domenica 29 maggio 2011

GOLD - Capitolo n.176

Capitolo n. 176 – gold



Jared vagò per più di un’ora, per trovare il coraggio e le parole giuste, da riferire a Kevin, per dirgli della partenza di Glam.
Decise poi che non toccava a lui, che l’avrebbe fatto in un secondo momento, magari dopo averne parlato con Colin.
Voleva solo ritrovare l’abbraccio del suo compagno, subito, ne sentiva un bisogno viscerale, quindi si diresse velocemente alla End House.
Entrando nel salone, vide i bambini sul tappeto, davanti al grande schermo piatto, intenti a ridere per un nuovo cartone Disney.
Lula era con loro.
Farrell stava scendendo dalle scale, con un sorriso magnifico – “Tesoro bentornato, come va il mal di testa?” – e lo cinse per la vita, baciandolo.
“Co… cosa?”
“Sei ancora pallido Jay… Vieni di sopra.”
“Sì, non è ancora passato…Ok…”

“Ti preparo un bagno caldo, spogliati e bevi qualcosa.”
“Cole ho visto Lula di sotto…”
“Sì, lo ha portato Kevin, dicendo che doveva raggiungere Glam non sapeva neppure lui dove, era con una limousine…” – sorrise – “Di sicuro una sorpresa.” – aggiunse, sciogliendo dei sali molto profumati.
Jared rimase interdetto, poi il suo cervello si riempì di immagini, Glam che convocava Kevin per lasciarlo oppure per confessare il tradimento con Xavier oppure… Oppure cosa?
Provò solo sollievo nel non dovere affrontare lui l’argomento con l’amico musicista.
“Ok, pronto. Jared dove sei stato prima?”
“A fare un giro per raccogliere le idee sul nuovo cd…I miei conoscenti nel settore sono abbastanza interessati…”
In fondo non era una bugia, dall’auto qualche telefonata l’aveva fatta sul serio al suo manager ed ad Emma, per organizzare un incontro.
“Ti farà bene tornare sul palco, se lo desideri veramente.”
“Adesso… io desidero solo stare con te Colin.” – replicò fissandolo.
“Non chiedo di meglio… sù vieni.”
“Grazie Cole…grazie…”
Farrell rimase inginocchiato ai bordi della vasca, per lavargli la schiena, senza mai smettere di baciargli le spalle, le tempie, la bocca, dove Jared lo attirò più a lungo.
“Ti amo Colin…”
“Anch’io tesoro…”
“Nostra figlia?”
“Dorme… oggi è stata brava dal medico, le ha fatto un prelievo e…” – “Quale prelievo?” – chiese ansioso.
“Per lo screening delle vaccinazioni, sai che funziona così, poche goccioline, non è ancora un vampiro il dottor Grey!” – e rise.
“Sì… me lo ero scordato… Vorrei stendermi ora…”
“Perfetto, prendo gli asciugamani.”

Era un paradiso perdersi sul suo petto, mentre i fianchi di Colin si scontravano con i suoi: Jared era in estasi, appagato, completo.
“Jar…Jared…amore eccomi…!”
Erano convulsioni cariche di piacere, una libido spasmodica e poi dolce e poi di nuovo veemente e calda.
Il baby control li fece sobbalzare.
Farrell ridacchiò – “Cambio gomme e rifornimento carburante…”
“Ma cosa dici ahahahh?”
“Isy chiama… ok vado…”
“No, portala qui con noi, per favore Cole…”
“Certo, arrivo subito.”
La misero tra loro, giocando con le sue manine ed i piedini, ritrovandosi così innamorati di quel fagottino, da potere impazzire da un momento all’altro.
Jared si commosse al punto di piangere, mentre Colin prendeva pannolini e salviette.
Il biberon era a temperatura, un ding li avvisò – “Pappa sulla rampa di lancio… ci pensi tu Jay?”
“Certo… eccoci qui…Avevi appetito cucciolina…”
Erano meravigliosi: le iridi scure di Colin divennero come carboni, accesi di amore ed ammirazione.
Le dita di Isotta stringevano l’indice di Farrell, che ricopriva di baci sia lei che Jared.
Risero poi come pazzi ai suoi ruttini, un passaggio pieno di insidie, lo definì l’irlandese.
Era un’operazione che si ripeteva ogni tre o quattro ore, ma lo faceva sempre entusiasmare per i suoni e gli sguardi della loro piccola principessa.
“Adesso a nanna…”
“Colin porta qui la culla.”
“Ok… ma poi farai fatica a dormire…”
“Non mi importa…vi adoro…con tutto il cuore.”

Geffen era entrato in un autolavaggio, dopo pochi isolati oltre il quartiere del cottage.
Si sentiva soffocare e non scese neppure dall’auto, mentre i rulli e l’acqua pulivano la carrozzeria e le gomme.
Pensò che poteva anche venirgli un infarto per la tensione, oppure che potesse cercare qualcosa per tagliarsi i polsi, no, meglio la gola.
In fondo non era più utile a nessuno, se non per arrecare sofferenze.
L’ultima immagine, riportatagli dallo specchietto retrovisore interno, era stata quella di Jared, che si spegneva sotto la veranda di quella casa, in cui aveva sporcato anche l’animo di quell’altro ragazzino.
“Xavier…Ventitre anni…” – continuava a ripeterselo mentalmente.
Più che maggiorenne, certo, ma non era quello il punto.
Il pianto che lo aiutò a non scoppiare finalmente trovò un varco, oltre le sue palpebre gonfie e doloranti.
Come aveva potuto?
Jared con quella frase lo aveva trafitto, con una di quelle bombe, che esplodono dopo pochi secondi.
I brandelli di Glam era sparsi ovunque, in quell’abitacolo e lui tentava di ricomporli, per ritrovare un minimo di dignità.
Un tramonto splendido, investì il parabrezza alla fine di quel percorso.
Era una luce dorata ed intensa.
Geffen doveva solo decidere se correrle incontro o darle le spalle, per sempre.

L’autista di quella specie di transatlantico su ruote, consegnò a Kevin un badge, dopo averlo fatto scendere all’entrata principale di un resort estremamente lussuoso.
Il bassista lo conosceva, la sua ex casa discografica prenotava sempre lì le suite per lui e Chris, ma non c’era mai andato, preferendo il proprio alloggio.
Salì ad una di queste, all’ultimo piano.
Oltre la soglia, vide un living immerso in un’atmosfera soffusa, tra luci di candele, il caminetto acceso, una musica jazz a basso volume.
“Glam…” – lo vide spuntare dalla camera da letto, in accappatoio e due flute di champagne.
“Perdonami se non ti ho aspettato, ma avevo bisogno di una doccia tesoro…” – gli andò incontro, baciandolo prima di passargli uno dei due bicchieri.
Geffen aveva sempre detto tutto a Kevin, ogni minimo dettaglio, anche dei propri errori.
Quella volta ricacciò quell’onestà, spesso crudele, in fondo a sé stesso.
Era ovvio che poteva emergere in qualunque momento, ma l’avrebbe affrontato solo in quell’evenienza.
Ora sentiva l’esigenza di dirgli altre cose.

“Dov’è Chris…?”
“A Las Vegas… a ritirare un premio.”
“Perché non sei con lui?”
“Ero di troppo…”
Tomo sospirò, voltandosi su di un fianco, per accoccolarsi meglio sul petto di Shan.
Erano sulla terrazza della loro casa o meglio della casa del croato, dove Chris si era trasferito.
Il pomeriggio era volato, tra una passeggiata in spiaggia, dove un vento fresco scompigliava i capelli di entrambi, mescolando le loro mani ad un certo punto.
Nascosti dalle travi dell’impalcatura di una torretta di controllo, si erano baciati, slacciandosi reciprocamente i giubbotti, per sentire i loro corpi ed i battiti, che li animavano in quel contatto, che non potevano rimandare oltre.
Adesso erano su di un lettino matrimoniale, sotto un cielo stellato, ma cupo.
Le braccia di Shan erano forti e rassicuranti, così come i suoi occhi, posati dolcemente su quelli di Tomo, che cercò di nuovo le sue labbra.
Tremarono.
“Mi… mi chiederò sempre il motivo di questi eterni ritorni… tra noi Tomo…”
Lui prese un libretto, lasciato sul tavolino lì accanto.
“Ho… ho trovato questo, l’avevamo preso a Parigi… Ti volevo leggere un sonetto, è Shakespeare…
Perciò l'amor mio scusi la colpa d'esser lento
del mio pigro animale quando m'allontano:
perché dovrei affrettarmi dal luogo ove tu sei?
Non serve cavalcar veloce fino al mio ritorno.
Che scusa troverà la mia povera bestia allora
quando il rapido suo andar mi sembrerà indolenza?
Darei forte di sprone se cavalcassi il vento,
sarei sempre fermo anche se fossi alato:
nessun destriero uguaglia il passo del mio ardore.
Perciò questo desio fatto d'amor purissimo
e privo della carne, galopperà annitrendo;
ma per amor l'amore indulgerà col mio ronzino:
se allontanandosi da te andò volutamente adagio,
tornando a te io correrò e lascerò lui al passo. §

Shannon sorrise – “E’… appropriato…” – e riprese quel bacio, che non durava mai abbastanza.



mercoledì 25 maggio 2011

GOLD - CAP. 171-172-173

Capitolo n. 171 – gold



Meliti accolse con gioia, ben nascosta, Xavier e tutte le sue bizze.
Il ragazzo doveva preparare una nuova collezione per la galleria Rice e chiese aiuto allo studio Geffen per rescindere il contratto con Stuart.
La cosa si presentava ostica, ma il socio di Glam gli promise che tutto si sarebbe risolto entro un mese.
La sera prendeva un cognac con Antonio, che si decise a togliersi qualche curiositá sul passato di Xavier.
Lui si dimostró da subito sincero – “Stare con una persona dell’etá di Gabriel potrá sembrare… non so… contro natura… o volgare…”
“Non lo so Xavier, se due persone si vogliono bene e si rispettano, la differenza di etá si annulla.”
“Lo dici per Carmela, eh nonnino?”
“Non chiamarmi in quel modo!” – grugní, sorridendo sotto ai baffi.
“Dai che ti piace… almeno nonno… cosa ne pensi?”
“Nonno va benissimo, visto che potresti essere mio nipote sul serio… Uhm, ma dimmi di Gabriel, come sei finito con uno cosí?”
Xavier si rannicchió, come a chiudersi in difesa, ma Meliti gli trasmetteva sicurezza – “Sai… i miei genitori non mi hanno mai davvero accettato… Quando sono scappato da casa, mi hanno odiato, per le scelte che loro non capivano, per il lavoro che avevo fortemente voluto… Niente college, niente universitá, laurea in economia, come mio padre…A me di banche, bilanci, rendiconti non è mai importato nulla, io volevo creare, solo creare, visto che disegnavo bene e poi… Poi Gabriel ha aperto tutte le vie giuste, il successo mi è piombato addosso come un tir impazzito… Mandavo i soldi a casa, anche se non serviva, ma gli assegni tornavano al mittente…Continuavano a ferirmi e rifiutarmi, cosí Stuart diventó la mia famiglia, peccato che mi considerasse una proprietá. L’essere gay cancelló tutte le mie possibilitá di essere amato, persino da mia madre, che mi adorava…Poi sono venute le botte…Gabriel non è mai stato dolce, anzi, peró in cinque anni è peggiorato…”
“Cosí ne avevi diciotto quando lo hai conosciuto?”
“Praticamente sí, da un paio di mesi… maggiorenne e consapevole…oltre che consenziente… Avevo avuto solo un paio di ragazzi a scuola, lui non è stato il primo… dettaglio futile.”
“No, affatto. Comunque gli davi motivo di essere geloso almeno? Non che faccia differenza, nulla giustifica un comportamento simile.” – disse convinto.
“Per nulla, era un paranoico, vedeva fantasmi ovunque… Anche le ragazze erano diventate un incubo per lui, del resto certe riviste pubblicavano un sacco di stronzate su di me, loro correvano alle mie mostre…”
“Mai avuta una?”
“No… francamente forse non ho incontrato quella giusta, ma quando vedo uomini come Colin o Jude… o Jared, insomma vado in orbita con la fantasia, mentre a Carmela, che è stupenda io sbircio solo le tette hihihihi!”
“E finiscila! Dalle una possibilitá…” – e gli fece l’occhiolino complice.
“Mmmm vedró! Buonanotte.” – e gli diede un bacio sulla guancia per poi sparire come un folletto giocoso.

Shannon ed Owen si erano presi un pomeriggio libero da impegni e bimbi scatenati.
Erano andati un una Spa a farsi massaggi, una lampada e bagni rigeneranti.
Si stavano baciando appassionatamente, all’ora del tè, in una saletta intima e riservata.
Rice stava premendo con le dita la nuca di Shan, per poi disegnare arabeschi sulle sue spalle, scendendo lungo le braccia muscolose.
“Facciamolo…” – gli sussurró il batterista dei Mars.
“Lo vuoi davvero …?” – ansimó, mentre le falangi di Shan fremevano nella fessura di Owen, capaci e profonde.
Lui gemette forte, schiudendo le gambe nervose, sporgendosi con i fianchi, nello stendersi su di un futon in stoffa nera.
Shannon fece scivolare i due asciugamani, che li coprivano, restando nudi e bellissimi, in quel chiarore profumato di candele ed incensi accesi.
“Pancia in giú Owen...” – impose con un sorriso e l’altro obbedí all’istante, per poi essere penetrato nuovamente.
“Fino in fondo…Le voglio sentire cosí… ti prego…” – supplicó, ma Shan preferí tormentarlo con la lingua.
Rice inizió a toccarsi, sollevando il busto, aiutato anche dal compagno, che si sostituí a lui anche in quello.
Lo girò all’improvviso, in preda ad una foga istintiva, per averlo senza indugi, con poche spinte, che fecero piangere entrambi, anche se gli spasmi della lussuria ebbero il sopravvento su quell’unico momento di tenerezza, inappropriata per la carica erotica sprigionata dai loro corpi tesi e bramosi di un orgasmo ripetuto ed unico.

Robert si era appisolato sul divano davanti alla tv.
Trasmettevano un film in bianco e nero con Bogart, era tra i suoi preferiti, ma ormai la mezzanotte era passata e la giornata era stata lunga e faticosa.
Aveva la barba incolta, troppo pigro per farsela dopo le riprese, il personaggio la richiedeva il quel modo, gli occhiali da riposo, calati a metà del naso, visto che non poteva rimandare la lettura dell’ultimo capitolo di Cime tempestose, nonostante il suo mito fosse dietro allo schermo digitale, a biascicare battute trite, ma carismatiche.
Jude si inginocchiò, facendo piano, sia nel muoversi, che nel togliergli sia il libro che le lenti, con un gesto amorevole, posando sul dorso della mano destra di Downey un bacio umido, che lo fece destare con un lieve tremolio – “Amore… Dio da quanto sono in questo stato…?” – mormorò intontito.
“Forse mezz’ora…ho lavato i piatti e riordinato il tuo armadio… un’impresa Rob…” – e si sistemò tra le sue gambe, sedendosi sul parquet ed accoccolandosi sulle ginocchia del moro, che gli sfiorò i capelli.
“Ti amo Judsie…” – respirò quel concetto, lo assaporò, perché di natura vitale.
“Ti amo Rob… non smetterò mai, neppure se…”
“Noi i se li lasciamo agli altri… ricordatelo.” – e sorrise, piegandosi in avanti per raccoglierlo e portarselo sopra, allungandosi all’unisono – “Prendimi David Jude Heyworth Law ...”
“Nessuno mi chiama così ormai…”
“Infatti gli altri sono nessuno.” – ribadì Downey, mordendogli il labbro inferiore, per poi umettarlo con il proprio, avido di appropriarsene in tutti i modi possibili.
I loro arti divennero ben presto un groviglio, madido e lucente, nel riverbero che il televisore lcd rimandava, sintonizzato su di un canale musicale a volume minimo.
Si congiungevano armoniosi e continui, vorticosamente, tra singulti e grida, fino a saldarsi in quell’espressione d’amore, che apparteneva esclusivamente a loro, fino a vedere l’alba.

Capitolo n. 172 – gold



31 ottobre 2016 ore 05.15

La pioggia cadeva copiosa nella parte opposta dell’isola, quella quasi disabitata e veniva portata dal vento verso i quartieri privilegiati del Palace, a Port au Prince.
Le luci blu ed arancio dei lampeggianti, sembravano arrivare come lampi infuocati e gelidi, nelle iridi di Syria: era già svenuta due volte, prima di salire sull’ambulanza.
Sentiva la mano calda di Geffen, stringere il suo polso, mentre quella tremante e fredda di Jared accarezzarle la fronte.
La voce di Pamela e delle gemelle rimase al di là degli sportelli chiusi con vigore dai paramedici, che le inserirono due flebo, monitorando poi il battito cardiaco della bambina, che voleva nascere in anticipo di qualche giorno.


La sera prima.

“Ancora una! Su Syria guarda di qua!”
“Dai Jared… ci vuole in grandangolo, guarda che pancia! Tua figlia sarà molto paffuta!” – e rise, solare e bellissima.
Glam la scrutava, notato dalla ex, ma anche dalle figlie, che sapevano quanto lui tenesse a quella giovane ragazza.
Pamela era convinta che quella devozione di Glam, fosse dovuta anche al fatto che Syria aspettava un bambino da Jared: era una trasposizione di amore, diretto e puro.
“Dai Jared, basta foto, tagliamo la torta!” – esclamò Geffen, prendendo i piatti di carta, decorati con disegni rosa e pesca.
“Ecco ci mancava anche il dolce multi calorico!” – mormorò Syria, pregustandone il sapore delizioso.
“Vedrai che a Los Angeles ti faremo dimagrire: Colin ed io ti porteremo in un centro benessere, ti riposerai e tornerai in forma…”
“Lo pensi davvero Jared?”
“Ovvio… e poi non sei mica ingrassata così tanto, solo dodici chili, che sarà mai…”
“Fai presto a parlare tu, sei magro come un chiodo uffi!” – e mise un broncio buffissimo, che Leto immortalò subito con il proprio cellulare, tra l’ilarità generale.
Sembrava tutto perfetto.
Alle cinque di mattina la voce di Syria aveva un tono strano.
Jared e Glam si trattennero nella sua suite, per intervenire nel caso si fossero rotte le acque, come aveva previsto la ginecologa.
Aveva avuto ragione, senza però prevedere un collasso cardio circolatorio, che complicò da subito quello che doveva essere un parto naturale.

31 ottobre ore 06.15

“Perché diavolo non ci dicono nulla, cazzo!”
“Jared stai calmo… Sebastian è con l’équipe della dottoressa Roy, vedrai che andrà tutto bene, lui conosce i problemi di Syria…”
“Sì ma diceva che un cesareo sarebbe stato pericoloso per lei…” – disse sconfortato.
“Lo so. Ha anche detto che si era ripresa e che provavano a fare nascere la bimba spontaneamente…”
“’E passato troppo tempo… non credi Glam…?”
“Tesoro vieni qui…” – e lo strinse, vedendolo disperato – “E se Isotta…ho letto delle cose…”
“Ssstt… non pensare al peggio…non devi.” – disse risoluto Geffen, ma si sentiva morire dentro qualcosa.
Quando incrociò lo sguardo di Sebastian, poi, non ebbe più dubbi.
La sua casacca verde era macchiata di sangue, come i suoi guanti, che si strappo’ via, con rabbia, così la mascherina e la cuffia sterile – “Syria non ce l’ha fatta… Hanno tentato di rianimarla per quasi un’ora… Isotta è nata subito, sta benissimo. Tra poco… tra poco potrete vederla, congratulazioni Jared.” – e se ne andò, vitreo ed assorto nei propri pensieri tristi.
Geffen si appoggiò alla parete, prendendosi la testa tra le mani, mentre Jared cadde in ginocchio, al lato opposto, scoppiando a piangere.
L’infermiera che stava spingendo la piccola culla capì subito la situazione – “Perdonatemi… chi è il padre di Isotta…?”
“Io… signora… so… sono io…” – balbettò Jared, tirandosi su malamente, per andare a vederla.
Era meravigliosa, la pelle chiarissima, le labbra di Syria, il resto di Jared all’apparenza – “Non so se cambieranno, ma al momento ha due splendidi occhi blu, come i suoi…Ci dispiace per sua moglie signor Leto…”
“La… la ringrazio… posso andare da lei?” – domandò incerto.
“Fra poco… i dottori la stanno… sì, tra poco…”
“Va bene… Glam…”
“Sì… sono qui Jared.” – e si affiancò a lui, ammirando quella creatura immersa in un sonno profondo.
“Dio…è … è fantastica…guarda che manine…” – e rise, piangendo piano.

Colin ricevette un sms piuttosto vago da Jared, sull’orario della sua partenza da Haiti.
Provò a chiamarlo, ma trovò soltanto la segreteria,
Erano tutti al funerale di Syria.
Una cerimonia semplice, con in compenso centinaia di fiori.
Fu uno strazio salutarla all’obitorio, ma Geffen chiese che le venisse messo l’abito del suo compleanno, quello che proprio lui aveva acquistato, donandole un giorno ed una notte speciale.
“Addio principessa…” – sussurrò, infilandole all’anulare una fedina di brillanti, baciandone poi il palmo, socchiudendo le palpebre e ripercorrendo i suoi sorrisi, le voci dei bimbi all’asilo che la salutavano al mattino, i cori, le feste, i sogni di Syria.
Jared seguì la scena con stupore e rammarico.
Comprese in quell’istante quanto Glam la amasse.
Provò una commozione devastante.

05 novembre 2016 ore 16.30

Robert, Jude e Colin stavano doppiando una sequenza per il trailer del film, le cui riprese erano agli sgoccioli.
Una telefonata di Simon lo fece sparire in cinque minuti.
La strada verso la End House sembrava interminabile, ma finalmente giunse a destinazione, divorando quella breve distanza, che ormai lo separava dalla propria camera da letto.
Jared era appena uscito dalla doccia, avvolto nell’accappatoio di Colin: si stava tamponando i capelli, inspirando per l’emozione di essere finalmente a casa.
“Ehi… Mio Dio…sei qui…” – e gli volò tra le braccia.
“Cole… ciao… calmati…” – ma l’irlandese lo buttò sul materasso, inondandolo di baci, entusiasta ed innamorato.
“De… dev… devo dirti una cosa Colin…” – provò a dire sorridendo.
“Dopo… dopo, dopo amore… bentornato…” – e lo baciò intensamente.
Sembrava una risatina, poi un singulto, qualunque cosa fosse, Colin ebbe un sobbalzo – “Che cos’è??!”
Notò un baby control acceso, ma non lo riconobbe, visto che Jared lo aveva appena acquistato.
“Colin io volevo dirti…”
“Aspetta… ma…” – e si spostò nella stanza accanto, vedendo l’altra ricetrasmittente gemella su di una mensola, accanto alla culla, che era stata di Violet.
Dalla propria prospettiva, Isotta vide prima un ciuffo di capelli, poi una fronte spaziosa, due occhi scuri, poi velocemente un sorriso.
Colin deglutì – “E tu chi sei…? Ma…sei…stupenda… cucciolina…” – e spostò la coperta, notando un dettaglio esaustivo.
La tutina gialla – “Isotta?!…”
In pochi secondi nel cervello di Farrell si accavallarono mille ipotesi: la prima era che fosse accaduto qualcosa ai genitori, la seconda che gli stessi avessero rinunciato alla neonata per un misterioso motivo, ma Jared era dietro di lui, pronto a spiegargli ogni cosa.
“Sì è… è Isotta…”
Lei sembrava felice di conoscere Colin, gli sorrise.
Lui la prese sul petto, baciandola con accortezza, come se fosse di cristallo.
“Tesoro mio… amore mio… sei una gioia… Guardala Jared, le piaccio…”
“E’ inevitabile amarti Cole… ascoltami, per favore…”
“Cosa ne è di Syria? E Sebastian?…”
“Syria è morta… aveva dei problemi di salute…gravi…dopo il terremoto del 2010, si era ammalata e non ne è mai uscita completamente…”
Gli occhi di entrambi si riempirono di lacrime.
“Sì Jared, ma il padre…Perché Isotta è qui con te…? O c’è forse anche Sebastian?”
“Lui è ad Haiti e non centra niente… lui…lui non è il padre di Isotta…” – si ossigenò a fatica – “Sono io…”
“Ma che stai dicendo…?” – chiese sbigottito.
“Solo una notte… non avevo una storia con Syria… Ero sull’isola da poco, è stata una follia, ero confuso ed arrabbiato e lei infatuata di me o meglio del personaggio… Syria era una ragazza seria, ma le piacevo e siamo usciti una sera, senza immaginare che saremmo finiti a letto… insomma non siamo stati superficiali, lei era coinvolta, io… io non lo so neppure ora, ma ho preso subito le distanze, però non c’era né rancore né altro, eravamo amici… poi mi ha dato la notizia ed io ne sono stato folgorato, ma anche terrorizzato… ed ho sbagliato nel non dirtelo Colin… perdonami… perdonami…” – le ultime parole si mescolarono ai singhiozzi, ma Colin si avvicinò a Jared, baciandolo – “Potevo aiutarti… Dovevi dirmelo solo per questo Jay…”
“Non era mai il momento giusto… non voglio giustificarmi per forza, ho commesso un errore madornale…temevo di perderti… Colin io ti amo più della mia stessa vita…”
“Non ho mai dubitato di questo…ora comprendo molte cose…” – disse con serenità – “Sono frastornato, ma… ma tu non sai quanto sia felice in questo momento Jared… Il dolore per la morte di Syria mi sconvolge, almeno quanto tenere sul cuore… tua figlia…”
“Nostra… nostra figlia, tua e mia Colin… pensi che questo cuore potrà essere ancora una volta tanto generoso e buono… con noi?” – e gli mise la mano destra sul petto.
Colin la prese nella propria, appoggiandole poi insieme su quel fagottino, che li stava osservando con curiosità – “Siamo una famiglia Jared…benvenuta Isy…” – e li baciò entrambi, con infinito amore.




Capitolo n. 173 – gold



La prima notte di Isotta alla End House fu molto particolare.
Durante la cena, Colin e Jared la presentarono al resto della famiglia, destando nei bimbi una grande curiositá mista alla gioia per la nuova venuta.
Come sempre i piccoli furono straordinari nell’accoglierla, insieme ai cuginetti Steve, Josh e Lula, al quale Jared spiegó cosa era successo a Syria.
“Quindi è in cielo zia Syria…” – e fece un leggero broncio deluso.
“Sí tesoro…” – intervenne Farrell, che sottolineó quanto fosse stata generosa e buona, anche se era presto per spiegare che Isotta era la figlia naturale di Jared.
Volevano parlarne prima con Brandon.

Colin portó la culla nella loro stanza, baciando poi Jared, rassicurandolo – “Penseró io a lei, tu dormi tranquillo e mettiti i tappi semmai…” – rise piano.
“Grazie Cole… per ogni cosa, per il tuo amore…”
“Io sono l’uomo piú fortunato del pianeta, questa è la veritá…” – e gli accarezzó gli zigomi asciutti.
Jared era dimagrito troppo, doveva riprendere un minimo di peso e vigore.
Si assopí subito, nonostante il desiderio di appartenere a Colin, ma non c’era fretta.
Isotta era davvero scatenata nei propri vagiti, quindi Colin la rispostó nella cameretta accanto.
La cambió, mentre il biberon si riscaldava nell’apposita apparecchiatura.
Era una diavoleria elettronica, rispolverata dal corredo di Violet.
Miss Wong con il marito avevano preparato tutto, con estrema allegria, per loro Isy era un dono miracoloso.
Il baby control era acceso e Jared ascoltava Colin parlottare e canticchiare con la “…mia principessa… Dio come sei bella…” – sorbendosi poi la cantilena inventata da Farrell > Chi mi ha preso il piedino? < una filastrocca senza senso, che puntualmente si chiudeva con lui che si prendeva in bocca la morbidosa estremitá del bebé.
Lo faceva sempre con Violet, ridendo poi come un pazzo, insieme a lei, all’epoca ed adesso con Isotta, che gradiva tutte le sue attenzioni affettuose.
Jared sorrideva, facendo poi finta di dormire quando Colin tornó a stendersi, ma qualcosa lo tormentava, soprattutto dopo avere parlato con Kevin, il mattino seguente.

Geffen riprese possesso della poltrona dirigenziale del suo studio panoramico, al centro di Los Angeles.
Aveva deciso di tornare subito in cittá, dove Kevin lo stava aspettando con il loro soldino di cacio.
Il bassista dei Red Close chiese a Lula di rimanere tranquillo, perché papá Glam non stava molto bene e lui fu ubbidiente e giudizioso.
“Grazie amore…è stato traumatico perdere Syria…ho un casino in testa, ma non volevo piú rimanere sull’isola, perdonami…vado al lavoro, ma non so cosa mi aspetta, non ho molta voglia di farlo, ma neppure di chiudermi qui…” – disse affranto prima di salutarlo, ma Kevin sarebbe stato paziente fino all’estremo, se necessario.
Appena lo vide uscire dal garage con la berlina appena acquistata dallo stesso Kevin, lo stesso chiamó Jared, per spiegargli quanto stesse accadendo al suo daddy.

Il leggero bussare non lo destó dal proprio stato catatonico, gli occhi gonfi di lacrime, cristallizzate dalle iridi sino al collo.
Glam aveva indossato dei pantaloni ed una camicia neri, come le scarpe, la cintura e tutto il resto di lui.
“Permesso, mi scusi… stavo cercando l’avvocato Carter…”
Solo a quel punto Glam si accorse del ragazzo, che lo stava scrutando con due fanali blu intenso.
Si asciugó la faccia con i palmi gelidi, aggrottando poi le sopracciglia – “Brian è in fondo al corridoio… Lei é…?”
“Xavier… e lei è Glam Geffen…?” – chiese educatamente, turbato da quella visione tanto triste.
“Sí sono io… Xavier? Il discolo di casa Meliti…” – e sorrise, ricambiato dal ragazzo.
“In persona… mi scusi, non volevo disturbarla…”
“Nessun problema, il mio socio arriverá subito… almeno credo…Non so piú niente di questo studio…anche del resto direi…” – mormoró perplesso.
Xavier si guardó intorno, notando le foto sulle mensole, una in particolare, con Glam e Jared: quest’ultimo guardava Geffen, entrambi sorridevano ed erano semplicemente bellissimi.
“Anch’io non so mai niente di me…” – Xavier riprese il discorso all’istante, interrotto dal vibracall del palmare dell’avvocato.
Sbirció vedendo che era proprio Leto.
“Devo rispondere…”
“Sí, me ne vado, piacere di averla conosciuta… aspetto di lá.”
“Ok… sí pronto…? Ciao…”
Xavier uscí, notando che dopo cinque minuti anche Geffen varcó quella soglia, dopo avere inforcato occhiali scuri e recuperato le chiavi dell’auto.
“Flora ci vediamo dopo pranzo, non prendermi appuntamenti, sono a pezzi.”
“Va bene Glam a dopo…”

“Non ce la faró mai Colin…”
“Dai Xavier è solo un pannolino ahahahah”
“Ma è cosí piccola!”
“E cosa dev’essere, ha pochi giorni ahahhah”
“Ok ragazzi, se volete una mano…”
“No Jude, deve farcela da solo!” – “Ma buddy… non ne usciamo vivi ahahhah”
“Sentite, siamo come quattro cretini ed Isotta aspetta di essere cambiata!” – esclamó Robert.
“Vieni da zio Shan, se no facciamo notte ahahah” – ed il batterista la spostó sull’altro tavolo della nursery.
“No no, lo faccio iooo!!” – urló Xavier.
Meliti si grattó la nuca – “Mmmm i cretini ora sono cinque…” – bofonchió.
“No sei!” – si lamentó Owen, alzandosi dal divanetto, per assistere alle grandi manovre.
Xavier si decise e l’operazione ebbe buon esito.
“Ok ora vestila…” – ridacchió Colin, passandogli un pagliaccetto fucsia in ciniglia.
“Che bellinooo!!” – esultó l’artista, dimostrandosi piú bravo nella vestizione di Isotta, che ormai rideva, mordendosi le manine.
Nel frattempo, una cinquantina di invitati, solo amici intimi e parenti, stavano aspettando tutti in giardino, per un party improvvisato da Farrell e che doveva iniziare ufficialmente dopo venti minuti.
“Sono arrivati in anticipo, non vedono l’ora di conoscere Isy… ma dove diavolo è finito Jared…?”
“Non ne ho idea Cole…” – disse Jude, cercando delle babbucce in tono con l’abitino.
Xavier lo immaginava, ma rimase in silenzio.

“Cos’è questo posto…?”
“Ciao Glam entra…”
“Ciao Jared, di chi è questo alloggio…?” – domandó distratto.
“È di Kurt…pensavo ci fossi giá stato.”
“Se è successo non me lo ricordo proprio… come sta Isotta?”
“Benissimo… c’è una festa da noi…”
“Kevin me lo ha detto, lui ci andrá con Lula.”
“E tu…Glam come ti senti?”
“Uno schifo, hai… hai qualcosa da bere?”
“Solo bibite. Tieni.” – e gli passó una tonica.
“Grazie, ma preferivo una tequila o… un gin…”
“Meglio evitare… sediamoci.”
“No, vado, ho… ho da fare Jay.”
“Per favore Glam, parliamone.”
“Di cosa?”
“Di Syria… di… di questa… tragedia e…” – i suoi zaffiri si inumidirono, la sua voce si spezzó.
“Non c’è nulla da dire Jared.” – ribatté risoluto, crollando su di una poltrona.
Jared si inginocchió davanti a lui, prendendogli le mani.
“Glam tu…tu l’amavi…?”
“Certo, era come una figlia per me.”
“Qualunque cosa fosse questo sentimento ti sta logorando… come se avessi dei sensi di colpa ed io vorrei aiutarti…non sopporto di vederti cosí.”
Geffen liberó il proprio pianto, ma era come impietrito in quello stato greve ed insopportabile, come se fosse la somma di una serie di delusioni troppo profonde.
“Nel…nel vederla morire, è stato come se… come se la sua fine, fosse la materializzazione della morte del nostro amore Jared… della storia che non abbiamo saputo o voluto… o dovuto vivere… tu ed io… Forse è per questo che mi fa cosí male, oltre al fatto che Syria mi amava ed io l’ho delusa, ne sono certo.”
“Avevo capito che tu eri speciale per lei, credo si sia innamorata, peró non penso tu l’abbia delusa o maltrattata…”
“Questo no, ma le sue aspettative sono state disattese e forse le ho fatto credere di avere una possibilitá con me.”
“Qualunque cosa tu abbia fatto Glam eri in buona fede, ne sono certo…”
“In buona fede… Tu, Kevin, anche Syria, vedete ció che volete vedere, in me…” – e si rialzó faticosamente.
“Glam non andartene…”
“Non voglio restare qui con te…tu davvero non capisci Jared…vorrei stringerti, ho bisogno di averti, ma è terribilmente sbagliato, sono stufo di fare soffrire Kevin, stufo marcio di questa mia instabilitá!”
“Io non te lo permetterei…”
“Davvero…?” – e gli si avvicinó nuovamente, prendendolo per le spalle – “Davvero Jared?!” – chiese con rabbia.
“Glam…Non buttare via ció che abbiamo riconquistato…”
Geffen lo lasció, andandosene sbattendo la blindata.

lunedì 23 maggio 2011

GOLD - Capitolo n. 169

Capitolo n. 169 – gold



Jared attivò la web cam, dopo avere letto l’email di Colin sull'incontro con Gabriel Stuart.
Era rimasto amareggiato, per l’ennesima storia di abusi e, pur non conoscendo Xavier, ne era dispiaciuto .
“Ognuno di noi ha il suo mostro…” – disse mesto, tormentandosi una ciocca di capelli ribelle.
“Lasciala stare… ti sta benissimo amore. Come stai?”
Jared sorrise – “Meglio, ora che sei qui con me Cole.”
“Mi mancavi.”
“Anche tu…”
“Come vanno le cose sull’isola Jay?”
“Un paio di settimane e torno… massimo tre, completo il mese e poi ai primi di novembre sono a Los Angeles. Prima non riesco…”
“Non devi stressarti. Glam è alla fondazione?”
“Sì, sta sbrigando un mare di carta. Gli alloggi li ha venduti ad una banca…Diciamo che sono disponibili da gennaio.”
“Capisco… E le ragazze? Syria, ci sono novità?” – e si illuminò.
“Glam le ha trasferite tutte al Palace, in due suite, per una serie di motivi pratici. Le gemelle e Pamela andranno a vivere a New York.”
“Accidenti quanti cambiamenti.”
“Syria sta bene e ti ringrazia per il regalo, si è commossa… lei dice che sei meraviglioso ed io ho confermato.” – rise complice.
“A volte lo sono, altre no Jared…” – e si rabbuiò per una frazione di secondo.
“Ma… ma dimmi di Xavier, si è ripreso?”
“Con tutte le coccole che gli hanno fatto Jude e Robert penso proprio di sì ahahahah…” – ed in un istante, Xavier piombò alle spalle di Farrell, saltellando in costume da bagno, un microboxer blu, con riga bianca laterale – “Colin, Colin, Colin!!! Posso andare in piscina??!!” e lo cinse per le spalle.
“Ehiii Jareddd ciao!” – e gli sorrise radioso.
“Ehm… ciao Xavier… senti, quel coso che hai addosso è mio o sbaglio?” – domandò accigliandosi.
“Sì… temo di sì… ma era stato dimenticato in fondo ad un baule, accanto ai lettini prendisole… scusa se…”
“No figurati. Potresti togliere le zampine dal mio uomo, a cui sta per venire un infarto?” – e socchiuse le palpebre minaccioso.
“Opssssss sorryyyyy!!!”
“Ecco bravo Xavier.”
“Allora io andrei Jared…”
“Sì, bravo vai…”
Si salutarono con dei sorrisini tiepidi, ma poi Jared esplose in una risata – “La faccia che hai Coleee ahahahahh sei paonazzo ahahahahah!!!”
Farrell sbuffò – “Che due…”
“Coosaaa??”
“No nulla… dicevamo…? Ah sì, Syria, quando nasce Isotta?”
“Non mi ha detto il termine…” – replicò imbarazzato.
“Se succede prima della tua partenza, falle almeno una foto… e poi pensiamo anche al nostro bambino…”
“Lo faremo… te lo prometto Colin.”
“Non devi fare promesse cucciolo, io so che sarà così.”

Syria stava ciondolando sui bordi della piscina, antistante quel lussuoso mini appartamento, che qualcuno chiamava camera d’albergo.
Era all’attico, mentre con Glam era stata in una senza terrazza.
Lì c’erano passati Geffen e Jared, lo sapeva.
Quando Glam arrivò, la ragazza pensò che la giornata finalmente avesse un senso.
Era da sola, Pamela e le figlie le aveva sistemate un piano sotto, quindi aveva la massima privacy.
“Ciao principessa!”
“Glam! Ciao… benvenuto.”
“Sei a tuo agio? E la piccola?”
“Stiamo bene… insomma la pressione un po’ bassa, ma per il resto…”
“Fa ancora caldo, vieni dentro e stenditi, ti ho portato una granita.”
“Al limone?”
“Sì a limone…” – disse lui sorridente.
“Sei adorabile Glam…”
“Finchè ho buona memoria.”
“No, il fatto è… ok, lasciamo perdere… poi ti annoio.”
“Assolutamente Syria… aspetta prendo un altro cuscino.”
“Ti metti qui vicino a me, per favore?”
Geffen la assecondò, abbracciandola – “Non devi pregarmi per una cosa come questa, sai che ti voglio bene tesoro.”
“Lo so Glam…” – e nel dirlo cercò le labbra di lui, schiudendole contro alle proprie, in un bacio dolcissimo e profondo.
“Sy… Syria non…” – “Ti prego… no… non ti devo pregare, so che mi vuoi bene…” – mormorò, perdendosi nei due specchi turchesi di Glam.
Si baciarono nuovamente, ma per poco.
Geffen si alzò di scatto – “Perdonami. Ho fatto delle promesse a Kevin e… io non devo comportarmi così, alla mia età poi…” – disse imbarazzato.
“Parli come se…”
“Parlo da uomo impegnato e che non deve coltivare le illusioni di nessuno. Penserai che io sia arrogante Syria…” – “No, affatto. Nessuna illusione, io sono certa di amarti.” – ribattè lei con decisione.
“Ed io te ne ringrazio, ma non posso ricambiarti a pieno e non è corretto lasciarsi andare. Non per me almeno.”
“Ora mi lascerai sola…”
“No… No, ma non trascendiamo Syria.”
“Lo fai davvero per Kevin o… per Jared?” – gli domandò fissandolo.
“Lo faccio soprattutto per te. Credimi.”

Xavier spuntò da dietro allo stipite, come un monello indomito.
“Colin, posso?”
“Entra.” – disse lui esausto, dopo avere spento il pc.
“Volevo chiederti scusa.”
“Per cosa esattamente Xavier?”
“Per… per prima…” – ed andò a sedersi sul davanzale, armandosi di cuscino, dopo averci raccolto attorno le gambe e le braccia magre.
“Jared non si è arrabbiato.”
“Ma tu sì…”
“No, no davvero…” – e rise.
“Adotterete un bimbo?”
“Spero di sì.”
“Ma piccolo piccolo o…”
“Non ne ho idea…” – disse dolcemente l’irlandese.
“Ed Isotta chi è?”
“Ah la bambina che avrà una ragazza della fondazione, non centra nulla con il nostro progetto.”
“Ok… ma… è un passo importante. Tu sei straordinario…”
“Vedi Xavier io… io devo farmi perdonare parecchie cose da Jared.” – tornò serio.
“Quali cose?”
“Con te non dovrei parlarne…”
“Come mai?”
“Ho… ho fatto del male a Jared.”
“In che modo…?” – chiese esitante.
“L’ho aggredito… ero drogato di psicofarmaci, ma non è un buon motivo.” – disse risoluto.
“Ma se eri…”
“No Xavier. No. Conoscevo quell’inferno e ci sono ricaduto senza riflettere, arrendendomi alle situazioni. Io dovevo semplicemente rispettare i tempi di Jared, lasciargli sbollire la rabbia per le mie assenze di un anno intero ed aspettare con fiducia il suo ritorno. Per un po’ l’ho anche fatto, ma poi ho ceduto miseramente e non mi perdonerò mai, anche se lui lo ha fatto.”
“Lui ti ama…ti ama così tanto.” – ed una lacrima dispettosa quanto Xavier, scivolò dai suoi occhi blu zaffiro.
Farrell notò che erano molto simili a quelli del compagno e sorrise – “Tu e lui farete faville… se sopravviverete l’uno all’altro ahahahah!”

Robert e Jude erano tornati al loro alloggio.
Si misero sul divano ed accesero lo stereo a basso volume.
“Davvero pensavi a Xavier come… ad un figlio nostro?”
Downey era come rapito da quell’idea: non volle rimandare oltre la propria curiosità.
“Non saprei…tecnicamente sì…” – disse sistemandosi sul petto di Robert.
“Dio ci farebbe impazzire un tipo simile…” – e ridacchiò, scompigliando i capelli del biondo.
“Hai ragione Rob… saremo solo buoni amici per Xavier ed avremo cura di lui.”
“Sei stato tenero questa notte Judsie…”
“Mi sono sentito importante, dopo… che sia vanità?”
“No Jude, è stato un gesto generoso e spontaneo.”
“Speriamo non si cacci in altri guai.”
“Speriamo…” – e si assopirono, sulle note jazz di un vecchio brano.






ONE SHOT - Twelve times twelve

One shot – twelve times twelve




Pov Robert Downey Junior
Biot – France > 2011


Inutile piangere.
Sei andato via.
Inutile scriverti un messaggio al cellulare.
L’hai dimenticato sul comodino.
Troppo preso ad urlarmi il tuo dolore.
Troppo preso a prendermi a schiaffi, come una menade impazzita, scalpitante, che invano provavo a calmare, come se un uomo potesse divenire mito, dopo una notte di sesso con te, Jude.
Stento a pronunciare il tuo nome, eppure è l’unico chiodo, che nella mia testa è rimasto a rimbalzare da una parete all’altra di questo cranio a perdere.
Tutto il resto di me, ha perso te. Jude.
Ti invoco ancora, nonostante non possa credere sul serio, che tu decida di ritornare.
Tu non lo farai.
Tu hai deciso, anche per me, Jude.
Una terza volta, come una preghiera silenziosa, anzi, morta.
Le dita tremano, nel riunire le rose gialle, che mi avevi portato, un dono inatteso, gradito, dolce.
I tuoi opali, bordati di azzurro intenso, frammentati di stille dorate, così le tue ciglia, adorabile elemento estetico, che ti donano, anche se così femminili, come alcuni tuoi scatti o gesti o rimproveri, da moglie noiosa e stanca dei miei ritardi…
Sbaglio.
Sì.
Eccome se sbaglio.
Una moglie è sufficiente, a Malibu, con i suoi alti e bassi, ma sempre presente, paziente, ente, ente… ente… ed ancora una volta ente.
PRATICAMENTE NI_ENTE!
Niente Jude… no, niente, non sono venuto a capo di niente con Susan… Un divorzio?
“Vuoi scherzare Downey?!”
“No… io… veram_ente…”
“Scopati chi vuoi, Jude, il tuo personal trainer, la commessa del bar, a me importa meno di…”
Accidenti non dirlo Susan…
Rovescio il vaso, seguo il rivolo, che diventa un fiume, di acqua limpida, fino ad arrivare sul parquet, formare una pozzanghera, dove l’ultima goccia precipita, creando cerchi concentrici continui…
E’ lo stesso risultato che anch’io ho ottenuto con te, stamattina, Jude.
Numero quattro.
Quattro anni che stiamo davvero insieme.
Francamente non è mai stato uno scherzo, neppure un gioco, tanto meno una finta.
Mi sono bevuto anche l’ennesimo imbarazzo, dopo una settimana di lavoro e te l’ho detto.
“Prendimi per pazzo, ma io ti amo Jude…”
Numero cinque.
I secondi che ti ci sono voluti, prima di stritolarmi con un bacio contro il muro della tua camera d’albergo.
Ne abbiamo viste troppe, così questo casale, immerso tra il verde della Provenza mi era sembrata un’idea perfetta, io, che di perfetto non ho mai fatto neppure uno starnuto.
Jude ti amo.
Numero sei, è il civico di Rue de la Colombie, la nostra nuova residenza.
“Sei un buffone Robert!”
Hai ragione amore.
Per calcolare quante volte ho pensato di te, in questo modo, ci vorrebbe il resto di questa vita, dentro la quale non voglio più restare.
Jude…
Sette…
Jude…
Otto…
« Jude… ?! »
Hai spalancato la porta, inciampando di nuovo nello zerbino nuovo, ma troppo basso – “Ma miseria !”
Sono come caduto in una latente paralisi.
“Hai … hai cambiato idea?”
“Su cosa Rob?”
Il tuo tono è davvero scuro, dubito tu l’abbia fatto.
“Sono stato avventato nell’acquistare questo posto…”
“Semplicemente mi hai escluso. Fosse la prima volta Robert. Lasciamo stare, sono tornato per il mio Nokia…”
Vorrei unirmi alla polvere dei mobili, sollevarmi nella brezza, che non può venire dal mare, ma è bello pensarlo… e sparire.
Così avrei evitato di vederti tornare solo per uno stupido telefonino… no, mento, a me stesso, come d’abitudine.
Avrei evitato l’umiliazione inflitta dal tuo sguardo severo, al mio cuore spaccato a metà.
Il nome delle parti lo conosci, ma io, il tuo, non vorrei più ribadirlo… Jude.
Nove.
Nove passi dal salotto alla camera.
Jude…
Dieci, per annullare la distanza, che ci divide mestamente.
“Adesso cosa vuoi??!”
Vedo la tua rabbia.
La sento, vivida, gorgogliare dalla tua gola alle tue labbra tumide… morbide…mi manchi Jude.
Undici.
Le segna la sveglia kitsch, con la gallina, che becca le granaglie, ad ogni secondo.
“Solo tu potevi comprarla ahahahah”
Lo scorso anniversario…
La tua risata Jude.
E sono dodici.
I minuti che mi hai concesso, per recuperare, prima di sparire, perché non ne sono stato capace.
In fondo non ho mai combinato niente di buono…
Ni_ente!
Niente!
Niente Jude.

The end




GOLD - Capitolo n. 168

Capitolo n. 168 – gold



La visione dei fianchi di Jude, asciutti e sottili, era salvifica per Robert: si sentiva finalmente al sicuro.
Incontrare il sorriso del suo bellissimo ragazzo inglese, sentendo l’essenza di lui come uomo, forte, virile ed innamorato tra le proprie gambe, seguire poi i battiti del cuore di Jude, visibili sotto la pelle del petto glabro ed abbronzato.
Ogni dettaglio rasentava la perfezione.
Come quell’amplesso, che Jude stava facendo durare il più a lungo possibile, fermandosi diverse volte, affinché Downey dapprima si abituasse a lui, poi che lo assaporasse a fondo, infine che ne soccombesse, grato ed appagato in modo assoluto.

“Cosa prendiamo?” – la domanda di Colin cadde nel vuoto.
Shan stava ridacchiando con Owen, per l’abbigliamento stravagante di una signora due tavoli avanti il loro, mentre Downey e Law descrivevano a Claudine tutta una serie di manie del fratello.
Farrell sbuffò, richiamando tutti all’ordine con un colpo di tosse piuttosto evidente.
“Dunque! Non peraltro, visto che vi ho invitati io… vogliamo decidere cosa mangiare, anche perché tra un po’ svengo!” – ringhiò.
Senza neppure avere terminato uno strano verso da affamato cronico, Colin si ritrovò spostato a lato sul divanetto, da una spinta decisa – “Ehi ciao irish buddy! Sono Xavier, tuo cognato mi conosce bene, anche … honey, anche tu qui!!”
I presenti sbarrarono gli occhi increduli, ma poi, dopo un minuto di imbarazzo latente, Farrell abbozzò un sorriso – “Ciao… sì… ti conosco… Ok, accomodati.”
“Già fatto! Ci sono le fettuccine al ragù di agnello?” – domandò con occhi da cerbiatto.
“Mioddio…” – mormorò Law, lanciandogli un’occhiataccia, quasi peggiore di quella riservata a Xavier da Rice.
“Sì, ci sono… bene, le prendo anch’io. Voi?” – disse Colin esterrefatto, ma con una certa arrendevolezza.
Gli altri fecero la loro selezione svogliatamente, infastiditi dalla presenza di Xavier, che non si curò minimamente della tensione palpabile ad ogni parola successiva alla sua venuta.
Il ragazzo sezionò le espressioni dei commensali e poi iniziò a bombardarli di frecciatine, anche velenose.
“Tu sei la nuova moglie di Robert?” – disse, sgranocchiando un grissino, rivolgendosi a Claudine.
“Ehm no… sono la sorella di Colin.”
“Ah scusa, vero, la consorte di Downey Junior è la biondina lì a destra…” – e fece l’occhiolino a Jude, che lo avrebbe volentieri affogato nella vasca delle aragoste, non meno di Owen e Shan.
“Honey ma lui ti fa anche da body guard?” – e sghignazzò dando una pacca a Rice, che gli afferrò il polso, con veemenza – “Piantala Xavier con i tuoi lazzi da quattro soldi! Ti sei autoinvitato, rompi i coglioni a tutti e… A proposito Meliti sa che sei qui?”
“Yummm le nostre fettuccine Colin! Eccole qui…” – e fece un’espressione fanciullesca, senza badare al resto della combriccola ormai.
“Oh bene, almeno starai un po’ zitto.” – sussurrò Colin, piuttosto divertito da quella serata movimentata.
Xavier gli ricordava Jared in alcune sfumature, anche se lui non era mai stato tanto pedante.

“Pizza alle verdure, il principino è servito!” – Geffen rise, nel passare dal microonde a Jared uno dei suoi cibi preferiti.
“Yeahh grazie! Ci voleva!” – ed iniziò a divorarla – “Anche già tagliata, come sei dolce Glam…” – e socchiuse le palpebre assaporando quella delizia.
Lui in risposta gli diede un bacio tra i capelli, provando una malinconia latente, nel ricordare altre serate simili, in verità troppo poche, trascorse ad amarlo senza pensieri.
Quella scritta troneggiava ancora sulla lavagnetta della cucina: Jared non l’aveva mai cancellata.
Geffen decise di chiedergliela, per conservarla in un baule, dove aveva riunito negli anni molti cimeli sportivi, familiari e personali.
Jared annuì sereno – “E’ tua… come parte di me.” – ed abbassò lo sguardo, arrossendo.
“Tu riesci ancora a stupirmi e penso che succederà finchè incroceremo le nostre esistenze in qualche modo Jay.”
“L’importante è non farsi più del male Glam…”
“Non accadrà, promesso.” – e sorrise, finendo un’insalata di riso molto saporita.

“Oh dunque, il nonnino, troppo preso dalle tette di Carmela… ops sorry Claudine, mi distraggo sempre e penso di essere ad un tavolo di soli maschioni, come me… beh sì insomma…” – ed ondeggiò la testa, come quei pupazzetti scemi, che si appendono ai vetri delle auto.
“Adesso basta!” – tuonò Jude.
“Calmati tesoro…” – disse Robert, guardandolo amorevole.
“Sì calmati mr Law… sai mi ricordo di te a Boston, quando venivi alla Stuart Gallery con quella bionda… come si chiama… Tienna… Penna… SIENNA! Un po’ allegrotta come signorina e …” – ma Colin lo interruppe, prendendolo per un braccio – “Ha ragione Jude, devi smetterla, andiamo a fumarci una sigaretta fuori!”
“Wow che onore, non ditelo a Jared, se no mi uccide!” – e sparirono oltre l’ingresso.
Rice si strofinò la faccia – “Dio…che cazzata salvarlo da Gabriel…”
“Ma si puo’ sapere cosa cazzo gli ha fatto questo Gabriel?” – domandò stizzito a quel punto Downey.
“Cosa vuoi che ti dica, forse Xavier mi ha detto un sacco di balle… lo picchiava… sarà vero? C’è quasi da capirlo!” – e scoppiarono a ridere.

“Sei proprio un uomo generoso Farrell.” – disse appoggiandosi al muro in mattoni a vista, mentre Colin gli accendeva una Camel.
“Xavier smettila di giocare, con me non attacca.”
“Lo so, conosco Leto junior, andavo ai loro concerti quando avevo diciassette anni… Una figata!”
“Sì lo immagino…”
“Lui ti amava già da morire all’epoca.” – disse facendosi serio ed assorto.
“Ci amavamo ancora prima di incontrarci, forse anche di nascere, anzi, togli il forse.” – e sorrise.
“Sì, è così.” – e contraccambiò, ma con un sorriso triste.
“Siete una coppia aperta, perché nel caso io…” – “NO!”
“Ok, non siete una coppia aperta, però…”
“Xavier dacci un taglio.” – ribattè seccato.
“Avevo solo voglia, sei così bello…”
“Ti ringrazio, anche tu sei un ragazzo splendido, se lo negassi sarei un imbecille, ma amo il mio sposo e tu non sai cosa voglia dire essere uniti in un modo simbiotico come il nostro, diversamente non ti offriresti ad uno che neppure conosci davvero.” – disse serio.
“I miei ventitre anni sono pochi, ma ti assicuro che…” – il suo atteggiamento divenne da sfacciato a commosso – “Ok, torno dal vecchio, prima che mi gambizzi.”
“Meliti è una persona rispettabile, non approfittartene.”
“Figurati…” – e scrollò le spalle, scappando verso il parcheggio, oltre il quale c’era una fila di taxi.
“E grazie per la sbobba Colin!” – gli urlò dal marciapiede a cinquanta metri da lui.
Farrell gettò la cicca, tornando sui propri passi, ma una frenata stridente lo bloccò.
Fece appena in tempo a vedere Xavier dimenarsi per sfuggire ad un colosso di muscoli, che lo stava buttando di peso dentro ad una limousine bianca.
Jude e Robert avevano deciso di prendere una boccata d’aria ed assistettero alla scena.
Farrell si accorse di loro e li esortò a salire sul suv, per inseguire la berlina, già ripartita.

La strada era vorticosa e saliva verso le colline di Los Angeles.
Iniziò a piovere.
“Cazzo anche il temporale… ma dove andranno?!”
“Non lo so Colin… tieni la distanza…” – disse Jude, mentre Downey avvisava Rice di quanto successo.
Owen saldò il conto ed accompagnò Claudine a casa Farrell, aspettando da lì notizie, insieme a Shan ed i bimbi.
“Di qui si va verso dei resort di quelle nuova catena Judsie… Guarda il cartello.”
“Sì Rob hai ragione… Stuart alloggerà lì… Si fermano, cosa facciamo? Loro hanno il pass per il garage sotterraneo.”
“E noi andiamo dentro e prendiamo una stanza.” – intervenne Colin.

Si presentarono poco dopo, con dei sorrisi accattivanti alla signorina della reception, che li riconobbe immediatamente – “Buonasera…”
“Salve… ehm… Sara!” – disse Colin sbirciando il cartellino di riconoscimento.
“Salve mr Farrell… mr Law, mr Downey, che onore…”
“Lei è troppo buona… Sara, guardi, noi abbiamo in mente uno scherzo per un nostro vecchio amico, Stuart Gabriel, che alloggia qui.” – disse Robert sporgendosi un po’, con quei suoi occhi liquidi come pece, suadenti ed ammaliatori.
“Ve… veramente… per la privacy…”
“E’ una sorpresa, ci dia una mano e le manderò un fascio di rose domani mattina!” – e fece un saltello.
“Ok… stanza 404… gli ascensori sono da quella parte…”

Quando Stuart aprì, Colin gli si parò davanti con una certa veemenza – “Dov’è?”
“Signor Farrell…Come posso aiutarla?”
“Dov’è Xavier!”
“Vedo che si è portato la cavalleria. Sta dormendo, ovvio, a quest’ora…” – disse suadente, senza spostarsi.
Colin si stava innervosendo, ma poi notò uno specchio, sulla destra, che rifletteva il resto della suite. Xavier era rannicchiato su di una poltrona, in boxer, con un segno rossastro sotto alle scapole.
Scrutando meglio l’abbigliamento di Gabriel, si accorse che non aveva la cintura.
“Mio Dio… Si sposti stronzo!” – e gli diede uno strattone.
“Si fermi, come si permette!!!” – tuonò, ma prontamente Jude e Rob lo bloccarono, spingendolo dentro e richiudendo la porta.
“Xavier… ehi… ehi!!” – Colin lo scrollò, ma lui era come immerso in uno shock catatonico.
Lo avvolse in una coperta e fece per portarselo via, ma Stuart si divincolò, cercando invano di sbarrargli la strada – “Chiamo la polizia Farrell!!”
“No la chiamo io, tra dieci secondi, se non sparisce!! Ha capito sporco bastardo??!!”

Jude portò del latte caldo con i biscotti di miss Wong.
Robert e Colin si davano il cambio, nel tentare di farlo parlare, ma sembrava inutile.
“Guarda qui Xavier, cosa ne pensi? Li assaggiamo?” – chiese Downey, sfiorandogli la fronte.
L’artista iniziò a piangere sommessamente, quando il profumo dolce e semplice del passato gli arrivò alle narici.
La madre gli preparava sempre una colazione fatta di latte e biscotti, sembrava un frammento di gioia ingurgitato dal tempo.
Downey si alzò dalla sedia, ma Xavier lo fermò con un cenno del capo tremolante.
“Mi… mi ha sempre pestato… a morte…” – disse con un soffio di voce.
Jude si coprì la bocca con il palmo sinistro, trattenendo a stento il pianto, che poi liberò, andandosi a stendere a fianco di Xavier, spostandolo nel mezzo ed invitando Robert a fare altrettanto – “Potrebbe essere nostro figlio…”
Era vero.
Colin diede loro la buonanotte, distrutto da quelle emozioni devastanti.

Lula aveva lasciato dei dvd della Disney da Jared, che ne mise uno nel lettore.
“Non ho molto sonno…ti dispiace Glam?”
“Figurati…ma non addormentiamoci sul divano, se no la mia schiena, sai ho una certa età!”
“Lo so…Kevin me lo dice sempre, che sarà il bastone della tua vecchiaia!” – e fece una smorfia divertita.
“Non ti strangolo solo perché abbiamo un sacco di cose da fare in giro per il mondo!” – protestò, accogliendolo sotto la sua ala.
“Sono un ragazzo fortunato!” – disse ridendo.
“Sì insomma… ragazzo…” – sibilò Glam, ricevendo in cambio diverse cuscinate.
Si sentiva in pace con sé stesso, dopo un’eternità.





XAVIER

domenica 22 maggio 2011

GOLD - Capitolo n. 167

Jared andó a farsi una doccia, mentre Glam era impegnato a tranquillizzare Pamela, dicendole che erano rimasti nell’alloggio e che al capanno sulla spiaggia c’era stato un semplice incendio dovuto al malfunzionamento della bombola del gas collegata ai fornelli.

Contattó anche il capo dei pompieri, suo vecchio amico, comunicando che qualcuno lo aveva avvisato delle fiamme e l’altro gli chiese se aprire o meno un’indagine, ma Geffen gli suggerí che c’erano problemi piú urgenti ad Haiti.

Si era seduto alla penisola della cucina, davanti ad una tazza di caffè, pensieroso su come agire nei confronti di Dimitri.

Jared tornó, avvolto dai fianchi in giú da un grande asciugamano bianco e l’aria stanca.

Cinse da dietro Glam, all’altezza del petto, appoggiando la testa alla sua spalla.

“Ehi mascalzone…” – disse lui sorridendo, ma sentí che Jared stava tremando, per cui si alzó voltandosi per abbracciarlo.

“Strizza a scoppio ritardato, Jay…?” – provó ad ironizzare, ma l’altro era sconvolto.

“Potevo… potevo non vedere nascere mia figlia…” – i suoi zaffiri erano gonfi di lacrime, che Geffen provó ad asciugare con i pollici, mentre precipitavano lungo le guance pallide di Jared.

“Ma non è successo, guarda alla realtá ed andiamo avanti piccolo…”

“Colin… non mi perdonerá questa volta…tu, tu almeno lo hai perdonato, Glam?”

A quel quesito l’avvocato sospiró, per poi sorridere rassicurante – “Certo…e sono… sono felice che tu lo abbia fatto dal profondo e non solo per la vostra famiglia.”

“Sei il padre che avrei voluto…” – e posando il capo sotto al suo collo, inizió a singhiozzare.

“Te lo ripeto Jay… saró tutto ció che vuoi, pur di vederti felice, ma…”

“Mi manchi Glam…” – deglutí, tornando a fissarlo.

“Anche tu mi manchi… non sai quanto, ma… questa volta Jared dovrai davvero aiutarmi ad essere integro sia verso di te, ma soprattutto verso Kevin … Tu sai, tu lo sai quanto siete importanti per me.” – respiró forte – “Ringrazio Dio ogni giorno per avervi mandato nella mia vita e sai, forse la soluzione sarebbe proprio stata che foste stati i miei figli…” – rise piano.

“Saremmo stati i bambini piú felici del mondo e poi Kevin è un secondo fratello per me Glam…”

“Grazie per la fiducia, non sono stato un padre eccezionale con i miei primi ragazzi…”

“Ma sei cambiato…”

“Sí, hai ragione… Ehi guardami, hai la febbre Jared.”

“Un po’… Mi gira la testa, mi aiuti?”

“Certo, andiamo a stenderci, dormiamo ancora un po’, prendi qualcosa per la temperatura e bevi il succo che ti ho lasciato sul comodino, ok?”

“Ok Glam… Grazie.”

“A bordo. Andiamo.” – sorrise, prendendolo in braccio.

Si addormentarono dopo pochi istanti, sfiniti da tutto quello stress.



Xavier ciondolava in veranda, aspettando che Carmela portasse il caffè al grande vecchio, come lo definiva appena Meliti spuntava all’orizzonte.

Le diceva cose sconce e lei arrossiva, sparendo poi in qualche corridoio.

“Ma te la scopi, nonnino?”

Antonio sbuffó, scrollando le spalle – “Primo non sono tuo nonno, mi impiccherei al contrario. Secondo le mie abitudini sessuali non ti riguardano!” – ringhió.

“No perché sai… la mia mummia prendeva un sacco di viagra per accontentarmi, gli ho fregato un paio di flaconi e se vuoi approfittare…”

“Guarda, ti rispedirei volentieri da Suart, se non avessi fatto una promessa a Rice!”

“Owen… il mio honey!” – sospiró sognante.

“Oddio… se ti sentisse Shan, guarda che quello ti fa a pezzi.” – lo minacció ridacchiando.

“Ah quello… sí sará una forza della natura a letto, del resto trasuda sesso da ogni millimetro di pelle, me lo farei pure io…”

“Io no, grazie.” – esclamó il Leto maggiore, arrivato in quel momento, senza che Xavier se ne rendesse conto.

“Ciao caro, benvenuto, notizie di Jared?”

“Ciao Antonio, tutto bene sull’isola e qui?”

“Mmmm sinceramente ci sono molti parassiti in questo periodo.” – sibiló, puntando il ragazzo, che si alzó togliendosi la t-shirt per poi tuffarsi in piscina, schizzando i due, che rimasero ad imprecare, davanti ad un drink fresco ed invitante.



Colin stava ripetendo la parte a Jude, che era distratto dal proprio cellulare.

“Uk buddy, mi sembri Jared!”

“Uhm scusa…stavo aspettando un sms di Rob, dovrebbe tornare in serata e non vedo l’ora…” - disse raggiante.

“Fantastico, che dici usciamo a cena? O vuoi rimanere solo con lui?” – e fece una faccia maliziosa.

“A cena posso anche condividerlo con te e magari Shan, con Owen …”

“Ed io reggo il moccolo!”

“Se vuoi facciamo venire anche Xavier ahahhah”

“No, per caritá, mi fa venire l’orticaria da come me lo descrive Antonio…”

“È un ragazzo bellissimo, ha talento, eppure è odioso… Forse la colpa è di quello Stuart…”

“Faccio venire Claudine, è rimasta sola, la mamma e Catherine sono giá tornate a Dublino, che ne pensi?”

“Perfetto, lo sai che adoriamo tua sorella.”

“Sí, perché non è la vostra assistente, a me stressa 24 ore su 24…”

“Ehm… ciao Claudine…” – disse Law, con un sorriso a 32 denti.

Farrell si giró di scatto – “Ops…Ciao stellina…” – e gli arrivó una scarpa dritta sui denti.



Rice andó a prendere Lula e Josh a scuola, per poi portarli alla End House, dove avrebbero ritrovato i cuginetti.

Ricevette il messaggio di Jude, che lo invitava nel locale, che aveva scelto Colin, dopo avere avuto giá avuto una prima conferma da Shannon.

Downey sarebbe atterrato verso le cinque di quel pomeriggio assolato, dove, chi poteva cercava refrigerio con un bagno nell’oceano.

Xavier lo stava sbirciando da alcune griglie decorative, inserite nel muro di cinta di villa Meliti, spazientito per quella clausura.

Trovó un varco nella parte occupata dalla fitta siepe e si ripromise di evadere la notte stessa, specialmente perché aveva sentito di quell’appuntamento al Villa´s, un ottimo ristorante, dove avrebbe scroccato un pasto raffinato a Farrell, che di certo non gli avrebbe negato un piatto di fettuccine con ragú di agnello, per le quali andava pazzo.

Tornó nel suo laboratorio temporaneo, salutando Meliti con una boccaccia e ricevendo a riscontro un bel dito medio alzato.



Jared stava di certo sognando di Colin.

Facevano l’amore e Geffen fu svegliato dal suo respiro affannono.

Sorrideva a tratti, era incantevole e sensuale.

Glam provó un lieve disagio, come se stesse spiandoli, come avvenne nella residenza di Antonio.

Il cantante dei Mars era a pancia in giú, posizione nella quale dormiva spesso.

Chiamava il nome del suo uomo, tra un gemito ed un’amorevole contrazione sia del volto che dei fianchi.

Stritoló quasi il lenzuolo con le dita sudate, cosí come la fronte, rivivendo un orgasmo intenso e vivido.

Nonostante quell’agitarsi, non si destó minimamente.

Glam andó ad ordinare la cena, vista l’ora e l’appetito, che di sicuro avrebbe avuto anche Jared, che gli apparve nuovamente sereno.



sabato 21 maggio 2011

GOLD - Capitolo n. 166

Capitolo n. 166 – gold



Tomo massaggiava la cervicale indolenzita di Chris, completamente contratto e rannicchiato sul divano della loro casa.
Il compagno la definiva cosí e quel senso di appartenenza, per il cantante dei Red Close era fondamentale.
“Ho… ho fatto una cazzata Tomo…” – disse piangendo.
“Lo immagino, da quando siamo rientrati hai una faccia…Hai voglia di parlarmene?” – gli chiese dolcemente il croato, anche se temeva la risposta.
“Si tratta di Robert… gli ho dato un bacio… capisci? Io glielo ho dato! Mi dispiace…non volevo farti questo e poi… Lui non centra nulla… il peggio è che é arrivato Jude, anzi ci ha visti, insomma era incazzato ed io non so neppure come sta… papi…”
Tomo respiró profondamente, cercando le parole giuste.
“Perché lo hai fatto Chris?”
“Non lo so…” – disse voltandosi.
“Non… non ti basto?” – e sorrise a metá.
“Tu sei tutto, sul serio Tomo, TUTTO per me ed il mio comportamento è stato ignobile oggi…”
“Credo che un bacio o farci l’amore non fa differenza come gravitá del gesto…”
“Tomo, ti prego…”
“Non ti sto giudicando e non sono deluso, come forse credi… Vorrei solo comprendere le tue mancanze ed il tuo desiderio di avere Downey nella tua vita.”
“Lo vedo come… un padre…”
“I padri non si baciano…” – e rise.
“Forse… mi sono preso una cotta…?”
“Se non lo sai tu, cucciolo mio…” – e lo strinse, baciandolo.
Chris con gesti confusi ed urgenti, tolse i vestiti ad entrambi – “Facciamo l’amore Tomo?”
“Ce…certo…” – balbettó, perso nei baci che stava ricevendo ovunque, mescolati alle carezze del giovane, che era pronto a donarsi completamente a lui, ancora una volta.

Lula e Josh saltellavano per la sala della End House, in fibrillazione per quel mese che avrebbero trascorso insieme.
Si sarebbero divisi tra la casa di Rice, quella di Tomo e quella di Colin, iniziando anche il percorso scolastico nella stessa scuola.
Geffen e Kevin li coccolarono fino al momento della partenza.
“Vi accompagno io all’aeroporto, sei pronto Glam?”
“Sí… Kevin andiamo?”
“Ok daddy…Lula ci vediamo tra poco… Io ho il volo domani…”
“Di nuovo il Giappone?” – domandó Jared con un sorriso.
“Sí… parlavano anche della Cina, ma credo ci siano problemi per i visti…”
“La Cina… che ricordi fantastici, vero Cole?”
“Sí amore, unici… Il tassista è a disposizione, datemi i bagagli.” – concluse Farrell, uscendo con il trolley di Jared, che venne circondato da tutti i bimbi, per un saluto corale e divertente.

Geffen decise di ospitare Jared a casa di Pamela, nella stanza lasciata libera da Lula, per potere assistere Syria al meglio.
Solo Kevin ne venne informato, anzi, Glam gli chiese il permesso di farlo, visti anche i recenti disordini.
Jared non sarebbe stato al sicuro nell’alloggio da solo o almeno questi erano i suoi timori.
Kevin non si fece problemi.
Qualche perplessitá, invece, la ebbe Shannon, quando Tomo gli chiese di tenere Josh per almeno due settimane, durante le quali lui avrebbe seguito Chris in tour.
“Ha bisogno di me, sta attraversando un periodo particolare… Abbi pazienza Shan.”
“Non si tratta di avere pazienza Tomo, stiamo parlando di nostro figlio, ci mancherebbe… ma io sono preoccupato per te… Non so… cosa sta succedendo?” – gli domandó ansioso, davanti ad un frullato in riva all’oceano, in un bar dove andavano sempre con il bambino.
“Prova insicurezza, credo che…che sia un effetto a scoppio ritardato dopo l’aggressione…” – provó a giustificarsi poco convinto, del resto non avrebbe mai rivelato l’episodio del ristorante.
“Ok… sí, ovvio che non è semplice superare traumi simili… Ok, vado a prendere io le due pesti a scuola e teniamo anche Lula, lo dico a Kevin ed abbiamo risolto.” – sorrise, confortando l’ex con una carezza tra i capelli.

Trascorse una settimana abbastanza caotica per tutti.
I concerti in Giappone furono un successo, ma molto caotici.
Il set di Colin e Jared era in fermento per i litigi tra il regista e le tre protagoniste femminili, troppo dive per i suoi gusti.
Downey era impegnato in Messico e non vedeva l’ora di collegarsi via web cam con il suo Judsie.
Owen veniva tempestato dalle chiamate di Xavier, che si era stancato da subito di essere relegato a villa Meliti, pur essendo grato dell’ospitalitá.
Antonio gli aveva permesso di usare una parte dell’ultimo piano come studio e si vedevano solo a cena, punzecchiandosi in continuazione.
Xavier era irritante e dispettoso, tanto da presentarsi persino nudo una sera: Meliti non gli diede soddisfazione, restando incurante davanti ad un simile spettacolo, che fece diventare Carmela paonazza.

Il centro Geffen era nel pieno delle attivitá di soccorso e sostentamento alle popolazioni locali, nonostante molte cose fossero giá state risolte, un’enorme quantitá ne restavano da sistemare.
Jared e Glam si ritrovavano solo a tavola, dopo una lunga giornata fatta di impegni ed appuntamenti, soprattutto per Geffen, che si stava prodigando per vendere le proprietà immobiliari e curare il trasferimento di Pamela e le gemelle a New York.

“Manterrò solo il tuo appartamento ad uso foresteria Jared…”
“Il mio appartamento…” – sorrise – “E questa Glam?”
“La … nostra casetta sulla spiaggia…” – ricambiò il sorriso, brindando con la bottiglietta di birra, stravaccato sui gradini della veranda, dopo avere deciso di guardare il tramonto da quella prospettiva silenziosa – “Troppe donne in quel manicomio…” – ridacchiò.
“Sono così simpatiche… Sai, a Miami siamo stati in un posto simile a questo, con il patio…”
“E nemmeno in quell’occasione sei riuscito a dire a Colin la verità su Syria, giusto Jay?” – chiese pacato.
“Giusto, in compenso lui desidera un nuovo figlio da impazzire… Se io fossi stata una donna, sarei stata sempre incinta con Colin…” – sembrò riflettere.
“Mmm sì… credo di sì… ma se puo’ consolarti, se fossi statA con me, avresti fatto la stessa fine!” – e scoppiarono a ridere.
“Oddio che dementi!” – esclamò Jared radioso.
“Abbastanza. Ok, che si fa?”
“Ti… ti dispiacerebbe dormire qui Glam?”
“Qui? Sicuro?” – disse incerto.
“Come buoni amici…ovvio.” – e sorrise limpido.
“Jared non pensavo a… d’accordo, fermiamoci qui.”

La notte era silenziosa.
Jared non riusciva a prendere sonno.
Si era rannicchiato accanto a Glam, indossando un pigiama troppo grande, mentre lui aveva il solito vogatore ed i boxer, per il clima ancora caldo.
Lo guardava russare, ridendo per quanto era buffo.
Gli sfiorò il naso e Glam fece una smorfia – “Dai Kevin… smettila…” – sembrò grugnire, destando una maggiore ilarità in Jared.
“Daddy…” – bisbigliò, ma niente, riceveva solo dei versi strani.
Un paio di tonfi secchi, ai due ingressi dell’abitazione, lo distrassero all’improvviso.
“Ma… Glam… Glam svegliati…”
Lui ebbe un sussulto – “Che c’è! Cavoli…”
“Glam scusa, ma ho sentito… non lo so…”
“Sentito cosa?!”
“Sembrava qualcuno alla porta…”
“Ma che dici Jay, a quest’ora…aspetta… cos’è questo odore? Bruciato… Mio Dio alzati!!”
In pochi secondi la parte del living fu inondata da fiamme, sempre più alte.
Geffen andò sul retro, rendendosi conto che qualcuno aveva bloccato entrambi le uscite con dei furgoncini, ai quali era stato appiccato un incendio, che presto si propagò verso le pareti.
Jared era nel panico, ma provò a chiamare i soccorsi, senza ottenere risultato.
“Vai sotto alla doccia Jay!! Bagnati più che puoi e fa lo stesso con due coperte!! Sbrigati!!” – gli urlò Glam, prima di comporre il numero di Dimitri.
Pensò fosse l’unico in grado di aiutarli.
“Ehi capo…” – rispose con una voce strana.
“Dimitri!! Sono Geffen, ho bisogno di te! Sono sulla spiaggia, al capanno, sto andando a fuoco!!”
Dall’altra parte silenzio.
“DIMITRI!!?”
“Mi… mi dispiace Glam…” – il suo tono si spezzò.
“BASTARDO!!” – gli gridò, ma ormai era chiaro che il mercenario centrasse con quello che sembrava un vero e proprio attentato.
Jared tornò di corsa – “Ho… ho fatto… ma ci sono le sbarre alle finestre Glam… no… non è possibile morire… così…”
“Taci qui non muore nessuno!! Cazzo!!” – e si precipitò in cucina, ancora al sicuro.
Prese la bombola del gas, in uso ai fornelli e tornò verso la sala – “Jared vai dietro ai mobili di ferro dello schedario, presto!!”
“Glam che vuoi fare??!!”
“Muoviti!!” – ed appena vide che gli aveva ubbidito, posò la bombola a terra e le diede un calcio verso il fuoco.
Si gettò al riparo anche lui in un istante, riparando il corpo di Jared con il proprio.
La deflagrazione fu dirompente.
Lo squarcio che si aprì era comunque avvolto dalle fiamme, ma protetti dai teli inzuppati, riuscirono ad uscire, salendo velocemente sull’hammer, per poi allontanarsi a grande velocità.

Erano sporchi di fuliggine e sotto shock, ma in qualche modo arrivarono al palazzo di Jared.
“Saliamo… dobbiamo calmarci, ripulirci e… dormire…”
“Glam… mi hai salvato la vita…”
“No, l’ho messa in pericolo, tenendoti con me… Ho pestato i piedi a troppa gente e questo è il risultato…”
“Non dire così, cazzo!! E… e non dire nulla a Colin… ti prego…” – disse piangendo.
“Ssssttt… dai andiamo Jared…risolveremo anche questo casino…” – disse poco convinto e sfinito.
Si lavarono velocemente, crollando poi sul letto, per un lungo sonno ristoratore.
Si risvegliarono abbracciati ed increduli, per essere usciti da quell’inferno.
“Lo troverò e gli strapperò il cuore!” – disse Geffen, sospirando infuriato.
“Lascialo perdere Glam…non esporti… Non possiamo perderti, sei troppo prezioso… ok?”
“Jay sai che non do retta a nessuno…!” – e sorrise, dandogli un bacio sulla guancia, prima di alzarsi e preparare un caffè.
Era una nuova, bellissima alba.





venerdì 20 maggio 2011

GOLD - Capitolo n. 165

Capitolo n. 165 – gold




Il volo verso Miami era su di un aereo di una nuova compagnia, che metteva a disposizione dei propri clienti, di solito vip, delle vere e proprie cabine, dove potere conservare una certa privacy, oltre ad un ottimo champagne, con tanto di spuntino dolce e salato, molto gradito dagli avventori.
Colin fece fuori tutto, sotto lo sguardo divertito di Jared, che riuscí ad arrivare soltanto ad un tortino al cioccolato.
“Niente alcol, solo acqua Jay… sono giá abbastanza sú di giri…” – disse divertito.
“Sí padrone!” – esclamó lui, dispiacendosi per quel divieto amorevole.
Claudine aveva riservato un villino fronte oceano, abbastanza isolato e tranquillo, per il loro fine settimana.
Quando si ritrovarono in veranda nel tardo pomeriggio, dopo una lunga nuotata, un pranzo leggero ed una passeggiata sulla battigia, Jared e Colin vollero godersi un tramonto incantevole.
“È meraviglioso…”
“Sí Colin… c’è anche una pace assoluta, sto davvero bene. Grazie per questo regalo.” – e lo bació, sentendo la mano destra del compagno insinuarsi sotto alla camicia, per una carezza attenta sul suo ventre – “Lo voglio davvero Jay…”
“Un bambino?”
“Sí… come lo chiameremo?”
“Non lo so tesoro.” – replicó turbato per quell’ennesimo gesto di complicitá, senza uguali nel suo genere: Colin era davvero capace di farlo sentire in un modo quasi indescrivibile, progettando quella nuova adozione.
James Blunt aveva acquistato i diritti del brano “Le scarpe piene di sassi”, del cantante italiano Jovanotti, un brano del 2011: la radio, rimasta accesa in cucina, lo stava trasmettendo.
Farrell adorava quel pezzo: fece un piccolo balzo, prendendo il polso di Jared – “Dai balliamo!” – esclamó fissandolo estasiato dalla sua bellezza.
“Colin… ok…” – e gli sorrise.
Si strinsero, muovendosi lentamente, come le prime onde dell’alta marea, che stava salendo poco distante da loro.
Jared si commosse, davanti alla gioia di Colin, che verso il finale si fermó, come in ammirazione: “Vienimi a prendere Jared… arriva subito…”
Leto arrise alla sua intonazione, lasciando scorrere qualche altra strofa, per poi indicare gli zigomi dell’altro – “La faccia piena di schiaffi…” – e rise.
“Il cuore pieno di battiti…” – replicó Colin, puntando il suo petto.
“Gli occhi pieni di… te…” – concluse Jared, facendo scorrere i pollici sulle sopracciglia di lui, che lo bació nuovamente, per poi sollevarlo e rientrare roteando nel loro rifugio, alla fine del mondo.

Glam e Kevin fecero un invito alle coppie rimaste in cittá, per il pranzo di quella domenica soleggiata a Los Angeles.
I bimbi erano rimasti alla End House, con le sorelle di Colin, in visita con la madre, la signora Rita.
Si ritrovarono in un ristorante alla moda, Geffen aveva fatto riservare una saletta apposta per loro.
“Wow carino questo posto daddy…”
“Forse volevi restare da solo con me…” – gli sussurró, baciandolo sul collo.
“Forse sí…” – gli rispose, mordendosi un labbro.
“Dio Kevin…” – e lo bació con intensitá.
“Ok abbiamo capito, andiamocene ragazzi!” – Downey aveva appena varcato la soglia di quel lussuoso angolo, con tendaggi damascati ed un grande tavolo rotondo, intorno al quale erano stati sistemati due divani semi circolari.
“Opsss!” – esclamó Kevin arrossendo.
“Va bene, va bene, sedetevi!” – ordinó Geffen.
Chris e Tomo, si infilarono accanto ad Owen e Shannon, mentre Robert e Jude si affiancarono a Glam e Kevin.
“Allora avete notizie di quei due disgraziati?” – domandó Law e Shan ridendo gli confermó la loro fuga – “Sono a Miami, si sono svegliati mezz’ora fa… tornano domani mattina presto…e domani sera Jared volerá ad Haiti.”
“Daddy hai giá preso i biglietti?”
“Sí… non so se è opportuno arrivare a quell’ora, l’isola sta ricadendo in vecchi problemi, tafferugli, derubano le consegne di medicinali e cibo…”
“Glam forse è meglio che torniate in California prima di Natale…” – accennó Tomo.
“Non preoccuparti per Lula, se non saremo al sicuro, lo riporteró subito qui…O forse… forse sarebbe meglio lasciarlo giá da subito a casa di Colin, cosa ne pensi Kevin?”
“Per il mese di ottobre siamo in concerto, ma a novembre io posso rientrare qui e lui si divertirá con gli altri… lo iscriviamo alla scuola di Josh…”
“E noi lo terremo con cura.” – disse Owen, sorridendo.
“Certo…Sono, peró in pensiero per te e Jared…” – aggiunse Kevin, consapevole di Syria.
“Faró il possibile per sistemare tutto velocemente, devo pensare anche alle gemelle ed a Pamela, ma loro credo vorranno andare a New York, ne avevamo giá parlato.”
Kevin provó un certo sollievo, non riuscendo a sedare la propria gelosia verso la ex di Geffen, mentre per le gemelle provava un affetto sincero.
In tutto quello scambio di riflessioni e programmi, Downey notó che Chris non lo guardava volutamente e che non gli rivolgeva minimamente la parola.
Jude gli sembrava rassicurato, anche se il biondo sembrava molto attento alle portate, visto che aveva riacquistato l’appetito.
Il pasto arrivó al termine in buona armonia e qualche risata; in pochi minuti, sembrarono dileguarsi tutti per un motivo o per l’altro: Glam andó a pagare il conto, Kevin rispose ad una chiamata di Jared, Shan e Tomo uscirono a fumarsi una sigaretta, Chris si allontanó dicendo che doveva prendere una cosa, Owen digitó veloce una email per la segretaria, Jude aveva seguito il sommelier, per acquistare un paio di bottiglie d’annata e Downey cercó il bagno per rinfrescarsi.
Si sentiva a disagio, provando una leggera amarezza, per l’indifferenza di Chris.
Si impose mentalmente di finirla all’istante con quelle baggianate, ma non poteva negare di esserne turbato.
“Ehi papi… ciao!”
Chris spuntó da un angolo, volando tra le sue braccia.
“Ehi… ma…!”
“Scusami Robert…per prima… senti, non voglio piú farti litigare con Jude, non so se è il modo giusto, ma almeno ci ho provato…” – lo disse tutto di un fiato, tormentandosi nervosamente la nuca.
“Tesoro guarda che con Jude va tutto bene.” – replicó, dannandosi poi per quel “tesoro”, che gli sembró inopportuno.
“Rob…ne sono felice…ecco io…”
“Cosa ti prende Chris?” – il suo tono era dolce, come nello sfiorargli il mento con un buffetto.
In un battito d’ali, Chris si sporse, afferrando il volto di Downey per un bacio a sorpresa.
Fu piú uno scontro di labbra e denti, che lasció Robert di stucco.
Jude, invece, sentí una rabbia incontenibile, scagliandosi contro Chris, che stava tremando per il gesto, nel vano tentativo di giustificarsi con Robert, senza neppure accorgersi di Law.
“Stai lontano da lui, sei uno stronzo!!” – e lo spinse via da Robert, che era rimasto appoggiato alla parete, senza riuscire a reagire minimamente.
Il cantante dei Red Close sparí, in lacrime, senza proferire parola.
Law stava tremando per il nervoso, i pugni chiusi.
“Jude… Jude calmati, ascolta…”
“Lasciami perdere!! Vai… vai al diavolo!!” – e fuggí via.

La sabbia era tiepida, il mare calmo.
Robert si era tolto le scarpe, arrotolandosi i pantaloni, prima di percorrere un breve tratto di battigia, alla fine della quale Jude si era fermato, accucciandosi vicino ad una barca, abbandonata lí da qualche pescatore improvvisato.
Quando gli fu ad un metro, sorrise – “Devo dirti una cosa Judsie.”
“Non la voglio sentire, grazie.”
Downey incurante delle fievoli proteste dell’altro, si inginocchió davanti a Law, guardandolo con i propri occhi dispiaciuti e profondi – “Volevo… volevo rispondere alla tua domanda…Rammenti?”
“Quale domanda?” – sbottó brusco.
“Perché ci amiamo cosí tanto…”
“Ah. Forse dovrei riformulare, perché IO ti amo cosí tanto!” – ironizzó, ricacciando in gola un singhiozzo evidente.
Le sue iridi azzurre si colmarono di un pianto, che voló nella brezza di fine settembre.
Sembró volerle liberare, con l’indice ed il medio destro, come a rinnegare la sua sofferenza.
Robert raccolse i suoi palmi, baciandoli – “La mia risposta è semplice Judsie… Tu ed io siamo nati insieme… Dopo una gestazione durata anni, in un liquido amniotico chiamato falsa vita… Quella dove il destino ci aveva relegati, dandoci da un lato troppo e togliendoci dall’altro anche di piú, punendoci di continuo… Era tutto cosí buio Jude, prima che tu arrivassi… ma tu, tu eri giá lí con me, in attesa di vedere il nostro primo, vero, giorno di vita… La nostra vita, Jude…”
Anche lui pianse.
Jude liberó tutta la sua frustrazione, nell’accoglierlo sul proprio cuore, agitato al punto di esplodere, terribilmente innamorato di Robert, che si sentí nuovamente al sicuro.

Jared fu aggiornato da Kevin su quanto avevano deciso per Lula.
Farrell ne fu entusiasta.
Il vocio dei cuccioli riuniti nella loro residenza, fu il benvenuto migliore al loro ritorno.
Trascorsero ore in allegria, fino alla cena leggera e poi ai saluti.
“Anima mia, abbi cura di te...”
“Lo faró Colin…”
“Aspetta un attimo, hai ancora un posticino nel trolley?”
“Sí certo, è praticamente vuoto.” - disse sorridendo.
“Ho preso questa per la bimba di Syria, nascerá presto, giusto?”
A Jared mancó un battito, nello scrutare quella tutina gialla, con un orsacchiotto buffissimo ed una scritta – “Qui non funziona nulla, ma siamo tutti cosí simpatici. Benvenuta Isotta!”
“Mio Dio…” – mormoró, per poi scoppiare a piangere – “È stupenda Colin… tu sei stupendo.” – e si aggrappó a lui, inondandolo di baci.
“Oh mamma… è solo una tutina… e se prendevo un collier di brillanti?” – e rise, per poi cullarlo, credendo che l’argomento lo toccasse per via del nuovo figlio che desideravano.
“Gliela consegneró… ne sará felicissima.”
“D’accordo Jay… ti adoro, sei unico.” – disse sereno, per poi tornare a baciarlo.


BEYOND THE DARK > THE CAST

BEYOND THE DARK è una nuova fanfic, scritta a 4 mani da harderbetterfasterstronger e meggie681.
La troverete sul sito EFP, nel mio spazio, meggie681 appunto :)

E' una fic a tinte forti NC 17 - lemon, rating rosso e non per stomaci delicati.

Questo il cast :)
Buona lettura a tutti e grazie per le recensioni :D

N.B. I CAPITOLI SARANNO PRECEDUTI DAL NOME DELL'AUTRICE.


ROBERT DOWNEY JUNIOR is ROBERT


JUDE LAW is JUDE


MEL GIBSON is MEL


VAL KILMER is VAL


BRUCE WILLIS is BRUCE


COLIN FARRELL is COLIN


JARED LETO is JARED

giovedì 19 maggio 2011

GOLD - Capitolo n. 164

Capitolo n. 164 – gold



Jared si stava ingozzando di cuscus alle verdure e gamberetti, nella sala dei doni.
Si era rintanato lí con Colin, che guardava vecchi cartoni animati con Paperino, sghignazzando come un pazzo.
“Non uscirei piú di qui…” – sospiró l’irlandese, stiracchiandosi, dopo avere spento il lettore dvd.
“Io invece vorrei girare ancora il mondo, con te…” – disse fissandolo, mentre si puliva nella sua camicia.
“Jay… ehi ma…”
“Zitto! Questa te l’ho regalata io, quindi…”
“In questo stato non posso che toglierla.” – e se la sfiló, restando in jeans, scalzo, com’era Jared, che indossava un paio di short aderenti ed una polo verde mela: un abbinamento orrendo.
“Tu frequenti troppo Downey, mio caro ragazzo americano…” – sogghignó, spogliandolo in pochi secondi.
“A me sta bene tutto Cole!”
“Modesto…”
“Realista…” – e rise.
“Ti amo Jared.” – disse il moro seriamente.
Leto gli prese il volto tra le mani, baciandolo con dolce irruenza.
Gli si mise poi sopra, a cavalcioni sulle gambe muscolose di Colin, che gemette – “Toglimi questi cosi Jared…”
“Quali cosi?” – domandó ironico – “Io sono pronto, basta no?” – “No che non mi basta Jay…” – ma lui non si mosse, prendendo le dita di Colin per portarle intorno al proprio sesso, giá turgido – “Abbi cura di me Cole…”

La schiena di Jude era cosparsa d’olio alle mandorle dolci.
Era luminosa, nell’aurea di quell’alba losangelina.
Spiccava tra le lenzuola bianche, dove Downey lo stava ricoprendo di attenzioni.
“Perché ci amiamo cosí tanto, Rob?” – chiese all’improvviso, affondando il viso nel cuscino.
“Era il nostro destino. Temo…” – e sorrise, baciandogli la nuca.
“Hai mai sofferto per la mia amicizia con Colin?”
“No tesoro, davvero mai. Certo capivo che tu eri pazzo di lui, ma…”
“E sú, volevo fare un discorso serio…” – protestó, voltandosi repentino.
“Tu vorresti fare un discorso serio, in questo stato Jude?” – e ridacchió, sbirciando la sua splendida erezione.
Law arrossí, inconsuetamente.
“Ops…” – e si coprí con un lembo delle coltri candide.
“No… non farlo, voglio guardarti Jusdie.” – la sua voce calda e decisa, alimentò maggiormente l’eccitazione nel biondo.
“Ok… non riesco a dirti di no Rob…” – ed il suo respiro aumentó, mentre spostava la stoffa, concedendosi alla sua ammirazione.
“E perché dovresti?...Tu sei mio Jude…” – e gli bació la fronte, scivolando, senza staccarsi da lui, sino alle labbra, mordendole piano, leccandole e poi invadendole a fondo.
“Toccati ora…” – mormoró, specchiandosi nei suoi diamanti cerulei.
“Sí Rob…” – e nel dirlo, socchiuse le palpebre, mentre Downey gli sfilava il guanciale da sotto, facendolo stendere completamente.
“Cosí bravo…” – disse Robert allungandosi sul fianco, per guardare meglio il suo piccolo Jude masturbarsi come un sedicenne, scabroso ed irresistibile.
La bocca di Law si spalancó, era ad un passo dal culmine.
“Robert… ti… ti prego… prendimi…”
“Dammi un ottimo motivo…”
“Voglio… voglio venire insieme a te…” – mugoló, fermandosi.
“Sí… mi basta…” – disse sommessamente, avvicinandosi al suo orecchio.
Lubrificato da quell’unguento usato per i massaggi, Downey lo tormentó dapprima con le dita, poi con dei baci sinuosi e caldi, infine penetrandolo con estenuante lentezza.
Jude si spinse verso di lui, aprendosi al meglio ed esortandolo con il proprio corpo, a possederlo senza alcuna tenerezza.
Robert si avvinghió a lui, lasciando che i propri fianchi perdessero ogni controllo.
Jude urló, per poi piagnucolare nel collo di Robert, che si lasció andare a singulti sempre piú irruenti, come i suoi colpi.
Con energia, scambió le loro posizioni, affinché Jude lo cavalcasse con gioia.
Lo accontentó, per un tempo che inizió a dilatarsi.
Il loro orgasmo fu simultaneo ed a Jude non serví stimolarsi oltre.
Crolló sul suo amante, il suo migliore amico, il suo uomo gentile e pieno di sorprese, ma, soprattutto, di amore per lui.
Downey sentí un rivolo di lacrime scivolare dalle iridi di Jude sulla propria pelle sudata: “Angelo mio…”
“Sto bene Rob… ma mi dispiace per come mi sono comportato a causa di Chris… Non ho rispettato le tue scelte, non ho… accettato che tu potessi avere a cuore la sua storia, che gli dessi spazio…”
“Guardami Judsie…” – disse prendendogli il mento.
“Sí…”
“Dio come sei bello Jude…sono cosí innamorato di te… io ti adoreró per sempre. Non puoi non saperlo…” – e lo bació, fino a consumare qualsiasi suo dubbio.

“Due giorni a Miami… e poi potrai tornare ad Haiti a concludere il tuo periodo di volontariato, cosa ne pensi Jared?”
Farrell era talmente raggiante nel formulare quella proposta, che non gli si poteva dire di no.
“Splendida idea Colin…Diciamolo ai bambini…”
“Anche a quelli cresciuti?”
“Mmmm no, per loro andrá benissimo un sms, tanto stanno ancora dormendo ahahah…”
I loro figli, invece, erano giá nel parco a giocare, con Lula, Josh e Steven.
Salutarono i genitori con affetto, chiedendo come al solito un regalo.
Simon li accompagnó all’aeroporto, sarebbero decollati dopo meno di un’ora.
“Peccato non vedrai Judsie…”
“Non preoccuparti, saremo di nuovo sul set fino a metá ottobre come minimo…”
“E Robert ha finito il film in Messico?”
“Credo di no Jared… Comunque c’è molto fermento alla Universal, sono cambiati due dirigenti di punta e pare vogliano produrre diversi film a tematica gay.”
“Interessante…potrei scrivere un soggetto.”
“Perché no…” – sorrise – “E poi lo faranno interpretare a Robert e Jude ahahahh”
“Tu non lo faresti, Colin?” – domandó con una punta di malizia nella voce.
“Con te di sicuro.” – ribatté lui deciso, facendo scorrere le mani sulla sua schiena nuda sotto alla t-shirt degli Iron Maiden.
“Cole…” – sussultó.
“Jay…” - e gli succhió un punto preciso del collo, dopo averlo trascinato nelle toilettes.
“Non… non puo’ sempre finire in questo modo al Lax, Colin…” – protestó debolmente, sentendosi toccare dappertutto.
“E chi lo dice Jared?” – replicó, lottando con la cintura dei propri pantaloni – “Lascia, faccio io Cole…”
“Allora hai voglia anche tu.” – e lo bació, spingendolo contro alla parete del vano doccia, dove si erano chiusi velocemente.
“Me la fai venire per forza…”
“Veramente io vorrei farti venire in altri modi…” – e si inginocchió, ingoiando l’erezione di Jared, con un’enfasi da infarto.
“Colin ommioddio…Colin…”
“Scopami la bocca… cosa aspetti.”
Il cantante dei Mars annuí, muovendosi con cautela, anche se avrebbe voluto lasciarsi andare.
“Impegnati di piú Jay, se no lo faró io…”
“Voglio fotterti, cosí sentirai quanto ti voglio!” – e dicendolo, lo afferró per le spalle, piegandolo davanti a sé, per prenderlo con decisione.
Farrell fremette, ma Jared si bloccó – “Abituati a me…”
“Sei… Jared…troppo…”
“Non penso, davvero, sai?” – e ricominció a sbatterlo, sfogandosi in espressioni volgari, fino a svuotarsi in lui totalmente.
Colin si accasció e Jared decise di farlo godere con una fellatio perfetta.
“Che buon sapore che hai bell’irlandese…” – ed ingoió il suo seme fino alla fine.