venerdì 28 aprile 2017

NAKAMA - CAPITOLO N. 94

Capitolo n. 94 – nakama



Gli opali di Glover, rimasero come sospesi, nell’assistere alle effusioni, tra Jared e Glam, appena il legale uscì dall’ascensore, impaziente di portare buone notizie al suo capo.

“Denny …?”
Geffen sciolse a fatica, l’intreccio di quel bacio, tra lui e l’ex, che avvampò, alla vista dell’improbabile avversario.

“Sei incredibile Glam, non cambierai mai” – sibilò il più giovane dei tre, gli zigomi invasi da un odioso tremolio, di gelosia e rabbia, mentre quasi stritolava un fascicolo, di poche pagine – “ti farai sempre usare e gettare via da questo stronzo!”

“Denny!” – e questa volta, il suo nome echeggiò come un tuono, nel corridoio della Foster.

“Tu fai così, da sempre, senza rimorsi, senza badare a chi ti vuole bene davvero …” – il tono di Glover si accartocciò, in una commozione scomoda – “… a te non importa, sei un maledetto egoista, senatore!” – e, nello sbattergli sul petto il misterioso dossier, la sua voce si riaccese.

“Senatore … Ma cosa stai dicendo?”

La risposta non arrivò, Denny era già fuggito via.

Geffen lesse velocemente il contenuto di quell’ambasciata, scoprendo che Michelle Obama, primo presidente donna degli Stati Uniti, gli aveva conferito la prestigiosa nomina, per meriti conseguiti durante il sisma di Los Angeles.

“… per il fondamentale contributo, l’altruismo, la generosità nel prestare soccorso e aiuti ai sopravvissuti …” – Jared stava scorrendo a propria volta, quell’encomio solenne e le relative motivazioni, non senza stupore e orgoglio, anche se ben altro, gli premeva sul cuore.

“Hai una storia con Denny?” – chiese d’impeto il leader dei Mars, tornando a fissarlo, esigente e fuori luogo.

“Ma cosa stai farneticando anche tu, miseria Jay!”

Leto rise con una smorfia impietosa – “Ha ragione lui, anche e soprattutto su di me” – concluse, andandosene svelto, a pugni chiusi, lasciandolo lì da solo, con il suo nuovo successo tra le mani gelide.




JD non lo aveva mai fatto abbastanza, quando Philip era poco più di un neonato: cullarlo, amorevole e attento, come in quell’attimo di loro.

Adesso, era come se il figlio, fosse pronto a rinascere, a nuova vita, grazie all’intervento pagato da Glam Geffen, un nemico pericoloso, che, presto o tardi, Morgan avrebbe dovuto affrontare.

Norman e Lukas erano scesi a prendersi qualcosa da mangiare, permettendo a entrambi di vivere una complicità rinnovata e bellissima, del tutto insperata, per Phil, sorridente e più tranquillo, grazie alla presenza del genitore.

“Hai paura, tesoro?” – chiese frastornato dalle emozioni l’ex galeotto.

Philip annuì, ma senza perdere la serenità – “Posso farcela, non fanno che ripetermelo ed è necessario, come dice il professor Mikkelsen, perché io possa avere un’esistenza normale, papà”

“Ok … Ok cucciolo, non ci saranno problemi, ok? Te lo prometto anch’io, nonostante sia l’ultimo della lista, temo”

“Ma cosa dici?” – Philip rise, stringendosi più forte a lui – “Tu sei in cima ad ogni cosa, per me: ti voglio così bene papà”

“Amore …” – JD iniziò a piangere, composto, ma senza frenarsi.
Doveva liberare ogni sensazione, per sentirsi meglio.

Un’infermiera interruppe quell’idillio perfetto: il paziente doveva essere sedato parzialmente; l’intervento era prossimo, si sarebbe svolto all’alba.

Morgan uscì, senza mai smettere di guardare i quarzi liquidi e profondi di Philip, che si addormentò quasi subito.

“Ciao!”

La voce di soldino, lo fece sobbalzare.
Morgan si voltò di scatto, nella sua direzione.

“Ciao …”

“Mi chiamo Lula e tu sei il papà di Philip, giusto?”

Le gambe ciondolanti, seduto sopra al davanzale, i fanali luminosi, l’accento vibrante di simpatia e gioia, tutto ciò investì l’uomo, che si sentì a disagio, pensando all’incombente e inevitabile incontro con Geffen, anche se dell’avvocato non vi era traccia.

“E tu sei il figlio di Glam, giusto?” – tanto valeva stare al gioco.

“Infatti … Philip è bravo nel suo lavoro, sai? Le gemelle di papi vanno sempre da lui, per le ricerche in università”

“Hai conosciuto così, Phil?”

“Certo, ma tu non dovresti essere qui, perché potrebbe essere un pasticcio se papà ti vedesse” – quasi gli bisbigliò.

“Vorresti aiutarmi, Lula? Come mai?” – chiese interdetto, dal suo comportamento.

“Diciamo che io so che sei una brava persona, ecco”

“Dovresti dirlo a tuo padre”

“Dirmi cosa?”
Geffen e Vas erano giunti alle sue spalle, l’aria torva.

“Jeffrey Dean Morgan, non posso crederci, ma capisco tu non possa fare a meno di assistere Philip in questa avventura” – esordì Glam, puntandolo, con aria minacciosa.

Soldino scese e si mise in mezzo – “Papi non innervosirti, non ve n’è ragione, davvero!”

“Lula con te facciamo i conti dopo, non dovresti allontanarti da Vas, ok?” – lo rimproverò, ma adorante.

Soldino rise, dissolvendosi, per poi riapparire al capezzale di Philip.

“E’ dunque così, che l’ha fatto, accidenti” – ringhiò il sovietico.

JD sbiancò.

“I suoi poteri stanno aumentando … La nonna di Lula ce lo disse, ricordi Vas?”

“Sì Glam, lo vedo” – e sbuffò, afferrando poi Morgan per le spalle larghe – “Cosa ne facciamo di lui?”

“Ehi, lascialo subito!” – anche Norman si era palesato sulla scena, con Lukas, che raggiunse immediato il compagno, accolto affettuosamente da soldino.

“Tenente Reedus, arriva a proposito, c’è da arrestare un latitante, anche se non capisco chi l’abbia avvisato del ricovero di Philip” – Glam si rivolve a lui con fermezza, mentre qualcosa non gli quadrava affatto.

“Morgan si è costituito giusto stamani e l’ho accompagnato personalmente, togliendogli queste, per non impressionare il ragazzo, ok?” – e gli rimise le manette.

JD lo assecondò, senza battere ciglio.

“Norman vuoi farmi credere che il nostro amico, si è presentato al distretto, senza imbeccate?” – Geffen tornò a dargli del tu, con aria sospettosa.

“Avevo il suo cellulare e gli ho mandato un sms: quando Morgan era in contatto con Paul, l’ho memorizzato, quindi l’ho informato, nonostante potesse sembrare una trappola e in parte lo è stata, visto che ha funzionato, come vedi” – spiegò, le pulsazioni accelerate.

Glam prese un lungo respiro – “Meglio che Paul non sappia di lui” – pensò ad alta voce.

Reedus annuì – “Lo riporto in cella, sono già in ritardo, andiamo Morgan” – e lo strattonò via.

Vas inarcò il sopracciglio sinistro, guardando poi Glam.

“Tu gli credi?”

“Assolutamente no, Vas … Assolutamente no.”





“Norman ti dico che non se l’è bevuta!”

“Sali in macchina, cazzo e taci!” – sbottò infuriato il tenente, mettendosi alla guida, non senza avere prima liberato Morgan dai “ferri”.

“Io mi costituisco, ok? Lo faccio per davvero e lo faccio per Philip, per noi! Sconterò la pena residua e”

“Ma cosa diavolo dici?! Sei un evaso, ti beccherai minimo altri trent’anni e noi ti perderemo!”

JD inspirò, un peso all’altezza del diaframma, un senso di soffocamento.
Si era infilato in un vicolo cieco, senza più scampo.

“Ti rovinerò la carriera Norman … Ci scopriranno, Geffen non mollerà, ha capito tutto, sai? E poi con quel bimbo, quel Lula, è uno stregone o chissà cosa, leggerà nella mente, vedrà il futuro”

“Non dire stronzate” – replicò afflitto Reedus, le braccia incrociate sul volante, la faccia stampata sulla plastica dello stesso, un pianto incipiente ed un nervosismo ingestibile.

“Eppure sembrava volermi aiutare …”

“Ma chi?”

“Soldino o come si chiama … E’ simpatico” – e sorrise, alienato dalle circostanze.

“E’ l’amore di Geffen, la sua priorità, se qualcuno soltanto lo sfiorasse, quello ti ammazza senza pensarci due volte, sappilo”

“E chi glielo tocca … Ma ora che si fa?”

“Torniamo a casa” – e mise in moto.

“Se Glam fa delle ricerche, se chiamasse i tuoi capi?”

“Correrò il rischio JD, ok?” – e gli afferrò il viso, baciandolo con irruenza e amore, in un disperato bisogno di lui.

Unicamente di lui.





Colin riuscì a fare finire i compiti ai gemelli, non senza che questi lo prendessero in giro, per il nuovo look, barbuto, grazie al quale Farrell ricordava molto un severo professore.

Era per un nuovo ruolo, appena iniziato a girare.

Jared li stava spiando, quindi entrò, reclamato da Thomas, che si era subito accorto del suo arrivo.

“Scusami Cole …” – disse in un soffio il cantante, facendo un solo passo avanti.

“Per cosa?” – il moro rise, guardandolo innamorato.

“Vi ho interrotti”

Bugie.
Sempre bugie.

“Abbiamo terminato, per miracolo” – e andò ad abbracciarlo, baciandolo – “… hai un po’ di tempo, per tuo marito?” – gli sussurrò poi nel collo.

Jared fece un cenno di assenso, aggrappandosi al suo corpo solido e prestante, a quel suo modo di sconvolgerlo ancora, dopo tanti anni insieme.

Le pesti sparirono, direzione sala giochi, rinnovata da poco, con nuove diavolerie elettroniche, installate dagli zii Tomo e Shan, come regalo natalizio.

L’atmosfera della End House era speciale, verso la fine di un anno davvero indimenticabile, nel bene e nel male, per ogni componente, di quella sempre più vasta e stravagante famiglia.

Il tempo, che Colin gli aveva chiesto, si saturò ben presto di carezze e ansiti, nel tepore della loro camera insonorizzata; era lì, che molto spesso, i coniugi più chiacchierati sui social internazionali, riuscivano a collidere nuovamente, dopo insensati girovagare, per nuove o vecchie costellazioni.

Jared si immaginò questa similitudine, mentre Colin lo dilatava e si faceva spazio in lui, sfiorandogli l’interno delle gambe magre, prima con la sua ispida ed umida impetuosità, poi con i fianchi solidi e virili.

Lo baciava sempre tantissimo, lo voleva, da sempre, nello stesso, identico modo.
Senza limiti.

E poi ritrovarselo, occhi negli occhi, nella fusione delle loro bocche, febbrili, nell’assaporarsi, uniti e tantrici, in una danza appassionata e armoniosa.

Il singulto del divenire, divampò nei gemiti di Farrell, crescenti, devastanti.

Ebbri di felicità assoluta.

Jared non sarebbe mai stato veramente suo.
Questo era quanto lo legava di più a lui.
Questo era quanto, Colin, aveva imparato.




Denny non se n’era ancora andato.
Era rimasto sul suv, nel garage sotterraneo, a mordersi le pellicine, sentendosi un coglione, con la voglia di piangere, di gridare, all’interno dell’abitacolo, ciò che lo stava dilaniando.

La vergogna.

Di amarlo, di volere Glam, dopo avere fatto finta, che non fosse vero quel sentimento e che gli poteva bastare, un fugace incontro, di tanto in tanto, farci del sesso, perché quello funzionava, tra loro.
Solo quello.

La portiera fece un suono secco e quel dopobarba, anche Glover, lo avrebbe riconosciuto tra mille.

“Per fortuna sei ancora qui, ora chiariamo questo casino, ok?”
Il tono di Geffen non era aspro, anzi, quasi paterno.

Denny avrebbe voluto incazzarsi, mentre invece era pronto a saltargli al collo, chiedendo scusa, elemosinando i suoi baci: come aveva fatto, a ridursi così?
Se lo pose il quesito, certo, ma senza avere tempo e modo di rispondersi.

Glam lo stava baciando, con tenerezza, raccogliendogli le gote arrossate e bagnate, in quei palmi grandi e speziati.

Caldissimi.

“Visto che non dici nulla, Denny … Su una cosa sbagli, comunque: io ti voglio bene”

E quel bastardo, chiunque lo avrebbe marchiato così, avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa, abbindolandolo, con chissà quali secondi fini.

Peccato che Glam Geffen, non ne avesse con lui.

Purtroppo?





“Anche se la tua pelle avvizzirà, rimarranno i tuoi occhi e il tuo sorriso, finché riuscirò ad averne ricordo, finché potrò vederli in ogni angolo della mia mente, fino alla fine e per l’eternità. GG”

Il biglietto, pinzato al cellophane, dove una corbeille di orchidee bianche, era stata avvolta con cura, dal suo fiorista di fiducia online, venne subito nascosto da Jared, appena Colin sopraggiunse in salone.

“Splendide, chi te le manda amore?” – domandò con noncuranza, pronto a tornare sul set, per le ultime riprese in notturna, prima della pausa di Capodanno.

“Sono da parte di Glam … E’ per ringraziarmi del sostegno fornito a Philip: gli ho portato dei vestiti di Yari e qualche cianfrusaglia, per ingannare la noia, dopo l’operazione”

Una girandola di inganni, evidentemente, dove lui sapeva mentire alla grande.

Farrell sorrise – “Non ti tiri mai indietro: sono fiero di te, sai?” – e lo salutò, con un ultimo bacio.

Jared pregò, non fosse mai tale.
Mai.