mercoledì 28 ottobre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 28

Capitolo n. 28 – nakama



“Io sono uno stupido … Un maledetto stupido, perché ogni volta, ogni dannatissima volta ci ricasco”

La sua voce era calda, così utile, come se si fosse materializzata sotto forma di mantello, ad avvolgere le spalle di Jared, rannicchiato in un angolo, contro al muro perimetrale della residenza di Antonio, fatta di pietre ed un reticolo di edere rosse e gialle.

Il cantante tremava, le braccia incrociate sul petto – “Io … io non voglio più litigare con te, Glam, per cui vattene, per favore” – singhiozzò.

“No, io non me ne vado, sono un idiota, te l’ho appena detto” – e lo voltò a sé, con la sua dolce foga, con cui lo abbracciò stretto, un secondo dopo.

La guancia un po’ ispida dell’avvocato, passò veloce sulla fronte spaziosa e scoperta di Leto, arricchendola di quel profumo buono, della sua presenza, irruente, del suo amore contagioso ed inestinguibile, come sempre.

Come Jared voleva, in fondo al suo cuore, dove non aveva più il coraggio di guardare, da quando era fuggito a New York.

“Scusami Glam …”

Geffen lo guardò, serio, incazzato forse, ma non riusciva ad odiarlo, proprio non ci riusciva.

Ogni tentativo si rivelò vano, in quegli anni e poi odiare Jared, avrebbe unicamente confermato quanto lo amasse.

Ancora ed ancora.

“Quando ti guardo, Jay, come adesso, vedo questi occhi grandi, da bambino, che ti porti dietro da quando sei nato, vedo la tua inquietudine, che si dibatte, come le ali di una farfalla, intrappolata in una ragnatela … Ed io non sono il ragno, in agguato, nascosto nel buio, ma probabilmente il grillo parlante” – sorrise triste - “… che con un grande salto spezza la trama complicata della tua vita e ti libera, restandoci invischiato … puntualmente” – ed incastrò i rispettivi profili, quindi lo baciò, intenso.

Appena si distaccò, Geffen prese un lungo respiro, dando ancora un bacio lieve alle labbra del suo ex, sentendo il peso di quella condizione, tra loro, di non essere più nulla e di percepire un tutto, incagliato nei rispettivi cuori alla deriva.

“Io non smetterò mai di amarti … Lo capisco, ogni volta  che ti perdo” – ed una lacrima tagliente, segnò il suo zigomo sinistro, precipitando sino al collo taurino, dove Leto si rifugiò.

Per poco.

Glam lo allontanò, senza prepotenza alcuna.

“Devo andare Jay”

“Glam aspetta” – mormorò sconvolto l’artista, ma fu inutile.

Completamente inutile.




Mikkelsen venne fatto accomodare nello studio di Charles Bolson, da una cameriera, ineccepibile e silenziosa.

“Mads, questo non è regolare” – lo accolse tetro il giudice, che aveva deciso la custodia preventiva per Graham, poche ore prima.

“Lo so perfettamente, ma sono qui in veste ufficiale, in qualità di primario di chirurgia generale, per farti una richiesta precisa e ragionevole” – replicò lui rigido e glaciale, accomodandosi.

“Va bene, ti ascolto”

“Will Graham non è solo il mio fidanzato è anche un collaboratore prezioso per il reparto, che guido da anni nell’ospedale, dove entrambi lavoriamo”

“Conosco il vostro lavoro e l’impegno, nonché i successi”

“Infatti Charles, non ultimo quello riguardante il tenente Hemsworth, un progetto lasciato comunque a metà”

“Sì, ho letto i giornali, ma cosa intendi? Lui è vivo …”

“No, lui sopravvive, in condizioni penose, per l’uomo che era, ma noi, Will ed io, siamo pronti a dargli una nuova vita, attraverso un trapianto rivoluzionario”

“Capisco …”

“Nessuno, a parte Will, può coadiuvarmi ed assistermi in un simile intervento, lo specifico, prima che tu faccia delle ipotesi alternative”

“Io non dimentico, Mads, ciò che hai fatto per mio figlio … Ed aveva solo due anni, senza le tue capacità ed il talento, dimostrato in più di un’occasione, non avrebbe festeggiato ieri, il suo diciottesimo compleanno”

“Non ho bisogno di elogi, ho bisogno di Will, non solo il giorno dell’operazione: noi dobbiamo prepararci … Ecco la documentazione, per significarti nel dettaglio, di cosa sto parlando”

Bolson prese il fascicolo, dandogli una rapida occhiata.

“Ti credo sulla parola” – e gli ripassò il plico – “… del resto non ho una laurea in medicina” – sorrise tranquillo.

“Concedi a Will dei permessi speciali, ti garantisco che non fuggirà”

Bolson sbuffò – “Tu hai i mezzi per farlo sparire, questa è la verità Mads”

Mikkelsen scosse il capo, frustrato – “Non esiste un modo per convincerti, a quanto pare”

“In questo sbagli … Prego che nessuno ci denunci per un conflitto di interessi, ma ti concedo ciò che chiedi, sotto sorveglianza e solo per sei ore quotidiane, per la quantità di giorni, che riterrai più opportuna, ok?”

Mads esplose in un sorriso, scattò in piedi e gli strinse la mano – “Hai la mia parola, che tutto andrà bene Charles!”

Anche Bolson si rialzò, senza mollare la presa, puntandolo interrogativo – “Tu credi alla sua innocenza? Sii sincero”

“Io credo che Will avrebbe potuto fare, ciò di cui è accusato, per amore mio, ma no, non lo ritengo possibile, lui non ha alcuna responsabilità nella morte di Rattler: dovete cercare altrove, credimi” – replicò asciutto e convincente, poi se ne andò, senza aggiungere altro.




Reedus spuntò alcune risposte prestampate, senza sollevare gli occhi su Will, immobile ed ammanettato al tavolo degli interrogatori, dove il tenente lo aveva fatto riportare, per chiarire alcuni punti della sua personale indagine.

“Io non faccio parte della omicidi, te l’ho già detto, vero? Ah, scusa, posso darti del tu, dottore?”

Graham si morse le labbra – “Sei un tale villano …” – sibilò, provando a mantenere un tono civile.

Norman scoppiò a ridere – “Già così diverso da quel maniaco, fasciato in costosi completi italiani di alta sartoria, che tu chiami fidanzato, giusto?”

“Mads è un genio! Tu in confronto sei”

“Ehi vacci piano signorino, non vorrai aggiungere alle accuse anche quella di oltraggio a pubblico ufficiale, vero?” – bissò ostile, ma anche divertito dalla situazione.

“Tu ce l’hai con noi due, posso saperne il motivo?!” – chiese brusco.

“No, affatto, sto solo facendo il mio lavoro … Dunque, Kolestor H, cosa mi racconti in proposito? Eri tu a fornire il caro Boris, pace all’anima sua …” – e sospirò, guardandolo di sguincio.

“Non sono obbligato a rispondere”

“Se collaborerai il giudice sarà più indulgente o quanto meno la giuria” – rise.

“Voglio il mio avvocato e subito!”

A quel punto qualcuno bussò al vetro e Reedus diede un calcio alla sedia, mentre si avvicinava alla lastra, attivando un interfono – “Che diavolo c’è, ora?!” – ringhiò.

“Esci”

“Ma che”

“Esci Norman e non fartelo ripetere!”

Reedus ubbidì, sigillando la porta, appena si ritrovò nella stanza adiacente – “Capo, cosa sono questi modi?!”

“Graham ha ragione, ho appena avvisato Geffen, quindi o aspetti lui oppure sei fuori e mando dentro Corigan, ok?” – gli ordinò con fermezza.

“Cory la seppia?! Ma dai, quello va giusto bene a fare cruciverba dal mattino alla sera!” – si lagnò, anche un po’ buffo.

“Piantala Norman”

“Dobbiamo battere il ferro finché è caldo, quel farmaco vale milioni di dollari, alcune multinazionali hanno incaricato persino la mafia cinese per averne la formula ed è probabile che Mikkelsen o Graham sappiano dov’è ubicato il laboratorio, avranno un contatto, insomma sono la chiave dell’enigma!” – protestò vivido.

“Rattler ricattava Mikkelsen per la faccenda del Britannia e Graham voleva convincerlo a smettere, ma ci sono di mezzo i soldi, che a quel Boris servivano per procurarsi la medicina tanto preziosa, per cui, la tua chiave di Volta è stata spedita al creatore, altro che!” – obiettò il superiore.

“Soldi tu dici … Certo manine di fata ne ha parecchi …”

Glam piombò nel mezzo di quella accesa discussione, sventolando una busta celeste – “Spiacente di interrompere questa amena conversazione, ma ho qui l’ordine firmato dal giudice Bolson, che concede al mio assistito delle uscite speciali, per motivi professionali e vitali” – nel dirlo, porse l’autorizzazione al comandante di Reedus, che reagì con stizza.

“Ma cosa vi siete inventati adesso?!”

“Taci Norman, è tutto regolare … La scorta è qui fuori, Geffen?”

“Sì, anche se non la trovo necessaria: ci sono anche i miei bodyguard di fiducia” – e fece avanzare Vas e Peter, in tenuta mimetica.

“Ma che cazzo …” – masticò Reedus, squadrandoli dalla testa ai piedi – “… e questi da dove arrivano, dalle grandi manovre?”

“Dica al suo subalterno di evitare certe battute, i miei uomini non le apprezzano assolutamente” – affermò Geffen, in maniera così irritante per Norman, che si mise da parte, mandandoli mentalmente a quel paese.


“Bene Geffen, il prigioniero è tutto suo, lo riporti qui domani pomeriggio, in base a quanto disposto da Bolson, a quanto leggo …”

“Sarà fatto, non si preoccupi, qui ci sono tutti i nostri recapiti: Will Graham sarà reperibile all’indirizzo del professor Mikkelsen, così i vostri agenti”

“Perfetto … Se lo porti via, andiamo Reedus!”




“Quelli vincono sempre, con le loro regge, le fuoriserie, i vestiti firmati”

Chris sorrise, nell’ascoltarlo, mentre Norman si lamentava, seduto al suo capezzale.

“Will e Mads vogliono salvarmi, credevo di avertelo già detto …”

“Me ne ero quasi dimenticato, sono sincero … Chissà dove ho questa zucca, giusto?!” – e rise, tenendogli la mano, come d’abitudine.

“Lucciole, direi” – anche Hemsworth rise, non senza tossire.

“Come mai non ti hanno dimesso?” – domandò preoccupato Reedus.

“Ma non lo vedi, zuccone …? Sto da schifo e sarei solo un peso, a casa, per Tom e Luna”

“Quindi ti tengono qui fino all’operazione?”

“Infatti … Manca poco, il mio cuore surrogato è quasi pronto” – spiegò fiducioso.

“Mi fa una certa impressione e me li immagino i tuoi luminari, che scopano sul tavolaccio, tra alambicchi e la teca con il tuo cuore nucleare, esatto?”

“Ma cosa dici?” – e rise di gusto.

Reedus lo stava fissando da più di cinque minuti.

“Ti voglio bene Chris …” – disse perdendo un battito.

“Allora lascia in pace Graham e socio, tanto quel Rattler era un maiale schifoso”

“Ho letto i tuoi rapporti sul Britannia, lo so, ma si tratta pur sempre di un omicidio”

“E tu credi veramente che uno come Will vada a rovinarsi per uno così? Facendo una simile stronzata?”

“A volte vedi, ci sono cose che ti mandano fuori dalla grazie di Dio … Ti cambiano o ti logorano a tale punto da non farti più ragionare come si deve Chris”

“A me accadrebbe se mi toccassero le persone che amo, Tom, la nostra bimba” – e si commosse.

“Stiamo diventando due pappamolla o sbaglio? Pazienza tu che sei un finocchio”

“E tu sei un demente!”

Risero, per poi abbracciarsi.

Tom li stava spiando.
Con un sorriso.









lunedì 26 ottobre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 27

Capitolo n. 27 – nakama



Hugh Laurie conservava sempre quell’espressione un po’ assente, sognante, nei minuti successivi alla visita di Jim, prima che entrambi si immergessero nei rispettivi impegni professionali.

L’analista, seduto sul bordo della propria scrivania, se ne stava di solito abbracciato al consorte, mentre Mason restava in piedi, tra le sue gambe, una sana ed una malata, appoggiato al busto di quell’amico, innanzitutto, a quel suo cuore spesso accartocciato in un cinismo, che una vita non semplice, gli aveva fatto germogliare dentro, costringendo Laurie in un angolo, isolato da quel mondo dove tutti correvano forsennatamente.

Tutti tranne Jim.
Il suo Jim.

Lui l’avrebbe aspettato sino alla fine del tempo.

E poi si baciavano, senza riuscire a smettere, perché le chiacchiere si erano già sprecate in auto, lungo il percorso verso l’ospedale, mentre portavano Nasir a scuola, dove Hugh rimescolava abitualmente, battute sarcastiche a raccomandazioni amorevoli, per il loro cucciolo.

Sarebbe morto senza di loro.
Ne era certo.

Infine, Laurie, lo stringeva più forte ed affossava il volto nel collo del compagno, commuovendosi sempre più spesso.

“Stai bene, Hugh?” – gli domandava dolce, il più giovane, senza guardarlo ancora; era bello averlo così, dopo una miriade di incomprensioni, appartenenti alla preistoria ormai.

“Mai stato meglio ed ora fila in reparto, prima che l’amministratore ti sgridi! Dobbiamo rendere, rendere, rendere!” – sentenziò comico.

Mason rise adorabile, scrutandolo.

“Ti amo Hugh …”

“Lo so!”

“Ma finiscila!” – ed ancora un bacio.

Più profondo, prima di andarsene per davvero e lasciarlo lì, in poltrona, nell’attesa del primo paziente, a fissare il vuoto, dove c’era molto, dove c’era appena stato il suo tutto.


“Hugh, ma dove sei?”

Jared sorrise, rendendosi conto della sua momentanea distrazione.

“Oh mamma, di nuovo tu!” – lo salutò lo psicologo, strabuzzando le iridi su Leto e sul suo aspetto estremamente elegante.

“Già, eccomi qui …”

“Giacca nera, camicia bianca, cravatta addirittura ben annodata … Ma sei impazzito Jay?!” – e si appoggiò con il viso sui palmi, dopo avere puntato i gomiti sul ripiano in radica.

“Ho accompagnato Yari in università, si è appena iscritto, uno di noi doveva esserci … Cole è sul set, Claudine è stata categorica, con le riprese sono già in ritardo” – spiegò, non senza arrossire leggermente.

Aveva caldo.

“Un nuovo film? Di cosa parla?”

“Ti interessa il lavoro di mio … di Cole intendo?!” – chiese con stupore.

“Tuo marito? Vi siete risposati a New York?”

“No, ma lui me l’ha chiesto, in effetti …”

“E’ il suo turno, mi pare giusto!” – decretò Laurie, battendo il bastone sul pavimento – “Ma non ti stanchi mai? Qui non siamo più alle minestre riscaldate, io sento puzza di bruciato, tu no?”




I poliziotti, avvisati dalla telefonata di un vicino, lo ritrovarono con le mani insanguinate ed una pistola tra le coperte, con le sue impronte, lo avrebbero scoperto solo in serata, ma le spiegazioni di Will Graham non avevano persuaso gli agenti, mentre lo stavano arrestando, non senza che lui protestasse vigorosamente.

Boris Rattler, celebre neurologo, giaceva senza vita e con un’evidente ferita da arma da fuoco in pieno petto: il responsabile di tale omicidio, aveva avuto vita facile, date le condizioni fisiche, dell’eminente professionista, ridotto in uno stato di deperimento da qualche misteriosa e rara malattia, suppose il coroner, chiamato sul posto.

Forse la vittima non si era resa conto di nulla.


“Io … io volevo solo parlargli e convincerlo a smettere di tormentare Mads, con i suoi assurdi ricatti”

La voce sommessa di Will, era ora ascoltata con attenzione da Glam Geffen, al quale Mikkelsen aveva rivolto letteralmente una supplica, affinché intervenisse a difenderlo.

La stanza era quella degli interrogatori, dove unicamente il legale ed i detective, potevano accedere.

Mads se ne stava seduto compostamente nel corridoio antistante quell’ambiente grigio e gelido, dove il ragazzo che amava, oltre sé stesso, forse aveva fatto un’enorme sciocchezza.

Reedus era a pochi passi da lui, con in mano i moduli del rapporto, compilato in casa di Rattler, una villa faraonica di Los Feliz, per il ritrovamento di ingenti quantità di oppiacei, eroina ed il farmaco illegale, denominato Kolestor H, procurato a Boris da qualche misterioso conoscente.

“Questa non è roba da spacciatori o semplici pusher” – bisbigliò Norman ad un collega, non senza sbirciare le espressioni di Mikkelsen, sempre più sofferente ed agitato.

Il tenente Reedus lo dedusse dalla reazione del medico, appena Geffen si palesò.

Mads lo tempestò di domande, ma Glam lo accompagnò, senza irruenza, in una saletta riservata ai visitatori.

“Ora si calmi, Will ha bisogno del nostro aiuto e della nostra fiducia, ok?” – affermò lucido il legale, mettendosi a sedere su di una panca, sotto ad un davanzale luminoso.

“Su cosa? Sulla sua innocenza? Quando mi ha telefonato, sembrava che dalle sue parole, tutto fosse contro di lui!” – replicò rabbioso, ma a tono basso.

“Le accuse sono gravissime: quel Rattler era gravemente malato, lei lo sapeva?”

“Certo, ero io a passargli le dosi di Kolestor H!” – confermò disperato.

“Will mi ha spiegato, quanto fosse vitale quel composto per Rattler, ma anche altrettanto fuori legge: lei Mads, rischiava parecchio, giusto?”

Mikkelsen annuì, tremando – “Will era stufo marcio, almeno quanto me, dei ricatti di Boris … Quando ieri mi ha cercato per l’ennesima volta, la sua reazione è stata di profonda rabbia”

“E’ nelle sue dichiarazioni, un dettaglio sul quale doveva tacere, perché scatterebbe anche la premeditazione, accidenti!” – sbottò Geffen, quindi si alzò – “Ora andiamocene, a breve c’è l’udienza ed il giudice dovrà disporre la cauzione, ma sarà dura”

“Cosa intende Glam?! Che Will rimarrà in prigione??!”

“Probabile: questo omicidio è stato come un’esecuzione, Rattler non poteva difendersi, era talmente debole da non riuscire neppure ad alzarsi più dal letto, almeno secondo l’infermiere, interrogato subito dopo il ritrovamento del cadavere”

“Boris era solo in casa?”

“Infatti, pare che il suo assistente, un certo Adam Cobain, avesse avuto un impegno improvviso, forse è una triste coincidenza, ma l’assassino ha avuto via libera, la porta era persino aperta”

“Will è entrato in quel modo?”

“Lo so, è strano, sempre ammesso che sia vero, che non sia stato Will stesso ad attirare fuori Cobain, con una scusa”

Mads scosse il capo spettinato, mentre salivano in ascensore – “Se il procuratore dovesse provare una cosa del genere, allora sarebbe la fine, vero Glam?” – domandò affranto, schiantandosi contro al vetro della cabina.

“Pensiamo a tirarlo fuori, ad evitargli una cella, serviranno molti soldi”

“Questo non è un problema …”

“Lo so Mads … Lo so.”




Meliti aveva gli occhi, un po’ arcigni, puntati sul fuoco del caminetto.

Sorseggiava un brandy, mentre Geffen se ne stava appoggiato ad uno stipite, a bersi una tonica.

“Gran brutta faccenda” – bofonchiò amaro Antonio.

“Il pubblico ministero è stato spietato, ha dipinto Will alla stregua di un mostro; sono riuscito a garantirgli unicamente una detenzione in isolamento, pasti compresi, due colloqui settimanali con i parenti ed il processo tra sei giorni” – disse incolore, accendendosi una sigaretta.

“C’è di mezzo quel pasticcio al Britannia?”

“Infatti” – e fece una nuvola di fumo, intorno al proprio volto tirato – “… Quel Rattler aveva messo alle strette Mads, con qualcosa, che ancora non è stato trovato, nemmeno dagli sbirri”

“Video? Foto?”

“Entrambi temo … Mads mi ha accennato ad un dvd: qualcuno ha filmato uno di quei festini, a base di allucinogeni, champagne e bei ragazzi … Uno di loro ci ha lasciato le penne”

“Per colpa di Mads?”

“Lui dice di non ricordarsi nulla, di essere stato drogato ed incastrato, fatto sta che eventuali sue responsabilità, verrebbero avvalorate solo da questo filmino osceno, perché il dipartimento non ha nulla per accusarlo!””

“Se lui è stato ripreso vicino alla vittima, forse non è così innocente …” – sospirò Meliti, ravvivando le fiamme.

“E’ un essere umano controverso, ha commesso degli errori”

“E Will l’ha perdonato … La giustizia non sarà così generosa Glam”




Violet stava ballando con Lula, nel salone delle feste, sotto l’occhio divertito di Stella, che appena si avvide di Jared, gli andò incontro, con un bel sorriso.

“Ciao, sei venuto a prendere tua figlia?” – chiese solare, senza spegnere lo stereo.

“Sì, Colin non poteva, ma mi ha mandato un messaggio” – spiegò lui, in imbarazzo.

“Ok … Soldino non so se la lascerà andare tanto facilmente” – e tornò a guardare la coppia in erba, impegnata in una serie di piroette e risate allegre.

“Si sono piaciuti da subito …” – disse flebile il cantante.

“Anche Glam è qui, abbiamo parlato di noi” – disse con gioia – “… intendo dire della fecondazione assistita, Jared”

“Quindi non ha rinunciato al … progetto” – replicò timido.

“No, anzi, forse desidera avere ancora un erede, l’idea lo aiuta a distrarsi, anche dal lavoro, ha così tanto da fare”

“E da me … Dal nostro divorzio, credo” – precisò serio, senza rendersi conto di avere Geffen alle spalle, da pochi secondi.

“No Jay, quello è stato accantonato, anzi, archiviato, tra le cose spiacevoli, che mi sono capitate nell’ultimo anno”

La sua voce gli perforò quel punto, tra le scapole, dove un tempo Glam posava baci focosi e devoti.

Leto si girò di scatto, stringendo i pugni.

“Da dove arrivi? Sembri un cameriere in libera uscita” – Glam rise un po’ aspro – “… la cravatta l’hai arrotolata e messa in tasca?”

Stella tossì – “Glam c’è Violet, potrebbe sentirti e”

“Hai ragione piccola, a volte esagero, ma ci sono individui che, sulla distanza, riescono a tirare fuori il peggio da me”

“Papà!” – Lula gli fece un cenno e, nel medesimo istante, arrivarono le gemelle.

Glam azzerò la distanza tra loro, prendendoli tra le braccia grandi, con sincero affetto.

Pamela si palesò come d’incanto, tenendo per mano i gemelli, scalpitanti di stringersi al loro genitore, generoso nel dispensare equamente coccole e domande sull’andamento scolastico e gli impegni per la serata.

“Andiamo da Barny? Violet ti unisci a noi, vero?” – chiese dolce l’uomo alla bambina, che rivolse i propri fanali a Jared, abbandonato anche da Stella, che stava chiacchierando serena con Pam e soldino.

“Certo amore, vai pure … Torno domani, ok?”

“Ok, grazie papi!” – esultò lei, riavvicinandosi a Lula, che non aveva regalato neppure un sorriso a Leto.

Tutti si affrettarono verso le stanze del piano superiore, per cambiarsi ed uscire, tutti tranne Geffen, che riservò un’occhiata severa a Jared, ormai ammutolitisi.

“Era bella New York? Hai fatto piacevoli incontri?” – domandò brusco, tornandogli vicino.

“Ti devo forse qualche spiegazione in merito, Glam?” – l’artista si riprese, con irritazione istintiva, da quella sequenza di fotogrammi, dai quali l’ex lo aveva escluso, senza troppi riguardi.

“No, anzi, penso tu abbia ricollocato Farrell, sul trono zoppo, del tuo privato, vero?”

Geffen sembrava solido, nella sua roccaforte emotiva.

Jared si lisciò i capelli, già tirati all’indietro ed in ordine, per far fare bella figura a Yari in ateneo, con un gesto febbrile.

“Non credevo che ci saremmo ridotti così, Glam” – affermò fissandolo.

“Abbiamo ciò che ci siamo meritati, a vicenda, temo”

“Io volevo proteggerti, dalle mie bugie, dai miei tradimenti!” – protestò avvampando.

“Quindi dovrei ringraziarti, vero?!” – urlò rabbioso, imponente nella sua fisicità.

La stessa, con cui aveva avvolto i suoi amori, un attimo prima.

Ne mancava uno, all’appello, il più importante.
Il più devastante.

“Glam …”

“Io non ti permetterò più di distruggermi! Hai capito Jared?!”

Leto fece un passo indietro, poi un secondo, infine fuggì via in lacrime.

Glam Geffen le vide benissimo.
E si impose di dimenticarle.

Immediatamente.








giovedì 22 ottobre 2015

NAKAMA .- CAPITOLO N. 26

Capitolo n. 26 – nakama



Norman imprecò, oltrepassate le porte scorrevoli dell’ascensore, rendendosi conto di avere di nuovo sbagliato piano.

“Ma come cazzo si esce da questo labirinto!?” – ringhiò, studiando al volo una cartina dell’ospedale, in plexiglas, con troppe scritte e colori, per i suoi gusti semplici e diretti.

“Guardi che il metadone lo distribuiscono al terzo piano”

La voce alle sue spalle, gli sembrò un misto tra l’educato ed il timido.

Si voltò di scatto, mostrando un tesserino – “Tenente Reedus, sezione narcotici di Los Angeles, primo piano al distretto 56, spiritoso dei miei stivali!” – ruggì, puntando Will Graham, che avvampò.

“In incognito … presumo” – bisbigliò il medico, con un mezzo sorriso imbarazzato.

Norman aggrottò la fronte ed aguzzò i suoi specchi, di un celeste tagliente – “Sì, più o meno …” – ed inspirò, riponendo il badge, nelle tasche del giubbino da motociclista.

“Ha una Harley …?”

“Infatti, fa parte del … travestimento” – e rise, più socievole, per poi tornare serio all’improvviso, guardando oltre la spalla destra di Graham.

“Will, tesoro, ci sono problemi?”

Mads, elegantissimo, quasi gli soffiò nella nuca, posando una mano sul fianco del compagno, che lo guardò come in colpa, per come prima stava fissando Reedus.

“Il professor Mikkelsen, che combinazione” – il poliziotto rise un po’ scomposto.

“Tu … Tu conosci questo agente, Mads?”

“Tenente!”

“Sì, più o meno Will …”

“Stavo per” – poi Norman si morse le labbra.

“Lo dica pure, tenente Reedus: lei stava per arrestarmi, durante una retata al Britannia. Io non ho segreti per il mio fidanzato”

Norman annuì, facendo un passo indietro, forse per squadrarli meglio e notare un sacco di particolari: dalle differenze evidenti, alle fedi identiche agli anulari, alla possibilità che anche quel Graham fosse un chirurgo.

“Comunque noi opereremo il suo collega, Hemsworth, ho visto che gli ha fatto visita, poco fa” – puntualizzò Mads, senza scomporsi.

“Fate un buon lavoro, mi raccomando”

“Certo, lo faremo, non se ne preoccupi” – sottolineò Will, parandosi davanti a Mads, come a fargli da scudo.

Norman se ne andò, senza aggiungere una sola sillaba, se non un occhiolino, in direzione di Graham, che abbassò lo sguardo, sentendosi a disagio per la sfrontatezza di quello strano sbirro.




Geffen parcheggiò l’Hummer davanti ai cancelli di Palm Springs, dando un buffetto a Lula, prima di slacciarsi le cinture.

“Papà posso chiederti una cosa?”

“Certo”

“Sei arrabbiato con me?”

Glam reagì pronto – “Assolutamente no” – e rise, per rassicurarlo ulteriormente.

Soldino gli apparve poco convinto.

“Io ho detto delle cose a zio Jared un po’ … cattive, ecco”

“Non è vero e lo sai, amore: me l’ha confermato zio Jay in persona”

“Volevo dirgliele da tanto tempo” – sospirò il figlio adottivo di Kevin e Glam, che lo stava guardando amorevole.

“Lo immagino … Forse avrei dovuto fare altrettanto, sai?”

Lula lo puntò – “E come mai non è successo?”

Geffen si ossigenò – “A volte, i sentimenti, ti impediscono di essere lucido e sincero, con te stesso, specialmente” – spiegò calmo.

“Lo vuoi ancora il bambino da Stella?” – e sorrise.

“Era un … un progetto, che avrei voluto condividere insieme a Jared ed ora che lui ha preso un’altra strada io …”

“E’ sempre la stessa, sai papà? Zio Jay è di nuovo con zio Colin” – rivelò schietto.

“Buon per loro” – bissò secco l’avvocato, scendendo dall’auto.

Lula quasi lo inseguì, a passo svelto – “Stella lo vuole! Il bimbo dico!”

“E tu come …?” – poi Glam riacquistò subito il buon umore, prendendolo in braccio – “Le parlerò domani, ok? Tanto è dal nonno, ormai si è ambientata e decideremo il da farsi, promesso!”




La notte stava inghiottendo la transvolata da una costa all’altra, durante il rientro da New York di Colin e Jared, a bordo del jet, che Meliti si affrettò a mandare loro, affinché il figliol prodigo tornasse all’ovile.

Leto non si sentiva tale, confuso sui recenti accadimenti.

Terry gli aveva raccomandato prudenza e, soprattutto, di guardarsi un po’ in giro, uscendo da quel circolo vizioso, l’anello d’oro lo definì il celebre fotografo, creato intorno a lui da Geffen e Farrell, da un’eternità.

“A cosa pensi, amore?” – chiese improvviso l’irlandese, tenendogli le mani tra le proprie.

“A noi” – poi scosse il capo, tornato castano, un taglio liscio, di lunghezza media, come ai tempi della lontanissima premiere di Alexander, proprio in quel della grande mela, appena lasciata - “A me, Colin” – precisò, senza incrociare i suoi quarzi vividi.

In effetti era sembrato un po’ troppo semplice, anche all’attore, l’esito di quella missione di recupero.

“Ti sei pentito?” – insistette il moro, a corto di ossigeno, adesso.

Jared lo scrutò, indifeso nella propria limpidezza – “A volte non riesco a distinguere l’ostinazione da” – e si morse le labbra.

“La tua o la mia?” – Colin rise nervoso.

“Dove può finire il vero amore e cominciare l’accanimento?”

Farrell ricominciò a respirare, riflessivo.

“Da fuori, chiunque potrebbe confonderli, vedendoci … Nelle nostre azioni, reciproche o nelle tue, verso Glam e viceversa, lo ammetto”

Leto riprese a guardare in avanti, nel vuoto – “Tornerò in terapia”

“Come vuoi … Sai è … è come se camminassi su di un tappeto di cocci, a piedi nudi e tutto mi sta urlando di fermarmi, di non andare oltre il primo passo, perché fa così male eppure io sono così incazzato e piango, per il dolore e per la rabbia, ma non cedo e continuo a proseguire” – stava per piangere sul serio ed era così incazzato, di punto in bianco.

“Colin”

“No, non sto alzando la voce con te, amore, bensì con me stesso, per farmi sentire, da quel coglione che ti ama ancora ed ancora, incapace di risolvere le cose tra noi, senza un ausilio esterno, senza che nessuno ficchi più il naso nel nostro legame!”

“Ma io vorrei guarire … Per evitarti ulteriori sofferenze, per raccogliere i vetri rotti, uno ad uno ed alleviare il tormento, che ti spinge a non lasciarmi e per questo io ringrazio Dio, Cole … Ogni volta” – e lo abbracciò con vigore.

Piangendo insieme a lui.




Mads sembrava conoscere ogni suo ansito, ogni piega della sua pelle, dove riservare baci ed attenzioni scabrose, durante quel prolungato amplesso, tra le gambe di Will, che per una frazione di secondo pensò ad altro.

“Sei qui con me, amore?” – gli sussurrò Mikkelsen nel collo, parlandogli caldo ed attento, nell’orecchio, non senza morderne delicatamente il lobo, minuscolo e perfetto, come il resto di Graham.

“Sì … è che … mi sento come … come se stessi per svenire” – ed aderì maggiormente a lui, spargendo la propria essenza tra i loro addomi contratti e madidi.

Mads si unì a lui, simbiotico, in quel divenire meraviglioso.

Quindi lo baciò con dolce insistenza, pienamente accolto in quell’intento adorabile, come l’espressione di Graham, quando tornarono a guardarsi, separandosi, non senza proseguire nell’accarezzarsi l’un l’altro.

Si accucciolarono a cucchiaio, saldi per le mani e stremati.

“Quel tizio, quel Reedus, ti ha ricordato qualcuno, piccolo?” – domandò senza fretta il più anziano.

Will strizzò le palpebre, come a volere frantumare un ricordo sin troppo visibile.

“Mio padre era così … rozzo, avaro di un gesto gentile, di un abbraccio”

“Non mi hai mai parlato molto dei tuoi”

“Non c’è molto da dire … Mamma entrava ed usciva dalle cliniche, per la sua leucemia, fino a morirne: le giurai di volere diventare medico ed accadde, ma papà non era d’accordo, così mio zio … Avevano una società di trasporti, una ditta modesta, ma ci vivevano su quei camion, trascurando mogli e figli”

“Tu eri da solo a dovere gestire questa tensione, vero?”

Graham si voltò, speculare a lui, che trepidava ad ogni sua parola – “Infatti … I miei cugini finirono per assecondare il fratello del mio vecchio” – sorrise amaro – “… ed io mi ribellai: presi i soldi, che mia madre aveva messo da parte per farmi studiare e me ne venni a Los Angeles, senza pensarci due volte”

“Per mia immensa fortuna” – sorrise, baciandolo.

“Quando fui ammesso alla tua sezione, stentavo a crederci: ero indeciso se fare l’oncologo, ma poi ti vidi in azione, se così si può dire”

“Comunque non sappiamo se Norman è come tuo padre, forse potrebbe stupirci” – rise affabile.

“Ah quello … antipatico e … strafottente”

“Ok, ti piace, è assodato” – bissò scherzoso.

“Ma … ma no Mads!”

“Oh sì!” – e gli fece il solletico, tornando poi serio, di botto – “Se ti becco a flirtare ancora con lui, comunque, vi seziono come cavie da laboratorio, ok?!” – ringhiò minaccioso.

“E poi sarei io quello ad avere un disturbo bipolare, non mi hai detto così una volta?!” – ed ora era Will a ridere di gusto, stringendosi all’amante, che non esitò a cullarlo.

“Ti voglio così bene amore …” – mormorò intenso e partecipe.

“Allora sposami” – replicò Graham, portandoselo appresso, ad inginocchiarsi nel mezzo del letto disfatto, brandendo i suoi polsi, mentre lo guardava innamorato e deciso.

“Lo farò Will … prima di quanto credi”




Louis aveva fatto il turno del mattino, al ristorante, finendo alle tre, dopo un’alzataccia all’alba.

Harry aveva portato Petra a danza, impegnandosi a partecipare alla riunione pomeridiana con gli insegnanti, un noioso appuntamento, al quale non poteva sottrarsi, dopo che Tomlinson se lo era sciroppato almeno una decina di volte, da quando la bimba frequentava quella scuola di lusso.

Per lei il meglio, Lux e non solo, lo aveva decretato da un pezzo e loro avevano accettato di buon grado: non era semplice sottrarsi ai privilegi di quel clan, dove Meliti e Geffen provvedevano al benessere di ogni cucciolo, del resto amavano farlo, con cospicui assegni e fondi fiduciari solidi.

Vincent lo stava osservando da dieci minuti, dormire tra le coltri tiepide e una miriade di cuscini.

“Ehi …”

“Ciao mon petit” – il francese gli sorrise, l’aria un po’ stanca.

“Come mai in tuta? Vai a fare jogging?”

“No tesoro, mi sono cambiato … Ho visto quell’amico, a pranzo, te lo avevo detto”

“Potevate mangiare al Dark blue o forse i suoi gusti sono particolari?” – Boo rise leggero, stropicciandosi quei fanali incantevoli, che l’uomo non aveva mai smesso di fissare.

“In effetti … Comunque è già ripartito, non tornerà più, i miei affari con lui sono conclusi, definitivamente”

“Sembra una cosa sgradevole, da come ne parli”

“Mi ha fregato dei soldi, tutto qui, ma niente di grave” – Lux sorrise più rilassato, tendendogli le mani – “… stai un po’ con me? … Di là”

Mai avrebbe fatto l’amore lì, dove Boo si coricava con Harry.

Tomlinson lo imitò, raggiungendolo con le dita affusolate, per poi lasciarsi avvolgere dal suo corpo atletico e virile.

Vincent ebbe come un flash, in quei gesti, anni prima, quando accoglieva allo stesso modo Jacques, il figlio, prendendolo poi in braccio, nel suo pigiama a quadrettoni, blu e celesti, portandoselo in bagno, affinché si lavasse i denti e si cambiasse, per andare alla scuola materna.

Quello fu il loro periodo migliore, senza litigate adolescenziali, senza cose non dette, quando ancora la madre di Jacques abitava con loro, in un appartamento parigino decoroso, ma ben lontano dagli agi, che Lux avrebbe acquisito molto più tardi ed in completa solitudine esistenziale.

“Sì, certo … anche se sono a pezzi …” – il tono assonnato e simpatico di Boo, lo riportò al presente.

Lux lo baciò – “Mi manchi da morire, scricciolo”

Probabilmente non parlava a son petit, probabilmente Vincent stava confondendo passato e presente, in un rimescolio di emozioni struggenti.

Si spogliarono senza frenesie, una volta giunti nella camera dell’affarista, rigorosamente chiusa a chiave.

Quella particolare convivenza lo imponeva, per celare i momenti proibiti, come questi e per salvaguardare la sensibilità di Petra, non esponendola all’intimità condivisa dagli adulti.

Di nessun genere, anche se lei gioiva, quando i genitori si scambiavano coccole affettuose, sul divano davanti alla tv oppure in cucina, mentre preparavano i pasti.


Vincent lo amò, con gli occhi tristi, mentre i loro corpi si incastravano in un’essenza di gioia e sublimazione: sembravano essere stati incastonati in un cartiglio di inestimabile valore, in presenza di entrambi, così fulgidi ed immortali, in apparenza.

Loro non avrebbero attraversato il tempo, come un qualsiasi diadema: lo sapevano bene, ma, come se non ci fosse un domani, nulla restava se non appartenersi in quel modo.

Così esclusivo.
Così indivisibile.