sabato 29 giugno 2013

ZEN - CAPITOLO N. 141

Capitolo n. 141  -  zen


“Quando arriva questa ambulanza accidenti!!?!”
La voce di Scott si infrangeva nell’aria, con il silenzio attonito e doloroso di chi stava assistendo a quella scena straziante.
Kevin distrutto, rimaneva inginocchiato a lato di Tim, steso sulla strada, tra pioggia, polvere e ciò che restava di lui, inerme e fragile.
Il suo busto esile, vibrava sotto alle pressioni del medico, che gli stava praticando il massaggio cardiaco; la sua testa ciondolava, mentre Scott provava anche con la respirazione bocca a bocca.
Un pugno.
Poi un altro, su quelle costole, che sembravano cedere da un momento all’altro.
Sarebbe stato il meno.
Se solo si fosse ripreso.
Quindi uno schiaffo, alle sue gote esangui – “Andiamo ragazzino ANDIAMO SVEGLIATI!!”
Scott urlava, Kevin piangeva cristallizzato in un’ansia assurda.

“Così gli … gli fai male Scott” – disse flebile il bassista, come se Tim potesse sentire quei colpi, come se il ragazzo, che amava più di ogni cosa, ora lo sapeva, riuscisse ad aggrapparsi all’ultimo anelito di vita.

Geffen, sbigottito come gli altri, non proferiva parola.
Jared sbucò all’improvviso, finendo addosso a Colin, che insieme a Jude e Robert, era in lacrime.
Lo strinse forte.
“Mio Dio amore … amore dov’eri?” – gli chiese sconvolto, con il timore che Ivo gli avesse fatto del male durante le ricerche.
“Mi … mi dispiace Colin, mi dispiace così’ tanto” – singhiozzò, sul punto di perdere i sensi.

Jude lo sostenne con il marito, aiutando Farrell a prendersi cura di lui, spaventato ed indebolito da una sequenza di emozioni devastanti.

Glam lo guardò ed i loro occhi collisero: nell’uomo c’era una disarmante urgenza di abbracciarlo, proteggerlo dal mondo esterno, com’era accaduto anni prima, tra quegli scolari, fuori la scuola, in una Parigi incantevole, com’era Jared, così il loro amore.

All’epoca, tra la carambola di risate ed allegria, per la fine delle lezioni, entrambi si dissero un  ti amo, che ancora adesso sembrava echeggiare contro le porte della notte.

Glam mormorò un semplice  scusami,  senza avere il coraggio di avvicinarsi.


Un tossire convulso, una contrazione spasmodica.
“TIM!! Butta fuori AVANTI!!”
Scott ce l’aveva fatta.
Kevin sembrò impazzire dalla gioia.
Il giovane stava espellendo l’acqua della Senna, tornando a respirare, anche se a fatica.
Nonostante lo stato di shock, allungò la mano sinistra verso Kevin, che si piegò su di lui, brandendo il suo viso bellissimo, sussurrandogli un “… Sono qui … sono qui, Tim” – disse in un soffio caldo e rassicurante.
“Mi … dispiace Kevin …” – balbettò impaurito.
“No … E’ stata tutta colpa mia, solo mia, credimi”

Glam alzò lo sguardo verso la terrazza del teatro, come attratto da una sensazione inconfondibile.
Vide un bambino, con una felpa arancione, il cappuccio alzato, poi le sue manine ambrate, che lo abbassavano, rivelando l’espressione sorridente di Lula.
“Soldino …?!”
Un rapido cenno di sollievo, poi Lula sparì.
Il cellulare di Geffen vibrò.
Era Vassily.

“Capo devo parlarle”
“Vas cosa c’è?? E’ per Lula??” – replicò angosciato.
“Giudichi lei …”
Il figlio di Glam e Kevin stava levitando verso il soffitto, al di sopra del suo letto, dove di botto precipitò.
“Oh cavoli!” – esclamò il body guard, precipitandosi a controllare le sue condizioni.
“LULA!!” – gridò l’avvocato.
Soldino si rannicchiò in posizione fetale, addormentato profondamente.
“Tutto a posto” – gli rispose Vassily, scompigliando quei capelli folti e riccioluti, che Lula non si decideva a tagliare.
Sembrava sempre uguale, sempre adorabile.
“Oh Signore … ti ringrazio.” – sospirò Geffen.

Kevin salì con Scott sul mezzo di soccorso, che finalmente riuscì a farsi largo tra la folla.
Confusamente, tutti si diressero all’ospedale più vicino, comunque in pena per le sorti di Tim, nuovamente svenuto per la spossatezza.

Il peggio, però, pareva superato.
Ancora una volta.


“Posso avere un tè caldo … o almeno un caffè?”
Ivo lo domandò con una cortesia glaciale.
Il gendarme, che lo stava sorvegliando, nella camera degli interrogatori, neppure gli rispose.

Oltre al vetro a specchio, Hotchner ed il resto della sua squadra non lo perdeva di vista.
Erano zuppi ed infreddoliti, con delle coperte ed asciugamani di fortuna sulle spalle, nel precario tentativo di asciugarsi.
Gli agenti francesi fornirono loro t-shirt e pantaloni di tute militari, ottimi per l’evenienza.
A turno andarono alla toilette a cambiarsi, incrociandosi amichevolmente.

Rossi volle assistere Morgan, nel dare una sistemata a Spencer, che si sentiva come un pulcino al sicuro tra i suoi due angeli custodi.
“Ecco fatto … ti sta un po’ comoda” – Derek sorrise amorevole, per poi stringerlo a sé, con tenerezza.
La medesima che David mise nello sfiorare la nuca dell’ex collega di colore, dopo avere dato un bacio tra le ciocche ancora umide di Reid.
“Arrivederci ragazzi …”


“Posso vederlo?”
Kevin si tormentava le mani, ancora in accappatoio dopo essere uscito da una doccia bollente, come l’intera brigata, che si era accodata a lui nel reparto di emergenza, dove Tim era in prognosi riservata.

Scott parlava perfettamente francese e spiegò la situazione al primario, che bonariamente diede il via libera al bassista, in evidente stato di ansia.

“Grazie Scotty …”
“Figurati Glam, è un piacere … Tu come stai? La pressione?”
“Un pelo alta” – rise nervoso, cercando qualcuno con i suoi turchesi arrossati.
Scott sorrise – “Jared è stato attaccato ad un paio di flebo, nella stanza 206. Colin è con lui” – precisò sul finale.
“Sì, sì certo … C’è stato un po’ di caos …”
“A proposito, come hai trovato Tim?”
“Per pura fortuna … Sono sceso per degli scalini, avevo scorto un barcone … Non so, sesto senso, finché quelli che sembravano stracci, erano invece gli abiti di Tim, che stava sprofondando a pancia in giù nel fiume”
“Miseria … Ti deve la vita”
“No, assolutamente … Io mi auguro che Kevin riesca ad essere felice con lui, dopo tante difficoltà”
“Se tu starai alla larga” – scherzò.
“Farò il possibile doc” – e, facendogli l’occhiolino, raggiunse Downey, vedendolo in fondo alla corsia.

“Tesoro …”
L’attore gli corse incontro.
“Rob come ti senti? E Jude?” – domandò accogliendolo sul proprio petto.
“Siamo profumati e talcati come due bebè, non vedi?” – rise complice.
“Sì … Ci daranno anche dei vestiti?”
“Io ho scelto quello da infermiera, non si discute!”
Law rise sulla soglia dello spogliatoio, andando poi ad unirsi a quell’abbraccio corale.
“Ehi dobbiamo avvisare il nonno”
“Ho telefonato a Vas, ci pensa lui ad aggiornarli …”
“E Lula?” – chiese Rob con dolcezza.
“Lui è stato straordinario … anche questo giro, ve lo assicuro”


“Ciao amore …”
“Non stancarti scricciolo, ora sei al sicuro”
Le dita di Kevin gli delineavano il profilo, le sue labbra ne seguivano la linea perfetta.
“Ti amo …”
“Anch’io Tim” – e prendendogli l’anulare sinistro, privo di altri anelli inopportuni, che la Senna aveva di certo inghiottito, dandogli giustizia, Kevin gli infilò una vera di oro bianco e brillanti a taglio quadrato, molto raffinata.
“Co cosa …?”
“Io ti sposerò, se mi vorrai” – disse deciso, ma con sconfinato amore per lui.
Tim arrossì, riacquisendo un colorito ideale.
“Ti ho sempre voluto Kevin … Non ho mai smesso …” – disse rapito da quell’attimo.
“Ne sono orgoglioso e dimostrerò di meritarlo: ad ogni costo, promesso.”

Si baciarono.
Smise di piovere, era quasi l’alba.
Magnifica, sulla città, dove l’amore assumeva mille forme, spesso impossibili.
O quasi.






TIM



giovedì 27 giugno 2013

ZEN - CAPITOLO N. 140

Capitolo n. 140  -  zen


L’equipe scese all’albergo di fronte al Bel Ami.
Telecamere speciali a raggi infrarossi e sensori termici, piazzati da Hotch e Morgan, tenevano sotto controllo la suite all’attico, occupata, ma al momento deserta, da Ivo e Tim.
Il piano era di andarli a cercare, ma di lasciare comunque qualcuno ad attenderli, nel caso tornassero, senza essere stati trovati da Rossi ed il resto della squadra dell’FBI e del locale commissariato.

Gli amici dovevano stare alla larga dall’operazione, nonostante David si fosse impegnato a comunicare novità ed aggiornamenti tempestivi a Geffen.
Kevin aveva protestato sonoramente, ma, alla fine, a tutti sembrò la scelta migliore lasciare fare ai professionisti.


“Col cavolo! E noi cosa cazzo ci facciamo qui!?” – sbottò Jimmy.
“Hai ragione, miseria schifosa!” – inveii Kevin.

Si erano assiepati nella camera di Glam, poco spaziosa, perché l’hotel era al completo per una serie di conferenze in città, di vario genere.

“Ehi calmatevi …” – disse paterno, assecondato da Scott.
“Io non ci sto!” – insistette Jimmy, infilando la porta – “Vado a cercare Tim!”
“Ed io con lui, andiamo Jimmy!” – e sparirono nel corridoio, nonostante i rimproveri dei due membri più anziani di quella spedizione.

“Teste calde” – bofonchiò l’avvocato, indossando un pullover, vista la brezza notturna, per poi tallonarli.
Scott sbuffò, ma non esitò ad andargli dietro.
Harry trattenne deciso per un polso Louis, già scattato sull’attenti come un soldatino e pronto a gettarsi nella mischia.
Robert sorrise, ma poi con Jude non rimandò di aggregarsi a Jared e Colin, ormai agli ascensori.

Geffen richiamò l’attenzione generale.
“I cuccioli restino qui, non voglio vi accada nulla, ok?”
Harry annuì sollevato, Louis storse il labbro inferiore – “Ok … Tu sei il capo a prescindere, sospetto …” – azzardò.
Glam rise – “Filate in stanza, fatevi un bel sonno e tenete i telefonini accesi. Non fatemi stare in pensiero anche voi …”
“Su avanti … Coccole time” – bisbigliò simpatico Jared e loro ubbidirono, come spesso accadeva con i suoi figli.

“Ok a noi: non possiamo fare il gruppo vacanze e poi … Nella hall vi hanno scattato foto a raffica, almeno camuffatevi” – suggerì Glam.
“A me non conosce nessuno!” – ridacchiò Scott.
“Sì, d’accordo, ma non diamo nell’occhio, profilo basso … Tu hai sempre le caldane” – ed abbottonò la casacca a Farrell – “E tu non prendere freddo” – infilò un maglione a Rob, calandogli un cappello quasi fino sulle narici – “Tu hai gli occhi troppo azzurri” – inforcò dei Ray-Ban neri a Jude – “E tu sei troppo magro” – ridendo costrinse Jared a mettere una palandrana, che Scott portava sempre appresso dai suoi safari.
Downey scrutò la gang, sospirando – “Sembriamo dei deficienti …” – poi puntò Geffen, sportivo, ma elegantissimo – “E tu il solito figo … Non è giusto!”
“E andiamo!” – esclamò allegramente, con il cuore in gola, spingendoli tutti nella cabina fatta di specchi e fregi dorati.


“Pessima faccenda …”
Il fiato di Rossi si vedeva.
La temperatura era in discesa, in una fine estate piuttosto rigida.
E piovosa.

“Cavoli ci mancava il temporale, che malasorte” – bisbigliò Reid, rannicchiandosi meglio sul sedile del passeggero.
La foto di Ivo era appiccicata al cruscotto, vecchio stile.
I tablet avevano la stessa immagine del professore, sempre in evidenza, con Garcia in collegamento diretto, per qualunque evenienza.

“Come sta Twist?” – chiese Dave, senza deconcentrarsi dalla strada, ormai  deserta.
Erano sulla via in cui c’erano diversi bistrot: un inserviente aveva udito dire qualcosa in proposito da Ivo e quindi l’indizio era un punto di partenza per le ricerche.

“Gli manca lo zio italiano … Come a me, a noi” – Reid tossì.
Rossi gli diede una carezza al dorso della mano sinistra e Spencer, con timidezza, intrecciò le loro dita.
“Ti voglio bene piccolo …” – sospirò il maturo detective.
Reid avvampò, poi sorrise.

La pioggia aumentò.

JJ ed Emily erano su di un secondo suv, parcheggiato adiacente la piazza, dove Ivo e Tim dovevano per forza ripassare per rientrare all’albergo.
La polizia, aveva bloccato, fingendo dei lavori in corso, le altre vie di accesso.

“Visibilità ridotta … Noi scendiamo” – comunicò Jennifer via tablet ed Aaron diede l’autorizzazione.

“Come va Rossi?” – domandò Derek dal campo base.
“Ancora nulla. Scendiamo anche noi” – disse svelto, senza attendere l’ok di Hotch, che comunque arrivò.
Reid controllò la pistola, poi spalancò lo sportello, finendo con i mocassini in una mega pozzanghera.
“Porca …!” – ringhiò, ma poi tallonò David, già sul marciapiede opposto.
C’era un unico locale ancora affollato e sembrava quello più alla moda.
Lui era convinto che Ivo e Tim fossero lì.
Un’intuizione, forse.


“Per me stiamo facendo una cazzata!” – disse piano Robert, camminando sotto braccio a Jude, ormai zuppi.
“E poi se ce lo troviamo davanti, con cosa lo fronteggiamo eh Judsie? Con la mia Mont Blanc?”
Law rise sotto i baffi, stringendolo di più, per poi rimediare un riparo sotto ad un portone.
Downey si lamentò ancora per qualche secondo, poi non ne fu più in grado, causa un bacio intenso, con cui Jude non gli diede scampo.


“Eccoli!”
Farrell li indicò: erano Kevin e Jimmy, avanti a loro almeno cento metri, giù in uno spiazzo, dal quale sparirono.
L’irlandese li rincorse, così Scott, lasciando indietro Jared e Glam, fradici e, nel caso del leader dei Mars, tremolante come una foglia.

“Tesoro buscherai una polmonite” – disse improvviso Geffen, cingendolo per le spalle.
“Fermiamoci un secondo Jay” – e si tolsero dall’asfalto, rifugiandosi in una torretta, un tempo usata per il cambio della guardia, presumibilmente.

“Che settembre Glam …”
“Togli questa roba, almeno è impermeabile …”
“San Scotty mi ha salvato” – Jared rise.
Geffen lo guardò, con quei capelli lunghi, la barba accennata, il cappello a tesa larga, più vecchio di Leto.
I suoi zaffiri indagarono quell’ambiente, con la curiosità di un bambino: da un paio di grate, filtrava la luce intensa dei lampioni, creando un riverbero quasi dorato.
Alla fine, le sue iridi si posarono nuovamente su Geffen.

“Va un po’ meglio …?” – domandò l’uomo, quasi in imbarazzo.
Lo spazio era angusto e poi l’esigenza di scaldarsi impellente.
Si abbracciarono o lo stavano già facendo, i rumori circostanti sembravano confonderli.

La sirena di un’ambulanza, lo stereo a manetta di un’auto che accostò, per poi ripartire immediata.

“Glam …”
“Sì sono qui”
Lo accolse meglio, posando le proprie labbra nel collo di Jared e poi accadde, come in un moto spontaneo, che Glam gli leccasse una porzione di pelle, morbida e profumata.
La sua lingua caldissima, inaspettata o forse ambita, scosse talmente Jared, da farlo aggrappare a lui, con una sorta di disperazione e contentezza.

Cercò la sua bocca o fu Geffen a farlo; Jared sentì un’eccitazione smisurata in ogni fibra di sé, avvertendo poi il gelo del cemento, di una sporgenza, una sorta di panca, dietro alla schiena, a metà scoperta dall’altro, che lo stava ormai cinturando, insinuandosi tra le sue gambe esili.
L’erezione di Leto, emergendo dai jeans sempre larghi per lui, andò a scontrarsi con l’addome di Glam – “Sei … bagnato … Mio Dio Jay … Ti amo da morire” – ansimò, per poi baciarlo ancora ed ancora, con foga, bramosia, che sembrò polverizzarsi appena Jared gemette – “No … No ti prego … non voglio”

Geffen sembrò precipitare dal cielo, senza stelle quella notte.

Si destò da quella frenesia, provando un senso di colpa annientante.

“Amore … Perdonami … Jared …”
Era sul punto di piangere, lo tirò su, aggiustandogli i vestiti comodi, accarezzandogli premuroso gli zigomi solcati di lacrime.
“Glam … cosa … ?” – singhiozzò, incrociando poi le braccia al muro, affondandoci il viso sconvolto.

Geffen appoggiò cauto i palmi sulle sue scapole – “E’ … è stata una delle nostre pazzie Jay … Ti chiedo scusa … ti supplico, dimentichiamoci subito questa … cosa”
Leto fuggì via.


“E’ lui!” – disse risoluto Dave.
Con Reid gli erano a pochi passi, in mezzo un fiume di gente, sbucata chissà da dove.
C’era un teatro, quindi il pubblico stava transitando verso il bar, per rifocillarsi, dopo una pièce interminabile.

“Cazzo!” – ribatté Spencer, facendosi largo tra la folla, esausto per il jet lag e l’acqua, che gli scorreva dappertutto.
“E’ da solo!” – quasi gli urlò Rossi, in quel baccano crescente, di risa, urletti e richiami, tra i vari gruppi di spettatori.

Un delirio.

Prentis e JJ li raggiunsero, ma l’elemento che destabilizzò la squadra, fu l’assenza di Tim.

“Dobbiamo cercarlo!” – intervenne Hotch – “Morgan vai anche tu, entra in quel ristorante o cosa diavolo è, chiedi se lo hanno visto con Tim!”
Il nervosismo stava crescendo.
Aaron temeva il peggio.

Quando Steadman si ritrovò davanti Colin e Jimmy si bloccò, interdetto.
Il ghigno, che però fece, appena si palesò anche Kevin, superando i primi due, aveva un sentore di non sorpresa, come se se lo aspettasse.

Rossi e Reid piombarono alle spalle dell’insegnante, così JJ ed Emily, che affiancarono Scott, in un accerchiamento completo.

“Cosa diavolo ci fate voi qui!!” – sbraitò David, disturbato dagli scrosci battenti.
Ivo si girò, mantenendo una calma minacciosa – “Cosa volete …? COSA VOLETE DA ME??”
Kevin gli si avventò contro, approfittando della sua distrazione.
Lo afferrò per la gola, gridando – “DOV’E’ TIM?? COSA GLI HAI FATTO BASTARDO!!”
Ivo rise.
Non la smetteva.
Kevin iniziò a picchiarlo, gli altri provarono a dividerli, anche se il Paleontologo non si difendeva assolutamente.

Con un occhio pesto ed il naso sanguinante, sussurrò soltanto – “Chiedilo alla Senna”
Riprese a ridere, come un ossesso.

I gendarmi, ormai accorsi sul luogo, lo ammanettarono.

I lampeggianti blu, lo stridio dei freni, le invettive, tutto sembrò cristallizzarsi appena Glam Geffen apparve sullo sfondo: sollevava un corpo all’apparenza esanime, con gli indumenti lacerati e grondanti, anche di ramaglie e foglie, i tratti somatici deturpati da graffi e lividi, da un pallore grave.

Era Tim.

E Glam non diceva niente.
Niente.







ZEN .- CAPITOLO N. 139

Capitolo n. 139  -  zen


Il letto a baldacchino era immerso nella penombra della suite.
I loro corpi, al centro, in ginocchio ed abbracciati.
Quello di Ivo, avvolgeva la figura di Tim, che ne sembrava assorbita, nonostante il loro fisico fosse piuttosto simile ed ugualmente madido, dopo il secondo amplesso.
Si stavano contemplando e divorando a vicenda, intensamente.
Sembrava tutto perfetto.

Gli zampilli della doccia schizzavano sulle mattonelle chiare; Tim disse qualcosa, Ivo ne rise, raggiungendolo, già vestito, per sollecitarlo.
“Dai muoviti lumaca! Voglio andare a bere qualcosa nel bistrot che abbiamo visto dal taxi” – esclamò allegro, tornando nel salottino.
“Ok arrivo!”

Il giovane indossò un telo intorno ai fianchi, ma fu stoppato sulla soglia, da un bacio irruente, ma all’apparenza carico di gioia, da parte del professore, che arpionò i suoi zigomi asciutti, per poi fissarlo – “Dio quanto ti amo Tim” – disse rapito dai suoi opali.
“Anch’io sai …?” – mormorò, quasi intimorito.
“Ti ho preso un regalo: una giacca di pelle come la mia, ti piace?”
“Wow, grazie, la indosso subito, fa un po’ fresco là fuori” – replicò ammirandola.
“Ok … Sì, è perfetta” – mormorò, facendogliela mettere.
“Bene, mi vesto, così andiamo …” – concluse sbrigativo, dirigendosi ad un divanetto per recuperare jeans e maglietta.
La finestra era aperta sulla piazza, dove brulicavano decine di turisti.
Tim la conosceva già, ci era stato anche insieme a Kevin: avevano preso dello zucchero filato da un venditore ambulante, che aveva sorriso loro, dicendo che erano una gran bella coppia.
Per qualche secondo Tim rimase come incantato al davanzale.

“Ehi che succede?” – domandò curioso l’insegnante, azzerando la distanza ed affiancandolo.
“Niente … amo questo posto”
“Davvero?”
Tim arrossì, senza guardarlo; poi si avvicinò per dargli un bacio leggero nel collo, ma Ivo gli assestò un pugno od una gomitata, non fu ben chiaro all’ex di Kevin, che si ritrovò riverso sul tappeto, con l’altro addosso.
Urlò, dopo una serie di schiaffi, riuscendo a mala pena a parare altri colpi ed al fine a liberarsi di lui, fuori di sé.

Ivo si rannicchiò, sedendosi, quasi dondolando, lo sguardo allucinato dalla gelosia.
Tim pianse, ma, nonostante tutto, gli sfiorò la schiena, come a volerlo consolare.
Ivo, in compenso, si scostò da lui, inveendo a mezza voce, per poi andarsi a chiudere in bagno.


Parigi gli faceva sempre quell’effetto.
Jared rivedeva gli stessi luoghi, per l’ennesima volta, dove aveva vissuto parti della propria esistenza significative ed indimenticabili.
Sia con Farrell che con Geffen, che rimaneva assorto, seduto a fianco dell’autista, a bordo della navetta, noleggiata da Rossi per dirigersi all’hotel.

Leto quasi lo spiava, abbarbicato al busto di Colin.
“Sei stanco amore?” – chiese con tenerezza l’irlandese, accarezzandogli i capelli lunghi.
“Un po’ confuso … cosa ci facciamo qui?” – replicò preoccupato.
“Aiutiamo un membro della nostra famiglia … un po’ pazza” – e sorrise in direzione di Spencer, piazzato con Derek davanti a loro.
Seguivano verso il lato guida Louis ed Harry, poi Scott, Jimmy, Robert, Jude, Rossi e Kevin.
Jared pensò che mancava il resto della squadra di Quantico: un mini esercito di persone, pronte a mettere sul rogo Ivo Steadman.

Law rimaneva il più dubbioso.
Robert aveva definito il suo pensiero quasi romantico, nei riguardi di quel professore dallo sguardo destabilizzante.
Lui non guardava, lui tagliava il proprio interlocutore: così l’aveva definito l’americano, nel discorrere a proposito di quanto stava accadendo.
Con ciò quell’impronta parziale pesava quanto un macigno sulle sorti di Ivo, come non mai.

Harry aveva le mani gelide.
Louis gliele baciò, sussurrando – “Siamo quasi arrivati piccolo …”
“Ci pensi mai?”
“A cosa?”
“A quello che poteva farti Lou” – e deglutì a vuoto, per stringerlo forte un secondo dopo.
“Ecco io non credevo fosse così pericoloso … Un caratteraccio, ma nulla più” – disse quasi soffocato, ma con il desiderio di non muoversi più da lì.
Rossi sorrise.
“Spesso questo tipo di individui sa nascondere alla perfezione la propria indole … In compenso hanno buoni atteggiamenti, al contrario Ivo è sempre stato scostante a quanto pare” – osservò perplesso.
“In effetti era intrattabile, poi c’erano dei picchi di … non so spiegarmi … Come arrendevolezza … Forse il disperato bisogno di essere amato e quindi, consapevole di essere irritante, si sforzava di apparire migliore” – rimarcò Louis.
“La casistica è piuttosto variegata e prodiga di esempi, però quasi interamente orientati sul profilo delineato da David ovvero un atteggiamento mite, che invece cela un autentico mostro” – si inserì Reid.
Derek scrollò il capo rasato – “Questa è una belva, sadica, spietata: vi evito i dettagli dei vari casi”

“Non è buono …?”
Ivo lo chiese mesto.
L’affogato al caffè, scelto da Tim,  non riusciva a scendere oltre la metà da più di dieci, gelidi, minuti.
“No è che … ho lo stomaco chiuso” – si giustificò, incapace di sopportare la sua vista, sebbene fosse mortificato.
“Ok …” – prese un lungo respiro – “E’ … E’ stato un giorno magnifico poi abbiamo avuto un diverbio, tu pensavi a Kevin e” – disse concitato.
“No, no aspetta! A me piace questa città, non puoi accusarmi a prescindere di essere perso nel ricordo di lui, quando invece poteva essere benissimo il contrario!” – sibilò aspro.
“Tim ascolta”
“No, ascoltami tu, cazzo! Ciò che ho fatto con lui o con chiunque non lo posso cancellare e può darsi, SOTTOLINEO PUO’ DARSI, che abbia una malinconia, un frammento vagante nel mio cuore, anche dei tizi peggiori abbia frequentato, insomma è la mia vita prima, durante e dopo di te, Ivo!” – protestò fissandolo greve.
“Sì … Hai ragione. Ti chiedo perdono, non accadrà più.”

Una frase incolore, come la sua compostezza.


 Nota dell’autrice: la parte iniziale è liberamente ispirata ad alcune sequenze del film No nigh is too long, dove i protagonisti sono appunto gli attori Lee Williams (Tim) e Marc Warren (Ivo Steadman)






Due sequenze del film No night is too long XD

martedì 25 giugno 2013

ZEN - CAPITOLO N. 138

Capitolo n. 138  -  zen


“Ed anziché il meno, devi scrivere un più, ok Martin?”
Il tono di Rossi era dolce ed affettuoso.
Il bimbo sorrise, annuendo e correggendo il proprio compito.
“Grazie zio Dave!” – e sporgendosi, mentre ancora erano seduti sopra al divano, gli schioccò un bacio sulla guancia destra.
“Ora vai a lavarti i denti e poi a nanna” – disse sorridente Kurt, aggiungendo – “Ti adora … Ne sono così felice” – e, dopo avere preso il posto del figlio, diede anche lui un bacio al compagno, ma di tutt’altra natura.
Estremamente passionale, come il resto del loro legame.

Suonarono.

“Chi può essere a quest’ora David? Sono quasi le dieci”
“Non ne ho idea … Vado io” – disse rassicurante, quindi si illuminò appena vide nello spioncino due volti conosciuti.
A Kurt, invece, stava per andare di traverso la bibita, che stava sorseggiando, intuendo l’identità di quei visitatori a sorpresa.

“Ehi, ma non eravate a Las Vegas?” – domandò arridendo a Derek, che fu il primo ad essere abbracciato, dopo di che toccò a Spencer, raggiante nel rivedere il maturo collega.
“L’hai detto … Eravamo” – replicò Morgan, facendo un cenno a Kurt, piuttosto accigliato.
L’agente stringeva una cartellina, di quelle contenenti dossier riservati.
Rossi la vide solo in quell’istante.


Glam accese il computer centrale, quello che usava per i collegamenti con i suoi studenti.
Era dotato di uno schermo a quaranta pollici, ben visibile ai presenti.
Morgan inserì un codice, dopo essere entrato nel sito governativo, grazie al quale il viso sorridente di Penelope apparve come per magia.

“Il gran consiglio è riunito, diamo inizio alle danze, signori?” – esordì affabile e, come di consueto, brillante.

“Sì bambolina, aggiornaci.” – ribatté Derek, accomodandosi accanto a Reid, che sino a quel momento aveva parlottato con Jared e Colin, anch’essi presenti a Palm Springs.
Oltre alla coppia, erano stati convocati Louis ed Harry, naturalmente Kevin, ma anche Jude e Robert.
Questi aveva degli atteggiamenti molto paterni con i più piccoli, il che faceva piacere ad entrambi, che si sentivano un po’ meno pesci fuor d’acqua.
Meliti aveva messo a loro disposizione un mini appartamento all’interno della sua residenza, senza forzature di sorta.
Geffen, in uguale misura, si era espresso in termini pacati, riguardo la faccenda di Ivo, che comunque andava risolta: Louis temeva ritorsioni all’Università, una volta che il professore fosse rientrato in cattedra, ma anche Harry, pur essendo di un’altra facoltà, conosceva la reputazione di quello che veniva considerato un ottimo professionista, ma soprattutto un eccellente bastardo.

“Ivo Steadman, meglio conosciuto come Ivo Laurman, nonché Ivo Carsman, insomma il man non è mai stato in grado di abbandonarlo, però le sue identità sono mutate nel corso degli anni, a seconda degli atenei, nei quali insegnava Paleontologia e, per un breve periodo, Storia Greca a Londra. In seguito lo vediamo in America, prima a Boston, poi Chicago, infine Los Angeles …” – Garcia partì in quarta.
“Come mai cambiava così spesso il suo cognome?” – domandò Jared.
“Ahh il mio alieno preferito, dimmi da dove pianeta provieni ed io mi ci fiondo! Buonasera signor Leto!” – e gli fece un mega sorriso.
“Ciao …” – disse lui, agitando la manina.
“Orbene la cagione … Innanzitutto ecco i ricordi di famiglia ovvero le foto raccolte in diversi annuari, come noterete, anche il colore dei suoi biondissimi capelli, originale peraltro, è diventato castano scuro, poi addirittura nero, con taglio rasato … Ha portato anche delle lenti a contatto tinta piombo, mentre era a Boston”
“Questo, però, non costituisce reato” – intervenne Downey.

“Se no io sarei già ad Alcatraz!” – gli fece eco il leader dei Mars.
“Sì, ma ora le dolenti note … Chi glielo dice?”
Rossi prese fiato.
“E’ vero, dai colori, ai nomi, fondamentalmente è legale e le ragioni possono essere molteplici … Quella di Ivo, temiamo sia la peggiore”
Kevin deglutì a vuoto – “E’ … è un assassino?”
“Vedete, esistono parecchi casi irrisolti, per via della scarsità delle prove” – spiegò Spencer – “In questo frangente, è emersa una corrispondenza con un’impronta parziale, ma almeno è un fatto certo”
“Impronta di chi?”
Rossi divenne più serio – “Glam si tratta di un serial killer: ha lasciato dietro di sé una scia di cadaveri, almeno otto, dall’Inghilterra agli Stati Uniti, ragazzi giovani, studenti per l’esattezza, ma mai dove lavorava, su questo è stato abile, però ci sono verbali, interrogatori e se avremo il tempo di andare più a fondo, noi ne saremo certi”
“Più tempo?” – sbottò Kevin – “TIM NON CE L’HA QUESTO TEMPO ACCIDENTI!”


Hutch diede loro un appuntamento a Parigi.
Rossi aveva inserito il viva voce, durante la sua chiamata.
“Noi decolliamo dal Nevada, voi fate altrettanto dalla California, Penelope sta monitorando i cellulari, ma risultano ancora a Los Angeles, entrambi spenti”
“Questa è una pessima notizia” – mormorò Dave.
“Il tenente Hemsworth sta cercando di avere un recapito, ma questo Ivo pare non abbia lasciato detto nulla, né nel palazzo dove risiede e tanto meno alla segreteria scolastica: è assurdo”
“Aaron questo fa temere sul serio per la vita di Tim …”
Kevin non riusciva neppure a respirare per la tensione.
Erano sopraggiunti anche Scott e Jimmy: il giovane non aveva idea di dove fossero diretti esattamente, la conferenza risultò inesistente e nessun albergo della capitale francese, aveva una prenotazione a nome dei due.

Rossi, con calma, pose alcuni quesiti a Jimmy.
Ormai erano sul jet di Meliti e, con Scott, si erano aggregati.

“E’ stato generico  … Quando ci andò con Kevin mi disse ogni dettaglio” – rivelò agitato.
“Come li ha uccisi?” – chiese improvviso e come in trance il bassista.
Derek e Spencer si scrutarono.

Glam perse un battito, come il resto dei passeggeri, nell’attesa di quel chiarimento, che non si fece attendere.

“Stuprati e strangolati” – rivelò Morgan.

“Kevin, tu sei andato a trovarlo, giusto?”
“Sì Dave …”
“Hai notato qualcosa?”
“C’erano … c’erano i bagagli pronti” – si commosse e Jared andò ad abbracciarlo.
“Forse tu hai visto qualche cosa, ma ora non lo ricordi … Chiudi gli occhi, ok?”

Con quella voce Rossi avrebbe potuto anche ipnotizzare una persona, Glam lo pensò, ma in realtà tranquillizzava il suo interlocutore, permettendogli di fare un passo indietro, in quel living, dove c’era ordine, le valigie – “… il notebook acceso … su di una pagina arancione …” – Kevin spalancò le palpebre – “Un hotel! Sì, lampeggiava un riquadro rosso, con sopra scritto prenotazione confermata” – disse scosso.
“Ok! Garcia ci sei?”
“Eccomi, avete una traccia?”
“C’era anche una fontana!” – affermò Kevin di botto, rammentando sempre più particolari.
Rossi riassunse concitato quegli indizi a Penelope – “Escludi gli alberghi sino ai quattro stelle, vedi i cinque, anche extra lusso, Ivo Steadman non baderà a spese per il suo futuro marito!”
“Ok, ma se avessi un nome … provo con Ivo o Tim semplicemente” – stava digitando velocissima – “No, niente, porca miseria!”
Jimmy si alzò, grattandosi la nuca.
“Un tempo … Ecco quando noi” – arrossì.
Scott gli diede una carezza – “Avanti piccolo, se puoi darci una mano”
“Sì lo vorrei davvero, Tim è il mio migliore amico”
“Lo so Jimmy …” – disse dolce il medico.
“Sì, insomma, Tim cambiava nome, quando incontrava tipi strani, che non lo convincevano, così che se fossero tornati a cercarlo nei bar dove … lavoravamo, nessuno avrebbe potuto identificarlo: era qualcosa come …”
“Come??!” – lo incitò quasi, Garcia.
“Ah sì! Thomas Lander!”
“D’accordo lo cerco … Uhm … Tom … Tommy … Thomas Lander! Trovato! Hotel Bel Ami, sto inviando la mappa sui vostri tablet, siamo a cavallo!” – decretò entusiasta.

Reid si lisciò il mento.
“Eppure qualcosa non torna: Ivo frequenta Tim da un sacco di tempo, come mai non l’ha mai ucciso? Avrebbe anche potuto mascherare l’omicidio, per via dell’ambiente … lavorativo del ragazzo, non me ne voglia Jimmy” – e sorrise imbarazzato.
“Forse lo ama …” – mormorò Jared.
“E forse amava anche quelli che ha fatto fuori” – inveii Kevin, tormentandosi le nocche, che Leto gli allontanò dai denti.

Rossi sbuffò – “Aaron avrà già avvertito la polizia locale, però dovranno muoversi con cautela: se Ivo si accorge di essere braccato, allora Tim correrà ancora più rischi”
“Perché tu credi che ci sia una possibilità di salvezza?” – si intromise Geffen – “E che come dice Jared, quello stronzo sia innamorato di Tim? Perché vedi, Lula ne è convinto”
Dave sorrise – “Il tuo bimbo, il vostro bimbo …” – guardò anche Kevin – “… è straordinario, ma ho paura abbia unicamente avvertito quel lato della personalità di Ivo diciamo … buona”
“Peraltro ha anche detto che Ivo vuole sposare Tim ad ogni costo ed io ne ho dedotto fosse diventata un’ossessione per lui” – puntualizzò angosciato.
“Glam noi dovremo avvicinarci con la massima cautela, sperando di isolare Ivo in qualche modo, di affrontarlo e porlo in arresto: un buon avvocato potrebbe farlo uscire dopo cinque minuti, anche se siamo dell’FBI, perché il riscontro che ci ha fatti precipitare a Parigi, potrebbe anche non avere alcun fondamento”
“Per questo chiedevi tempo, per trovare altre coincidenze?” – domandò Kevin.
“Infatti …” – ammise mesto il detective.
“E se fosse innocente?” – disse Colin.
“Già, se questa fosse una caccia alle streghe?” – si inserì Jude.

Harry si era assopito sul petto di Louis, isolatosi da quella conversazione inquietante, ascoltando il suo i-pod.
Downey gli passò accanto, dandogli una carezza tra i capelli e lui rispose con un sorriso pulito.

Law notò quelle attenzioni e, per nulla infastidito, accolse con tenerezza il consorte tra le proprie ali, nella speranza di fare almeno un sonnellino, prima di atterrare.

“Ehi tesoro … sei così premuroso con quei cuccioli” – gli sussurrò, baciandolo nel collo.
“Spero di non”
“Assolutamente Rob” – gli sorrise limpido, scrutandolo amorevole.
Downey arrossì – “Io … volevo parlarti di un’idea che mi era venuta in mente …”
“Ti ascolto” – ribatté partecipe.
L’americano sospirò – “Non è questa la situazione adatta Judsie … Quando rientriamo, ok?”
“Promesso?”
“Promesso amore” – e lo baciò, intenso.