venerdì 27 dicembre 2019

Nakama - Capitolo n. 100 - Ending Story


Ciao a tutti,
a tutti quelli che leggeranno questo ultimo capitolo di Nakama, dopo mesi e mesi, dall’ultimo episodio pubblicato.
E’ un capitolo, scritto tanto tempo fa, poi ripreso, integrato, forse non era neppure davvero necessario, perché nel rileggere la mia fic, magari ci stava bene anche chiudere al 99, con qualcosa di sospeso, di irrisolto.
Eppure lo chiamerei, adesso, atto dovuto, al Vostro affetto, alla presenza, alle visite, che il calcolatore di EFP, mi visualizza, il Vostro dono, per me, che amo scrivere da sempre, ma, che, purtroppo, non lo faccio più con l’iniziale frequenza.
Nel frattempo, ho scritto qualche one shot, vero, tutte apprezzate, con mia grande gioia, ma le vicende del clan di L.A., resteranno nel mio cuore, per sempre.
Francamente mi diverto a pensare, a cosa effettivamente proverò, tra molti anni, sempre ammesso che … eheheh, ok, chissà cosa rimuginerò, nel ricordo di questa esperienza, che, mi, auguro, di perpetrare ancora per molto.
In compenso, è come dovere chiudere una porta, quella del castello dei ricordi alla Lecter, forse, questo capitolo n. 100.
Forse no …
Ho anche rivisitato le altre long, riscoprendomi.
Certo potrei passare il resto dei giorni a correggere, errori e passaggi, che non mi convincono, ma, sapete, buona la prima!, comunque vada.
Ok, ora provo a dare un senso a questo epilogo, rivelandovi che avevo pensato di creare uno spin off, titolato America (già, come l’album di Jared Leto e dei suoi Mars …).
Magari, one day, lo scriverò.
In ogni caso, noi ci ritroveremo qui, in qualche modo e la sottoscritta, come Glam Geffen, che vi piaccia o no, tornerà sempre da Voi <3
VI adoro. Grazie a tutti.
Un bacio ed un abbraccio da mery XD




Nakama – capitolo n. 100


Scott lo intercettò per un soffio.
Ormai Mikkelsen era già ai cancelli di imbarco per Parigi, ma il destino, aveva scritto ogni riga di quel giorno senza fine.

I cronisti delle maggiori testate di Los Angeles, si divisero tra villa Palmer e l’ospedale, dove JD Morgan venne ricoverato in fin di vita.

Norman Reedus era segnalato come un eroe, anche se la sua presenza ai depositi, dove il figlio del senatore venne liberato, non sarebbe mai stata chiarita del tutto.

Dettagli.

Glam Geffen aveva una risposta per tutti e su tutto, anche se niente risultò ben definito.

L’ex noto profiler, David Rossi, anche lui coinvolto nell’azione di salvataggio, innescò ulteriore curiosità, ma l’FBI doveva pure centrarci qualcosa, in quel maledetto imbroglio, di vendetta e riscatto.

Quello di JD, fu siglato da Palmer senza indugi: Josh, incolume e pieno di gratitudine, gli avrebbe persino scritto una lettera, all’indomani di un’operazione di otto ore, effettuata con pieno successo dal team di Mikkelsen.

Ancora qualche riflessione, con il suo staff e Geffen pose fine a qualsiasi illazione.
“E’ stata una concomitanza, di clamorosi eventi, quelli vissuti da me e dal detective Rossi, in prima persona: il tenente Reedus, mi aveva contattato, per confermarmi l’arresto di Jeffrey Dean Morgan, fatto evadere dalla sua ex banda, unicamente per giustiziarlo ed eliminare definitivamente un testimone chiave, che li avrebbe condannati all’ergastolo, per una vecchia rapina, durante la quale una guardia perse la vita. Appreso del rapimento di Josh Palmer, il detenuto Morgan rivelò di conoscere dettagli sull’autore di questo spregevole crimine, ovvero un suo ex compagno di cella; noi gli abbiamo creduto e JD aveva ragione: come se non bastasse, ha sacrificato sé stesso, per compiere un’azione esemplare, per la quale ognuno di noi, gli è profondamente grato: ora sta lottando e vi chiedo di pregare per lui. Grazie.”

I giornalisti lo investirono di domande, ma quella conferenza stampa, convocata in un hotel del centro, fu chiusa senza ulteriori spiegazioni.

Glam ne diede anche troppe, secondo Meliti; nella sua biblioteca, adesso, Geffen si stava rilassando.

Finalmente.

“Lo conosci il detto, Glam? Venderesti il ghiaccio in Alaska” – Antonio si congedò, con quel noto paradosso popolare.

Geffen rimase da solo per pochi istanti; Stella, varcò la soglia, con una sgambettante Syria, impaziente di essere coccolata dal padre, radioso nell’accoglierla sul petto.

“Grazie tesoro, come stai?”

“Ciao Glam, io bene, ma tu sei sempre nei guai!” – lo apostrofò simpatica la ragazza.

L’uomo annuì, salutandola, perché la madre dell’ultimogenita Geffen, doveva andare per negozi con Pam e Carmela.

“Eh tra qualche tempo ci andrai anche tu, principessa” – sussurrò Glam all’orecchio della bimba, che rise, divertita dalle sue attenzioni e dal suo sguardo innamorato.

“Mi sembrava di avere sentito delle voci”

“Colin …? Ciao”

“Bentornato eroe” – Farrell rise, avvicinandosi, con una bottiglia di champagne.

“Come mai qui?” – domandò l’avvocato.

“Con Jay abbiamo portato i gemelli per la festa di compleanno del figlio di Antonio”

“Cavoli l’avevo dimenticato …”

Syria si sporse verso l’irlandese – “Hai fatto conquiste Colin” – Geffen sorrise e gliela passò.
Del resto, la cucciola, riconosciuta anche da Leto, era abituata alla presenza dell’attore.

Il più anziano li scrutò – “Bellissimi”
Il marito di Jared avvampò, senza neppure sapere il perché.

“Sei sempre stato un genitore in gamba Colin” – proseguì l’altro – “nonostante qualche contrasto, tra noi, ma non sarebbe stata un’esistenza così divertente, vero?”

Farrell annuì, fissandolo.

Leto, giunto dal corridoio, fu incuriosito da quella conversazione, peraltro molto serena.
Decise di rimanere in disparte, ancora per qualche momento, prima di interrompere i suoi eterni amanti.

“Grazie Colin”

“Per cosa?”

“Per non avere mai permesso ai nostri problemi, di condizionare il tuo legame con l’esercito in miniatura, che ci rende migliori, in ogni situazione” – chiarì Geffen, senza mai smettere di guardarlo.

Infine gli diede un bacio ed una carezza, il primo sulle labbra, la seconda sulla guancia destra – “Grazie” – concluse lieve, dando un buffetto a Syria, ormai assopitasi.

Jared si allontanò.




“Dimmi che non è vero, Norman”
Il tono di Hemsworth, fu come un calcio nello stomaco, inacidito dall’ennesimo caffè, che Reedus aveva appena selezionato alle macchinette dell’ospedale.

“Ciao Chris … Cosa ci fai tu qui?” – domandò stremato dalle ultime ore, mentre provava a non guardarlo.
Il biondo si avvicinò, sibilando, marcio di rabbia – “Me lo dici sì o no, se questa cazzata di te e JD Morgan è vera oppure no?!”

“Da chi l’hai saputo?”
“Da Geffen”
“Oh sì, ovvio …” – Norman rise stanco, di tutto, di tutti.
Avrebbe voluto unicamente prendere il largo, con Morgan e i loro figli.
Una strana famiglia, dove tanti mondi erano collisi, in una sinergia d’amore, davvero singolare.
E che Hemsworth non avrebbe mai compreso e tanto meno accettato.

“No, dico, avevi Paul, certo un tipo non semplice, a te le cose semplici non sono mai piaciute, accidenti!” – iniziò a sfogarsi l’amico.

“E’ capitato e basta, ok? E non pretendo che tu lo capisca”- e gli passò oltre o almeno ci provò.
Chris lo afferrò per un braccio, puntandolo ostile – “E sia Norman: ma sei passato su troppi cuori, questo è inaccettabile!”

Reedus ricambiò quello sguardo, senza più abbassare il suo – “JD, ha scontato una pena assurda, per colpe altrui ed ora sta pagando un prezzo, che non meritava! Il suo cuore non ha meno valore, di quelli, che io avrei calpestato, lo sai questo?! Doveva toccare a me, non a lui, di finire così!”

“No, questo no”

“Lasciami in pace Chris!” – e, divincolandosi, se ne andò.



Un mese dopo …

Sguardo da canaglia, abito italiano da tremila dollari, primi piani studiati ad arte e, in sottofondo, per l’intera clip, un vecchio successo dei Mars.

Closer to the edge.

La parlantina sciolta di Geffen, candidato alla presidenza USA, sembrava danzare e poi fondersi con la voce di Jared Leto, che invitava, da sempre, il suo vasto pubblico, a combattere.

E così Glam, seduttivo, brillante, dilagante, durante quel lungo spot, in onda da giorni, sui media nazionali.

Su di un divano, a villa Meliti, Robert, Kevin e Jared, fissavano il mega schermo della tv, circondati da tutti i membri della loro sciroccata famiglia.

Di questa, Geffen, raccontava, presentandosi nel modo più sfacciato e persino divertente, i suoi pr potessero escogitare.
La sostanza, dell’arringa mediatica, fu basata su di una schiettezza, quasi imbarazzante.
Con Glam, la tattica degli scandali non avrebbe mai funzionato, visto che, per primo, snocciolò un elenco di vere o presunte scelte di vita, non del tutto etiche, da fare desistere qualsiasi avversario, pronto a infangarlo, con rivelazioni ormai inefficaci.

Robert scrutò gli altri, sbottando in un esilarante – “Ma ci pensate ragazze?!! Se gli americani lo eleggessero, noi saremmo potute diventare la first lady!!”

Kevin, Jared e Pamela si guardarono straniti.
Infine, una risata generale, chiuse la loro speciale riunione.

Farrell se ne era rimasto un po’ in disparte, ma quando Leto si avvicinò, l’irlandese ebbe un sussulto.

“Ehi Jay, che facciamo? Andiamo a casa?” – chiese un po’ nervoso, riponendo lo smart phone nei jeans sfilacciati in diversi punti.
“E tu saresti diventato uno dei suoi amanti, giusto Cole?”
Erano rimasti da soli.
Colin aggrottò la fronte spaziosa, sorridendo incuriosito – “Ma cosa ti inventi, Jay?”
“Pensavo di esserci passato sopra, ma quel bacio è come un tarlo, che mi rode il cervello da settimane, ecco cosa mi invento!” – spiegò stizzito.
Farrell rise – “Ora è chiaro, ma è stato Glam a baciarmi e poi non c’era passione, semmai gratitudine, per uno strano discorso che”
“L’ho sentito il suo discorsetto del cazzo, ma, soprattutto, non ho sentito una tua minima protesta!” – e gli diede le spalle, imboccando il corridoio.
“Ma non dire stronzate Jared, mi stai accusando ingiustamente!” – lo tallonò, accorgendosi dell’arrivo di Geffen, nel salone di ingresso.
“Oh bene arrivato senatore!” – lo accolse Leto, ma senza fermarsi.
Colin, al contrario, si bloccò – “Glielo spieghi tu, che è stata una cavolata, una TUA cavolata? Jared aspetta!”

Glam rise, accogliendo Lula, un secondo dopo, nel suo immenso abbraccio.
“Ehi papà, forse hai appena perso due sostenitori!”
“No, non credo, sai? Penso invece di averne guadagnati altri quattro: Norman, JD e i loro eredi”
“Wow, allora il signor Morgan sta meglio”
“Signor Morgan, Lula?”
“Certo, da oggi in poi righerà dritto come un fuso!” – decretò il preferito di Geffen, nessuno poteva negarlo, tanto meno quest’ultimo.
“Gli conviene, ma non in questa città; sono tutti in partenza, destinazione ignota”
“Peccato papi, erano simpatici …”




Jeff, come lo chiamava amorevole Reedus, aveva appena finito di caricare il pickup, a sei posti, nuovo di zecca, acquistato dalla coppia grazie al lauto premio, ricevuto dal senatore Palmer.
Philip e Lukas si erano già sistemati a bordo, così un randagio, appena adottato dal clan di Morgan.

“Non stancarti troppo” – gli sussurrò, il nuovamente ex poliziotto; le dimissioni, irrevocabili questo giro, Norman le aveva depositate la sera prima al distretto, dove i colleghi avevano organizzato un party a sorpresa, per festeggiare, inutilmente, la fresca promozione a capo divisione, squadra persone scomparse.

Reedus aveva ringraziato e salutato tutti.
Tutti tranne uno, che, adesso, se ne stava sul marciapiede opposto, l’aria da cane bastonato, tale e quale a come si sentiva, prima del salvataggio, Frida, la cagnolona ormai felice, sulle gambe di Phil, che scrutava Hemsworth con una certa curiosità.

Norman gli si avvicinò, spinto anche dal partner, schivo nei riguardi di Chris, ma immune da qualsiasi gelosia, a quel punto.

Un punto, sul quale, il tenente a congedo definitivo, sembrò irremovibile.

“Allora te ne vai davvero?” – quasi un sussurro, dalle labbra invitanti del vichingo della sezione narcotici.
Le mani in tasca, il fisico statuario, intrappolato da un maglione a collo alto, per difendersi dal freddo di quel mattino.

Reedus notò ogni dettaglio: era bellissimo, adorabile, così imbronciato e privo di difese.

“Sì, con la mia nuova famiglia, come vedi, anche se tu”
“Non dire cazzate Norman! Non dire niente” – e lo strinse forte – “… Io per te ci sarò sempre e correrò, ovunque andrai, anche se dovessi arrivare in Alaska scalzo” – gli respirò nel collo, sul punto di piangere.
Il più anziano si sentì mancare, però non si staccò, senza prima dirgli, con un filo di voce – “Ti amo Chris, ti ho sempre amato” – e disciolse l’intreccio, senza fretta – “non dimenticarlo mai. Saluta Tommy, arrivederci”
Hemsworth lo lasciò andare.
Il cuore in gola.
                                                       The End

… per ora 😉













martedì 1 ottobre 2019

One shot - La solitudine dei numeri primi

Morgan esita.
Poi bussa, anche se ha il badge della camera 508, assegnata dalla produzione a Norman Reedus.
E' un mini appartamento, in realtà, come quello riservato a JDM e sua moglie Hillarie.
Arrivare, tra alti e bassi, alla decima stagione, per una serie come The Walking Dead, è davvero un successo e quindi i protagonisti vanno coccolati e assecondati.
La premiere è appena finita, ma ci sono ancora alcuni appuntamenti di rito; incontri con i fans, interviste.
Una delle tante, tra un paio d'ore, rimugina il nefasto Negan, un personaggio, che ha risollevato le sorti del telefilm, da almeno tre stagioni, con il volto ed il fisico smagrito di Jeffrey Dean Morgan.
Un uomo bellissimo, Norman glielo dice da un pezzo.
Il suo uomo, in tutti i sensi, ma non da un anno a questa parte.
Lo hanno deciso insieme.
Di smetterla.
Di accontentarsi del tanto, che già avevano, senza più trascendere, in un'esistenza parallela, che sapeva di bugie e di rimpianti insanabili.
Essere amici sì, intimi certo, ma sino ad un certo punto.
E quel punto si era fissato circa dodici mesi prima.
Per non morirne, di un amore capito e vissuto tardi, ma imprigionato troppo presto, in una scelta amara.

Norman alla fine apre, senza chiedere chi possa essere.
JD vorrebbe rimproverarlo, ma non esita ad entrare.
"Ehi, ma non hai il"
L'abbraccio del più anziano gli fa morire le parole in gola.
Le labbra di Morgan, anche il respiro, che sa di tabacco e menta.
"Jeff ..." - è un sussurro, Reedus non si divincola, non ne ha alcuna voglia.
Lui ci sta bene lì, su quel petto ampio, rivelato fino allo sterno, da una camicia aperta a metà.
I pantaloni, anch'essi neri, che un po' scivolano.
"Smettila di dimagrire Jeff" - ed abbassa lo sguardo tagliente di azzurro e tenerezza, gli aggiusta quell'indumento sui fianchi, Morgan sorride.
"Scusa"
Fronte contro fronte, le sue ali ancora salde al corpo muscoloso dell'altro.
Del suo Norman.
Del suo compagno.
JDM non smetterà mai di considerarlo tale.

Lo stringe ancora - "Quando siamo in giro, dormiamo ancora insieme ... Mi sei mancato troppo Norman, ho bisogno" - deglutisce, un po' in affanno - "ho bisogno di farlo ... C'è poco tempo"
"Cos'hai Jeff? Hai litigato con Hillarie?" - chiede perplesso ed ansioso.
A lui non piace vedere Morgan in quello stato.
Si sente in colpa.
"No"
"No?" - quasi insiste, ma sa che è quasi impossibile, JD e consorte sono una coppia straordinaria, legati da un sentimento solido.
Indissolubile.
Forse.

"Dai vieni" - propone timido ed il suo Jeff lo segue, tenendosi per mano.
Reedus era già in boxer e t-shirt, JD rimane svestito così, dopo pochi secondi.
Si buttano sul letto sfatto, si intrecciano.

"Che pace ... Finalmente" - respira Morgan, la barba curata, a pungere il collo di Daryl Dixon, protagonista storico di TWD.
Ci affonda, ci annega, in quel buon profumo di shampoo, Reedus si lava i capelli molto spesso.
Sembra incasinato, ma è la persona più pulita ed in ordine, che JD conosca.

"Sei comodo?" - Norman ride piano, baciandogli la tempia sinistra.
L'uomo, che ama più della sua stessa vita, annuisce, tirando su dal naso.
JD si commuove spesso; è fatto di dolcezza e presenza.
Di sorrisi sconfinati, quando parla agli altri di Reedus, del loro rapporto singolare, scherzandoci certo, ma, soprattutto, sforzandosi di non urlare al mondo quanto sia grande il suo amore per lui.
Da sempre.

Il contatto è totale, difficile restarne indifferenti.
Impossibile.
I loro corpi, sono stati centinaia di volte, un'unica cosa, un groviglio di sudore, di estasi, di piacere ruvido e simbiotico.
Eppure ci sono riusciti, a non farlo, per un anno.
Cazzo, un anno, sta pensando il più giovane, contraendo la mascella, appiccicata a quella di Morgan, dopo un secondo bacio, sulla sua guancia pungente.

"Che c'è?" - sussurra JD.
"No, nulla" - e torna a guardarlo, appoggiati allo stesso cuscino.
La stanza è in penombra, sono le undici di mattina.
All'una colazione con manager e produttori, poi giro di domande, dai cronisti accreditati.
Le solite cose, Hillarie andrà a fare shopping con le assistenti, pomeriggio libero e serata ancora da decidere.
Diane Kruger, la compagna di Reedus dovrebbe raggiungerli.
Cambia idea ogni cinque minuti, lei è fatta così.

"Bugiardo" - JD sorride malinconico.
"Il fatto è che io non ci riesco Jeff"
Bruciano la stessa aria, baciandosi di nuovo, perché le parole non servono, quando è tutto il resto a parlare, a reclamare, a protestare.
"Solo una volta Norman" - e a chi lo stia dicendo, Dio solo lo sa: a sé stesso o al biker HD, che gli ha mandato il cuore in fiamme, come in quell'attimo, in cui le loro carni collidono, un po' brutali nell'impatto, ma ad entrambi piace anche così.
Devono farsi un po' di male, come a punirsi, per qualcosa di sbagliato.

Il loro impossibile amore.


JD è troppo, da sempre; virile, protettivo, instancabile, tantrico, nell'assaporare ogni secondo di loro, tra quelle lenzuola madide e stropicciate, oppure in un'area di servizio, senza riuscire neppure ad arrivare alla camera del motel, perché la voglia di appartenersi era ingestibile, la prima volta.


Il primo viaggio in moto, la prima scopata; Norman l'aveva sputata come una sentenza, quell'opinione, facendo incazzare Morgan, distesi a fissare il soffitto, scioccati da come erano perfetti, compatibili, ricettivi.
Tenendosi per mano, mentre Reedus sparava "stronzate! Per chi mi hai preso, eh?!"
Forse l'unico litigio, no, di sicuro l'unico, visto che JD l'aveva strattonato, sino alla sponda laterale, poi un capitombolo, sul tappeto optical, quindi una risata liberatoria, mentre si baciavano, mordevano, cercavano di nuovo.
E ancora.
E ancora ...
Per due anni e poi ...

Poi il vuoto di loro.
La solitudine dei numeri primi; divisibili unicamente per sé stessi e per uno.
E quell'uno, per Norman era Jeff.
Per Jeff era Norman.



La tavola è imbandita di ogni cosa si possa desiderare.
In compenso, nessuno dei due ha fame e Diane è in ritardo; Hillarie mostra un nuovo orologio al consorte, che sorride, spiando i movimenti del suo "socio"
"Ah lo hai rimesso ..." - bisbiglia la mora, fissandolo.
"Cosa Hilly?"
"Il tuo lingotto d'oro" - ride - "... Il vostro, lingotto d'oro" - sottolinea, ma senza astio, persino simpatica, scrutando Norman e il suo prezioso cronografo, identico a quello di Jeffrey.
Reedus annuisce - "Un ottimo acquisto, ci hanno fatto pure lo sconto" - racconta, per la trentesima volta.
"Cosa festeggiavate?" - la Kruger arriva, cogliendo le loro battute e si rivolge a Morgan, che ha come un senso di oppressione allo stomaco.
Che sta succedendo?
Sembra che, di colpo, l'armonia globale, tra le loro famiglie, si sia incrinata o stia per implodere.
Eppure gli ammiccamenti delle signore, sembrano deviare la conversazione sullo scherzo.

"Un anno insieme" - sbotta "Negan" e, se avesse la mazza da baseball, Lucylle, forse la sbatterebbe tra cristalli ed argenti, giusto per fare casino e stravolgere la situazione.

"Wow! Ciao tesoro" - la bionda bacia Reedus - "Bene arrivata Diane" - sussurra lui, il cuore pulsante nella nuca, dove, poche ore prima, JDM aveva posato baci e lacrime.

Hillarie cambia discorso, parla di bimbi e scuola, nessuno le dà retta, anche se gli altri tre fingono magistralmente.

Norman scatta in piedi, dopo un aperitivo ghiacciato - "Vado alla toilette" - ed afferra il polso destro di Morgan, seduto accanto a lui, come d'abitudine - "Mi accompagni, vero, se no mi perdo" - ed il tono è giocoso, come in precedenti occasioni, dove quella era più una gag, per divertire anche i figli piccoli.

JD risponde più con gli occhi, che con la voce, la salivazione azzerata, da un senso di malessere generale.

Reedus spalanca le ante dei cessi di lusso, come bofonchia, transitando tra specchi, led e marmi, poi afferra per le spalle il compagno e lo sbatte contro al primo muro a tiro.

"Cosa ti prende Jeff, cazzo?!"
"Ma che ti inventi?" - e lui vorrebbe davvero tranquillizzarlo, ma l'idea è quella di fuggire, sulle colline di Los Angeles.
"La storia dell'anniversario e"
"Ma è vera!" - lo zittisce.
Norman abbassa quel suo azzurro intenso e ipnotico - "Lo so che è vera, Jeff, miseria schifosa" replica sommesso.
Stanco.
Il più vecchio lo abbraccia forte.
Da incrinargli le costole, da soffocarlo.
Si baciano, perché è così bello scontrarsi e fondersi, senza neppure preoccuparsi di essere scoperti.


Tornando al tavolo, esultare per gli antipasti appena serviti, sembra un bel modo, per dirottare la serata su argomenti innocui.
Diane ed Hillarie parlano già del prossimo Natale, di chi invitare, di come addobbare le rispettive abitazioni.
Norman e JD intervengono a singhiozzo.
Sono esausti e l'unico spunto di interesse, sul quale accordarsi, è l'uscita per il giorno seguente: lo show di un amico.
Loro due e basta.
"I piccioncini vogliono stare da soli" - la Burton è allegra, non obietterebbe mai, tanto il coniuge trascorre più tempo con Reedus, che con lei.
La Kruger fa spallucce - "Devo ripassarmi un copione, sai quel lavoro, Norman, quel"
"Sì, sì, un progetto fantastico" - Reedus snocciola dettagli a Morgan, che deglutisce a vuoto, sporgendosi un secondo dopo, sino al suo orecchio, approfittando del rumore in sala - "Muoio dalla voglia di baciarti e scoparti su questo tavolo" - confessa in un tono roco, che sa di dopobarba costoso, del fumo delle loro sigarette, del sesso, che hanno consumato non da molto.
Norman ha perso il filo del discorso, ma intanto le commensali stanno già puntando il carrello dei dolci.
Per un giorno, la dieta, vada "a farsi fottere" - decreta "Daryl" - palpeggiando il cavallo dei pantaloni del suo vicino, al sicuro sotto ad una tovaglia ingombrante, ma utile, a quel punto.
Un punto di non ritorno.




Le sue labbra sanno di popcorn, quelle di JDM di burbon; lo spettacolo è stato esilarante.
I fans su Instagram hanno plaudito per il loro "date night", testimoniato da un bel selfie, scattato e pubblicato da un Morgan, sorridente e felice.

Ora, il loro mondo è l'abitacolo del van, noleggiato da Reedus per l'occasione.
Il luogo, un parcheggio, sul retro di capannoni semi abbandonati.
Quasi mezzanotte, lampeggia il cruscotto, tremolando, nelle iridi di Norman, mentre l'altro gli si spinge dentro, così tanto, da poterlo frantumare; ma le sue ali calde, robuste e sincere, come l'animo di Jeffrey Dean Morgan, sapranno come ricostruirlo, il seme di lui come rimetterlo al mondo, il suo respiro a farlo rinascere, il suo sguardo triste ed altrettanto lucido, infine ucciderlo.
Anche questa notte.

Seminudi, sudati e in crisi di ossigeno, non riescono a sciogliere il loro groviglio vitale.
Norman è schiacciato dal peso dell'altro, ma gli piace quella coperta di carne, ossa, muscoli e pulsazioni accelerate.
JD gli succhia i capezzoli, dopo essersi riposato un po' sul suo cuore.
"Co così mi fai venire di nuovo" - balbetta, accarezzandogli i capelli brizzolati.
Morgan non riesce a fermarsi e, restatogli dentro, ricomincia a muoversi.
"Mioddio Jeff, mi farai morire se" .- ma con le labbra leccate e baciate dall'amante, è difficile esprimere concetti logici, quando anche il tuo cervello è in orbita, verso costellazioni, che nessuno raggiungerà mai.



La colazione dei campioni.
La radio gracchia il saluto del dj di turno, con un repertorio fuori moda, secondo i commensali della sera prima.
Diane chatta con qualcuno, Hillarie spalma burro ed esita sulle marmellate, JDM spezza l'ennesima fetta biscottata, che davvero non vuole saperne di restare intera.
Ride, mentre Norman, sempre incollato a lui quanto un francobollo, gli passa la sua, pronta e perfetta, dandogli una gomitata - "Ma sei proprio un disastro"
Morgan lo guarda, il suo smeraldo screziato di quarzo vivido, il suo tono un misto di fanciullesco, devoto, adorante - "Hai ragione, scusami Bubba"
Quel nomignolo, così amato, quanto Sugar, come lo chiama spesso Reedus, un qualcosa di loro, che aggiungono sempre acqua, ad un bicchiere rotto sul fondo.

Norman lo fissa ed è un fotogramma dinamico, dentro ad un contesto, che sembra cristallizzarsi.
La sua mano, all'aroma di lamponi, gli regala una carezza ampia.
JD avvampa.
E' troppo tardi.
"Io ti amo Jeff"
Quindi di alza, scrutando Diane e Hillarie, rimaste silenziose - "Scusatemi".
Si allontana, le gambe pesanti, la confusione più totale nella testa spettinata e selvaggia, anche in quel momento.
"Torno subito" - Morgan si affretta a seguirlo, fino al giardino esterno.
Siepi, fontane, oleandri, palme, tutto curato, multicolore, quanto le panchine in acciaio, su una delle quali, Reedus, sembra crollare.
JD gli si affianca, senza riuscire a guardarlo.
Meglio puntare il vuoto, concentrarsi su roseti o statue, pur di non affrontare la purezza dei cristalli cerulei, di chi gli è più caro al mondo.

"Ti ho amato da subito Jeff. La passione è arrivata un attimo dopo ... E credevo di amarti, di amarti e basta, ma mi rendo conto che mi innamoro di te ogni fottuto giorno e sempre di più. Sei la persona che amo, sei ... Tu sei l'altra parte di me, sei identico a me, sei ... Tu sei l'unico e sei ciò che voglio, ma non potrò mai averti, anche se ci sei, ma vorrei ci fossi sempre e sempre e" - la commozione è ingestibile.
Solo l'abbraccio di JD potrebbe consolarlo ed arriva puntuale, senza incertezze.
"Siamo stati dei folli a non fare l'amore per un anno, continuando a dormire insieme, appena possibile, sai Norman?"
"E' stato questo il problema?"
"Noi due non lo saremo mai, un problema intendo, ok?" - afferma determinato, asciugandogli con i pollici le lacrime, rassicurandolo come d'abitudine.
JDM è fatto in quel modo, è solido, quando serve.
E a Reedus, serve di continuo.



Sul tavolo un biglietto, con due faccine sorridenti, siglato sia da Diane, che da Hillarie.
"Vi aspettiamo a NYC ..."
Sorridono e si stanno tenendo per mano.
Un ragazzino scatta una foto con il proprio smartphone, ma non si azzarderebbe mai a pubblicarla, senza il loro consenso.

"I Neffrey, siete fantastici!"
Morgan lo focalizza, con un'occhiata torva, alla Negan; il sedicenne diventa viola.
Norman ridacchia - "E' il nome della nostra ship, hai presente, Jeff?"
"Ship? Ah sì ... Ehi tu, come ti chiami?"
"Steven signor Morgan ... Signore" - e diventa minuscolo, vorrebbe sparire.
"Vuoi dell'altro materiale?" - e, dopo un occhiolino di sfida, bacia Reedus, che non se lo aspettava proprio.

Un sacco di gente, là fuori, vivrà il tutto come l'ennesimo scherzo, da parte di un paio di amici, best friends forever, secondo la moda dei social, dove si è diventati soli, come non mai, in mezzo a miliardi di persone connesse, ma a distanza di sicurezza per tutti.


"Andiamo via Norman"
"Ok ... A casa Jeff?"
"Sì, a casa amore."



The End







martedì 4 giugno 2019

One shot - Le vite sbagliate - Parte II







Le vite sbagliate – Parte II


Pov Norman Reedus
NYC . in may 2019


Robert è già arrivato.
Ho le chiavi, ma questa è casa sua, una delle tante.
Un loft, vista su Central Park, uno spettacolo.
E lo sarebbe anche lui, se non avesse quello sguardo perso nel vuoto, seduto sul parquet, davanti a delle vetrate enormi e pulite maniacalmente, come tutto il resto.

Ci sono dei divani, disposti a ferro di cavallo; su quello centrale, la sua giacca, gli occhiali da sole, un giornale spiegazzato sulla pagina del gossip.
Su questa, spicca la foto di un tizio, intento a salutare i paparazzi, tenendo per mano una bionda, che stringe con quella libera, un mazzolino di fiori di campo.
E’ una sposa, una donna, che, secondo il cronista, è riuscita dove molte altre hanno fallito:
… farsi sposare da Jude Law! Scapolo e donnaiolo impenitente, al suo secondo matrimonio e …” – e bla, bla, bla.

Scruto per poco la sequenza di pettegolezzi e poi mi concentro su Robert, che non si è mosso di un millimetro.
Sbuffo, liberandomi dal giubbotto in pelle e dell’orologio d’oro, comprato insieme a JD, che ne ha uno identico.
Il nostro anello di nozze?

Tossisco, imbarazzato, le mani nei jeans logori, come i miei stivaletti da biker.
Ci sono venuto in moto, abitando fuori città, in campagna, vicino al ranch di JD.
I suoi occhi, nei miei, anche adesso, dopo avere fatto l’amore stamattina, prima che ci salutassimo.
Eravamo da me, Diane e la bimba in visita dai parenti, per tutto il week end, mentre io, assente giustificato per i suoceri, perché impegnato in interviste ed incontri di lavoro.
Anche questo con Downey Jr, ufficialmente, dovrebbe esserlo; peccato non siano presenti la moglie, co produttrice e socia, nonché altri nomi grossi dello showbiz di Hollywood, entusiasti di sottopormi un nuovo fantomatico progetto Marvel.

Certo che sono bravo a raccontare balle.
JD fa finta persino di credermi.
Lui pensa di dovermi sempre qualcosa, di essere in debito, soprattutto da quando mi sono trasferito a pochi metri dalla sua nuova famiglia.

Siamo persino diventati di nuovo padri e di due splendide bimbe.
Il destino ci accomuna in coincidenze spiazzanti.
Gioia immensa e profonda amarezza, perché entrambi avevamo altri sogni.
Inutile negarlo.
E prenderci in giro.

Certo che JD mai immaginerebbe che io lo tradisca con un altro.
Ne morirebbe.
Così io.
Lui, in compenso, ha un’idea di famiglia allargata, dove io sono parte integrante e per tutti va bene così.
Posso cercarlo a qualsiasi ora, come farebbe un figlio in realtà, non do mai fastidio, anzi, sono lo zio preferito, l’amico del cuore, il fratello mancato, il collega di set, ho persino la mia stanza, da dividere con i miei, ovvio, nella residenza padronale di Jeffrey Dean Morgan ed Hilarie Burton.
I suoi pargoli sono anche i miei, i miei diventano i suoi, insomma cosa c’è di sbagliato?
Un olio su tela di pregio, faticosamente conquistato, che, visto da lontano, si direbbe un capolavoro, ma poi, avvicinandosi, chiunque sano di mente, vi noterebbe delle imprecisioni, delle sbavature.
JD la razionalità l’ha plasmata, senza cattiveria, alle sue esigenze.
Ha bisogno di tutti.
Della compagna, dei cuccioli, a quattro zampe o meno, ha persino bisogno di me.

Stringo i pugni, assottiglio le palpebre, la luce sta aumentando, è quasi l’una, ma, come una magia, i cristalli iniziano ad oscurarsi, in un tono ambrato.
Robert si alza, mi guarda, mette le mani in tasca anche lui.

“Ciao Norman”
“Ciao”
“Hai già mangiato?”
“No”

Si avvicina.
Mi fissa.
“Potevi almeno farti una doccia” – sorride triste – “… il tuo JD usa un dopobarba molto buono, però si sente ad un chilometro”
Come l’odore del sesso, vero?, però Rob non lo dice, lo pensa, ma non lo dice, è troppo educato.
“Scusa” – mi manca l’aria – “è che sono partito subito per arrivare prima possibile”
Quel dannato inchiostro, che Robert ha negli occhi, si inumidisce, anche di un minimo stupore.
Mi abbraccia.
Forte.
“Scusami tu, sono uno stronzo”.
Lo avvolgo – “Non dire scemenze” – e gli sorrido nel collo.
Anche lui sa di buono.
Robert Downey Jr è un uomo bellissimo.
Mi bacia, con una foga, che solo i disperati in amore possiedono.
E’ come un marchio, che ci si porta dietro, dopo l’ennesima delusione.
Ne ha tutto il diritto.
Può fare ciò che vuole.
Può farmi ciò che vuole.

Dieci anni buttati via con quel dandy alcolizzato ed inseminatore a casaccio, varrebbero qualsiasi sfogo.
E poi penso ai social, dove Jude Law non appare ufficialmente, ma, secondo me, un profilo ce l’ha e spia Robert, che, ogni tanto, facendomi tenerezza e rabbia, lo cita, ne parla, lo ricorda, gli fa persino gli auguri di compleanno.
Certo, ora potremmo sembrare ragazzine in crisi ormonale, tra chat, post e faccine; anche con JD, non conosciamo limiti, lo ammetto, con selfie e dediche mielose.

Ritorno nella stanza, perdendomi nella bocca del mio amante.
Questo siamo.

Si stacca, appoggia la fronte alle mie labbra, che uso per dargli dei baci più leggeri, sino alle tempie sudate.
“Norman ti … Ti dispiace se oggi non”
“Figurati” – lo interrompo deciso.
Detesto pensare ai nostri incontri solo per farci una scopata e poi tornare in mondi, così distanti, dove ci siamo condannati a vivere, senza mai deciderci a cambiare le cose.

Si allontana, ossigenandosi.
E’ accaldato, nonostante l’aria climatizzata e gradevole.

“Non stai bene Rob?” – chiedo apprensivo e riguadagno terreno.
Voglio tenerlo stretto, consolarlo.
Lo facciamo da troppo tempo.

“Ho bevuto una tonica ghiacciata, sta facendo effetto, tutto qui” – ride tirato, cercandosi poi un pullover, in una cassapanca, piena zeppa di riviste e plaid verdi, arancio e rosa, uno dei colori preferiti da Robert.

“Vuoi anche una boule dell’acqua calda?” – scherzo, per riportare il livello del nostro appuntamento, su livelli più giocosi, anche se non sarebbe il caso.

Viste le circostanze.

Poi rifletto.

“In fondo che ti frega, se quel coglione si è sposato, eh?”
Mi mordo la lingua un secondo dopo, per come mi punta Rob.

“Mi frega che avrei voluto farlo io” – risponde calmo, sedendosi, dopo avere spostato giacca, occhiali da sole e gettato nella cassapanca quel tabloid spazzatura.

“Ti capisco” – mi siedo anch’io, appiccicandomi a lui.

Si allunga, la testa sulle mie gambe.
Si lascia coccolare.
Gli massaggio l’addome e poi ci inabissiamo sotto una di quelle coperte multicolore.
Siamo nudi dopo pochi secondi – “Se no ci moriamo qui sotto Rob, cazzo” – e lo abbraccio più convinto.
Ride divertito.
Nei miei modi sono rozzo, lo so, me lo ripete di continuo ed a lui piaccio così.
Ci baciamo.
Ora è più tranquillo, la reazione alla bibita è passata.

Sono eccitato, da morire, però resisto.
Forse potrei azzardare qualche carezza, ma sono dannatamente timido, trattandosi di Robert.
In fondo decide sempre lui ed io mi lascio trasportare dove vuole.

Scende, con quella sua bocca, capace di farmi urlare le peggio cose, perché in questo non mi vergogno affatto.
Il contatto è umido, poi bollente, mi sale sino allo stomaco, la sensazione magnifica e vigorosa, che Robert sa regalarmi.
Ogni fottuta volta.

“Ma perché non stiamo insieme?!”
Penso o almeno ci provo, mentre le dita dei miei piedi si arricciano come se avessi preso una scossa ad alto voltaggio.

Vengo senza ritegno, direbbe Rob.
Se solo riuscisse a parlare, adesso.
Rido, risucchiandomi guance e labbra, cercando poi aria, provando a spostarlo, ma lui, questo viaggio, lo vuole fare sino in fondo.

Torna da me, ai miei occhi, dove restano ancora impressi quelli di JD, senza che Rob possa vederli.
Ho fatto l’amore con tutti e due, oggi.
Robert sta per farmelo, dopo avermi girato a pancia in giù.
Mi prepara, lubrificandosi, mordendo la mia nuca, come un animale, che non può più aspettare.
Anch’io mordo qualcosa, credo un cuscino, la mia vista si è appannata dopo le prime spinte e poi non so come, l’ambiente è più in ombra adesso: diavolerie domotiche, suppongo.

Intreccia le nostre dita madide, è sconvolgente come sa amarmi.
Peccato che lui sia venuto al mondo, per rendere felici le persone sbagliate.
Quanto le nostre vite, come Rob dice spesso.
Ha ragione.

Arriviamo all’apice insieme ed insieme crolliamo su noi stessi, appena l’orgasmo si esaurisce.

Mi volto lento, stringo Rob, lui inizia a singhiozzare.
“Maledetto inglese” – penso livido, vedendo come Law lo ha ridotto.

Robert si è sempre addossato varie colpe e responsabilità, per una relazione discontinua, fatta di alti e bassi, litigi epici, riappacificazioni con scenari da soap opera, i suoi racconti tornano vividi nella mia mente, come se fosse necessario un riassunto delle puntate precedenti, per comprendere a fondo l’epilogo di un fallimento annunciato.

“Calmati … Avanti, calmati adesso” – e la mia voce è così flebile, perché ho paura di fargli male, anche con le parole.
“Se almeno fosse felice” – sussurra appena, senza guardarmi.
Resta incollato al mio sterno, nel mezzo di me, che vorrei baciarlo e dirgli quanto lo amo.
Eppure non ci sono mai riuscito.
Nessuno di noi, ci ha mai davvero provato a dirlo, ecco.

Jude lo sembra, felice intendo, dagli scatti di molti curiosi, non solo di chi lo fa per mestiere, di appostarsi, spiarti, Diane non li regge e si incazza sui social, chiedendosi, nel privato, come mai JD non preservi la privacy della sua bimba, anziché pubblicare foto e video di lei e del fratellino.
A me è vietato.
Una sera, durante una cena della nostra “grande famiglia”, JD aveva ripreso il tavolo dei piccoli e voleva mettere online il tutto, ma Diane gli ha fatto una scenata.
E’ stata la prima ed unica volta.
JD, bonario e senza alzare i toni, al contrario di lei, ha subito cancellato la clip, mentre io sprofondavo, senza sapere se prendere la parte di una o dell’altro.
Mi sono eclissato e poi, in momenti diversi, mi sono pure sorbito i rispettivi rimproveri.
Che situazione del cazzo …

Penso e non parlo, credo sia meglio così per Robert, che si è quasi addormentato.
E’ sfinito, merita di stare tranquillo.
Anch’io quasi mi assopisco, quando il campanello mi fa sobbalzare.
Rob scivola di lato, rannicchiandosi, senza svegliarsi.

Mi alzo, cercando di non disturbarlo e mi precipito alla blindata.
Dallo spioncino vedo bene chi sta dall’altra parte.
Ho indossato i boxer al volo e penso sia un mio problema, quello arrivato oltre quella barriera: tocca a me affrontarlo, prima che risuoni, importunando Robert.

Saprò gestire la cosa, me ne convinco aprendo, senza sapere invece, che sto per creare problemi ad entrambi.

“Ciao JD. Come mi hai trovato?”
Lui ha la faccia di chi non poteva crederci, che io fossi davvero lì.
Lui non poteva credere, a chi ce lo aveva portato e se ne stava appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto, “… in un outfit modaiolo ed elegante”, scriverebbe uno di quei giornali da quattro soldi.

Jude Law, il rubacuori.

Ovvio che conosca questo posto.

“Ciao Norman. Possiamo entrare?”
Me lo chiede gentile, ma scioccato.
JD è sempre stato per il dialogo, mai una sfuriata: è come se avesse raggiunto che so, un livello zen, un qualcosa, negli anni, che lo porta a ringraziare Dio ogni mattina, per avere un oceano di amore intorno, di affetti concreti, una bella carriera e tanti soldi in banca.
Un mondo perfetto.
E se mai c’è stata una discussione, tra noi, lui ha sempre riportato ogni frase sui binari della serenità, perché siamo dei privilegiati, per tante e troppe ragioni, quindi perché rovinare tutto?

“Certo che potete”
E’ Robert a dirlo, appena arrivato alle mie spalle e molto più vestito del sottoscritto.
E sa che c’è anche Jude, lo percepisce, senza neppure averlo ancora visto.

Law non mi guarda volutamente, passando oltre, quasi strattonando JD, che chiude la porta.

“Ciao Robert, perché non rispondi ai miei messaggi?” – domanda brusco.
Rob resta zitto e così Jude mi guarda, ora.
“Forse avevi di meglio da fare, giusto?” – e si infervora un minimo.
JD fa un passo, mi si pone davanti.
Mi difende, anche adesso, è come un istinto.

“Guarda che non voglio azzuffarmi con lui” – precisa – “Con nessuno” – e torna a fissare Robert.
“Non sarebbe la prima volta” – polemizzo, memore di una confidenza di quest’ultimo.
“Non sono affari tuoi” – sbotta piccato, il biondo venuto da Londra.
E la sposina dove l’avrà lasciata?
In qualche pub, dove anche lui tornerà ad ubriacarsi presto?
Vorrei dirglielo, ma non è proprio il caso.
JD mi sta come analizzando, con quelle iridi innamorate e sconvolte, capaci di farmi morire e rinascere.
Ogni volta.
“Norman possiamo parlare da soli?”
Sembra una supplica: JD Morgan, la roccia, ha perso ogni punto di riferimento ed io mi spaccherei la faccia da solo, per averlo ridotto così; non sono migliore di Jude in effetti.
“Sì, vieni” – e lo prendo per mano, come Jude la sua fortunata consorte.
È uno schema in parallelo, creatosi tra vittime e carnefici.

E non sono più riuscito a guardare Robert, in compenso.

Ci isoliamo in una stanza, che non è nulla di preciso.
Come JD e me.
Cuscini sulla moquette tinta pastello, un tavolino basso, un paio di quadri con la foto di tante caramelle ed infine lampadine giganti, penzolanti dal soffitto, a lunghezze diverse.

Se ci aggiungessimo un paio di peluche, potrebbe essere una nursery.
Forse lì ci volevano vivere Jude e Rob, con dei bimbi, quindi?
Il loro covo è in Inghilterra, da quanto ne so, ma anche qui, nella più moderna e tollerante grande mela, ci avrebbero vissuto volentieri, immagino, dopo un clamoroso coming out.

Sogni.
Illusioni.

Detesto mentire.
“Ci frequentiamo da mesi, con Rob e non è solo sesso, io ci tengo a lui, ma il romanticismo non fa parte di noi” – esordisco e non so se si tratta di una buona idea.
Arrivo persino ad immaginare, che se avessi detto “Dopo la riunione, abbiamo mangiato qualcosa qui da Robert e poi mi sono fatto una doccia, mentre lui schiacciava un pisolino, sai?”
E JD mi avrebbe creduto.
Come sempre.
“Di voi?”
Annuisco, mentre JD mi avvolge in un plaid, arrotolato tra i cuscini, che neppure avevo notato.
“Ok Norman … Ok. Forse me lo merito”
“Non dirlo neanche per scherzo!”
“Infatti non sto scherzando, amore” – e mi sorride, le lacrime pronte a bagnargli le gote vermiglie per la tensione.
“Sono stato un bastardo, solo questo”
JD mi accarezza le spalle, sistema meglio il bozzolo di lana violacea, poi mi abbraccia.
Caldissimo e perduto, in chissà quali dubbi, senza soluzione apparente.

“Non voglio perderti Norman: ora dimmi cosa posso fare per fartelo dimenticare, per farti tornare a casa”
“La nostra casa?”  - domando irritato.
Non ne posso più e, dopo tante menzogne, meglio essere sinceri, perché glielo devo, per mille ragioni.

JD lascia un minimo spazio, ma non mi nega il suo abbraccio, non ancora.

“Certo Norman, abbiamo così tanto di nostro”
“Eppure io non sono felice, questo è il punto”
“E con Robert sei felice, dunque?”

Adesso sono io a mettere della distanza tra noi, andando al davanzale, anche se vorrei sparire.

“Con Rob io ci sto bene”
“Avete dei progetti?”
“Noi ne abbiamo, JD?”
“E’ questo che vuoi?”
“No, perché renderebbero troppe persone infelici e tu lo sai, cazzo! E non se ne esce!”

C’era poco da dire, in fondo, se non la verità.

“Allora perché hai preso casa vicino a me, perché non mi hai lasciato prima, perché hai deciso di farmi così male, posso saperlo?!” – il suo tono si ravviva, sono riuscito a ferirlo, dopo tutto il bene che mi ha voluto.
Quali torti mi avrebbe dunque fatto?
Lui, Jeffrey Dean Morgan, che mi abbraccia in mezzo alla strada, davanti agli obiettivi, che dice al mondo quanto mi ama ed adora, che ripete quanto non gli importi di cosa la gente possa pensarne, di un legame come il nostro, che sono “famiglia”, per lui e chi lo circonda, il suo clan, il suo mondo, dove io non posso e non devo mancare, indicandomi, davanti ai nostri fans, che sono il suo ragazzo.

Ecco sì, peccato che questo sia tutto un grande gioco, che il pubblico, nostro o meno, viva qualcosa che, ufficialmente, non c’è, qualcosa che non esiste per davvero.

Un “bromance”, una “ship”?
Mi sono documentato, mio malgrado; è stata Diane, a parlarmene, senza alcun astio, anzi; per poi inserire, nei suoi social, foto di noi, con dediche romantiche.

Perché mi sono sentito sballottato in mille direzioni?
Ne ho parlato con Robert e lui non ha criticato nessuno dei due contendenti, seppure definendoli in quel modo, più che esauriente.


JD guadagna terreno, con la sua voce calda ed i palmi gelidi.
Li posa sui miei zigomi, trascinandomi in un bacio, senza una fine apparente.

Invece una fine c’è sempre, là fuori, da qualche parte.

“Ti chiedo perdono, Norman, per averti deluso, mentre credevo di fare la cosa giusta”
L’ultima frase, prima di andarsene, senza girarsi indietro.


Jude se ne è già andato da un pezzo.
Robert è tornato a sedersi davanti alle finestre.
Sembra sereno.
Mi riunisco a lui, è quasi un rito, quando vogliamo parlare un po’.
Oggi non c’è niente da dire.
Abbiamo chiuso con i nostri compagni segreti.
Che bugia …
Con gli uomini, che amiamo.
E non riusciremo a smettere.


Due giorni dopo.

JD sta girando tra i recinti e le stalle, con una carriola colma di biada.
C’è molto da fare e raramente chiede aiuto a qualcuno, perché sono mansioni, dice, che lo fanno sentire utile e normale.
La vita di attori, non la è affatto.

Cammina più lento del solito, sembra affaticato: si appoggia alla staccionata, toglie il berretto, uno dei miei, per tamponarsi il sudore e riprendere fiato.
Accelero il passo, mi sembra ulteriormente smagrito e, ogni tanto, leggo online, che qualcuno si chiede come mai abbia perso tanto peso.

Afferro una bottiglietta d’acqua da un secchiello e gliela porto svelto.
Lui mi guarda stranito, poi mi abbraccia forte.
Sembra non crederci, una volta tanto.

“Ciao piccolo” e mi culla.
“JD cosa cazzo combini?!” – e sono in ansia, mi sento come soffocare.

Lui beve e poi ride – “Mi ero perso, tra Paxton e Diane”
“Per un asino ed uno struzzo, muori di sete?” – sbotto.

JD torna a fissarmi, poi mi bacia.

Il mio cuore, si risintonizza con il suo.

Qualcuno potrebbe vederci, penso, ma è solo un attimo.
E poi non c’è nessuno.

“Ho parlato con Hilarie, di noi e di Robert” – fa una pausa, ma è solo per darmi il tempo di dire qualche cosa, ma io non reagisco – “Mi ha visto così devastato, non riuscivo a nascondere nulla, non volevo più farlo a dire il vero”
“Ok … L’ha presa male?”
“No, però ha preferito andare qualche giorno da sua sorella Natalie, te la ricordi? L’hai conosciuta a Natale”
“Come dimenticarla, una tale logorroica” – borbotto, quasi sorridendo.
“Ti sarai sentito a disagio, in mezzo a quella confusione, tra i miei suoceri, tre cognati e poi Natalie, tutti i nipoti, vero Norman?”

Lo sto osservando, analizzo il tono, che suona di pensieri a voce alta, non certo di retorica o, peggio, di biasimo.

“Mi sentivo come ti sentivi tu, che avevi già programmato una nostra fuga in moto, per il ventisette” – la mia replica è schietta.
A JD piaccio così.

“Temo esista una differenza, Norman: io non volevo scappare da quella situazione, perché mi rendeva appagato; semmai desideravo completare, anzi, sublimare il tutto, andandomene con te qualche giorno, pensandolo come un nostro diritto” – puntualizza agrodolce.

“E’ di questo, che ti sei scusato, a New York?”

“Di viaggiare a senso unico? Suppongo di sì” – si rimette il berretto – “Grazie per la bibita, ne avevo davvero bisogno” – e torna a ciò che stava facendo, prima del mio arrivo.
  
Resto da solo, tra i ragli di Paxton ed il silenzio di quel paradiso.

Penso a Rob.
Al suo suicidio emotivo.
E’ volato a Londra, in visita agli sposini, per vedere la loro nuova casa ed iniziare a studiare il copione di Holmes numero tre.
“Jude mi ha detto che non è cambiato niente, tra di noi. E non cambierà mai niente.”
Ed il suo tono, era di rassegnazione.
Totale.

Diane sta arrivando, spingendo il passeggino con la mia principessa, che sgambetta, reclamandomi; non ci siamo ancora visti.
Pochi metri e dovrò decidere cosa dirle.
Arriva un taxi, lei si ferma, perché qualcuno la sta chiamando, dopo avere abbassato il finestrino.
Scende l’autista, per scaricare i bagagli, quindi Hilarie, con la cucciola di JD, in un ovetto da viaggio, portato dal loto primogenito, di nove anni.
Le madri dei nostri figli si abbracciano e poi mi salutano a distanza.
Ci salutano.
JD è tornato vicino a me.

Ci siamo tutti, ora.

Mi attira a sé e mi bacia.
All’improvviso.

Come un temporale, che ha fatto imbizzarrire il vento tra le piante, intossicato l’aria di terra ed acqua, girato le foglie ad est, mescolato la luce del giorno al buio delle nuvole, pronte a scaricarsi, ad esplodere …
E, a vivere.


                                               Tbc (…?)