martedì 29 aprile 2014

One shot – L’assenza di te

One shot – L’assenza di te


Budapest, aprile 2014

Pov Jude Law


Il sapore della moquette è più o meno uguale in tutti gli alberghi dove sono stato.
La mia guancia sinistra, sempre la stessa incollata al pavimento, quando sono ubriaco, si raggrinzisce all’indentro, seguendo la piega della mia bocca storta.

Dalla stessa scende un rivolo di saliva e mi faccio schifo, Dio non sa quanto.

I passi di Ben, poco distante, sono nervosi e discontinui: è al telefono con qualcuno e sono entrambi incazzati, dal tono delle loro voci.
Quella del suo interlocutore è talmente squillante, che posso avvertirla, anche se la mia testa sta scoppiando ormai.

I muri si sciolgono, poi si annebbiano: ho la nausea, devo riuscire ad arrivare al bagno anche senza Ben.
Lui, non ne può più di me, questo lo so da un pezzo.

Abbiamo fatto sesso due settimane fa, per noia, per disperazione.
Ben c’è sempre quando tocco il fondo ed è l’unico con il quale vado a letto da sobrio, da quando Robert ed io ci siamo lasciati.

Il resto di chi si fa scopare da me, oltre ad essere di genere femminile, penso non mi abbia mai visto sobrio.

Ora non so con chi sta parlando, a bassa voce, improvvisamente.
Sembra incredulo per qualche cosa.

Bussano, ma io sono già con la faccia nella tazza del water.

Mi sto svuotando, come se ci fosse ancora qualcosa in me.
Vivo alla giornata, accettando lavori e copioni, che anche non mi interessano, come questo.

Sento passi diversi e poi la porta, che si chiude di nuovo.
Quindi silenzio.

I suoi piedi, li riconoscerei tra mille, con o senza scarpe.
Questa cosa lo faceva sempre ridere e lui non mi credeva mai.

Mai abbastanza, anche che lo amavo più della mia stessa vita: non sono stato capace di farmi prendere sul serio.
Forse.

Robert è qui, non so bene come, non so per quale miracolo.
Mi afferra per le spalle, poi le sue ali intorno al petto, cerca di tirarmi su, ma mi lamento, piagnucolo e lui mi manda al diavolo.

Giustamente.

Arriviamo sul letto e sento il suo fiato sul collo, le sue parole esasperate, le sue lacrime.

Sono riverso e tutto gira.

Mi dà una spinta, probabilmente per non farmi cadere sul tappeto e riportarmi al centro, ma a me andrebbero bene anche le botte, pure di avere le sue mani su di me.

Di nuovo.
In qualsiasi modo; non mi importa.

Continua a chiedermi perché.
Perché bevo.
Perché faccio l’idiota in mezzo a sconosciuti, che, prontamente, hanno registrato la mia squallida performance in un bar, dove ho bevuto sino a stordirmi.

Nel pomeriggio, una e-mail di Guy mi annunciava l’ennesimo rimando delle riprese di Holmes 3.
Ci eravamo visti a Los Angeles a marzo e con Robert eravamo stati civili, amichevoli, del resto gli accordi erano questi.

Li avevo dovuti accettare, per non perderlo del tutto.

“Questa relazione, Jude, sta compromettendo il mio equilibrio … Cerca di capire, non guardarmi in quel modo”
Era gennaio, un incontro fugace a Londra, nella casa che ci siamo comprati, ora in vendita.
Come i miei giorni: che qualcuno se li prenda pure, non ho più niente, senza Robert.

“E come dovrei guardarti, Rob? Stai distruggendo la mia vita e sembra non importartene: non vedi l’ora di andare via, di chiudere con me”

“No, non è assolutamente così: io ti amo, ma non possiamo stare insieme e tu lo sai”
“Io lo so …?! IO so soltanto che ce la metterei tutta per fare funzionare le cose! Del resto cosa diavolo avrei fatto sino a questo momento??!”

Ero fuori di me, però ciò che dicevo gli scivolava addosso, era chiaro.
Lui aveva già deciso.
Anche per me.



Adesso siamo di nuovo qui.
Insieme e nudi.
Ho bevuto una caraffa di caffè, poi ci siamo fatti una doccia.
Robert mi ha lavato, nel silenzio di un imbarazzo devastante.
Almeno all’inizio.

Tra noi c’è stata una confidenza estrema, da quando ci hanno presentati.
Conosciamo ogni centimetro della nostra pelle, non solo per averci posato baci focosi e bagnati, identici a quelli che ci suggellano ora, tra acqua, sapone e carezze affettuose.

Noi ci siamo sempre voluti bene.
Un bene immenso.

Torniamo sotto le coperte.
Sto morendo di freddo o solo perché già penso a quando se ne andrà.
È stata un’eccezione, uno spiraglio di pietà e commiserazione, probabilmente.



“L’assenza di te, Robert, mi sta consumando quanto un cancro”

Lo dico spontaneo, dopo averlo scritto su di un diario, con molte altre cose, riflessioni, spesso amare.

Il mondo non ha più colori.

Sorrido quando vorrei piangere.
Rido quando vorrei urlare.
Mi incazzo, per potere stare zitto.
E pensare a lui.
Questo sono io, in mezzo agli altri, dopo un inverno durante il quale siamo volati in ogni angolo del mondo, per incontrarci e fare l’amore.

Dopo quel pomeriggio, in cui siamo giunti ad un compromesso, in base al quale per i media il nostro rapporto sarebbe stato idilliaco e goliardico, mentre per le rispettive famiglie, solo amici.
Ottimi amici.
Certo.

Per i miei figli, tu sei lo zio preferito.
Per Susan, tua moglie, io resto l’altra metà di un ottimo business.

Insomma, tutti contenti, no?

I miei pensieri tornano lucidi, ma la tua bocca è così dentro la mia, come il tuo corpo, che mi sta amando e trafiggendo.

Ti inclini, sopra di me, sistemando le mie gambe intorno ai tuoi fianchi virtuosi ed instancabili.

Voglio perdermi in questa illusione, perché te ne andrai.
Anche questa volta, non faccio altro che ripetermelo.

Mi tocchi e questa percezione va ben oltre la presa della tua mano sul mio membro.

Godi soffocato dal pianto, chiedendomi perdono.
Sono confuso e non è questo ciò che voglio.

Le tue scuse non mi bastano e non serviranno a sanare il mio dolore.


E’ mattina.
Vorrei avere sognato, ma tu sei ancora qui.

Dormi sereno, le tue dita intrecciate alle mie.
Ci siamo assopiti in questo modo, come la prima volta: non volevamo lasciarci mai.

Eppure è accaduto.

Apri gli occhi e mi baci, ti avvinghi a me ed io ti stringo forte, non mi importa della rabbia, che ancora mi logora l’anima.

Ti amo così tanto Robert …

Accarezzi le mie guance ispide, mentre tu sei perfetto.
E bellissimo.

“Ero venuto a cercarti Jude”

Lo dici, guardandomi, anche se le tue labbra faticano a dividersi dalle mie.

“In che senso …?” – chiedo smarrito nei tuoi occhi.

“Ti sarai chiesto cosa ci facessi in Europa, anzi proprio qui”

“Hai ragione … Ed hai chiamato Ben?”

“Sì per farti una sorpresa, ma mi ha detto quanto era appena successo in quel locale: era arrabbiato e deluso”

Ti siedi ed io aggiusto i cuscini dietro la tua schiena liscia.

“Per una sbronza?”

“No, perché ti hanno filmato”

Ora ricordo, ecco di cosa ti lamentavi, mentre inveivi contro la mia stupidità.

Sorrido – “Tanto peggio di così Rob … Un cadavere quante volte può morire ancora?”

Prendi fiato – “Da oggi cambieranno molte cose: era per questo che volevo parlarti e non poteva essere al telefono … Avevo programmato ogni dettaglio” – ti alzi e cerchi i tuoi abiti, sparsi un po’ ovunque.

Torni da me.


Hai preso qualcosa ed ora me lo porgi.
E’ un anello, identico a quello che indossi all’anulare destro.

“Il mondo si farà delle domande Jude, vedendoli … Io voglio fartene una soltanto”

Mi scruti, sei adorabile, sei tutto ciò che voglio Robert.

“Mi vuoi sposare Jude?”


Sei mesi dopo, Londra ottobre 2014
Pov Robert Downey jr

Abbiamo iniziato a girare Holmes 3 con il botto.

La notizia sul nostro matrimonio ha fatto il giro del mondo, ma nessuno sembra prenderci sul serio.
Per i fans un delirio amorevole, un’accoglienza più che positiva, ma anche loro non ci danno retta.

Jude ed io ne ridiamo, leggendo articoli on line e scartando doni di nozze, spediti da ogni angolo del pianeta.

Susan ed io abbiamo divorziato, senza traumi e tragedie, solo che ci vediamo così spesso per il bambino ed il lavoro, che persino la nostra separazione è diventata una barzelletta.

Il prossimo Natale ci ritroveremo intorno ad un unico tavolo, ex, figli, fratelli, sorelle, genitori e nonni: tutti ci hanno dimostrato amore e rispetto, annullando le nostre paure, le nostre incertezze.

Sembrava tutto così difficile, mentre invece era così semplice.

Vedere Jude sorridere ad ogni risveglio, è un dono di sconfinata importanza, l’unico che questa esistenza straordinaria sembrava avermi negato, ingannandomi.
Meravigliosamente.

The end






ZEN - CAPITOLO N. 286

Capitolo n. 286 – zen



Hiroki corse su dalle scale, dopo avere lasciato Lula a Vas e Peter, ormai diretti alla festa di Meliti.

Incrociò Downey, rosso in volto e spettinato, distratto dall’allacciarsi la camicia avorio, sopra ai pantaloni della stessa tinta.

“Ehi ciao, posso andare da Glam?” – chiese educato il ragazzino.

“Ce certo …” – disse lui, in pieno imbarazzo, fermandosi su di un pianerottolo intermedio.

“Vuoi dell’acqua Robert?”

“No, non ho bisogno di niente” – bissò secco, come infastidito da quella sua premura spontanea.

Hiroki si ammutolì, tradendo il proprio disagio, con un lieve fremito delle iridi liquide e luminose.

Geffen aveva ragione: ricordava molto Rob, in tanti dettagli.

Downey ebbe come un guizzo, anche se mortificato nel tono – “Tesoro scusami, io non volevo essere brusco con te, è che sono sconvolto per Glam … Ed anche se non ci conosciamo affatto” – cominciò a guadagnare qualche scalino verso Hiroki, già sorridente – “… ecco io so che sei una bella persona, peraltro molto affezionata a lui”

“Glam mi ha salvato” – disse limpido, dando poi un’aggiustata alle chiome dell’attore, con una gentilezza quasi commovente – “Ecco così va meglio … So che sta arrivando tuo marito, forse dovresti calmarti con un buon tè: ne volevo giusto preparare per tutti, che ne pensi?”

Geffen li aveva spiati, senza intervenire, se non per approvare quell’iniziativa di Hiroki – “Io penso che sia l’ideale, prima del party” – disse sereno, unendosi a loro.

“Ok … Lo berrò volentieri anch’io” – concluse Robert, guardandoli l’uno accanto all’altro, il giovane sotto l’ala di Glam, amorevole ed accondiscendente, come non mai.



Brendan andò incontro a Brent e Louis, abbandonando il gazebo di Hugh e Jim, intento a spalmare una lozione idratante a Nasir, sempre sorridente ed allegro.

Il bimbo era rimasto come folgorato da Petra e voleva seguirla ovunque, raccogliendo per lei conchiglie e sassolini, che la bimba metteva in una borsetta celeste come i suoi occhi singolari.

“Finché si accontenta di quelli e non pretende diamanti, il nostro cucciolo è in una botte di ferro” – bisbigliò l’analista al consorte, sempre divertito dalle sue battute.

Styles prese in braccio Nasir e per mano Petra, portandoli nell’area giochi – “A loro ci penso io, così vi rilassate un po’, ok?”

“Ti ringrazio Harry” – disse cortese l’oncologo, tornando a spaparanzarsi su di un lettino matrimoniale, tra le grinfie e le frecciatine di Hugh, sul piede di guerra.

“Se la cava bene l’avvocatino dell’anno … Mmmm bene, bene, vediamo chi arriva: direi un uragano, di nome Louis” – sogghignò.

“E dai smettila, sei sempre il solito” – si lagnò bonario Mason.

“Come potrei? La metà di loro sono miei pazienti, certo, dovrei mantenere un certo rigore, ma tu sei la mia metà, quindi sopportami” – ringhiò, leccandolo nel collo.

Jim lo ricambiò con un bacio intenso – “Ecco questa sì che sarebbe un’iniziativa lodevole Hugh …”

“Dopo, dopo”

“Che somaro che sei hahahah”



Jamie passò la noce di cocco, bucata da una cannuccia rossa, a Kurt, allungatosi con lui sopra a dei teli, sparsi intorno agli scogli nei pressi del palcoscenico, già invaso dalle bimbe in tutù rosa.

Il ballerino prese poi quella che toccava a lui, sorseggiandola rumoroso, mentre l’altro gli sistemava un sombrero simile al suo e gli occhialoni da sole, stile Audrey Hepburn, scelti da entrambi sulle bancarelle, nei colori verde pistacchio e giallo canarino.

“Siamo da urlo” – sospirò Kurt, osservandosi nello specchietto da borsetta di Pam, piazzatasi ad un metro, anche per ridere delle loro battute.

“Troppo fighi” – masticò Jam, tra una tortillas ed un tacos.

“Che ne pensi di Adam?”

“Caruccio, Kurt, ma ancora per poco: tra poco Boo Bear lo disfa” – e rise coprendosi la bocca chiazzata di briciole.

“Uh guarda, arriva anche Hiroki, la new entry di Palm Springs … Bellino direi”

“Sembra un angioletto … Che combinava prima?”

“Pusher di lusso, ma non marchetta … Un Japan dragonfly, noi li chiamavamo così nell’ambiente” – spiegò assorto.

Rossi ed Hopper si stavano avvicinando a loro pericolosamente.

“Sarà meglio darci un taglio, arrivano Balls ed Italian Stallion”

“Perché cavolo chiami così il mio uomo?” – grugnì Kurt nell’orecchio del suo BFF.

“Perché hai sempre delle occhiaie!”

“Geloso?”

“Un po’” – inspirò Jamie scherzoso, tornando a dissetarsi con entusiasmo, per la bontà della sua bevanda freschissima.



“Quindi eccolo là Mr. Londra … Lo smalto alle unghie sembra quello che usava mia nonna” – mormorò Louis puntando a distanza Lambert.

Adam stava dialogando con Shannon e Tomo, già piuttosto interessati ad incidere un promo insieme a lui, da sottoporre alla Lithium.

Lux gli arrivò alle spalle, cogliendo il suo sarcasmo fuori luogo.

“Una nonna molto rock” – il francese rise, dandogli una toccatina alla nuca.

Boo si girò di scatto, sbiancando.

“Mon petit, cosa mi racconti? Ti sei divertito a New York?”

L’incepit di quel benvenuto, mon petit, era qualcosa di sacro per Louis ed in quel momento Vincent lo aveva usato con un’inclinazione vocale un po’ strafottente, almeno in base alla sua percezione.

L’effetto ai sensi di Boo fu dei peggiori.

“Sì, ti dispiace?”

Intorno ai due si era fatto come il vuoto, improvvisamente.

Brent e Brendan si erano aggregati a Colin e Jared, appena sopraggiunti con dei vassoi di salatini, da distribuire ai numerosi pargoli, mentre Harry era dalla parte opposta della caletta, a fare giocare i più piccoli, con Sylvie, Sveva, Kevin e Tim.

Lula stava a metà di quei vari mondi, pronti a collidere, sulle ginocchia del suo papà, intento a chiacchierare con Antonio, che gli aveva fatto spazio sul proprio altarino votivo.

L’atmosfera sembrò incendiarsi intorno a Vincent e Louis, anche se in quella confusione, nessuno poteva realmente sentire cosa si stessero dicendo.

“No, affatto, perché dovrebbe dispiacermi?” – ribatté asciutto l’affarista, fissandolo, il cuore a pezzi.

Louis rise amaro – “E’ buffo vero? Anche un po’ patetico, come due persone possano diventare ostili ed insopportabili, dopo essere state davvero complici”

Lux fece un passo verso di lui – “Questo dipende da te e sì, mi spiace doverlo ammettere, se proprio vuoi saperlo”

“Preferisco non sapere più niente di te Vincent” – disse freddo, le mani sudate, le pulsazioni fuori controllo.

“Devi avere un sosia, sai Louis? Od un clone, capace di scrivermi una lettera colma d’amore, della quale ti sei dimenticato!” – ringhiò ferito.

“Devo averla scritta a qualcuno che non esiste più, qualcuno che mi diceva che sarei rimasto l’unico, facendo passare me per stupido e lui per pazzo, evidentemente!” – ruggì con altrettanto fervore.

Le loro labbra erano a pochi centimetri e da esse sembrava uscire solo veleno.

“Ma cosa pretendi … Cosa vuoi da me, che non ti abbia già dato?” – Lux allargò le braccia, come in segno di resa o costernazione.

“Dato?? Oh sì, mi hai dato tutto Vincent, persino una figlia, mi hai dato ad Harry, mi hai persino dato i tuoi soldi, dicendomi che volevi la mia felicità! O forse volevi solo liberarti di me??!”

Gli occhi di Lux si riempirono di lacrime, come se ad ogni passaggio di quelle invettive, avesse ripercorso gli attimi più dolorosi, a seguito dei quali aveva perduto Louis per sempre.

“Tu non sai più quello che dici mon petit …” – disse affranto.

“Vincent”
Louis tremò così forte, da doversi appoggiare ad una panchina, fortunatamente dietro di sé.

“Ti aspetto domani, da me, dalle nove alle undici: avrai due ore di tempo per raggiungermi e chiarire una volta per tutte questa storia … Anche per dirci addio, se necessario ed inevitabile, Louis, ok?” – propose rigido.

“Do domani …?”

“Sì, domani o mai più. Ora basta scenate.” – e se ne andò, passando accanto ad Adam semplicemente per dirgli che sarebbe tornato a casa.

“Vincent sembri esausto, ma cosa è …”
Lambert vide di sfuggita Louis, nuovamente concentrato su di lui, ma più che altro su Lux.

“Se vuoi restare, qualcuno ti riaccompagnerà da me”

“No, meglio che vada in un albergo Vincent, non credi?”

“Fai come vuoi Adam, ho solo bisogno di essere solo domani mattina”

“Vado in hotel” – Adam sorrise, ma era scosso.

Lux si avviò al parcheggio senza salutare nessuno.

Styles lo scorse a distanza, facendogli un saluto, ma l’uomo non rispose al suo gesto, ormai al posto di guida.


In lontananza si stavano accumulando parecchie nuvole.

L’estate sarebbe finita molto presto, inghiottita da un temporale.









lunedì 28 aprile 2014

ZEN - CAPITOLO N. 285

Capitolo n. 285 – zen



Downey si strinse un po’ nelle spalle magre, scrutando Hiroki giocare sulla spiaggia insieme a Lula.

Geffen, a propria volta, cinse il busto dell’attore, posando un bacio caldo sulla sua nuca.

“E’ bello averti qui Robert …” – mormorò, chiudendo le palpebre, per assaporare a pieno la sua presenza, il suo profumo, il calore di quel corpo, che ancora desiderava da morire.

Prima di morire.


“E’ così giovane, Glam …” – esordì il moro, il cuore scalpitante tra gola e stomaco.

“Lui è un po’ di tutti voi, di ognuno di voi …” – Geffen sorrise, voltandolo a sé, senza lasciarlo andare.

“In che senso?”

“I suoi tatuaggi, i suoi occhi, i capelli persino e poi la gioia di vivere che ha, la sua età … Jared, tu, Lula … Perché soldino è sempre stato così, vero?” – si intristì.

“Non so chi proverà il dolore più grande, sai Glam? Se tu a lasciarci o noi a perderti” – replicò smarrito, accogliendo poi un bacio sulle labbra, che non voleva essere casto.

Geffen stava bene, quel pomeriggio, il viaggio era stato rapido da New York, il ritorno a Palm Springs tranquillo, nonostante l’imprevisto, in cui era incappato per via di Hiroki, ora in salvo.

L’ultima dose di quell’eroina in circolo, perché voleva trascorrere quei giorni in forma, anche se solo apparente, ritrovando Robert, ma anche Jared, a breve.

Sperava di trascorrere con loro il più possibile, di quel tempo sempre più esiguo.

“Dov’è Jude?”

“In palestra, si allena … Sono arrivati dei copioni, ha dei progetti …” – disse piano, sciogliendo il loro intreccio.

“Non mi sembri felice Rob, di questa cosa …” – disse l’avvocato seguendolo all’interno della mansarda.

Downey si allungò, sotto il lucernaio, così fece Glam, affiancandolo, per poi prenderlo per mano.

“Da quando siamo stati operati, lui si sente meglio e questo sì, che mi rende felice” – sorrise, finalmente.

“Bene … E tu?”

“Non è la stessa condizione, anche se il mio organismo non ha rigettato il rene di Jude, penso sia un miracolo, per i problemi avuti in passato, le chemio ed il resto” – inspirò, intrecciando più saldo le rispettive dita.

Glam lo guardò, con dolcezza – “Realizzerete ancora molti dei vostri sogni, ne sono certo.”



Harry imprecò, resettando il timer dell’attrezzo, che stava usando da circa dieci minuti.

“Ehi, così lo rompi”
Law rise, poco lontano, accorgendosi di lui.

“Ehi ciao … Non sapevo fossi qui anche tu, per me è la seconda volta e mi sono già stancato” – ribatté serio, avvicinandosi all’inglese.

“Perché mai? E’ un bel posto, ci sono persone simpatiche” – Jude rise, indicando Xavier, che rimbalzava su di un tappeto elastico, nella stanza adiacente.

Styles lo sbirciò incuriosito, dai suoi indumenti ridotti ed il sorriso acerbo, nonostante lo scultore non fosse più un adolescente ribelle.

“Derado non c’è?”

“Per carità, Phil è pigrissimo … Xavy ci viene con me, qui ed anche a fare shopping, dopo, ti unisci a noi Harry?” – domandò gentile e solare.

“Più tardi c’è il party del nonno …”

“Ci vado anch’io, passiamo a prendere Glam, Rob e … come si chiama? Hiroki? Alla villa, insomma, poi tutti da Meliti”

“Hiroki è qui?”

“Già, sembra ci sia stato un casino a casa sua e poi hai saputo di Kiro? L’hanno pestato, forse per sapere dov’era il nipote …” – rivelò più serio.

“Mi dispiace, non sapevo nulla, con Geffen non è che ci si frequenti spesso, anche se ci siamo visti proprio con lui ed Hiroki a New York … E’ tutto così strano …”

“Quando si tratta di Glam, nulla lo è per davvero”



“Dio sono a pezzi … E qui fa ancora così caldo …”
Adam si lamentò, uscendo sulla terrazza della residenza di Lux.

L’affarista leggeva un giornale di Parigi, poco attento alle elucubrazioni del suo invitato a sorpresa.
Mai si sarebbe aspettato di rientrare in California con un cantante bizzarro e talentuoso quanto Lambert e di ospitarlo, anche se solo per pochi giorni.

Adam voleva trovarsi subito un alloggio ed Antonio aveva messo a disposizione uno dei suoi numerosi loft disabitati, nella zona dove già risiedevano Hopper e Styles.

Il ragazzo, però, non era molto convinto di tutta quella generosità.

Peraltro sarebbe stato ben presto indipendente, se avesse firmato per la Lithium, come prospettatogli da Leto; tanto valeva aspettare un minimo e declinare l’offerta disinteressata di quel boss in pensione, che avrebbe incontrato a breve.

“Dobbiamo andarci?” – chiese parandosi davanti a Lux.

“Dove?” – bissò distratto ed assonnato.

“A quella festa …”

“Uh sì, è sacra” – rise, alzandosi, per andarsi a cambiare.

Erano entrambi ancora in accappatoio, ma non avevano dormito insieme, né più trasceso in alcun approccio, se non amichevole.

“Ok … Che mi metto?”

“Vestiti semplice, se ti serve qualcosa la compriamo, ok?”

“Ok, ma tieni il conto, mi sdebiterò al più presto!” – gli echeggiò dal corridoio, tornando verso la camera, che Vincent gli aveva assegnato.



Brent lo abbracciò forte.

“Ehi fratellino, bentornato” – l’ex capitano lo accolse nel migliore dei modi, dopo avere abbassato la serranda del locale, chiuso per un paio di settimane, in vista del suo matrimonio con Laurie.

“Ciao … Ho lasciato Petra da Pam e Carmela, volevo vederti da solo …” – disse esitante, salendo in auto.

“Ok, eccoci qua, ti ascolto” – replicò lui di ottimo umore.

Quello di Louis era denso di crepe e venature pericolose per il suo rapporto con Harry, agli sgoccioli con la pazienza, temeva il futuro paleontologo.

“Si tratta di Lux …” – faticava a chiamarlo per nome, come se bastasse quel dettaglio a raffreddare i sentimenti, che nutriva per il francese.

“Sì, ok … Lo supponevo, dal Cairo hai avuto una sorta di … ricaduta”

“Nessuna ricaduta, non ci sono andato a letto” – sbottò cupo.

“Non intendevo questo Boo, mi riferivo alla tua lettera, me ne hai accennato, rammenti?”

Louis annuì, allacciandosi la cintura, mentre Tomlinson jr avviava il suv.

“In effetti ho disatteso il mio impegno a dare una svolta a questo pasticcio”

“Ma non lo è” – Brent rise – “… se solo seguissi i tuoi buoni propositi … epistolari” – e gli fece l’occhiolino.

“Volevo trattenerlo, evidentemente o rassicurarlo, con la strizza di perderlo ed il risultato è che sta succedendo”

“In che modo?”

“Ha un altro”

“Non dire cazzate Boo!”

“Cazzate? E’ arrivato in città con un tipo niente male, uno che canta, recita, persino Jared gli ha fatto un provino!”

“E chi te l’ha detto?”

“Colin, mentre lasciavo la bimba dal nonno, ecco chi me l’ha detto” – inspirò greve, fissando il lungo mare.

“E Colin Farrell si mette a fare il pettegolo? No, scusa, non ce lo vedo”

“Con qualche insistenza …” – spiegò buffo.

“Ah mi pareva, però così peggiori unicamente le cose Louis, te ne rendi conto? E ti vuoi fare una ragione che hai sposato Harry, che Vincent è, anzi DEVE essere, solo un amico? Senza dimenticare il micro particolare che ha diritto ad una vita sua, con chi cavolo gli pare o no?!”



Downey sciolse l’ultima lacrima, nell’incavo del collo di Glam, sopra di lui, tra le sue gambe, vivo e ritrovato, anche se in un ritmo fatto di tenerezza, di contemplazione reciproca, non di sesso, anche se ci stavano come provando a farlo, senza pretese, in una sorta di aurea affettuosa e malinconica.

Vennero senza ansiti, senza vibrare lascivi e torbidi.

Si era ricreata solo l’ambizione, mai esaurita, di appartenersi, di respirarsi.

Fu il loro amplesso migliore, forse definitivo, una sorta di commiato, dal loro futuro, mai arrivato, di un passato già dissolto, senza contorni da ricordare e rimpiangere.

Si baciarono, per non dirsi niente.
Avrebbe fatto così male.

Geffen si coricò di lato, portandosi appresso Robert, saldamente intersecato a lui, che lo amava come il primo istante.



Le bimbe avrebbero allietato quell’evento con una recita, dedicandola a Meliti, sistematosi come un sovrano, sopra un trono posticcio, assemblato da Preston e Denny, con l’aiuto di Kevin, Tim e Kurt.

L’atmosfera era invitante e spensierata.

Tom e Chris prepararono Luna con attenzione.
Era splendida.

Così il resto di quel gruppo in rosa confetto, tra ballerine ed attrici, nei ruoli che le figlie di ogni coppia, si erano assegnate la mattina presto, nel parco della residenza di Antonio.

Jared e Xavier, arrivato da solo, pensavano al maquillage di scena.

“Tu non dovevi essere con Jude?” – domandò di botto il leader dei Mars, cercando del mascara fucsia, nelle pochette sparse sulle mensole di un’improbabile sala trucco, sotto ad un gazebo affollatissimo.

“E’ andato da Geffen, non avevo tempo di seguirlo, dovevo correre qui, ero già in ritardo”

“Ok …”

“E poi era in compagnia”

“Di chi?”

“Harry Styles” – sorrise.

“Haz …?”

“Ce lo siamo trovato alla Gym Stars … Un po’ teso”

“Per Louis e Vincent?”

“Ed Adam …” – Xavy ridacchiò, indicando l’arrivo di Lambert con Lux.

“Prevedo guai … Aveva ragione Colin” – sospirò Leto.

“Il tuo Re d’Irlanda la sa lunga su queste cose” – ironizzò il compagno di Derado, ricevendo in cambio da Jared una nuvola di paillettes, che gli si stampò sul petto nudo ed abbronzato, decorandolo come uno stravagante circense.




 LUNA



 ROBERT