giovedì 28 giugno 2012

ONE SHOT - AMERICAN FRIENDS

Pov Jude Law
Londra, luglio 1925



Sono loro, Robert e Jared, i miei amici americani.
Il primo, 47 anni, il secondo quasi 41, mentre io, quest’anno, ne avrò quaranta, quasi coetaneo, in un dicembre molto lontano da questo principio di estate inglese.
Sto salendo sul Treno Azzurro e presto li rivedrò: mi stringerò a loro, entusiasti quanto me di ritagliarsi uno spicchio di cielo, finalmente sereno, distante dalle spire soffocanti, di una società avulsa alle nostre indoli.
Sono un diverso, lo siamo tutti e tre.
Forse questa annuale vacanza sulle coste francesi rappresenta l’unico momento di aggregazione maschile, senza compromessi, bugie, ossessioni.
Ci sentiamo liberi, di vivere e viverci, cercando compagnia nei locali più alternativi del momento, dove gli uomini amano altri uomini, senza mezzi termini, sono stato abbastanza chiaro?
Insegno ad Oxford: un tedio senza fine, lo so, sono patetico e teatrale, Robert me lo dice, quando la prima notte, ogni volta, dormo con lui.
Ci siamo promessi di non innamorarci l’uno dell’altro, tanto meno di Jared, che è semplicemente incantevole quanto sensuale.
Eppure questo giro c’è una novità.
La scopro appena arrivo.
Il quarto uomo.
Americano anche lui?
Niente affatto: è irlandese.
Ce lo ha portato Jared e sembra una faccenda seria.
Lui è impacciato, bellissimo, nelle sue 36, magnifiche, primavere: ha uno studio legale in quel di Dublino, difende i senza tetto, gli operai, ha i calli sui palmi ruvidi, dove Jared, però, cerca costanti carezze.
Colin è capace di fare tutto: sta per l’appunto aggiustando una tapparella di Villa Esmeralda, il nostro rifugio.
Robert, che non sa neppure da che parte brandire un martello, si sforza ad aiutarlo, Jared ride come un bambino, io mi sento inadeguato davanti ai loro sentimenti, all’amore purissimo, che sembra unirli, come due calamite dal segno opposto.
Jared è figlio di nobili austriaci, migrati a New York, sono antiquari, vivono sulla quinta strada, in un attico lussuoso e sterile, lui ce l’ha sempre raccontato come tale.
Robert, infine, ha una piccola azienda di scatolame: è esilarante quando ci mostra i bozzetti delle sue pubblicità, con avvenenti signorine, che espongono i prodotti di indiscutibile qualità: guai a proferire il contrario, ad ogni pasto, mentre degustiamo i fagioli Downey, le lenticchie Downey, la zuppa Downey … Sgrana quegli occhi da cerbiatto impaurito dalla vita, mentre i miei, stanotte, li sento al pari del ghiaccio fuso, forse sarebbe meglio dire acciaio o semplicemente spiegare ed accettare l’inevitabile.
“Io ti amo Robert”
Ecco, la frittata è servita, l’ho detto!
Ci siamo fatti il bagno insieme, lavandoci con cura, ma alla stregua di due adolescenti, tra schiuma e paperelle.
Se ci vedessero i miei studenti …
Avvolti in teli bianchi, dalla vita in giù, ci stiamo studiando, come marziani, ai lati opposti della camera blu, dove Robert sceglie di dormire e ne fa un’alcova piuttosto trafficata nel proseguo del nostro soggiorno.
Incrocio le braccia dietro alla schiena, mi appoggio alla parete ed aspetto.
Cosa esattamente?
Robert deglutisce a vuoto un paio di volte, il suo pomo d’Adamo ballonzola all’interno di quel collo, che vorrei mordere, suggere, invadere di ulteriori apprezzamenti.
Mi sto eccitando, e le mani tornano sul davanti, con il vano tentativo di mascherare la mia condizione imbarazzante.
Un rumore.
Improvviso, netto, insistente.
“Che diavolo è?” – chiede secco Downey.
“Non ne ho idea” – ribatto, acuendo la mia attenzione.
Va e viene, ma ora sembra associarsi ad uno strano verso.
“Gemiti”
“Eh?” – strabuzzo gli occhi.
“Sono gemiti Jude!” – insiste, a bassa voce.
“Perché parliamo piano Rob?”
“Non lo so!” – ringhia, avvicinando il padiglione auricolare sinistro alla tappezzeria.
“E’ la stanza di Jared …”
“E Colin!” – preciso, senza alzare di un’ottava il mio volume.
Robert ridacchia, piegandosi da un lato – “Non ci voleva un granché a capirlo prof!” – sbotta, canzonandomi.
Mi allontano, risentito.
“Jude …!”
“Torno nel mio letto, buonanotte” – ribatto acido.
“Jude! Non sia mai, la nostra tradizione”
“Una tradizione inutile! Visti i risultati!” – mi altero, senza voltarmi.
Robert si avvicina svelto, mi avvolge, infila la mano destra sotto al mio asciugamano ed io, in crisi di ossigeno, emetto un singulto così lascivo, da risvegliare anche il suo di sesso, così aderente ai miei glutei, che quella barriera di spugna è pressoché inutile a smorzarne il vigore.
“Mioddio Rob”
“Ora basta, facciamolo!”
Mi rivolta, afferrandomi per i gomiti, poi il nostro primo vero bacio, profondo, torbido, bagnato.
Per dovere di cronaca, i miei due amici, negli anni precedenti, mi hanno sempre considerato un dandy: insomma una mezza calzetta.
Ora sentivo pulsare un mare di potenzialità, tra le mie cosce, che aprire con ostentazione quelle di Robert, divenne il giusto epilogo a quell’iniziativa di rivelargli i miei autentici sentimenti.

Il suo è un sapore carnale, dopo che si è inginocchiato, per baciarmelo e succhiarmelo, con esperienza e devozione.
Mi sto perdendo nelle sue iridi marrone scuro, le mie dita tra le sue ciocche corvine, ma quando si risolleva, baciandomi, saette di ludibrio mi lacerano la pelle e la spina dorsale.
Lo spingo contro il muro, lo faccio mio, finalmente.
Quel rumore, sembra così simile a quello che stiamo facendo noi e persino i gemiti, paiono accavallarsi, senza più distinzione di tonalità.


“E’ un segno Jude … un’impronta direi …”
“Oh …” – sussurro.
Jared corre per la casa, ridendo – “Anche da me, identica … impronta!”
La carta da parati è segnata.
“Colpa del sudore …” – realizza, timidamente, Colin.
“Gli umori …” – sussurra Robert.
Avvampo.
Jared salta al collo di Colin, lo bacia, avvinghiandosi oscenamente.
Downey ridacchia, io ho la gola secca.


Tempo di andare via …
Sono sempre stati dei ribelli, Rob e Jared.
§ Qui ho amato Jude §
§ Qui ho amato Colin §
L’hanno scritto, dopo un prolisso rimuginare a tavola.

“Cosa farete …?” – domando esitante a Colin.
Lui sorride – “Jared viene a vivere con me, in Irlanda … ce la caveremo. Voi due, invece?”
Abbasso quelli che Rob ha definito “topazi screziati di stelle”: bruciano, imprevisti quanto disdicevoli, non voglio mi vedano così fragile, non loro, solo Robert può farlo … solo Rob …
“Rob …?”
Lui mi accoglie, mi bacia dolcemente.
“Ho molti amici alla New York University … devi soltanto dire di sì, Jude”
Mi scruta ed aspetta.

Ottobre, 1925 New York City

Adoro i tetti di questa città, i grattacieli, il formicolio dei passanti, giù nella via, dove si affaccia l’appartamento che Robert ha comprato per stare con me.
Sembra incredibile, persino assurda, la mia attuale sistemazione, impensabile in quel di Londra.
Certo la discrezione è d’obbligo anche qui, ma almeno, ad ogni risveglio, ritrovare il sorriso di Robert mi infonde quel coraggio, che mi è sempre mancato …
Eppure, ripensandoci, non è poi così vero: se non mi fossi dichiarato, se non avessi fatto io il primo passo.
Lo ribadisco ad ogni festività, a Jared e Colin, quando ci fanno visita, unendosi alla nostra gioia, con la loro, che sembra non esaurirsi mai.
Rob ci osserva, appagato e tranquillo: forse lui l’aveva sempre saputo.
Aveva atteso paziente, colmando nel suo cuore il vuoto lasciato da quel tempo, senza di noi, che non avevamo ancora avuto la forza di vivere, come due inguaribili stupidi.

The End



SUNRISE - CAPITOLO N. 139

Capitolo n. 139 - sunrise


“E’ accaduto troppo in fretta Owen … ci sono rimasto male …”
“Le tue scuse Shannon sono puerili … i tuoi silenzi talmente chiari, che solo un idiota innamorato come me, poteva ignorarli”
“Owen”
“No … guarda, evito di urlare, perché nostra figlia è di là, non posso svegliarla, non per farle ascoltare quanto sei meschino e volgare nel perpetrare una tua ossessione senza scampo.”
“Io non ti ho tradito con lui” – provò a difendersi il batterista.
“Sarebbe stato meglio!” – ringhiò Rice.
“Perché hai preparato i bagagli, cosa vuoi fare?”
“Me ne vado a Londra, con July ovviamente: i nonni vogliono vederla ed io ho bisogno di riflettere su di noi e su come rovini sempre tutto Shan!”


“Ehi come mai te ne stai qui Glam …?”
“Ciao Jared … ma è già ora di andare in chiesa?”
Leto si mise seduto sulla panchina, accanto a lui: c’era un sole splendido.
“Non è una chiesa … è diverso …”
“L’amico di tua mamma, però, è arrivato, giusto?”
“Sì, sì, lo stesso che ha celebrato anche il mio matrimonio con Colin” – spiegò flebile.
Geffen sorrise – “Non mi fa così male quella parola, sai?” – disse dolce.
“Tu ed io abbiamo provveduto da soli …”
“Infatti, a noi bastava, evidentemente Jay.”
Il cantante annuì, tremando – “Sono in pena per mio fratello”
“Lo so Jared.”
“Denny è meraviglioso, però Tomo con Shan erano in simbiosi … ricordo i loro primi momenti …”
“Nessuno li dimentica”
“Poi ti chiedi cosa non ha funzionato …” – ormai sembrava percorrere un discorso a senso unico.
“Spesso è soltanto paura”
“Paura Glam?”
“Di essere felici, di scoprire che con un’altra persona funziona meglio che con quella a cui si è legati ad ogni costo … C’est la vie!” – e rise mesto, prendendolo per mano ed alzandosi – “Andiamo Jay, voglio vedere Isotta nel suo abitino da damigella …”
“E’ stupenda …” – e nel dirlo, Jared si asciugò una lacrima dispettosa.
“Ora calmati tesoro … Io sto bene e tu hai avuto ciò che desideravi: è sempre stata la mia ambizione, vederti realizzato. E forse anche per Kevin è arrivato il momento di spiccare il volo, con Tim.” – disse sereno.
“Io non posso lasciarti andare Glam …”
“Non me ne sto andando, con niente e nessuno.” – replicò calmo, in piedi davanti a lui.
“Oggi sento … e vedo le cose in maniera triste … Le persone intorno sorridono, hanno ragione di farlo, ma io …”
“Tu hai qualche rimpianto, ma era necessario o forse … inevitabile Jay.”


Colin si era fatto crescere una barba, che incorniciava il suo volto affascinante, mentre i capelli erano stati accorciati.
Brizzolato e paterno, un mix incantevole alla vista di Jared, coronata dalla presenza dei due gemelli, infagottati a dovere per quell’evento informale.
Isotta saltellava sul tappeto, provando le movenze per lo spargimento di petali e fiocchi di neve sintetici.
Era una favola.
“Ciao Glam, dove hai seminato Scott?”
“Voleva comprare un regalo … Io sono qui per la principessa, posso fare qualche foto?”
“Ovvio che sì” – replicò istintivamente Jared.
Farrell sorrise, dandogli un bacio sulla nuca – “Ti lasciamo con lei, noi pensiamo a Thomas e Ryan.”
“Vi ringrazio … ehi Isy ciao …”
“Ciao!! Lo tai che io ciono la gella … la mamigella … uffi!!”
“Sei una gioia, angelo mio …” – e la sollevò, dandole una coccola.
Lei si strinse forte a Geffen – “Papà Glam … anche tu!” – e rise raggiante.

Nella stanza adiacente, Jared sembrò rabbuiarsi.
“Cole, io devo spiegarle”
“Non parliamone più amore, non è un problema, davvero Jay” – e lo baciò appassionato.


Tim scelse un maglione tra quelli di Kevin.
“Posso?”
“Sicuro, ti sta alla perfezione piccolo”
Il giovane si appese al suo collo – “Adoro quando mi chiami così Kevin”
“Allora lo farò ogni istante, se ciò ti rende felice Tim, come tu fai con me, senza mai risparmiarti … Ti amo”
Il giovane avvertì una scossa lungo la schiena – “Ti amo anch’io Kevin …”


Tomo aveva noleggiato una slitta, trainata da cavalli, molto d’effetto, decorata con fiori scarlatti e bianchi, oltre ad una serie di campanelle tintinnanti.
C’era un riverbero brioso ad accompagnare quell’arrivo fuori dagli schemi: tenendosi a braccetto, lui e Denny, fecero il loro ingresso nella baita, allestita per la festa nuziale ed il successivo banchetto.
Era giunta, in grande segreto, anche l’intera famiglia del croato: tutti furono estremamente cordiali ed affettuosi con Denny, durante la colazione consumata in hotel con la coppia.
Shannon li intravide nella hall e risalì in ascensore, decidendo di restarsene in camera, ormai vuota di Owen e July, tornati in Los Angeles per poi volare in Inghilterra con il jet di Rice.

Canti di gioia, eseguiti da un coro gospel, annunciarono l’inizio della funzione, oltre al passaggio di una Isotta concentratissima e deliziosa.
Jared la prese in braccio quando la bimba terminò la sua passeggiata sul tappeto rosso, passandola a Colin, che la strinse forte sul petto.
“Sei stata bravissima, vero Jay?”
“Sì Cole …” – ed a propria volta, Leto sparse una serie di baci su quella testolina di ciocche dorate, non senza scambiarsi un’occhiata lucida con Geffen.
Scott faceva finta di guardare altrove, ma colse ogni sfumatura di quegli istanti particolari, pensando che non avrebbero mai conosciuto un epilogo definitivo.
Era preoccupato per Geffen: sapeva che l’amico era solito accumulare tensioni, amarezze, sconforto, per poi esplodere: quella sequenza di mortificazioni sembrava fatta apposta per vederlo crollare nuovamente in una crisi fisica ed emotiva, nonostante Glam si sforzasse di sorridere, rassegnandosi al destino.
Dean e Sammy erano piuttosto agitati, anche se in sostanza non dovevano fare nulla, ma i più immersi nel cerimoniale, restavano ovviamente i due futuri sposi.
Tomo intrecciò le dita a quelle di Denny, pronto a pronunciare una promessa mescolata ad un sorriso appagato.
“Non sono bravo con le parole tesoro, ma voglio esprimerti ciò che sento, senza l’ausilio di foglietti, che avrei comunque perso con la mia sbadataggine …”
I presenti risero piano.
“Ok … io … io rammento quando sei entrato nei miei giorni, come un amico scanzonato, che sembrava non prendere nulla sul serio, ma sbagliavo … Tu cercavi qualcosa o meglio qualcuno, quanto me, senza forse saperlo. E’ stato incredibile innamorarsi di te, Denny, anche se a guardarti credo possa essere semplicemente inevitabile … Io ti amo, ti amo così tanto e voglio sposarti … Io voglio ricambiare ogni tuo piccolo gesto, ogni dono, che nasce da te amore … Quindi prendi il mio anello, simbolo di questa nostra unione” – e trepidante, come mai si era mostrato, Tomo concluse il proprio rito.
Toccava a Denny.
“Sai Tomo, hai anticipato ogni mio frammento di memoria, legato alla nostra conoscenza, alla nascita di sentimenti importanti e vincolanti, per me che non ho mai rinnegato me stesso, lo sai, ma neppure ho mai creduto in un rapporto concreto tra due uomini, probabilmente per timore di non essere accettato o di non essere all’altezza o semplicemente perché non avevo ancora trovato il compagno ideale … Eri e sei tu, quella persona eccezionale, buona e generosa, che ha saputo convincermi, senza alcuno sforzo, senza pressioni, su quanto noi due, insieme, eravamo qualcosa di speciale … Ti amo Tomo Milicevic e voglio sposarti: ricevi il mio anello, simbolo di questa nostra unione” – con un sorriso, Denny completò lo scambio delle fedi.
“Gli uomini non sciolgano, ciò che Dio ha creato: la vostra unione. Potete baciarvi e chi vi ama, può applaudire” – decretò gioviale il pastore.

Mentre l’applauso sembrò mescolarsi al bacio di Tomo e Denny, in un turbinio di colori e luci, scaturito dai raggi che filtravano dalle vetrate a mosaico oltre ai coriandoli argento ed arancio, sparati dai bambini, uno spettatore silenzioso vedeva dilatarsi nel proprio pianto, quella scena carica di aspettative e contentezza assolute.
Shannon si era imposto di stare lontano da quel luogo, dove avrebbe creato unicamente imbarazzo: ovviamente la sua valutazione era sbagliata, visto che non solo il fratello, ma anche i restanti conoscenti, lo avevano cercato più volte con lo sguardo, sperando di avvistarlo, anche se in disparte.
Owen lo aveva abbandonato, nessuno lo sapeva.
Josh era tra Tomo e Denny, per una serie di istantanee allegre e vivaci; Shan perse un battito.
Si sentiva escluso e sconfitto.
Aveva sbagliato clamorosamente, dall’attimo in cui incontrò Rice: era l’unica e desolante certezza, che gli stava martellando in testa da ore.
Si dileguò, quasi come un fantasma, senza fare rumore.






ISOTTA


SHANNON LETO

mercoledì 27 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 138

Capitolo n. 138 - sunrise


Denny stava gettando in valigia i pochi indumenti, che si era portato in vacanza.
Un sesto senso, forse, gli aveva malignamente suggerito che sarebbe stata breve, ma Tomo non lo avrebbe lasciato andare via tanto facilmente.
Il giovane lo capì, sentendolo entrare come un indemoniato nella loro suite, sbattendo la porta.
“Adesso mi stai a sentire, Denny!!” – gli urlò alle spalle.
“No stammi a sentire tu, grandissima testa di cazzo!! Non è la prima volta che ti giochi una relazione importante, a causa di questo tuo inossidabile cordone ombelicale, legato a Shannon!! Avete un figlio, OK, mi pare di avere sempre rispettato questa condizione, è sacra, infatti il bimbo si è affezionato a me o sbaglio??!!”
“Denny …”
“Denny niente!! Lui non la smetterà mai, ti considera una sua proprietà esclusiva e chi ti passa accanto è soltanto un’ombra, da umiliare!! Non mi sono mai sentito tanto inadeguato … tanto … sbagliato … e stupido!! Da quando ti sono vicino, accidenti!!” – i suoi occhi iniziarono a tremolare – “Cosa devo fare Tomo, COSA per farti voltare pagina una volta per tutte!?!”
“Sposami”
Tomo lo disse fissandolo, i suoi pozzi di pece ormai liquidi, per l’emozione.
La sua replica secca e diretta, sembrò irritare ancora di più Denny, così il croato si mise in ginocchio davanti a lui, prendendo dal taschino una scatoletta ed aprendola, sotto agli occhi vividi di Denny.
“Le ho comprate ieri pomeriggio, te le avrei mostrate al rifugio, davanti il ghiacciaio, so che ami quel posto … era perfetto Denny … Voglio che lo sia ancora, lo voglio assolutamente … Sposami” – e sorrise, mentre le due fedi in oro bianco si rivelavano luminose e pure, come quella richiesta.
Denny divenne pallido, quindi arrossì, per poi cadere davanti a Tomo, nella medesima posizione.
Strinse i polsi del moro, con una carezza, tirando su dal naso e tamponandosi con i gomiti gli zigomi, ormai invasi dalle lacrime.
“Sì … sì voglio sposarti Tomo Milicevic”
Si baciarono, a lungo.


“Un matrimonio? Qui?”
Glam aveva appena letto l’e-mail/invito, mandata da Tomo e Denny agli amici presenti in hotel.
Lula stava giocando sul lettone insieme al peluche Brady e Violet, sotto l’occhio vigile di Colin, che gli aveva portato la figlia.
“Che succede?” – chiese l’attore, distraendosi dal tablet, dove stava guardando alcune foto di Jared.
“Non hai letto la posta?”
“No … chi si sposa?”
“Denny e Tomo”
Farrell era lì anche per ringraziare Geffen e Scott, per avere assistito al meglio Jared, ma il medico era salito in quota prestissimo, per sciare in totale solitudine.
“Cavoli … Sarà un colpo per Shan …”
Glam inarcò un sopracciglio – “La vita va avanti, credevo fosse felice con Rice” – disse perplesso.
Colin tossì, riabbassando lo sguardo sul visore – “Certe storie non finiscono mai” – mormorò, rapito dagli occhi di Jared.
“Sta diventando bionda … la nostra Isy, sai? E con dei boccoli …” – aggiunse, con tono affascinato, tornando a guardare Glam, che sorrise.
“Sì, è bellissima … per i capelli, forse è dovuto al fatto che Jared in quel periodo era biondo … Sì insomma”
“Le sue tinte” – Colin rise spensierato.
“Già … che testa matta” – sospirò Geffen, alzandosi dalla scrivania, per andare a cambiarsi – “Cuccioli tra poco si esce, Lula cerca i Moon Boot, fatti aiutare da zio Colin”
“Ok ci penso io qui Glam.”


“Doveva succedere …”
“Shan …”
Le ali di Jared, nonostante fossero uno dei posti preferiti da Shannon, sembrarono risultare insufficienti a calmarlo.
“Denny è uno splendore, è cotto perso di Tomo, lo capisco io … io lo capisco, sai?”
“Chi dei due …?” – domandò con un sorriso triste il cantante dei Mars.
“Entrambi … ok, certo … so cosa vuole dire amare Tomo … e posso comprendere la sua passione per Denny …”
“Anche Josh gli vuole bene, Denny è un’ottima persona Shan”
“Nulla da eccepire …” – disse ricomponendosi.
Erano accucciolati sul divano del mini appartamento di Jared, avvolti in una grande coperta a scacchi.
“Owen soffrirà se ti vede in questo stato”
“Mi dispiace per lui e per July … E’ più forte di me … io speravo … io”
“Cosa Shan?”
“Che Tomo tornasse da me, come tu hai fatto con Colin, per l’ennesima volta, saremmo stati felici quanto voi, ne sono certo.”


“Si accasano Jam?? Maddai, all’animale verrà una sincope!”
“Kurt che cinico ahahahah”
Si erano comprati due stranissimi copricapo di pelo sintetico, con tanto di orecchie e zampe, cucite alla fine di due specie di gambe lunghe laterali.
Passeggiavano nei pressi delle piste di pattinaggio all’aperto, tenendosi per mano come due adolescenti, mentre nell’altra brandivano un lecca lecca multi colorato, inizialmente destinato a Martin e Julian, che sarebbero rimasti a secco.
“Non sono cinico, sono realista ahahahh Shannon avrà un travaso di bile, Rice lo mollerà e scoppierà un casino epico!”
“Un must delle cerimonie per la nostra famiglia, Marc ed io vi abbiamo evitato mica a caso ahahahh”
“Carini loro” – sibilò Kurt, inforcando gli occhiali scuri, come già aveva fatto Jamie, a causa del riverbero accecante della neve.
“Buono questo coso …” – disse il ballerino, prendendo la macchina digitale – “Facciamo una foto per i posteri Kurt?”
“Ok … qui va bene?” – e si avvinghiò a lui, che stava armeggiando con l’auto scatto.
“Che schianti … sorridi Kurt cheeeseeee!”


“Sarà domani Tim … che fretta c’era?”
“Lo trovo romantico Kevin …”
Erano ancora sotto al piumone, nudi e caldissimi, dopo ore di puro sesso: ora era il momento delle coccole.
Il ragazzo si rannicchiò maggiormente, spingendo la propria schiena contro il busto scolpito dell’altro, che lo stava cinturando da dietro, amorevole, nei baci, nei respiri, nelle carezze caste, adesso.
“Nozze a sorpresa quindi …”
“Credo fossero premeditate, Kevin”
“Da Tomo sembra”
“Denny sarà al settimo cielo, è così innamorato di lui”
“Come io di te, piccolo …” – e nel sussurrarglielo, Kevin lo girò a sé, baciandolo con tenerezza.


“Ci hanno chiesto di essere i loro testimoni Sammy!”
Dean era molto eccitato al pensiero di quell’inconsueta scelta da parte di Tomo e Denny.
“Torna qui!” – protestò dalla doccia il pasticcere.
“Un attimo, chiudo la connessione … fatto!” – e ridendo il broker si piombò nel box.
“Era ora” – ringhiò amorevole il gigante, agguantandolo per i fianchi, per prenderlo in braccio.
“Che vuoi fare Sammy … non ti sono bastato stanotte …?” – chiese, mordendogli sinuoso il labbro inferiore e leccando tutto intorno.
L’erezione di Sam si stava insinuando tra le gambe di Dean, ormai agganciate a lui, come una morsa.
“Evidentemente no …” – ruggì piano –“Poi devo assolutamente approfittare di questo” – e forzò l’apertura ancora bagnata ed accogliente di Dean, che emise un gemito strozzato.
“Mioddio …” – esclamò nel collo di Sammy, che ormai gli era dentro prepotente e magnifico.
La lastra erano umida e sdrucciolevole, ma Dean non sarebbe scivolato: era al sicuro tra le braccia del suo ragazzo, virile e solido.
Il suo corpo a tratti ondeggiava a tratti scattava ritmico, per le spinte di Sammy, che respirava forte e massiccio, ammirando di tanto in tanto il punto in cui si univa a Dean, staccandolo da lui e chinando il capo madido e sensuale.
Sentendo l’orgasmo propagarsi in entrambi, Sam ricominciò a baciarlo, a divorarlo – “Dean … Dean tieniti bene a me … fallo …” – e nel reclamarlo, le sue mani salirono fulminee ad appendersi sul bordo della cabina.
Ciò permise a Sammy di acuire i colpi del suo bacino, sino ad invadere completamente il canale dilatato di Dean, che urlò per il piacere estremo e mirato, procuratogli dal compagno.
Era un’estasi cristallina, che nessuno poteva infrangere: Sammy non l’avrebbe permesso.
Mai.



martedì 26 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 137

Capitolo n. 137 - sunrise


La corbeille di rose albicocca troneggiava sul tavolo della sala.
Jude quando la vide, sentì nascere spontaneo un sorriso dal proprio cuore, pensando a Robert, che puntualmente non aveva dimenticato il loro anniversario, per poi ricredersi.
Quei fiori li mandava Colin.
Una busta era puntata sul cesto: Law la aprì, le mani incerte, la vista annebbiata dalla rabbia.
Era la prima emozione istigata al solo pensiero di Farrell.
§ Chi ti ha fatto del male, Jude, è un mostro.
E temo che tu veda in me lo stesso, purtroppo.
Hai ragione Jude, come posso darti torto?
A suo tempo mi hai perdonato, per quello che subì Jared, ma certe cose non si perdonano mai veramente.
E’ una terribile ingiustizia ciò che ti è capitato, ma io farei qualsiasi cosa per darti un minimo sollievo, anche chiedendoti scusa, al posto di quell’uomo, che di certo stai odiando.
Non odiare anche me … Non riesco a sopportarlo.
Ti voglio un bene immenso …
Tuo irish … tuo Colin §

Jude urlò, accasciandosi, come ferito a morte.
Ancora una volta.


“Posso permettermi tutti questi zuccheri dottore?”
Geffen rise, spalmando Nutella sull’ennesima fetta di pane.
“Dipende Glam … da ciò che consumi … I tuoi esami erano buoni.”
“Ok allora pattinerò fino a pranzo!”
“Vorrai dire che cadrai fino a pranzo ahahahah”
“Simpatico” – sibilò tagliente – “Oh ecco Jared …” – si illuminò.
“Buongiorno ragazzi … che profumo …”
“Torta alle nocciole” – disse Scott, facendogli posto.
“Ah grazie doc ho il mio tavolo … Ciao Glam” – e si sporse, dandogli un bacio sulla tempia, che l’avvocato ricambiò – “Ciao tesoro … dormito bene? Sei pallido …” – osservò preoccupato.
“In effetti poco … adesso divoro il buffet e mi riprendo …” – disse piano, ossigenandosi.
“Buon appetito” – aggiunse Scott sorridente.
Leto si allontanò, puntando le vaschette di marmellate e miele, non c’era ancora nessuno.
Colin era rimasto con i gemelli, finendo di cambiarli.
“Dicevi delle mie analisi …?”
“Dovremmo ripetere l’ultima terapia Glam è poco invasiva e” – ma un tonfo lo interruppe bruscamente, oltre al rumore di cocci.
“Jared!!” – esclamò il medico, precipitandosi a soccorrerlo.
Geffen fece altrettanto.


Farrell incrociò Shan nel corridoio.
“Dov’è mio fratello??!” – chiese concitato il batterista.
“In infermeria, Scott e Glam sono con lui, vieni!”
Scesero veloci sino all’ala riservata al pronto intervento valanghe e soccorsi in genere, per chi aveva incidenti durante le varie attività su ghiaccio e neve.
Jared era stato attaccato ad una salina, per idratarlo, dopo un’iniezione, che Scott aveva praticato, conoscendo alla perfezione la sua storia clinica.

Glam era in corridoio ed aspettava.
Quando l’amico lo interpellò, in pochi secondi fu al capezzale di Jared, ormai cosciente e sereno.
“Ciao …”
“Jay … cosa mi combini?” – si sforzò di scherzare, sfiorando i suoi capelli spettinati e la barba incolta.
“Mi sono un po’ trascurato … credo … poi i bimbi … danno molto da fare.” – rise, tossendo.
“Non stancarti, tra poco starai alla grande, vero Scotty?” – domandò ansioso.
“Ovvio, le mie cure sono miracolose … C’è Colin …”
“Amore cosa succede?” – disse l’attore, entrando trafelato.
Glam si spostò, lasciandogli il posto.
Farrell lo strinse al petto, spargendo baci e lacrime sugli zigomi di Jared, che provò a tranquillizzare sia lui che Shannon, in trepidazione.
Geffen uscì dalla stanza, scortato da Scott.

“E’ stato un collasso, lieve, un calo di pressione …” – puntualizzò, notando che Glam era sprofondato in altre riflessioni, per poi rivelarle.
“Jared è come un bambino, bisogna averne cura, ricordargli di mangiare, non pretendere ritmi assurdi, anche se fare il padre gli riesce alla perfezione, cazzo!” – sbottò, battendo i pugni sul davanzale.
Scott inspirò.
“Dì ciò che pensi veramente Glam.” – quasi si impose con quell’affermazione-
L’uomo lo scrutò, senza ribattere.
“Lui lo consuma, giusto? Gli sta sempre addosso!” – chiarì, fissando Geffen.
“So cosa vuole dire amare e desiderare Jared, ok? Ci siamo … come dici tu, consumati a vicenda, quando è stato il nostro momento, d’accordo Scott?!”
“Solo che tu gli rammentavi i pasti, ti adoperavi perché non si stressasse tra pannolini e poppate notturne, lo trattavi meglio di Colin, è esatto!?”
Geffen allargò le braccia – “Ma cosa stiamo facendo Scott?!!”
“Un bel niente!” – e se ne andò.


Downey appoggiò il suo regalo sul comodino di Jude.
“Amore sei di là?” – gridò allegro, muovendosi per l’alloggio francese.
Camilla stava dormendo sul divano, la tv rimasta accesa.
Law stava facendo una doccia bollente, strofinandosi la pelle come una furia.
Voleva lavare via il sudore di Colin, impresso nelle sue narici, cancellando i segni, ormai guariti e rimarginati, di quelle ferite, che vedeva ancora quando si rifletteva nello specchio ogni mattina.
“Tesoro sei qui …? Jude …”


Tim prese per mano Lula.
“Ehi ce la caviamo alla grande, vero campione?”
“Sì zio Tim!”
Un paio di piroette ed arrivarono al bordo della pista.
“I pattini stringono?”
“No zio … posso avere il mio bicchiere di latte al miele?”
“Certo cucciolo, vieni …”

Le tazze erano fumanti, così i biscotti appetitosi.
“Posso mangiarne uno zio?”
“Ovviamente, papà Kevin mi ha dato istruzioni precise” – e rise.
“Okkeiii! Lui quando viene?”
“Faceva una commissione Lula … sarà qui a momenti” – e si guardò attorno.
“Violet la vedo a pranzo, non aveva voglia di pattinare …” – disse deluso.
“Può capitare … Senti Lula, me la togli una curiosità?”
“Certo!”
“Ti sono davvero simpatico …?”
“Molto zio Tim!” – disse sincero.
“Non …” – deglutì – “Non preferiresti avere accanto i tuoi papà, come prima …?”
Lula sgranò i suoi fanali di pece, diventando serio.
“Papà Glam è il migliore super papà del mondo … Però … ti confido un segreto” – sussurrò.
“Ti ascolto …”
“Da quando papà Kevin ti conosce, lo vedo felice … Papà Glam, invece, ha fatto piangere tante volte papà Kevin, capisci?”
“Sì … tra adulti può succedere Lula, però hai ragione quando dici che papà Glam è eccezionale, non dimenticarlo mai.”
“Lo so, ma ha fatto degli sbagli e papà Kevin è stato male … Papà Glam è contento per voi, sì sì!” – ed annuì sorridendo.
“Ed anche tu … spero …”
“Ovvio! Tu sei buono con me ed io mi fido.” – e nel dirlo, Lula gli diede una delle sue mitiche carezze a piena mano sulla guancia sinistra, commuovendolo nel profondo.


Glam gli allungò una tazza di caffè.
“Doppio, come piace a te … Che succede Scotty …?”
“Mi lasceresti perdere almeno, per diciamo … un paio di ore?” – bofonchiò, le mani a coppa sotto il mento, il viso affascinante ed arrossato appoggiato sui palmi: se ne stava seduto su di un muretto, sotto ai portici del centro commerciale, adiacente l’hotel.
“Mi ricordi Lula, quando mette il broncio” – Geffen rise.
“Sì, oltre alla demenza senile, ora sono regredito alla mia era infantile.” – protestò.
“Ti mostro una cosa …” – e nel dirlo, Glam si accomodò accanto a lui, estraendo dal portafogli una vecchia foto.
“Cos’è?” – chiese il medico, sempre con voce buffa.
“Semplicemente tu Scott … eri bellissimo” – disse sereno.
“Ero? Grazie!”
Scoppiarono a ridere, abbracciandosi.
“Sono … sono diventato … isterico …” – mormorò.
“Forse sei solo un pochino confuso …”
“Da chi? Da te?” – domandò, fissando Glam, che aggrottò la fronte.
“Credo dal contesto in generale, forse dalla mia nuova vita Scotty …”
“In compenso devo rimproverarti Glam …”
“Per cosa?”
“Per Jared e non è una scenata di gelosia, anzi”
“Non smetterò mai di amarlo, fine del discorso.” – ribadì secco.
“Eh no, troppo comodo! Devo esporti il mio punto di vista e lo farò, cazzo!”
Geffen inspirò.
“Ok, sentiamo …”
“Perfetto. Me lo dici che futuro ti aspetti, insieme a lui?”
“Ma di che parli Scott?!”
“Ecco appunto, non sto parlando di un bel nulla, del vuoto pneumatico, visto che Jared vuole starsene con suo marito ed i loro figli, anche se continua a fare il languido con te, ad ogni occasione!”
“Ed io, per te, sono quindi un coglione, giusto?” – domandò acido.
“No Glam … No. Sei un uomo fantastico e terribilmente innamorato di qualcuno, che non capirà mai cosa si perde a non stare con te: questa è la verità.” – spiegò calmo.
“Non riesco a farne a meno, non riesco a smettere di amarlo Scott.”
“E perdi la tua vita così? Potresti essere ancora felice, accanto ad un’altra persona, magari persino una donna, forse la stessa Sveva. Avrete un figlio, non ci pensi mai?”
“Sveva ed io cresceremo il nostro bambino, ma non come coppia, non esiste. Lei è una donna straordinaria, ma il mio cuore appartiene a Jared.” – si alzò, mesto – “E non voglio più affrontare l’argomento, perdonami.”
“Tu non hai bisogno del mio perdono Glam, hai bisogno di svegliarti!”


L’infermiera ripose l’ago in un fagiolo d’acciaio, pieno di disinfettante, poi fece aderire un cerotto al braccio di Jared, che sorrise.
“Grazie signora …”
“Ecco fatto, provi a sedersi … senza fretta …”
“Sto bene”
“Misuriamo la pressione e poi la lascio libero” – rise compiaciuta, prendendo dal tavolino lo sfigmomanometro.
Geffen sopraggiunse, impacciato nell’entrare o meno in ambulatorio.
Jared gli fece un cenno.
“Ciao, come ti senti?”
“Meglio, tra poco esco, mi aspetti Glam?”
“Sì, certo … dov’è Colin?”
“Dai bambini, forse starà tornando, ma non ho voglia di aspettarlo, gli andremo incontro …”
“Come preferisci.”
“Ok, i valori sono tornati normali, può vestirsi Jared” – si intromise la donna, per poi uscire per rispondere ad una chiamata.
“Grazie … mi prendi i jeans e la maglia dall’armadietto Glam, per favore? … E l’intimo” – disse, notando di essere nudo sotto il camice sterile.
“Sì, arrivo …”
Geffen gli fece indossare i boxer ed un vogatore, con cura, come d’abitudine.
Erano gesti semplici, che entrambi adoravano.
“I miei calzini puzzolosi, come direbbe Lula, dovrebbero essere nel cassetto” – Jared rise, alzando la cerniera del pullover.
“Sì eccoli … che colori assurdi” – disse flebile Geffen.
“Ti … ti sento strano, cos’hai Glam?”
“Non pensare a me, ora devi rimetterti e mangiare, darti una regolata insomma.” – lo rimproverò pacatamente.
“Agli ordini …” – replicò il cantante, schiudendosi in un’espressione innocente, pulita, radiosa.
Geffen gli accarezzò lo zigomo destro, con il pollice della mano sinistra, che distribuì un tocco caldo e piacevole sino al mento di Jared, gli occhi vividi piantati in quelli dell’avvocato: un “ti amo” silenzioso, sembrava echeggiare nelle loro menti, reciprocamente, per poi finire a sciogliersi nei cuori, che stavano pulsando, irriducibili nel non negare emozioni incancellabili.
“Dobbiamo andare”
“Sì Glam … Grazie, per tutto.”


“Io la balia la procuro a lui, non può ridursi così!!”
Tomo stava raccogliendo lo sfogo di Shannon.
“Ehi, Jared si è ripreso, non devi fare così …” – disse il croato, stringendolo un attimo dopo.
“E’ uno schifo … questa è la verità!” – singhiozzò il batterista, affondando nel petto dell’ex.
Tomo gli massaggiava la nuca, il tono roco nel confortare Shannon, agitato anche per quel contatto meraviglioso, che sembrava avere ritrovato improvviso con il chitarrista.
Denny li vide.
Esitò nel percorrere o meno il corridoio, sino all’ingresso del pronto soccorso, dove Shannon si stava recando per controllare il fratello.
Infine si decise: era lui il compagno di Tomo e, pur capendo la situazione, non si sarebbe mai fatto calpestare da inopportuni ritorni di fiamma.
Avrebbe voluto chiarire con Shan, definitivamente, la situazione: non era certo quella l’occasione propizia.
“Ciao Denny …” – l’intreccio si sciolse, l’aria colpevole negli occhi di Tomo fu oltremodo irritante per la sensibilità del giovane.
“Come sta Jared?” – chiese diretto a Leto.
“Meglio … dovrebbe essere qui tra poco …” – ribatté lui con fare demoralizzato, confermando la simbiosi storica con il fratello.
“Sì, eccoli” – li interruppe Tomo, indicando Jared e Glam palesarsi.
Shannon corse ad abbracciare Jared.
Denny tornò sui propri passi.
Tomo lo rincorse – “Aspetta!” – lo afferrò per un braccio – “Denny …”
Le sue iridi lucide ed azzurrissime, trafissero il moro, senza ulteriori reiterazioni: Denny si divincolò, fuggendo via.



CHRIS PINE is Denny

lunedì 25 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 136

Capitolo n. 136 - sunrise


“Non hai mangiato quasi niente Jared … E’ per la gaffe di Isotta?”
Farrell era sereno, nulla sembrava scalfirlo o quasi.
“Mi dispiace Cole …”
“E di cosa? Sai che per la nostra bimba, Glam è molto speciale, dalla nascita.”
“Forse ho confuso i nostri figli e non vorrei che”
Colin stoppò quelle considerazioni con un bacio intenso, come il suo sguardo, perso in quello di Jared, durante quel contatto così intimo.
Quando si staccarono, lenti, con il cuore a mille, il mondo esterno sembrò loro talmente lontano ed inconsistente: la realtà, però, spesso li richiamava con un grido silenzioso.
“Vorrei parlarti di una cosa Jared … una cosa che mi tormenta.”
“Ti ascolto, vieni sediamoci.”
“Si tratta di Jude.” – disse serio l’attore.
“Jude …? Non sta bene?”
“Infatti … non riesce a riprendersi ed io temo di conoscerne la ragione.”
“Quale sarebbe?”
“E’ un argomento delicato Jay e non dovrei affrontarlo con te, ma non posso farne a meno …”
Leto sgranò i suoi zaffiri, avvertendo uno strano disagio.
“Stai parlando dello schiaffo in aula …?”
“Sì e di ciò che c’è dietro, alla base insomma … Ho provato ad avere una conferma da Jude, ma lui non mi ha risposto … Per me è stato …” – Colin deglutì a vuoto – “E’ stato violentato e non soltanto picchiato … capisci Jay?”
Il cantante lo strinse a sé, provando in compenso una schiacciante repulsione, in contrasto con il suo gesto consolatorio.
“E’ terribile …” – disse sommesso.


Le risa di Lula arrivavano colorate alle orecchie di Scott, piazzatosi nella suite adiacente e comunicante quella di Glam.
Bussò, per dare loro la buona notte.
“E’ aperto!” – esclamò Geffen, impegnato a fare il solletico al suo bimbo.
“Ah l’avessi saputo, ti avrei fatto uno scherzo!” – ribatté divertito.
“Ciao zio Scott!”
“Ciao tesoro … sei ancora qui?”
“Ora vado, Violet mi aspetta …” – disse sognante.
I bimbi erano riuniti nella loro camerata coloratissima, solo i gemelli erano nell’appartamento di Colin e Jared.
“Su soldino di cacio, a nanna!”
Un altro ticchettio li interruppe: era Kevin.
“Posso …? Volevo salutare Lula …”
“Papà!!” – e gli volò sul cuore.
“Ciao Kevin, tutto a posto?” – domandò Glam, alzandosi dal letto, per dargli una carezza ed un bacio tra i capelli.
Kevin arrossì.
“Sì … sì tutto ok …”
Scott si sentì in imbarazzo – “Il telefono, scusate …” – e sparì.
“Telefono … tu hai sentito qualcosa Kevin?” – pensò ad alta voce Geffen, perplesso.
Il bassista sorrise – “Deve avere un udito da pipistrello il tuo medico personale …”
“Probabile”
“Papi Kevin dov’è zio Tim?”
“E’ rimasto nel salone, parlava con zio Kurt …”
“Digli che domani pattiniamo!”
“Ok amore mio … Ci sarai anche tu Glam …?”
“Certo, non vorrete mica perdervi i miei capitomboli da antologia? Ahahaha”
Scott li stava spiando: sembravano ancora una famiglia.


“Sembri un verginello, che trasformazione Tim!”
“E tu il padre dell’anno Kurt e smettila di prendermi per il culo!”
“Ah bei tempi quelli ahahahah”
“Kurt!! Sei un imbecille … A proposito, che mi racconti di quel Jamie?”
“In che senso?”
Se ne stavano rannicchiati su di una panchina, ai margini del bosco dove le piste erano ancora aperte.
Dean e Sammy facevano snow board notturno e sembravano svagarsi parecchio.
“Gli fai gli occhi dolci …” – disse il giovane, accendendosi una sigaretta.
“Cos’è quella? Meglio questo Tim …” – e gli passò uno spinello.
“Ho smesso con quella roba”
“Sèèè”
“Ok solo un tiro …”
“Veramente mi sono scopato Marc, quando ancora non stavano insieme, lui si era preso una bella cotta per me, ma poi sono rinsavito, comportandomi da vero stronzo … E’ stata una magia l’amicizia con Jamie e con Hopper del resto, ho recuperato lui e trovato Jam … Lo adoro” – spiegò assorto.
“Siete proprio una gabbia di matti … ha ragione Scott.”
“Uh quello, ti mangia con gli occhi”
“Non è gay”
“Ah no Tim? Tu ci faresti diventare chiunque, come Jared del resto”
“Lui mi tratta con … sospetto … non so, indecifrabile, ma non è meno puttana di me, poco ma sicuro.”
“Ah questo è il mio vecchio caro Tim!”
“Non mi sono rincoglionito, sai?” – e rise di gusto.
“Jared è sempre più fuso …”
“Lo dici con una punta di risentimento Kurt, anche tu fai parte del clan di quelli pazzi per Jared Joseph Leto?”
“Più o meno …” – si schernì – “Fanculo Tim”
“Brandon è un santo!”
“Brandon è mio ed io sono suo, con il nostro Martin a cementarci sul serio.” -puntualizzò il moro.
“Se lo dici tu …” – e ridacchiando, Tim diede un ultimo tiro, prima di andarsene.


Jared vedeva la stanza girare, le pareti liquefarsi di viola.
La carta da parati era verde smeraldo, qualcosa non tornava.
Le sue dita erano ancorate alle lenzuola, gli facevano male, mentre Colin gli faceva un gran bene, pensò, venendogli dentro per la seconda volta e colpendo la sua prostata, ebbra di lui e di molteplici orgasmi.
Godeva di continuo, da circa un’ora, grazie alle attenzioni ed all’esperienza del suo re d’Irlanda, virile, prestante e bellissimo.
Il fascino di Farrell aumentava con il passare del tempo.
Quando Colin lo girò a pancia in giù, appoggiando il busto di Jared sopra un enorme cuscino, il leader dei Mars si sentì svenire: il compagno lo stava possedendo nuovamente, con maggior vigore.
Il sudore imperlava i loro corpi: la schiena di Jared si inarcò un paio di volte, prima che lui venisse, masturbato da Colin, che sembrava ovunque.


“Dove sei stato …?”
“Ciao Kevin e tu?”
“Da Lula”
“E Geffen” – Tim rise, leggermente alterato, spogliandosi.
“Ti sei fatto?” – domandò brusco Kevin.
“Solo fumo, un terzo di canna, insieme a Kurt, là, vedi …” – ed indicò la radura imbiancata.
“La devi piantare con queste stronzate, noi abbiamo” – Kevin si interruppe, il fiato azzerato.
Tim tremò.
“Abbiamo …?” – replicò, avvicinandosi ormai nudo, a Kevin.
“Abbiamo delle … delle responsabilità … verso Lula …”
Tim inghiottì un singulto, gli occhi lucidi: abbracciò Kevin, con foga e gioia, rimescolate al centro del suo petto.
“Ti giuro che è stata l’ultima volta …” – mormorò piangendo piano.
Le mani di Kevin sembravano rincorrersi sul dorso di Tim, le sue braccia lo cinturarono in vita, sollevandolo di poco, per portarlo a stendersi con lui, mentre si baciavano profondamente.
Fuori, la neve riprese a cadere, lambendo la notte ed i sogni di molti.





sabato 23 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 135

Capitolo n. 135 - sunrise


Kevin lo vide avvicinarsi con qualche remora, quindi decise di corrergli incontro, per stringerlo forte a sé.
“Tim … sono felice che tu abbia accettato … anche se il merito è esclusivamente di Lula.” – e gli diede un bacio, carico di dolcezza, sentendo scendere, sul proprio zigomo, una lacrima caldissima.
I loro profili sembrarono incastrarsi, ad occhi chiusi, agitati da un fremito, come il resto di quei corpi perfetti.
Lula li stava spiando.
“Yipiii ha funzionato papà!”
Geffen era alla scrivania, consapevole di quanto stava accadendo, dall’arrivo di Tim, grazie alla buffa cronaca da parte del suo soldino di cacio.
Fondamentalmente approvava ed auspicava un futuro sereno per Kevin, accanto a Tim, già molto in sintonia con il loro bambino, ma assistere alle effusioni dei due giovani, non gli risultava così semplice al momento.
Quindi preferì continuare il suo lavoro, inerente la causa Stabler.
“Tesoro dovrei fare delle telefonate … Perché non raggiungi Tim e papà Kevin, così prendete una cioccolata? Tra poco si parte.” – e sorrise.
“Okkeiii volo!”


“Dio mio aumentano da un anno all’altro Cole …”
“Sì, vedo … Sai con i gemelli … Poi noi ci portiamo dietro la casa ahahha”
Jared era esausto.
Si allungò sul divano del salone, seguendo Simon e Richard caricare le loro “mercanzie”.
“Siamo dei nomadi … dovremmo creare la carovana Farrell – Leto e vagare per i deserti …”
“Con o senza harem?”
“Colin!” – e poi seguì un ringhio, ma un bacio di Farrell lo trasformò in un gemito quasi lussurioso e poco consono al luogo dove si trovavano.
“Che ne pensi di un breack prima di andare Jay …?” – gli soffiò nel collo l’irlandese, prendendolo in braccio, ancora prima che il compagno approvasse la sua iniziativa scabrosa.
“Veramente pensavo ad uno spuntino Cole …”
“Meglio tenersi leggeri mio bellissimo amore” – e baciandolo nuovamente, lo portò sino alla loro camera, chiudendo a chiave la porta.


Denny chiuse le valigie nervosamente.
Tomo lo stava studiando da qualche minuto.
“Cosa c’è che non va tesoro?” – chiese improvviso, accigliandosi.
“Sarà una vacanza di lavoro, Geffen mi romperà le palle con la pratica Stabler ed io non potrò godermi un bel niente con te e Josh! Senza contare gli attacchi da parte di Shannon, come ieri in caffetteria … che idea del cazzo un brunch insieme a lui ed Owen!” – sbottò, infilandosi i pantaloni.
“Questo sì che è parlare chiaro Dean …”
L’avvocato sospirò, imbronciandosi.
“Vieni qui” – sussurrò il croato.
Dean si tolse velocemente i vestiti, buttandosi con lui sul letto ancora disfatto.
“Ma io veramente non” – provò a protestare Tomo, ma la sua lingua si ritrovò a combattere immediatamente, con quella di Dean, succosa e morbida, come i suoi baci focosi.


Julie correva con il peluche preferito in grembo, saltellando tra trolley ed attrezzatura da sci.
“Allora ci siamo Shan … ehi Shan …”
“Cosa?”
“Eri su di un altro pianeta” – lo richiamò Owen.
“Ho un leggero mal di testa” – mentì.
“Mi dispiace, prendi un analgesico, riposati durante il viaggio, guiderò io” – e dopo una carezza sulla nuca, Rice lo avvolse con estrema attenzione.
Le sue premure non andavano mai ad esaurirsi, nonostante si vedessero poco, per i reciproci impegni: Owen era innamorato perso di Shannon e della loro cucciola.
Peccato non fosse reciproco, non del tutto almeno.


Jamie sistemò Julian sul seggiolino posteriore, ricoprendolo di coccole ed infagottandolo a dovere.
“Guarda che in auto non c’è un clima siberiano …” – sogghignò Hopper, liberando il figlio da guantini e sciarpone multi colorato.
“Sai che ha la gola delicata, vero piedini ciccioni?” – e rise, passandogli un biberon di succo di frutta, al quale Julian si attaccò felice.
Marc aprì lo sportello del passeggero – “A bordo, siamo in ritardo …”
“Grazie! Sei davvero servizievole … Lo fai per convincermi Marc?” – chiese il ballerino con aria maliziosa.
“Cosa te lo fa credere …?” – ribatté con aria innocente l’uomo, ormai al volante.
“Mmm non saprei mr Hopper …”
“E’ Julian che vuole una sorellina … Vero splendore?”
Il bimbo annuì ridendo.
“Oddio sono circondato … è una congiura …”
“Rassegnati Jamie!” – sottolineò Marc, arridendo alla sua splendida famiglia.


Meliti fece mille raccomandazioni a Carmela e Pam; non si sarebbe aggregato a loro, vista una noiosa bronchite, che lo tormentava da giorni.
Avrebbe trascorso una settimana in Florida, con Phil, Xavier e Drake, ugualmente poco attratti dai monti.
La comitiva, dopo mille saluti, si mise in marcia.
Vsssily e Peter conducevano i due van principali, con la numerosa prole e le signore, mentre le coppie erano sui rispettivi mezzi di trasporto, intasati di bagagli.
Giunsero puntuali al check in, occupando l’intero piano dell’albergo, dove soggiornavano ogni anno.
Sul posto trovarono una sorpresa: Scott aveva partecipato ad un convegno in quel di Denver decidendo poi di unirsi agli amici, anche se per soli tre giorni.
“Ti farò cambiare idea!” – esclamò Geffen abbracciandolo vigoroso.
Jared fu ugualmente entusiasta di vederlo lì, mentre a Colin e Kevin la sua presenza destò qualche perplessità.

“Non ho ancora capito il legame che unisce quei due …” – disse distrattamente Farrell, mentre piegava i pullover nell’armadio.
“Chi scusa?”
“Scott e Glam”
“In che senso?”
“Nel senso che … Cioè, Scott è gay? Non mi è chiaro …” – e sorrise imbarazzato.
“Non lo so Colin, so che aveva una ragazza, una collega, ma si sono lasciati.”
“Ah”
Leto rise – “Ah? Pensi che lui e Glam abbiano una tresca?”
“Penso che Scott sia estremamente affascinato da lui … Forse incuriosito.” – e scrollò le spalle.
“Indagherò Colin, se proprio ci tieni.” – concluse serio.
“Era solo per fare conversazione …”
Il leader dei Mars passò nel salottino, recuperando Thomas e Ryan nei loro trasportini – “Ho bisogno di aiuto qui”
“Arrivo Jay”
Colin lo raggiunse rapido, leggendo nello sguardo di Jared una velata tristezza.
Pensò di chiedergli scusa, valutando però che sarebbe stato anche peggio.
Si era impegnato a rispettare i sentimenti di Jared, grato per essere stato preferito a Geffen, nonostante il tradimento con Kevin, ai danni di entrambi.
L’argomento Scott sembrava spinoso, ma Jared non appariva geloso del suo rapporto con Glam e se lo era, sapeva nasconderlo totalmente, secondo Farrell.

L’attore ne fece un argomento di conversazione con Jude, a cui telefonò prima di cena.
L’inglese si sforzava di assecondare quella chiacchierata al sapore di complicità, ormai perduta con Colin.
“Scott è un medico presente e generoso, ma non saprei decifrare il suo orientamento sessuale Cole …”
“Lo potremmo definire il nostro doc ufficiale, insomma ci ha curati tutti Jude” – replicò sereno.
“Sì … è vero” – mormorò flebile Law.
“Come stai? Tornate per la festa di primavera, giusto?”
“Quale festa Colin?”
“La recita scolastica, alla End House … Ci saranno anche Chris e Steven, con Clarissa, celebreremo anche lei” – spiegò raggiante.
“Ne parlerò con Robert …”
“Ok, adesso vado, salutamelo … Non vedo l’ora di riabbracciarti Jude, mi manchi da morire …”
“Lo stesso per me irish buddy …” – deglutì a vuoto, sentendo il peso di quell’affermazione.


La tavolata si era animata già degli scherzi tra Jamie e Kurt, arrivato in ritardo con Brandon e Martin, a causa di un paziente logorroico dell’analista.
“E si era fumato tre sigari, grossi così, capisci Jam? Ahahahah Un tanfo di marcio aleggiava nell’antro oscuro del dottor Cody!”
“Ma chi era questo sciagurato?”
“Fa il pediatra … Stress da lavoro pare” – dettagliò Brandon, addentando una tartina al bacon.J
Jamie era seduto tra Marc e Kurt, accanto a questi c’era Jared, poi Colin e Scott, a capotavola Glam ed a seguire Denny, Tomo, Owen e Shannon, che era apparso infastidito da quella disposizione, scelta da Rice.
Infine Kevin e Tim, il più spaesato di tutti.
Pamela e Carmela vigilavano sui pargoli, piazzati al tavolo parallelo quello degli adulti, in una saletta riservata e vigilata da Peter e Vassily.
Isotta prese un biscotto dalla credenza e sfuggì al presidio di Pam, sempre scatenata, per andare da Geffen.
“Papà Glam!” – esordì, tendendogli le manine.
Lui perse un battito, accogliendola sul petto, mentre Lula cercava di recuperare “… la mia sorellina!”
Jared sentì lo stomaco stringersi, ma Colin sembrò allentare quell’improvvisa tensione.
“Sei stato promosso da zio a papà” – disse tranquillo Farrell, sfiorando la testolina di Isy con un bacio e ritrovandosela addosso dopo un secondo – “Papi!!!”
Kevin sembrava non perdere nemmeno un respiro di quel confronto, così che Tim si alzò, dicendo che doveva andarsene in bagno.
“Per me è una bella ruffiana, dove ci sono coccole, Isotta si fionda …” – disse Jared, provando a mitigare il proprio impaccio nel gestire quella situazione.
Scott lasciò i commensali con una scusa, dopo un istante, cercando Tim.
Lo ritrovò nella hall, in zona fumatori.
Le piste erano illuminate per le discese notturne, immerse in un’atmosfera magica.
“Bello vero?”
Tim si girò di scatto.
“Co-cosa?” – balbettò, spegnendo la Camel.
“La neve, il cielo stellato … quei matti di là …” – e rise, facendogli l’occhiolino.
Tim inspirò a fondo.
“Ho rimediato l’ennesima figura da coglione, vero dottore?”
“Mi chiamo Scott … e no, non credo, io magari avrei rovesciato gli spaghetti sulla testa di Kevin o rifilato un calcio negli stinchi di Jared …” – rise di gusto.
“Non sono sicuro di noi, questo è il problema.”
“E come potresti?” – chiese più serafico.
“Io sono Tim … piacere …” – e gli diede la mano.
“Vorresti essere altrove o sbaglio?”
“Mi sentivo già fuori gioco, ma Lula mi ha ripescato … in fondo sono una riserva, Scott.”
“Non direi.”
“Geffen resta Geffen … Un Everest da scalare, ma io sono in carenza di ossigeno già dal primo campo base” – disse sconfortato.
“Dai torniamo Tim, non perdiamoci lo spettacolo … Se no prendi il tuo Kevin e portalo a fare l’amore da qualche parte, senza più badare a noi dinosauri.” – disse solare.
Tim sentiva le palpitazioni in gola: Scott lo intimoriva.
“Ok … posso contare su di un alleato doc?”
“Al cento per cento.”



mercoledì 20 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 134

Capitolo n. 134 - sunrise


Il cellulare di Tim suonò a lungo, mentre lui si attardava sotto la doccia.
Pensava, anzi sperava, fosse Kevin, ma quando vide un numero sconosciuto, esitò nel rispondere.
Si arrese alla curiosità, ma all’altro capo riconobbe subito la voce squillante di un bimbo, che già adorava.
“Ciao Tim, sono Lula!”
“Tesoro … ciao …”
“Hai già pranzato?”
“No … Hai qualche idea?” – e sorrise.
“Sì! Vieni qui dal nonno, ma portati anche maglioni, pantaloni pesanti, cose da montagna insomma, così ti unisci a noi, vero?” – e rise allegro, quanto contagioso.
“Dove …?”
“In Colorado, ci sono anche gli zii, la mia Violet, i cuginetti, ci sono Pam e Carmela, con il suo bebè, che deve ancora nascere!”
“Sembra interessante Lula, però io”
“Non accetto rifiuti! Ehm, l’ho sentita al cinema questa frase ahhahaha … Comunque ci sono anche papà Glam e papà Kevin … A proposito di lui, se ne sta in giardino con un muso, sapessi …” – ed enfatizzò l’ultima frase.
“Mi dispiace per Kevin” – disse mesto.
“Tu puoi risolvere tutto!”
“Lo vorrei … davvero Lula …”
“Allora mando Vassily a prenderti, dammi l’indirizzo!”
“Ok … Kevin comunque lo sa?”
“Sì, sì …” – ed arricciò il naso, facendo sorridere Geffen, seduto sul divano accanto a lui.
“Ci vediamo tra poco, ciao piccolo.”
“Ciao, ciao!” – riattaccò e facendo un saltello, si alzò – “Ora seconda parte del piano, pista!!!” – e si precipitò nel parco.


“Lo snow board l’hai preso tu Dean?”
“Sì … anche i doposci … Non trovo le calze Sammy”
“Le ho già messe in valigia, manca solo qualche camicia.”
“Ok, ci facciamo una pizza surgelata e poi andiamo a villa Meliti?”
“Perfetto … come questa vacanza, prima di …”
Dean lo fissò – “Dillo Sammy … Dovremo affrontare questo incubo per le prossime tre settimane almeno …”
“Te lo ha detto Marc?”
“Infatti, anche in hotel studieremo la causa … Non riuscirò a sfuggirgli” – e rise nervoso.
Sammy lo avvolse, baciandolo profondamente.
Dean si aggrappava alla sua forza, sentendone una dipendenza assoluta.
Cercava Sammy ogni notte, anche quando erano stanchissimi per il lavoro: lo voleva sentire dentro il più possibile, per esorcizzare le sue paure, sostituendole con il piacere, che il suo gigante buono sapeva donargli senza condizioni.


Le dita di Robert erano calde ed esperte.
La stanza avvolta dalle tenebre, dava un senso di protezione a Jude, che affondava la propria bocca nel collo di Downey, concentrato a dilatarlo con cura e pazienza.
Law non gli aveva più fatto l’amore, preferendo appartenergli, ma solo nell’intimità della loro stanza.
Erano abituati a consumare i loro amplessi ovunque, ma Jude ormai aveva costantemente una sottile tensione, che gli percorreva i muscoli, spegnendo quella magia eccitante, condivisa da sempre con Downey.
L’incedere di Rob, il suo ritrarsi, l’insistere, capace di sconvolgerlo, fino al momento successivo, sublime, in cui l’americano lo penetrava, lubrificato di gel, il sapore dei suoi baci, dei gemiti, che sembravano tuffarsi nella gola di Jude, che li riceveva, almeno come stava facendo con il membro dell’altro, tutto ciò rappresentava un autentico esercizio di intesa perfetta.
Finchè alla sua mente non si affacciò l’immagine di Colin ed una scarica di pensieri, sembrò precipitare sino al petto di Jude, contraendolo: pur non avendone memoria, Law immaginò la brutalità fuori controllo dell’irlandese, così distante dall’appassionante dolcezza di Downey.
Sembrò che ogni dettaglio, ogni ansito, ogni reciproco sguardo, venisse improvvisamente sporcato ed alterato.
Un “no …” sommesso si insinuò tra loro, scaturendo da Jude, che cominciò a sentirsi soffocare dall’angoscia.
Robert, con delicatezza, uscì da lui, cospargendo baci consolatori sulle sue tempie, per riportarlo alla calma.
“Tesoro … ehi …” – un altro bacio, una carezza sulla schiena madida e gelida.
“Rob perdonami …”
“Nessun problema, ora ti preparo un tè … ok?” – disse Downey, sopprimendo un impeto di sconforto verso chi aveva rovinato l’anima meravigliosa e pulita del suo Jude.
Lo avrebbe ucciso, se soltanto se lo fosse ritrovato davanti: non avrebbe esitato.

Passando in cucina, Robert rovesciò le tazze e la zuccheriera: avrebbe voluto urlare, ma seraficamente le risistemò nello scaffale, afferrando il bollitore colorato di rosso: lo aveva scelto Camilla, preferendo quella nuance, tra almeno venti in esposizione.
Quando poi rientrò nella stanza, Jude era rannicchiato sul davanzale, fuori nevicava.
“Prenderai un malanno …” – e si prodigò per avvolgerlo in una coperta.
“La mia malattia è ben più grave Rob …”
“Ci vuole pazienza … e tempo Jude …”
Il biondo lo scrutò, come interdetto.
“Tu sai che è impossibile … L’hai constatato sulla tua pelle, è accaduto ad entrambi, da adolescenti Robert e ce lo siamo portato appresso come una macchia.”
“Non ne siamo stati responsabili, abbiamo subito un atto criminale, un omicidio, Jude, da parte di adulti, che si sono approfittati di noi …”
“I miei aguzzini erano studenti, come me, solo un po’ più grandi …”
“Lo so Jude …” – mormorò, consumato e triste.
“Ho … ho commesso a mia volta un atto spregevole, quando difesi Colin, nonostante lui avesse abusato di Jared ad Haiti: non riesco a smettere di pensare che sono stato punito, per la mia arroganza Rob”
“Cosa farnetichi, amore?!”
Downey lo strinse forte, asciugando il suo pianto con il suo tocco paterno, con le sue labbra carnose.
“Non voglio più ascoltare simili sciocchezze” – affermò perentorio, per poi tornare a coricarsi con Jude, che avrebbe voluto sparire, risparmiando al compagno le sue crisi esistenziali, senza sbocco.


Tim sbirciava ogni tanto Vassily, concentrato alla guida dell’hummer.
“Sei russo allora …?” – disse timido.
“Sì.”
“E di poche parole” – sorrise.
Vassily lo guardò di sfuggita – “Preferisco ascoltare.”
“Ti piace la montagna?”
“Odio la neve, la mia infanzia è colorata di bianco, accecante, solo brividi.”
“Sai pattinare?”
“Sì, ma evito … sai la lastra cede, gli altri si arrabbiano.” – e rise in maniera grassa.
“Immagino …” – sussurrò Tim.
“Peter è più … leggero … lui ci va, con Lula”
“Peter sarebbe …”
“Il mio ragazzo.”
Tim sbarrò le palpebre – “Sei gay?!”
“Trovi strano?”
“No … ehm …” – Tim arrossì vistosamente, innescando nuovamente l’ilarità del sovietico.
“Ho lasciato moglie e figli per stare con lui, è il mio amore più grande, ma i cuccioli mi mancano … Durante le vacanze li vedrò, in primavera” – e sorrise.
“Meno male … Che ne pensi della grande famiglia?”
“Sono pazzi, ma si vogliono un bene profondo, aiutano chiunque, credimi.” – disse serio.
“Sì della loro follia mi ero reso conto, in effetti non vorrei essere fagocitato dal clan, ma per amore di Kevin potrei anche cambiare idea …”
“Kevin è un’ottima persona.”
“E di Geffen che mi dici?”
“Lui è proprietà privata di Jared Leto e non fa nulla per impedirlo, gli piace e basta. Fine della storia.”



lunedì 18 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 133

Capitolo n. 133 - Sunrise


L’acqua della piscina si increspava tra mille luminescenze dorate, nella brezza di quel tardo pomeriggio.
Geffen gettò giacca e cravatta su di una sdraio ed azionò il comando a distanza delle porte scorrevoli, notando che erano già aperte.
Entrò con circospezione, aprendosi in un sorriso quando vide chi le aveva già spalancate.
“Jared …”
“Ehi …” – gli corse incontro, alzandosi dal pianoforte, dove stava eseguendo una ballata piuttosto melodica – “Bentornato, ho saputo da Marc che è andata bene per Lula” – e si strinse a Geffen, emozionato per il buon esito della causa di divorzio.
L’avvocato era esausto, ma specchiarsi nelle iridi di Jared era come rinascere, per lui, ogni volta.
“Abbiamo superato i rancori … lo spero per nostro figlio e per il futuro di Kevin” – replicò sereno.
Leto lo prese per i polsi, con velata allegria – “Vieni, sediamoci, sarai stanco, ho preparato una bibita fresca Glam …”
“Sei un tesoro, grazie, ma … cosa ci fai tu qui?”
“Ecco … ti ho riportato le chiavi, credo sia giusto e”
“Aspetta” – lo interruppe Geffen rialzandosi, per dirigersi ad uno scrittoio, dal quale estrasse un plico.
“Glam spero di non essere stato inopportuno, solo che ho pensato”
“Quando ho detto che questa casa è tua, Jared, non era una battuta: sai che l’ho acquistata, con la caletta, vero?” – chiese sorridente.
“Sì …”
“Mi sono riservato il diritto di viverci, ma la proprietà appartiene a te. Puoi farne ciò che vuoi, tranne … buttarmi fuori!” – e rise, passandogli il fascicolo, dove il cantante constatò quanto Geffen stava affermando.
Con stupore, schiuse le labbra, in maniera innocente, quanto spontanea.
Geffen inclinò la testa, rendendosi conto che lo stava letteralmente ammirando: “Ti amo troppo Jay …” – mormorò, diventando di colpo triste.
“Glam …”
“Non importa …” – si schernì, gli occhi lucidi, allontanandosi da lui o almeno provandoci, ma con Jared era semplicemente inutile.
Si riabbracciarono, tremando.
“Non volevo lasciarti Glam con il mio gesto … Pensavo di non avere più alcun diritto di tornare qui, come prima, dopo che ho scelto Colin …”
“Ed è con lui che dovresti essere Jared …” – disse debole, spostandogli i capelli dalla fronte, per posarvi un bacio, con quella consuetudine dolce, che sembrava essere divenuta un rito tra loro.
“Sono preoccupato per te” – ribatté, la voce spezzata, la sua bocca troppo vicina a quella di Geffen.
“Non ho perso Lula, è una gioia immensa, quindi basterà a dare un senso ai miei giorni, non chiedevo altro, non più almeno …” – ed appoggiando il capo sulla spalla di Jared, Glam sembrò spegnersi, seppure non avesse mai smesso di cullarlo, sentendo i battiti dell’altro, rimbombare nei propri, intensi e nitidi, quanto l’azzurro dei reciproci sguardi.


“E’ con lui che vorresti essere, vero Kevin?”
Tim glielo domandò, chiudendo secco la blindata del suo loft, seguito dal bassista, che si sentiva a pezzi.
“Sai cosa ti dico …? Ho solo voglia di sbronzarmi.”
“Per i sensi di colpa? Ne avrai in eterno verso Geffen!” – sbottò, liberandosi della camicia e restando scalzo, a dorso nudo, si sentiva bruciare.
Kevin inspirò a fatica.
“Non posso cancellare gli anni trascorsi con Glam, non ci riesco, non con un colpo di spugna Tim.” – si giustificò serio.
Il ragazzo scrollò le spalle – “Nessuno ti chiede una cosa del genere!”
“A me sembra il contrario … L’ho colpito nel suo unico punto debole, cioè Lula, volevo che soffrisse, che almeno temesse di perderlo, perché ero troppo accecato dall’ira, per comprendere quanto male stessi facendo ad entrambi!”
“Tu non saresti mai andato sino in fondo Kevin … Non hai abbastanza palle per farlo, del resto il tuo rimanergli accanto quando ti trattava da schifo lo dimostra” – ribatté a mezza voce.
“Pensala come vuoi, insultami, d’altronde ci sono abituato, no?! Abbiamo avuto momenti felici, seppure tu possa non credermi Tim … Glam ed io siamo riusciti a superare ostacoli tremendi e quando sono stato gambizzato, lui non mi ha lasciato un istante, anzi, ce ne siamo andati da qui, nello chalet in Svizzera e se ci fossimo tornati, con il nostro bambino, probabilmente non avremmo mai divorziato.”
“E’ … è difficile per me credere invece che tu abbia delle intenzioni concrete, come mi hai detto Kevin … è assurdamente complicato.”
Il bassista provò ad avvicinarsi, ma Tim indietreggiò con uno scatto nervoso, trovandosi a ridosso della parete, senza scampo.
“Non toccarmi”
“Voglio parlare con te … voglio che tu non pretenda l’impossibile Tim …”
“Sai …” – le sue lacrime trovarono uno sfogo – “… ho avuto dei genitori squallidi Kevin … picchiavano mio fratello più grande, mentre io non esistevo affatto per loro. C’erano serate in cui desideravo essere punito, per avere un minimo di attenzione!” – ringhiò cattivo – “Quella che sono andato a cercarmi nei bar, rimorchiando vecchi bavosi squallidi, non mi importava se avessero del denaro, volevo soltanto una carezza!” – gridò disperato.
“Mi dispiace Tim …”
“A tutti dispiace, ma nessuno fa mai un cazzo per tirarti fuori da una simile merda Kevin!!”
Nell’esclamare ciò, furente, Tim scivolò di lato, afferrando Kevin per un braccio e spingendolo fuori dall’appartamento.
“Vai da Geffen, vacci e basta!! Potrei scommettere quello che possiedo su un unico fatto: lui sta festeggiando con Jared la sua vittoria, credimi!!”


Robert si inginocchiò per raccogliere Camilla, accucciolata sopra il tappeto, insieme a Jude, dove si era assopita insieme a lui, avvolti in una coperta in stile scozzese.
Downey sorrise: nonostante le lunghe giornate sul set, il compagno riusciva sempre a trovare un’ora per giocare con la piccola, incantando l’americano con le sue premure generose.
Baciò i suoi capelli biondi, sfiorando la stempiatura di Jude con le labbra morbide, al sapore di cioccolato: ne aveva preparato una tazza per tutti, con della panna fresca.
“Me la mangerò io …” – sussurrò complice all’orecchio dell’inglese, che si stiracchiò sorridendogli – “Provaci e ti terremo il broncio, Camy ed io, sino alla prossima primavera!”
“Ah lo credo bene …” – e rise, luminoso e bellissimo.
“Ti amo Rob … Ti amo tanto” – e lo strinse forte al petto, coinvolgendo anche Camilla in quella comunione amorevole.
“Voglio sposarti tutta la vita Jude Law …”
Si baciarono, svegliando anche la cucciola.
Jude si commosse.
“Grazie per avermi dato una famiglia Robert …”
“Non devi essere grato per qualcosa in cui tu sei fondamentale … Senza di te, io non potrei esistere … Mai.”


Quando Kevin lo vide, ebbe un tuffo al cuore.
La scommessa l’aveva vinta Tim, anche se Jared stava correndo verso il suv, per non inzupparsi di pioggia.
Aveva il cappuccio della felpa alzato, ma appena salì in auto, abbassò il finestrino oscurato per pochi secondi, sufficienti a Kevin per constatare il suo pianto.
Partì velocemente, lasciando il giovane nel dubbio sull’esito di quell’incontro con Glam, da parte del cantante.
Forse avevano avuto una discussione, ma ritrovandosi al cospetto di un Geffen cordiale e rilassato, Kevin rimase confuso.
“Ciao …”
“Kevin … entra pure, che succede?”
“Non posso certo dirti che passavo di qui per caso Glam …” – sorrise imbarazzato.
“Temo di no … Vuoi un caffè?”
“Sì … Sì, grazie.”
“Mettiti comodo, faccio in un minuto.” - e sparì in cucina.
Kevin notò gli spartiti, con la grafia di Leto.
Accennò poche note, rendendosi conto di non conoscere quel pezzo.
“E’ il nuovo album di Jared?” – chiese a Glam, appena l’uomo rientrò nel living.
“Pare di sì … un progetto interessante.”
“Ne fai parte?” – domandò perplesso.
“In che senso Kevin?”
“Non saprei … lui va e viene da questa casa, anche ora …”
“Sì, accade, ma non è come pensi, non lo è più da quando ha preferito Colin a me, solita storia, andiamo avanti.” – replicò diretto, fissandolo.
“Jared ha questo … talento, di lasciarvi sospesi, facendovi impazzire ancora di più per lui, vero?”
“Cosa mi dici di Tim, invece?” – disse calmo.
“L’ho deluso, come qualsiasi divorziato con il nuovo partner … un classico.” – e rise amaro.
“Deluso? Come mai?”
“Sono ancora innamorato di te daddy.”
Geffen si alzò dal divano, dove Kevin rimase.
“Finisci il tuo caffè e poi vai da lui.”
“E’ un consiglio oppure un ordine, Glam …?”
“E’ quanto ho da dirti Kevin.”
“Stamattina quando Lula ha detto …” – si interruppe, sollevandosi, dopo avere trangugiato la bevanda calda – “… il nostro bimbo ha detto che tu gli hai regalato un secondo papà …”
Geffen prese fiato, soffocando le sensazioni innescate dal comportamento di Kevin.
“Sono stato questo … un dono?”
“Certamente Kevin …”
“Lula avrebbe dovuto saldare il nostro rapporto …”
“Per un tempo considerevole l’ha fatto Kevin.”
“Ma a te non è bastato Glam …”
“Tim è”
“Smettila di parlare di Tim!!” – urlò affranto.
“Non posso Kevin … lui è il tuo futuro io sono il passato, per giunta pessimo.” – puntualizzò, immobile.
Kevin annullò la distanza, brandendo il suo volto, segnato da molte cose.
“Sai che non è così daddy …”
Di contro Geffen afferrò i polsi di Kevin, senza irruenza, per staccarsi da quel contatto.
“Non posso obbligarti a dare una possibilità a Tim, anche se so che la merita, ma tu ed io siamo e resteremo i genitori di Lula, nient’altro.”
“Glam …”
“Domani partiremo per la montagna, Jared era qui anche per questo. Per nostro figlio sarà l’ideale averci con lui, anche se separati e sono sicuro che gli farà piacere divertirsi con Tim.”
Kevin annuì, tremando – “Ho sempre pensato che considerarti un padre, Glam, fosse come una mia esclusiva … Ora me lo ricordi, come ruolo, nel raccomandarmi quello che è meglio fare, oltre a decidere per tutti”
“E’ il mio destino, evidentemente … Ci troviamo da Antonio, alle tre del pomeriggio, Lula è già dal nonno.”
“Sì … ovviamente.” – disse mesto, andandosene, in un tramonto dai toni inquieti, come i loro respiri, nel salutarsi.






giovedì 14 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 132

Capitolo n. 132 - sunrise


La sabbia era tiepida.
Camminarci sopra a mezzanotte stava diventando un’abitudine per Geffen.
Guardava ogni tanto la luna, quasi a controllare se seguisse o meno i suoi passi scalzi e lenti.
Quelli di Scott arrivarono alle sue spalle più celeri e decisi.
“Ehi, mi chiedevo dove ti fossi cacciato!” – e rise.
“Stavi telefonando, non volevo disturbarti Scotty …”
“Non era importante”
“Sul serio? Pensavo il contrario”
“Una situazione lasciata in sospeso prima di partire per il Congo, ma l’ho risolta.”
“L’hai chiusa Scott?” – chiese fermandosi, fissandolo.
“Sì Glam … Finisce sempre così, non riesco a legarmi.”
“Perché non hai ancora trovato chi non lo pretenderebbe, qualcuno per cui desidererai farlo spontaneamente.” – sorrise, proseguendo quella passeggiata senza meta.
“Hai … hai mai preteso qualcosa, tu, da Jared?” – esordì secco, restando immobile.
Geffen si girò, come incuriosito da quella richiesta.
“No, non penso di averlo mai fatto.” – replicò calmo.
“Allora cosa non ha funzionato, tra voi?”
“Se l’avessi saputo, forse avrei risolto, ma …” – scrollò la testa – “Chi voglio prendere in giro? So tutto di lui, anche l’ampiezza dei suoi respiri, il colore delle sue risate … mi manca da morire, però adesso è tardi … ed è inutile piangersi addosso, assolutamente inutile Scott.”
“Ti ho sempre visto combattere per vincere”
“Non con Jared, non funziona così … Proprio lì, dove sei tu ora Scotty, ci siamo … ci siamo sposati … A modo nostro ovvio” – rise mesto – “E’ stata l’alba migliore della mia vita, perché ho letto negli occhi di Jared lo stupore innocente di chi vede realizzare un sogno inseguito da un tempo immemore … Peccato fosse solo il mio sogno, ma va bene così … Non importa. Non importa …” – ripeté sommessamente, riprendendo la via del ritorno.


Ellen fece un paio di telefonate, ricontrollò gli appunti e finì il caffè, ormai freddo.
Vide in fondo al corridoio Geffen, arrivare con Denny ed Hopper.
Le si avvicinarono, salutandola distrattamente.
“Ti sei portato i rinforzi Glam?” – chiese arcigna.
Lui non le diede retta, preferendo entrare subito in aula.
Kevin giunse pochi istanti dopo, tenendo per mano Tim: il contrasto tra i due era l’abbigliamento.
Kevin elegantissimo, ma rigido, Tim sportivo e disinvolto.
Inaspettatamente spuntò anche Scott, insieme al collega cardiologo, che aveva operato le bambine africane.
Kevin lo squadrò in male modo, ma Tim gli diede una gomitata.
“Che c’è?” – chiese a bassa voce il bassista.
“Sono amici e Glam potrebbe sentirsi male oggi, non ci hai pensato?” – replicò lui severo, ma con le iridi lucide.
Kevin lo strinse a sé, come se fosse un istinto, che non poteva soffocare.
La Madison tossì passando loro oltre, come a richiamare Kevin alla compostezza.
Entrò Millet.
“Buongiorno a tutti. La seduta è aperta. Accomodatevi.”
“Vostro onore”
“Un momento miss Madison.” – la zittì.
Lei si rimise a sedere.
“Ho esaminato i fascicoli e le vostre richieste, ma necessito di un parere esaustivo, dal diretto interessato.”
Kevin e Glam si fissarono.
“Mi sono permesso di fare visita al signor Antonio Meliti di prima mattina e con lui, nonché la signora Pamela, ci siamo spostati all’istituto privato Ghesly ed abbiamo accompagnato qui Lula. Agente li faccia entrare, grazie.”
Lula scortato dal nonno e da Pam fece il suo ingresso, tra il vocio generale dei presenti.
“Ciao William …” – disse dolce Millet.
“Ciao giudice!” – rispose lui sereno, dopo avere fatto un cenno simpatico ai genitori.
“Posso chiamarti Lula?”
Il bimbo annuì.
“Mi hanno detto che hai ottimi voti.”
“A parte Storia … non mi piace il passato, preferisco il presente ed il futuro.”
“Capisco … posso chiederti il motivo?”
“Beh … Da piccolo avevo spesso paura, ero solo … cioè c’erano tanti orfani come me, ci giocavo, ma poi la notte facevo brutti sogni e nessuno mi dava le coccole.”
“Ah ecco”
“Poi però è arrivato papà Glam e tutto è cambiato!” – disse felice.
“Sì certo … Lui è in gamba, giusto?”
“Lui è un super papà e mi ha regalato un altro super papà!”
“Kevin …?”
“Certo.”
“Lula tu sai che i tuoi … super papà” – Millet sorrise – “hanno qualche problema?”
“Mmmm sì … Ci sono stati un pochino di pasticci …”
“Quali pasticci Lula?”
“E’ un segreto, mio e di Violet.” – disse piano.
“Ok, chi è Violet?”
“La mia fidanzata! E’ la figlia di zio Jared e zio Colin.”
“Jared già”
“Lo conosci?”
Geffen picchiettò sulla scrivania, Lula lo guardò immediatamente – “Tesoro devi dare del lei a vostro onore” – disse con un sorriso amorevole.
“Scusa papà. Lei conosce zio Jared?” – ed ammiccò adorabile.
“Va bene anche il tu, Lula. Sì, ne ho sentito parlare …”
“Ok …”
“Ascoltami Lula, i tuoi papà ti amano e vogliono assicurarti un avvenire sicuro.”
“Sì lo so.”
“Papà Kevin è giovane, penso tu faccia molte cose con lui.”
Lula aggrottò la fronte, facendo correre i suoi carboni da Glam a Kevin, che non respirava neppure più.
“Le stesse che faccio con papà Glam …”
“Sì … Sì, lui ha parecchie risorse.”
“Risorse …?”
“Non ti fa mancare nulla intendo, Lula.”
“Lui fa ogni cosa con me, gioca, nuota, mi aiuta nei compiti, mi porta a scuola, poi andiamo a mangiare la mega pizza da Barny, al cinema, al parco.”
“Voi due soli?”
“Spesso sì, a volte c’è pure Vassily!” – e lo indicò in fondo alla sala.
Millet si sporse – “Ah … l’armadio …”
Lula scoppiò a ridere, poi fece un bel respirone, togliendosi le scarpe.
“Che fai William?”
“I miei papà dicono che non si devono sporcare le sedie …” – e raccolse le gambe, appoggiando i talloni al bordo della poltrona.
“Hanno ragione …”
“Vostro onore … So cosa volete fare.” – disse serio.
“In che senso Lula …?”
“Tu sei simpatico, mi hai detto a scuola che devi capire cosa è meglio per me, giusto?”
“Infatti.”
“I miei compagni mi hanno raccontato delle storie brutte, ma io voglio credere a te, non farai una scelta brutta per me.” – affermò scrutandolo.
“Lula mi impegno a non deluderti.”
“Quando i grandi litigano, sono i figli a rimetterci sempre, me lo ha spiegato Tommy.”
“Un tuo amichetto?”
“Più o meno … Comunque …” – e guardò nuovamente Geffen – “Io non lascerò mai papà Glam, qualunque cosa accada: rimarrò al suo fianco per tutta la mia vita, in un modo o nell’altro.” – ripuntò serio Millet – “Era giusto che tu lo sapessi giudice.”
Una lacrima scese sullo zigomo di Geffen e Lula corse ad asciugargliela, sorridendo, per poi appendersi al suo collo.
“William …”
“Sì giudice?” – ribatté voltandosi radioso.
“Le tue Adidas …” – e Millet indicò le calzature rimaste al banco dei testimoni.


“Sei stato all’altezza, un vero ometto!” – disse Antonio, soffiandosi il naso per la commozione, che si sforzava di nascondere a Lula.
Lui gli faceva le mossettine, in braccio a Pamela, nella saletta antistante l’aula ormai deserta.
Millet si era ritirato per deliberare.
Kevin era stravolto, accovacciato sotto ad un finestrone, con Tim accanto, una sigaretta spenta tra le dita gelide.
Geffen si era spostato con Marc e Denny in un ufficio, dove una segretaria aveva portato del caffè.
Scott era rientrato in ospedale per un’emergenza, dando a Glam un tubetto di tranquillanti, nel caso si agitasse durante la sentenza.
La Madison scarabocchiava su di un block notes, assorta nei propri pensieri, rimanendo su di un divanetto poco distante da Meliti.
Lula le si avvicinò.
“Ciao signora …”
“Ciao … Lula.” – disse lievemente imbarazzata.
“Posso farti un disegno?”
“Certo …” – e gli passò il quaderno.
Lula tracciò le linee di un arcobaleno.
Fece una smorfia buffa – “Non hai dei colori per favore?”
“Purtroppo no Lula …”
“Invece dovresti, sai?” – le sorrise – “Se ti mancano è perché non li cerchi: i colori ci sono sempre, esistono, devi solo trovarli.”
“Te lo ha …” – esitò – “Te lo ha detto papà Glam?”
“Sì!” – e rise solare.
“Sei fortunato …” – mormorò sincera.
“Lo so. Anche lui, però! Ed anche papà Kevin!” – esclamò orgoglioso.
“Sicuramente Lula.” – e la donna si sciolse in un bel sorriso.

“Oggi nevicherà a Los Angeles” – bofonchiò Meliti.
“Ombre taci, el nino sta compiendo un miracolo!” – sussurrò Pam, ridacchiando.

L’assistente di Millet richiamò tutti.

“E’ sempre spiacevole vedere una coppia litigare, sino a separarsi per delle incomprensioni insormontabili. Per me non esiste differenza tra legami etero e gay, credo sia risaputo, quindi il mio giudizio non verrà inficiato da alcun dubbio in merito.” – fece una pausa.
Guardò Lula, in piedi tra i due tavoli e, soprattutto, tra i suoi padri adottivi.
“Avete cresciuto vostro figlio nella maniera migliore: è educato ed estremamente … carismatico” – arrise bonario, ma poi ridivenne autorevole.
“In assenza di opposizioni, convalido l’istanza di divorzio tra le parti. Decreto l’affido condiviso, confermando la residenza attuale per il minore, presso la quale il signor Geffen potrà stabilirsi oppure trasferire il figlio alla propria, attualmente in Palm Springs, a settimane alterne. Le vacanze estive ed invernali seguiranno la stessa cadenza, da un anno all’altro. Le spese ordinarie e straordinarie inerenti l’educazione, la salute e la crescita dello stesso, andranno divise equamente. Così è deciso, l’udienza è tolta. Auguri Lula …”
“Grazie signor giudice!” – e con un saltello, rivolò tra le braccia di Geffen, che cercò subito Kevin con lo sguardo.
Il bassista si alzò lentamente.
“Scusami Glam”
“Kevin …”
Lula si allungò verso di lui, che lo strinse forte, singhiozzando improvviso.
“Papà Kevin non sei contento?”
“Sì … sì certo amore mio …”
Tim si fece avanti, timidamente.
Geffen gli diede una carezza, poi se ne andò, chiedendo a Pam di tenere Lula fino a sera.







LULA

mercoledì 13 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 131

Capitolo n. 131 - sunrise


Era la quarta volta che Colin lo chiamava.
Jude non poteva rimandare oltre una risposta.
“Ehi ciao …”
“Jude … ciao, dov’eri finito, sempre al lavoro?”
La voce dell’irlandese era allegra, mentre nel cuore di Jude si era spezzato qualcosa, irreparabilmente.
“Sì, siamo piuttosto impegnati …”
“Stavate cenando?”
“No, già fatto, Rob è sceso nella via qui sotto, con Camilla, c’è una boutique aperta fino a tardi e lei ha visto un vestitino con il cappotto rosso … La bimba adora questo colore”
“Sì lo so Jude … Senti stavo pensando a noi …”
“In che senso?” – chiese brusco.
“Nel senso che … in aula ecco …”
“Ti ho mandato una e-mail Colin”
“Ed io ti ho risposto, però”
“Però niente, ti ho chiesto scusa” – protestò, avvampando.
“Jude stammi a sentire …” – replicò pacato Farrell – “O forse non ti fidi più di me?”
Ci fu un imbarazzante silenzio.
“E’ comprensibile UK buddy … Potresti dirlo soltanto a Robert, è un argomento delicato”
“Di che diavolo parli?!”
“E’ stata una semplice associazione di idee, ma dovremmo parlarne di presenza, non al telefono Jude.”
“Devo andare”
“No, non devi, ma potresti sfogarti con me”
“Non me la sento Colin”
“Ho fatto del male a Jared, ma ora siamo tornati insieme …”
Jude inghiottì a vuoto – “Siete …?”
“Sì e ne sono immensamente felice …”
A Jude sembrò di vederlo, quel sorriso raggiante, a cui voleva bene, prima che Colin …
Jude non voleva neppure più pensarla quella parola orrenda.
“Ciò non toglie” – proseguì Colin –“che i miei sbagli restano incancellabili e devono esserti sembrati così scomodi e brutali, dopo che hai subito un’aggressione Jude …”
“Sì … hai ragione …” – disse come cristallizzato.
“Io temo che … che quel maledetto stronzo non ti abbia solo dato un sacco di botte Jude, io penso che …”
Un'altra pausa.
Due lacrime scesero dalle iridi di Law.
“Ti … ti prego … non farmi questo Colin …”
In un tono vuoto, quanto dilatato dalla disperazione, Jude sembrò supplicare Colin, come avrebbe fatto quella notte, se solo si fosse reso conto di quanto stava accadendo, nella speranza che non gli facesse del male, che la smettesse di toccarlo, spogliarlo, invaderlo, come certamente era successo, mentre l’inglese era privo di sensi.
“Voglio solo aiutarti Jude”
Il cellulare del biondo finì contro alla parete del soggiorno.
Lui rimase seduto sul tappeto, appoggiato al divano, le gambe raccolte, tremando, come non avveniva da giorni.


Jared passeggiava nel parco, per poi fermarsi alle panchine, davanti al laghetto, dove le ninfee si erano raggruppate nel centro, a causa del vento, che gli stava scompigliando i capelli.
Colin gli si avvicinò quasi con cautela.
“Amore …” – lo salutò Leto, aggrappandosi a lui, in una stretta, che Colin accolse con una gioia, mai scontata.
“Ci sono Jay … ci sarò sempre …” – e lo baciò, cercando il contatto con la sua pelle, sotto alla felpa.
Si accorse infine del suo pianto, provando a consolarlo.
“So che non è stato facile …”
“Affatto Cole … Mi ha rispettato … mi ha voluto bene, Glam”
“Non smetterà e so che per te è essenziale, non posso e non voglio impedirlo, ho piena fiducia in te, anzi, in voi, Jared.”
“State dimostrando entrambi una comprensione, che mi sconvolge … Non ne sono sorpreso, però è come se fossimo cresciuti Cole …” – e sorrise, tornando a sprofondare nel collo di Farrell, come se fosse stremato da quelle ore.
“Jay …”
“Cosa …?”
“Facciamo l’amore?”
Se lo dissero, senza guardarsi, non era necessario.
Jared annuì, tirando su dal naso.
Colin lo prese per i polsi delicatamente, baciandoli, prima di tornare verso casa.


“Come ti senti Glam?”
“Credevo fossi andato via Scott …”
“Ti preparo da mangiare, puoi rimanere lì, anche se”
“Mi sono spiaggiato …”
Risero piano.
“Ok, ti raggiungo nel living, dammi dieci minuti.”
“Fai con comodo … Pasta al pesto? Ne ho visto un barattolo nel frigo.”
“Lo prepara Antonio, con Carmela, è ottimo … Un po’ indigesto per me”
“Basta aggiungerci del limone Glam.”
“Limone?”
“Sì, ti fidi?”
“Di te sempre Scotty.”


Kevin bussò, prima di suonare il campanello.
Udì dei rumori, poi la blindata si aprì lentamente.
“Mi fai entrare …?” – chiese educatamente.
Tim era in boxer, una lattina di birra nella mano sinistra, gli occhi arrossati, spettinato e bellissimo.
Il ragazzo si scostò, tornando in camera, dove Kevin lo seguì in silenzio.
“E’ successo qualcosa …?” – chiese con voce incolore, tornando a letto per riabbracciare il cuscino.
Kevin si tolse la giacca in pelle, piazzandosi scomodamente sul bordo, al lato opposto rispetto a quello di Tim, che non smetteva di fissarlo.
“Ero preoccupato …”
“Sensi di colpa Kevin? Risparmiameli, li detesto.” – disse serafico.
“Detesti anche me?”
“Abbastanza.” – e stropicciandosi la faccia, gli diede le spalle – “Vorrei dormire.”
“Hai mangiato Tim?”
“No”
“Potrei cucinarti … No, meglio che ordini la cena” – abbozzò un sorriso.
“Fai come vuoi.”
“Vorrei fare ben altro.”
“Allora fallo, tanto io non decido mai niente, probabilmente non sono all’altezza, ha ragione la Madison, sono un mediocre.”
Kevin ebbe un moto di stizza: scalciò via le proprie scarpe, e quasi si avventò su Tim, rivoltandolo a sé, stringendolo e baciandolo con una foga inaudita.
In risposta, il giovane si allacciò a lui, come se volesse sentirlo il più possibile, ma non gli bastava: strappò letteralmente gli abiti a Kevin, in preda ad una frenesia reciproca, fatta di baci, carezze profonde, che andavano a segnare tutte le porzioni di pelle disponibili.
Tim scoppiò a piangere, senza staccare però le loro bocche, finché Kevin sembrò imporre una tregua, contemplativa ed estatica.
Passò le dita tra le ciocche di Tim, guardandolo amorevole.
“Andrà bene … voglio impegnarmi con te, io voglio stare con te …” – disse convinto il bassista.
“Anche se non valgo niente …?” – replicò tremante, le pulsazioni a mille, per i sentimenti che Kevin suscitava nel suo cuore ribelle.
“Sono io a non meritarti abbastanza Tim e tu questo lo sai … lo sai e basta” – si baciarono di nuovo, facendo scivolare l’intimo sino alle rispettive caviglie, liberandosene con uno scatto nervoso ed impaziente.
Poche spinte, lubrificate unicamente di saliva, furono sufficienti a Kevin per sancire anche un’unione carnale con quell’angelo dalle iridi di cielo, ancora troppo spaventate per potergli dichiarare un amore acerbo, ma ormai concreto.







RYAN PHILLIPPE is Kevin - pic 2012

martedì 12 giugno 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 130

Capitolo n. 130 - sunrise


“I tuoi occhi, sono così grandi … a volte sembrano quelli di un bambino, spalancati sui propri sogni, colorati come aquiloni”
“Stai al buio?”
“No, riposo la vista …”
Geffen accese l’abat jour, sul tavolino, accanto alla poltrona.
“Ciao Glam …”
“Ciao tesoro”
Le immagini di Jared scorrevano ancora sul video, rimasto acceso, ma senza audio.
“Scott mi ha aperto … è in piscina, ora.”
“Sì … certo.” – ed alzandosi, Glam lo accolse tra le sue braccia.
Si era fatto una doccia ed indossava unicamente un paio di jeans sbiaditi, che Jared ricordò di avere visto in alcune foto alla Fondazione.
“Come ti senti? Scott mi ha detto”
“Scott parla troppo” – Geffen inspirò, tornando a guardarlo, senza lasciarlo andare.
Sorrisero entrambi, velatamente imbarazzati.
“Dovresti essere con Colin”
“Lui sa che sono qui”
“E’ giusto”
Le loro mani erano come immobili, le une sulla schiena dell’altro.
La pelle di Glam aveva un buon profumo, la prima parola che a Jared veniva sempre in mente, quando l’uomo lo stringeva a sé in quel modo, era “virilità”, poi una frase - “vorrei fossi mio padre”, ripetuta milioni di volte.
Nello sguardo dell’uomo, però, non vi era alcuna pretesa o bramosia, lui contemplava Jared, come qualcosa di prezioso.
“Ti amo tanto … Mi sono rimaste le parole Jay … ed il saziarmi di te, guardandoti, come ora, probabilmente non mi si offriranno ulteriori occasioni, ma non importa, sai ciò che desideravo per te, vero?” – chiese dolcemente.
Le iridi di Jared tremavano.
“Scusami Glam …”
“Per cosa?”
Il cantante non riusciva ad esprimere quello che poteva definire sconcerto, verso la pazienza e la lungimiranza di Geffen, che mai si era illuso su di loro, nonostante la cerimonia privata, l’anello e le ore vissute in quel paradiso, come se fossero una famiglia, finalmente.
Ora quel cerchio di oro massiccio, particolare nella foggia, luccicava all’anulare destro di Jared, che sembrò mostrarlo a Glam – “Lo terrò sempre con me …”
Geffen arrise a quella promessa, anche se la sentiva priva di fondamento.
Baciò le tempie di Jared, prima la destra, poi la sinistra, passando le labbra morbide sulla sua fronte, spostandogli i capelli, che in parte ricoprivano il suo viso rivelatore.
“Sei radioso Jay … Adesso sei di nuovo felice, però devi andartene da qui.”
Leto annuì, sentendosi mancare il fiato.
“Glam …”
“Vai amore …” – ed abbozzò un sorriso.
“Ti … ti posso telefonare, più tardi?”
“Ci conto Jared”
“Ok …”
“Ok” – Geffen sorrise di nuovo, baciandogli gli zigomi, come se gli stesse facendo l’amore, era questa la percezione da parte di Jared.
“Posso … potrei darti anch’io un bacio Glam?”
Un’esitazione, poi Geffen disciolse il loro intreccio – “No piccolo … E’ terribile, per me, rinunciarvi, però dopo sarebbe anche peggio, ne sono sicuro.”
“Mi dispiace”


Kevin arrivò a grandi passi, dall’atrio a bordo vasca, dove Scott stava armeggiando con un tablet.
“Dov’è Glam?” – chiese con fare nervoso.
“Si sta rilassando.” – replicò lui, perplesso dal suo atteggiamento ostile.
“Con Jared?! Ho visto l’auto qui fuori.”
“Non ne ho idea, non sono affari miei.”
“Nemmeno nostro figlio sono affari tuoi Scott, ma non hai esitato ad intrometterti!”
Scott gli si parò davanti, alzandosi dal lettino prendisole e togliendosi gli occhiali da lettura.
“Se non ci dai un taglio alle tue cazzate Kevin, se non porrai fine ad un’inutile guerra contro Glam, ci saranno delle conseguenze, lo capisci o no?!” – ruggì il medico, senza rendersi conto, quanto Kevin, che Jared li stava ascoltando oltre le vetrate della veranda.
“Ma cosa diavolo vuoi Scott??! Con quale diritto puoi interferire!!??”
“Me l’hai quasi ammazzato con quest’assurdità dell’affido esclusivo!”
Kevin strinse i pugni, ossigenandosi – “Voglio vedere mio marito … è ancora mio marito, che ti piaccia o no!” – e senza esitare il bassista entrò in casa, trovandovi Jared.
“Ah tu sei qui … Non la smetterai mai di tormentarlo, giusto?” – chiese aspro il giovane.
“Colin ed io siamo tornati insieme” – ribatté Jared composto – “Questo, comunque, non mi porterà mai ad abbandonare Glam, te lo garantisco Kevin.”
“Fottiti …” – sibilò, sentendosi bruciare l’anima.


Dean si infilò una t-shirt di Sammy, comoda, lunga e stropicciata dal suo profumo.
Si rannicchiò sul divano, non aveva voglia di lavorare, mentre Sam era uscito piuttosto presto, per completare un cattering urgente.
Cercò i soliti pantaloni dell’Adidas, finiti sotto al cuscino della poltrona, dove si incastravano a vedere la tv.
La accese, svogliatamente: un notiziario trasmetteva le ultime sulla cronaca.
Quando Dean vide scendere da un furgone blindato un tizio, in tuta arancione, ammanettato e scortato da quattro agenti, gli si gelò il sangue: era Stabler.
Lo stavano trasferendo dal penitenziario al tribunale, per un’udienza.
Arrivarono poi dei funzionari governativi, che formavano un cordone di sicurezza intorno ad un ragazzino, spaventato e con addosso un abito troppo elegante per la sua età.
Le frasi tipiche per l’occasione, sembravano rimbombare per la stanza: Dean corse in bagno a vomitare, scoppiando poi a piangere.
Lo sguardo di quello che era un bimbo, lo stesso che Dean vedeva specchiato prima di coricarsi, prima che Stabler si avvicinasse, pesante, dal corridoio, i suoi passi, Dean li ricordava come schegge, accartocciato sul materasso, in quella stanzetta con la carta da parati costellata da orsetti e mongolfiere, quello sguardo, dalla tv, sembrava essersi conficcato nel cervello del broker.
Una nuova scheggia, più dolorosa delle precedenti.


Geffen si era addormentato.
Kevin lo stava osservando: non aveva faticato a trovarlo, quell’abitazione era tanto spaziosa quanto semplice.
Il bassista si appoggiò allo stipite, poi non seppe resistere: andò a sedersi sul bordo, accarezzando la nuca di Glam, che socchiuse di poco le palpebre.
Un raggio di sole illuminò quei camei azzurri, dei quali Kevin si sentiva ancora innamorato.
“Ciao …” – mormorò Geffen stupito.
“Ti avevo lasciato un messaggio …” – disse appena percettibile Kevin.
“Ho spento il cellulare, ma ti avevo dato il numero di qui, vero …?”
“Certo Glam, l’hai fatto, per … per Lula.”
L’avvocato si sollevò, appoggiandosi allo schienale.
“Che succede Kevin?” – domandò calmo.
Lui non rispose, tormentandosi le mani, fissandole, per poi spostare la sia visione sui mobili, dove c’erano parecchie foto, alcune anche della coppia, con e senza il figlio, un paio di Jared ed altrettante con Kevin, una soltanto di loro due, abbracciati, sorridenti alla End House.
Jared teneva il capo inclinato verso Kevin, girato verso l’obiettivo, erano incantevoli, Glam lo pensava da sempre.
Glielo disse, notando che l’attenzione di Kevin si era focalizzata su quell’immagine.
“Sembra non sia esistito mai …”
“Cosa Kevin?”
“Il nostro ieri … Probabilmente è rimasto imprigionato in una bolla di felicità, scoppiata da un pezzo Glam …” – tornò a guardarlo – “Da un bel pezzo.” – e scrollò le spalle, sconsolato.
Geffen tossì, recuperando la camicia dimenticata sotto al piumone.
“Carina la tua triad … Un pochino maturo per essere un Echelon daddy” – poi si morse le labbra, pentendosi per avere azzerato le proprie difese.
Geffen non sembrò approfittarsene per nulla, il che diede ancora più fastidio a Kevin, terribilmente confuso.
“E Tim?”
“Andato …”
“In che senso Kevin?”
“Si è incazzato, la Madison l’ha trattato come immondizia e lui non è come lei dice, non lo è affatto.”
“Non ho dubbi su questo, sembra un tipo in gamba, ma un legale ragiona a senso unico, deve tutelare il proprio assistito e la reputazione pesa più di qualsiasi prova tangibile Kevin.”
Kevin sorrise.
“Incredibile, stiamo parlando … come se fossimo amici davanti ad una birra Glam”
Anche Geffen sorrise.
“Ci saremo detti miliardi di parole in questi anni Kevin, tra noi non è mai stato complicato …”
“Già … ce ne siamo perse solo un paio per strada, Glam, le più importanti” – e si rialzò per andarsene.
Geffen non lo trattenne.