mercoledì 18 gennaio 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 25

Capitolo n. 25 - sunrise


Lula si infilò sotto alle lenzuola, con gli occhioni languidi.
“Ho male al pancino …” – disse facendo le fusa sul petto di Geffen, che rise insieme a Kevin.
“Ok … ieri sera il temporale … stasera il pancino … mmm ho un dubbio sai Lula?”
“Quale papà?” – chiese nascondendosi nella sua spalla.
“Che tu voglia controllare qualcuno … Uno a caso? Me?” – e sorrise arruffandogli i capelli.
“Uffi …” – brontolò simpatico.
“Non me ne vado, tranquillo …”
“Sicuro?!” – chiese con un bel sorriso.
“Chiedilo a papake, se non mi credi.”
Kevin annuì, facendogli l’occhiolino.
“Yeahhh i miei super papà!” – e si raggomitolò, sparendo tra le coltri.
“… però posso restare lo stesso papi??”


Pamela stava impazzendo con quelli del cattering.
Tutto doveva essere perfetto per il matrimonio di Antonio e Carmela.
Sul finire di quell’agosto torrido, era capitato un giorno ventilato e piacevole.
Si sentiva il profumo dell’oceano, di fronte al quale un assorto Tomo stava passeggiando a piedi nudi e smoking, i pantaloni arrotolati, senza papillon per non soffocare, mentre Shan gli spiegava la sua situazione.
“Non posso lasciare Owen … non so come uscirne questa volta amore …”
“Chiami amore anche lui?” – chiese con un filo di voce, avvilita dalla rabbia.
“Certo … ed anche nostra figlia … ho costruito qualcosa con lui, mentre tu facevi a pezzi la mia vita Tomo … o forse l’abbiamo fatto entrambi, senza accorgerci che era inutile … Essere tornati insieme, per l’ennesima volta, avrà pure un senso, no? Eppure ad ogni giro, facciamo sempre più danni!” – inveì contro il vuoto, gesticolando in quel suo modo ribelle, come se stesse suonando una batteria invisibile.
“L’ultima cosa che desidero Shan, è vedere soffrire July … ed anche Owen, lui è stato un ottimo padre anche per il nostro Josh … ed un compagno esemplare per te, lo riconosco, anche se fa male, un male da morire pensarti tra le sue braccia, mentre fate l’amore e … cazzo!!”


“Siamo quasi pronti … oh cavoli guardami Cole! Ma sarà stata una buona idea??”
Farrell ridacchiò – “Non capisco tutto quel make up … No, senza offesa, ma forse giusto Chris puo’ permetterselo, nel senso di stravaganza … ehm … giovanile …” – poi strizzò le palpebre e le labbra, allontanandosi a distanza di sicurezza.
“Cole …” – ringhiò Jared, afferrando un vaso.
“No quello no!! E’ della mamma!”
Scoppiarono a ridere come pazzi.
L’idea era quella di improvvisare un concerto per gli sposi, agghindati con un look punk, dopo avere assemblato di corsa una band composta da lui, Chris, Kevin, Tomo e Shan, che finalmente arrivarono a villa Meliti.
“Oh eccoli … ma come si sono conciati??”
“Senti chi parla … in effetti sono troppo eleganti …” – disse Farrell perplesso.
“Si cambieranno, cavoli! Sento dei passi, saranno Chris e Kevin … oh sì eccoli, ciao gente!”
“Ciao Jared, Colin … devo essere ingrassato, questi pantaloni in pelle sono troppo aderenti …” – si lamentò Kevin.
“No, mi sa che sono i miei, visto che questi li sto perdendo! Dai toglili e facciamo il cambio!”
In pochi secondi si ritrovarono tutti e tre in boxer, con Jared che decise di mettersi quelli che aveva Kevin, passando i propri a Chris, che era ulteriormente smagrito.
“Che … bel casino …” – disse imbambolato Farrell, per poi ricevere un mare di cuscini addosso dal trio in mutande, in preda a divertenti risate.
“Devo finire con il trucco!” – esclamò Kevin e Chris lo seguì in un salottino, dove c’erano Xavier e Phil, addetti a quell’incarico speciale.


Geffen passeggiava nel parco con Rice, insieme a Lula, Violet e July, che volle stare sulle spalle dell’avvocato.
“La sposa sarà incantevole …” – disse sovrappensiero Owen.
Glam notò un tono particolare nella sua affermazione, così chiese ai piccoli di scortare July al buffet preparato appositamente per loro.
“Tutto bene Owen?”
“Sì … insomma, abbiamo bisogno di una vacanza, Shannon ed io da soli … Sono eccessivamente July dipendente, temo che inizi a turbare il mio tesoro …” – ammise schernendosi.
“Ah capisco … lasciala qui, quando partirete, sarà al sicuro, molto coccolata lo sai.” – propose con serenità.
“Ci penserò … Tu come stai invece?”
“Sono tornato a casa … non potrei stare meglio.” – replicò con un sorriso.


Al “vi dichiaro marito e moglie”, Antonio arrossì vistosamente, commuovendosi per il sonoro bacio che Carmela gli riservò.
Erano raggianti e pronti per andare dieci giorni alle Hawaii, non senza animare il ricevimento, con balli e scherzose battute.
C’erano una serie di fantomatiche zie, arrivate direttamente da Palermo e Catania, che avevano invaso le cucine, preparando deliziosi manicaretti italiani.
I numerosi partecipanti ne furono ampiamente soddisfatti, così come le stesse “pie donne”, come le additò Antonio, si scatenarono alla musica di Jared e soci.
Un’ora di pezzi rock e qualche ballata romantica, ormai giunti al tramonto.
Jared si fermò a brindare con Antonio e Carmela, assaggiando finalmente qualcosa, mentre Chris e Kevin si dileguarono in fretta, per una doccia e soprattutto per non interagire oltre con Tomo.

“Non potrai evitarlo in eterno Chris!”
“Lo so Kevin, ma non andrà come tra voi, con Glam intendo, impossibile!”
“Pensi che io sia uno zerbino …?”
“No … gli appartieni, con quel tuo tattoo sulla nuca e … questo!” – sussurrò, infilando l’indice tra un collarino e la pelle sudata di Kevin.
Su quella striscia nera c’era scritto – “Property of Glam Geffen”
“Questo è solo uno scherzo! Jared ne ha uno simile … con la scritta di Colin, naturalmente …” – disse imbarazzato.
Farrell li stava ascoltando, dopo essersi sciacquato il viso in uno dei bagni a quel piano alto dell’edificio.
Aspettò che Chris se ne andasse, per prendere il suo posto.
“Ciao Kevin …”
“Colin? Ciao … è da molto che sei lì?”
“Cos’è questo affare?”
“Anche tu?! Ma cosa avete oggi??”
“Chris ha ragione, non dovresti …” – accennò imbarazzato.
“Cosa??!” – ribattè il bassista livido.
“Lui … lui non ti merita e non … merita tanta devozione Kevin …” – disse piano, sciogliendolo da quel guinzaglio.
Il ragazzo lo lasciò fare, ma stava tremando, mentre si passava una salvietta struccante sul volto turbato.
Quel gesto aveva un senso, che per primi Glam e Jared colsero, nello spiarli.
Erano finiti nella stessa zona di quel palazzo, proprio alla loro ricerca, su indicazione di Vassily, che li aveva incrociati entrambi, a poca distanza temporale.

“So che mi ha trattato da schifo Colin …”
“Ed io so quanto sei stato male.” – disse pacato.
“Accidenti, una serata orrenda …” – ricordò, liberando una lacrima vivida, che si frantumò sullo zigomo sinistro.
“Kevin non era mia intenzione farti piangere … mi dispiace …” – mormorò con afflizione l’irlandese, stringendolo con un trasporto intimo e caldo.
Jared deglutì, indietreggiando di un passo – “Non è possibile …” – disse flebile, ma al tempo stesso lacerato da quella che era per lui una certezza.
Fuggì via.
Geffen rimase, spostandosi di lato, dietro ad un tendaggio, per evitare di scontrarsi con Colin, che uscì subito, senza aggiungere altro a quella conversazione rivelatrice.
§ E’ assurdo … § - pensò Glam, ma una rabbia sorda gli stava montando dentro.


Quasi lo rincorse.
“Jared!! Ma dove stai andando? Ehi …”
Il suo sorriso era limpido, come il suo cingerlo per i fianchi, scrutando le iridi di cobalto, divenute liquide e disperate.
“Jay … che ti succede? …”
Leto si divincolò, sbattendo con la schiena contro ad un cipresso.
“Come hai potuto??!!” – gli gridò contro.
Erano fortunatamente distanti dai festeggiamenti, anche se a Jared non sarebbe importato nulla dare ulteriore spettacolo di sé.
“Che stai dicendo …?” – domandò stupito Colin.
“Tu … e Kevin … E NON DIRMI CHE NON E’ SUCCESSO NIENTE TRA DI VOI!! NON GLI AVRESTI PARLATO IN QUEL MODO!! E … E TOCCATO IN QUEL MODO, BASTARDO!!” –
I suoi singhiozzi mortificavano ogni respiro, che Jared faticava sempre di più a coordinare.
Farrell strinse i pugni, mentre le sue labbra furono percorse da una scia di elettricità convulsa.
Fece sì con la testa, dapprima esitante, poi deciso.
“Sì. SI’!! L’HO FATTO!! Ho consolato Kevin, nello stesso IDENTICO modo in cui l’hai fatto tu, ben prima di me!!”
Jared era ormai un fiume di lacrime, ancora appoggiato a quell’albero maestoso, le braccia incrociate e chiuse – “Quando … quando lo scopristi … tu mi hai trattato come l’ultima delle puttane Colin …” – disse alienato ed ormai privo di energie.
“Hai ragione anche su questo Jared. Era una continua umiliazione per me, era l’ennesimo affronto … ma nel mio caso … ascoltami!” – e lo trattenne da un’inutile fuga, cadendo con lui sul prato.
“Ascoltami Jared!! Ho … ho semplicemente avuto cura di voi, mentre l’unico autentico bastardo della situazione, Glam, vi aveva calpestati ad oltranza … Non potevo concepire di vedervi ammalare per lui, ancora una volta … Eri a Chicago e Kevin si stava buttando via con Chris al Metropolis, mi avvisò Robert ed insieme a lui siamo andati a prenderli e poi alla Joy’s house io mi sono fermato e … non me la sono sentita di lasciarlo da solo.”
“E Robert si è scopato Chris, forse!!?”
“No … no, Rob non lo farà mai … Tu ed io, però, siamo diversi, solo che in questo caso non volevo ferirti o vendicarmi o rivalermi … Ammesso che l’abbia solo pensato, semmai, era verso Glam che mi stavo prendendo una rivincita, perché voi due avevate bisogno di me, volevate me, per una volta! … Sono stato egoista, probabilmente la superbia ha annullato la mia integrità Jared … O semplicemente ho dato una certezza affettuosa a Kevin, una presenza, per colmare il vuoto lasciato dall’immenso dolore, per avere perso Glam … La stessa che stavi subendo anche tu.”
“E che hai sopportato … Ti avevo chiesto perdono, me ne vergognavo e …”
“Così come mi vergogno io adesso Jared, per avere creato questo scompiglio …” – e si alzò, tenendolo sul cuore.
“Colin …”
“Io amo te. IO TI AMO JARED!” – e lo baciò, ruzzolando per quella collinetta, sino ad un gazebo appartato.
C’erano dei divanetti all’interno e qualche candela accesa, ve ne erano ovunque.
“Stanotte voleremo in Marocco …” – ansimò Farrell, spogliandolo con veemenza.
Jared si sentiva come precipitato in un turbinio di sensazioni spasmodiche.
Colin gli aprì le gambe oscenamente, penetrandolo come un idolo terreno, vigoroso ed inarrestabile.
“Ti amo Cole … ti amo …” – ed aggrappandosi a lui, lo fece aderire al suo busto, ricevendolo ed agognando ogni spinta, che li stava facendo impazzire di gioia e piacere.


Il jet di Rice decollò a mezzanotte, senza bagagli, solo i loro sorrisi, nell’attesa di raggiungere il luogo dove tutto era cominciato e dove tutto sarebbe sempre ritornato a vivere indomito ed assoluto.


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