giovedì 25 febbraio 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 46

Capitolo n. 46 – nakama



La sua bocca cercava ossigeno, ad ogni spinta di Mads, che lo toccava ovunque, il suo corpo riuscisse a collimare, con quello di Will.

Will che cominciava a provare un leggero indolenzimento alle braccia, bloccate per i polsi alla testata del letto, dalla cintura dell’altro, che gli aveva ubbidito, come sempre, quando il più giovane avanzava quelle richieste, rivangando un passato, dal quale l’eminente chirurgo, avrebbe voluto distaccarsi una volta per tutte.

Graham glielo impediva, con trasporto e limpidezza assoluti, perché quello era il suo modo per farlo sentire accettato e non un mostro.

Il mostro dormiva, mentre Mikkelsen fingeva.
Fingeva di non essere mai stato quell’uomo, che soggiogava le proprie vittime, inermi, pagando i relativi protettori, all’interno di bordelli di lusso, dove si consumavano atti di pura lussuria.

Will desiderava lambire, quel mondo oscuro, per capire a fondo, l’indole di chi avrebbe ben presto sposato: un gioco pericoloso, che, se sfuggito al suo controllo, avrebbe potuto provocare danni irreversibili.

Imperdonabili.




Robert si accese una sigaretta.

“Se ti dà noia, la spengo Glam” – e tornò a sedersi, sul divano, accanto a lui, che sorrise.

“E da quando fumi?”

“Una ogni tanto, quando sono nervoso e adesso lo sono parecchio, sai?” – e ridacchiò tirato e teso in volto.

“Era meglio uno dei miei sigari cubani, magari in onore delle tue nozze imminenti con Jude: bis, tris …?” – scherzò, senza alcuna malignità.

Downey lo fissò.

“Stiamo facendo la cosa giusta, secondo te, Jared e il sottoscritto?” – chiese brusco, buttando fuori una nuvola biancastra, da quelle labbra perfette, che Geffen stava ammirando.

“No, la cosa giusta sarebbe venire a letto con me, magari insieme”

L’attore strabuzzò i suoi quarzi liquidi e l’ex scoppiò a ridere.

“Ma che cavolo Glam …” – il moro inspirò, schiacciando la Camel nel posacenere d’argento massiccio, quasi nascosto, sul tavolino davanti a loro, dove c’erano appunti, giocattoli, disegni, di Pepe e Lula, già al ristorante da almeno un quarto d’ora.

Robert ne prese un paio, scrutandoli, con dolcezza – “Sono bellissimi … I nostri figli, i loro sogni … Questi siamo Jude ed io, sull’altare”

“L’ha fatto Pepe, lui adora il tuo consorte storico … Il ragazzo inglese, che ami, Rob”

La voce di Geffen era delicata, come ogni suo gesto, verso l’ex.
Dal principio.

“Non smetterò mai di amarvi, entrambi e non so se, con questo presupposto, io possa davvero rinnovare le mie promesse Glam”

“Jude ne morirebbe …” – bissò sorpreso.

“Ti sto solo chiedendo se è giusto, non sto dicendo che non lo farò!” – obiettò schietto e vivace.

Il legale scosse la testa – “Le cose che ho ritenuto sbagliate, in passato, sono quelle che, alla fine, mi hanno divertito di più, Rob …” – e sospirò – “… come impalmarvi, a te e a quello sciagurato di Jared, che Dio lo benedica … E vale anche per te, amore, te lo assicuro” – e gli diede una lunga carezza, sullo zigomo sinistro – “Ora torna da Jude e conta le ore, che vi separano dal vostro appuntamento più importante, ok?” – e si alzò, portandosi dietro Downey, per poi abbracciarlo forte.


Il profumo di Robert, gli era rimasto sulla stoffa della camicia, che Glam indossò anche quel mattino, osservando l’alba, investire il profilo delle montagne.

Amava alzarsi presto, perché le giornate andavano vissute il più possibile.

Geffen controllò l’orologio.
E poi l’orizzonte.




Stella sorrise emozionata.
Colin fece altrettanto.

Il battito del feto era regolare.
La dottoressa ripose il joystick dell’ecografo, stampando foto e risultati di quell’esame periodico, al quale la ragazza si sottopose, scortata da un inatteso Farrell.

Una volta in macchina, lei si aggiustò i lunghi capelli biondi, sotto alla cuffia multicolore, un dono di Lula.

“Sei stato così gentile Colin ad accompagnarmi stamattina” – esordì lei, simpatica ed arrossata, per l’aria frizzante di Aspen.

“Per me è stato un piacere, te lo assicuro: la tua bimba sarà riconosciuta da Jared, ma, a prescindere da questo, farà parte di questa famiglia, così tu, Stella” – replicò sereno l’irlandese.

“Mi trovo bene dal signor Antonio … ehm, dal nonno” – rise solare, guardando i primi sciatori, avviarsi verso gli skilift.

“Vuoi laurearti quest’anno, giusto?”

“Bebè permettendo …”

“Vedrai che la nostra masnada ti aiuterà e poi la tua presenza, è … è una cosa bella, ecco”

“Sì, un utero in affitto un po’ … strano, no?”

“Noi non amiamo essere tradizionalisti” – Colin rise.

“E Jared? Impegnato con Robert?”

“Sì, per organizzare la festa, anche Jude, mentre Glam si sta occupando di Tom” – bissò più serio.

“Tom mi sembra così fragile …” – osservò triste.

“Sarà un Natale complicato per lui e Luna … Anche per Chris, ovvio … Ah ecco Glam, è al parcheggio” – e lo indicò con un cenno, mentre accostava, seguito, con discrezione, da Vas, sul secondo suv.

“Eccovi qui, come è andata piccola?”

Geffen accolse premuroso Stella, che andò subito da lui, salutando Lula e Pepe, in avvicinamento, con Peter.

“Oh arrivano i monelli” – Glam rise, prendendo anche loro tra le braccia grandi – “Ti ringrazio Colin”

“Per così poco … Ora vado da Jay, così vedo quanto sta facendo sclerare Jude, senza contare il supporto di Rob: un’autentica associazione a delinquere!” – e allegro si congedò dal gruppo di amici, risalendo in auto.

“Bene … Vas ti porta in hotel, ok? Peter viene con noi …” – disse assorto Geffen, mentre Pepe saltellava – “Ho dimenticato i pattini papi!”

“Va bene, allora vai anche tu con Stella e Vas, poi ci raggiungete alla pista, d’accordo ciurma?” – disse bonario l’avvocato.

Tutti approvarono.

Lula era stranamente silenzioso.

“Che succede, soldino?”

“Forse è meglio andarcene papà …” – rispose lui, gli occhi fissi su di un punto, poco distante, dove la strada principale, si ramificava in diverse direzioni, tra cui la loro.

“Ci sono problemi?” – chiese il bodyguard, facendogli immediatamente da scudo.

“Non saprei Peter, ma se Lula dice così … aspetta … Eccolo, è arrivato: avevi ragione tesoro, Chris non è da solo” – ed anche lui gli si pose davanti, ma Lula superò quella sorta di protezione, ponendosi davanti ai due adulti, intenti ad osservare la manovra di Hemsworth.

Norman scese dal veicolo all’unisono con lui ed entrambi azzerarono quella distanza con poche falcate, ma con espressioni facciali totalmente differenti.

Reedus era scosso e proteso ad impedire che il collega facesse qualche sciocchezza.

Chris era risoluto, fin dalla sua prima richiesta: “Dove sono Tom e Luna?!”

I pugni chiusi, un metro tra lui e Glam.
Anzi, tra lui e soldino.

“Buongiorno tenente” – lo accolse gelido Geffen.

“Non sono in vena di convenevoli: voglio sapere dove sono i miei cari?!” – sbottò più veemente.

“Hai usato un termine assai poco consono alla situazione: i tuoi cari; se lo fossero, non ti saresti comportato, come Tom ci ha raccontato, non solo a me, te lo voglio specificare per bene!”

“Tu non sei nessuno Glam Geffen … Tu parli, parli, seduci il prossimo con i tuoi giochetti, con il tuo sporco denaro, ma sei feccia, FECCIA HAI CAPITO!?”

Norman fece per trattenerlo, mentre Chris stava come per balzare in avanti, ma anche Lula reagì, spingendo indietro il padre.

“Non andare oltre zio Chris!” – esclamò deciso.

Hemsworth strizzò le palpebre, vermiglio sulle gote frementi – “Ti nascondi dietro a un bambino, Geffen, sei patetico!” – ringhiò.

“Non toccare il mio papà …” – disse lui piano, fissandolo, senza alcun timore.

“Lula togliti … amore non devi”

La sua frase, pronunciata con pacatezza e apprensione, morì sul gesto successivo di soldino.

Una luce, una vampata, viola, arancio, una scia di fuoco, che divenne un anello, intorno a Chris e Norman.

“Cos’è questa diavoleria?!” – urlò il biondo, guardandosi intorno.

“Lula!!”

“Non toccare il mio papà …” – disse più forte e poi tutti lo videro.

Lula adulto.
Quel bellissimo ragazzo, che Geffen si ritrovò vicino, nel momento della malattia, in una visione particolare, la stessa, che molto tempo dopo, capitò a Jared, in piena crisi con lui, sposato dopo gli eventi di Parigi, ma non meritevole, secondo Lula, di averlo accanto.

“Non toccare mio padre” – il suo tono divenne cupo, ridondante, oltre che minaccioso.

L’anello di fuoco si alzò.
Divenne una sorta di cilindro: una trappola mortale, per quanto il calore salì a un livello insopportabile.

Hemsworth perse i sensi, Reedus si inginocchiò in lacrime, su di lui, provando a farlo rinvenire.

Il cuore di Chris si era fermato.
Ora spirava un vento gelido.
Lula era di nuovo bambino, i palmi ustionati, riverso sulla neve, quanto il suo avversario.

Gli astanti, increduli, chiamarono i soccorsi, mentre Glam invocava il suo nome e Norman faceva altrettanto, con quello dell’uomo che amava.

Senza che nessuno lo sapesse davvero.




Kevin divorò gli scalini, accedendo dal retro dell’ospedale, praticamente inseguito da Tim, che aveva lasciato i bimbi a Stella e Pam.

“Dov’è?!” – domandò senza più fiato a Glam, che lo raggiunse, stringendolo forte a sé.

“Calmati, è meno grave di quanto sembrava, ok?”

“Ma … Ma stanno girando dei video assurdi in rete, non si vede molto, però prima c’è Lula e poi quell’incendio” – replicò senza tranquillizzarsi affatto.

Tim rimase in silenzio, poi si spostò verso la camera di soldino, vedendo che era sveglio.
Lula gli sorrise e lui si precipitò ad abbracciarlo.

“Amore, stai bene?”

“Ciao papi Tim, che bello vederti …”

“Cosa mi combini?” – chiese commosso il giovane, accarezzandogli quel cespuglio riccioluto, che soldino aveva al posto dei capelli.

“Non mi ricordo niente” – disse lui imbronciandosi.

Kevin si unì a loro – “Papake!” – Lula rise entusiasta.

“Angelo mio … ti voglio così bene” – e il bassista scoppiò a piangere.

Geffen se ne andò, senza fare rumore.

Tom lo stava aspettando nel reparto di rianimazione, dove Chris era mantenuto in coma farmacologico, dopo che lo staff di cardiologia, coadiuvato da Mikkelsen e Graham, lo aveva riportato in vita.

Quasi miracolosamente.
Per la seconda volta.




Mark ripose un pesante manuale nella libreria, sussultando poi, al suono del campanello.

Prese un respiro, si guardò allo specchio, in corridoio, quindi aprì al sorriso di Niall.

“Ciao …”

“Ciao tesoro … vieni, accomodati”

“Scusa il ritardo … Ho portato del vino, spero di avere scelto bene, io sono una frana in queste cose, lo sai”

Horan sciorinava le parole, mascherando la propria emozione, senza riuscirvi a pieno, così Ruffalo, che lo condusse in cucina, dove stava condendo l’insalata.

La tavola era apparecchiata in maniera perfetta.
Bianco, argento, rosso.

Sullo sfondo, l’albero addobbato, con le decorazioni, che insieme avevano acquistato l’anno prima da Gelson’s.

Niall ebbe un tremito, ma poi tornò a scrutare il professore, intento a leggere l’etichetta di quel Barolo italiano.

“Temo che il menu non sia adatto a questo capolavoro” – Mark sorrise, estraendo dal frigo una bottiglia di bianco – “Ho fatto del pesce, quello che ti piaceva Niall, ricordi?”

Il ragazzino si sfilò il giubbotto, scendendo nel living – “Sì, certo …” – disse piano, notando diverse foto, di lui e il texano, in diverse occasioni, sopra a una mensola.

Tutte felici.

“I tuoi bimbi sono in montagna?”

Horan si voltò di scatto, rabbuiandosi – “Sì, con Tim e Kevin”

“Quando li raggiungi?” – chiese educatamente il più anziano, posizionando gli antipasti e le bevande.

“Ho fatto una promessa a Thomas e Layla … E loro hanno fatto questi, per te Mark” – e gli porse un album.

All’interno c’erano dei collage, di foglie e petali di fiori, poi una serie di prati e, sull’ultimo di questi, una coppia, che si teneva per mano.

“Loro ce l’hanno messa tutta … Forse non somigliamo molto a quei due” – Niall sorrise, ma i suoi fanali si incresparono di commozione.

Ruffalo incrociò le braccia muscolose, schiacciando sopra al cuore quel disegno infantile.
Adorabile.

Faceva fatica a trattenere le lacrime.

“Sull’adozione da single, non ho cambiato idea … Volevo lo sapessi Niall”

“Ce certo” – balbettò lo studente, sentendosi avvampare.

“Se tornassi sulle mie decisioni, deluderei me stesso, come”

“Come ho fatto io …” – replicò mesto Horan, abbassando lo sguardo gocciolante ormai.

Con un fremito, si strofinò il viso incantevole, tirando su dal naso, in crisi di ossigeno – “Ho preteso troppo, vero Mark? Ho sognato l’impossibile e tu hai ragione, ok? Hai ragione” – e fuggì verso la porta, elegante nella sua camicia aderente bianca, sui jeans strappati e le Nike sbiadite.

Come gli apparve il loro amore, all’improvviso e spietatamente.

Sbagliava.

Ruffalo gli impedì di andarsene, bloccandolo contro la blindata, baciandolo intenso, prendendolo sul petto, con quell’acquarello nel mezzo.

A saldare i loro cuori.
Per sempre.











martedì 16 febbraio 2016

ONE SHOT - GRAHAM

One shot – Graham


Lecter zoppica sino al salone.
Il gioielliere se ne è appena andato.
Tiene nella mano destra una scatoletta, lo psichiatra più celebre di Baltimora.
Il mostro, più feroce, lo squartatore di Chesapeake.

Sta migliorando, ora cammina con il bastone, nell’altra mano.
Arranca, ad essere obiettivi, ma va bene anche così.

“Ehi” – Graham gli corre incontro, lo fa sedere.

“Mi accudisci, come se fossi un vecchio”

“Allora tu sei il mio vecchio, va bene così?” – sorride, illuminando la stanza, già infervorata dai lampi di luce, provenienti dal caminetto sempre acceso.

E’ un lungo inverno, in Lituania.
Fuori ha ricominciato a nevicare.

“Ho qui una cosa per noi”

“Vediamo”

E se i suoi occhi, non fossero così infantili, in certi momenti, Lecter penserebbe che Will è davvero identico a lui.
Spietato, quando serve: l’ha già dimostrato, ma è sempre un senso strano, ciò che prova l’uomo, quando il più giovane uccide il prossimo.
Anche senza motivo apparente.

L’ultimo, un tedioso agente immobiliare, risoluto a convincerli a vendere il castello a una fantomatica multinazionale del petrolio, che ne avrebbe fatto un resort di lusso, isolato, tra boschi e colline, intrise di nebbia e bave di lumaca.
Insopportabile.
Comunque snello, scattante.
Un delizioso secondo, per un paio di cene, una allo spiedo.
Piuttosto macabro, ma divertente.

Loro due, ridevano anche del niente.
Come due veri innamorati d’altri tempi.

Lecter estrae le fedi e le infila ai rispettivi anulari.

“Siamo sposati, adesso?”

“Lo siamo da un pezzo, Will”

“Bene … Abbiamo fatto in fretta: nulla di tradizionale”

“Tradizionale, come una cerimonia, piccolo? Crediamo che le tradizioni siano radici, invece si resta imprigionati in tentacoli invisibili, senza rendersene conto, se non per quella percezione di soffocamento, che spesso ci spinge a tradire, a ribellarci, senza neppure sapere a cosa, perché ci si crede nel giusto”

“Piccolo?” – Will arride alla sua dolcezza.
E’ recente.
E’ bellissima, spontanea.

“Ti è sfuggito tutto il resto del discorso?” – Hannibal aggrotta la fronte spaziosa; Graham vi ci posa un bacio caldo.

“Andiamo, devo lavarti”

Lecter scatta in piedi, poi barcolla un minimo ed il consorte lo sostiene.

“Non abituarti, tornerò quello di prima, meglio di prima”
E c’è una sottile rabbia, perché non riesce ancora a fargli bene l’amore, come vorrebbe.

Il velo era stato infranto due settimane prima.

Will, a cavalcarlo, dopo una lunga preparazione, all’apice della quale, l’ex profiler dell’FBI, era venuto senza neppure essere sfiorato, dove adesso, sotto alla doccia, Lecter lo sta accarezzando, quasi prepotente.

Lui non vuole più sorreggersi, tra la maniglia in acciaio e le spalle di Graham.

A questi non importa, quelle fatiche saranno presto ripagate; e poi non è l’amplesso, è il dopo, ciò che conta.

Respirare sul petto ansante di Lecter, che gli accarezza i capelli, che lo bacia tra le ciocche e gli chiede se sta bene.

Will Graham è sempre stato bene insieme a lui; anche quando quelle mani lo hanno trafitto o tagliato o drogato.

Anche quello era amore.
L’amore di Hannibal Lecter per lui.
Esclusivamente, per lui.

Adesso geme, il pescatore, con gli ami, lascito del padre, sigillati in una scatoletta di latta, da cui non si separa mai.
Un amuleto?
Forse.

Adesso geme più forte e si inarca, preoccupandosi per le gambe di Lecter, ancora livide in diversi punti, dove le suture si sono ormai rimarginate.
Un corpo ricamato, che si incastra nel suo, segnato da un cartiglio così simile: uguali dentro e fuori.
Loro.

Poi il silenzio.
Il buio.
Anche in quella stanza c’è un riverbero, ma è di una stufa in ghisa e ceramica.
Un capolavoro, dell’ottocento.

“Perché ti sacrifichi così tanto, per me, Will?”

Le domande, respirano nell’oscurità, senza una forma, se non quella interrogativa ed esigente del suo interlocutore, che poi si gira su di un fianco, per tornare a frugargli tra le cosce magre e vibranti.

“Ah”
Will affonda nel suo collo quel lamento adorabile.
E’ come se gli dicesse “ancora, vai avanti, non fermarti”

Una struggente supplica, che arriva dritta al cuore di Lecter.
Che non si ferma.
Neppure nel ripetere, come un mantra …

“Io ti amo da morire Will ...”


The End





ONE SHOT - LECTER

One shot - Lecter



“Potresti ravvivare il fuoco, Will?”
“Certo …”
Graham gli sorride, alzandosi dal tappeto, dove se ne stava accovacciato, tra le sue gambe, ancora imprigionate in fasciature, sotto i pantaloni eleganti.

Will ama tutte le case di Lecter, sparse per il pianeta.
Ora sono veramente a casa, dello psichiatra, in Lituania.
Un castello semi abbandonato, abitabile unicamente nell’ala ovest, dove si trovano in questo preciso momento, distanti da un mondo, che Will voleva lasciare, abbracciato a lui, sul fondo di un oceano impetuoso, almeno quanto il loro legame.

Will si sente in colpa, in fondo, perché quel volo l’ha voluto e deciso lui, ma Lecter non gliene ha mai fatto una colpa.
Forse perché più giovane, Will è quasi guarito da mille ferite.

Tranne una.

Quella che li lega, indissolubilmente, dal primo sguardo.

“Torna qui subito, però”
Anche Lecter sorride.

I rispettivi caratteri si sono smussati, come fa l’acqua con le pietre, dagli spigoli più aguzzi, destinati a divenire lisci e smarriti, su qualche spiaggia sperduta.

La fedele guardia del corpo di Hannibal, quella giapponese spiritosa, che butta avvenenti quarantenni dal treno, li aveva portati in salvo.

Prima in una clinica, di un amico di Lecter.
Un tizio subdolo, che a Will non piaceva affatto, soprattutto quando lo medicava: c’era qualcosa di viscido in lui ed ucciderlo, prima di trasferirsi a Parigi, per qualche tempo, fu quasi divertente.

Lecter per gelosia, Graham per insofferenza ed un capriccio, così vivace ed intrigante, agli occhi del primo, che togliere il respiro a quel parassita, fu un gioco semplice ed efficace.

Certo non lo avrebbero né cucinato e tanto meno mangiato.
Pensare di servirlo per cena, alla mensa del personale, però, fu una storiella, sulla quale fantasticare e divertirsi, durante il trasferimento da Baltimora alla Francia.

Di nuovo sul persiano, tinta ocra e topazio, come le iridi di Graham, puntate in quelle di Lecter, assorto ed emozionato, nell’accarezzargli i capelli.

“Quindi se mi rimetto” – esordisce il più anziano, lucido nello sguardo.

“E’ ovvio Hannibal”

“Non so come potrò riuscirci a breve, sono sincero”

“Lo sei sempre stato … Quasi sempre, con me”

Ridono.

Nessun rancore.

Tutto è ripartito da zero.
Quel risultato, ottenuto dal loro gioco, dall’enigma, intrecciato, tra le loro vite, collise in un amore impossibile, reso possibile.

“Mi chiedo spesso, se è la decisione migliore, per noi”

“In che senso, Hannibal?”

“Nel senso che fare l’amore, ci fonderebbe, magari soffocando altre sensazioni”

“Quali, ad esempio?”

Will aveva sempre una domanda, una d’avanzo, una che non ti fa andare via, quando già hai indossato il cappotto e magari persino il cappello.

Rimani sulla soglia, vorresti tagliare corto o svicolare, ma Lecter adora quelle partite a scacchi, tra due cervelli troppo svegli e che non conoscono mai la mezzanotte delle cose.

Restano sospesi, sempre con qualche dubbio da colmare.

“E’ il prima, ciò che comporta, Will, le aspettative”

“Sì, ma diverrebbe spasmodico, ad un certo punto, se non si concretizza un epilogo, se non si taglia il traguardo: magari ci si siede, sfiniti, su di una panchina, si rinuncia all’agognata meta, non trovi?”

Le sue mani, le braccia, persino i gomiti, avvinghiati a lui, gli stanno scaldando le gambe, più della coperta, in raffinato cachemire colore porpora: Lecter ride.

“Nemmeno mia nonna, se ne stava davanti al camino, così”

“Con un ragazzo rannicchiato e fedele, ai suoi piedi?”

Lecter si umetta le labbra, poi si sporge, cercando quelle generose di Will.

La sua bocca, così morbida, accogliente, andrà presto per altre vie.

Gli darà piacere, prodigandosi, come quasi ogni sera, senza staccarsi, ondeggiando quanto un’alta marea, trattenendosi, sino alla fine, quando le onde si infrangono sugli scogli e tutto implode ed esplode intorno.

Hannibal pregusta l’attimo, il cuore in gola.

Will lo accontenta.
Senza più dirsi niente.

Baciarsi è più che sufficiente.


The End








lunedì 15 febbraio 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 45

Capitolo n. 45 – nakama



Gli era venuto dentro.
Norman provava a non pensarci, accasciatosi nella doccia, sotto i getti bollenti.

Senza riuscirvi.

Ci pensava.
E ripensava.
Anche a quel piacere sordo, che si era fatto spazio, con irruenza, in mezzo a tutto quel dolore, a quella paura, di non tornare più gli stessi di prima.
Né lui, né tanto meno Chris.

Chris che lo aveva liquidato, gli occhi vitrei, con un “a domani”, in risposta ad un distaccato, alienato “siamo arrivati”, pronunciato da Reedus, parcheggiatosi sotto casa sua, come se nulla fosse accaduto.

Per entrambi.

Forse erano sotto shock, di sicuro Hemsworth, incapace di realizzare, ciò che aveva fatto pochi minuti prima, sotto a quel viadotto.

Come se la pioggia, avesse potuto cancellare tutto.
Anche dalla sua testa vuota, di ricordi, di buon senso.




Jared aveva lasciato Tom con Luna, per poi tornare in camera, dove Geffen era rimasto a riflettere, affacciato a una vetrata semicircolare, contro cui la neve, picchiettava, fermandosi, senza sciogliersi, per la temperatura ormai notturna.

“Cosa intendi fare, Glam?”

La sua voce era vibrante di rammarico, per quanto successo a Tommy.
Jared riviveva, ancora una volta, un dramma personale, che niente e nessuno, sarebbe mai riuscito a seppellire, tra le pieghe della sua memoria.

“Lui verrà qui …” – e si voltò lento, fissandolo – “Io lo aspetterò”

Leto avanzò di qualche passo – “Tu sei encomiabile, per come ci proteggi, ogni volta che se ne presenta l’occasione, ma questa io la vedo così pericolosa, forse Tom dovrebbe chiamare la polizia e denunciarlo, non credi?”

“Non voglio fare il giustiziere, non questo giro: la versione di Tom, seppure vera al cento per cento, non ha senso, nonostante Chris abbia un caratteraccio, quindi voglio capire cosa gli sia preso veramente, capisci?”

Il leader dei Mars aggrottò la fronte spaziosa, dove, un secondo dopo, Glam posò un bacio casto – “Certo, dovrò armarmi di pazienza, per non spaccargli quel bel muso” – e sorrise, provando a scherzare, mentre lo teneva a sé, sul petto spazioso.

Leto chiuse gli occhi, appoggiando di lato la testa, con l’attenzione rivolta ai battiti di Geffen, regolari, vividi.

“Ti voglio bene Glam e … e dovrei parlarti del matrimonio, anche se siamo in piena emergenza.

Tornarono a guardarsi.

“Anch’io te ne voglio, Jay, ma non pretendere che assista alla cerimonia di ben due, dei miei ex mariti!” – e rise, anche se emozionato, nell’immaginarsi quel rito, dove lui sarebbe stato escluso doppiamente.

Dimenticato.
Forse.

“Se non ci sarai, una parte di me soffrirà”

“Quella parte di te, che dovrebbe essere ancora mia, tesoro?” – chiese con dolcezza, spostandogli ai lati degli zigomi, le chiome di nuovo lunghe.

“Lo sarà, così, per sempre e tu lo sai Glam”

“Ci penserò” – replicò distaccandosi.

Avevano appena bussato.

Erano Mikkelsen e Graham.




Il chiacchiericcio di Sara, gli giungeva fastidioso e a tratti.

Norman si decise a chiudere i rubinetti, affacciandosi, non senza avere indossato un accappatoio, con l’idea di coprire i presunti segni, lasciati dal passaggio di Hemsworth.

Anche se dell’antidroga, Reedus conosceva bene le procedure da seguire, in seguito a un’aggressione sessuale, ma non fece nulla.
Assolutamente nulla.

“Ah guarda che prima il tuo cellulare squillava, l’hai dimenticato sul comodino, era Chris, penso ti abbia lasciato un messaggio in segreteria, tieni” – e la moglie gli passò il telefono, tornandosene in cucina, a riscaldargli, per la decima volta, la cena.

Norman l’avrebbe voluto spegnere, quel maledetto affare, che la gente si portava anche al cesso, per rimanere connessa, a un mondo, che lui non riconosceva più come prima.

§ Ciao sono io … senti ho un problema … cioè, Tommy, non è a casa, se ne è andato, ha lasciato un biglietto e io … io non capisco perché si comporti così, non gli ho fatto dei torti, ma mi accusa, non so neppure di cosa … Accidenti, è andato ad Aspen, con nostra figlia, capisci? Potresti venirci, con me, ti passo a prendere all’alba, ok? Tanto siamo di riposo per un paio di giorni, so che poi è Natale, ma rientriamo in tempo, lo giuro … lo giuro Norman, io non gli ho fatto niente, ok? … Fammi sapere, anche un sms, ok? Grazie, ciao §

La sua voce era stranita, strozzata quasi.

Com’era possibile?
Reedus se lo domandò, notando dei lividi all’avambraccio destro, anche intorno alla gola.
Indossò svelto un maglione a collo alto, le maniche lunghe e slabbrate, mentre la biancheria sporca, stava già girando, all’interno della lavatrice.

Vi si accovacciò davanti, scalzo, il pianto in gola, quasi rannicchiandosi in sé stesso, le braccia conserte e schiacciate sull’addome, che gli doleva, perché rimasto premuto a lungo, contro a quella maledetta balaustra.

Come avrebbe voluto, che la sporcizia, che si sentiva addosso, si fosse dissolta, come quella sui suoi abiti, sgualciti, quanto il suo malessere.




Il foglio, a quadretti, Tom lo aveva preso da uno dei quaderni di Luna.

Poche frasi, che a Hemsworth, sembrarono senza senso.

§ E’ finita Chris, questa volta non tornerò sui miei passi: sei stato terribile, cattivo e sei pericoloso, ma sembri non rendertene conto … Io non ne posso più, ora devo portare al sicuro la bambina, anche se non le dirò che sei diventato un mostro … Ingrato ed ignobile. Addio Chris, addio davvero. Tom §

Le sue mani grandi, stritolarono quell’addio, facendone poi brandelli.
Nell’inconsapevolezza, che aveva fatto altrettanto, con l’esistenza di Tom.
Senza ricordarsene un solo dettaglio.

Così come ai danni di Norman, che gli scrisse un semplice “Ok”.
A Chris sembrò scontato: Reedus era il suo migliore amico.




Jared si ritrovò davanti Robert, rimasto compostamente seduto in corridoio, davanti alla porta di Geffen.

Downey si alzò, riponendo gli occhialini da lettura nel taschino sinistro della camicia in pile a quadri azzurri e neri, sorridendogli – “Ci sei riuscito?”

Leto inspirò, facendo spallucce – “Non completamente, ci penserà, dice … Tu avrai migliore fortuna, ne sono certo”

“Non credo Jay”

“Ma sì, tu e lui siete sempre stati, come dire” – ed enfatizzò un minimo la sua espressione.

“Più complici, che amanti, rispetto a voi?” – bissò sereno l’attore.

“Già … Sì insomma Rob”

“Ho capito Jay, ho capito … A proposito, come sta Tom?”

“E’ a pezzi” – il cantante si adombrò.

“E Glam sta lucidando l’artiglieria?”

“Non proprio, lui ha dei dubbi”

“In che senso, scusa?”

“Su Chris, su questo suo comportamento: ora ci sono Mads e Will con lui, perché Glam pensa centri il trapianto”

“Glielo hanno fatto al cuore, non al cervello Jay” – Robert sorrise amaro.

“Vado da Tommy, ora, tu che fai, resti?”

“Sì, voglio parlare con Glam … Anche per questa faccenda: ho un brutto presentimento.”




Mikkelsen sorseggiò con calma il whisky offertogli da Geffen, mentre Graham osservava i disegni di Lula, entrato dall’ingresso posteriore, di quell’autentico appartamento, all’attico dell’hotel.

“Ripeteremo le analisi, le ultime non davano segni di squilibrio ormonale: qui parliamo di eccesso di rabbia, forse scariche di adrenalina, come avviene sotto l’effetto di alcuni farmaci o droghe: vero Will?”

“Vero … In ogni caso, non vedo connessione tra l’intervento e questo episodio di violenza: sicuri che Hemsworth non sia semplicemente una persona dal carattere problematico? Non ci sono precedenti?”

Glam non rispose subito, riversandosi da bere, poi parlò – “Ci sarebbero, ma stavolta ha superato il limite: non riesco a crederci, era cambiato, ve lo assicuro, anche grazie all’analisi”

“Gli istinti di un individuo possono essere messi in letargo, anche razionalmente, ma rimangono tali” – sottolineò Will, facendo gelare il sangue al futuro consorte.

“Chris ci raggiungerà?” – domandò il chirurgo, rosso in volto.

Graham gli si accostò, dandogli una carezza sul fianco, non senza abbozzare un sorriso di scuse.

“Temo sarà inevitabile … Soldino, tu che ne pensi?”

Lula scelse un pennarello arancio, per ripassare i contorni, di quelle, che al padre, sembrarono fiamme.

“Si metterà in viaggio, alle prime luci del giorno, papà …” – rispose assorto – “… e non verrà da solo … La paura cammina con lui”

Mads e Will si guardarono.

Geffen notò delle immagini, scorrere alla tv ed alzò il volume.

“Ma quello è Chris” – si intromise Downey, entrato per avvisare l’ex, della sua presenza.

“Robert …?”

“Perdonatemi, ma volevo parlarti Glam”

“Sì, sì certo, non sapevo fossi lì fuori, avresti potuto bussare” – ed andò ad abbracciarlo, con naturalezza.

Nel frattempo gli altri stavano seguendo la cronaca di quel servizio speciale.

§ Sappiamo ancora poco di lui, ma questo è davvero un eroe, gente: uscito vivo da una precedente imboscata, il tenente Hemsworth ha subito una delicata operazione, sulla quale è stato mantenuto il massimo riserbo. Nel vederlo in azione, adesso, sembra che lo abbiano trasformato in un super poliziotto, non credete anche voi? Noi non vorremmo essere al posto del malvivente, assicurato alla giustizia da questa montagna di muscoli e dal suo partner, un certo Reedus, pluridecorato per la lotta ai narcotrafficanti, che infestano Los Angeles da decenni: restate in ascolto, per nuovi aggiornamenti e buona serata dallo staff di L.A. news, sempre in prima linea con la cronaca! §

Sembrava uno spot.
Di cattivo gusto.

Will si ossigenò – “Hai visto la progressione, nella corsa? E la respirazione, Mads?”

“Sì, l’ho vista: in teoria non dovrebbe avere recuperato energie e prestazioni del genere, non in quel modo: insomma, personalmente, l’avrei collocato ad una scrivania per un anno, durante il quale sottoporsi ad una riabilitazione mirata” – e tornò a scrutare Geffen.

“Quindi? Conclusioni plausibili?”

“Quindi Hemsworth, con tali sollecitazioni inverosimili, potrebbe compromettere il nostro lavoro e … la sua vita.”



 https://www.youtube.com/watch?v=twDtu-eNaN0


I chilometri, scorrevano veloci, sotto alle ruote del suv, condotto da un taciturno Chris, verso Aspen.

Reedus non era da meno, precipitato in una sorta di oblio ed inquietudine, che l’altro non percepiva minimamente.

“Grazie Norman, non avevo le palle di andarci da solo” – il biondo ruppe il silenzio, provando ad essere un po’ guascone nei toni, come reciproca abitudine.

“Figurati”

“Cos’hai?”

“Nulla”

“Sei un bugiardo Norman” – e gli diede una gomitata, ridendo, ma Reedus sobbalzò, come destatosi di colpo, dal proprio inferno.

“Ho … ho litigato con Sara, ok? Guarda la strada e smettila di rompere!” – ribatté brusco.

“Ah ora sei il solito Norman … Ok, ma tu come la vedi? Per Tom?”

“In che senso?” – e si sentì morire, avendo intuito che a Hiddleston era toccata la sua stessa sorte.

“Nel senso che penso abbia esagerato, forse ho sbraitato un po’ oppure”

Reedus lo fissò interdetto – “Forse? Ma tu non ricordi un cazzo?!”

“Ehi calmati, ti sto dando la mia versione dei fatti e poi sì, non mi ricordo un cazzo, contento?”

“E’ … assurdo” – mormorò flebile.

“Cosa è assurdo?!” – sbottò, poi si ridimensionò rapido – “D’accordo, lui ed io non siamo spesso sulla stessa lunghezza d’onda, Tommy è fragile, mi asseconda, è di sicuro provato dall’esperienza avuta accanto ad un relitto, ma sono quello di prima, grazie a un miracolo, pensavo fosse ciò che desideravamo entrambi, no?”

“Tu … tu forse non lo sei … quello di prima, intendo”

Chris si strofinò le palpebre – “Pensavo tu avessi più comprensione, che mi appoggiassi, sei l’unico di cui mi fidi, dal principio Norman, sono sempre stato sincero con te, con la paura fottuta mi fraintendessi, se davvero vuoi saperlo”

“Fraintendessi, ma cosa accidenti?!” – ormai era esasperato, avrebbe voluto dissolversi.

“Lo sai bene! Come credi mi sia sentito, dopo averti detto di essere gay, di Tom? Cioè eravamo affiatati e se tu avessi pensato che io”

Anche le palpebre di Reedus si erano chiuse in quell’istante, cercando un buio, che non c’era.

“Fermati per piacere, sto per vomitare” – e si tappò la bocca, pallido in viso.

Hemsworth accostò, senza farselo ripetere, poi lo seguì, tenendogli la fronte, confortandolo con un tocco lieve, ma bollente, sulla schiena ampia: Norman era in ginocchio, tremante.

Piangeva, livido di rabbia, marcio di vergogna.




Will non aveva detto nulla, durante il tragitto, in ascensore e poi sino alla loro suite.

Una volta entrati in camera, provò a spiegare, ciò che sentiva.

“Mi dispiace, per prima, Mads, non volevo dire quelle cose … Non mi riferivo a te, ecco”

Mikkelsen si versò un liquore.

“Amore, stai bevendo come non ti ho mai visto: ti prego smettila”

“Tuo padre era un alcolista? Ti picchiava?” – chiese brusco, le iridi a specchiarsi nel fondo del bicchiere.

“Mads …”

L’uomo tornò a fissarlo – “Io lo facevo, anche senza bere, tanto meno fatto di qualche porcheria, come quelle che bruciava Rattler, come se fosse acqua fresca! Io picchiavo e brutalizzavo dei ragazzi, in piena coscienza: ero e sono un mostro, al pari di Hemsworth! Nessuna terapia, nessun farmaco, nessuna analisi cambieranno questa verità! Tu lo sai, Will, come lo so io!”

Il cognac finì contro la parete.
Le schegge di cristallo, sulla moquette, tinta panna.

“Tu non sei un mostro Mads … Un mostro non avrebbe mai provato dei sentimenti, come quelli, che mi hai dimostrato in questi mesi” – replicò serio e determinato, il più giovane.

“Come vorrei che tu … tu avessi ragione!” – e strinse i denti, mentre un pianto lacerante, stava precipitando dai suoi zigomi.

“Amore”

Graham corse ad abbracciarlo, per fargli capire quanto si sentisse nel giusto.

Come nessuno al mondo.