mercoledì 30 dicembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 40

Capitolo n. 40 – nakama



Tim, al quinto bicchiere di vodka, crollò sopra il bancone del bar, come uno straccio, pronto ad essere gettato via.

Per poco non scivolò anche dallo sgabello, se non fosse stato per le braccia forti, di qualcuno che lo aiutò a riprendersi un minimo.

Era Kevin, appena giunto al locale, dove ritrovò l’ex, in condizioni pietose.

“Dai, andiamo via” – gli disse piano, l’alito buono alla menta, il profumo di pelle del giubbino e poi di quello dell’auto, una muscle car da collezione, all’interno della quale, Tim si sentì di nuovo al sicuro.

Aveva sbagliato tutto; questa la sensazione dominante, che lo stava turbando, ora più che mai.

“Dove andiamo?” – chiese il bassista, con aria dolce.
In fondo, a quel ragazzo dall’esistenza complicata, che lo aveva fatto soffrire almeno quanto Geffen, Kevin voleva un bene profondo.

“Via da me stesso” – mormorò triste l’altro, aggrappandosi allo schienale – “… mi gira tutto … forse sto per vomitare cazzo!” – e, coprendosi la bocca, il giovane provò a controllare un conato piuttosto forte.

Kevin accostò.

“Dai, scendiamo a prendere un po’ d’aria e poi ti liberi, credo sia la cosa migliore per te, ok?”

Tim annuì tremando, così che il musicista recuperò un plaid nel bagagliaio e lo avvolse con cura.

“C’è una panchina, sediamoci, poi ti prendo un caffè al chiosco, anzi facciamo due” – sorrise, dandogli un bacio sulla tempia sinistra, mentre lo stringeva a sé, ormai già accomodati su quel granito gelido, davanti all’oceano.

Le lampadine del furgoncino di panini e bevande calde, poco distante da loro, ondeggiavano nel vento.

Sembrava una danza: ipnotica e colorata.

“Perché fai questo … Io non lo merito” – disse piano Tim, guardando l’orizzonte scuro e lontanissimo.

Kevin lo guardò, sollevandogli il mento con l’indice destro – “Perché tu avresti fatto lo stesso per me, se ne avessi avuto bisogno: non ho dubbi”

Tim si rannicchiò meglio – “Grazie …”

“Lo vuoi quel caffè?”

“Sì … Magari con una ciambella, sono a stomaco vuoto”

“A proposito, come va?” – e rise, scompigliandogli i capelli.

“Insomma … Si è calmato … Una volta reggevo meglio l’alcol”

“A me non sembra, sai? Quanti ricordi …” – inspirò, cercando degli spiccioli nei jeans – “Torno subito, non scappare”

“E dove potrei andare?” – replicò mogio, seguendo i suoi movimenti con lo sguardo arrossato ed il cuore in gola.

Come un tempo.




Tom si era allontanato per telefonare ai genitori, in vacanza in Europa, per i loro trent’anni di matrimonio.

Con dispiacere, i suoi avevano intrapreso quella lunga crociera, programmata da un pezzo, ma ogni giorno telefonavano per sapere di Chris.

Reedus aveva comprato della biancheria per il collega, su istruzioni di Hiddleston, non senza sentirsi impacciato e a disagio con la commessa del drugstore, proprio davanti all’ospedale.

Con addosso una tuta sterile, anche a Norman fu consentito di fare visita al paziente, da un severissimo, ma educato Mads, pronto a festeggiare l’esito del trapianto, con una cena faraonica, per lui e Will, nel ristorante più costoso di Los Angeles.

Voleva ubriacarsi di champagne e fare l’amore sino all’alba con Graham, che non chiedeva di meglio.

Hemsworth schiuse di poco le palpebre e gli sorrise, improvviso.

Era bellissimo, un colorito sano, gli occhi pieni di stelle.

Al poliziotto della narcotici, sarebbe venuto spontaneo salutarlo con un “amore!”, però Reedus si trattenne, mordendosi la lingua.

“Ciao bastardo …” – lo apostrofò il biondo, tendendogli le mani.

Norman le carpì con vigore ed affetto, così il suo sorriso, nitido, oltre la visiera in plastica.

“Ciao stronzo, bentornato tra noi … Accidenti a te” – ed una lacrima, piovve dispettosa dalle sue iridi luminose.

“Un duro come te, che frigna … andiamo bene” – Chris rise, ma poi tossì.

“Taci, se no qui mi mandano via ed io voglio rimanere ancora un po’, ok?” – gli bisbigliò complice.

“Tom?”

“E’ al telefono con i tuoi suoceri”

“Ok … Hai preso le mutande pulite per me?”

“Eh? Ma allora ci hai sentiti quando”

“Non sono mica sordo!”

Risero di nuovo.

“Taglia sesta, sei dimagrito, forse ti si è pure ridotta l’artiglieria” – e sogghignò.

“Allora oltre al cuore, mi ci faccio mettere anche un gingillo nuovo, lì in basso”

“Ecco bravo, così Tommy non si lamenterà!” – sentenziò buffo, la salivazione azzerata.

“Mai successo, pensa a tua moglie, invece!” – e gli fece una smorfia adorabile.

Norman trattenne il fiato, per non scoppiare a piangere, per tanto era commosso da quel frangente, intimo e particolare: Chris era tornato, stava reagendo bene, forse tutto si era risolto.

Forse.




A Jared prudevano le dita e lo stomaco: avrebbe voluto avvisare Ruffalo, con un sms, informandolo della presenza di Niall da Meliti, così da riconquistare un minimo spazio nella sua vita, dalla quale il prof lo aveva ormai escluso definitivamente, dal loro ultimo incontro, precludendone la fiducia verso il cantante.

Colin lo interruppe, mentre ancora stava decidendo, se procedere o meno con quella soffiata, dagli esiti incerti.

“Tesoro non rientri? Tra poco si va a tavola ed il nonno è molto severo sulla puntualità” – scherzò l’irlandese, andando ad abbracciarlo.

Ormai Farrell aveva abbandonato le stampelle, dopo il ritorno da Santa Barbara, iscrivendosi ad una serie di terapie, supervisionate da Tom, nel part time, che il fisiatra aveva scelto, per assistere Chris il più possibile.

“Hai visto chi è arrivato, Cole?”

“Certo, ho appena salutato Niall, con Layla e Thomas: temo ci siano stati problemi con Tim, dalla loro espressione mogia” – replicò, baciandolo tra i capelli.

Era da troppo che non facevano l’amore.

Leto provò a scostarsi, senza urgenza, ma l’altro lo trattenne con decisione.

“Hai qualche problema, Jay?” – domandò senza alterarsi l’attore, fissandolo.

“No … No, affatto, è che mi sento stanco, forse sto covando un’influenza”

“Non adesso che si va in montagna, spero” – Farrell sorrise affettuoso.

“Per Natale?!” – bissò stupito il leader dei Mars.

“Doveva essere una sorpresa, però …” – e si morse le labbra invitanti.

“Il matrimonio … Ad Aspen, quindi?”

“Mi sembri perplesso Jared”

“No, ma io credevo che saremmo fuggiti in Irlanda, dribblando gli invitati” – provò a smorzare l’attimo di imbarazzo, riuscendoci a pieno.

“Veramente è una cosa a quattro …”

“Con Jude e Robert? Sì, lo immaginavo”

“Ma se non ti va, io posso”

“Figurati Cole, per me nessun problema, ok?” – e lo baciò.

Finalmente.




Geffen si appoggiò allo stipite della blindata, all’ingresso del loft di Tim, dove Kevin gli andò ad aprire.

“Che succede?” – chiese pacato il legale.

“Ciao daddy … Una crisi, per via di Mark, ecco” – spiegò un po’ teso il suo ex, a tono basso, senza sapere che Tim era appena scivolato, lungo la parete del living, dietro l’angolo dell’entrata, sino a sedersi sul parquet, nella semi oscurità della sua residenza, ormai senza più nessuno dei suoi cari.

“Non mi fai entrare?” – Glam sorrise.

“Meglio di no: Tim si è appena calmato, dopo una mezza sbronza”

“Ok … Tu e lui facevate una bella coppia, sai come la penso”

Kevin si ossigenò, senza mai smettere di guardarlo – “Io non so bene ciò che voglio e tanto meno lo saprà lui, non lascerò precipitare gli eventi, non questo giro” – affermò lucido.

“Nemmeno con me?” – e gli accarezzò lo zigomo destro.

“Daddy tu sei una parte del mio destino, sia che mi guardi indietro, che verso il domani e non solo per Lula, dovresti averlo capito” – sorrise a metà, con una lieve esitazione nella voce.

Geffen lo avvolse, improvviso, ma con tenerezza, infilandogli le mani grandi, sotto al pullover, dove Kevin era nudo e bollente.

Si baciarono.
Con naturalezza.

Poi Glam lo liberò, da quel tentacolare approccio, dove perdersi sarebbe stato così semplice; come chiudere quella porta ed andarsene con lui o senza di lui.

Geffen rimase oltre la barricata, che Kevin innalzò sul proprio ieri, senza ipotecare alcun futuro.

Quindi tornò nella sala, le luci spente.

“Perché rimani?” – domandò fragile Tim.

Il ragazzo conosceva ormai alla perfezione certi meccanismi, dal capo branco ai cuccioli, di quel particolare clan.

“Ehi, cosa fai lì, al buio, stropicciato come la carta di un cioccolatino?”

Kevin gli stava sorridendo, infine si inginocchiò, permettendo alle rispettive fronti di aderire, come due calamite, di segno opposto.

“Noi siamo come pianeti, Kevin, mentre Geffen è il Re Sole …” – quasi si sfogò, tra timidezza e dignità.

“Sbagli … Tu sei una stella ed eri il mio tesoro più bello, con il nostro Lula e poi Layla … Ora c’è anche Thomas ed io sono pronto a volergli bene, a provarci, senza fretta, con serenità … Se tu sei d’accordo, Tim”

Ne seguì un silenzio, bagnato dalle lacrime di entrambi, caduti in un abbraccio, fatto di tepore e di mille possibilità.

A loro ne bastava una.
Una soltanto.



 AUGURISSIMI A TUTTI VOI PER UN FELICE 2016
e grazie a chi mi segue e legge anche qui :-D
Maria Rosa








venerdì 25 dicembre 2015

AUGURI :)

Per queste feste, un augurio sincero di serenità e gioia da me, per tutti voi, che mi leggete e seguite, facendomi tanta compagnia XD

A presto con i nuovi capitoli di Nakama e ... altre storie :D

Un bacio grande da Maria Rosa



Happy New Year 





mercoledì 16 dicembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 39

Capitolo n. 39 – nakama



Niall mise a nanna Layla, dopo essere andato a prendere anche il suo fratellino all’asilo, che si accucciolò abbracciato al proprio peluche preferito, non senza commuovere Horan, devastato da mille emozioni, dopo l’incontro con Ruffalo.

I passi di Tim echeggiarono nel corridoio: sembrava avere fretta.

Niall deglutì a vuoto e poi si fece forza: non poteva lasciare la questione in sospeso.

Si sentiva tradito.

“Ehi ciao”

“Tesoro, ciao, sei già a casa? E i piccoli? Layla?”

Il giovane gli sorrise, andando ad abbracciarlo, non senza percepire nel biondino un’evidente freddezza.

“Layla sta bene, non ha febbre” – disse scostandosi da lui, un po’ brusco – “devo parlarti, andiamo di là?”

Avevano deciso di vivere nel loft di Tim, spazioso ed in una zona ambita della città.

C’era un panorama fantastico, ma ora, lo stesso, non stava emozionando Horan, come in precedenti situazioni.

“Eccoci qui … Cosa diavolo è successo?” – domandò Tim, un po’ teso.

“Sei nervoso? Come mai?” – bissò con un mezzo sorriso, affrontandolo.

“Cosa ti prende Niall? Ce l’hai con me? La ragione?!”

“Mi racconti ogni fottuta cosa, Tim, da quando stiamo insieme, ma quella più scomoda, evidentemente, te la sei persa nel dimenticatoio della tua vigliaccheria!”

L’ex di Kevin strabuzzò gli occhi celeste ghiaccio, avvampando.

“Ora capisco … Hai visto Mark, vero?” – domandò a mezza voce.

Horan annuì, fremente nello sguardo, le braccia incrociate sul petto.

“Ha spiazzato anche me, ricevere la sua pratica sul tavolo del mio ufficio all’orfanotrofio, però Miss Gramble non conosce tutti i nostri trascorsi, penso l’abbia fatto in buona fede … E’ stata una casualità”

“Che tu mi hai taciuto: perché?”

Tim inspirò greve, lisciandosi indietro i capelli castani e folti.

“Provavo disagio … Peraltro, conoscendo Mark, potrei anche non favorirlo in questa adozione, visto che i bambini non gli sono mai piaciuti” – spiegò rigido.

“Tu non lo conosci affatto!” – tuonò Niall – “E vorresti impedirgli di fare questa esperienza, per un tuo pregiudizio, senza alcun fondamento?! O forse hai messo in conto una mia reazione e volevi arginarla sul nascere?!”

“Ma perché fai così, perché stai dando importanza a lui e non a me, adesso?! Mark si è comportato da egoista, quando tu avevi dei sogni, che IO HO REALIZZATO CAZZO!!” – esplose, sentendosi all’angolo.

Gli zigomi di Horan vennero come attraversati da una scossa elettrica – “Hai ragione” – replicò in affanno – “… e temo di essere stato precipitoso, di essere stato io l’egoista, non lui, che mi amava più di sé stesso e che aveva bisogno di un po’ di tempo: non faceva che ripetermelo, quando lo lasciai, quando decisi di non vivere una relazione clandestina, con te, perché non era giusto nei riguardi di Mark, perché io non ho due volti … Ed ora ci sono i nostri bimbi, che soffriranno, visto come mi sento!” – e si tamponò con i polsi, le guance rigate da un pianto disperato, ma composto.

“Noi possiamo risolvere questa cosa, Niall … Ti prego di darmi una possibilità e di accettare le mie scuse, se ti ho deluso”

“L’hai fatto, sì Tim … Mentre io ho fatto soffrire un uomo buono, per realizzare le mie aspettative, vedendo in te ciò che volevo di più … Stabilità, una famiglia numerosa, un punto di riferimento, fiducia … Davvero avresti respinto la sua richiesta? Come mai, invece, non hai passato il tutto ad un collega qualunque, proprio per il conflitto di interessi, che questa faccenda comportava tanto palesemente?”

“Perché avevo paura di perderti … Per questo casino, che mi è arrivato addosso comunque … Per cosa, altrimenti?” – replicò sconsolato.

“Cosa facciamo con i bambini?”

“Niall … Di cosa diavolo parli?!”

“Non ho intenzione di traumatizzarli, ma neppure di rimanere sotto il tuo stesso tetto, con questa rabbia, che mi porto dentro!” – ribatté secco.

“Ma … Ma abbiamo dei progetti, abbiamo il nostro amore e tu li stai buttando nel cesso, come se non valessero più niente?! Come puoi farlo Niall?? Come puoi farmi questo?!?”




Gli ultimi lembi di tessuto, intorno al nuovo cuore di Chris, furono suturati con un micro laser, di ultima generazione.

L’assistente di Mikkelsen, aspirò una quantità minima di sangue, sorridendo sotto la mascherina – “E’ pulito”

“Sì, ottimo lavoro ragazzi” –  e Mads guardò Will, altrettanto entusiasta, per la perfetta riuscita di quell’intervento rivoluzionario.

Due equipe straniere stavano seguendo, da una postazione superiore alla sala operatoria, l’evolversi del trapianto, applaudendo alla conclusione del medesimo, dopo ulteriori dieci minuti.


Norman stava consumando le scarpe, al piano inferiore, nella zona destinata ai parenti in attesa.

Tom lo seguiva, con i suoi opali liquidi, restando seduto su di un divanetto, ricordandosi, ogni tanto, di respirare.

“Neppure quando sono nate le mie figlie ero così’ agitato, sai?” – esordì il poliziotto, bloccandosi a metà della saletta, ma Hiddleston gli sembrò distratto dall’arrivo di qualcuno.

“Glam …!”

Il terapista scattò in piedi ed andò a stringersi al legale, che lo avvolse affettuoso e sorridente – “Scott mi ha appena chiamato: hanno finito, Chris sta scendendo” – e gli indicò gli ascensori, con un cenno.

“Mio Dio grazie!”

“Nemmeno lo avesse operato lui” – bofonchiò Reedus, pensando di non essere ascoltato.

Geffen lo fulminò con un’occhiata delle sue – “Anziché gioire, lei si abbandona al sarcasmo, tenente? Mi aspettavo di meglio, da un amico di Hemsworth, come lei o presunto tale, sa?”

“Glam …” – Tom gli tirò timido il bavero della giacca e l’avvocato rise, per l’espressione dello sbirro, rimasto a secco di battute.

Lui e Geffen si stavano egregiamente sulle palle, a vicenda, senza saperne neppure la vera ragione.

“Dai andiamo, eccoli”

“Sì, cavoli, Chris ehi!”

Il poliziotto stava dormendo, ma sentì le mani di Tom, brandire le sue, tra tubi di flebo e sensori, collegati al suo petto, segnato da una cicatrice, che sarebbe scomparsa presto.

Mikkelsen glielo aveva garantito, ma a lui non importava granché: l’essenziale era tornare da Tom e Luna, integro ed in salute, al diavolo l’estetica, di quel fisico statuario e pronto a riprendersi muscoli e tonicità, quanto prima.

Glam si intenerì, per la reazione di Tom, per le sue parole, cariche d’amore ed appartenenza.

“Sono qui Chris, non ti lascerò solo un momento, ok? E domani ti porto Luna, chiede di te, ha fatto dei disegni stupendi … Come sei tu” – e gli baciò la bocca asciutta, ristorandola con una pioggia di lacrime, gioiose e liberatorie.

Reedus se ne stava in disparte, con il cuore in fiamme.

Avrebbe voluto dare il bentornato al collega, con un’identica partecipazione, ma anche con il peso di ciò che provava per Hemsworth e che mai aveva voluto esternargli.

Perché rovinare la sua armonia con Tom?
O meglio, perché sentirsi rifiutato, tanto era scontata la reazione di Chris, se mai si fosse confidato con lui.

Norman non voleva avere conferme, stava già male a sufficienza.

Glam lo stava osservando, notando il suo turbamento.

Si avvicinò a lui, elegantissimo nel suo completo su misura, in una tonalità chiara, che faceva risaltare ancora di più la sua abbronzatura, nonostante fossero fuori stagione, ma la California voleva dire anche questo.

“Lei è una persona davvero particolare, sa Reedus?”

Norman ebbe come un sussulto, talmente era immerso nelle sue riflessioni su Chris.

“Co cosa, scusi?!” – disse roco, puntandolo, come se Geffen fosse d’improvviso un nemico.
Anzi, un tipo sveglio.

“Appare così burbero, ma la sua espressione, alla comparsa del compagno di Tommy” – e sembrò sottolinearlo, come quando esponeva le parti più salienti delle sue arringhe – “si è come trasformato” – e sorrise, fissandolo.

“Non so di che parla, comunque sono legato a Chris da una vita, ne abbiamo passate tante insieme” – obiettò, senza alzare i toni.

“Ecco, allora se ne risparmi una, l’unica che potrebbe fare soffrire Tom: lui è parte della mia famiglia, è importante, per me, come pochi immaginano e non perdonerei chi osasse fargli un qualsiasi danno emotivo: sono stato chiaro?”

Reedus non ebbe alcuna reazione.
Avrebbe voluto spaccargli quella faccia da schiaffi, ma sapeva quanto Geffen era stato fondamentale nelle esistenze della coppia, grazie agli aneddoti raccontatigli da Chris, in passato.

Certo neppure al vichingo del loro distretto, andava a genio Mr. “Il mio nome è Glam Geffen e sono tornato!”, però la bilancia volgeva a favore dello squalo del foro: non vi erano, purtroppo per Norman, obiezioni su questo.


Allontanandosi, Glam aggiornò gli amici con un sms collettivo.

Kevin lo richiamò subito.

“Ciao daddy, siamo tutti dal nonno, ti aspettiamo per cena?”

“Sì, ma devo sbrigare un paio di pratiche, le ho lasciate nello studio blu”

“Sì le vedo, sono sulla scrivania … Ho acceso il caminetto, mi annoiavo”

“Credevo fossi andato a cercare Tim” – disse incolore, salendo in auto.

Kevin si morse le labbra, chiudendo le palpebre, nel ricordare l’ultima volta che si erano visti, con il suo ex.

“Forse non è una buona idea … In compenso gli ho lasciato un messaggio per vedere Layla domani”

“Ti ha risposto?”

“Non ancora Glam … Sei arrabbiato?”

“No, credo sia un accumulo di stress, per gli ultimi avvenimenti … Dormi con me, stanotte? Ho bisogno di rilassarmi un po’ e con te ci riesco a meraviglia” – azzardò, con un’inflessione scabrosa e disponibile.

“Perché no?” – Kevin perse un battito.

“Ok”

“Potrei anche cambiare idea!” – aggiunse di botto.

Geffen sorrise.

“Correrò il rischio. A dopo, ciao piccolo” – e chiuse la telefonata, soddisfatto per come stavano evolvendo i suoi piani per le imminenti feste.

Accostò, lampeggiando al suv parcheggiato in uno spazio a pagamento, sul boulevard.

Ne discese Downey, con una lista tra i denti, perché le mani erano impegnate con il palmare, le chiavi ed un berretto, con il logo dei Lakers.

Glam abbassò il finestrino – “Ehi bell’uomo, ce la fai?” – e sorrise divertito.

“Sì, certo, non vedi, sono un fenomeno!” – esclamò l’attore, per poi accomodarsi dal lato passeggero, a bordo del blindato dell’altro.

“Ma quante cose devi comprare Rob? Oh mio Dio …” – inspirò il più anziano.

“Le solite! Iniziamo dal gioielliere, su, su, muoviti brontolone! Lo sai che l’operazione regali spetta a te! Nel senso di autista di questo splendore, modestamente” – e si pavoneggiò, nel suo look da sedicenne, che gli stava una meraviglia, smagrito e tonico, più che mai.

Il suo pizzetto, poi, faceva il resto, per rendere irresistibile quel suo ovale incantevole.

Geffen si sporse e gli diede un bacio, sulla bocca morbida – “Stai un po’ zitto, se non vuoi che ti molli qui” – bisbigliò suadente, a un centimetro dal viso del moro, che divenne rosso tizzone.

“Glam! Ma possibile, non cambi mai!”

“Neppure tu … Questo è il guaio!” – e, sgommando, riguadagnò la prima corsia, accodandosi ad una marea di gente, in giro per il loro stesso motivo.




Kevin uscì dal retro della villa di Antonio, scorgendo, senza essere visto, l’arrivo di Horan sul viale principale, insieme ai suoi bambini.

Suoi e di Tim, pensò il bassista, ma quest’ultimo non c’era.

Lui già lo sapeva, perché lo strano invito a presentarsi in un bar del centro, inoltratogli dall’ex, pochi minuti prima via whatsapp, aveva anticipato, in qualche modo, quella scena dalle sfumature tristi.

Niall teneva in grembo Layla e per mano Thomas, entrambi assonnati: Carmela andò ad accoglierli, seguita a ruota da Pam, che provò a distrarre, con la sua verve, i nuovi ospiti.

“Bel pasticcio” – pensò ad alta voce Kevin, poi scrollò le spalle, fasciate in un giubbotto di pelle tinta cuoio – “… in compenso, chi la fa, l’aspetti” – e si avviò svelto ai garage, per recuperare la Mustang, con cui era tornato dal Messico, dopo il tour con quegli sciroccati dei suoi ex soci canori.

Jared stava spiando i movimenti del musicista, da un terrazzino delle torri, sul quale era uscito per fumarsi una sigaretta in santa pace.

Leto ebbe la netta sensazione, che si stava prospettando una serata intrigante.

E alquanto movimentata.









 TIM





sabato 12 dicembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 38

Capitolo n. 38 – nakama



Geffen parcheggiò davanti ai cancelli della residenza di Mikkelsen sul finire di quel pomeriggio, di metà dicembre.

Aveva ancora in testa le parole di Robert, che lo aveva rincorso, in fondo al viale, davanti la villa di zia Betty, per chiedergli come mai stesse lasciando Santa Barbara in anticipo e quasi di nascosto.

“Ho un impegno in città, Rob, non preoccuparti, non è successo niente, ok?” – gli aveva spiegato dolce, non senza sfiorargli lo zigomo sinistro, con il dorso della mano, prima di salire in auto, contro la quale si erano entrambi appoggiati.

“Posso chiederti una cosa, Glam? Anche se non vorrei sembrarti invadente e”

“Chiedi pure” – aveva sorriso.

“Che intenzioni hai con Kevin?”

Geffen aveva sbuffato, brontolando qualcosa, nulla di che.

“Ok non sono affari miei, vero?”

Glam lo fissò, investendolo con quel turchese granitico, quando il legale sapeva di avere la situazione in pugno.
Nel lavoro, nei sentimenti.

“E’ la mia indole, Robert, io non cambierò mai, quindi con Kevin, nessuna intenzione vera, finché lui non deciderà per entrambi, sempre ammesso che a me stia bene, lo sai”

Downey aggrottò la fronte spaziosa, dove in quell’istante, Geffen posò un bacio caldo e umido, alla menta e tabacco.

“Ma non vuole dire un tubo …” – sospirò, chiudendo gli occhi.

“Torna da Jude, gli mancherai già da morire, ne sono certo” – disse piano, ad un centimetro dal suo volto.

“Perché fai così Glam, perché diavolo fai sempre così …?” – replicò rassegnato, cercando un po’ d’aria, nel fare un passo indietro, mentre i battiti del suo cuore, si protraevano ancora verso quelli del suo ex marito.

“Te l’ho appena detto amore …” – quindi rise solare – “… io non potrei definirti in altro modo, sai Robert? Per sempre, così come il mio carattere del cazzo, rimarrò tale; arrivederci”

E svanì.



Il tenente Reedus andò ad accoglierlo.

“Salve, credevamo non arrivasse più” – lo salutò burbero.

“C’era traffico: il mio assistito è qui?”

“Sì, Graham è con il suo fidanzato, di là, mi segua, sono tutti nel salone: c’è anche il pubblico ministero e quelli della scientifica”

“Come mai?”

“Hanno già analizzato il materiale inviato da Lux: ci sono le sue impronte e quelle di Mikkelsen, sulla busta, sui fogli, sul dvd e la micro sd: non ha ricevuto il rapporto via e-mail?”

“Sì, Hopper me l’ha mandato”

“C’è anche il suo socio … ah eccolo”

Marc li raggiunse, aggiornando Geffen, appartandosi per qualche minuto in un salottino.

“Vincent è volato via, con il jet di Meliti” – gli bisbigliò, nonostante fossero soli, anche se per poco.

“Lo so, Antonio me l’ha spifferato ore fa, ma cosa gli ha preso a Lux, miseria schifosa!?” – sibilò acre.

“Ha vendicato Kirill, non c’è molto da aggiungere …”

Bussarono.

“Sì, arriviamo, un attimo!” – sbottò Glam, accendendosi una sigaretta.

“E da quando fumi?” – Hopper sorrise.

“Una ogni tanto … Ho scopato con Kevin” – disse poi di botto.

Con chi confidarsi, se non con il suo migliore amico d’annata?”

“Eh …? Ma è tornato?” – bissò lui stupito.

“Certo … Si è ripulito per bene, andando in convento, una roba del genere, manco fosse una suora … Non ha nulla di ciò, bene inteso!” – e ridacchiò, strizzando le palpebre per il fumo.

“Hai bevuto Glam?”

“No, affatto: mi sento in forma, perché sono stato da Dio, insieme a lui, ok?” – ribatté un po’ acre.

“Cosa c’è in quella Malboro? Erba? Torna sulla terra, ok? Di là c’è la vita di Will in gioco!” – obiettò il consorte di Jamie.

“Non mi sono mai distratto durante una difesa, dovresti saperlo, quindi non farmi la predica Marc: tu sei l’ultima persona con cui voglio discutere, d’accordo?” – affermò più complice e diretto.

Hopper annuì, ossigenandosi.

“Dai andiamo: dopo potremo sbronzarci, per festeggiare e per … commemorare il nostro amico Lux, finito chissà dove …”




Louis non riusciva a fare niente.

Harry giunse alle sue spalle, improvviso e come un fantasma.
Lo avvolse.

Erano nelle cucine del Dark Blue, ancora chiuso al pubblico, mentre lo staff si stava preparando per la cena.

“Mi dispiace Boo” – gli respirò nella nuca, lasciandoci un bacio intenso.

“E’ successo un vero casino” – e si girò, nervoso – “… ho parlato con Glam, è appena rientrato ed è da quel Mikkelsen, sai?”

“A fare cosa?”

“A scagionare Will Graham, grazie alle prove lasciate da Vincent a Mads, appunto”

“Questa cosa è sfuggita di mano a Lux, al suo buon senso”

“Ne parli come fosse un estraneo, del resto non è la prima volta Harry!” – obiettò, scostandolo brusco da sé.

“Stavamo sotto lo stesso tetto di un assassino, accidenti, possibile tu non te ne renda conto?!”

“E ci scopavi con quell’assassino, se vogliamo essere onesti e ne eri innamorato perso!” – sottolineò avvampando Tomlinson, allacciandosi un grembiule nero, col logo del ristorante.

Styles indietreggiò di poco, la mano destra sul bancone, occupato da ciotole in acciaio e buste di insalate fresche.

“Cosa dovrei dirti, eh Boo? Senti chi parla? Il bue che dà del cornuto all’asino …? Dio che schifo … Cosa siamo diventati? Tu neppure prendi in considerazione che Vincent potrebbe essere impazzito, esponendo nostra figlia ad un pericolo ingestibile!”

“Lui non le avrebbe MAI fatto del male, OK?!” – reagì con astio, stringendo i pugni lungo i fianchi magrissimi.

Si stava consumando.
Un’altra volta.

Il legale fece un cenno, mordendosi le labbra – “Andiamo a casa” – propose a tono basso, gli occhi lucidi.

“Quale casa?” – Louis balbettò, sentendosi tremare le gambe, per lo stress e la commozione.

“Andiamo dal nonno, Petra è lì … Staremo da Antonio qualche giorno, finché non avremo le idee più chiare … Che ne pensi?”

La sua voce era spezzata, come il resto, dentro e fuori, la sua figura bella, cresciuta in molti sensi, affascinante  in ogni senso.

Boo gli andò vicino, quasi con un balzo, ma non nel vuoto, perché Harry non lo avrebbe più lasciato andare o fatto cadere, nell’amarezza di una solitudine, insopportabile per entrambi.

Si strinsero forte.

“Ce la faremo Lou … Te lo prometto, ok?” – disse in lacrime, per poi baciarlo, con appassionata devozione.




Kevin guidava, senza parlare molto.

Colin era sul sedile accanto al suo, per stare più comodo, la testa appoggiata al finestrino, la stanchezza di quel viaggio, ormai a gravare sulle sue sensazioni.

In compenso era sereno, nello sbirciare l’immagine di Jared, seduto dietro, con Robert e Jude, assonnati quanto lui.

Pepe e Lula viaggiavano sul secondo suv blindato, condotto da Vas e Peter, vigili su quello spostamento verso Los Angeles.

La loro allegra brigata aveva aiutato Loretta e le sue amiche, con il trasloco alla residenza di Betty, nuova sede per la loro associazione.

Farrell, saltellando qua e là con le stampelle, aveva fatto selfie con chiunque, pagando poi autisti e facchini, senza battere ciglio.

Gli era piaciuto sostenere il loro progetto, così a Jared, soddisfatto per quella soluzione, concessa da Geffen, generoso come sempre.

Il cellulare collegato al mezzo suonò.

“E’ Glam” – disse Kevin – “… inserisco il viva voce … Ciao daddy” – lo salutò solare.

“Buongiorno truppa, come procede?”

“Arriveremo tra un paio d’ore, dovresti dire a Carmela di buttare la pasta” – il bassista rise.

“Ok, ci vediamo da Meliti, ci sono delle novità”

“Quali?” – chiese Jared.

“Non posso parlarne al telefono, comunque non preoccupatevi … Ci vediamo dal boss, ok? Camilla e Diamond non vedono l’ora di riabbracciare i loro papà, idem gli altri monelli” – e rise, anche se un po’ forzato.

Qualcosa lo turbava.

“Ok, dì loro che ci vedremo a breve, ok?” – intervenne Downey.

“Sarà fatto … Buon viaggio, state attenti, ora chiamo Lula e Pepe, sono con Vas, vero?”

“Affermativo capo” – Colin rise e poi spense il viva voce.



Layla gattonò avanti ed indietro, sopra la scrivania di Ruffalo, facendolo divertire, sotto l’occhio amorevole di Niall, che era passato a salutarlo, dopo i vaccini periodici alla bimba.

“Spero non le venga la febbre” – esordì emozionato lo studente, restando in piedi.

“Mi sembra vivace e scatenata, non penso proprio, comunque rilassati” – replicò lui di buon umore e sempre affettuoso con Horan, soprattutto dopo il loro ritrovarsi molto casto, almeno sino a quel momento.

Si stavano impegnando per fare funzionare le cose, senza più coinvolgimenti inopportuni.

“Come vanno gli studi? Hai ancora degli esami, prima delle feste?”

“Uno scritto e due test, dovrei farcela” – e rise, contagioso e bellissimo.

Mark si alzò, prendendo sul petto la bimba, adorante nei suoi riguardi.

“Ho un piccolo regalo per te, principessa …” – e tirò fuori da un cassetto un peluche a forma di pinguino.

“Ma non dovevi, la vizi” – disse emozionato Niall, avvicinandosi, per partecipare alla reazione gioiosa di Layla.

“Figurati, per così poco …”

Ruffalo lo scrutò, sfiorando le sue dita, mentre l’altro riprendeva a sé la cucciola, poco convinta nel doversene tornare a casa – “Dobbiamo andare, zio Mark ha da fare” – disse piano il biondino, abbassando lo sguardo.

“Ho ancora un appuntamento e poi”

Qualcuno bussò.

“Sì avanti”

Miss. Gramble si affacciò sorridente.

“Buongiorno professore, sono in anticipo?”

Horan si stupì nel ritrovarsela davanti.

“Oh salve Niall”

“Salve …”

“Ho portato quei documenti Mark” – proseguì lei, cordiale ed in confidenza con l’ex infermiere – “… quando li avrai firmati, procederemo con la tua richiesta, ok?”

“Quale richiesta?” – chiese d’impulso lo studente.

Mark lo guardò – “Volevo dirtelo, ma non avevo trovato ancora il modo per farlo … Mi sto attivando per un’adozione da single, ecco” – ed arrossì lievemente.

“Cavoli”

Miss. Gramble rimase in silenzio, poi tossì – “Il tuo referente è Tim, rientra nei suoi fascicoli di praticante volontario”

Horan si ammutolì.

Il compagno, nell’ottica di aprire il loro asilo nido, si era iscritto a dei corsi formativi, presso l’orfanotrofio gestito dalla donna e da sempre finanziato da Geffen, oltre che da Meliti.

“Sono certo che Tim ti seguirà con cura” – e si affrettò ad uscire dall’ufficio, scioccato per quella scoperta.

Si domandò mentalmente come mai Tim non gliene avesse parlato, visto che gli raccontava ogni minino dettaglio delle sue giornate.

La risposta se la diede da solo, con rammarico, senza dare ascolto a Ruffalo, che stava provando a trattenerlo.

Inutilmente.

“Ci vediamo presto Mark, scusami, ho fretta! Arrivederci Miss. Gramble” – e si dileguò, senza esitare oltre.







 CHANNING TATUM is MARC HOPPER