mercoledì 31 ottobre 2012

ZEN - CAPITOLO N. 1




Capitolo n. 1  -  Zen


Un mese dopo …

Robert ricordava ogni singola parola, ogni gesto, di quella orrenda serata, quando rientrò all’attico con Jude.
Adesso, rannicchiato sul davanzale del salone, nell’appartamento che Kurt gli aveva prestato temporaneamente, riviveva, a palpebre abbassate e pesanti, quella delirante sequenza di insulti e botte.

Jude lo precedeva di pochi passi, ma dopo avere aperto la blindata, afferrò Robert per un braccio e lo sbatté sul pavimento dell’ingresso.
L’americano non reagì, non subito almeno.
Le invettive del compagno salivano, di colore e voce, divenendo sempre più sprezzanti.
“Dovevi denunciarmi!! Invece sei stato stronzo e codardo per l’ennesima volta Rob!! Uno stramaledetto stronzo!!!”
“E tu sei un pazzo …” – disse guardandolo di sguincio, tremando visibilmente.
Jude lo riprese per la collottola, addossandolo al muro, con una spinta decisa: “Mi hai portato tu a questa follia” – sibilò – “Con le tue bugie, i tuoi tradimenti, l’avermi illuso di essere stato scelto, mentre invece mi davi il contentino, per poi sputarmi nuovamente in faccia!!”
Ne seguì uno schiaffo, poi un altro ed infine un pugno nello stomaco, che atterrò Downey.
“Era così che doveva andare Jude … era con me che te la dovevi prendere” – disse ansimando, sofferente – “… e non portare via un padre a così tanti figli … uccidendo persino i genitori della nostra Camilla, l’hai capito questo, L’HAI CAPITO FOTTUTISSIMO IDIOTA??!!” – e rialzandosi, veemente, assestò un gancio all’addome di Jude, poi un manrovescio, che gli fece perdere quasi i sensi.

Downey fece le valigie, ripassandogli quasi sopra, in quel corridoio, fatto di tappeti ed arazzi, mentre guadagnava l’uscita.
Jude era riverso e non si era più mosso, ascoltando ogni singolo rumore, dagli scatti delle aperture del trolley, allo stridio delle ante dell’armadio, allo scorrere dei cassetti: non li avrebbe più scordati.


“Ancora un metro Glam … avanti”
Il sorriso di Tom era solare.
Geffen aveva imparato molto di lui, in quella prima settimana di riabilitazione.
Si sorreggeva alle sbarre di quel camminamento, che pensava infernale, per quanta fatica impiegava al fine di percorrerne i soli quattro, odiosi, metri, sino al suo fisioterapista.
“Ci … ci sono quasi … e sono sudato marcio, cazzo!”
Era rabbioso, ma tenace: per Tom la reazione migliore.
Con dieci chili in meno ed i muscoli quasi flaccidi, Geffen non riusciva a vedersi in quello stato pietoso: lo definiva così, ma  Tom lo rimproverava, quasi affettuosamente.
Scott era riuscito a svegliarlo dal coma indotto, con un lieve anticipo, constatandone il miglioramento generale, ma quando Glam riaprì gli occhi, ritrovò un mondo che non gli piaceva affatto.
Lula aveva dormito ogni notte su di un lettino accanto a lui, vegliandolo sino a crollare, allo scoccare della mezzanotte.
Era come un rito, che andava ripetendosi, senza che il bimbo smettesse di credere nella piena guarigione del padre.
Faceva i compiti insieme a lui, anche se Glam dormiva artificialmente, sentendo solo in parte ciò che Lula gli raccontava.
Dal Brasile erano arrivati Thomas e Gabriel, che si era impegnato a fargli da insegnante privato, finché non fosse rientrato regolarmente a scuola: era stato Lula a chiederne la presenza e nonno Antonio si era immediatamente attivato per esaudire la sua richiesta, ospitando peraltro la coppia nella sua villa.


Jared, senza saperlo, stava ripercorrendo mentalmente, come Robert, i fotogrammi di quelle prime ore, dopo avere saputo da Colin dell’incidente.
Era seduto al tavolo della colazione, i figli se ne erano appena andati, salutando lui e Farrell, con il consueto amore viscerale.
“Passo da Glam, tu vedi Shan, tesoro?” – domandò Colin, sereno.
“Sì … Digli che magari faccio un passo nel pomeriggio …” – replicò timidamente.

“Colin tu … tu me lo diresti se Glam fosse morto, vero?”
Jared si morse il labbro inferiore, agitato mentre erano al check in.
Meliti aveva inviato loro il jet, per rientrare immediatamente in California dall’Irlanda.
“E’ gravissimo Jay, non ti ho nascosto niente, però adesso calmati, non puoi affrontare tante ore di viaggio con questa angoscia … Prendi le pastiglie, che Brandon ti ha raccomandato al telefono, ok?” – e gli massaggiò la schiena, con i palmi aperti, tenendolo stretto a sé,  appena presero posto sull’aereo.
“Scu-scusami, ma non ho capito il ruolo di Jude e Robert in questa storia …” – insistette perplesso.
“Eamon non mi ha saputo dare dettagli precisi, lo scopriremo appena li avremo raggiunti, perché né Rob e né Jude hanno risposto alle mie chiamate …”

Ora Jared sapeva, come il resto della famiglia, che rimase scioccata dalla reazione di Law, pur comprendendone le motivazioni.
Probabilmente se fossero finiti in tribunale, i suoi legali avrebbero chiesto l’infermità mentale: nel frattempo l’inglese si era completamente isolato nel suo appartamento.
Camilla era insieme a Robert e poteva sentire solo telefonicamente l’altro genitore.
Le spiegarono che Jude era all’estero, per lavoro, ma quella scusa diveniva ogni giorno più debole e patetica.
Camilla non era stupida e spesso sorprendeva Robert a piangere, raggomitolato sotto le coperte, con addosso un maglione di Glam Geffen, che persino lei sapeva appartenergli.
Era uno dei suoi zii preferiti ed anche la sua assenza l’aveva insospettita.


“Ottimo lavoro Glam …”
“Grazie Tom, ora torno in camera e non voglio sentire lagne”
“Le lagne le fai tu, dopo ogni allenamento!” – protestò vivace, ma sorridente.
Geffen lo scrutò – “Dalla tua aria giuliva, devo dedurre che hai fatto pace con Chris”
“Non sono un’oca! Ahahah”
“Sì, vi siete riconciliati … Dunque vediamo, è la … centesima volta Tom?”
“Più o meno …” – disse rassegnato, dopo averlo sistemato sulla sedia a rotelle.
“Come vanno i polpacci?” – chiese serio, testandone la tonicità.
Tommy sapeva essere professionale al cento per cento quando si trattava di lavorare.
Era gentile, sincero, limpido, ma non sentiva ragioni o lamentele dai suoi pazienti, spesso scoraggiati e depressi.
Glam era semplicemente incazzato, ma questo era d’aiuto: ovviamente se non avesse trasceso e Tom lo temeva, ogni qualvolta parlava di quella disavventura sulle colline.
“Chris voleva parlarti … per la denuncia” – disse esitante.
“Non la faccio, lui lo sa, il mio studio lo sa, la stampa lo sa, chi altro diavolo deve saperlo?? O cosa dovrei fare per convincerlo a mollare l’osso?! E’ … irritante!”
Tom abbassò lo sguardo, tormentandosi le mani.
“Quel tizio … ti ha quasi ammazzato Glam”
“Gli ho scopato il marito, come una puttana, è stato lui ad urlarglielo, credeva che nessuno lo ascoltasse, ma io ero oltre una semplice tenda, praticamente in fin di vita, ma proprio in certi momenti si vedono e sentono cose in maniera inspiegabile Tom”
“Quindi non procederai contro Jude?”
Glam prese fiato, diventando triste – “Lui ha una bambina … con Rob, Camilla, ha la sindrome di Angelman e deve essere accudita da entrambi”
“Non hai mai pensato di fargli tu, da padre, con Robert?”
“Bel sogno …”
“Mi dici di lottare per i mie sogni e poi tu”
“Non è la stessa cosa Tom”
“Mi piacerebbe avere un figlio, con Chris …”
“Saresti un papà in gamba” – ribatté illuminandosi.
“Sì, ma non dipende da me … è meglio che decida lui …” – spiegò, sgranando le iridi rapite da quell’aspirazione.
“Stai sempre a sminuirti!”
Tom arrossì.
“E poi diventi un pomodoro ambulante, come adesso!” – Glam rise, allungando le dita, per scompigliargli le ciocche morbide.
“Sì … sono un idiota”
“No, sei profondamente innamorato di lui, della forza ed il senso di protezione, che Chris sa trasmetterti ed è uno a posto, lo ammetto, però …”
“Però Glam …?” – e lo fissò, con innocenza.
“Però deve rispettarti e non imporsi, anche se crede di fare il tuo bene! Ecco …” – e scrollò le spalle.
“Sei stanco …?”
“Abbastanza … Tra poco arriva Lula” – e sbirciò l’orologio sulla parete.
“Sì, con il suo insegnante … Molto carino” – gli bisbigliò complice.
“Vuoi fare ingelosire Chris?”
“No, per carità!” – e si avviò verso il bagno, per recuperare gli asciugamani del suo paziente preferito.
“Vuoi farti la doccia Glam?”
“Sto aspettando Matt … Vuole farmela lui, pensa che io sia un handicappato …”
“Diversamente abile, si dice così Glam …”
“E ti pareva, mancava all’appello solo la maestrina che è in te, Tom!”
Risero.
Tom aggrottò la fronte.
“Che ti prende, adesso?” – brontolò Geffen.
“Come mai non accetti Matt …? Le sue premure, il suo affetto … ti adora”
“Mi compatisce!” – ruggì.
“Sai Glam, non ti ho conosciuto nei tuoi giorni migliori, ma non vedo l’ora di vederti nuovamente ben piazzato e robusto, così la smetterai di auto commiserarti!”
“Fanculo le tue prediche Tom …”
“Fanculo i tuoi piagnistei Geffen!”





 

Tom Hiddleston & Chris Hemsworth entrano nel cast di ZEN

ZEN - PROLOGO - SECONDA PARTE



ZEN

Prologo – Seconda parte


Kevin lo apprese dal telegiornale della sera.
Stava guardando i cartoni, insieme a Lula e Tim, abbarbicati sul divano, come una vera famiglia.
Il ragazzo ne era gratificato, perché Kevin ce la stava mettendo tutta per avere con lui un legame stabile e duraturo.
Quell’equilibrio rassicurante sembrò spezzarsi, nel momento in cui Kevin, casualmente, cambiò canale durante gli spot pubblicitari, per ascoltare le ultime notizie.
Riconobbe subito l’hummer di Geffen.
Allo stesso modo Lula.
“E’ la macchina di papà …?!” – disse flebile, avvertendo mille sensazioni, grazie al suo dono speciale.
“Papà!!!” – urlò, scoppiando a piangere.
Lula sapeva.


Matt sbagliò strada un paio di volte, prima di capire in quale ospedale li avevano trasportati d’urgenza: un suo amico chirurgo, finalmente gli diede le giuste indicazioni.
Aveva appena visitato Glam e la situazione era delicatissima.
“Ha perso molto sangue, lo abbiamo anche intubato, il suo cuore è in pessime condizioni per lo stress, che ha dovuto sopportare: è un miracolo che sia ancora vivo Matt”
“Arrivo subito”- disse con il cuore in gola.

Anche lui stava seguendo il notiziario e si sentì mancare il respiro nel vedere le immagini devastanti di quello che il cronista non sapeva spiegare: ipotizzava un incidente, poi un attentato, infine suscitò la curiosità degli ascoltatori, riferendosi ai gossip su Geffen e Robert Downey Junior, nuovamente infedele ai danni del consorte.
In pochi minuti Los Angeles, attraverso i social network, sembrò animarsi nel formulare teorie di ogni sorta su quanto accaduto sulla scogliera.

La stampa ed i paparazzi si accalcarono intorno al pronto soccorso e non fu semplice per Kevin raggiungere il piano dove stavano operando Glam.
Lula scalpitava in grembo a Tim, che non riuscì a trattenerlo.
Giunsero anche Steven, con Chris, preoccupatissimo per Robert, poi Scott e Jimmy, che chiese a Tim qualche aggiornamento.
I loro rispettivi compagni erano in ansia per Geffen, così che i due giovani quasi si isolarono, assistendo impotenti al loro sconforto per un uomo, che ancora amavano.

“Dobbiamo sopportare in silenzio Tim … e comprendere” – disse piano Jimmy, abbracciandolo sopra ad una panca della saletta per i visitatori.
Tim annuì, asciugandosi una lacrima dispettosa e deglutendo a vuoto, per l’amarezza impadronitasi dei suoi sensi.


Un rumore di rami spezzati li destò di soprassalto.
“Cole … non dirmi che in Irlanda ci sono belve feroci nei boschi …”
“Me lo auguro, forse era solo una volpe …” – sussurrò, scrutando l’oscurità e stringendo più forte a sé Jared.
Dei fasci di luce filtrarono altrettanto inattesi dalle fessure, tra le assi di quella baracca umida.
“C’è qualcuno … Mio Dio Colin, forse dei bracconieri?”
“La tua fantasia viaggia a mille stanotte Jay” – e si sforzò di riderne, ma era ugualmente teso quanto lui.
“COLIN!!”
La voce del fratello era inconfondibile, nel chiamarlo: “EAMON!! SIAMO QUI!”


Jared rimase al telefono con Shannon per tranquillizzarlo almeno per un’ora, durante la quale il batterista non ebbe il coraggio di raccontargli quanto successo a Geffen.
Contrariamente al cognato, Farrell volle informarlo, dopo avere appreso la triste notizia da Eamon, ma Jared glielo impedì, inconsapevolmente.
“Mi sono fatto due docce … Shan non la smetteva di rimproverarmi, sai?” – e lo abbracciò caldo, anche nel baciarlo.
“Te-tesoro dovrei dirti una cosa e”  - ma Jared lo interruppe con la propria bocca, che non voleva sentire ragioni.
Lo spinse verso il letto sorridendo – “Devo mantenere un impegno Colin …”
“Anch’io … ti amo da impazzire” – e tornò a baciarlo con vigore, rimandando quella triste ambasciata.


Lula corse incontro a Matt, prendendolo per il polso destro e trascinandolo verso il corridoio del padiglione chirurgico, dove grazie a Scott,  con Kevin riuscirono a sostare, in attesa di novità.
“Zio Matt, il mio papà si salverà, non può morire così!” – disse in lacrime.
Matt lo abbracciò con tenerezza, confermando la sua speranza – “Sì cucciolo … non ti lascerà mai” – ed in quell’istante il ricordo del suo gemello Alexander gli piombò addosso, perché era lì che i medici tentarono invano di salvarlo, ma lui l’aveva rimosso.
“Grazie per essere qui …” – disse debole Kevin, restando immobile su di una seggiola scomoda.
“Come stanno … gli altri?”
“Non ne ho idea e non mi interessa: un tenente di polizia mi ha detto che Glam è stato speronato, ma l’auto di Jude ha sfondato le barriere, non so come ne sia uscito illeso … Per Robert ipotizzano fosse alla guida, accanto al papà del nostro Lula …” – e sorrise, accarezzandogli le chiome corvine e ricciolute fittamente – “… in effetti erano … insieme …” – ed inspirò.
“Capisco” – disse mesto, fissando l’ascensore, che stava salendo.
Ne uscirono tre infermieri, con sacche di sangue ed un defibrillatore di ultima generazione.
Il cuore di Glam si era già fermato quattro volte, ma loro non potevano saperlo.
Ad ogni arresto, Lula si sentiva come soffocare: strizzava le palpebre ed invocava mentalmente il nome di Geffen, come a riprenderlo su questa terra, per un soffio.

Kevin si rese conto di queste sue trance e decise di raccontare a Matt cosa stava accadendo al proprio cucciolo.
Lui ne rimase esterrefatto, ma anche confortato, nonostante fosse una storia tanto incredibile quanto assurda.


Le mani di Colin lo stavano toccando dappertutto: dopo due orgasmi piuttosto ravvicinati, il terzo amplesso si stava consumando lento tra lui e Jared, prono, le ginocchia puntate di traverso sulle lenzuola sgualcite, che facevano attrito ad ogni spinta dell’irlandese, allungato alle sue spalle nella stessa posizione, ma dominante e sublime nel possederlo.
Jared era aggrappato alle sbarre del letto, le sue nocche madide, dolevano per quanto le stava stritolando, ma il suo corpo era sollevato dalle possenti braccia di Colin, che lo cinturava, lo leccava e ne mordeva la nuca e le spalle.
“Sentimi … Jay … eccomi … sto”
Jared urlò, perché era esageratamente bella quell’esplosione di umori liquidi e grondanti, tre le sue cosce magre, ma toniche.
Colin ebbe come un singulto roco, animalesco e carnale: Jared era nuovamente suo.


“Sei ore … e non ci dicono niente …” – Kevin era disorientato, ma quando intravide Scott, scattò in piedi, per sapere di Glam.
“Abbiamo finito … è stabile, non so come, ma per adesso facciamocelo bastare questo … ennesimo miracolo …” – e guardò dolcemente Lula, ormai addormentato accanto a Matt, che ascoltava, la salivazione a zero.
“Le prossime trentasei ore sono cruciali, si è praticamente dissanguato, ma il valore dell’emoglobina sta risalendo e noi confidiamo in una lentissima ripresa, dopo uno stato di coma farmacologico … di un mese almeno”
“Un mese?!”
“Sì Kevin, non abbiamo alternative: anche il suo cervello potrebbe avere subito dei danni, facciamo una tac tra trenta minuti e poi vi terrò informati”
“Grazie … c’erano degli agenti, volevano una mia deposizione, ma non so nulla: vorrei incontrare Robert e Jude”
“Per quanto ne so c’erano i loro avvocati e nessun funzionario è riuscito ad avvicinarli: li ha interpellati Jude”
“Come fai a saperlo?”
“L’ha chiesto per caso alla mia segretaria, che mi stava cercando. Hai parlato con Antonio?”
“Sì è di sotto con Pamela e le ragazze … vado da loro immediatamente, vorranno sapere del padre …”
“Sì e per il resto, stiamo tutti calmi, è una situazione delicatissima”
“Io lo mando in galera quel bastardo Scott!” – ringhiò furente.
La rabbia saliva in lui, ad ogni minuto, fatto di impotenza davanti al destino di Glam.
Quando l’avvocato uscì in barella, sedato e scortato da vari assistenti, Lula si svegliò, sicuro di averne udito la risata inconfondibile.
“Papà!!”
Il bambino lo vedeva sveglio, la mano destra tesa verso di lui, per accarezzarlo – “Sono qui angelo mio” – ed arrideva al suo faccino sfigurato dalle lacrime.
“Papà …” – gli bisbigliò, trattenendo le sue dita grandi, fra le sue manine minuscole – “… torna presto da me … ti prego” – e le baciò, facendo lo stesso sulla tempia di Geffen, prima di vederlo scomparire nell’ascensore.






ZEN - PROLOGO - PRIMA PARTE



 Z  E N

Prologo – Prima parte

E’ buio.
Il crepitare dei ricordi, lungo una vita condivisa insieme, passò nella mente di Robert Downey Junior come un dardo avvelenato.
Era impossibile.
Una voce nella sua testa lo stava urlando.
Jude, invece, l’aveva perduta completamente, avventandosi sull’auto dove suo marito e Glam Geffen avevano di sicuro consumato e bruciato le loro emozioni, facendo lo stesso con il suo cuore, andato in mille pezzi per il dolore di questo ennesimo tradimento: niente li avrebbe separati, non erano amanti.
Robert e Glam si adoravano ad una profondità per Jude inesplorata.
Faceva un male assordante e cattivo: lui, nonostante ci fossero mille ed un motivo per non compiere quel gesto estremo, la figlia Camilla, non esitò a speronarli, per gettarli in quel dirupo, verso il quale, invece, fu lui a volare, su di un hummer, dove con premeditazione aveva disattivato gli air bag, così da farne un autentico ariete, trasformandosi da guerriero, assetato di vendetta, in Icaro, senza scampo apparente.

Per una strana e malevola coincidenza, lo stesso sistema di sicurezza sul mezzo di Geffen, aveva subito un malfunzionamento, per via delle modifiche apportate al blindato, al fine di renderlo inespugnabile, inutilmente: l’avvocato aveva quasi sfondato il parabrezza, con la fronte, dal quale il sangue, adesso, sgorgava a fiotti.
Robert era come paralizzato dalla paura, ma in qualche modo riuscì a chiamare i soccorsi, con il palmare di Glam, che non dava segni di vita.
Da quell’abisso, al contrario, si elevò come una lingua di fuoco, provocata dall’esplosione dell’auto di Jude.
Downey ebbe un sobbalzo, che gli frantumò il petto, poi spalancò lo sportello e si precipitò verso il bordo del precipizio: le fiamme stavano divorando il suo fiato, ma nel vento gli sembrò di udire qualcosa.


Colin si tolse il giaccone, facendolo indossare a Jared, non senza insistere.
“Sono più robusto di te, non discutere …” – disse baciandogli le tempie, per scaldarlo in qualsiasi maniera possibile.
La temperatura si era abbassata ulteriormente.
“Tu … tu moriresti per me, Cole, vero?”
“Certo.”  - gli sorrise.
Jared lo fissò, intensamente.
“Io non riuscirei a sopravvivere senza di te Cole”
“Dovresti farlo, perché di noi due rimarrebbe il migliore … per i nostri figli, per tutto” – e lo baciò tra i capelli, stringendolo.
“E’ … è così dal primo momento Colin”
“Ti amo da quando sono al mondo … Tu … tu avevi cinque anni ed eri al parco insieme a Constance e Shannon, quando incontraste mamma Rita, che mi portava a spasso, sul passeggino … avevo un mese appena …”
Jared schiuse le labbra, un po’ stupito, Colin rise, poi continuò nel suo racconto.
“Tuo fratello mi tirò per i piedini … rompeva già le palle da allora al sottoscritto”
Scoppiarono a ridere.
“Al contrario, tu allungasti la mano, per calmarmi, perché mi lamentai all’istante per quel fastidioso scherzetto di Shan … E …” – deglutì, strizzando le palpebre – “E con il pollice tracciasti un segno qui, tra le mie sopracciglia, dicendo che mi sarei subito addormentato … Accadde, ma non senza che tu ed io ci fissassimo, per un attimo interminabile Jay … per tutta la vita amore …”
“Colin, ma …”
“E’ la storia che ho raccontato ai nostri bambini, ad ognuno di loro, per spiegare l’amore che ci lega … so che è pura fantasia, ma è … credibile,  non trovi?” – sorrise radioso.
Jared si appese al suo collo, quasi soffocandolo, per il carico di sentimenti, che improvvisi si dilatarono nel suo corpo, appagandolo di quelle certezze, di cui era stato privato sino a quella notte.


Robert cambiò prospettiva, per sincerarsi di non avere avuto un’allucinazione: Jude era aggrappato disperatamente a dei cespugli, scalzo, con la punta dei piedi intento ad annaspare tra le rocce, per cercare un punto di appoggio, che alleviasse lo sforzo delle braccia, tremanti, come i suoi zigomi, le sue iridi, la sua bocca, ansante, ma ancora in grado di chiedere aiuto.
“JUDE!!!”
“AIUTO ROBERT!! NON CE LA FACCIO PIU’!!! AIUTAMI!!”
Downey si precipitò all’hummer, inserì la retromarcia ed attivò il la carrucola con il gancio di traino: con le mani, poi,  ne agevolò la discesa sino a Jude, che afferrò il cavo di acciaio, piangendo ed imprecando.
“Ora ti faccio risalire!!”
Ritornò alla guida, procedendo lentamente: Jude ebbe la fortuna di strisciare su di un sentiero di sabbia, con qualche minima sporgenza, fatta di sassi ed arbusti: Robert tirò la leva del freno e tornò da lui, afferrandolo per la camicia, ormai a brandelli, sino a farlo appoggiare a ciò che restava della balaustra: erano stremati entrambi.
Due ambulanze ed un’auto della polizia erano ormai a due curve da loro: Glam non si era mosso, addossato al finestrino, esanime.
Robert sollecitò i paramedici, affinché non perdessero tempo con lui e Jude, ma due infermieri quasi li intrappolarono nelle coperte, dando loro ossigeno ed inserendo una flebo, per idratarli.
Convulsamente, si diressero verso l’ospedale più vicino.


“E se non dovessimo farcela Colin?”
I timori di Jared stavano salendo, quanto una brezza gelida, che, in compenso spazzò via le nubi, rivelando una luna piena, che illuminò l’interno di quel capanno per la caccia, abbandonato da anni.
“Cerchiamo di arrivare a domani mattina, poi qualcuno verrà a cercarci … spero”
“Hai fame?”
“Per fortuna no … E tu amore?”
“Sto ancora digerendo le melanzane stufate con le cipolle di mia suocera” – rise, rannicchiandosi meglio sul petto di Farrell, che iniziò a cullarlo.
“Cantami qualcosa Jay …”
“Ok …”
La sua intonazione era dolce ed ispirata, quel pezzo Colin non lo conosceva: il cantante dei Mars, infatti, se lo stava inventando per l’occasione.


Robert era come cristallizzato sulla lettiga, quasi dimenticato in un angolo del pronto soccorso, dove poi qualcuno si accorse di lui, spingendolo in un ambulatorio, dove Jude stava bevendo un tè caldo.
L’inglese aveva lo sguardo fisso nel vuoto, forse lo stesso che aveva intravisto prima di buttarsi dall’hummer, salvandosi miracolosamente.
“Ne vuoi …?” – domandò a sorpresa, porgendo il bicchiere di carta a Downey, che scosse il viso contratto – “No, ti ringrazio …”
“E per cosa? Per averti quasi ucciso, Rob?” – sbottò duramente.
Downey non replicò, irritandolo ancora di più.
“Anzi, mi correggo, per AVERVI quasi fatto fuori, mentre quel bastardo ti scopava come una puttana??!!!” – inveii, fremendo livido.
§ Mentre Glam mi faceva l’amore … § - pensò Robert affranto, liberando due lacrime amare, che gli segnarono le guance scarne ed ispide – “Sì … mentre mi scopava come una puttana …” – mormorò, ripetendo, alienato, l’accusa mortificante di Jude.

Il via vai di persone, oltre le porte scorrevoli di quella camera incolore, sembrava un fiume, che, purtroppo, non avrebbe portato via l’angoscia di quell’incubo, che era appena cominciato.