martedì 29 ottobre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 206

Capitolo n. 206 – zen


Harry vide il fondo del secondo bicchiere di vino.

“E poi quello … il giudice intendo” – e rise, tenendosi la pancia.

Lux inarcò un sopracciglio.

“Ehm che cosa stavo dicendo …?” – proseguì confuso, assaggiando un altro pezzo di formaggio, che l’altro gli aveva tagliato e messo nel piatto mezzo vuoto.

“Parlavi di un giudice …”
“Sì, William qualche cosa, non so, forse aveva mangiato dell’aglio, non ci si poteva avvicinare allo scranno …! Hopper è diventato viola, appena il coso lì …”
“Il giudice?” – anche Vincent rise.
“Appunto! … oh mamma … quanti gradi fa questo …?” – ed alzò la bottiglia, ormai vuota.

“Harry ti ubriachi con un paio di calici? Miseria …” – sbuffò stranito, sbucciandogli una mela, prima che facesse altri danni.

Il giovane rise ancora, sbattendo la fronte sul tovagliolo stropicciato – “Sì … no, non saprei ahahahah”

“Mon Dieu, forse l’antidolorifico che ti hanno dato … Ha fatto effetto con l’alcol …” – mormorò l’affarista preoccupato.

Il russare di Harry lo rassicurò: si era addormentato come un orso ed il problema più grosso rimaneva portarlo sino al divano oppure al letto.


Louis si stava mangiucchiando le unghie da circa dieci minuti.
Lula rise – “Papà dice che non si fa!”

Anche Jared sorrise, mettendo a nanna Isotta ed Amèlie, passando poi alla nursery, dove Amy e Flo stavano aspettando fiduciose e sgambettanti sul petto di Colin, il biberon di camomilla.

“Posso aiutarvi?” – chiese il giovane, quasi in imbarazzo, ma Farrell, con estrema dolcezza, lo mise subito a proprio agio.

“Certo, ecco tieni, chi preferisci?” – chiese affabile.
“Sono entrambe meravigliose …” – replicò Lou, come incantato.

“Facciamo che io penso ad Amy e tu a Florelay” – e gliela passò con attenzione.

“Mio Dio, chissà se un giorno Haz ed io …”

Si interruppe, fantasticando mentalmente, quasi avesse timore di esprimere ad alta voce i propri sogni.

Colin annuì – “Ne sono certo, vero Jared?”
“Al cento per cento, giusto Lula?”

“Sì … E vi occuperete anche dei gemelli di papi Glam!” – rivelò solare.

Jared ebbe un tremito, poi cercò di nasconderlo, sorridendo, ma la preoccupazione maggiore era fare altrettanto con i suoi zaffiri, diventati lucidi.


Scott scrollò il capo – “No, non se ne parla Glam”
“Non posso chiederlo ad altri” – replicò sbuffando, mentre si riallacciava la camicia.

L’amico gli aveva fatto un breve controllo, dopo averlo visto in affanno dopo cena.

“Puoi provare con Mason, puoi rivolgerti a lui” – obiettò il medico.

“No. Quando sarà il momento, perché so che arriverà prima o poi, mi farai il sacrosanto favore di”

Scott gli posò il palmo destro aperto sulla bocca: Geffen schiuse ulteriormente le palpebre, stupito per quell’interruzione.

“Non ti farò alcuna iniezione Glam” – disse con il fiato spezzato, gli occhi umidi.

L’avvocato gli cinse il polso, con delicatezza, liberandosi.

“Jim non ha condiviso ciò che noi abbiamo vissuto, da quando eravamo due pivelli” – sorrise, per poi guardarlo – “Mi è simpatico, certo, però sei tu quello che”
“Che hai amato?” – Scott rise nervoso – “Quando mai?”

“Sei ingiusto …”
“Sì Glam, forse, anzi, senza dubbio e pure egoista!” – e si alzò, dirigendosi all’ingresso della suite.

“Tu non puoi mollarmi così Scott!” – gli tuonò alle spalle, ma fu inutile.



Per Brent non era solo piacere, allo stato puro, peraltro.
Per lui era essenziale non vergognarsi più di ciò che sentiva, mentre un uomo gli si muoveva dentro, come stava facendo ora Brendan.

Era stato magnifico, certo, sino dalla loro prima volta insieme, però, in quel contesto, nel giovane albergavano ancora mille paure.

Il ricordo della violenza subita, le vessazioni del padre omofobo, il suo sfogo su Louis, tutto contribuiva a farlo percepire sbagliato e persino volgare.

Invece Brendan, con quel suo modo di appartenergli, mentre era proprio Brent ad essere suo, in maniera completa, riusciva a creare come uno scambio equo, di sentimenti, passione, libertà.

Vennero una prima volta, poi l’ex capitano si voltò elegante e sciolto a pancia in giù, stritolando le lenzuola, dove la sua bocca ansimò - “Scopami adesso”.

Brendan si inebriò di un’onnipotenza virtuosa, lambendo con la lingua i due sensuali incavi alla base della spina dorsale del giovane amante, dai quali partì per risalire sino alla sua nuca madida, dove affondò piano i denti e le labbra, succhiandone avido la pelle liscia e profumata.

Cinturò simultaneo il busto gracile, ma proporzionato e scolpito di Brent, che divorò l’aria in un ansito bollente, mentre l’analista lo riprendeva, virile e profondo.
Con le dita un po’ incerte, il ragazzo riuscì infine ad aggrapparsi alla testata, ondeggiando, sollevato, verso di essa, avanti ed indietro, una decina di volte o forse di più.

Aveva perso il conto, così dei suoi battiti, dei respiri, perché con il volto girato verso la lingua ingorda di Brendan, l’unica sua priorità era carpirne una sequenza di baci lascivi e bagnati, che ben presto riportarono la coppia ad un orgasmo straordinario e senza fine apparente.


Lux fu svegliato da un lieve lamento.

Harry, allungato ed avvolto nel piumone, accanto a lui, era sudato e confuso.

“Vincent …”
“Sono qui” – ed accendendo la luce, si mise seduto sul letto, provando a liberarlo da quella coltre spessa ed ormai poco accogliente.

“Aspetta ti aiuto … riesci a”
“Un attimo … Miseria che casino che ho fatto …” – disse strofinandosi la faccia arrossata.

“E’ solo la reazione ai farmaci, non allarmarti” – spiegò paterno Lux, sfilandogli la t-shirt fradicia, quanto i boxer, che non si azzardò nemmeno a sfiorare.
“Dovrei farmi una doccia … Mi potresti accompagnare?” – domandò timido.

“Certo, aggrappati a me, su, dobbiamo fare poca strada”
“Ok … non ho il cambio … tu ne hai Vincent?”
“Solo per me, comunque ho comprato le magliette del rifugio, userai quelle, mentre per l’intimo lo metteremo sul termosifone, tanto è acceso … si soffoca qui, ma va bene per lavarsi … Tieniti alla maniglia, pensi di farcela? Vuoi che rimanga?”

Harry chiuse a metà il box, impacciato – “Non andartene … è meglio, non si sa mai”
“Ok, faccio la guardia” – e rise.

Ad Haz sembrò di rinascere sotto quei getti e non si curò minimamente della presenza di Lux, come se lo conoscesse da sempre.

Era curioso ciò che provava per lui e non era una novità quella strana confidenza, che sembrava unirli, quasi a farsi beffe del fatto che avrebbero dovuto come minimo odiarsi, per via di Louis.

Harry pensò che era impossibile odiare Vincent.

Avvolto in un accappatoio comodo e sempre sorretto da Lux, il ragazzo tornò a coricarsi.
“Prendo una coperta …”
“No, è un forno questa stanza … Potresti aprire un po’ la finestra invece …?”
“D’accordo, ma non esageriamo, là fuori siamo a parecchi gradi sotto lo zero”
“Ok … Ti sono debitore Vincent …” – disse rannicchiandosi.

“E per cosa? Chiunque lo avrebbe fatto”

“Mmmm no, forse un antagonista diverso mi avrebbe lasciato nella neve”
“Vedi troppi film Harry” – ed allegro tornò da lui, che non aveva mai smesso di scrutarlo.

“Dici?”
“E poi non siamo … nemici … O sì?”
“No … Non saprei … Mi dispiace per quel pugno …”
“Hai fatto bene a darmelo, lo meritavo Harry, perché alla mia età si dovrebbe usare il cervello e non il resto …” – asserì mesto – “Per cosa poi? Non sarebbe cambiato niente con mon petit …”

“Continui a chiamarlo così” – replicò sorridente.

“Louis è … è il mio bambino … Perdonami … So di darti fastidio ...”
“No, anzi … Rivedi Jacques in Boo …”
“Sì, anche … E’ come un sortilegio, che mi aiuta a vivere, ad andare avanti …” – e si emozionò, inevitabilmente.

“Tu sei buono … e sei … sei un po’ il nostro papà …” – e si assopì, come d’incanto.

Lux gli diede un bacio tra i capelli folti e riccioluti: anche Harry era bellissimo, ma non come Louis.
Louis sarebbe rimasto l’unico, per Vincent.

Sino alla fine.


Robert gli si mise seduto accanto, a colazione.

“Ne approfitto, visto che saremo soli per poco …”
“Papà … ciao, tutto bene?”

Chris gli arrise luminoso, come ad ogni loro incontro, casuale o voluto: Downey, però, aveva un’aria un po’ cupa.

“Qualcosa non va?”
“Sì Christopher … Non ci girerò intorno: volevo parlarti di Ivan”

“Di Ivan …?!”
“Infatti, di lui e di te per l’esattezza: cosa state combinando?”

Il cantante avvampò vistosamente.

“Nulla … Nulla che ti riguardi Robert” – ribatté secco ed inatteso.

“Hai ragione, non sono affari miei, però vedere andare all’aria il tuo rapporto con Steven mi procurerebbe molto dolore, sai?”

“Papà …”
“Quando ti sta bene mi incensi con questo ruolo di genitore, quando ti rimprovero ridivento Robert! Mi aspettavo un figlio più maturo e meno superficiale! Cosa credi di ottenere da questa tresca clandestina, su dimmelo!”

“Non dovresti rivolgerti a me con una simile arroganza, non dopo quello che hai fatto a Jude, usando Glam!”

“Tu non sai nemmeno vagamente ciò di cui stai semplicemente vaneggiando Christopher!” – ringhiò, vedendo arrivare il marito, con Clarissa e Diamond.

C’erano anche Colin e Jared, che si rese conto dell’interagire aspro tra i due, mentre il resto del gruppo veniva distratto dal chiasso dei rispettivi cuccioli.

Downey si unì a loro, senza aggiungere altro.

Chris prese il telefonino ed inviò un sms, per poi sparire un istante dopo, senza attendere una risposta dal destinatario, al quale aveva dato un appuntamento, quasi tassativo.















venerdì 25 ottobre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 205

Capitolo n. 205 – zen


Jude scosse la testa, aggiustandosi meglio sotto la coperta insieme a Colin.

“Ora ho capito perché quei due ci hanno fatti sedere da questa parte della slitta, cavoli!” – esclamò l’inglese.

Farrell ridacchiò annuendo – “In effetti Jared ne sa più di me sul meteorismo … equino”

“Anche Rob … a quanto pare” – ringhiò, fissando il consorte, che insieme a Leto li stava sfottendo, comodamente sistemato accanto al leader dei Mars, che rideva a crepapelle ad ogni rumore sinistro, proveniente dai due splendidi esemplari da tiro, che li stavano portando ad una baita, dove più tardi avrebbero cenato in santa pace, lontani da pannolini, biberon e schiamazzi dell’adorata prole.

Era un’abitudine per loro recarsi almeno una volta l’anno, in quella radura incantata, dove sorgeva un edificio vecchio di almeno cento anni, ospitale e carico di atmosfera.

Nubi sature di neve, in compenso, stavano oscurando l’orizzonte.

“Qualcuno è salito alle piste nere?” – chiese Downey scendendo.
“Credo Harry … e forse Lux, ci va da quando siamo qui … E’ un solitario” – disse Jared assorto, pensando che non fosse stata una buona idea, almeno per quel pomeriggio, assai ventoso per giunta.


“Miseria la mia attrezzatura … Non potrò fare le foto per Louis …”
Haz si lamentò, in piena solitudine, allacciandosi lo snow board agli scarponi ed osservando la prima discesa, che avrebbe affrontato senza pensieri.

Era la meno ostica.

“Forse è meglio tornare, però … Che tempaccio …” – e si lanciò, con un urletto da fanatico dello sci.

Un paio di slalom, poi un derrapage tra dei pini, infine si bloccò su di uno spuntone, presumibilmente di roccia.

Il tratto successivo era di certo meno semplice.

“Ok … ancora questo e poi me ne torno dal mio Boo …” – e deglutì a vuoto, provando un senso di inquietudine.

L’aria era pungente e la gola disidratata.

Per fortuna aveva un mignon con sé, ma di vodka.

“Non sarà acqua, ma va giù bene …” – un sorso e via.

La neve celava molte insidie ed una buca, forse la tana di qualche animale in letargo, gli fu fatale.

Un volo di qualche metro ed un tonfo, gli riempirono le orecchie e l’addome, come se avesse ricevuto un bel calcio.

Il sapore di ghiaccio gli invase la bocca; tossì, provando a rialzarsi, ma la caviglia sinistra gli doleva troppo.

“Accidenti!! Si può essere così imbranati!” – inveii contro la brezza, sempre più gelida.

Gli occhi gli colavano, forse di qualche lacrima, di cui si vergognò, guardandosi intorno.

Avrebbe voluto gridare aiuto, ma gli sembrò inutile.

Un fischio lo distrasse.

C’era un secondo sciatore, per miracolo, pensò Harry.

“Ehi …!!”

Appena l’uomo si tolse il casco di protezione e si scese il bavero del passamontagna in pile grigio, Harry lo riconobbe.

“Petit garcon! Cos’hai combinato?”

Lux sorrise, vedendolo in difficoltà.

“Che Dio ti benedica Vincent, ero già nel panico, senza telefonino, né soldi … né borraccia!” – spiegò arrossato, aggrappandosi al suo collo.

“Un attimo … ecco, appoggiati, fa male?”
“Sì … cazzo …” – e zoppicando si allontanò dalla tavola.

“Chiamo i soccorsi, sta arrivando un temporale, volevo giusto rientrare”
“Abbiamo avuto la stessa idea allora … a me è andata peggio” – e rise nervoso.

“Non stancarti, siediti qui” – e gli pulì un tronco, aprendogli un telo impermeabile.

“Hai tutto in quello zaino Vincent …”
“Su, mangia questa e bevi … hai uno strano alito Harry” – e gli porse una barretta energetica, con una bottiglia di Evian.

Il suo accento francese era inebriante.

“Sai il bicchierino della staffa … L’ho rubato al bar ieri sera” – confidò buffo.

“Una fortuna … Ok, c’è linea …”

L’affarista diede le coordinate, attivando anche il proprio segnalatore gps e dal rifugio a diverse centinaia di metri più in alto, scesero subito un paio di motoslitte di soccorso.

“Lo vedi quel lampeggiante rosso, Harry? Giù alla funivia”
“Sì …”
“E’ l’ultima corsa, la stanno chiudendo … Temo che dovremo passare la notte in alta quota, per cui avvisiamo a casa …” – sorrise, dandogli il satellitare – “Chiama subito Louis, sarà in pensiero”

“Ti ringrazio … Lo faccio immediatamente, poi te lo passo, ok?” – gli sorrise.
“Ok … grazie a te.”


Jamie e Kurt avrebbero dovuto occuparsi della vestizione dei figli del primo, ma toccò ad Hopper sbrigare quell’incombenza, visto che i due bff stavano spettegolando sul divano della suite affittata del socio di Glam, relegato nella cameretta dei bimbi.

Martin era a pattinare con Lula, insieme a Rossi e Geffen, raggiunto anche da Pamela e le gemelle, per trascorrere insieme quella vacanza, che in tanti pensavano come ultima.

“Quindi lo pensi anche tu Jam?!” – bisbigliò il moro, sistemando sulla capoccia bionda dell’amico un berretto in lana, anni ottanta, con la coda lunghissima.

Jamie fece altrettanto – “Puro vintage, guarda che colori!”
“Dunque …?”
“Sì, sì, Kurt, non ho dubbi, si guardano, si sfiorano, ammiccano … Se Boydon se ne accorge, come minimo ammazza Chris …”
“Pensi sia così geloso e guerrafondaio?” – domandò perplesso.

“Certo che fargli le corna con quell’armadio Kurt …”
“Ivan non è male … Un po’ orso, forse ha paura di dire cazzate, meglio tacere, lo dovrebbero imitare in parecchi” – e rise complice.

“Glam come ti sembra?”
“Mmm non sta così male, forse Lula sta compiendo un miracolo … Vorrei tanto potere scherzare su questo fatto, sai? Vedo Jared in seria difficoltà …”
“E tu con lui? Hai seppellito l’ascia di … guerra? Anzi amore” – e sorrise limpido.

“Gli voglio bene … E’ da un pezzo che non parliamo, che non facciamo niente, una gita, un giro insomma … In moto o senza, andavamo al planetario, sai?”
“Ci hai portato anche me!” – replicò simpatico.

“Già … il mio zuccotto preferito!” – e cominciò a fargli il solletico, interrotto solo dall’improvvisa presenza di Hopper, che con una scodella di biscotti e latte, arrivati sul suo maglione nuovo, per ragioni misteriose, li stava letteralmente polverizzando con lo sguardo d’acciaio fuso.

“Piedini ciccioni ha colpito ancora!” – Jamie rise fragoroso, così Kurt.

“Insomma!!” – urlò Marc.
Kurt si precipitò a sistemare quel casino, seguito a ruota dall’ex ballerino, che fece una piroetta e svanì nel corridoio, come un folletto dispettoso.


“Ma ti sei fatto male?? Dove??!”
“Tesoro calmati, è una slogatura o forse neppure questa, tra poco arrivano i medici … ah eccoli, ti passo Vincent … Ti amo, ci vediamo domani, mi dispiace Boo” – disse mortificato.

“Ok … Ok amore, abbi cura di te …”

Lux prese l’apparecchio – “Ehi mon petit, qui siamo al sicuro, ok?” – lo tranquillizzò.

“Meno male che ci sei tu …”
“E’ stato un caso … Ora andiamo al riparo, la bufera si avvicina, tu stai bene?”
“Sì, sono a pattinare, con Brent, Brendan, Geffen, c’è un sacco di gente … Mancate solo voi, perché siete testardi ed incoscienti!” – si lagnò commuovendosi.

A Vincent si riempì il cuore di emozione, avrebbe voluto cullarlo e vederlo sempre felice.

“Louis non temere, vedrai che queste ore passeranno in un soffio, ok …?”
“Ok … Riposatevi … E fallo mangiare!”
“Oui, oui, pas problem!”


“Te la cavi … Io sembro un tronco!”
Brent rise di gusto alla battuta di Brendan, avvinghiato alla balaustra di sicurezza, a bordo pista.

“Ho fatto un corso … Portavo anche delle belle colleghe, sai?” – si pavoneggiò.
“Ah buono a sapersi” – ansimò lo psicologo, tremando sulle gambe incerte.

“Pensa che quel coglione di mio padre credeva che ne avrei portata a casa una” – aggiunse il giovane, non senza adombrarsi un secondo dopo averlo detto.

Laurie gli accarezzò la nuca, avvicinandolo a sé, per poi baciarlo dolcemente.

“E’ da un po’ che non ne parli … questa pausa ti sta facendo bene Brent …”
“Trovi? … Sì, forse …”
“Io ci sono Brent … Per qualsiasi dubbio o”
“Lo so Brendan” – e si strinse maggiormente a lui – “Lo so” – volle ripetere, inspirando greve.

“Vuoi tornare in albergo piccolo?”
“Sì … Voglio fare l’amore con te …” – disse fissandolo.

“Lo desidero anch’io Brent … Ogni momento” – e lo baciò ancora, prima di andarsene entrambi verso il resort, poco distante.


“Una matrimoniale, è ciò che ci resta monsieur Lux”

“Très bièn … Se non c’è altro …”

“Vi piacerà, a lei ed a suo figlio, c’è spazio per entrambi” – precisò l’incaricato all’accettazione, scrutando Harry già con le stampelle ed una vistosa fasciatura.

“No, no, non è mio figlio …” – precisò l’uomo, firmando i documenti e saldando il conto in anticipo, per non perdere tempo la mattina seguente.

“Mi scusi … Notavo una certa somiglianza …”

Vincent ed Harry si scrutarono e questi sussurrò divertito – “Ma dove …?”

Lux rise bonario – “Siamo amici, ma vorrei un figlio così, glielo assicuro”

Haz avvampò, compiaciuto da quell’uscita, estremamente sincera.

Si diressero agli ascensori, senza dirsi nulla.

Avrebbero cenato in stanza, bevendo anche un’ottima bottiglia di rosso, selezionata da Lux, da una lista piuttosto ricca, per un ambiente del genere.

La serata era appena all’inizio.












giovedì 24 ottobre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 204

Capitolo n. 204 – zen


Brendan posò la tazza di tè, dando poi una carezza al volto luminoso di Brent, seduto accanto a lui sopra un comodo divano, foderato in tinte scozzesi, rosse, verdi e nere.

“Ok …” – l’analista prese fiato – “E’ successo quattro anni fa, a Londra”

Brent sorrise, anche per tranquillizzarlo – “Riguarda il tuo lavoro?”

“Sì … sì infatti, è una storia triste, legata ad uno dei miei pazienti, di nome Jason, vent’anni appena”
“Molto giovane per rivolgersi ad un analista”
“E con parecchi problemi, tipici della sua età: forse i suoi genitori mi avevano scelto perché omosessuale quanto lui: non avevo mai nascosto il mio orientamento, lo ritenevo stupido, così, ad ogni occasione buona, ne parlavo con naturalezza a chi ne fosse incuriosito”
“Sei stato coraggioso” – replicò dolce, dandogli un bacio sulla spalla.

Brendan lo fissò per un lungo istante – “Tu sei il dono che la vita mi ha fatto … sei così prezioso Brent, che non riesco neppure a trovare le parole per descriverti i miei sentimenti” – disse commosso.

“So cosa provi, perché sta succedendo anche a me, da quando ti ho visto la prima volta … anche se ero spaventato da emozioni, che non avrei mai più voluto provare e tu puoi comprendere le mie ragioni”

“Certo piccolo … e speravo anche di farlo con Jason, sostenendolo nel suo percorso di accettazione, sai? Fui professionale in ogni senso, ma lui perse la testa per me: mi scriveva lettere colme di amore, anche se in molteplici passaggi imperava una sorta di malsana paranoia, di morbosa attenzione nei miei riguardi, che ben presto si trasformò in un’autentica azione di stalking”

“E tu ne parlasti con la sua famiglia?”
“No, non subito: tentai di farlo ragionare, chiamai in mio soccorso persino Hugh … e forse fu anche peggio, non certo per colpa sua, anzi, gli parlò più come un padre, che in qualità di psicologo, ma Jason reagì male, scagliandosi contro di me, appena mi vide, per di più in un locale, la sera stessa in cui mio fratello lo affrontò per fargli accettare il fatto che con me non c’era alcun futuro”

“Tu non provavi nulla per lui? Era davvero tanto impossibile avere una relazione?” – domandò incuriosito Brent.

“Ti ripeto, sentivo solo energie negative, mi angosciava … e poi era un ragazzino”

“Ok … E come finì?”
“Nel peggiore dei modi … Dopo avermi insultato e persino schiaffeggiato in quel pub, corse via, in preda ad una crisi isterica … Provai ad inseguirlo, ma lui, in sella ad una moto mi seminò facilmente: raggiunse la ferrovia e si gettò sotto ad un treno, urlandomi da un ponte, che mi sarei portato sulla coscienza la sua scelta, per sempre … Perché era mia la responsabilità … solo mia” – rivelò affranto.

Brent lo strinse forte.

“Se non ci fosse stato Hugh, sarei impazzito, credimi … Venni qualche settimana qui a Los Angeles, conobbi Jim, facendogli una pessima impressione … Mi ubriacavo, ero molesto, sgradevole … Poi mi ripresi, tornai in Inghilterra, affrontai anche la famiglia di Jason, spiegando gli avvenimenti … Furono comprensivi, perché il figlio li aveva come ossessionati, per spingerli a dissuadermi nel mio rifiuto, fidanzandomi con lui … Pare dicesse loro che ci saremmo sposati, che avremmo adottato dei bambini, che niente avesse più senso, senza di me”

“Credo che Hugh per primo ti abbia persuaso a non sentirti responsabile, anche se temo non sia bastato …”
“E’ come un demone, un incubo, che di tanto in tanto ritorna … Ed una sconfitta per ciò che amo, dopo di te, ovvero questo mestiere spesso assurdo …”

“Sei di una tenerezza infinita, Brendan …” – e lo baciò – “Grazie per esserti confidato”
“No Brent … grazie a te per come sei … ti voglio così bene” – e lo abbracciò intenso, allungandosi e restando lì, sino all’alba, dormendo serenamente.
iiii

Kevin rise, infilando gli scarponi a Lula.

“Incredibile daddy, gli vanno bene quelli dell’anno scorso”

Geffen sorrise, guardando il figlio – “Si vede che non mangia abbastanza pizze …”
“Allora rimediamo a pranzo papi! E tu papake, con i dollaroni che hai risparmiato per la mia nuova attrezzatura, farai un bell’assegno alla fondazione di Haiti!” – esclamò allegro, mentre Glam e Kevin lo guardavano ammirati, seduti sul bordo del letto dell’avvocato.

“D’accordo angelo mio …” – e gli sistemò il giubbotto, amorevole.

Geffen seguiva ogni suo gesto.

Soldino fece un saltello ed assunse una posa da rapper, molto comica, incrociando le braccia sul petto e mettendosi di traverso.

“Dovete farmi una promessa voi due!”
Glam sbirciò Kevin, che annuì – “Ok sentiamo …”

“Vi dovrete volere bene per tutta la vita!”
Kevin arrossì – “Ovvio che sì Lula …”
“Con me sfondi una porta aperta” – Geffen rise.

“E poiiiii”
“Sì?” – anche Kevin sorrise.
“Poi dovrete volere un mondo di bene a Tim!”

“Agli ordini soldino …” – dissero in coro.

“Tu papake, però, un pochino di più!” – e si appese al suo collo.

“Tesoro mio …” – sospirò il bassista, chiudendo gli occhi.

Per pochi secondi vide la spiaggia dell’isola, bianca, profumata di sale, ma riuscì anche a distinguere una coppia di orme, di cui una più minuta rispetto all’altra.
Alzò lo sguardo, ma la luce divenne ancora più accecante.

Spalancò le palpebre e Lula era sparito dal suo petto.

“Soldino …?”
“E’ già in corridoio, con Tim … Tutto bene Kevin?” – e gli sfiorò la schiena con il palmo destro, caldo, affettuoso.

“Sì … ho avuto come … Ma lasciamo stare, tu come stai in compenso daddy?”
“Discretamente … Andiamo?”
“Ok … Con Jared dobbiamo dare la rivincita a Dean e Sam”
“Va bene, però ho una commissione da sbrigare, vi raggiungo alle piste tra un’ora”
“Come vuoi …” – replicò perplesso – “A dopo, ciao Glam.”


Downey si stava grattando nervosamente la nuca, quindi passò all’addome asciutto e ben delineato dalla t-shirt attillata.

I suoi capezzoli si inturgidirono ed i turchesi di Geffen vi si posarono per un secondo di troppo.

Deglutì a vuoto, pervaso da una sensazione piacevole.
“Ma non hai freddo Rob?”

“Eh? Sì un po’, finisco di vestirmi … scusa Glam se ti rompo le palle con questa cosa, ma se la racconto a Jude mi sa che si incazza …” – disse trafelato, recuperando un maglione pesante.

Glam lo aiutò ad infilarlo, dopo essersi schiodato dalla poltrona, mosso anche da un’attrazione viscerale verso l’attore.

“Aspetta … ecco fatto” – e gli sorrise, baciandolo sul naso.

Downey avvampò, non senza ricambiare quel sorriso.

“E’ per Chris … ed Ivan”
“Cosa?!”
“Sì, pare strano anche a me, visto ciò che lega mio figlio a Steven, senza contare la loro Clarissa”

“Mi fa sempre un certo effetto quando lo definisci così, anche se non potrebbe avere padre migliore”
“Ti ringrazio … eppure sento che mi sta nascondendo qualcosa”
“Una relazione con Ivan? Pensavo che non fosse gay”
“E chi lo sa Glam? Christopher farebbe perdere la testa a chiunque, ammettiamolo” – affermò risoluto.

“Non lo nego, però pensavo anche alla timidezza di Ivan, alla sua riservatezza ed a quanto tenga al proprio incarico: non penso se lo giocherebbe in questa maniera, a meno che …”
“A meno che non si sia innamorato?”
“Appunto Rob …”


“Steven arriva sabato?”
Ivan lo domandò timido, mentre cinque minuti prima stava scopando Chris, capace di farlo urlare e dimenare, in preda ad un secondo, incredibile, orgasmo.

Il leader dei Red Close si accese una sigaretta; non fumava mai in presenza della bimba e tanto meno di Boydon.

“Forse venerdì sera, dipende da un congresso … ad Atlanta” – e tossì, rimettendosi i boxer.

La stanza del sovietico era in ordine: un’abitudine militare dura a morire.

“Vieni a sciare?” – finalmente si voltò a guardarlo, anche se sembrava sforzare una certa indifferenza.
Era come se lo infastidisse il modo in cui Ivan lo faceva venire: Chris avrebbe detto sentire, nel caso ne avesse parlato a qualcuno, per un pudore stupido.

Ed ipocrita.

“No, devo vigilare sui pargoli di Farrell … Mi ha chiesto un favore, credo voglia fare una gita in slitta con il marito …” – e si alzò, per andarsi a fare una doccia.

“Non potevano farlo Vas e Peter? Od Amos?” – obiettò, schiacciando la Camel in un posacenere di marmo, ancora mezzo nudo.

“Il mio socio ha la giornata libera, mentre loro salgono al rifugio, per chi fa lo snow board … almeno credo”
“Volevo”
“Cosa Christopher?” – lo interruppe un po’ brusco.

“No … niente …” – si ammutolì.

“Perfetto. Ci vediamo a cena. Se vuoi” – e si chiuse la porta del bagno alle spalle, non senza sbatterla.
Chris se ne andò mesto, imprecando sotto voce.


“Devi proprio andarci Haz? Le previsioni sono pessime, anche gli altri hanno rinunciato!”
Le lamentele di Louis gli sembrarono quelle di un cucciolo spaurito.

Harry lo avvolse, inghiottendolo con la sua altezza ed il corpo statuario ed allenato.

“Quante storie Boo … Mi svago in quota, ci sono dei paesaggi pazzeschi, farò delle foto e poi ti chiamo … se c’è campo” – rise – “… e ti posto le immagini, che tu questo giro non potrai vedere, come se fossi con me … sempre” – e lo baciò innamorato.

“D’accordo … mi hai convinto, però non essere spericolato …”
“Sì mamma chioccia … Ops ecco la cabina, si va!” – e si affrettò a salire.

Appena chiusero gli sportelli, Haz si appiccicò al vetro, per una boccaccia a Lou ed un’espressione buffa.

“Ciao peste …” – mormorò il ragazzo, per poi accorgersi che il fidanzato aveva dimenticato lo zainetto con il bberry, il portafogli e la borraccia di energetico.
Tentò di dire al manovratore da terra di bloccare la funivia, ma quello ridacchiò antipatico.

Louis lo mandò al diavolo e si diresse al palazzo dello sport, dove di sicuro avrebbe trovato compagnia.
Brent e Brendan, infatti, erano già sul ghiaccio, impeccabile il primo, imbranato e comico il secondo.








 Kieron Richardson, BRENT, perfetto anche on ice XD




 Il mitico Crixus della serie Spartacus, Manu Bennett, è IVAN