giovedì 30 agosto 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 184

Capitolo n. 184 - sunrise


Lo scoglio dal quale Downey stava scrutando l’oceano, lo faceva apparire agli occhi di Geffen, ancora più esile ed inerme.
“Ho … ho preparato qualcosa da mangiare, Rob” – disse intimorito dalla cupezza del suo sguardo, che si tramutò in qualcosa di dolce, appena Glam interruppe i suoi pensieri dolorosi.
“Sì … sì eccomi, mi spiace non averti aiutato”
“Figurati …” – gli sorrise, prendendogli la mano destra, con estrema delicatezza, affinché lo seguisse, senza cambiare idea, magari girandola in una decisione estrema, per scrivere la parola fine a quei giorni terribili, dopo il compleanno di Colin.

Jude si era trasferito e villa Meliti, nonostante il resto della famiglia vivesse con estremo disagio la sua presenza.
Pamela aveva insistito, considerato l’ottimo rapporto con Camilla, che non doveva essere ulteriormente traumatizzata.
Le era stata spiegata la decisione di separarsi, dai genitori, ma non all’unisono, come si dovrebbe fare con i bambini.
La versione dei fatti era stata la stessa, su regia di Brandon, che gestì entrambi gli incontri con la piccola, preoccupandosi che Robert e Jude mantenessero una sommaria serenità.
Il risultato, comunque, rimaneva triste e sconsolato, negli occhi grandi di Camilla, che vedeva nei rispettivi padri, tutto il suo mondo, andato in pezzi.


“Sono salati, vero Rob?”
“No … sono squisiti è … è che non mi va niente” – disse opaco, ciondolando la forchetta tra il piatto di pasta ed il bicchiere.
“Sono due giorni che non mangi”
“Sai Glam, dovrei vergognarmi, con tutta la gente che muore di fame … Mia madre lo ripeteva quando avanzavo il cibo, di ottima qualità peraltro … almeno i soldi non mancavano, eravamo benestanti, ma avrei dato tutti i miei giochi, i vestiti, la cameretta bene arredata, la bicicletta puntualmente ultimo modello, in cambio di una carezza di mio padre, in uno stato di lucidità e di affetto concreti e non sempre alterati dalla droga e spesso dalla bottiglia …”
“Era un bravo regista, se non rammento male …”
“Oh sì, grazie a lui mi si sono spalancate le porte di Hollywood … e delle camere da letto dei suoi pusher, quando mi ridussi anch’io alla stregua di un verme, senza più dignità, senza più amici, senza lavoro … Da straordinaria promessa, da bimbo prodigio, mi ero trasformato in pochi anni in un relitto …”
“Eppure sei qui Robert e sei … sei bellissimo, dentro e fuori” – replicò sincero.
“Un sopravvissuto … come te Glam”
Si fissarono, ma non per molto.
“Ok, magari un po’ di gelato” – Geffen sorrise, quasi in imbarazzo, avviandosi verso la penisola della cucina.
“No, mangerò tutto … questi spaghetti sono deliziosi e poi … e poi io voglio stare bene, ecco” – quel singulto, che gli girava nello stomaco, da quando si era accomodato al tavolo, sembrò risalire e stringere la sua gola, come una morsa, che non lasciava scampo.
Glam corse da lui, per stringerlo forte – “Adesso basta Rob …” – gli disse piano, entrando con la propria voce nel suo orecchio sinistro, così come il suo respiro, il che ricordò a Downey di quando si salutarono al matrimonio di Dean e Sammy, ritrovando quelle sensazioni di turbamento, che all’epoca l’attore non si seppe spiegare.
Ora, invece, gli era chiaro quanto Geffen potesse essere non soltanto un ancora di salvezza, durante quell’esilio dorato a Palm Springs, distante da Jude e dal fallimento della loro unione, ma soprattutto un uomo di cui fidarsi e, a poco a poco, innamorarsi perdutamente.
“Tu … tu mi rispetterai, vero Glam …?” – gli chiese in lacrime, amare ed asciugate in fretta, perché lui aveva una dignità, come gli ripeteva Geffen, perché Jude non meritava tanta sofferenza, perché doveva finire quel martirio, ma la sua vita era stata gettata via, così che ogni nuovo evento gli appariva irrimediabilmente tardivo.

Glam gli accarezzò gli zigomi, poi il suo pollice scese al mento, infine le sue mani ampie, sembrarono scortare Downey davanti ad uno specchio.
Erano lì, in piedi al cospetto di un cristallo pregiato ed incorniciato da un maestro vetraio in Murano, un pezzo unico: Geffen alle spalle di Downey, i loro sembianti incollati ed immobili, anche se dentro ogni emozione sembrava implodere, colorata e carica di aspettative.
“Guardati Robert … Cosa vedi?” – gli disse piano, cingendogli la vita magra, come il resto, prosciugatosi ulteriormente in quelle ore di snervante malinconia.
“Sono … vecchio …”
“Sciocchezze” – Glam sorrise, era bellissimo, abbronzato, virile, presente a sé stesso, nonostante Jared gli avesse sferrato l’ennesimo colpo basso.
Rob chinò il capo, con una risatina poco convinta e sconsolata, ma Glam, sicuro e diretto, con il palmo destro riportò il volto di Downey dritto ad osservare il riflesso di loro, mentre con il sinistro premeva l’addome teso di Downey, sopra alla t-shirt aderente – “Non ammetto che tu possa cadere, Robert, sai che non lo permetterò, per nulla al mondo, ora che sei qui”
Il tono di Geffen era perentorio ed aveva il sapore di quelle decisioni, alle quali non ci si poteva sottrarre: lui infondeva certezze, anche quando si camminava sulle sabbie mobili, era il suo carisma, l’arma vincente in aula, ma, specialmente, la giusta cura per guarire e dimenticare.
Se solo fosse stato possibile, rifletté Downey.
“So cosa stai pensando Rob” – inspirò, dandogli poi un bacio sulla nuca, tra i capelli corvini, infine sulla spalla sinistra, avvolgendolo con entrambe le braccia muscolose, rivelate dalle maniche corte della sua maglietta nera.
“Tu sei abituato a combattere Glam … a vincere … a perdere … Ritrovi la forza, non so da dove, dopo tante battaglie perdute, tu sei … TU sei ancora qui”
“E tu con me, senza forzature Robert, senza sensi di colpa, senza riconoscenza, se non quella reciproca di regalarci un sorriso ed io me lo farò bastare, per tutto il tempo necessario, perché tra noi due non deve accadere nulla che non vogliamo, nulla muterà, il nostro affetto, la nostra intimità, i battiti di questi vecchi cuori, li senti anche tu?”
Downey si voltò lentamente, cercando gli specchi celesti di Geffen, che ebbero un lieve, impercettibile, sussulto.
“L’ho visto Glam …”
“Cosa …?” – gli sorrise, aderendo a lui.
“L’amore che hai tu per me … La sua forma … pulita ed autentica”
“Ed a me sconosciuta, lo riconosco Robert”
“Ne sono … orgoglioso” – e gli accarezzò la tempia, alzandosi sulla punta dei piedi, per posarvi un bacio leggero, ma Glam lo sollevò, cinturandolo meglio per il busto “Non devi fare alcuna fatica Rob”
Si baciarono, inghiottendosi l’un l’altro, con intensità.
Sembrò ad entrambi di staccarsi dal suolo e volare via, finalmente.


Si erano addormentati quasi subito, sul letto di una delle camere in mansarda: era un ambiente particolare, sovrastato da una cupola azzurra, attraverso la quale ammirare un firmamento incandescente quella notte.
Geffen faticò a sentire il cicalino del video citofono.
Si svegliò, sbrigandosi a rispondere, per non svegliare Robert.
Controllò l’ora, erano le nove e trenta di mattina.
Quando scorse la figura di Jared ed il suo volto teso, perse un battito.
Voleva smetterla di emozionarsi in quel modo, ogni volta che lo vedeva, ma sembrava una battaglia persa in partenza.

Nel mentre invase il living e la tranquillità della casa, con la sua palese agitazione, Glam ebbe l’impulso di prenderlo a calci e cacciarlo.
Le iridi di Jared, però, erano cariche di apprensione e sgomento.
“Perdonami Glam, non volevo disturbarti, senza avviso, ma temevo non volessi parlarmi.” – disse vuotandosi del gin in un bicchiere da coca cola, quelli usati da Lula.
“Che diavolo stai facendo, cazzo?!” – esclamò Geffen, strappandogli la bottiglia e gettando quel veleno nel lavandino, prima di guardarlo ubriacarsi.
“Non lo so, va bene??!! So unicamente che voglio salvare Colin da questo complotto assurdo e sono qui a supplicarti perché ciò avvenga …”
“Ed in che modo? Non riesco più a reggerti, se proprio vuoi saperlo, dopo il modo in cui hai reagito a quello che chiami complotto, accidenti!” – gli urlò in faccia.
Jared tremò, appoggiandosi alla parete, senza più nessun impeto.
“Non ci credo Glam, a ciò che ha raccontato Jude, anche se so perfettamente che è stato violentato … come me”
Geffen deglutì a vuoto: voleva stringerlo a sé, consolarlo, per l’ennesima volta, ma si dominò.
“E come te, da Colin” – disse calmo, fissandolo.
Jared ricambiò quello sguardo gelido, con il proprio, vivido di disperazione.
“Peccato che io lo ricordi, in ogni singola, orribile sfumatura, mentre sia Jude che Colin non ne hanno più traccia nelle rispettive menti: ti pare possibile??”
“Io so che Jude è svenuto, colpito da un pugno di Colin. Questo spiega la sua … amnesia, mentre per tuo marito la soluzione è da ricercarsi nel mix di farmaci ed alcolici, di cui ha abusato.”
“Tu quindi credi alle loro versioni, Glam?” – domandò speranzoso.
Geffen annuì.
“Allora aiutami a trovare la verità …”
“Ma quale dovrebbe essere, secondo te Jared, sentiamo!?” – sbottò, gettandosi su di una poltrona.
“Non ne ho idea!! Eppure è una sensazione, che mi tortura da quando ho scoperto cosa era successo alla End House!” – affermò deciso.
Geffen inspirò.
“Credo ti si possa accontentare, a tuo rischio Jared” – disse serafico rialzandosi, per prendere il palmare dalla scrivania.
“Cioè … ?! Co-cosa intendi?”
“Scott ha visitato Jude con un kit apposito, che i medici devono utilizzare in caso di stupro”
“Sì ne ho sentito parlare Glam …” – replicò triste.
“Ok, allora saprai che vengono prelevati dei campioni per identificare il DNA dell’aggressore …”
Jared si sentì gelare.
“E Scott ha questi …” - “Sì” – ribatté secco Geffen, componendo il numero dell’amico.
“Ne parlerò con Colin e”
Leto si interruppe, appena Scott rispose.
“Sì ciao sono io … dobbiamo vederci Scotty, è importante … Ok, ci sarò”
Riattaccò, senza volere percepire le sensazioni di Jared, allontanandosi da lui, inutilmente.

“Hai fatto colazione?” – chiese paterno.
“No Glam … Senti, ma Rob è di sopra?” – disse timidamente.
“Sta riposando, è a terra.”
“E’ … è bello sapere che tu lo stai aiutando … credo anche per Jude, sai?” – e tirò su dal naso, asciugandosi un po’ di sudore con la manica del giubbetto di jeans.
“Jared io non ho dimenticato del casino in cui ti sei cacciato: tanto meno della promessa che hai fatto di ricoverarti alla clinica Foster” – disse con la dovuta durezza.
“Ci … ci sto lavorando” – e si raccolse nella felpa, troppo grande per il suo busto.
“Hai freddo?”
“Posso mangiare qualcosa Glam … ?”
“Certo … ecco qui, spero ti piacciano ancora” – e gli passò dei croissant al cioccolato, senza però più sorridergli, come avveniva un tempo, che sembrava dissolto in una lunga scia di amarezza.
“Sì, cavoli” – mormorò come un bambino davanti alla vetrina di una pasticceria.
Glam provò una rimescolanza di rabbia, tenerezza, desiderio e delusione, tanto da spingerlo ad uscire da quel confronto, per portare un vassoio a Robert, con un gesto che ferì Jared, cosa che l’avvocato non riusciva ad ignorare, almeno quanto il pianto del cantante, appena rimase da solo, tra quelle pareti di un luogo caro ai suoi sensi in passato, ma terribilmente estraneo, in quell’istante di abbandono totale.




domenica 26 agosto 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 183

Capitolo n. 183 - sunrise


Il cielo si era riempito di stelle.
Robert camminava lento lunga la spiaggia, per poi fermarsi alla caletta, confinante con quella della villa di Sveva.
Lei, affacciata alla terrazza, dove stava cenando con la sorella ed alcuni amici lo salutò da distante, riconoscendolo.
Lui le fece un cenno, il volto inespressivo, come paralizzato dal dolore, che lo stava lacerando in maniera viscerale, la stessa con cui aveva amato Jude, da tutta una vita.
Geffen lo osservava da distante, con il timore potesse fare una qualche stupidaggine, ma Downey stava dimostrando una dignità tanto solida quanto ammirevole.

L’attore tornò sui propri passi, accelerando l’andatura, quando si accorse di Glam.
Gli ultimi metri li fece correndo, volando tra le sue braccia, che mai gli avrebbero negato accoglienza e conforto.
Ricominciò a piangere, sentendosi sempre più debole.
Scivolò, vedendo la notte invadergli le pupille, inghiottendo i suoi sensi e le sue paure, fino ai piedi di Geffen, sentendo la sua voce chiamarlo, ma ormai era come un alito di vento lontano.


“Camilla sta dormendo Jude”
“Pamela io rimango qui, lei è mia figlia.” – disse, sfigurato dall’ansia.
“Ne parlerò con Antonio, guarda che nessuno vuole negarti un qualsivoglia diritto, anzi: cerca comunque di capire che dobbiamo tutelarla.”
“So che state facendo il meglio per lei e che provate repulsione verso di me”
“No Jude, affatto. Tu hai subito una violenza ed occorrerebbe valutare con calma le tue reazioni, anche nei confronti di Colin … Certo se è vero che vi siete incontrati di nascosto e siete stati insieme …”
“Pamela, tu sei una donna intelligente e bellissima, io non voglio nasconderti nulla, anche perché hai sempre avuto riguardo ed affetto per la nostra Camilla” – affermò serio.
“Ok … ti ascolto”
Si accomodarono in un salottino, adiacente la zona riservata ai bimbi, tutti invitati per la notte dal nonno.
“Colin ed io non abbiamo … non abbiamo fatto l’amore, anche se il contatto, tra di noi, è stato molto intimo … e scabroso” – deglutì a vuoto, sentendosi gelare il sangue.
“Anche soltanto un bacio, sarebbe stato grave, a mio avviso Jude”
“Sono d’accordo, per come sono poi geloso io nei confronti di Rob”
“Perché non hai condiviso con lui questa disgrazia, magari sostenuto da Glam, del quale ti sei fidato durante il ricovero nel reparto di Scott?”
“Io non volevo che lui … che lui fraintendesse …”
“In che senso?”
“Che si infuriasse con Colin, sarebbe stato un disastro … Ma adesso, è anche peggio” – lo disse piangendo.
“Vuoi … vuoi parlare con Brandon?”
Law annuì – “Ho … ho bisogno di lui per spiegare questo dramma a Camilla … Non so cosa fare … Non sono niente, senza Robert”


Jared chiese a Simon di scortare lui e Colin all’attico di Malibu.
Pregò Jimmy di allontanarsi, riservandogli una suite in un resort adiacente l’elegante palazzo, dove ormai il giovane si era abituato a risiedere.
Lui non si oppose, confermando la propria solidarietà al cantante dei Mars.

“Tesoro bevi questo …”
Colin lo guardò, impaurito.
“Jared … Jay io devo andare alla polizia e dire quello che è accaduto quella maledetta notte …”
“Non se ne parla Cole, perché innanzitutto non credo assolutamente alla versione di Jude.”
“Ascoltami” – prese fiato – “Jude è stato aggredito e violentato: l’ho colpito, lui ricorda questa cosa ed io inizio a rimettere insieme i frammenti di quelle ore assurde” – disse convinto.
“Allora dimmi una cosa, una soltanto Cole: tu ricordi di averlo stuprato?” – chiese crudo e diretto.
Farrell scosse il capo – “No … io non ricordo niente, come del resto lui, ma è una logica deduzione, non pensi?? Ero alterato, aggressivo, lui voleva aiutarmi, io ho sfogato su Jude il mio livore”
“Livore che sono stato io a provocare … Dopo avere saputo di te e Kevin …” – mormorò smarrito.
Colin lo strinse – “Perdonami Jared … è colpa mia, della dannata debolezza, che non ho mai saputo dominare, ricorrendo ai farmaci ed all’alcol, quando ero senza di te … perduto ed annientato dalla tua assenza, causata unicamente dai miei errori, dai tradimenti, dalle dipendenze … Perdonami” – i suoi singulti erano schegge nel cuore di entrambi.
Jared tornò a guardarlo – “Sei il padre dei mie figli … sei mio marito: io scoprirò la verità, io non posso accettare che tu abbia rifatto una cosa simile … Con me è successo, l’ho metabolizzato e superato: per Jude voglio capire se hai infierito sul suo corpo, se l’hai picchiato o se hai abusato effettivamente di lui.”
“Per me non esiste alcuna via d’uscita Jay … Ti stai aggrappando all’impossibile” – disse disperato.
“Ne tu e neppure Jude avete memoria di quelle ore Colin ed io mi ci aggrapperò con le unghie e con i denti se necessario!”
Leto gli aveva afferrato le spalle, scuotendolo per infondergli coraggio e speranza, ma Colin era in balia di un senso di colpa devastante, che gli pulsava nelle tempie e nell’addome, senza più lasciargli un istante di pace.


Claudine ed Eamon si fecero dare l’indirizzo del loft e si precipitarono dal fratello , per sincerarsi delle sue condizioni, dopo essere stati informati sommariamente da Shannon, incredulo quanto Jared, su quanto emerso dal confronto tra il cognato e Jude.

“E’ … è un incubo questo …” – disse flebile Eamon, cullando Colin, che non cambiava registro, con chiunque parlasse.
Voleva consegnarsi alla giustizia, in presenza di un legale, certo, ma senza cercare scuse o giustificazioni, che semmai sarebbero state appurate dopo il suo arresto e durante un regolare processo.
“Io devo pagare Eamon … devo espiare per la brutalità con la quale ho rovinato le esistenze di Jared e di Jude”
“Jared asserisce che”
“Non è lucido, non devi ascoltarlo” – sibilò al suo orecchio, come se volesse complottare qualcosa.
Eamon sembrò inamovibile da subito: “Tu sarai rovinato per sempre, se questo scandalo emergerà: hai commesso un errore delittuoso, anzi un doppio abominio Colin, però ci sono le cliniche, le terapie di recupero, puoi affidarti a dei professionisti, per non ricadere in un simile inferno, hai capito!”
“Ma cosa stai dicendo anche tu Eamon, DANNAZIONE!”
Claudine intervenne, piombando da living alla camera in cui Colin si era rifugiato.
“Tesoro non dimenticare un dettaglio fondamentale …” – disse lei timidamente, in lacrime.
“E quale sarebbe, sentiamo!!?”
“Jared e Jude ti hanno perdonato … Nessuno di loro vuole vederti in galera, soprattutto per i bimbi, non scordarlo Colin, non farlo, te lo chiedo in ginocchio, anche per la mamma … Fallo anche per lei”


Robert aveva ripreso i sensi.
Vomitò anche l’anima dietro ad un gruppo di scogli, con Glam, che gli sorreggeva la fronte e gli massaggiava la schiena, una volta che Downey si rannicchiò, riparato dal suo sembiante massiccio e sicuro.
Si era portato appresso anche una bibita fresca.
“Tesoro devi mandarla giù … Fai uno sforzo Rob” – e gli porse la bottiglietta.
Lui non ne sentì né il sapore, né ne trasse sollievo.
Voleva addormentarsi, per non svegliarsi più.
Mai più.




sabato 25 agosto 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 182

Capitolo n. 182 - sunrise


Yari prese per mano Misaki, mentre correvano su per le scale dell’ala ovest, disabitata e ideale per esaudire il loro desiderio reciproco di appartenersi, prima che la festa di compleanno iniziasse.

“Tuo padre ci ucciderebbe se”
“Quale dei due Misaki?” – rise solare, abbracciandolo, mentre lo catapultava con lui su di un tappeto persiano, unico arredo di quella saletta luminosa e fresca.
“Colin … Ma anche Jared!”
Le deboli proteste del giovane vennero interrotte da un bacio mozzafiato, da parte di Yari, che a metà di quel contatto, ebbe un sussulto.
“Ahi cavoli!”
“Che c’è amore?” – gli chiese dolce il compagno nipponico.
“Qualcosa mi ha punto … aspetta è qui sotto …”
Un fermaglio, con il logo dello stilista, che aveva disegnato un portafogli in pelle, molto costoso all’apparenza.
“Accidenti … e come ci è finito qui questo?” – si chiese Yari aprendolo e constatando che oltre a denaro contante, vi erano anche documenti e carte di credito.
“La patente è di … Jude Heyworth Law? … Zio Jude, è di zio Jude!” – esclamò stupito.
Misaki aggrottò la fronte – “Evidentemente l’ha perso …”
“Già, ma è stranissimo … cosa ci faceva in questa stanza zio Jude?”
“Forse la stessa cosa che volevamo fare noi, con zio Robert, ovviamente!” – e sorrise complice.
“In effetti, spesso dormono da noi … Hai senz’altro ragione tu, ma adesso portiamo tutto a papà Colin, in modo che glielo renda appena arrivano al party, con Camilla”


Jared cambiò i gemelli, osservato da un Colin coinvolto e partecipe ad ogni mossa del coniuge.
All’attore la situazione sembrava in miglioramento, nonostante il recente malore di Jared.
“Eccoci qui, i miei due piccoli Farrell, pronti a festeggiare il loro magnifico padre … Ti amo Colin” – disse fissandolo, intenso.
Si baciarono, stringendo ai loro petti i due bimbi, scalpitanti e felici.
Sembrava tutto perfetto.


Jude corse incontro a Downey e Camilla, lungo il viale dei cipressi, dove questi ultimi lo raggiunsero, su indicazioni di miss Wong.
“Tesoro bene arrivato, ciao splendore …” – mormorò, raccogliendoli a sé, con un fervore smodato.
“Ehi cucciolo … ci siamo visti a colazione” – sussurrò Robert, dandogli un bacio nel collo.
“Sì lo so, ma mi siete mancati … Glam dov’è?”
“Con Kevin, Tim e Lula, nel salone dei doni … a proposito, cosa hai poi comprato al tuo irish buddy?”
“Oh nulla di speciale … Una cornice in argento, ma la foto che contiene è molto bella, secondo il mio immodesto parere!”
Risero, spargendo baci sulle manine della loro Camilla, stupenda nel suo vestitino fucsia.


Dean e Sammy erano abbronzati e camminavano allacciati, come se stessero su di una nuvoletta rosa.
In quel modo li descrisse Kurt a Jamie, mentre si ingozzavano di zucchero filato.
“Sei una zitella acida ciomp ciomp!” – bofonchiò il ballerino.
“E tu un ciccione!”
“Cosa??!!” – gli urlò nell’orecchio, per poi rannicchiarsi nel suo abbraccio, distanti da Brandon e Marc, che stavano parlando della clinica dell’utero in affitto.

“Cosa ne pensi doc?” – chiese Hopper, sorseggiando un Martini.
“Quando Kurt me lo propose, fui titubante: non litigammo, però l’argomento era spinoso. Capii che per lui era importante donare tutto l’amore che aveva anche ad un figlio e non soltanto a me ed agli amici, visto che la sua famiglia è inesistente. Quindi lo assecondai e l’arrivo di Martin è stato un dono meraviglioso.”
“Vorrei che Jamie avesse la stessa opportunità, che il bambino fosse suo geneticamente, anche se credo sia irrilevante. Per fortuna le analisi hanno dato buon esito: nonostante le cure per la sua malattia, il neonato non avrà alcun problema … O almeno speriamo sia così …”
“Lo sarà Marc, non temere.” – e con un sorriso, Cody brindò al loro progetto.


Yari corse incontro a Colin, impegnato al telefono con una noiosa chiamata da parte di un produttore, che non si dimenticava mai del suo b-day.
Con la scusa dell’arrivo del figlio, riuscì a riattaccare.
“Ciao tesoro, mi hai salvato!” – lo salutò ridendo.
“Papi guarda, ho trovato questo è di zio Jude!” – e gli porse l’oggetto, che Farrell scrutò incuriosito.
“Dove l’hai trovato Yari …?”


Eamon bloccò il fratello nei pressi della sala di proiezione privata.
Il suo viso gli apparve sconvolto.
“Colin ehi …?”
“Ciao … Scusa devo cercare Jude”
“Jude? Scusa, ma è successo qualcosa? Hai una faccia …”
Farrell sorrise tirato e nervoso – “No, no … E’ che devo parlargli”
“Ok, l’ho visto nel parco con Robert …”
“Lo chiamo al telefono, è … è una faccenda di lavoro Eamon”
“Fai pure … Steven e la mamma volevano darti il regalo”
“Sì … sì, certo, parlo con Jude e poi andrò da loro, a dopo” – e sparì.


“Grazie Tim …”
“Prego, come stai Glam?”
“Ho dormito male … E’ la terapia di mantenimento, la dovrò fare a vita, ma ci sono situazioni peggiori” – e scrollò le spalle, sorseggiando una bibita fresca.
“Arriva Scott …” – disse il giovane scorgendolo in lontananza: non era da solo.
“C’è Jimmy!” – esclamò Tim con gioia.
“Siete amici da molto?” – chiese Geffen sereno.
“Sì … frequentavamo lo stesso ambiente, ma tu lo sai, vero?” – domandò scrutando le sue espressioni, che non mutarono.
“So che siete due ottime persone e sono contento per te e Kevin”
“Grazie Glam …” – mormorò arrossendo, per poi andare a ricevere Jimmy e Scott, che sorrise ad entrambi.


Jude salì quelle scale con il cuore in gola: non poteva sottrarsi alla richiesta di Colin di vedersi, ma non capiva come mai avesse scelto quella parte dell’abitazione.
Gli vennero mille dubbi angoscianti.
Quando lo intravide, nello spazio lasciato tra la porta semi aperta e lo stipite, tormentarsi le mani nell’attesa di lui, a Jude fu tutto chiaro, anche se continuava a non spiegarsi come Colin avesse potuto ricordare all’improvviso quanto accaduto quella notte.
Sperava di sbagliarsi, che il motivo fosse un altro per sollecitare quell’incontro, ma gli occhi di Colin erano sin troppo esaustivi.


“Ma dov’è finito mio marito Robert?”
“Ciao Jared, ti sei perso il festeggiato?” – lo abbracciò, sorridente.
“A quanto pare … Ehi Yari, hai visto papà?”
“Sì, è là … Con zio Jude” – ed indicò una stanza al terzo piano.
“Come mai …?” – domandò perplesso Downey.
“Di sicuro per rendergli il suo portafogli zio Robert, l’abbiamo trovato Misaki ed io mentre … Mentre curiosavamo in quelle camere vuote” – e divenne paonazzo, quanto il ragazzino al suo fianco.
Jared rise – “Ah ecco … Ok, andiamo a recuperarli Robert?”
“Sì, sì certo …” – replicò lui esitante, concentrato su quel particolare dettaglio.
Qualcosa si insinuò nei suoi pensieri, acuminato e pericoloso.

Si imbatterono in Scott e Glam, che notò una luce strana nello sguardo di Downey.
“Ciao … dove state andando?”
“Buongiorno Glam …”
“Jared, tutto a posto?” – e lo abbracciò, con la consueta tenerezza.
“Sì, ti ringrazio … ciao Scott … Andiamo da Colin e Jude, si sono imboscati in questo labirinto” – e sorrise tranquillo.
“Andiamo Jay?” – lo sollecitò l’attore, oppresso da un amaro presentimento.


“Ciao … Ciao Jude, entra, vieni pure …” – disse agitato Farrell, mantenendo una certa distanza.
“Colin … Perché siamo qui?”
“Jude …” – le sue iridi vennero investite da un pianto lacerante.
“Senti, ti stanno aspettando di sotto e”
“Questo è più importante!” – sbottò disperato.
“Io … io me ne vado Colin” – ed indietreggiò.
“Sono stato io Jude” – affermò secco – “DIMMELO!” – urlò – “Dimmelo Jude …” – e si accasciò, incrociando i bicipiti muscolosi, fasciati in una camicia aderente, in un auto abbraccio tremante, dondolando lievemente, come sotto shock.
Law si trovò spalle al muro, lungo il quale scivolò grevemente, annuendo.
“Sì … eri … eri sotto l’effetto di qualche psicofarmaco o droga, ubriaco fradicio per giunta … io volevo aiutarti, ma tu … tu eri esaltato, arrabbiato” – iniziò a piangere a propria volta, ma proseguì – “Abbiamo discusso e mi hai … mi hai dato un pugno, talmente” – tirò su dal naso – “ … talmente forte che sono svenuto e” – si coprì la bocca con le mani, trattenendo un singulto, come se stesse per vomitare.
“No … no Jude … non è possibile”
“Quando mi sono risvegliato, non ricordavo nulla, però … però avevo i vestiti stracciati ed i segni di te e … Mio Dio” – si chiuse, raccogliendo le gambe, fremendo dalla testa ai piedi, scuotendo il capo, come a volere cacciare quei frammenti di memoria odiosi e terribili.
“Jude perché non me lo hai detto, in … in tutti questi mesi …”
“Non lo so … Non lo so Colin … Non ci sono riuscito, forse io non lo ammettevo, non potevo crederci!”
“Nemmeno quando ci siamo incontrati … Ed io che pensavo mi odiassi per quello che avevo fatto a Jared …”
“Sono … sono stato un pazzo … Colin io mi sentivo soffocare dalle tue premure, per il tuo atteggiamento gentile, inconsapevole avevi combinato, per colpa di qualcosa di chimico, che aveva cancellato quella notte dalla tua mente”
Farrell si avvicinò, a carponi, faticosamente, come se stesse trascinando un macigno.
“Jude … Jude tu ed io … siamo quasi finiti a letto insieme quando sei tornato a Los Angeles per l’operazione di tuo figlio e ci siamo visti in albergo …” – disse con il fiato corto, allucinato da quella circostanza, che all’epoca aveva frainteso, con quanto accaduto in tribunale, durante l’udienza per il divorzio mancato da Jared.

Jared che in quell’istante si sentiva venire meno, nell’origliare quello scambio di battute tra il coniuge e Jude: la medesima sensazione, che stava implodendo nel cuore di Robert, nell’apprendere non solo che l’amatissimo compagno era stato stuprato da Farrell, ma che glielo aveva nascosto, proteggendo l’irlandese, per poi incontrarlo clandestinamente, divenendone l’amante per poche ore, in qualche resort di lusso.
I due erano come pietrificati, le lacrime cristallizzate, immobili tra le palpebre e lo specchio azzurro di Leto e carbone di Downey, che di botto oltrepassò la soglia di quelle due dimensioni parallele, passando dalla sua esistenza con Jude ad una, dove l’inglese non avrebbe più avuto alcun posto.

“Robert …”
Law si sollevò, come se un burattinaio stesse tirando fili invisibili, collegati al suo sembiante madido e devastato dalle emozioni e dal rimorso.
Geffen, nel frattempo, era salito con Scott per vedere come mai i quattro non fossero ancora scesi in giardino, dove gli invitati stavano reclamando la loro presenza, per il taglio della torta.
Quando vide Jared addossato alla tappezzeria, come imbambolato, l’avvocato ebbe la conferma che un’autentica tragedia si stava abbattendo tra le mura della End House.
“Tesoro …” – lo cinse amorevole, ma Leto fece uno scatto scoordinato, ritrovandosi nella camera, dove c’erano Rob, Jude e Colin, ancora riverso sul parquet.
Il cantante gli si gettò addosso, come se fosse una coperta, proteggendolo dai presenti, guardandoli fuori di sé: “Non è vero, NON E’ VERO!!! COLIN NON TI HA FATTO NULLA!! SEI UN BUGIARDO JUDE, SEI UN MALEDETTO BUGIARDO!!” – inveii in direzione di Law, che era ancora fisso con lo sguardo su Robert, inerme, sconfitto.
Glam e Scott non tardarono a comprendere le motivazioni di quel confronto drammatico.

Downey balbettò qualcosa, che nessuno intese.
“Rob … Robert lascia che io ti spieghi …” – disse flebile Jude.
“Co-cosa … cosa dovresti spiegarmi … COSA??!!!” – esplose.
“Robert ti supplico”
“COSA???!! CHE HAI DIFESO QUESTO VERME, CHE CI HAI SCOPATO, PERDONANDOLO ALLE MIE SPALLE??!!!”
Le sue urla apparivano sproporzionate al suo aspetto, reso temporaneamente gracile dalla malattia: Glam fece un passo verso di lui, per sostenerlo, ma Robert arrivò con un guizzo a Jude, lo afferrò per il collo e lo sbatté contro un davanzale in marmo rosso.
Jared, contro ogni previsione o logica, invece, stava abbracciando Colin, che non smetteva di ripetere, come una nenia tragica – “Io devo costituirmi Jay … io devo pagare per ciò che ho fatto …”
“Tu non hai fatto niente Colin, non ci credo, NON CI CREDO!” – e gli cinse gli zigomi, provando ad asciugargli le lacrime copiose, almeno quanto le proprie.
Scott era allibito, ma il suo cervello razionale e freddo da chirurgo, era già giunto ad una conclusione, che non avrebbe dato scampo a Farrell.
Geffen si occupò di Robert, vedendo quanto stava degenerando lo scontro con il consorte, che non faceva nulla per difendersi e che, probabilmente, avrebbe preferito morire piuttosto che affrontare un’esistenza senza Downey e Camilla, prospettiva più che plausibile in quell’istante.
Cinturò l’americano per la vita ed il petto, avvertendo la rigidità marmorea del suo fisico asciutto, divorato dalla tensione e da una rabbia smodata.
“Lasciami LASCIAMI GLAM!!”
Era una lotta impari.
Jude si spense, sotto quella finestra rimasta provvidenzialmente chiusa, come a occultare quegli istanti di autentica follia e disgregazione.
Jared lo puntò, come una belva assetata di sangue.
“Sei un bastardo Jude … hai sempre mirato a Colin ed ora lo stai accusando ingiustamente … Sei una puttana SEI UNA PUTTANA JUDE!!!”
Glam fissò Jared, stranito dalla sua reazione, mentre Robert si era appeso al suo collo, in preda ad uno sfogo di nervi, che Scott ritenne pericoloso per il suo organismo, non ancora riabilitatosi dopo l’intervento.
“Jared come puoi … Io sono senza parole …”
“Non permetterò a Jude ed a nessun altro di fare questo a Colin!! Hai capito?? AVETE CAPITO NON LO PERMETTERO’ MAI!!”


Geffen chiuse la telefonata mestamente.
“Pensa tu a Lula, con Tim, per il fine settimana almeno e ringrazia Pamela, per Camilla …”
“Daddy non riesco a credere a quanto mi hai detto …”
“Lo so tesoro, è … è inverosimile … Anche se” – Glam chiuse gli occhi, dolorosamente, ripensando ad Haiti ed alla violenza subita da Jared, che ora sentiva distante, come mai prima.
“Ok, ne riparleremo … Pensa a Robert, digli che siamo a sua disposizione per qualsiasi evenienza” – concluse dolce.
“Te ne sono grato piccolo, saluta Tim e dai un bacio a nostro figlio … Vi richiamo stasera.”

Robert era incollato alla portiera, lato passeggero, la guancia un tutt’uno con il finestrino, lo sguardo assente.
Geffen ripose il bberry, sentendosi soffocare: stritolò il volante, poi ritrovò la calma.
“Rob … Ti porto via da qui”
Si erano già allontanati dalla proprietà di Colin e Jared, arrivando su di una terrazza naturale, dalla quale si vedeva l’intera città, infuocata ormai dal tramonto.
“Cami … dov’è la mia Cami …?” – ricominciò a piangere, compostamente, come se la sua presenza fosse un disturbo per il resto del mondo, che non riconosceva più.
“E’ con Pamela da Meliti, ci sono anche Marc, Jamie e Julian con loro … Senza contare Dean e Sammy … E’ al sicuro” – e gli sfiorò timorosamente la spalla sinistra.
“E’ al sicuro da Jude …? E’ al riparo dalla sua personalità contorta??”
“Robert, ascoltami”
“NOOO!!! QUALE PERSONA NORMALE AVREBBE TOLLERATO UNA COSA DEL GENERE GLAM??? QUALE??!!!”
“Lui … lui si fidò di me … Riuscì a parlarmi dello stupro, in ospedale …” – disse in un sussurro Geffen.

Downey rammentò gli occhi di Jude, quando lo trovò, esanime e distrutto in casa loro, dopo quella crudele esperienza.
Fu come una pugnalata in pieno petto.
“Lui … Lui lo ha toccato … Lui ha preso con la forza il mio … il mio Jude” – singhiozzò – “Gli ha fatto male … Colin gli ha fatto del male …”
Geffen lo strinse a sé, senza sapere più come porre rimedio all’afflizione di quello che considerava ormai ben più di un semplice amico: vedeva Robert come la persona migliore mai conosciuta, profondamente buona, generosa ed altruista: era un autentico delitto, ciò che Jude e Colin avevano compiuto ai suoi danni.
Il fatto che ne fossero consci o meno, a Glam non importava affatto: la sua priorità era diventata salvaguardare Robert nell’imminente futuro, che entrambi vedevano funestato da conseguenze e fratture insanabili.
Tutto era cambiato.
Tutto.








giovedì 23 agosto 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 181

Capitolo n. 181 - sunrise


Jared si mise seduto, liberando il suo corpo nudo, lentamente, dalle lenzuola candide e stropicciate.
Geffen stava scegliendo della biancheria e degli abiti puliti dall’armadio, dandogli le spalle, ma spiandolo nel riflesso dello specchio, davanti a sé.
“Glam … posso chiederti un favore, anche se non merito nulla?” – disse tirando su dal naso.
“Sì, certo …” – replicò, andando ad inginocchiarsi ai suoi piedi, per infilargli i boxer, come se Jared non fosse in grado di vestirsi autonomamente.
“E’ per la clinica Foster … io ci andrò, te lo giuro, ma non dire a Colin di … di me, non subito, non voglio rovinargli il compleanno, perché ci sarà la sua famiglia e poi mia mamma … Ti prego Glam” – concluse debole, come prosciugato dagli eventi e dal peso dei giorni successivi.
“Faremo come vuoi tu Jared … Alzati, infila questa roba ed andiamo” – disse rassegnato.
Leto gli obbedì, mentre Glam faceva salire quei pantaloncini aderenti e li sistemava: le dita del cantante si posarono sulla nuca dell’uomo, accarezzandola lieve.
“Glam …”
“Non dire niente”
“Glam …”
Geffen alzò lo sguardo azzurro ed ancora lucido, andandolo a posare nei frammenti zaffiro, in cui le iridi di Jared sembravano essersi disgregate.
“Vuoi … vorresti fare l’amore con me, Glam …?”
L’avvocato si sollevò, prendendo la mano destra di Jared, per posarla sul proprio cuore, aperta, tremolante.
“Lo senti …? Io lo sto già facendo, l’amore, con te, Jared, da quando sei nella mia vita e soprattutto ora, che stai nuovamente precipitando in un oblio, del quale non mi sento responsabile, ma che devo e voglio spazzare via, salvandoti da te stesso” – disse senza mai smettere di guardarlo, il suo torace spogliato, sempre più vicino a quello di Jared, che si lasciò stringere, senza che accadesse null’altro tra loro.


Jude fu coinvolto da Becki e Camilla nelle decorazioni della End House.
Il risultato era soddisfacente ed anche Colin, rimasto volutamente alla larga da Law per l’intera giornata, approvò le loro scelte.
“Ciao … pensavo non ci fossi”
“Ciao Jude, sì, scusami, ho avuto un impegno di lavoro …” – e nel dirlo, imbarazzato, riaccese il cellulare, trovando le numerose telefonate di Geffen.
Lo richiamò subito.

“Ciao Glam, è successo qualcosa?”
Lui ed il leader dei Mars erano già in viaggio sulla Ferrari, verso la dimora dei coniugi Farrell.
“Non preoccuparti Colin, qui c’è Jared, lo sto riportando alla base, ha avuto un leggero malore, mentre eravamo da Irish Fashion con Robert, che ha provato a rintracciare Jude per avvisarlo … a proposito è lì con te?”
“Sì, sì, lui è qui, ma Jared sta bene, me lo passi?” – domandò in piena apprensione, allarmando anche Jude, che gli si avvicinò.
“Certo … eccolo”
“Ciao Cole … Non agitarti, è stato un colpo di calore … Ero … ero disidratato ed il giro in bici è stato … fatale!” – disse in modo scherzoso, sforzandosi di apparire sereno.
“Tesoro … Dovevi farti accompagnare da Simon … accidenti …” – ribatté ormai in lacrime.
Colin non riusciva a dosare le proprie emozioni e la cosa inquietò maggiormente sia Jude che Jared.
“Siamo quasi arrivati Cole … a tra poco”
“Sì amore … ciao, vi aspetto.” – e riattaccò, prendendo fiato.
Nel frattempo Jared aveva voglia di urlare e lo fece, senza preavvisare Geffen, che saltò sul sedile della fuoriserie, imprecando poi sotto voce.
“Perdonami Glam …” – e strofinandosi le palpebre, Jared iniziò a singhiozzare.
“Accidenti … Non farti vedere così da Colin!” – sbottò, accostando.
“Non ci riesco … Non ne posso più!! Mi fa pedinare da Simon, come se non si fidasse di me ed ha ragione, HA RAGIONE CAZZO!!” – esplose, spalancando lo sportello e correndo verso l’oceano.
Geffen lo rincorse, afferrandolo poi per la vita e cadendo con lui sulla sabbia rovente.
“Tesoro … tesoro calmati … Calmati Jared!” – lo supplicò, stringendolo e cullandolo.
“Non ce la farò mai Glam … non ce la farò senza di te …”
“Ma io ci sono, ci sono, guardami!”
Jared lo fece, stravolto.
“Non sarò mai una persona equilibrata … sono una maledizione per voi due, Glam … Cancellatemi dalle vostre esistenze … Salvate voi stessi e non questo povero e squallido idiota, a cui date ancora troppa corda … Le ho spezzate tutte, tutte …” – mormorò alla fine, completamente svuotato di ogni energia.


Owen picchiettava sulla scrivania da almeno cinque minuti.
Finì il bicchiere di cognac e si alzò, con uno scatto – “Ok, tempo scaduto.”
Shannon sistemò un peluche a forma di coniglio tra le braccia di July, addormentatasi sul tappeto dei giochi, come quasi ogni pomeriggio, dopo essersi divertita per un paio d’ore insieme al batterista, sotto vigile presenza di Rice.
Leto senior mandò giù anche quel rospo, pur di restare con lei in qualche modo, nell’attesa che i legali dello studio Geffen ottenessero un equo accordo sull’affido condiviso, negato sin dal principio da Owen.

“Posso almeno portarla nel suo lettino?” – chiese severo, ma a tono bassissimo.
“No, ci penserà Clotilde e solo se la mia July si sveglierà nel frattempo, quando tu sarai andato finalmente fuori dalla mia casa.” – replicò, guardandolo dritto negli occhi.
“Sei un bastardo Owen” – gli sibilò tra i denti Shannon, ma senza ottenere ciò che aveva richiesto.

Mentre si lasciava alle spalle Los Feliz, il fratello di Jared parcheggiò ai margini di una pineta; scese, dopo avere preso una lattina di birra dal mini frigo interno, per poi avviarsi a dei laghetti.
Si piegò, appoggiando i gomiti sopra le ginocchia.
Si era tolto la camicia bianca, soffocante come villa Rice ed il suo proprietario, rimanendo in canotta bianca e pantaloni neri eleganti.
I mocassini firmati, avevano lasciato il posto alle inseparabili infradito, che adesso ciondolavano dal muretto sul quale si era seduto, lo sguardo perso nel vuoto.
Era talmente concentrato su di un punto, dove un formicaio stava prendendo forma, che non si accorse della frenata brusca di un’auto poco distante.
Era Tomo, che alla visione di lui in quello stato, decise di fermarsi e controllare come stesse.

“Ehi Shan … tutto bene?”
Leto trasalì, asciugandosi frettolosamente il pianto e celando la sua espressione triste dietro a dei grandi occhiali scuri.
La sua voce baritonale fece vibrare l’aria intorno, ma mai quanto l’occhiata che riservò a Tomo, dopo essersi liberato da quelle lenti a tinta marrone.
“Ciao … sì … non vedi, una meraviglia!” – sbottò, ripensando alla sua condizione di padre separato e vessato da un ex compagno potente quanto Rice.
“Perché non ne parliamo davanti ad un caffè …?” – chiese con la consueta dolcezza il croato, il che fece ancora più male a Shannon.
“No io … io devo andare”
“E’ per July?” – e si accomodò al suo fianco, dandogli una carezza sulla scapola sinistra.
Shan avrebbe voluto ben altro, provando un istinto di rabbia e possesso salirgli nell’addome sino alle mani: sembrò come un’ondata di sensazioni ingestibili, ma poi la quiete di quel luogo sembrò richiamarlo all’ordine ed alla consapevolezza che Tomo non era più suo, da troppo tempo per non accettarlo.
“Sì, la vedo con il contagocce e tutto perché Owen ha dei legali spietati ed i tempi della giustizia in questi casi si allungano e si perdono … ed io perdo mia figlia, inesorabilmente”
“Posso aiutarti?”
“E come?!” – sbottò, pentendosene un istante dopo.
“Josh cosa ne pensa?”
“Lui … lui mi lascia respirare, come se comprendesse tutte le mie ombre, i miei limiti, le mie angosce”
“E non ne sei felice, Shan?” – gli sorrise.
“Tu lo sei?” – ribatté secco.
“Sì, con Denny lo sono.” – disse con una trasparenza assoluta.
Shan si alzò, scuotendo il capo – “E pensare che io ci perdo ancora del tempo con te, Tomo”
Il chitarrista si sentì pungere, ma non volle assecondare quella provocazione puerile.
Rimase in silenzio, a scrutare gli arabeschi creati dai sassolini, che egli stesso gettava nell’acquitrino, invado da ninfee e giunchi, a pochi metri da lui.


“Ti preparo un bagno Jay …”
“Ti ringrazio Cole … Scusa, non volevo spaventarti …”
Mentre andava e veniva dal bagno, Farrell pose alcune domande.
“Ma eri con Glam e Robert?”
“No, ero per conto mio, in bici … Loro due sono arrivati insieme, hanno pranzato fuori …” – e mentre forniva quei dettagli, Jared iniziò a porsi dei quesiti mentalmente.
“Ah … una coincidenza …” – sorrise, senza dare importanza a quella dinamica dei fatti.
“Sì … poi è arrivato Scott … con Jimmy”
“Con Jimmy?”
“Esatto Colin, ma in questo caso non conosco il motivo di questa … doppia coppia” – e rise, sentendosi però a disagio.
“Ok piccolo … andiamo a mollo” – e lo prese in braccio.
“Cole mi sento come Ryan e Thomas prima del bagnetto” – esclamò divertito.
Farrell inspirò, fissandolo – “Farei qualsiasi cosa per te … qualsiasi.” – e lo baciò.


“Lui riesce sempre a trascinarmi nei suoi casini Rob … Ed io non”
Geffen si interruppe, asciugandosi il sudore dal collo.
“Glam non ti senti bene?” – chiese Downey, accarezzandogli la spalla destra.
Era passato con Camilla a prendere lui e Lula alla Joy’s House, dove Geffen si era trattenuto per cena, felice per la ritrovata armonia tra Kevin e Tim.
“Quelle dannate pillole per i reni … Ora passa” – e si tolse la casacca del pigiama in seta blu india.
“Dovrò decidermi ed alzare le chiappe da qui” – sorrise, gettando da un lato il quilt dal tessuto damascato verde smeraldo.
Era la tonalità imperante anche nel resto dell’ambiente.
“Ti prendo dell’acqua”
“Grazie Robert … Con te mi riesce di parlare come con nessun altro, sai?” – disse assorto.
“Sai che su di me potrai sempre contare”
“Sì Rob … lo so … è reciproco” – e lo strinse a sé, tornando a guardarlo, osservando i suoi lineamenti proporzionati, come tutto il suo corpo minuto, ma muscoloso.
“Hai perso peso Robert … Dovrai venire fuori a pranzo con me molto più spesso”
“Lo farò …” – disse senza più un respiro regolare.
I passi leggeri di Camilla e Lula li distrassero.
“Ecco i nostri tesori …” – Geffen arrise loro, abbassandosi per accoglierli con tenerezza.
“Zio Glam …! Tei bello!!” – la bimba rise.
“Anche il tuo papà lo è Cami!” – intervenne di rimando Lula, coccolato da entrambi con la gioia dell’armonia che li univa, in un’amicizia sempre più solida.
“Ok gente … Colin ci aspetta … Andiamo” – e rialzandosi, Geffen incontrò l’espressione confusa di Robert, che abbozzò un sorriso, prese per mano la sua principessa ed uscì.





lunedì 20 agosto 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 180

Capitolo n. 180 - sunrise


Scott guardava il soffitto, le braccia incrociate tra la nuca ed il cuscino, mentre Jimmy restava abbracciato al proprio, steso sul lato sinistro, attento al discorso del medico.
“Ero un play boy da strapazzo … sino a poco tempo fa”
“Di quei dottori che si scopano tutte le infermiere?” – rise cristallino, nei suoi jeans a vita bassa, senza intimo e null’altro addosso, mentre Scott si era fatto una doccia veloce ed aveva solo i boxer.
“Sì, infatti … Poi arriva Glam … Cioè lui ed io eravamo due scavezzacollo, andavamo nei club, niente droga, ma parecchi drink e ragazze.”
“Vi siete divertiti un sacco?”
“Non davamo importanza a nulla e nessuno … Eravamo aridi, seppure tra noi ci fosse un legame autentico, schietto, eravamo complici”
“Ed ora siete amanti?”
“Non direi Jimmy. L’hai detto anche tu: Glam vive per Jared, assolutamente vero.”
“Mi parlavi della Svizzera …”
“Ottima occasione per sferrare un colpo magistrale, probabilmente, una breve pausa, tra Jared ed ancora Jared, per lui, che mi ha amato in modo … pazzesco”
“Una notte di fuoco” – rise di nuovo, simpatico e pulito.
“Mi ha … sconvolto … Lo riconosco, più della prima volta, questa era la seconda e temo l’ultima”
“Ti dispiace, Scott?”
“Soffro per Glam, lo vedo consumarsi per Jared, lo trovo ingiusto” – replicò serio, guardandolo finalmente e girandosi verso di lui.
“Ed io potrei trovare ingiusta la stessa cosa per te, che ti logori il cuore per Geffen, che non lo avrai mai, almeno secondo le tue deduzioni” – e sospirò, rannicchiandosi meglio, ma senza avvicinarsi oltre a Scott, che allungò la mano sinistra, per accarezzargli i capelli, lo zigomo destro e poi il collo, dove posò un bacio lieve.
Jimmy sussultò, chinando il capo verso la testata imbottita, per dare maggiore spazio alle labbra carnose di Scott, che presto incontrarono le sue.


“Non è possibile, è il secondo vassoio di gamberoni Glam!”
“Li adoro e poi ho mangiato soltanto questi Rob!”
Risero fragorosamente, tanto non c’era nessuno al locale sulla scogliera.
L’amico di Geffen l’aveva aperto appositamente per lui, lasciando un cuoco ed una cameriera, che li spiava divertita.
Downey era uno dei suoi attori preferiti, quindi chiese foto ed autografo, praticamente paonazza e tremolante.
Robert metteva a proprio agio le persone, quindi la ragazza ottenne più di uno scatto ed un paio di dediche, anche per la figlia.
“Non penso di sicuro alla linea …”
“Ma se sei in una forma pazzesca Glam!”
“Maddai … sì faccio ancora pesi, ma il mio cuore non va d’accordo con certi sforzi”
“Scott non sarebbe del medesimo avviso” – disse sibillino l’attore, ma con uno sguardo da canaglia adorabile: Glam sembrava essersi perso ad ammirarlo.
“Che succede …?” – chiese Downey imbarazzato.
“Sei … sei incredibile … Come tu ed io, qui, adesso Rob.”
“Te lo avevo promesso …”
“Jude dov’è?”
“Insieme a Colin, stanno preparando la festa per domani, con Jared presumo e poi Xavier, Phil, di sicuro Pamela …”
“Lo eviterei volentieri, questo compleanno …” – disse mesto, sorseggiando dell’eccellente vino bianco.
“Per non incontrare Jared? Dovrà accadere, prima o poi Glam, non trovi?”
“Sono incasinato con lui, con Scott, è meglio … evitarli per qualche settimana”
“Che stupidaggine” – rise.
“Improbabile?”
“Abbastanza Glam … Facciamo un brindisi?”
“A te ed alla tua guarigione Robert, che il futuro ti riservi molta serenità, la meriti” – ed appoggiò il proprio calice a quello di Downey, che arrossì.
“Ti ringrazio … e ricambio a pieno”
“Dipende da me: se la smetterò di fare il coglione, forse avrò un domani migliore Robert” – affermò serafico.
“Sai che noia?!”

Le curve sulla scogliera erano scorrevoli, la strada deserta.
“Hai ancora un po’ di tempo Rob?”
“Sì … dove andiamo?”
“A prendere un regalo a Colin, c’è una boutique irlandese sul lungo mare, magari una camicia”
“Ok, vada per lo shopping!”

Arrivarono nei pressi del negozio, ma cinquanta metri prima, Robert picchiettò sulla spalla di Glam – “Ehi … ma non è Jared, quello?”
“Chi scusa?”
“Il ragazzo sulla panchina Glam … torna indietro”
Geffen diede un’occhiata allo specchietto retrovisore, riconoscendo il cantante e la sua bicicletta.
Aveva il cappuccio della felpa alzato a metà, così che il suo volto veniva celato soltanto in parte.
Era seduto di traverso, appoggiato in modo insolito allo schienale.
Glam inchiodò la Ferrari davanti a lui, ma Jared non si mosse.
“Mio Dio cosa …?” – scese velocemente, seguito da Robert.
Appena lo sfiorò, scoprendogli la faccia sudata, notò un rivolo di sangue precipitare dal naso, le iridi spente, il respiro irregolare.
Era semi cosciente, ma non rispose alle esortazioni di Geffen e di Downey, allarmato almeno quanto l’avvocato, che lo prese in braccio, caricandolo in macchina, per poi ripartire verso la collina.
Aveva le chiavi del villino, che mai era stato venduto.

“Non sarebbe meglio l’ospedale Glam?”
“Preferisco interpellare Scott, guarda il numero è in memoria al numero diciotto, chiamalo ti prego. Io prendo delle pezze bagnate!” – e si spostò in bagno, dopo avere adagiato Jared sul letto.
L’ambiente era fresco ed accogliente: un’impresa di pulizie teneva sempre in ordine quel posto, per volere di Glam, che vi era affezionato.
“Jay … andiamo, riprenditi … ti prego tesoro …” – e lo tamponò.
“De-devo andare in mensa … sono in ritardo …” – biascicò confuso.
“Jared siamo a Los Angeles”
“Hai … hai preparato la cena per la bimba Glam … Lula ha mangiato? … Io devo andare … devo”
“Amore mio Dio …!”
“Glam calmati, Scott sta arrivando …”
“Prepara del caffè … non capisco cos’ha … tesoro …”
“Portiamolo sotto la doccia, facciamolo vomitare, forse ha ingerito qualche pastiglia di sonnifero … o di ansiolitico Glam”
“Jared hai preso qualcosa?? Jared …” – nel frattempo gli tolse malamente gli abiti, riprendendolo sul petto, infilandosi con lui nel box, dove aprì il getto gelido.
Jared tossì, poi con un singulto si aggrappò al collo di Geffen, sconvolto.
“Papà … non volevo … io non volevo”

Il condizionatore rinfrescò l’atmosfera, in quell’inconsueta giornata afosa di fine maggio.
“Pressione bassa, ma in ripresa … Glam dammi l’attaccapanni, Robert mi prendi la salina nella borsa? Jimmy cerca del ghiaccio, grazie …”
Sul finire di quelle disposizioni, il tono di Scott divenne attento, considerato anche il disagio, che trapelava dagli occhi del giovane.
Sapendo che si trattava di Jared, anche lui volle seguirlo in suo soccorso.
“Ok, sei disidratato, ma non è grave Jared”
“E’ … è confuso Scott” – mormorò in apprensione Geffen.
“Un’insolazione probabilmente, anche l’epistassi ne è una conseguenza: Jared facciamo un prelievo? Devi autorizzarmi”
“Papà …” – e tese la mano verso Glam.
A Downey venne un magone insopportabile, uscì dalla stanza e piombò in cucina, prendendo fiato.
“Robert …”
“Scusa Jimmy è che … che non sopporto di vederlo ridotto così … E’ … è come un bambino”
“Era così anche per te, quando ti sentivi smarrito ed avevi paura?” – gli chiese porgendogli un bicchiere d’acqua.
“Grazie … sì, la mia infanzia è costellata di brutti ricordi …”

“Lasciamo stare …” – disse Scott in maniera sbrigativa, sembrava non vedere l’ora di andarsene da lì.
Geffen era come in bilico tra l’ansia soffocante per il malore di Jared e la perplessità davanti all’atteggiamento dell’amico.
“Ti sono grato per essere intervenuto Scotty”
“Se vuoi lo ricoveriamo”
“Devo informare Colin, ma ha il cellulare spento e non è alla End House”
Downey rientrò.
“Hai trovato Jude?”
“No Glam, mi dispiace … Credo abbia lasciato il palmare all’attico, come ieri” – disse sconsolato.
Scott ricevette un sms.
“L’ospedale … devo correre … Dov’è Jimmy?”
“Sono qui … Non preoccuparti, cerco un taxi …”
“Vassilly sta arrivando, se vuoi ti darà un passaggio, con Robert” – disse Geffen, senza distogliere lo sguardo da Jared, restando seduto accanto a lui, sul bordo del materasso; gli accarezzava le tempie, dove posò anche un bacio, chiudendo le palpebre, senza più dare retta alle parole di chi li circondava.
Robert gli sfiorò la schiena – “Glam, noi andiamo, Vassily è qui …”
“Sì … sì ok” – si rialzò stringendolo – “Perdonami Robert …”
“Per cosa? Se hai bisogno chiamami”
“Vale anche per me” – intervenne educatamente Jimmy e Glam gli sorrise – “Lo farò … Ce la caveremo, appena si riprende lo porto a casa, però se riuscite ad intercettare Colin spiegategli tutto …”

“Glam …”
“Sì, sono qui”
Si era spostato inizialmente in poltrona, ma poi preferì allungarsi al suo fianco.
“Do-dove siamo?”
“Al cottage, ti senti meglio? Ricordi che giorno è oggi?”
Jared si sollevò appena – “Il … il trenta … ma cosa?” – era molto debole, quindi crollò nuovamente sul guanciale, scrutando Geffen, che riprese ad accarezzargli i capelli, con dolcezza.
“Ti ho trovato a due passi da Irish Fashion … Ero con Robert, volevamo comprare il regalo a Colin”
“Anch’io …” – sorrise, respirando il profumo buono di Glam, che per la gioia di riaverlo vigile, stava per piangere.
“Ti porto a casa”
“No … no aspetta … Io devo chiederti … scusa”
“Ne parleremo in un’altra occasione, non agitarti Jay”
“Ma io … io ho sbagliato”
“Scott ti ha medicato, per lui è stato un colpo di calore”
“Morivo di sete … mi girava la testa, ho posato la bici ed ho cercato un po’ di ombra Glam”
“Ok, è passata …”
“Glam … mi hai lavato tu?”
“Sì …”
“Non permettere a nessuno di toccarmi …” – disse come spaventato.
Geffen lo strinse – “Piccolo non accadrà … Vorrei soltanto che ti fidassi di me”
“Glam … io”
“Dimmi la verità Jared … ti supplico”
Leto si affossò nel suo collo, singhiozzando.
“Ho … ho ingerito delle pastiglie di Timox”
Era vero.
“E … e poi … ho sniffato della cocaina” – rivelò a fatica.
Geffen lo guardò fisso – “Con Colin? Alle Fiji??!”
“No … no, Colin non centra niente … Lui è preoccupato come … come te … Glam mi dispiace … mi dispiace … Ho tanta paura”
Il suo pianto divenne come un fiume, che aveva rotto gli argini di quei segreti non più celabili.
“Andiamo da Foster, in clinica, per qualche giorno Jared, parlerò io con Colin, ti prometto che sistemerò questo casino e dopo la tua vita tornerà alla normalità tesoro”
“No Glam … la mia vita … non ha senso … Non riesco ad uscirne … poca luce, un minimo di gioia, saltuariamente e poi … poi io spreco tutto … Vi ho maltrattato, vi ho usato e buttato via … Glam perdonami … perdonami!!” – gli urlò nelle orecchie, tremando e sudando come un cucciolo abbandonato a sé stesso.
Geffen lo afferrò per le spalle, nel tentativo di riportarlo alla realtà – “Io non mi arrendo con te, hai capito Jared?? HAI CAPITO?? RISPONDI!!” – esclamò disperato, ma deciso.
“Sì … sì Glam …” – sussurrò flebile, ma consapevole.
“Non esisterebbe inferno peggiore di quello in cui io dovessi vivere senza di te Jared: io ti ho sposato, io ti ho voluto ad ogni condizione, io ti ho perso ed io ho tentato di cacciarti dai miei giorni, sapendo che era perfettamente inutile! Ti amo e ti amerò per sempre, non ho alternative e neppure le voglio queste stramaledette alternative!!”
Lo baciò, con la furia degli anni che gli restavano, forse esigui, durante i quali avrebbe ancora potuto avere Jared in qualche modo nella propria esistenza, a qualunque prezzo, a discapito della propria dignità.
All’anulare di Jared brillava la fede, così al collo di Glam la triad, simboli scambiati durante quel matrimonio speciale: li videro entrambi solamente quando si distaccarono.
Geffen si stava consegnando a lui, senza rimpianti, senza rimorsi, per l’ennesima volta.







sabato 18 agosto 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 179

Capitolo n. 179 - sunrise


Quando Scott lo vide, il suo stomaco divenne leggero.
“Ciao Jimmy … cosa ci fai tu qui?”
“Dottore … Scott … buong – ciao!” – e scattò in piedi dalla seggiola della sala d’attesa adiacente il laboratorio, come un soldatino in presenza del generale d’armata.
Scott sorrise in modo dolce – “Scusa, non volevo spaventarti”
“No, no è che … devo fare le analisi, le ripeto ogni sei mesi” – poi si interruppe, arrossendo.
“Vieni con me, ti farò risparmiare tempo.”

“Fai vedere la gola”
Jimmy si distrasse, come Scott voleva, mentre gli faceva il prelievo.
“Fatto” – rise.
“Non ho sentito nulla … grazie Scott” – e prese fiato.
“Dammi dieci minuti, ho un nuovo analizzatore, cosa ti serve?”
“Tu lo sai …”
“Sì, giusto Jimmy …” – divenne serio, come imbarazzato.
Il medico si ossigenò, mentre la stampante espelleva il foglio con le tabelle di tutti i virus e le infezioni a trasmissione sessuali conosciuti.
“Tutto negativo … Però …”
“Però cosa Scott?” – chiese allarmato.
“No vedi … Jimmy stavo per giocare sporco”
“In che senso?”
“Glam mi ha parlato di te e Jared”
“Jared non c’entra niente con la mia vita” – ribatté deciso, ma non astioso.
Scott sorrise amaro – “Lo difendi … ti capisco”
Jimmy fece per andarsene – “Non credo tu capisca, invece, ognuno di voi trae deduzioni affrettate, anche se con un fondamento”
“Come è accaduto a Glam?”
“Certo!” – sbottò risentito.
“Lui … lui vuole il bene di Jared”
“Lui vive per Jared” – puntualizzò fissandolo.
“Lo so perfettamente” – ammise, con una punta di afflizione.
Jimmy incrociò le braccia, risedendosi malamente sul divanetto dello studio di Scott, che lo soccorse immediatamente – “Un capogiro?”
“Sì … un po’ di nausea anche …”
“Stenditi … così, bene, solleva le gambe … non preoccuparti Jimmy”
“Sono in buone mani, vero …?” – chiese flebile, prima di svenire completamente.

Quando riprese conoscenza, Jimmy vide l’ago di una flebo infilato nell’avambraccio destro e si voltò dal lato opposto, con una smorfia.
“Ti dà noia …?”
Il palmo sinistro di Scott gli spostò le ciocche scure dalla fronte spaziosa, con un gesto paterno.
“Io … io facevo uso della Divine, una … una droga sintetica a basso rischio, ma molto efficace per lo sballo. E’ questo che volevi scoprire, doc?” – domandò debolmente.
Scott annuì – “Ne ho sentito parlare. Hai smesso?”
“Mi … mi sono fatto un’ultima volta la settimana scorsa e … e sono stato malissimo: ho giurato a me stesso che non ci sarei più ricascato e vorrei mantenere una promessa, una volta tanto … non farmi disgusto e deludere chi crede in me … anche se nessuno lo fa da un pezzo, a parte Jared” – ed una lacrima rigò il suo viso bellissimo.
Scott si sporse, dandogli un bacio leggero sulla bocca morbida, sentendo affluire il proprio sangue in zone, che neppure rammentava di avere.
Ripensò a Lula ed ai suoi discorsi su Jimmy, che ora lo stava guardando con stupore.
“Quando esistono uomini, che con il loro potere ti violentano anche solo guardandoti, come se fossi un oggetto da provare, consumare e poi disfarsi … allora serve qualcosa per andare avanti. So che non è una buona scusa, che avrei potuto fare lo sguattero o portare a spasso i cani per tre dollari l’ora eppure io volevo studiare, realizzare un sogno, non mio …”
“A chi apparteneva?”
“A mia madre”
“Anche la mia ha sempre voluto un figlio medico ed ad un certo punto non sapevo più per chi mi laureassi, ma dopo le fui grato”
“C’è ancora la tua mamma Scott?”
Glielo chiese in modo quasi infantile, commuovendolo.
“Sì … e la tua Jimmy?”
Un cenno di diniego gli confermò quanto temeva.
“Mi dispiace piccolo” – e gli strinse la mano, poi sorrise, cercando di cambiare discorso.
“La tua sbobba di vitamine è terminata … Ce la mangiamo una pizza insieme?”
“A quest’ora …?”
“Che ne dici di un gelato Jimmy?”
“Un … un gelato?” – e sgranò gli occhi.
Scott lo fissò, strofinandosi poi la faccia arrossata – “Accidenti non so cosa mi prende, sai …? Muoio dalla voglia di baciarti Jimmy”
Accadde, con una naturalezza disarmante.


“Quindi al nuovo disco non partecipa Kevin?”
Colin stava terminando il secondo piatto di patatine fritte, ma Jared non lo stava ascoltando.
“Ehi … un dollaro per i tuoi pensieri, Leto” – rise, ma non gli piaceva apostrofarlo in quella maniera.
“Eh co-cosa? Cazzo scusami Cole”
“Nessun problema … o forse no, Jay?” – domandò diretto.
“Pensavo ai bambini”
Era vero: poco distante una giovane coppia era alle prese con il biberon della loro neonata.
Jared sbirciava di tanto in tanto, attratto dalla simpatia della bimba.
“E’ stupenda … Loro sono davvero … in erba”
In effetti avranno avuto vent’anni.
“Sono coraggiosi”
“Come noi, Jared?”
“Nove figli non sono pochi”
“Quasi dieci … se ne riparlassimo Jay” – disse accarezzandogli il polso ed avvicinandosi, grazie alla seduta semicircolare intorno al loro tavolo riservato in una saletta appartata, dalla quale si vedeva il resto del ristorante.
“Non è il momento” – mormorò turbato.
“Motivo …?”
“Colin ascolta io … Io andrò in tour, certo pochissime date, comunque sarà impegnativo ed ad un nuovo cucciolo occorrerebbe presenza” – replicò serio.
“Sai quando … quando iniziavamo a conoscerci, in Marocco, di certo non pensavo a quanto la nostra famiglia sarebbe diventata … importante” – sorrise, era un uomo dall’aspetto magnifico, la voce calda, quell’accento irlandese, che non aveva mai perduto.
“Avevi appena avuto James …” – e nel tornare a quei giorni, Jared provò una malinconia drammatica.
“Mi infondesti un coraggio enorme con le tue parole amore, quando io avevo paura di fallire con lui … Il tuo dono, la prova più grande che la vita ti ha dato Colin e tu la supererai, ne sono certo: mi dicesti così”
“Eravamo dei pazzi …”
Farrell si corrucciò a quell’uscita infelice, non aveva senso.
“Eravamo innamorati Jay …”
“Vado … vado a fare due passi, fumo una sigaretta, ci vediamo in camera”
Colin lo trattenne per un braccio – “No! No … asp-aspetta … vengo con te”
“Vorrei rimanere da solo, per qualche minuto, non sto andando da nessuna parte Colin!” – protestò senza alzare la voce.
Farrell si ammutolì, davanti alla sua occhiata gelida, quasi spietata.
“Come vuoi Jared … ti aspetto di sopra.” – e se ne andò frettolosamente, gli occhi lucidi.

La sacca da viaggio penzolava dal ripiano: Jared l’aveva riposta in fretta, senza accorgersi di quel pericoloso dettaglio.
Colin strinse i pugni, poi l’afferrò, con rabbia.
Vi frugò all’interno, ma, a parte i soliti oggetti, non trovò nulla di strano, a parte un odore di caffè, che non aveva motivo di trapelare da quell’accessorio.
Pensò ad un souvenir acquistato da Jared per Shannon, che amava le miscele più disparate, però quel fatto non gli quadrava.
Tastò meglio, pensando che sotto alla fodera cucita e rammendata in più punti ci fosse qualcosa, ma niente neppure lì.
“Miseria schifosa …” – sibilò, convinto che il consorte gli tenesse nascosto un suo ritorno alla dipendenza da psico farmaci.
Colin si arrese, dimenticando l’aroma di arabica, fattore ormai irrilevante, in assenza di altri riscontri.

Jared rientrò quasi subito, come assicurato in precedenza.
Colin era in veranda, con l’intenzione di utilizzare la piscina.
Il compagno lo raggiunse, già in costume: “Posso tenerti compagnia, Cole?”
“No” – e si tuffò, ma Jared non voleva rovinare oltre modo la serata, anche perché l’ansia lo aveva abbandonato, grazie all’ultima dose di droga.
Il giorno seguente sarebbero ripartiti, con un minimo anticipo, per i preparativi del b.day di Colin e qualche ansiolitico, che non mancava mai nell’arsenale del cantante, bene occultato in scomparti segreti nelle custodie di dvd e rasoi elettrici, lo avrebbe sostenuto sino a Los Angeles, senza ulteriori crisi di astinenza.
“Yippyyy yeahhhh!” – e si gettò, tappandosi il naso con l’indice ed il pollice, ridendo ed ammiccando a Colin, che non riusciva a tenergli il broncio.
Andò ad appendersi al collo di Farrell, che provò comunque un certo disagio.
“Sei uno stronzo JJ Leto”
“Lo so”
“Noi due dobbiamo parlare”
“Di cosa? Di un’altra adozione?” – domandò senza alcun interesse; avrebbe soltanto voluto fare casino.
“No … No, per carità”
Jared lo scrutò, inclinando la testa ed umettandosi le labbra – “Io voglio scopare … è un problema per te Colin James Farrell?”
All’attore sembrò di ripiombare in quelle loro interazioni, ben poco sentimentali, quando eccedevano in molti vizi, condizionati anche da pessime compagnie.
Sgusciò via da lui, riemergendo.
“Ehi!! Non si fa così!” – gli urlò dietro Jared.
Colin provò vergogna.
Tolse i pantaloncini attraversando il living e si chiuse in bagno, per una doccia solitaria.

Pianse, provando un disorientamento assoluto, che in passato avrebbe superato con i consigli di Jude, ma che ora doveva affrontare senza alcun sostegno tangibile.


“Abbiamo …” – Glam sembrò ripensarci, poi continuò il proprio racconto – “Abbiamo fatto l’amore Robert”
“Ah ecco …” – era un sussurro, tra i suoni dell’oceano, davanti al quale Downey stava passeggiando.
“E’ stato fantastico, lo ammetto”
“Però …?” – e sorrise, accomodandosi su di una panchina in cemento bianco.
“Però poi Scotty è come fuggito: sì ha ricevuto una chiamata da Tyron, ma la storia di questo paziente … boh … non mi convince”
“Sei deluso?”
“Credo che … che si sia spaventato e vorrei capire”
“Probabilmente Scott si è sentito troppo … assorbito da te Glam, io so cosa voglia dire, con Jude è stato così in principio: non ragionavo più, mi sentivo dipendente da lui senza alternative, non provavo più interesse per niente e nessuno”
“Adesso le cose sono cambiate Rob?”
Downey deglutì, incespicando nelle parole – “No, no ovvio che … che no” – e rise nervoso.
“Appunto, vedi, siete riusciti a trovare un equilibrio: per me e Scott non sarà mai così.” – replicò convinto.
“Ti stai …” – esitò – “Ti stai innamorando di lui, Glam?”
I loro respiri sembrarono aspettarsi, reciprocamente.
“Credo che non potrà più succedere Robert”
“Mai dire mai” – ribatté senza convinzione.
“Hai mantenuto la tua promessa?”
“Sì …”
“Ora devi soltanto venire fuori a pranzo con me Robert” – sorrise.
“Sfrecceremo sulla tua Ferrari?” – chiese allegro.
“Se vuoi”
“Mi piacerebbe Glam”
“A disposizione” – il loro dialogo era tornato su binari innocui.


“Cose … normali … ecco, come questa, io non ci sono abituato …”
Scott lo guardò, gustare quel cono alle creme come se fosse il cibo migliore mai assaggiato sino a quel tardo pomeriggio.
“Verresti a … a casa mia Jimmy? Devo sbrigare del lavoro urgente, se no ti riaccompagno, mi spiace …”
“Per cosa?” – e lo investì con il suo sguardo di carbone.
“Avrei voluto restare con te …” – disse stringendo il volante.
Erano parcheggiati in una piazzola antistante il gazebo del luna park.
“Ok … posso dormire da te? Vivi da solo?”
“Come un cane” – disse istintivamente.
“Spesso è meglio così Scott … Andiamo?”





JIMMY

SUNRISE - CAPITOLO N. 178

Capitolo n. 178 - sunrise


Scott si fece la barba, indossò una casacca in cotone verde scuro, di quelle portate in Africa, durante le sue missioni umanitarie, un paio di jeans strappati in vari punti e delle infradito logore.
Pensò alla colazione, mentre Glam e Lula dormivano ancora o almeno così credeva.
Aveva appena messo a bollire le uova, quando il bimbo gli passò sotto il naso, trascinando il povero Brady sul parquet, oltre alla coperta di pile, il tutto con un muso lungo per essersi alzato presto.
“Fa sempre così …”
La voce dolce di Geffen lo avvolse, come le sue braccia: con il proprio corpo, l’avvocato aderì a quello di Scott, che chiuse le palpebre, dimenticandosi di respirare, mentre le mani dell’altro si infilavano sotto a quell’indumento sottile, per accarezzare i suoi addominali ancora tonici.
“Glam …”
“Che c’è …?” – mormorò baciandolo sulla nuca, spostando le ciocche bionde, con il mento, facendogli sentire la barba ispida ed il profumo di dentifricio alla menta.
“Non vorrai che tuo figlio mi veda in questo stato …?” – disse piano, la gola prosciugata dal desiderio.
“Penserà di avere uno zio molto … virile” – Glam rise piano, sfiorando il rigonfiamento creatosi tra le gambe di Scott, ormai rosso fuoco per l’eccitazione.
Il medico si voltò repentino, ritrovando le labbra di Geffen, che lo baciò con estremo trasporto, rivelando quanto anche lui lo volesse.
Scott si aggrappò al suo collo, come se si fosse ritrovato nel bel mezzo di una tempesta di sensi.
Quando sentirono rientrare Lula, si ricomposero, ma senza fretta.
Soldino di cacio era ancora assonnato ed imbronciato.
“Tesoro come va il pancino?” – gli chiese tossendo Scott.
“Sono andato due volte in bagno, l’ho fatta anche per Brady!!” – ed incrociò le braccia, facendo una posa da rapper incavolato.
Glam e Scott scoppiarono a ridere, incontrando poi il sorriso di Lula, che corse a prendere la sua macchina fotografica digitale.
“Zio Scott!!”
Lui si voltò nella sua direzione, concentrato su quella voce spensierata, accorgendosi, poi, di essere stato immortalato dal figlio di Geffen, che corse subito a scaricare i suoi capolavori.


I segnali, per Colin, erano sin troppo inequivocabili.
Aveva una paura fottuta di ricevere delle conferme da Jared direttamente, quindi decise di trovarsele da solo, indagando tra i suoi effetti personali, approfittando di una breve assenza da parte del compagno.
L’iniziativa di Farrell non ebbe buon esito.
Gli sorsero dei dubbi, legati ai trascorsi del cantante, ai suoi periodi di depressione, alleviati drammaticamente con ansiolitici ed alcolici.
Questi ultimi potevano essere ampiamente consumati nei diversi bar dell’isola, ma Jared era sempre con il marito, quindi l’opzione restava poco plausibile.
Riflettendoci, Jared non sembrava un alcolizzato, quindi restava la seconda ipotesi: la dipendenza da farmaci.
Colin, infatti, mai avrebbe immaginato che abusasse di droghe, vecchie e nuove.
Eppure non c’era niente: mancando la sacca, che Jared si era portato appresso, senza destare alcun sospetto in Farrell, perché era un gesto abituale e consolidato, l’attore rimase con un nulla di fatto svilente.


Lo shopping del lunedì pomeriggio era ormai un appuntamento fisso per Jamie e Kurt, anche per raccontarsi gli ultimi aneddoti di famiglia.
Avevano acquistato due Lacoste fucsia, indossandole immediatamente nel medesimo camerino, dandosi gomitate e ridendo come pazzi.
“Dio che bella tartaruga Jam!” – e gli fece il solletico all’addome asciutto.
“Ma cosa fai ahahahah”
“Quindi non sei ingrassato rompipalle!!”
“Sai Kurt, è stata un’idea di Marc, siamo andati da un nutrizionista, che ha messo a punto alimenti con pochissimi carboidrati, grassi ed amido, così che posso mangiare regolarmente, senza troppi sacrifici, integrando le vitamine per le ossa a volontà e poi …”
“Poi …?” – chiese sorridendo, notando una luce nuova nell’amico del cuore.
“Poi abbiamo visitato la clinica per … per l’utero in affitto … Marc vuole che sia io a … a fare quello che hai fatto tu Kurt” – e stringendo le labbra, rivelò tutta la sua trepidazione.
“Mioddio … piedini ciccioni avrà una Jamie sister!!” – e lo abbracciò sollevandolo, come se fosse una piuma.
“Sono così felice Kurt …”
“Lo so … Ascolta! Vacci con Marc, per la … donazione del seme, così … ti ispirerà!”
“Tu e Brandon avete fatto così!?”
“Ehm no …” – Kurt esitò, poi volle dirgli la verità.
“Sai Jam … ci sono andato con Jared …”
“Oh cavoli …”
“Lui mi ha … aiutato ecco, non abbiamo fatto sesso … Cioè … accidenti” – inspirò, avvampando.
Jamie gli diede una carezza sullo zigomo destro – “Non devi sentirti a disagio con me … Io non ti giudicherò mai Kurt”
“Lo so … Ti voglio bene Jam” – e lo strinse di nuovo.
Infine fu più preciso - “Jared mi ha aiutato, non riuscivo ad eccitarmi … Mi ha … accarezzato e così è accaduto … Missione compiuta” – rise imbarazzato – “Ed io ho … gli ho fatto un”
“Capito!” – lo interruppe il ballerino, tappandogli la bocca con il palmo destro, senza premere, ma con decisione.
“So che tu capisci le mie scelte Jamie … come Brandon, del resto”
“Non ti ha mai ostacolato nel tuo rapporto con Jared …”
“E’ stato esemplare, questo lo sai ed io alla fine ho compreso chi era la persona, con cui volevo svegliarmi ogni mattina”
“Per me è Marc, siamo stati fortunati, lo ribadisco” – e sorrise raggiante.
“Ok … che ne pensi di quei jeans a vita bassa con le scritte oscene??!!”
Jamie li sbirciò spostando la tenda – “Sono la tua … Ma Kurt!!!”


Il sole mattutino venne inghiottito da nuvole cariche di pioggia.
Lula sbuffò dietro ai vetri tempestati di goccioline.
“Vuoi ancora un po’ di latte campione?”
“No papà … vado a fare i compiti, ci vediamo a pranzo, cosa si mangia?” – e gli fece un sorrisone.
Geffen inarcò un sopracciglio – “Cosa preferisci tesoro?”
“Tu e zio che preparate per voi?”
“Non ne ho idea … in dispensa ci sono parecchie cose” – disse Glam perplesso.
“Okkeiii tiro fuori dal freezer le pizzeee” – e si precipitò verso il congelatore, aggiungendo una considerazione – “Così non perderete tempo a cucinare!”
Scott puntò Geffen, con aria stupita – “Tuo figlio è molto sveglio …”
“Ha i super poteri, no?”

Appena furono soli, Glam tornò sul divano, prendendo tra le braccia Scott, completamente sottosopra per come si stava evolvendo quella breve vacanza sulle Alpi svizzere.
“Sembra già sera … è buio fuori …”
“Torniamo a letto Scotty?”
“Pensi sia una buona idea …?” – disse sommesso, ma in confusione, inebriato dal dopo barba di Geffen, dal rilievo dei suoi pettorali, rivelati dalla camicia aperta sino allo sterno, oltre ad una rinnovata erezione, libera e prepotente sotto i pantaloni della tuta dell’avvocato.
“Penso che sono felice di averti qui … di come ti comporti con mio figlio, della tua perseveranza … e di tutto ciò che ci unisce da quando ci conosciamo Scott” – disse serio, fissandolo.
“Glam, io …”
“Non ti faccio promesse e neppure ti suggerisco di cogliere l’attimo: non sei obbligato a fare nulla, così io, che non agisco per gratitudine o per senso di colpa Scott” – disse sereno.
“Non mi aspetto un anello di fidanzamento” – disse debole, abbassando lo sguardo.
“Quando mi vieni a cercare, come in questa occasione, a cosa pensi?”
Lui deglutì, affondando poi nel collo taurino di Geffen, che lo strinse con maggiore coinvolgimento.
“Io … io sogno momenti come questi … ed impazzisco di gioia quando ti accorgi di me, Glam …”
“Tesoro …” – cercò la sua bocca, per baciarla, ad occhi aperti, vedendo in quelli di Scott un timore innocente, peculiare nei loro approcci amorosi.
In profondità, quel modo di percepire Scott, alla stregua di un ragazzino, che si abbandona alle attenzioni di un uomo più maturo ed esperto, lo faceva letteralmente impazzire.
Risvegliava in Geffen una tensione erotica incontenibile, capace di soffocare quella sua premura di non volere illudere Scott e tanto meno prenderlo in giro.
“Da … da quando ti ho sentito dentro di me Glam, il mondo è cambiato … ti cerco da allora, ti voglio e basta” – gli confessò, turbato e vibrante.
“Adesso vieni con me …” – gli sussurrò, caldo, prestante e sconvolgente, in ogni gesto.
Cinse i polsi di Scott, con cura, facendolo alzare, per dirigersi nella stanza dove avevano dormito con Lula, sparito al piano superiore, nella mansarda attrezzata per i giochi e le attività scolastiche.
Chiuse a chiave, spense le luci, attivando gli scuri elettronicamente, mentre il caminetto scoppiettava di scintille e riverberi dorati.
Si spogliarono a vicenda, ricominciando a baciarsi.
“A pancia in giù …” – gli disse Glam, sotto voce, dopo avere messo di traverso dei guanciali ed un trapuntino, per tenere sollevati i fianchi di Scott, che strinse le lenzuola, schiudendo le labbra, alla ricerca di ossigeno.
Quando la lingua di Geffen lo penetrò, Scott emise un gemito strozzato, che si acuì al sentore delle sue falangi, altrettanto calde e bagnate.
“Mioddio …”
“Toccati Scott …” – quasi gli impose, aprendogli maggiormente le gambe e sedendosi in ginocchio nel mezzo, per accompagnare la mano di lui sotto il bacino già in posizione ottimale.
“Masturbati, mentre io ti scopo ancora per un po’ in questo modo …” – e si insinuò nuovamente con la lingua, ma con maggiore vigore.
Scott stava perdendo ogni inibizione e razionalità: voleva soltanto godere a pieno di quegli attimi, senza più illusioni.
Era più semplice e più appagante amare Glam secondo questo principio di adattamento.
Lasciava solo un po’ di amaro in fondo all’anima: bastava non accendere la luce, per scoprirne i limiti, così poco edificanti e tutto sarebbe andato per il meglio.

Il movimento di Geffen era fluido, dopo avere forzato, senza alcuna fretta, l’anello di muscoli e nervi di Scott, esaltato allo spasimo da quel contatto.
“Mi … mi fai già venire così Glam …!” – e dilagò tra i cuscini.
In una convulsione orgasmica fuori controllo ormai, i rispettivi corpi trovarono un ritmo lussurioso, sino a che anche Geffen giunse al culmine, non senza avere cosparso di baci e morsi le scapole di Scott, totalmente in sua balia.
“E’ … è bellissimo … amore …!” – gli sgorgò dal proprio abisso, dove i volti di Jared, Kevin, Colin e persino Xavier, con i quali aveva consumato amplessi ed emozioni di ogni intensità ed importanza, andavano ad accavallarsi, diradandosi poi come le nubi di quel temporale esterno, che si allontanava verso le pianure.
“Glam … Glam …”
Scott voleva abbracciarlo e Geffen lo voltò a sé, per unirsi a lui, quasi a confortarlo, baciandone le tempie, il mento, la bocca, che massaggiò e dilatò con le proprie labbra, scendendo sino alla gola di Scott, con la propria lingua avida di combattere con la sua, mentre lo riprendeva, con un energico colpo di reni.
Glam era dappertutto, con la sua prestanza incredibile e debordante.
Lo colmò una seconda volta, di sperma, baci, carezze, facendo sentire Scott in cima all’universo: da lì, si poteva soltanto cadere.


Lula piegò diligentemente i due maglioni e glieli passò.
“Grazie soldino …”
Scott sorrise, cercando di evitare lo sguardo di Glam o almeno così sembrò a lui, nell’osservarlo mentre preparava i bagagli di corsa.
“Vedi servono quarantotto ore di pre-terapia, prima di operarlo ed il signor Haysen non può rimandare oltre questo intervento, programmato per la prima decade di giugno … Tyron ha anticipato di quasi venti giorni” – spiegava, come a giustificarsi, senza possibilità di annullare la propria partenza dalla Svizzera.
“Ok … comprendo … mi dispiace che tu non possa trascorrere l’intera settimana qui con noi Scotty … Tanto torneremo per il b-day di Colin, ci sarai, vero?”
“Credo di sì … Ok a posto … Pronto.”
“Vi aspetto in auto, Lula prendi lo zainetto, poi facciamo una passeggiata sino alla malga, ok?”
“Andiamo a giocare con il pony?? Sìììì!!!”

Quando si salutarono, Scott nascose un pianto incipiente dietro ai ray ban.
“Arrivederci Lula … Ci vediamo a Los Angeles, ok?”
“Sì zio … salutami Jimmy!”
“Ma …”
Il bambino rise, prendendo poi per i pantaloni Geffen – “Papà dobbiamo andare!”
“Sì … un secondo tesoro … Ciao Scotty … Grazie …” – e lo strinse.
“Sono io che ti ringrazio Glam … Nessuno mi ha mai reso tanto felice. Nessuno, giuro.”
Così svanì, con il suo sorriso triste.

Una volta risaliti sulla Jeep, Geffen volle togliersi una curiosità impellente.
“Lula, ma … questa faccenda di Jimmy?”
“Jimmy?” – replicò fischiettando giulivo.
“Sì … con zio Scott …”
“Si conosceranno meglio … Jimmy sa ascoltare … è così buono”
“Sì tesoro, deve esserlo, se me lo dici tu” – e sorrise convinto, per poi avviarsi verso il piazzale, dal quale partivano i sentieri, per la loro camminata.






venerdì 17 agosto 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 177

Capitolo n. 177 - sunrise


Robert si rannicchiò sulla chaise longue in vimini; era in terrazza, nell’attico che condivideva con Jude, impegnato a fare addormentare Camilla, dopo un pranzo a base di pizza ed hamburger, come richiesto dall’americano, in vena di farsi viziare.
L’attore aggrottò la fronte, leggendo i messaggi, tra cui uno di Glam, che gli chiedeva di richiamarlo.
Downey sorrise.
“Ehi …”
“Ciao Glam …”
Nell’aria vibrava l’emozione di quel loro contatto.
“Grazie per avermi risposto”
“Che vuole dire, c’è un bell’uomo nel mio letto e adesso cosa faccio??”
Geffen rise: era nel solarium, mentre Scott si era allungato sul letto dell’amico, intento a leggere posta elettronica ed inviare e-mail.
“Ho un dottore molto affascinante tra le lenzuola … ancora vestito”
“Quindi è questo il problema Glam”
Risero insieme.
“Il problema è che …” – prese fiato –“Vorrei che ci fossi qui tu Robert, un amico con il quale potrei sfogarmi, rompendoti le scatole alla nausea, senza temere i tuoi assalti o le tue … aspettative amorose”
“Ne sei sicuro?” – chiese con voce civettuola.
L’avvocato rise di gusto.
“Mio Dio Rob … Tu mi fai stare bene”
Downey perse un battito.
Mentalmente si ripeteva come c’erano arrivati lui e Geffen a parlarsi in quel modo, arrossendo come due adolescenti alle prime armi.
Provò a ridimensionare la situazione, proseguendo sulla vena ironica di quel dialogo ma Glam divenne serio, anche se dalla sua voce trapelava un’autentica serenità nell’interagire con Downey.

“Devi farmi delle promesse Robert, adesso”
“Co-cosa …?” – replicò con stupore.
“La prima … che verrai a pranzo con me quando torno”
“Ok”
“La seconda … Che almeno tu faccia l’amore, oggi, con tuo marito, l’uomo che ami oltre te stesso … e che ti renderà felice, come meriti: siete così speciali”
“Glam …”
“Ho nel cuore soltanto Jared, tu lo sai, ma conoscendo persone come te, comprendo quanto io ho permesso a lui ed ad altri di calpestarmi, di frantumare i miei sentimenti … il mio cuore Robert … Lo ripeto, tu sei il compagno ideale per sentirsi amati e … e rispettati” – il suo tono si incrinò.
“Glam ascolta … Tu meriti una persona migliore di Jared, mi duole ammetterlo, sai quanto io lo abbia sempre difeso e capito, nei suoi disagi, nelle sue incertezze, però ora provo un tale imbarazzo, per come è finita tra di voi … ammesso che sia così, perché ho paura che non avrà mai una conclusione questa … Vorrei definirla storia d’amore incredibile, ma rimane un’agonia, ad essere onesti” – ammise mesto.
“Ogni volta che tornava da me, io non sono mai riuscito a mettergli un freno e chiudere la nostra relazione Rob, dipendeva da me e non l’ho fatto” – ribatté severo.
“Hai seguito il tuo cuore generoso Glam” – disse dolcemente ed a Geffen sembrò una carezza a distanza, quella maniera affettuosa, con cui Downey lo stava confortando.
“Ricorda che hai promesso …”
“Sì, lo farò” – sorrise – “Jude è l’aria che respiro …” – disse vedendolo nel living raccogliere i giochi della figlia.
“Se mai ti farà un torto Robert, io …” – si interruppe, temendo di avere detto qualcosa di realmente fuori luogo.
“Nessuno di noi è immune da errori Glam … Jude mi ha fatto soffrire in passato, però è ciò che resta, passato, appunto.”
“Ok Robert …”
“Ok Glam” – sorrise – “Abbi cura di te e fa ciò che senti, con Scott o con chiunque, fallo per te e non per accontentare gli altri, anche se sono in buona fede” – puntualizzò, richiamando la precedente conversazione su Jared davanti all’oceano – “Non avere sensi di colpa, non esiste …”
“D’accordo … Ti abbraccio”
“Grazie Glam, a presto, ciao …”


I mobili erano in legno non trattato, gli incensi riportavano i ricordi alle terre africane, i cui colori sembravano ritrovarsi nella teleria vivace, che vestiva il letto, al centro del quale Jared e Colin erano intrecciati e nudi, seduti a baciarsi da un tempo indefinito.
La pelle del cantante grondava di sudore, dopo un breve bagno turco, che non giustificava tale reazione del suo fisico.
L’astinenza era l’unica spiegazione plausibile e Jared se ne rese conto immediatamente.
“Tesoro … tesoro tutto bene …?” – ansimò Colin, massaggiandogli zigomi e collo, con le mani a coppa, intorno al suo viso incantevole.
“Sì … sì sto bene” – balbettò, piegandosi ed appoggiando la tempia sinistra sulla spalla di Farrell, che lo abbracciò teneramente – “Jay …”
“Cole devo … devo stendermi … ho freddo”
“Freddo?! Jared, cos’hai?” – chiese allarmandosi, mentre recuperava un plaid e lo copriva, appoggiandolo ad enormi cuscini.
“Forse la cena …”
“Una congestione? Ti preparo del tè?”
“Sì … sì dovrebbe funzionare”
“Chiamo un medico?”
“No, no, non voglio nessuno …” – sbottò nervosamente, ma senza alcuna veemenza, non voleva litigare.
Mentre l’irlandese era impegnato all’angolo cucina di quella splendida villa immersa nel verde, Jared sgattaiolò in bagno, dicendo che provava a vomitare.
Aveva nascosto le bustine di cocaina all’interno di un sacchetto con del caffè dall’aroma intenso, perfetto per sfuggire all’olfatto dei cani anti droga, appostati all’aeroporto.
Era diventato un vero delinquente, non faceva che ripeterselo.
Si chiuse a chiave e con consumata esperienza preparò un paio di piste, che sniffò altrettanto velocemente, con un arnese recuperato nelle cianfrusaglie marocchine, acquistate ai tempi di Alexander.
Provò rabbia, disgusto, ma almeno si sentì subito meglio.
Ricompose il suo kit illegale nella sacca da viaggio, che andò a occultare tra asciugamani ed accappatoi, nel ripiano più alto del mobile, dove avevano riposto anche biancheria e calzature.
Si sciacquò e riaprì, trovandosi davanti Colin, con la tazza fumante ed un’espressione stranita – “Non dovresti chiudere, miseria …” – disse amareggiato.
“Perdonami Colin … Non ero … un bello spettacolo” – provò a giustificarsi, abbozzando un sorriso.
“Siamo abituati ad assisterci amore … Su, bevi … hai un aspetto più decente” – e rise con sollievo.
“Mi … mi sono liberato … Mai più tacos e salse piccanti”
“Di solito li digerisci senza problemi”
“Sto invecchiando Cole” – sospirò, scrollando la testa.
Farrell lo strinse con delicatezza – “No, tu sarai sempre giovane e bellissimo, credimi”


Tim era seduto sul bordo del materasso, le gambe accavallate, i gomiti appoggiati verso le ginocchia, la Camel tra le labbra, quasi finita.
“Ciao cucciolo …” – disse stirandosi, con voce appagata Kevin, ma il ragazzo non gli rispose, non subito.
Diede ancora un paio di boccate e poi tossì – “Ciao …” – rispose roco.
“Ehi tutto a posto Tim?” – domandò, cingendolo da dietro e posando un bacio sulla sua nuca, ancora madida e calda.
“No, non credo …” – si alzò senza fretta, distaccandosi dal busto scultoreo di Kevin, che provò un senso di angoscia istantaneo.
“Dove vai?”
“Mi lavo, mi vesto … Ho un lezione, quella di ieri l’ho saltata”
“Sì, mi dispiace Tim”
“E di cosa?” – chiese bloccandosi, per fissarlo, mentre aspettava una risposta.
Kevin deglutì a vuoto: si sentiva sospeso, come se l’altro lo stesse mettendo alla prova.
“Mi dispiace per non averti dedicato ogni mio sforzo, visto che lo meritavi a pieno Tim, per l’amore e la dignità, che hai portato nella mia vita, distrutta da Glam e dalle sue scelte” – replicò chiaro.
“Tu lo ami?”
“Sì, ma voglio smettere e con te ci stavo riuscendo Tim” – ribadì sincero.
“Ok …”
“Ok …?”
Tim annuì, poi aggiunse – “Non ho voglia di fare la doccia da solo … Non ci sono più abituato da quando mi sono innamorato di te Kevin” – sorrise pulito, tendendogli la mano destra.
Kevin volò ad afferrarla, con tutto ciò che Tim rappresentava, facendolo roteare, mentre si baciavano profondamente.


Lula quasi inciampò in Glam, che stava rientrando in camera.
“Papà ho male qui …”
“Tesoro …” – lo prese in braccio, portandolo sul letto, dove Scott li accolse con premura.
“Che succede soldino?” – gli chiese il medico.
“Qui …” – ed indicò l’addome.
“Lula hai tanto male?”
“Glam calmati …” – Scott sorrise, tastando la parte dolente – “Sei andato in bagno oggi piccolo?”
“No zio Scott … uffi … da ieri”
“Ah capisco” – e prese la valigetta, cercando delle bustine.
“Scommetto che le preferisci alle supposte, vero Lula?”
“Papà non voglio i mini missili puzzolosi!” – e si aggrappò al suo collo, facendo ridere entrambi.
“Questi sono granuli Lula, adesso papà ci porta dell’acqua tiepida e li prendi, vedrai che faranno effetto in meno di venti minuti”
“Vado e torno” – e prima di rialzarsi, baciò Lula tra i capelli arruffati.
Scott nel frattempo prese un telo di pile ed avvolse il bimbo.

Come previsto, la medicina si rivelò molto efficace.
“Pista!!”
“Dovrei seguirlo Scott?”
“Ma figurati, sei eccessivamente apprensivo, quasi quasi ti faccio un’iniezione di sedativo Glam ahahahah”
“Cavoli … lo sai che io lo adoro …”
“Tu e lui siete incredibili … Non ho mai conosciuto un padre ed un figlio tanto legati” – disse con serenità.
“E’ il mio angelo” – ed una lacrima rigò il suo zigomo sinistro, dove Scott posò un bacio, asciugandogliela.
Geffen lo strinse sul petto – “Grazie Scotty …”
“No, grazie a te Glam …” – e lo baciò, con naturalezza.
Si distaccarono solo quando avvertirono i passi leggeri di Lula.
“Tesoro tutto ok?”
“Sì papà, okkeiii!! Grazie zio … posso dormire qui?”
“Certo” – replicò Scott sorridente – “Se vuoi ti lascio con papà …”
“No, no, vi voglio qui tutti e due!”
“D’accordo soldino” – disse Glam tranquillizzato dall’allegria di Lula.
“Tu papà mi fai grattino sulla schiena e tu zio liscino sulla pancia!” – ed accucciolandosi con Brady, si mise in attesa di quella dose massiccia di coccole.
I due uomini si guardarono – “Agli ordini principe Lula” – bisbigliò Scott.
Geffen li accolse tra le sue ali, accarezzandoli e vegliando su di loro, finché non si assopirono rilassati e soddisfatti di essere lì con lui.