meno.
Si canzonarono un minimo, tanto per smorzare la tensione.


La donna era anziana e consumata dal sole.
Intrecciava la lana con maestria, mentre il marito provava a comprendere le richieste dei quattro stranieri.
Jared conosceva il tedesco appena, ma con l’ausilio dell’i-pod, riuscì a tradurre le domande di Glam.
Il problema era scrivere le risposte di quel Joseph, ma il provvidenziale intervento di un alpinista inglese, giunto dopo di loro, risolse la buffa pantomima.
“Lui dice che sono tornati a valle.”
“Ma … li avremmo incrociati!” – protestò Glam.
“No, di solito si scende per la Valle Rossa.”
“Diavolo … ma è sicuro?!”
Frau Frida scrollò le spalle, bofonchiando un – “E allora i ramponi a cosa servivano? Ti hanno preso in giro, caprone!”
Jared e Colin si stavano ingozzando di patate rostì e polenta con formaggio, seguiti a ruota da Kevin.
“Miseria … Pizzo Rosso … Meglio mangiare e sostenersi.” – disse Geffen rassegnato, unendosi alla sua brigata di salvataggio.



“Come l’avresti chiamato, Marc?”
“Chi cucciolo?”
“Il nostro … nostro figlio.”
Si tenevano per mano, dove possibile, facendo pause frequenti.
Era una destinazione impegnativa, ma a Jamie piaceva quel luogo, lo aveva come ispirato.
“Julian.” – rispose sereno Hopper.
“Julian? Bello …” – Jamie sorrise.
“E tu?”
“Julian è … sarebbe stato perfetto.”
“Ed una figlia? Scegli tu Jam.”
“Cassandra.”
“Accidenti, notevole …” – e rise.
“Sì … ancora cioccolata?”
“Grazie … poi proseguiamo?”
“Poco più avanti iniziano dei dirupi … pensavo che …”
“Davvero Jamie? Oggi?” – e perse un battito.
“No … stanotte … qui fa un freddo cane e l’assideramento è la cosa meno dolorosa, si perdono i sensi, ci si addormenta e … si vola via …”
“Hai … hai ragione, potremmo infilarci in uno di questi anfratti ed aspettare …”
“Lo faremo Marc?”
“Sì, insieme, lo sai.” – e si baciarono intensamente.
Un rumore strano attirò i loro sguardi.
Era un sasso, poi ne seguirono altri due ed un’imprecazione, da parte di chi li aveva lanciati.
“Se vi muovete da lì, vi garantisco che vi faccio fuori personalmente!!”
“Glam …??!”
Marc lo vide, rialzandosi, incredulo, quanto Jamie.
Jared e Colin, con Kevin, spuntarono dalla curva un minuto dopo.
“Cosa ci fate voi qui??!” – urlò Jamie.
“Giusto con te volevo parlare!! Sei sano come un pesce! Da Foster hanno sbagliato!” – inveii allo stremo delle forze Geffen, sorretto da Kevin.
“Daddy … Mio Dio bevi questa …” – e gli passò una bevanda energetica.
“Grazie tesoro … hai capito??!” – sbraitò esasperato.
“Lo dici solo per farci tornare, ma io a Los Angeles non ci vengo per crepare come un appestato!!” – ribattè disperato Jamie.
“Marc convincilo tu!!”
“Non posso Glam … la penso come lui, è … è una finta la tua, dettata dall’affetto certo …”
“Cosa cazzo vaneggi!! Miseria schifosa, te lo giuro su Lula, su LULA HAI CAPITO??!”
Hopper deglutì a vuoto.
“Su … su Lula …?” – quindi si voltò verso il compagno – “Glam non lo farebbe mai se …” – “Se non fosse … la verità, Marc?” – sussurrò con stupore Jamie, tremando fino a risedersi.
Hopper lo strinse, sollevandolo con vigore, ugualmente spiazzato da quella rivelazione: “Tu … tu stai bene … Jamie stai bene!” – e lo cullò, sentendosi scoppiare il cuore di gioia.
Gli amici si avvicinarono, trascinando Glam, per coinvolgerlo in un abbraccio corale e meraviglioso, dopo troppa angoscia.


E per chi volesse provarci ;-)
http://www.lenkl.com/it/il-rifugio.php





Marc e Jamie

venerdì 17 febbraio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 48

Capitolo n. 48 - sunrise


“Quanti cazzo di scatoloni hai preparato Sam!”
La sua voce, perennemente stressata ed in corsa, gli trafiggeva le orecchie, anche quel mattino.
Dean non aveva pazienza, non aveva mai voglia di fare le cose manuali, non aveva interesse per ciò che non rappresentasse un introito economico.
Monetizzava tutto.
Il suo tempo, gli impegni, gli svaghi, ma Sam lo amava.
A chi gli diceva come ci riuscisse, non tanto a provare dei sentimenti, ma a sopportare Dean, rispondeva facendo una similitudine.
“E’ come quei frutti, che non riesci ad aprire … dentro c’è del buono, io lo so.”
Sam era riuscito in un’autentica impresa, secondo l’opinione dei suoi numerosi amici, che Dean non vedeva di buon occhio, perché erano noiosi, erano mal vestiti e non sapevano niente di alta finanza ed economia internazionale.
Dean aveva soltanto Sam, considerato che i suoi conoscenti erano altrettanto antipatici, ma, soprattutto, per nulla interessati alla vita di chi li circondava nel lavoro.
Dean era lavoro, lavoro, lavoro … ma non con quel trasloco.
Denny li stava osservando da qualche minuto, poi si decise ad aiutarli.
“Troppo gentile … mi chiamo Dean, lavoro in borsa e tu?”
“Avvocato …”
“Splendido!”
“Dici?” – chiese incuriosito, per poi aggiungere perplesso – “Il tuo socio temo abbia bisogno una pausa …” – e sorrise, indicando Sam piuttosto affannato.
“Eh che cavolo, vuole fare tutto lui!”
Anche quando tentava di essere spiritoso, risultava finto.
Chris fu il secondo a sopraggiungere, salendo all’attico senza degnare nessuno di uno sguardo, mentre parlava al telefono con Steven.
Resosi conto che nell’ampio ingresso dell’attico c’era quella confusione, allora provò imbarazzo, soprattutto nello scontrarsi con il sorriso di Denny.
“Ciao, come vanno le cose Chris?”
“Meglio che a te, li conosci?”
“No … do una mano …”
“Sì, vedo.” – concluse acido, ma poi si pentì.
“Ciao, siamo i tuoi nuovi vicini di casa.”
Dean era arrivato e Sam era alle sue spalle, con un tappeto enorme, arrotolato sulle spalle.
“Aspetta …” – disse Chris, passando oltre il primo, per sostenere quel cadavere di stoffa.
“Grazie …” – mormorò Sam timidamente – “Mi hai salvato …”
“Quelli dormono …” – bisbigliò simpatico Chris, che provò subito affinità con quello sconosciuto.
“Io mi occupo di investimenti, se …”
“No, a lui non interessa Dean, è un cantante, con milioni di dollari alle isole Kaiman!” – spiegò Denny sogghignando.
Chris non si curò del suo sarcasmo, entrando nell’alloggio con Sam.
“Ti preparo un caffè, sono alla porta di fronte …”
“Ok … sì, qui è un casino … magari scendiamo al bar …”
“No, dai, ci penso io, piacere Christopher.”
“Sam … e lui è Dean.”
“Ciao.” – non li mollava, come un cane l’osso preferito.
“Salve. Stavo dicendo a Sam se volete bere qualcosa.”
“Il caffè va benissimo Chris, grazie …” – propose Sam, sempre un tono sotto.
“Caffè? Splendida idea!” – Denny si aggregò, senza mai smettere di fissare Chris, che si allontanò con un - “Torno subito con i caffè.”


“Ok Marc … sei stato chiaro.”
I gabbiani erano gli unici spettatori, tra quella panchina ed il mare.
Perfetti ed immobili, su quei pali di legno, che dall’acqua spuntavano ovunque.
Jamie non riusciva a ricordarne il nome, eppure l’aveva chiesto ad una guida il giorno prima.
Prima di quel volo, prima del loro matrimonio, prima di quella notte, in cui avevano poi fatto l’amore disperatamente.
“Se … se vuoi tornare alla clinica, Foster era pronto a seguirti ed assisterti …”
“No, assolutamente.” – sorrise, dandogli una carezza, voltandosi appena, seduto al suo fianco.
Avevano acquistato due trench scuri, nel negozio di Prada, molto eleganti, ma una volta indossati, Jamie aveva esclamato “Sembriamo due becchini!” – ridendo, dopo la colazione.
“Mi hai chiesto una promessa finale Jam …”
“Giusto. Non ne abbiamo più parlato, avevamo di meglio …” – inspirò – “Tra un secondo ti spiegherò Marc …” – e scrutò le loro fedi.
“Sono … sono belle … non che ne avessimo bisogno, di simboli, cerimonie … comunque se ci fossero stati anche gli altri, sarebbe successo qualcosa … in effetti è stato così anche questo giro Marc …”
“Non ci smentiamo mai Jamie.” – e scrollò le spalle, prendendogli le mani.
“Si … si chiama Valle Aurina, non è distante, ci potremmo andare in auto … Ci pensavo appena arrivati qui, ma ora ha un senso diverso.”
“Ok … in montagna quindi?”
“Sì, è stupenda, ci sono delle miniere di rame visitabili, sentieri, cascate, ruscelli, rifugi … ghiacciai.”
“Ghiacciai?”
“Dobbiamo prendere un’attrezzatura minima Marc … finchè mi sento in forma vorrei camminare e … ed arrivarci.”
Hopper ebbe un tremito, poi il suo cuore si fermò.
“Jamie stai pensando a …”
“La descrizione sul mio … epilogo, non è confortante, sai?”
“Capisco …”
“Bene. Ci saluteremo quando …”
“No Jamie.” – disse fermo.
“Marc io voglio rendermi conto dell’istante in cui non potrò più abbracciarti, baciarti, toccarti! Voglio deciderlo io, come ho sempre fatto!” – gridò in silenzio.
“Sono d’accordo … vale anche per me.”
“Marc …”
“La mia scelta è fatta, come la tua Jamie, insieme, sino alla fine. Inutile opporsi, vostro onore …” – e chinò il capo stanco, ma libero da un peso, che non avrebbe sopportato: rimanere senza di lui.


Lula le aveva comprato quei dolci che le piacevano tanto: Violet gli stampò un bacio sulle labbra e poi fuggirono via, come d’abitudine.
Erano adorabili, in giro per il parco della End House, seguiti dagli occhi di Glam, ma anche di Colin, poco distante.
Geffen gli si avvicinò.
“Ciao …”
“Ciao Glam.”
“Senti, volevo chiederti scusa per … sì, insomma mi dispiace, per quello che ho detto, per esserci messi le mani addosso.”
“L’importante è che Lula non se ne sia accorto.”
“Neppure Kevin se è per questo.”
“Meglio così Glam. Per quel che vale, scusami anche tu.”
“Certo che vale Colin, cosa blateri …?”
“Niente … sono depresso per come stanno andando le cose, per Jamie … Hai avuto notizie di Marc?”
“Sì, sono partiti da Venezia, destinazione … ignota.”
Colin sospirò – “Pensi che Jamie …?”
“Sì. Lo penso anche di Marc, ha lasciato il cellulare in hotel, ha comprato un’auto in contanti e poi mi ha chiamato per … per salutarmi.” – nel dirlo sembrò precipitare su quel muretto, sul quale si era piazzato anche Colin.
L’irlandese lo abbracciò – “Farei come lui … se Jared …”
“Sì, ma non trovo giusto come siano degenerate le loro esistenze … da un’immensa speranza ad un baratro” – affermò con livore.
“Lo chiamano destino … anche se accettarlo è insopportabile.”
Jared era poco distante.
Colin gli fece un cenno e lui li raggiunse.
“Glam che succede?”
“Ciao Jared … si tratta di Marc e Jamie … Hanno interrotto i contatti con me e con il resto del mondo.”
“Cosa significa?” – domandò preoccupato.
“Che … che se ne sono andati a morire da qualche parte Jay …” – disse Colin in lacrime, stringendolo poi a sé.
“Cosa state dicendo …?” – insistette angosciato Jared, ma il cellulare di Colin si intromise in quel frangente drammatico.
Farrell non voleva neppure rispondere, ma guardò ugualmente.
“Foster …? Sì pronto …”



“Flora dove diavolo è finito il mio satellitare!!”
“Glam calmati! Lo stanno cercando tutti!”
“Colin hai sentito Antonio? Jared le cartine??”
“Sì, abbiamo tutto, il jet è pronto … miseria l’albergo non risponde! Kevin richiamalo tu per favore!” – e gli passò il cellulare.
“Ok ci provo … daddy lascia perdere quel satellitare, ne compriamo uno!”
“No eccolo!” – esclamò Flora.
“Grazie, sei un angelo! Il denaro l’hai prelevato?” – e le diede un bacio in fronte sorridendo – “Sì, ma voi, voi riuscirete mai a fare una cosa normale, no dico una nella vostra vita??!” – domandò la donna esasperata, ma felice per l’ottima notizia ricevuta dalla clinica.
“Normale? Cos’è normale?” – disse Glam, scoppiando in una risata liberatoria.


“Un reagente nonno, sì hanno sbagliato il dosaggio … cioè non ci ho capito un tubo, ma quello che conta è che Jamie non morirà, anzi, è praticamente guarito!”
“Kevin non so come li troverete! Ho avvisato qualche amico della questura di Milano … che ha chiamato Verona, poi Venezia, ma non è semplice, non sanno cosa cercare, a parte il modello dell’auto, solo che sono adulti e vaccinati, non scomparsi, è una faccenda spinosa pretendere che li cerchino!”


“Li troveremo Cole?”
“Me lo auguro …”
Farrell glielo disse a bassa voce, mentre si affossavano nei sedili in pelle pregiata dell’aereo di Meliti.
“So cosa … cosa si prova quando … bèh lasciamo perdere …”
“No Jay … parlane se vuoi …” – e gli diede una carezza paterna sulla guancia destra.
Jared non l’aveva mai sentito così.
“Potresti … vuoi baciarmi Cole?”
Lui lo fece, a lungo, senza smettere di sfiorargli la nuca e la porzione di pelle sotto al collo, dove poi distribuì altri baci, incurante, come Jared, della presenza di Kevin e Glam.



NEW ENTRY > Omaggio ai protagonisti di Supernatural, Dean e Sam, che qui non sono fratelli, ma una vera coppia :)

giovedì 16 febbraio 2012

One shot> Now you sleep> Colin & Jared The Xander Tales

One shot> Now you sleep> Colin & Jared
The Xander Tales


They sleep together.
It 'something, about two weeks.
A month of shooting, after the fields of training and preparation for a film that would mark their lives.
Colin usually collapses dress, on the edge of the mattress, but it does not give up on her chest tighten Jared, which in turn drags in the middle, to avoid fall, as has already happened, for excessive drinking.
Jared sucks when he's drunk, must necessarily throw up while quell'irlandese opinionated, drink like a sponge and without apparent reason, until I came to the surface, that fucking reason.
"I do not really know ... if someone taught me ..."
He was sober enough, but the rod that aspired with a mixture of greed and resignation, altered the contours of that room.
"Feel free to talk to Cole ... what you want, I mean."
Jared is often an attempt to induce him to open up, but it does not work.
Yet it seems the opposite to each other, when Colin clings to Jared, without anything happening, perhaps dreaming, while the smell of Jack Daniels and his foul the air, the pillow, Jared's shirt.
Jared also has to wash, after giving the stomach.
Even when you polish a long shower.
Without turning on the light, groping in the drawer and look for a boxer and one of the first t-shirt with the logo of his band.
Often plays the guitar, during breaks or when he refuses to go out to the wee hours with Colin and the others.
Of the others, however, he cares less than nothing.
When not pointing a pair of tits, Farrell does not matter too much about the noisy company, colleagues and workers.
And 'friend of all, as Jared, are not stars, they are not snobs, they are simple and fascinating, yet very complicated.
His fingers are cool, the rest hot, so why should Colin taking off jacket and jeans.
He has a little slip of the 'narrow, Jared chuckles, settling in what he calls a safe distance from the elbow of Colin, when not crushing, like one of those teddy bears, of which it remains loyal forever.
Yes, bother, perhaps the cleaners have exchanged a few heads, it is only a hypothesis, not to fantasize about other things, Jared thinks.
Colin moves, grunts, he does regularly, complaining - "Where are you ...?" - And grabs him, "Fuck Jay, you know ..."
What?
Once explained it to him, made heavy, Jared screaming, punching, slapping, Colin was crying, sobbing like a schoolgirl, the boy from Bossier City did not know how to define it, but was so angry that even poor epithets became excellent.
"Why are you so reduce Colin, fuck!"
"Jared ..." - seemed to beg in the fetal position, without saying anything.
"I sleep on the couch ... fuck you." - The last word in a whisper.
"Jared back to me ... I sleep badly if you're not there ... you know ..."
You know, you know, that did not repeat it in different occasions, Jared had to know everything and not for those five years older, who wore very well, not to have experienced childhood ramshackle, while Colin reveled in a family good of Dublin, to secure: they were both in disarray, but the desire to redeem by Jared was a thousand times stronger than that of its oxygenated new best friend.

We were left to the rag and white thin cloth between the legs muscular and tanned Colin, which increased the grimaces, then he released her, looking for the sheet to cover himself.
Jared put the pillow in the middle third and Colin we stumbled, "What the fuck ...?" - A yawn, yet another expletive, away this obstacle, Jared was there, there was Jared.
Always.
Hearing it everywhere naked, flattened on one side, his left arm around Colin's waist, his right under the pillow of Jared, and under the nape of Jared, who drew back a minimum, but it was Colin's mouth that was sinking in his neck, wet, hot, like his groin.
Jared deliberately avoided in his senses to realize that special, really hot.
Occasionally it peered under the tight jeans Colin, giving himself idiot.
Jared had a girlfriend, an actress, but they had left, she had dropped out, he had suffered there, he spoke only with Colin, because he knew, he was nice, but since then he lost even that minimum estimate.
"Chapter closed." - Jared and he said no longer faced the issue.

Colin takes away that rag, that steals, hiding it in the trolley, it still holds today, but his boxer is not interested, it is leaner than he.
"Remove them ..." - muttering, but tastes good, now they are watching.
"Jay remove them ... please ..."
"You do not have the strength to do it?"
"I ... I do not know if you want ..."
"Are you here with me Cole?"
He nods.
It 'a little clumsy or stupid?
§ I am silly. § reflects Jared, because Colin is beautiful and is ready for something that Jared asked with hundreds of signals, some explicit, some veiled.

"... We should use something ..."
The voice is shy, but his expert hands.
Colin is able to stroke it, it goes, with an exciting frenzy.
"... I've bought today ..."
"Why?"
"Why what Colin?"
"Why now?" - And God smiles and how beautiful it is, are these two coals eyes visible through the candle still burning.
"We had hoped for."
"Fuck"
They laugh, Colin puts it anywhere, in any conversation, they start making jokes and the two solid erections subside.
"No, I say Jay ... we beasts?"
"What the ...?" - Kisses him.
Colin kissed him so hard for him to try before an empty stomach, then something similar to a spread of sparks or splinters, from the brain to the spine.
"I love Cole"
He says it is the truth, give or take.
"I love you Jay"
It 'true that Jared Believe it or not.
He kisses him again.
The increase kisses, but they are contemplative and serene.
"Now sleep ... Jay"
"Yes ... we sleep."
"Tomorrow we ..."
"Sorry Cole?"
"Tomorrow we do it ... without."
"Without."
"Ok."
"Ok ... Cole night."
"Good night Jay."

THE END