sabato 30 novembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 222

Capitolo n. 222 – zen



Ivan miscelò due cucchiaini di zucchero al caffè di Christopher, che gli sorrise, per essersi ricordato di quel dettaglio.

Era uno dei tanti, che il body guard non avrebbe mai dimenticato, come quella giornata.

“Sono tutto orecchi” – provò a rilassarsi, facendo una battuta scontata, ma le iridi azzurro ghiaccio del suo interlocutore, gli mandavano le pulsazioni alle stelle.

“Sto per iniziare la mia carriera di … attore … insomma, è una serie sui vampiri, hai presente?”
“Argomento che piace, da quel poco che ne so Chris” – abbozzò.

“Dieci episodi, più quello odierno, riservato ad un gruppo di ascolto, per vedere se il prodotto funzionerà o meno”

“Tu sei il protagonista?”
“Saremo tre, poi c’è un’attrice, forse un paio, dipende da come verranno valutati i personaggi, magari mi scartano al primo ciak” – rise impacciato.

“Impossibile” – ribatté serio il sovietico.

“Troppo buono Ivan, comunque la mia dose di celebrità la porterò sul set e ci sono già dei fan entusiasti, me l’ha spiegato lo staff di pr, insomma sembra già un successo per loro, ma io ho i miei dubbi”

“Non fallirai Christopher … E Steven cosa ne pensa?”
“Al momento … non pervenuto”

“Ok … Per me è una bella prospettiva, hai rinnovato anche il tuo lavoro, insomma ti vedo entusiasta …”

“Sì Ivan lo sono e vorrei … coinvolgerti”

“Sul serio?” – bissò stupito.

“Sì, mi servirà un professionista, quale sei tu …”
“Una guardia del corpo quindi” – disse fievole, irrigidendosi.

“Esatto” – Chris sorrise, ma per poco.

“Capisco” – e si rialzò, prendendo la giacca.
“Ivan dove stai andando? Ti ho fatto una proposta di impiego, di te mi fido e”

“E cosa?” – ruggì – “Vuoi sapere il mio prezzo?!”

“Ivan vorrei ingaggiarti, non credo di essere stato così offensivo!”

L’uomo prese fiato, provando ad allentare la tensione avvertita allo stomaco.

“Ho alzato troppo la testa, vero? Non ne ho alcun diritto a quanto pare Christopher” – disse amareggiato.

“Non volevo essere inopportuno, se questa è la tua reazione: hai frainteso il mio invito, credevo di essere stato”
“Chiaro?! Come il sole. Accetto, quando comincio?”

“Anche oggi …” – replicò fievole l’ex di Boydon.
“Perfetto. Non vedo l’ora.” – concluse serio, andando a piazzarsi sulla prima poltrona a tiro: prese una rivista e finse indifferenza.

“Bene … Vado a cambiarmi … poi usciamo …”

“Aspetto qui. Non mi muovo, stanne certo.”






Lo spiraglio di luce ferì prima il buio e poi il cuore di Robert.

Era già la seconda notte che succedeva, ma lui non voleva ancora crederci.

Pensava di avere sepolto quella paura sorda, tra le pieghe di un passato torbido, di cui si vergognava, senza attenuanti.

I giudici dell’epoca, infatti, non gliene vollero riconoscere nemmeno un briciolo, al sesto arresto, lasciando che marcisse in galera per mesi.

Lì ogni rumore diveniva assordante, ogni cigolio fonte di angoscia.
Mani su di lui, respiri grevi e maleodoranti, di sudore, di parole sconce e morbose, perché Robert Downey junior era un divo decaduto, una promessa non mantenuta, definizioni martellanti, che i giornalisti usavano come una nenia, fatta di umiliazione e condanna.

Poteva avere tutto e lo aveva gettato nel cesso, sputando sugli agi, sulle porte aperte, grazie al padre e sul successo, che aveva comunque afferrato, grazie ad un talento insindacabile.


Ora, il fiato di Jude gli si spargeva nel collo e nella bocca, dove il marito gli imponeva dei baci sporchi, come le sue attenzioni, alle quali Robert doveva arrendersi, accettando la sua invasione, i suoi fianchi più robusti, che infierivano su quel corpo reso nuovamente debole e magro dall’inappetenza, dall’abbandono.

Avrebbe voluto chiudere a chiave la porta, barricandosi nella camera adiacente quella di Law, che cominciava a bere dopo la favola della buonanotte alle bimbe, ignare di tanta sudicia sopraffazione.

Avrebbe voluto dirlo a qualcuno, celando sotto la camicia, sempre più larga, i lividi ai polsi, che Jude gli sollevava oltre la testa, tenendolo bloccato, aperto, violato; senza giri di parole: stuprato, come avvenne in carcere.



Geffen guardò l’ora; poi le valigie pronte, per il suo viaggio in Svizzera.

Il suono non era quello della sveglia, puntata alle sei di quella mattina del primo marzo, bensì il suo cellulare.

“Robert …?” – sussurrò a sé stesso, leggendo il nome di Downey sul visore.

Rispose.

“Sì, pronto …”

All’altro capo un silenzio strano: c’era come un crepitare e Glam faticò a distinguere il respiro dell’attore da una semplice interferenza.

“Robert? Pronto!” – si mise seduto, allarmato da un presentimento.

“Mi dispiace Glam … mi dispiace così tanto …”
“Rob ma dove diavolo sei? Che succede?!”

Il suo tono si alzò, così lui, in preda ad un panico fondato.

In quelle due settimane non si erano più sentiti e Geffen addirittura credeva che le cose si fossero sistemate all’interno della coppia.

L’avvocato si era sottoposto a delle terapie preparatorie, in vista della trasfusione completa di sangue, che Scott gli aveva prenotato in una clinica elvetica, di ultima generazione, per le ricerche di avanguardia, sulle quali il medico riponeva speranze, ritenute vane da Geffen.

Solo alcuni componenti della famiglia erano a conoscenza del suo viaggio: lo avrebbero accompagnato unicamente Kevin e Tim, oltre a Scott ovviamente.


“Robert parlami, dove sei??!”

“Sono un vigliacco” – balbettò, sempre più debole, come se si stesse spegnendo.
Poi più nulla.



Daniel si mise alla guida, con a fianco Glam e sul sedile posteriore Pana.

“Ti dico io dove andare, ok?”
“Certo … Non sono ancora molto pratico, mi dispiace” – disse il terapista, concentrato sulla superstrada, che li avrebbe riportati a Los Angeles.

Nel frattempo un giro di telefonate risultarono inconcludenti: nessuno sapeva niente di Robert.
Law non rispose affatto alle chiamate di Geffen, che decise di recarsi in ospedale.

“Pensi che Robert abbia avuto un incidente?” – chiese improvviso Pana.

“Forse … forse peggio …”

Una chiamata lo fece sobbalzare.

Era Laurie.
Brendan Laurie.



Steven stava appoggiato al muro, fuori dal reparto di Scott.
Quando li vide sopraggiungere, si precipitò da loro.

“Ciao Glam, chi ti ha chiamato?”
“Robert, poi Brendan: qualcuno vuole spiegarmi cosa …”

Oltre la porta scorrevole vide Jude, accasciato su di una sedia, con accanto Colin ed alle sue spalle Jared, che iniziò a correre verso gli amici.

“Jay … ma …?”

“Glam stammi a sentire” – provò a distrarlo Boydon, senza riuscirvi.

Geffen era ormai ad un passo da Leto: lo afferrò per le spalle, supplicandolo con gli occhi pieni di lacrime di dirgli la verità.


“Ha … ha preso dei barbiturici … Robert li ha presi e non ci dicono niente” – singhiozzò, mentre Glam lo stringeva sul petto, come a volerlo salvare, almeno lui, da una minaccia invisibile.

Daniel, vedendolo vacillare, sostenne prontamente Geffen, che si divincolò brusco, non senza scusarsi, accarezzando amorevole Jared, che barcollò, fino all’abbraccio di Pana, spaventato da quella situazione preoccupante.

“Io devo andare da Jude …” – ed il passo del legale si fece deciso.

Spietato.

Farrell appena si accorse di lui, si sollevò, provando a dire qualcosa, ma Glam lo spostò veemente, brandendo poi Law per il bavero della camicia, sporca del vomito di Robert.

Il marito aveva provato a farlo rigettare, trovandolo cosciente, riverso sul pavimento del bagno.


La schiena dell’inglese rimbalzò contro la vetrata in plexiglass verde acqua, schiantandosi per la spinta di Geffen, in collera totale.

“Una volta hai provato ad uccidermi, perché l’uomo che amavi, si era innamorato di me, che lo adoro come nessuno al mondo!! Ora, che l’hai distrutto con la tua superbia ed arroganza, cosa pensi che dovrei farti Jude??!” – urlò, incurante del luogo e di chi stava accorrendo per dividerli.

“Ho abbastanza forza per farti fuori o credi che non ne sia capace??” – ed iniziò a picchiarlo, senza che Law reagisse minimamente.

Sembrava un fantoccio, in balia di una furia omicida.

Con estrema difficoltà, Steven e Colin riuscirono a separarli.

Il respiro di Geffen era in pieno affanno: sentì un formicolio intorno agli occhi, poi una fitta allo sterno.

Quindi il buio, dove si augurò di potere ritrovare Robert, per non lasciarlo più andare via da lui.

Mai più.



Lux spalancò la blindata con un sorriso.

“Mon petit, Harry, benvenuti” – e li abbracciò con un unico gesto affettuoso.

I ragazzi arrisero alla sua benevolenza, assaporando nell’aria il profumo di biscotti e caffè, caldi ed invitanti sopra il tavolo della terrazza.

“C’è un clima stupendo, amo la California” – esclamò il francese, facendoli accomodare.

Louis si guardò intorno.

“In effetti qui sarà pazzesco per la cerimonia, hai ragione Vincent … Anche Harry è d’accordo”

Styles annuì sereno, scegliendo della marmellata, per le fette biscottate, che Vincent aveva già imburrato per tutti.

“Ho parlato con quelli del cattering, qui ci sono i menu, decidete voi”
“Dovresti farlo tu … Sei molto generoso ad offrirci la cena e non solo …” – intervenne educatamente Haz.

“Sono le vostre nozze … Ed io sono orgoglioso di partecipare e …” – arrossì – “E di accompagnare Louis sull’altare …” – ed indicò l’ampio terrazzo, dove il pastore avrebbe celebrato il rito.


“Forse gli invitati penseranno che siamo un po’ pazzi …” – mormorò Boo – “Ma nessuno ci ha sostenuti come hai fatto tu, Vincent” – sottolineò il giovane, con una sincerità commovente.

Lux si grattò la nuca, in una gestualità carica di fervore tipica della sua indole schietta e genuina, che aveva suscitato simpatia anche in Harry, dal principio della loro particolare frequentazione.

“Mi lusinghi mon petit … Spero di essere all’altezza, di non inciampare”

“Di certo non nel velo della sposa” – scherzò Louis, scoppiando a ridere come un bimbo.

Era incantevole.

Gli sguardi sia di Harry, che di Vincent, si posarono sulla sua gioia, come una brezza, colma di ammirazione pura.

La vibrazione nei suoi jeans, però, lo distolse di botto da quella sensazione rassicurante e piacevole.

“E’ Brent … Chissà cosa vuole … Ciao fratellone, dimmi tutto”


Kevin lesse velocemente la cartella clinica, fissata ai piedi della lettiga.

“Sono grave?”
Geffen tossì, nel domandarglielo.

“Daddy … oh miseria!” – e volò sul suo petto, in preda ad uno sconforto ed una rabbia evidenti.

“Che cazzo ti è saltato in mente Glam?! Nelle tue condizioni …” – gli tremò sul cuore, indebolito, ma ancora combattivo.

“Dove mi hanno portato? In cardiologia?”
“Sì daddy … Scott e Preston ti hanno rianimato, poi Jim ti ha fatto un’iniezione ed il battito si è stabilizzato”

“Come sta Robert?!” – si ricordò improvviso.

“Non agitarti, è fuori pericolo anche lui …” – sospirò depresso.

“Scusami Kevin …”
“Ma per cosa? In fondo ti capisco: Jude ha detto delle cose … ti giustificava, diceva che dovevi farlo fuori, che sarebbe stato meglio … Siete impazziti? Mi vuoi spiegare?!”







venerdì 29 novembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 221

Capitolo n. 221 – zen



I palmi caldi di Glam si posarono tra le sue scapole asciutte e rigide.
Robert fissò la punta delle sue scarpe, mordendosi il labbro inferiore, gli occhi liquidi, profondi.

La voce roca.

“Mi ha esiliato nella stanza accanto la sua … la nostra … Sono comunicanti, le bimbe non hanno capito che non dormiamo insieme, cioè Diamond è troppo piccola, ma Camilla lei no, lei sa tutto di noi …”

Geffen gli prese gli zigomi, costringendo Downey a guardarlo.

Erano seduti sotto il patio, sopra ad un divanetto imbottito in pelle bianca, quello dove Jared di solito riposava, dopo avere composto le canzoni del suo nuovo album.

Un secolo prima.
O poco più.


“Tesoro perché non hai seguito il mio consiglio? Perché diavolo non l’hai fatto?” – chiese pacato.

“In parte sì Glam, l’ho fatto … Non gli ho detto di te e di me, però accadrà, così da legittimare ogni sua ingiuria”

Geffen inspirò, socchiudendo le palpebre stanche – “A volte mi chiedo se la tua sincerità non sia unicamente autolesionismo Rob …”

“Credi mi faccia piacere essere maltrattato da Jude? Insultato e disprezzato?!” – sbottò alzandosi, i pugni chiusi, il fisico tormentato da un tremore incessante.

“Non intendevo questo, mio Dio, non fraintendere ciò che dico, maledizione!” – ringhiò, come esasperato.

Le fitte alla schiena lo stavano tormentando dall’alba.
Così come il sapere che Jared sarebbe passato a trovarlo da lì a poco.

Ignorava che Leto li avesse sorpresi, a lui e Robert, nel giorno di San Valentino, seppure Geffen avesse trovato insolita l’assenza del cantante e del consorte all’inaugurazione del Dark blue.

“Devo sorridere con la morte nel cuore, mentre vesto le nostre figlie, poi le accompagno all’asilo ed a scuola … Torno a casa e Jude non c’è, va agli studi, sta girando dei camei e poi non so bene cosa, non mi dice granché, non torna per pranzo, ma per cena, con le cucciole, le va a riprendere lui, tassativamente … Ed io come un automa apparecchio la tavola, li saluto senza tradire il mio disagio, cucino e lui lava i piatti, sorridendo se Camilla ci osserva, per poi irrigidirsi appena restiamo soli … Si chiude nella sua stanza, chatta con qualcuno di Londra, lo sento persino ridere … Una settimana così, sto impazzendo Glam” – e tornò al suo fianco lasciandosi avvolgere.

“Mi dispiace Rob … Come posso aiutarti?”
“Non esiste un modo, sai? E’ come essere intrappolato in un senso di colpa alienante ed ho il terrore di spezzare questa catena, questo patto, che Jude mi ha imposto senza pietà … Lui dice che è per il benessere delle bimbe, certo, posso capirlo, ma mi sta ammazzando, a poco a poco …”

Pana li interruppe, con il suo sorriso dolce.
“Glam, hai visite … Jared, è nel living”

L’avvocato lo vide, stava parlando con Daniel.

“Vi siete presentati?” – chiese assorto.

“Sì, non sapeva che ci avevi assunti”

“Lo sanno in pochi … Ok, puoi dirgli di aspettarmi cinque minuti?”
“Certo, vado subito” – e si allontanò.

Downey volle congedarsi immediatamente.

“Sono brave persone, so che ti aiuteranno Glam …”
“A dire il vero non mi salveranno affatto, però danno sicurezza e poi piacciono a Lula …”

“Posso salire a salutarlo? Così vedo anche i gemelli …”

“Certo Rob, passa da qui, a meno che tu non voglia incontrare Jared”

“Preferirei di no … Anche se mi ha appena notato” – e gli fece un cenno.

Jared mutò espressione, ma rimase nella sala, deciso ad affrontare Geffen in un modo o nell’altro.


Christopher fu destato dalla telefonata di Rice.
Il gallerista era pimpante e gli propose una gita sulla costa, con relativo invito a pranzo.

“Oggi non posso Owen, devo girare il pilota …”
“Ah quei telefilm, allora non era uno scherzo”

“Figurati se ti racconto balle …”

“Mmmm ok, però non mi arrendo, che ne dici per cena?”
“Non so come andrà la giornata, forse mangerò qualcosa con i produttori, il mio nuovo agente dice che vogliono conoscermi …”

“Messaggio ricevuto, non ne vuoi più sapere di me” – disse tra lo scherzoso ed il convinto.

“Affatto. Semmai ci tengo alla nostra amicizia Owen e pensavo di essere stato chiaro …” – replicò accendendosi una sigaretta.

“Più di così Chris … D’accordo, magari fatti sentire … Sai che per te ci sono sempre”

“Lo farò … promesso. Ciao, ora devo andare, sono in ritardo … Un bacio”

Rice riattaccò sbuffando.

Chris controllò l’ora: si era davvero collassato, guardando film sino all’alba.
Erano quasi le dieci e trenta ed all’una doveva essere sul set.

Si ricordò all’improvviso di un ulteriore impegno, che, puntuale, si presentò alla porta.

Indossando solo i boxer si precipitò ad aprire.

“Ivan ciao … scusa non mi ero dimenticato, solo che …”
“Ciao …” – gli sorrise, felice di ritrovarselo davanti in quel modo.

“Dai entra, preparo un caffè …”
“Se vuoi provvedo io, mentre ti fai una doccia Christopher” – propose gentile.

“Ok … ok, torno immediatamente, così parliamo”

Ivan annuì, recuperando la caffettiera dallo scolapiatti.

Gli piaceva quel loft, era silenzioso e pieno di luce.
Sarebbe stato bello viverci e moriva dalla curiosità di sapere come mai il leader dei Red Close lo avesse convocato a sorpresa, dopo giorni di silenzio assoluto.

Stava per scoprirlo e l’impazienza sembrava divorarlo.


Pana cambiò il pannolino ad Alexander, coadiuvato da Lula.

Downey li spiò per qualche istante, poi soldino reclamò la sua presenza nella nursery improvvisata in mansarda.

“Zio Rob vieni! Lo sai che Pana ha quattro fratelli e … cinque sorelle? No, il contrario … ops” – e rise contagioso.

“Salve … mi passa il talco signor Downey?”
“Chiamami Robert …” – disse mesto, porgendogli il flacone profumato.

Lula li stava osservando, curioso e vivace.

“Ok Robert … Ora pensiamo a Sebastian … Come sono belli, vero?”
“Stupendi …” – mormorò emozionato.

“Come il mio papà!” – esclamò Lula – “E zia Pam!”

Gli adulti risero.


I gabbiani facevano da spettatori, al loro incedere verso la caletta, restando immobili sopra gli scogli, tra i quali, una notte lontana, Glam e Jared avevano fatto l’amore.

Erano ovunque, come impressi o cristallizzati in una rimembranza perpetua ed incancellabile.

“Hai scelto degli ottimi baby sitter” – esordì il cantante.

“Daniel e Pana sono stati una sorpresa, del resto pensavo ad ingaggiare un infermiere, ma loro due sono molto più di questo”

Leto lo guardò fermandosi.

“Era mia intenzione accudirti, ma non me lo hai permesso. Forse ho sbagliato il tipo di approccio” – rise nervoso.

“No Jay … Loro lo fanno per lavoro, senza pietismi, anche se sono sensibili … Per te sarei divenuto un peso, molto presto, quindi ti ho risparmiato giorni terribili. Di tutte le cose che ho voluto condividere insieme a te, questa proprio non la meritavi” – e sorridendo gli diede una carezza dalla nuca al mento.

Jared fece un passo indietro.

Geffen ci rimase male.

“Credevo anche di conoscerti, arrivati a questo punto della vita, Glam, invece sei stato capace di stupirmi ancora”

“Ti riferisci a Robert, vero? Ci hai … visti?” – chiese interdetto.

Leto gli diede le spalle, l’aria disperatamente divertita.

“Sei incredibile ed anche in una botte di ferro, non potrei mai rimproverarti nulla, tanto meno a Robert, dopo tutto quello che io ho combinato ai danni di Colin ed anche ai tuoi, ammettiamolo!” – ed allargò le braccia, come ad accogliere il vento, che gli stava spettinando i lunghi capelli.
Geffen lo attirò a sé, con una mossa repentina e decisa.
Jared chiuse gli occhi, sentendo il calore ed il profumo di quell’uomo, che non riusciva a smettere di amare.

Il busto di Glam, incollato al dorso di Jared, le ali dell’uomo a cinturare quell’insieme di carne, ossa e pelle, esile, ma modellato da esperienze, che pochi avrebbero superato indenni, com’era accaduto all’artista.


“Falla finita Jay … Perché non serve, non guarirò, non torneremo indietro, non usciremo da questo tunnel, non questo giro” – e la sua voce si spezzò.

“Glam …”
“Sei tutto ciò che amo, anche oggi, anche in questo preciso momento, sei stato il primo e nessuno potrà sostituirti, anche se Robert riesce a completarmi, a farmi sentire migliore e non posso scusarmi per”
“La vostra ultima volta?” – lo interruppe brusco, voltandosi per fissarlo, come se lo inchiodasse a chissà quale, gravosa, responsabilità.

Geffen aggrottò la fronte spaziosa – “Sarebbe stato più semplice prenderci in giro, Jared, barricandoci nella casa, che avevo comprato per te, per me, Lula ed Isotta, vero? E garantirti un’agonia peggiore di quella che mi avrebbe consumato, giorno dopo giorno, ma avresti sopportato tutto, pur di alimentare la nostra illusione … Tu ne sei capace, non ho dubbi, ma è come un quadro caduto in terra, il vetro è andato in frantumi, la foto di noi quattro si è rigata e non sarà più come prima … E quel prima non è mai esistito davvero: la beffa della mia intera esistenza … Non raccoglierò i cocci, le mie mani sono già piene di tagli e non smetteranno di sanguinare … Non possono” – e lo strinse, senza più dire niente.









giovedì 28 novembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 220

Capitolo n. 220 – zen


Daniel si guardò intorno con interesse, apprezzando la vista oltre la veranda e l’ampia piscina, dove avrebbe fatto volentieri un tuffo, nonostante la stagione.

Finalmente l’amico australiano di Preston, nonché proprietario del loft occupato dal medico e da Denny, aveva un volto.

Così il suo compagno, nativo della Nuova Zelanda, che si era deciso a seguirlo, in quell’avventura americana.

Geffen si tolse gli occhialini, scrutando l’aitante fisioterapista, di cui Tom tesseva le lodi, in una lettera di raccomandazioni, che Dan consegnò al celebre avvocato.

Pana, fidanzato da due anni con quel ragazzone ipervitaminico dagli occhi luminosi, stava armeggiando con il colino delle tisane, intento a prepararne una antidolorifica, per il loro nuovo datore di lavoro.

Il giovane era infatti specializzato nello studio delle erbe e relative applicazioni, medicali o meno.

Lula, seduto all’altro capo della penisola in cucina, lo osservava divertito.

“Tu quindi sei un Maori, giusto? Papi ehi! Ora Pana ti fa una faccina dimostrativa!”

“Ma Lula …” – sospirò Glam, guardandolo.

Pana rise ed accontentò il cucciolo, con un’espressione piuttosto esaustiva ed una linguaccia a dire poco inquietante, capovolgendo addirittura i lobi oculari.

Soldino scoppiò a ridere come un matto ed il suo interlocutore, dai lunghi capelli lisci e corvini, fece una smorfia delusa e buffa.

“Tu dovevi spaventarti” – scherzò allegro.

“Davvero? … Sei simpaticissimo … Sei il custode di Daniel …” – disse ispirato, sporgendosi per appendersi al suo collo.

Pana lo prese in braccio, compiaciuto dalla sua definizione.

“E tu sei una bellissima anima, Lula …”

Preston e Denny si scrutarono: avevano accompagnato loro Daniel e Pana a Palm Springs, dove la coppia si sarebbe stabilita, dopo l’approvazione di Geffen, che non tardò ad arrivare.

Anche Laurie e Jim si erano aggregati con il loro Nasir, completamente ristabilito, a quella visita sull’oceano.

Hugh spiava un po’ stranito i nuovi arrivati, bisbigliando a Mason i suoi soliti commenti al vetriolo, per poi abbozzare sorrisi di circostanza all’erborista, che con i suoi tatuaggi e la pelle ambrata, non sfigurava certo al fianco di quel gigante, altrettanto muscoloso e massiccio.

Certo la differenza di statura era notevole, ma da come interagivano, era chiaro quanto fossero in simbiosi ed innamorati.


“Il gran capo Zulu ora andrà al braciere, dove Glam abbrustolisce le costolette e darà fuoco ad incensi e fogliame vario, come rito di insediamento propiziatorio” – sussurrò l’analista all’orecchio del consorte.

“Hugh smettila!” – gli ringhiò Mason, ammiccando poi verso Daniel, incuriosito dal loro battibeccare assai comico.

“Bene!” – esclamò Laurie, facendo leva sul bastone da passeggio, per alzarsi dal divano – “La nostra gabbia di matti si è arricchita notevolmente: dobbiamo festeggiare!”

“Lo faremo … Sta arrivando Pamela con i gemelli, ci preparerà un ottimo pranzo: vi fermate vero? Ho giusto bisogno di una seduta con te, doc”

“D’accordo Glam … Quando la finirai di chiamarmi doc?” – sibilò puntandolo.

“Presto o tardi succederà, vero Jim?” – e con una risata, Geffen si allontanò, per mostrare a Daniel le stanze, che con Pana avrebbe occupato durante il loro soggiorno.


Harry gli baciò la spalla destra, riaccogliendolo sulla propria pelle, formando un cucchiaio perfetto, un involucro caldo e sicuro.

Il futuro paleontologo non si destò, ma le sue dita tremolarono tra cioccolatini e rose rosse, aggrovigliati in un bouquet, con il quale Haz si presentò a lui in quel del Dark Blue, poche ore prima.

Si erano baciati al centro del salone, destando un applauso tra i presenti, con in prima fila Brent, che si congratulava in vista dell’imminente matrimonio.

L’intesa, all’apparenza ritrovata, tra il fratello ed Harry, lo faceva ben sperare.


Lentamente Harry lo fece scivolare di lato e, come seguendo un istinto, Louis si appese a lui, nascondendo il viso nel suo collo bollente, facendolo sorridere.

“Boo, ma … fai finta?” – chiese piano.
“Di fare cosa?” – rise sommesso.

Si baciarono, assaporandosi, mentre Harry gli massaggiava le labbra con le proprie, schiudendole progressivamente, così come le gambe, dove si insinuò, dapprima con le dita, poi arrivando alla fessura di Lou con la sua lingua dispettosa ed instancabile.

“Haz mioddio” – Lou vibrò, cercando un appiglio tra le lenzuola.

“Voglio farti stare bene” – ansimò il suo principe innamorato, inghiottendone l’erezione, facendo tendere Boo quanto le corde di un violino, accordato alla perfezione.

Harry ritmava un movimento sensuale ed avido: leccava e pompava senza sosta, premendo i palmi sugli addominali di Louis, quasi alle lacrime per gli spasmi dell’imminente orgasmo.

Gli scoppiò nella gola, facendo tossire Haz, che non l’abbandonò sino alla fine di quel divenire copioso ed acerbo.

L’incarnato dorato di Boo sembrò accendersi, di un desiderio febbrile, appena salì sopra ad Harry, per esaltarlo con la propria cavalcata intensa e capace.

I fianchi sottili del ragazzo ondeggiavano, dando un piacere sordo ad ogni senso del futuro marito.
Gli piaceva da morire pensarlo in quel modo, legati non solo da sentimenti radicati, ma anche da un contratto: un punto fermo, in una vita senza approdi consolidati, senza certezze.

Una commozione improvvisa sembrò soffocarlo, ma appena lo sguardo di Louis si posò sul volto in estasi di Harry, il primo non si fermò, cercando però l’abbraccio dell’altro, capovolgendo le posizioni reciproche, fino a piombare di schiena sul materasso, già madido e macchiato di loro.

Haz sorrise, esaltato e sconvolto dall’eccessivo piacere, che andava aumentando, nel colpire la carne del suo cucciolo, che voleva baciarlo a tutti i costi, mentre godevano all’unisono.

Le grida di entrambi risuonarono nella gola l’uno dell’altro, sigillati e follemente felici.
Ancora una volta.



Downey fissava l’orizzonte, dietro le lenti scure dei suoi Ray-Ban.
Se ne stava seduto sul lettino prendisole, in veranda.

Udì le porte scorrevoli del loft, aprirsi alle sue spalle un po’ ricurve.

Jude si avvicinò, accomodandosi accanto a lui, strofinandosi la faccia.

“Dio ho vomitato anche le budella …” – si lamentò l’inglese.
Robert sorrise tirato.

“Lo so, c’ero anch’io …”

Law sorrise, dandogli una carezza sulla schiena fredda.
Prese quindi una coperta nella cassapanca in rattan nero, avvolgendosi con lui, sommando quel gesto amorevole ad un bacio sulla tempia sinistra dell’americano.


“Tu come ti senti Rob?” – chiese con tenerezza, appoggiandosi con la fronte alla nuca del coniuge.

“Sto da schifo … e devo parlarti Jude”
“Di cosa amore …?”

“Mi sento devastato … perché ti ho fatto un torto, di una gravità assurda” – rivelò come strozzato dall’agitazione.

Stava tremando.

“Robert … guardami”

Downey lo accontentò, togliendosi gli occhiali.

“In montagna … nel rifugio in quota, io non ero da solo”

“Dopo il nostro litigio?”
“Sì Jude … Certo non sapevo che ci avrei trovato Christopher, ma immaginavo fosse fuggito lì, come me del resto”

Law si sollevò incerto, andando ad appoggiarsi al muretto, con i palmi sempre più gelidi.

Strizzò le palpebre.

“Non voglio ascoltarti, non mi serve Robert …” – disse ferito.

“Jude”
“Jude cosa cazzo??!!” – esplose, piombando poi sul pavimento, chiudendosi come un riccio, quasi a sedare una convulsione, che gli saliva dallo stomaco alla bocca, spalancata in cerca di ossigeno.

“Dopo tutto questo tempo, dopo chissà quante volte lo hai rifiutato, alla fine hai ceduto, vero Rob?!” – e ridacchiò sarcastico, quanto sconvolto.

Downey paventava la sua reazione, se solo si fosse azzardato a toccarlo.

Eppure andò contro i suoi stessi timori, artigliando quasi il dorso di Jude, che non si mosse.

Scrollò il capo pesante, non solo per il dopo sbornia.

“Ti sei tolto lo sfizio, te lo sei scopato o ci hai fatto l’amore? E’ per questo che ora Chris se ne va in giro ringalluzzito, con un seguito di ex, oltremodo eccitati dal suo nuovo stato da single?? Ti ha usato e buttato, senza nemmeno avere le palle di strapparti a me, perché sei spazzatura! L’ha capito anche quello stronzo!” – e se lo tolse di dosso, gettandolo di lato, con cattiveria esasperata.


In tanti anni se ne erano dette di tutti i colori, ma mai a quel livello.

“Jude ho perso il controllo, è vero, ma l’ho fatto perché temevo che Chris si lasciasse andare in un gesto estremo …” – provò a giustificarsi, senza credere a ciò che diceva, lui per primo.

“Sei il buon samaritano dunque … Beh svegliati, come dovrei fare io: sei solo una puttana Robert … Solo questo” – ed agguantando un giubbotto, dimenticato su di una sedia, Law tornò all’interno.

“Dove stai andando??!” – gli urlò Downey.

“A prendere le nostre figlie alla End House e guai a te se non ti trovo al ritorno!!”

“Jude!” – lo rincorse, bloccandolo nel corridoio.

“Te lo ripeto, guai a te se provi ad andartene!!” – gli ruggì ad un centimetro dal viso sfigurato dalla mortificazione.

Robert si ammutolì.

“Diamond e Camilla non hanno bisogno delle tue stronzate, ma di due genitori per crescere ed essere accudite: guai a te se oserai ancora avvicinarti a me. Dormirai nella camera degli ospiti e faremo finta di essere ancora una coppia: per loro sono disposto a farlo, reciteremo entrambi e non provare a tradire questo accordo, sono stato chiaro?!” – gli sibilò feroce.

Robert annuì, pallido ed inerme; non aveva mai visto Jude in quel modo e pregava di essere piombato in un incubo.

Peccato fosse tutto maledettamente vero.





 Daniel Feuerriegel e Pana Hema Taylor entrano nel cast di Zen: un doveroso omaggio ad una delle mie coppie preferite sullo schermo, nella serie Spartacus ;-)