lunedì 28 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 86

Capitolo n. 86 – gold



Los Angeles era immersa in una giornata calda ed assolata, dopo tanti temporali.
Colin stava sdraiato sul lettino a bordo piscina, mentre Robert leggeva un copione poco interessante.
Jude nuotava, sollevando spruzzi in direzione degli altri due, che non gli davano soddisfazione, restando calmi, almeno all’apparenza – “Ora lo strangolo appena risale…” – ringhió Robert, facendo ridacchiare Farrell, che non si scompose di un millimetro.
Jude riemerse, statuario ed incantevole.
Robert sospiró – “Forse potrei anche pretendere delle scuse… o una gradevole punizione…” – mormoró abbassando di poco gli occhiali scuri.
“Approvo…” – disse Colin, tirando l’asciugamo a Law, che si mise seduto accanto a lui.
“Ti stai scottando irish buddy… dammi la crema.”
“Tieni… paga pegno per avere stressato le palle, credendoti Ester Williams!” – bofonchió, strizzando l’occhio a Rob, che annuí.
Jude inizó a stendere la lozione sulla schiena di Colin, poi gli massaggió la cervicale, le braccia – “Va bene cosí, signore?” – gli sussurró all’orecchio e lui, schernendosi gli sibiló – “Piantala Jude, me lo stai facendo venire…” – al che Law gli tappó la bocca con una mano – “Oh mamma! Non dire quella parola!!!” – starnazzó, imitando Paperino di Walt Disney, una gag che faceva spesso, soprattutto per sdrammatizzare il nervosismo sul set.
Rob scoppió a ridere, come del resto Colin, che si arrese a quanto fosse buffo – “Allarme rosso passato, vero Colin?!” – domandó Jude con voce greve, scimmiottando un nome celebre di Hollywood.
“Sí, stai tranquillo…Rob abbi pazienza…” – disse sconsolato.
“Ci sono abituato ragazzi… Vieni qui Jude.”
“Subito…” – disse sorridendo, con quell’aria da ragazzino innamorato, perdendosi nel piombo fuso degli occhi incantati di Robert, che inclinó la testa, stringendo il compagno per la nuca ed accompagnandolo alle sue labbra.
Lo assaggiava, con compiacimento ed una passione sottile.
A Colin piaceva guardarli mentre amoreggiavano.
Li trovava sensuali ed unici.
Robert era un uomo carismatico, quando eri con lui non riuscivi a non ascoltarlo, poi ti faceva ridere, ti proteggeva, anche se non era una roccia, anzi, aveva un non so che di fragile, che lo rendeva ancora piú affascinante.
Per pochi minuti Colin fantasticó su come poteva essere stare con lui, ma Downey era nato per amare Jude e viceversa, per cui il tutto poteva rimanere solo un’utopia.

Chris era andato direttamente a Parigi insieme a Tomo. Lí avrebbe suonato con la band il giorno seguente.
“Kevin è in Svizzera allora…” – disse il croato stiracchiandosi.
Chris aveva portato dei saccottini al cioccolato sul letto, con spremuta e caffè, per una colazione fatta di baci, carezze, imboccandosi, volendosi un bene profondo, ripetendoselo in continuazione, come a rassicurarsi che ció che stava accadendo fosse giusto.
Chris si faceva molti problemi per Josh, non voleva che quel cucciolo soffrisse per la crisi tra i genitori, ma ormai voleva viversi quei sentimenti per Tomo, cosí puri quanto imprevisti.
“Sí è con Glam… mi ha mandato un sms, dice che ha firmato le carte per l’adozione di Lula… ma l’ho visto strano dopo che Glam è venuto a Varsavia…”
“È una storia davvero complicata… Jared poi non si decide tra Geffen e Colin, questi si ammazza di pasticche… questo è l’anno dei cambiamenti…” – sospiró, tornando a stringere Chris, per fare di nuovo l’amore, non ne avevano mai abbastanza.

Robert si mise al tavolo della sala da pranzo della End House, dopo una doccia con Jude, che stava prendendo qualcosa dai vassoi colmi di specialitá vietnamite preparate da miss Wong.
Passó il piatto a Downey dandogli un bacio sulla fronte – “Grazie tesoro…vuoi del vino?”
“Sí Rob… bianco, ho una sete…”
Colin arrivó in quel momento – “Sono affamato, ci sono i germogli di soia?”
“Sí buddy, te ne ho lasciare due forchettate…”
“Sempre il solito…” – protestó ammiccando.
“I bambini non ci sono Colin?” - “No Robert, fino a questa sera sono impegnati… In compenso Kurt e Brandon dovrebbero arrivare con Martin tra poco.”
“Allora aspettiamoli…” – intervenne Jude.
“Sí…mi pare che ci sia qualcuno al cancello…” – disse guardando il monitor di sicurezza, ce n’erano ovunque.
“Sono loro…” – Colin sorrise, provando un senso di sicurezza.

Il loro abbraccio era caldo e confortante.
“Bene arrivati… Martin è cotto o sbaglio?”
“Sí Colin, lo porto di sopra…” – disse Kurt radioso.
“Perfetto, qui è tutto pronto, avete appetito Brandon?”
“Abbastanza… come ti senti? Ti vedo in forma Cole.”
“Me la cavo, la disintossicazione mi provoca qualche sbalzo di umore, ma voi mi state aiutando al meglio…”
“Facciamo il possibile…” – disse Jude, distribuendo dei panini al sesamo.

Il pranzo fu gradevole, come le chiacchiere sugli argomenti piú svariati.
Colin si alzó per prendere un’altra fetta di dolce ai frutti di bosco, notando un’altra auto nel vialetto.
“C’è Shannon…” – disse assorto, accorgendosi che non era solo – “È con Rice…? Ma…”
Jude, Robert e Kurt si guardarono preoccupati, mentre Cody non capiva.
Farrell andó verso l’ingresso, accogliendoli.
“Ciao Shan… Owen…”
“Buongiorno Colin… ho… ho accompagnato Shan a prendere Josh.” – disse imbarazzato.
“Sí Colin, lo riporto a casa.” – disse il maggiore dei Leto.
“Ok, ma… è alla scuola materna, oggi hanno il tempo pieno… Te ne sei dimenticato?” – replicó calmo, ma a disagio.
“Cavoli… sí…”
“Dov’è Tomo?”
“Senti Colin, possiamo parlare un attimo, tu ed io da soli?”
Nel frattempo gli altri si riunirono alle loro spalle, salutando con perplessitá sia Rice che Shan, che raccolse le occhiate ansiose di Kurt e Jude soprattutto.
“Parlare di cosa? Restiamo qui, non ho segreti, si tratta di Jared?”
“No… no, si tratta di me e di Tomo.”
Colin si irrigidí – “Ed Owen centra qualcosa?”
Shan perse il proprio sguardo in giro per la stanza – “Owen ed io stiamo insieme, con Tomo ci siamo… ci siamo separati… lui ora è con Chris, in Europa…”
“Chris? Tu e Tomo… ma che cazzo stai dicendo?!”
“Ti sto dicendo la veritá Colin…”
“Jared lo sa?” – chiese alterandosi maggiormente.
“Sí a lui l’ho detto, di cosa mi stava succedendo con Owen…Non penso che sia a conoscenza di Tomo e Chris, invece…”
“Quindi hai cominciato tu questo disastro?! Perché me lo dici solo ora?!”
Cody si avvicinó a lui – “Colin calmati…bevi un po’ di acqua e siediti, parliamo da persone civili…”
“Persone civili Brandon?? Cosa cazzo dici??! Lui ed il fratello non hanno nulla di civile quando ti gettano come spazzatura!!”
Jude gli posó cautamente le mani sulle spalle – “Colin ti prego, vieni via, saliamo…”
“No… No!!! Voglio sapere tutto adesso!”
Shan fece un passo avanti – “Non è il caso che te la prenda con Jared, lui voleva solo proteggerti…”
“Proteggermi?!! Mi ha spezzato il cuore, strano modo di proteggermi!!” – urló, il volto sfigurato dalla rabbia.
“Cosa ti fa credere di essere migliore di noi, eh Colin?!”
“Io sono cambiato!”
“E sia, sei cambiato, ma hai anche la memoria corta! Jared ha sofferto come un cane, per anni, senza contare quanto tu l’abbia maltrattato in tutti i sensi!”
“Cosa cazzo ti stai inventando Shan??!”
“Non mi invento NIENTE! Me lo hai quasi ucciso! Non lo lasciavo piú andare da solo nemmeno in bagno, tanto ero terrorizzato che la facesse finita per come stava male a causa tua Cole, TUA E BASTA!”
Rice era rimasto come impietrito sino a quel momento, ma poi decise di intromettersi tra loro – “Shan ora andiamocene, non serve a nulla…”
“No Owen, non mi faccio insultare cosí da uno stronzo simile!”
“Ora stai esagerando!” – esclamó Kurt, spostando indietro l’amico – “Togliti dai piedi anche tu!! Qui nessuno è degno di considerarsi migliore di me e tanto meno di Jared!!”
Colin stava ormai tremando, appoggiato contro alla parete, mentre Brandon aveva recuperato la sua valigetta medica, per preparare un sedativo.
Glielo iniettó, pregando Rob e Jude, di portarlo in camera, senza perdere altro tempo.
Shan ed Owen a quel punto se ne andarono.



COLIN


SHANNON


OWEN

GOLD - Capitolo n. 85

Capitolo n. 85 – gold



Mel Brown invitó Rice al party annuale della holding, alla quale era al comando da piú di trent’anni.
Era ancora un bell’uomo, sessantenne, ma sempre in forma, smagrito dopo una breve malattia, che lo aveva stranamente reso ancora piú cinico.
Con Owen avevano condiviso una breve relazione in un tempo cosí lontano, che entrambi lo avevano quasi dimenticato.
All’epoca il gallerista era arrivato a Los Angeles pieno di speranze, oltre ad un cospicuo conto in banca.
Mel lo consiglió al meglio, inserendolo nel giro giusto, oltre che nel suo letto.
Abusavano in ogni cosa possibile: alcol, droga, sesso, senza mai oltrepassare il limite estremo, finché Rice si convinse che poteva fare a meno di lui.
I rapporti tra loro erano rimasti buoni, senza piú trascendere.

“Allora cosa ti è successo Owen?” – domandó accomodandosi sul grande divano in pelle nera, al centro del suo studio living.
Si erano isolati dal resto degli invitati, per fare due chiacchiere.
Rice era brillo al punto giusto per sciogliere la lingua e non solo.
“Ho preso… una cantonata…” – ridacchió scomposto, sprofondando anche lui nel prezioso modello Frau.
“Ok, capito… un altro stronzo.”
“No Mel… un ragazzo impegnato e con un figlio…”
“Vi ha beccato la moglie ahahah?”
“Ma quale moglie…?! No, ha un compagno, il bambino è un orfano di Haiti, adottato…”
“Cazzo, non c’era nessun altro da scoparti in tutta la cittá?” – domandó sarcastico, mentre toglieva i soprammobili dal tavolino basso davanti a loro, in cristallo di un insolito colore porpora.
“Era… era una cosa terribilmente seria Mel…” – deglutí, asciugandosi una lacrima dispettosa – “Fanculo, hai un rimedio per come mi sento?”
Brown sorrise, fissandolo di sottecchi, per poi togliergli la giacca e slacciare i primi bottoni della camicia.
“Ho una cura efficace…L’ho presa in Messico, altro che polvere d’angelo…”
“Ok… a proposito di scelte sbagliate… chi è quel poppante che ti sei portato dietro oggi?”
“Oh è un altro Owen… hai la memoria corta… anche tu eri cosí innocente, ma lui è piú giovane, certo, puó essere un handicap.”
“Per cosa Mel?”
“Tutto… non è nemmeno capace di fare un pompino decente ahahahah Si soffoca, ma, per il resto, ha un fisico che mi azzera la salivazione…Lo hai guardato bene Owen?”
“Piú o meno…” – fece spallucce.
“Ovvio che tu eri… magnifico…” – e con il pollice premette sulle sue labbra turgide.
Owen le schiuse leggermente, per consentire a Mel di infilargli il dito quasi completamente.
“Cazzo mi fai un effetto Rice…”
Lui si ritrasse – “E da quando mi chiami per cognome… dai, voglio fare un tiro, poi… poi magari celebriamo i vecchi… splendori…” – ma un nodo in gola gli impedí di sorridere delle proprie insulse battute.

Shannon aveva avuto il pass per quella festa da un amico comune di Owen.
Si era mescolato agli altri, seguendo ogni sua mossa, assistendo ad una progressiva degenerazione del suo comportamento durante la serata.
Li aveva pedinati sino ai piani superiori, intuendo come potesse finire tra loro.
Quando Brown preparó le strisce di cocaina purissima, Shannon irruppe nella stanza.
“Cristo Owen vieni via adesso!” – inveì, come una furia.
Mel sbarró le iridi chiare – “E tu chi cazzo sei?!”
Rice si alzó incerto sulle gambe – “Cosa ci fai qui Shan…?”
“Devo parlarti…” – replicó come sfinito.
“Non dirmi che questo è il coglione che…”
“È stato… un equivoco. E lui non è un coglione!” – sbottó Owen riprendendo la giacca.
Shannon rimase in silenzio, anche se aveva voglia di spaccare la faccia a quello sbruffone.
“Ok dolcezze, facciamo una cosa, restate qui, chiaritevi… ed andate anche a farvi fottere, giá che ci siete.” – ribatté sconfortato, per avere perso l’occasione di farsi Rice.
“No Mel, torniamo a casa… vieni Shan andiamo.”

La tazza di cioccolata calda era piú grande del faccino di Lula, che soddisfatto si leccó tutti gli sbafi arrivati anche sul mento, dove Glam passó una carezza dolcissima.
Erano nella caffetteria del paese, dove c’era una nuova proprietaria, ma ai tavoli la solita Birgitte, la giovane che si era presa una cotta per Kevin, ormai sposata e con due splendide gemelle, che giocavano sul tappeto davanti alle grandi vetrate affacciate sul piazzale, con il parcheggio e le panchine in legno ed ardesia.
“Ne vuoi un’altra piccolo?”
Lui annuí, per poi sorridere – “Grazie papá.”
Quel suo affetto era totale, riempiva il cuore triste di Geffen, che aveva annullato i contatti sia con Jared che con Kevin.
Solo qualche messaggio, per tranquillizzarli.
Birgitte si avvicinó, con la seconda razione golosa, completa di panna.
“Vi fermerete molto?”
“Non lo so… penso che questo clima faccia bene a questa peste, giusto Lula?”
“Sí! E poi devo vedere le… le mu… le mucche!”
La ragazza rise – “Kevin…?”
“Kevin è in concerto.” – disse Glam mestamente.
“Veramente sta scendendo da un taxi…” – disse lei, indicando l’esterno del locale.
“Cosa…?” – anche lui si voltó stupito.
“Kevin!!” – esultó Lula, andandogli incontro di corsa.
Lui lo prese in braccio, ridendo – “Non devi correre tesoro, che se cadi poi ti sbucci, ok?”
“Okkeiii!!” – esclamó agganciandosi al suo collo.
“Ciao Glam, Birgitte… hai visto che bel cucciolo che abbiamo adottato?”
“Sí lo dicevo giusto ora con il signor Geffen… io ho avuto quelle principesse…”
“Stupende… come state?”
Geffen era come in uno stato catatonico, con un sorriso stampato in faccia.
“Bene e tu Kevin?” – disse lei arrossendo.
“Ho una pausa dal tour e… ne ho approfittato.” – si piegó dando un bacio sulla guancia a Glam – “Buongiorno daddy.” - “Ciao amore… non…non ti aspettavo…” – disse imbarazzato, ma felice.
“Per questo adoro le sorprese…se qui avete finito, io sarei un po’ distrutto dal viaggio.”
“Certo… sí, vado a pagare ed andiamo subito allo chalet.”
“Ok daddy…allora Lula, dimmi cosa hai visto di bello.”

Le mani di Owen scorrevano sulle spalle di Shannon, poi giú lungo le braccia, senza mai staccarsi da un bacio, che sembrava senza fine.
Erano inginocchiati sul tappeto davanti al caminetto della camera da letto a Los Feliz.
Si stavano annullando, respirandosi e nutrendosi del reciproco dolore per avere complicato qualcosa che all’inizio era un legame arido, ma che poi si era trasformato in una storia d’amore sconvolgente.
“Co… cosa ci è successo Shan?”
“Non lo so… non dire niente adesso Owen… non…” – ansimava, spogliandolo – “Voglio solo averti e… e sentirti dentro…”

Kevin dormí per il resto del pomeriggio, mentre Glam e Lula cucinavano per la cena.
“Cosa mi avete preparato di buono?”
“Ciao tesoro… Lula vuole farti assaggiare le sue mitiche frittelle di mais.” – disse Geffen sorridendo, mentre Lula passava il vassoio tutto entusiasta.
Kevin ne assaggió una, mentre Glam gli faceva strani gesti, per fargli capire che erano – “…mmm una favola! Buonissime piccolo…” – erano orrende, ma il bassista dei Red Close stette al gioco.
Una volta tornato in camera per farsi una doccia veloce, Geffen lo seguí, chiudendo a chiave la porta della cucina e lasciando Lula nel salone a giocare con un computer giocattolo.
“Posso aiutarti Kevin…?” – domandó timidamente.
Lui si voltó, abbassando poi lo sguardo.
“Devo parlarti Glam…”
“”Sí… sí certo… ti ascolto…” – replicó smarrito.
Kevin lo osservó, notando questa perdita di sicurezza, come se fosse lui l’anello debole di quel gioco a massacro, adesso.
In compenso Kevin non si sentiva un carnefice.
“Jared è angosciato, non sta affatto bene e, se fino a questo momento ha fatto solo dei casini, ora potrebbe anche peggiorare le cose, magari anche con Syria…”
“Sei… sei venuto fino a qui per parlarmi di Jared…?!”
“Per me non è cambiato niente da Varsavia, la mia posizione è quella. Ti ho raggiunto anche per nostro figlio. Voglio firmare le carte per l’adozione, anche per tutelarlo. Oltre a quel risarcimento milionario, Antonio mi ha nominato erede dei suoi beni, con Jared. Per cui dispongo di un’ingente quantitá di denaro, a cui Lula avrebbe diritto, senza contare il resto.” – disse con fermezza.
“Ok… ho tutto con me, era necessario per registrare Lula sul mio passaporto… Sai Kevin… sembra che stiamo parlando di lavoro, dove io sono il tuo avvocato e tu un cliente… uno che… aveva delle richieste ben precise, fredde e sterili…”
L’altro si passó le mani tra i capelli – “Perdonami per la delusione che ti ho dato, ma questa corazza mi serve per andare avanti Glam.”
“Stiamo parlando di nostro figlio, di una cosa meravigliosa e non delle quotazioni in borsa o di chissá quale altre cazzata!!” – esplose, caricando la propria voce di rammarico.
“Vado a lavarmi… ci vediamo a tavola.” – disse con molta calma, sparendo dietro alla porta scorrevole, attraverso la quale si accedeva al bagno, lasciando Glam attonito e confuso.


KEVIN


GLAM


SPECIAL GUEST STAR - MEL GIBSON is MEL BROWN

venerdì 25 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 84

Capitolo n. 84 – gold



Il concerto dei Red Close superó le aspettative dei suoi componenti, soprattutto del leader, che pensava di non farcela ad affrontare il palco quella sera.
Kevin si concentró su ogni pezzo, dando il meglio di sé, mentre Chris eseguí intensamente i brani piú romantici.
Volle fissarsi nella mente solo l’immagine di Tomo, che gli accarezzava l’addome, mentre si muoveva dentro di lui: era stato un gesto amorevole e dolce, come solo quell’uomo riusciva ad essere.
Asciugó una lacrima, piegando il capo, quasi a nascondersi dietro al microfono, per poi sparire dietro alle quinte, dopo l’ultimo bis.
Si diresse veloce verso il camerino, voleva solo farsi una doccia ed andarsene a dormire.
Kevin e gli altri si fermarono a firmare autografi, scusando il cantante, che era a loro dire influenzato.
Aprí la porta e la richiuse a chiave, appoggiandovi la schiena indolenzita, respirando forte, strizzando le palpebre, quasi a rifiutare ció che viveva intorno a lui.
“Ciao Chris…”
Spalancó le iridi, arrossate, ma pur sempre meravigliosamente luminose.
“Tomo…?!”
Gli corse tra le braccia, non gli permise di dire qualcosa, voleva solo baciarlo ed era la stessa intenzione del chitarrista croato.
Sembró un fascio di nervi, che si liberava da una morsa soffocante.
Gli sembró di volare, abbandonandosi sul cuore di Tomo, che lo accarezzava teneramente sul viso, baciandolo nel collo, sul petto glabro e strutturato.
“Ti amo… Chris… io ti amo.”

Geffen guardó il cartellone delle partenze.
Prese il passaporto e si diresse alla biglietteria, facendo anche un paio di telefonate.
Mandó un sms a Jared, che lo richiamó subito.
“Glam… come stai?”
“Ciao Jared, sto bene, non preoccuparti.”
“E… e Kevin?”
“Credo stia suonando… Come sta Syria?”
“Syria…lei e la bambina sono… la chiameremo Isotta…”
“Adorabile… sí adorabile.”
“Glam cos’hai?” – domandó con la voce tremante, rannicchiato sul divano del suo alloggio a Port au Prince.
“Ci aggiorniamo, ora riparto.”
“A che ora arrivi… vengo a prenderti Glam…”
“Non… non rientro ancora, scusami. Ti richiamo appena possibile, ciao Jared, ti abbraccio.”
Riattaccó, mentre all’altro capo Jared continuava a ripetere il suo nome, come una eco che si perdeva nel vuoto della stanza.

Owen stava parlando con dei soci spagnoli, via web cam. Era rigido, professionale, quasi apatico.
Shannon lo guardó a lungo, dalla vetrata, prima di entrare nel suo studio.
Gli fece un cenno con la mano, al quale Rice rispose con un’occhiata algida e distante.
Salutó gli amici di oltre oceano e chiuse il portatile.
“Buongiorno Shan, bentornato.” – disse serio, distaccato.
“Ciao Owen… scusami per ieri sera, ho dormito con Josh e poi… poi l’ho portato alla End House.”
“Come mai?” - chiese senza interesse.
“Ecco vedi… Tomo è partito, per… per un breve viaggio.”
“Ah capisco, è andato da Chris a Varsavia?” – lo fissó a quel punto.
“Credo di sí. Ascoltami io volevo spiegarti cosa è successo e…” – “Non è necessario. Non mi riguarda piú. Ora ho da fare, la mia segretaria ha messo le tue cose nel nostro magazzino al piano terreno, puoi prenderle quando credi.”
“Owen… ma…”
“Ciao Shannon, ti auguro ogni bene, ma… adesso sparisci. Grazie.” – replicó senza alterarsi minimamente.
Shannon si rialzó dalla poltroncina, stringendo i pugni.
La sua gola era asciutta, i suoi occhi lucidi e pungenti.
Owen aveva giá riaperto il portatile, concentrandosi sulla lettura della posta elettronica.
L’altro decise di andarsene, scendendo in quell’enorme camera piena di pacchi, pronti per le consegne ed in un angolo il suo trolley ed uno scatolone sigillato.

Trascorsero due giorni, durante i quali ad Haiti accadde qualcosa di strano.
Lula era sparito.
“Dov’è il bambino?”
Jared era agitato, non aveva notizie da Glam e si rivolse al dottor Rodriguez, che lo rassicuró – “Lula è partito, insieme a due dei nostri assistenti. Glam ci ha dato istruzioni precise.”
“Ma… ma dove lo hanno portato?”
Sebastian sospiró – “Glam mi ha chiesto di non dirtelo, perché lo fará lui… puoi chiamarlo, se vuoi…”
“Ok, lo faró subito.” – ed uscí innervosito da quella situazione.
Interpelló prima Kevin, voleva un chiarimento da lui.
“Non volevo disturbarti, ma Glam non è tornato, ora Lula è stato portato da lui, cosa diavolo sta succedendo cazzo?!?”
Kevin rimase interdetto – “Non ne ho idea, te lo assicuro Jared… Io gli ho detto di uscire dalla mia vita… per adesso…”
“Co… cosa?!” – balbettó, trattenendo un’altra imprecazione.
“Ne ho tutte le ragioni!” – esclamó Kevin con rabbia.
“Va… va bene…Stammi a sentire io sto impazzendo…ora proveró a contattarlo…”
“Lui vuole… vuole stare con suo figlio…” – sembró una riflessione triste e malinconica.
“Ci ha…ci ha abbandonati, vero Kevin…?” – Jared stava singhiozzando, era in piena crisi.
“Calmati… no, non è possibile, daddy non lo farebbe mai… Senti, ho… ho avuto un’idea… Mi faccio risentire Jared, ora… ora devo andare.”

Lula non era abituato alle scarpe e quelle erano pesanti, primaverili, chiuse e strane alla sua vista.
Lo aiutarono a scendere dal taxi, i volontari della fondazione erano simpatici, una coppia giovane ed affiatata.
La grande blindata in quercia e vetri molati si schiuse, come il sorriso del bimbo, che corse lungo il vialetto, delineato da primule e viole – “Papá!!!”
Geffen rise, accovacciandosi, per abbracciarlo – “Ciao amore mio, bene arrivato…”
Lo strinse forte, mentre lui si guardava intorno, stupito e gioioso – “È questa la nostra casa?!”
“Una delle tante… Lo sai che la prenderemo ad Haiti, te l’ho promesso…Grazie Sara, ciao Billy, vi fermate per pranzo o andate subito in albergo?”
“Ci ritiriamo in buon ordine e domani ripartiamo signor Geffen…”
“Ok, se vi serve qualcosa chiamatemi… Dai Lula, andiamo a mangiare, sarai affamato.”
“Sí papá… ho visto delle cose a quattro zampe… enormi!” – e fece un saltello dei suoi, irresistibile.
“Si chiamano mucche ahahahah… dopo andiamo a fare una passeggiata, ok?”
“Ok daddy… ti voglio un mondo di bene.”



giovedì 24 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 83

Capitolo n. 83 – gold



Kevin entró trafelato nella suite di Chris, vedendo Glam inginocchiato sul letto, impegnato a rianimare il cantante dei Red Close.
“Daddy cosa è successo?!”
“Tesoro prendi dell’acqua fredda ed un accappatoio, riempi la vasca, penso che abbia fumato e bevuto… e non solo... cazzo!” – esclamó quasi spaventato dalla situazione.
Chris riprese i sensi a fatica, in un leggero stato confusionale.
“Do… dove sono… Kevin…?”
“Sono qui… c’è anche Glam, ora non agitarti Chris… cosa ti hanno fatto?”
“Come…?”
“Chris ora stai calmo, vuoi che chiamiamo un medico?”
“No… no, posso… posso lavarmi?”
“Sicuro, ce la fai ad alzarti?”
“No… no Glam… mi puoi aiutarmi?”
“Certo, siamo qui apposta.” – abbozzó un sorriso, guardando smarrito Kevin, che sollevó l’amico, per poi immergerlo nell’acqua calda e profumata.
“Stai seduto, ti tengo io…”
“Grazie Kevin… c’è del caffè?”
“Provvedo io…” – “Ti aspettiamo qui daddy…”

Geffen diede cento euro alla cameriera, chiedendole la cortesia di cambiare le lenzuola e fare portare una ricca colazione.
La signora fu veloce e fidata.
Quando Kevin e Chris uscirono dal bagno, tutto era stato sistemato.
Mangiarono tutti in silenzio, guardando i segni sul collo e sul petto, lasciati da quei due che Kevin definí maiali, una volta che Chris raccontó loro tutta la veritá.
“Non hanno abusato di me…li ho fatti salire io…”
“Ti hanno lasciato diecimila dollari, che ho nascosto nel comodino…” – intervenne pacato Glam.
“Io non mi prostituisco… io non so perché lo abbiano fatto…” – protestó debolmente, asciugandosi due lacrime, che rigarono il suo viso bellissimo.
“Non ho detto questo Chris… In ogni caso si sono approfittati di te, eri ubriaco, puoi denunciarli.”
“Ogni tanto dimentico che sei un brillante avvocato…” – sorrise mesto, mentre Kevin prendeva un altro biscotto al cioccolato.
Anche lui subiva il dopo sbornia, ma la sua notte fu carica di amore e sesso pulito, con il suo uomo, con cui doveva ancora chiarirsi.

Jared scorreva i nomi sul libro che Pamela aveva nella sua libreria personale.
Syria era appoggiata a lui, la testa china, serena ed attenta alle parole del padre della loro bambina.
“Hai qualche idea?”
“No Jared… sceglilo tu, sei il padre e poi è una femmina, mi pare sia una giusta simmetria…” – rise, mentre lui le accarezzó il pancino, sorridendo.
“Guarda a me piaceva … Isotta… cosa ne pensi Syria?”
“Carino… sí… mi piace, sa di qualcosa di piccolo, tenero, da proteggere…”
“Mi è sempre piaciuto il titolo, Tristano e Isotta, anche se è una storia triste… ma d’amore…”
“Hai ragione Jared, ma se fosse stato un maschietto?”
“Avresti scelto tu il nome a questo punto…”
“Mmm sarei stata molto indecisa… Magari… Colin… ti avrebbe fatto piacere?”
Jared era compiaciuto per la sensibilitá della ragazza – “Sí molto… ed anche a lui, ne sarebbe stato orgoglioso… Ti vorrá bene, ti rispetterá, Colin è un uomo dal cuore grande…”
“Come Glam?”
“Glam è un uomo dalla generositá sconfinata… Sono persone speciali ed io spesso li ho delusi…”
“Un giorno ritroverete la pace, l’armonia… magari succederá cullando la piccola Isotta.”
“Magari… sí tesoro, grazie, per tutto Syria.” – e le diede un bacio tra i capelli.

“Stasera abbiamo un altro concerto Kevin… cazzo sono a pezzi…”
“Hai tutto il pomeriggio per dormire, qui ci sono delle vitamine e se non te la senti basta dirlo.”
“Non voglio mancare… ho solo il lavoro ormai.”
“Hai avuto cattive notizie da Los Angeles?”
“Pessime direi… o forse no, era l’unica soluzione per Josh… mi riferisco alla riconciliazione tra i due genitori…”
“Hanno fatto pace?”
“Direi proprio di sí Kevin… ora vado a riposarmi… tu stai un po’ con Glam, è davvero una persona straordinaria…”
“Sí, lui dá sempre il massimo… Ho, peró, un peso sullo stomaco, devo assolutamente liberarmene… a piú tardi, se ti serve qualcosa chiamami subito.”
“Ok Kevin, ti ringrazio.”

Geffen era rimasto su di una panchina, nel parco antistante l’albergo.
Il sole era pallido, era una stagione fredda, c’era qualcosa di triste nell’aria, come gli occhi di Kevin, che stava arrivando, le mani in tasca, il passo veloce.
“Ciao tesoro, come sta Chris?”
“Si sta riprendendo… facciamo un giro Glam? Devo dirti delle cose…”
Geffen annuí, sentendo un nodo in gola.
Si fermarono davanti alla staccionata che delineava il periplo di un laghetto, dove tre cigni si muovevano con eleganza, muti e solitari spettatori del loro dialogo.
“Ti ascolto amore…”
Kevin sorrise, sgranando lo sguardo su Glam – “Amore… come lo dici, come se ci credessi davvero daddy… é… è commovente…” – mormoró con gelido distacco, per poi cedere alle emozioni, arrossendo.
“C’è stato un attimo, il primo di tutti gli altri Glam, in cui io ho concentrato le mie aspettative, i miei sogni, penso lo facciano le persone innamorate ed io ho spiccato il mio volo, verso di te, che sei l’unica persona su questo pianeta che io abbia mai davvero amato…” – respiró forte, prendendogli poi le mani, fissandolo – “Ora non è cambiato niente, nulla e nessuno potrebbe scalfire ció che provo daddy… ma io ho bisogno di serenitá, di potere svolgere il mio lavoro, anche se a vedermi ieri sera, facevo abbastanza schifo, ma non accadrá piú, te lo giuro.”
“Hai tutto il diritto di stare bene Kevin, di fare il musicista, di …”
“Di essere felice Glam? Di averti? È solo un grande egoismo, anzi, una pura utopia, soprattutto quando si ama e si desidera un uomo che ha il cuore frammentato in mille rivoli… Alla fine c’è sicuramente il mare… ora mi trovo nuovamente davanti a questo spettacolo, che trabocca dai tuoi occhi Glam, i piedi sulla sabbia calda, come le tue braccia stanotte, ma io… io vorrei lasciarmelo alle spalle, girarmi ed andare via, per un po’ di tempo… Per non affogare…”
Geffen sfioró la sua fronte, fino al suo mento – “Ho combattuto tante battaglie sai…? Ho vinto spesso… ma ora la guerra è perduta… Non ho alcuna ragione da farmi Kevin, ho torto marcio su ogni fronte…ma resti tu, la famiglia che voglio vivere… sei tu…Dio mio, cosa devo fare per…”
“Non devi fare niente daddy… io non ti sto lasciando, perché non stiamo piú insieme da quando Jared è tornato ad un passo da te… Non c’è posto per due, non esiste. Quello che è successo nel mezzo è stato un insulso pasticcio del cuore…Io stavo con te, ma tu eri altrove, io rispettavo il nostro rapporto, la nostra famiglia, ma tu amavi un altro, non posso fartene una colpa, è un sentimento che neppure tu sai gestire, ma non puoi pretendere che io resti in sospeso, che io mi illuda di essere il tuo compagno, quando invece entri ed esci dal letto di Jared…
Sono stato presuntuoso a volere credere di potere assecondare un compromesso, che mi sta distruggendo.
Mi mancherai, probabilmente ti cercheró presto, forse ti supplicheró o forse resisteró. Di sicuro verró ad Haiti alla fine di questa avventura, a novembre, compreró una casa, se tu sarai sull’isola e se ti sposterai in Alaska, io mi trasferiró… io non posso vivere senza di te Glam, ma adesso io voglio sopravvivere, nel migliore modo possibile. Perdonami.”




GOLD - Capitolo n. 82

Capitolo n. 82 – gold



Il secchiello in argento mandava luminescenze gradevoli sul viso di Kevin, steso sul letto della camera di Geffen.
Il bassista dei Red Close stava immobile, in una sorta di dormiveglia, causato da tutto l’alcol ingurgitato
Glam slacció un paio di bottoni della casacca del giovane, dopo avere pescato un cubetto di ghiaccio, spostando la bottiglia di champagne, ancora sigillata;
inizió a passarlo sui capezzoli di Kevin, che schiudendo le labbra, cercó un po’ di ossigeno, inarcando lievemente la schiena.
“Daddy…”
Geffen sorrise.
“Daddy cosa stai…?” – “Cosa sto facendo?”
Finí di spogliarlo, completamente.
“Sto cercando il tuo perdono Kevin…” – glielo sussurró nel collo, dove posó i primi baci, di una lunga sequenza, con i quali inondó il suo petto, i suoi addominali sempre piú scolpiti, soffermandosi nel suo ombelico – “Sei… adorabile… sei il mio cucciolo d’uomo…” – sembrava come un vento, tra le sue parole, le carezze, Kevin sí sentí pervadere, poi avvolgere, dapprima da lontano, poi sempre piú intimamente.
“Glam… Glam non voglio…”
Lui si sistemó al suo fianco, stringendolo sul cuore, ma poi lo riportó sotto di lui – “Dimmi ció che vuoi allora…” – gli disse piano.
“Io voglio… io ti voglio… tutto per me…” – gli cinse la vita, aggrappandosi a lui, iniziando a piangere.
“Siamo una famiglia Kevin… tu ed io… e voglio che sia cosí per sempre…!” – entró in lui, con quella volontá e con il suo sesso, senza fargli male, le membra di Kevin completamente rilassate, ma dopo un istante vivide e pulsanti, come i suoi respiri, calde, come il suo sudore e la saliva, che la sua lingua lasciava come arabeschi sulla pelle di Glam.

I Ritter erano cugini alla lontana, amanti da una vita.
Kurt e Klaus, proprietari della casa discografica K&K, poca fantasia, ma un giro di affari impressionante.
Un’etá tra i quarantacinque ed i cinquanta anni, oscura al gossip, che li tacciava di vanitá ed indiscussa bellezza.
Facevano la corte da tempo al gruppo di Chris, promuovendo il tour europeo, ma puntando a fargli firmare un contratto di esclusiva mondiale.
Erano arrivati nel locale in cui Geffen aveva prelevato Kevin, insieme ad alcune ragazze, che pensavano potessero interessare al leader della band.
Nel corso di poche ore si erano resi conto che i loro sospetti erano fondati.
A Chris non interessavano quelle bellezze, piuttosto la tequila lo aveva sciolto, rendendolo malleabile al loro corteggiamento serrato.
Le parole di Tomo rimbombavano nel suo stomaco, dolorose, lasciando il sapore amaro dell’ennesima sconfitta.
Li portó nella sua suite, ondeggiando da una parete all’altra del corridoio.
Loro se lo mangiavano con gli occhi torbidi, ancora prima di farlo realmente, avvinghiati sul materasso ed impegnati in un amplesso a tre senza freni.
Fumarono dell’erba, buttando sul comodino diecimila dollari in contanti – “Li vali sino all’ultimo centesimo piccolo…” – ansimó Kurt, sodomizzandolo, mentre il sesso dell’altro invadeva la bocca di Chris, a cui non importava niente di quanto potessero diventare brutali o appassionati, avrebbe anche rischiato la vita: ad essa il ragazzo non dava piú alcun peso.
Era come un palazzo bombardato e tutte quelle macerie soffocavano il suo buon senso.
Li sentiva dappertutto, come una malattia, un morbo deturpante.
Gli vennero dentro piú volte, senza mai provocargli un vero orgasmo.
Chris aveva staccato la spina, lui era solo un fantoccio, una bambola di gomma, da usare, maltrattare e gettare.

Shannon portó Josh a scuola.
Mandó un laconico sms ad Owen, dicendo che si sarebbero visti a cena.
Tomo era nel suo studio, costruiva un cubo in vetro, gli piaceva quella scultura, ma il progetto della sua giornata era un altro.
“Tesoro sei di sopra?”
“Sí Shan… Sali, devo parlarti.”
Lui arrivó da lui sorridente, ma per poco.
“Tomo vuoi qualcosa da bere?” – domandó smarrito, davanti al suo sguardo severo.
“No. Voglio solo una cosa adesso.”
“Cosa…?”
“Voglio che te ne vada, torna da Owen. La notte scorsa abbiamo commesso l’ennesimo sbaglio.”
“Tomo ascoltami…”
“No. Ascoltami tu. Voglio rispettare i tuoi sentimenti per Rice, voglio fare questo ultimo sforzo. Cerca di fare lo stesso con i miei.”
“Stai… stai parlando di Chris?”
“Sto parlando di me. Chris è arrivato in un momento in cui ero libero e penso di esserlo ancora. Ti sei trasferito dal tuo nuovo compagno, dopo che ha fatto l’amante, dopo tutti i vostri porci comodo. Poi ti rifai vivo, pronto ad essere sincero con nostro figlio e fai esattamente il contrario: gli nascondi la veritá e continui a fare quello che ti passa per la testa e sotto alla cintura dei pantaloni!” – parlava senza mai abbassare le sue iridi di quarzo cupo.
“Posso dire qualcosa anch’io Tomo?!” – ribatté Shan disperato.
“Qualunque cosa tu possa dire, non cadró un’altra volta nel fango, lasciandomi ingannare da te.”
“Io… io ti amo Tomo…”
“Anch’io ti amo e lo sai benissimo, ma non ti è bastato quando ti facevi sbattere da quello stronzo.”
“Perché stiamo discutendo…? Io sono qui…io voglio stare con te…Tomo…”
“Porteró Josh alla End House, per un paio di giorni. Devo fare una cosa e devo farla subito.”
“È … è anche mio figlio …”
“Puoi stare con lui, ma qui, a casa sua, non portarlo da Rice. Se mi prometti di non fare stronzate, occupatene pure, sei suo padre, ne hai tutto il diritto.”
Shan si tormentó la faccia – “Non… non ne sono in grado…quando torni chiamami ed io saró con voi… nella nostra casa…”
“Come vuoi tu Shan. Come vuoi tu.”

Glam uscí dalla stanza per andare a recuperare un giornale e delle aspirine.
Vide uscire da quella di Chris due uomini sconosciuti, che parlavano in tedesco, ridacchiando, come soddisfatti di qualche cosa.
Capí poche parole, ma sufficienti a farlo bloccare davanti alla porta del cantante, rimasta aperta.
Entró osservando uno spettacolo poco piacevole: Chris era avvolto da lenzuola intrise di umori, un odore di marijuana e brandy nauseante.
Spalancó le finestre, chiedendo a Kevin, via cellulare, di raggiungerlo immediatamente.


TOMO

GOLD - Capitolo n. 81

Capitolo n. 81 – gold



Era solo un temporale di passaggio.
Josh non riusciva a dormire, per il leggero russare del suo mofo papi, quindi preferí defilarsi nella sua cameretta, insieme al suo canguro di peluche preferito.
Shan fu svegliato da un rumore, accorgendosi che ormai era notte ed erano rimasti soli.
“Tomo… ehi… dov’è Josh?”
“Mmm… cosa?” – bofonchió stirandosi, poi gli diede le spalle, per accendere il monitor di controllo – “È tornato nel suo lettino…Guardalo lí…” – sorrise.
Shan lo cinse da dietro, con delicatezza, come se avesse paura di spezzarlo, baciandolo piano nel collo.
Il respiro di Tomo si acuí di poco – “Per… per favore Shan… non farlo…” – sembró implorarlo, mentre le loro mani si erano giá intrecciate, le loro labbra si cercavano, per poi affondare l’uno nell’altro.
Shannon gli sfiló la maglietta dei Doors e lui quella dei Queen, che si erano regalati l’ultimo Natale felice.
I loro corpi fremevano, sotto la frenesia delle bocche che smaniavano per un possesso totale reciproco.
Gli short erano l’ultima barriera ai loro sessi, che iniziarono a masturbarsi, toccandosi il piú possibile – “Tomo… amore… ti voglio…” - e lo prese, invadendolo tra le gambe, che si saldarono ai fianchi di Shan, soccombendo a colpi sempre piú devastanti – “Ti… ti odio … io ti odio Shannon Leto…”

Il camerino di Colin era un vero casino, di abiti, stendini, foto e copioni.
Uno degli assistenti bussó, mentre Farrell era al trucco.
“Sí avanti… Sofia abbiamo finito?”
“Quasi fatto…ecco, a posto, tra cinque minuti si gira, pronto per il finale?”
“Direi di sí… oh che belli…” – disse rivolgendosi a Peter, che posó uno splendido vaso di magnolie bianche.
“C’è anche il biglietto… ehi Sonia, devi finire anche con Steve…” – “Arrivo, ciao Colin.”
Lui sbirció la bustina gialla, con il suo nome completo e solo le iniziali nel mittente.
Sorrise, aprendola, per poi leggere le poche righe –
§ Ogni volta che ti vedo soffrire, è come se accadesse anche ad una parte di me. Non ti chiedo scusa per l’affetto che sento, ma solo per abusarne un po’… raramente si capisce! Ti abbraccio, Jude. §
Provó l’impulso di mandargli un sms, ma poi preferí una telefonata.
“Piaciute? Non farle appassire!”
“Sí, sono splendide, ma io sono una frana… le affideró al signor Wong, se non ti offendi…Comunque grazie, specialmente per ció che hai scritto Jude.”
“È ció che sento… Ci sentiamo a fine settimana, vado a Las Vegas con Robert, per una promozione…”
“Non sbancare qualche casinó allora… Ti voglio bene, salutami Rob.”
“Lo faró, a presto.”
Downey leggeva il giornale allungato sul divano – “Il tuo pensiero floreale ha avuto successo amore?” – domandó sorridendo.
“Direi di sí…” – replicó soprappensiero.
“Cos’hai Jude?”
Lui scrolló le spalle – “Non so… Colin si sta disintossicando, ma vorrei lo facesse non solo dai farmaci, ma anche da Jared. Perdonami, io davvero non accetto il suo comportamento, ora poi che il compagno è in un momento cosí delicato della propria vita…”
Robert si mise seduto, sfilando gli occhialini da lettura, passandosi le mani tra i capelli corvini – “Chi siamo noi per giudicare Jared?... Guarda che anch’io non approvo il suo modo di amare o di non amare Colin, ma loro sono legati da un unico destino, da emozioni che tu dovresti conoscere perfettamente, cosí come le conosco io Jude.”
“Mi… mi stai rimproverando Robert?”
“Assolutamente no.” – replicó dolcemente – “Vieni qui Jude…”
Lui lo raggiunse, inginocchiandosi ed appoggiando i gomiti sulle ginocchia di Robert, per poi spingerlo ad appoggiarsi di nuovo allo schienale, baciandolo.
Gli slacció i pantaloni eleganti e la camicia firmata, scivolando al suo inguine, poi risalendo al suo membro intrappolato nei boxer, liberandolo, per prenderlo in ostaggio nella sua gola capace ed assetata di lui.

I Red Close stavano facendo l’alba in un locale di Varsavia, dopo un concerto di grande successo.
Erano tutti sú di giri e molto brilli.
Kevin ultimamente beveva smodatamente ad ogni occasione propizia, il che preoccupava Chris, soprattutto dopo la crisi di poche ore prima.
Il bassista si era rilassato, parlando un po’ con il cantante della band, raccogliendo anche le sue confidenze sull’incontro con Tomo.
“Ti stai innamorando di lui…?”
“Non lo so Kevin… è stato bello stare con Tomo… Vorrei andare avanti, magari provare ad avere una relazione con lui…sono confuso, ma sto meglio.”
“Ne sono felice Chris, davvero.”
Su quel puf gigantesco erano salite anche due ragazze, piuttosto discinte, che lo stavano perquisendo, invadenti e lascive.
Kevin avrebbe potuto farsele anche lí, ma ebbe un sussulto nervoso, quasi brutale.
Le spostó, insultandole.
Geffen li stava guardando da qualche minuto.
Era sfinito per il viaggio, aveva fatto una doccia veloce, nello stesso albergo dei ragazzi.
Il denaro e le sue conoscenze gli avevano permesso di trovarli subito.
Si avvicinó, facendo appena in tempo a sostenere Kevin, che, barcollante, continuava ad investire i presenti di improperi e gestacci espliciti.
“Ehi!! Calmati amore, vieni via…!”
Lui cercó di divincolarsi, poi si rese conto che era Glam – “Daddy…?! Ma…”
“Amore vieni via di qui… ti prego…”
Quasi gli svenne tra le braccia, mentre Chris li osservava, tramortito dal volume altissimo di quel disco bar affollato.

Tomo compose il numero, accovacciato in un angolo del terrazzo, un nodo in gola soffocante.
“Sí pronto…”
“Ciao Chris, ti disturbo…?”
“Tomo… ciao, come stai?”
“Chris volevo solo dirti… ecco…”
“Hai litigato di nuovo con Shan?” – chiese con apprensione.
“No… no, è tornato a casa, riportando Josh dalla sua vacanza… abbiamo… abbiamo dormito insieme, con il piccolo…”
“Sono… sono contento per te…”
“Chris ascoltami…”
“Fallo per il bene del bimbo Tomo, fallo per lui ora, forse é… forse è la cosa piú giusta… Perdonalo.”
Seguí un breve silenzio, che si coloró dolorosamente del pianto di Chris – “Mi mancherai Tomo…ciao…”



CHRIS

mercoledì 23 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 80

Capitolo n. 80 – gold




Josh era talmente entusiasta della sua vacanza al campeggio, che non rimase zitto nemmeno un secondo.
Raccontó un mare di avventure, facendo ridere a piú riprese sia Simon che Shannon, che a stento trattenne le lacrime, nel vederlo tanto felice.
Tomo era affacciato al balcone e li salutó con la mano, correndo verso di loro ed abbracciando il bambino, salutando con un mezzo sorriso anche l’ex – “Bene arrivati, avete giá mangiato?”
“Solo un panino mofo papi!”
“Allora ho fatto bene a prendere le pizze.”
“Sí hai fatto benissimo Tomo…Josh deve farti la telecronaca dei fantasmi del lago, delle ronde di mezzanotte e poi… cos’altro tesoro?”
“Mmmm il guardiano della torre papá!”
“Sí… quello, appunto.”
Mangiarono in allegria, anche se le occhiate tra Tomo e Shan erano profondamente sconfortate.
Josh stava sbadigliando, era distrutto.
“Lo sapete che quasi tutti i miei amici hanno i genitori divorziati? Io e Yari invece abbiamo due papá super!” – esclamó all’improvviso.
“Ora ti metto a nanna… cosa ne pensi Josh?”
“Sí… ho tanto sonno papá…”
“Shan ascolta, noi non dovremmo…?”
“Tomo adesso nostro figlio deve riposarsi. Poi… poi parliamo un po’ tu ed io…”

Kevin si fece trovare davanti alla web cam all’ora stabilita dal messaggio di Geffen.
Gli altri erano chiassosamente impegnati a festeggiare ancora per qualche ora il compleanno di Glam; dopo, avrebbe accompagnato Jared e Syria dalla Roy, per l’ecografia mensile.
“Ciao Kevin, grazie per essere qui…”
Lui inspiró, abbozzando un sorriso – “Auguri daddy… non ti ho preso regali…”
“È un dono splendido vederti, anche se sei dall’altra parte del mondo.”
Kevin abbassó lo sguardo – “Per… per come mi sento vorrei essere dall’altra parte dell’universo, ma non è cosí semplice.”
“Me ne rendo conto Kevin. Per quanto possa valere, mi dispiace per come ci siamo salutati a Los Angeles.”
Il bassista dei Red Close a quel punto lo fissó, lacerando la sua anima, nell’aprirsi a Geffen – “Sei semplicemente tornato a ció per cui stai vivendo… dalle persone che ami. Ci sono delle prioritá ed io non ne faccio piú parte. Tutto qui.”
“Kevin… ti sbagli… Dio solo sa quanto.” – replicó Glam deciso.
“Sei un uomo cosí buono, che non basterebbero le parole di un dizionario per elencare tutte le tue doti Glam… Il mio non è sarcasmo… sono soltanto alienato e stanco…”
“Dovevo dirti una cosa… una cosa che…”
“Quale cosa Glam?”
“Forse l’ennesima che ti fará arrabbiare.”
“Ti ascolto…” – disse aggrottando la fronte.
“Ho… ho adottato Lula, ufficialmente intendo. Per ora da solo, visto che...”
“Fantastico. Glam vedi… ho tanta rabbia qui dentro… e potrei dire solo inutili cattiverie. Abbi cura di te, ora devo andare. Ciao.” – e spense.
“Kevin…”
Geffen prese subito il cellulare per chiamarlo.
In quella stanza di albergo, a Varsavia, Kevin urló cosí forte, cadendo dalla sedia, accartocciandosi sul pavimento.
Chris corse, sentendo quei singulti, facendosi aprire da una cameriera al piano.
“Kevin! Dio Kevin cos’hai?!” – lo tiró sú, provando a calmarlo.
Lui non riusciva neppure a respirare, era troppo sconvolto.
Il suo cellulare suonava.
Chris lo prese, leggendo il nome di Geffen.
“È Glam… cosa devo fare…? Kevin dimmelo…”
Lui tremava, steso sul letto, faticava a parlare – “Digli… digli che deve sparire…dalla… dalla mia vita…!” – non fece neppure in tempo a finire la frase, che scivoló sulla moquette, vomitando quel poco che aveva mangiato.
Chris spense il telefono, portando via da lí Kevin, direttamente nella sua suite.

Tomo e Shannon salirono al solarium, oltre alla mansarda.
Soffiava un vento tiepido, era una bella giornata.
“Shan devo parlarti di Chris…”
Lui gli dava le spalle, appoggiato alla balaustra.
Si accese una sigaretta.
“Non importa Tomo.”
“Girati per favore, guardami in faccia… devo dirtelo!”
“Ok, eccomi qui. Avanti Tomo, dimmi che te lo sei scopato e facciamola finita!” – urló piano.
“Non è andata cosí.”
“Ci hai fatto l’amore?”
“Sí Shan… ho… ho provato a respingerlo, ma poi è successo…”
“Siamo scesi allo stesso livello, non penso sia fondamentale averlo fatto una o cento volte, ci siamo traditi, con l’unico dettaglio che tu eri un uomo libero quando lo hai fatto.”
“Sembra che non te ne importi Shan…”
“Affatto. Ma ora Josh viene prima di noi e delle cazzate che stiamo facendo!”
“Josh è in cima ai miei pensieri, credimi…”
“Per me è lo stesso… sai Tomo, tu sai ogni cosa di me, di un’infanzia negata, di un dovere crescere in fretta, io … io queste cose ho cercato di superarle da solo, ma poi arrivi tu… ed io… io ti ho amato per mille motivi, uno su tutti la tua tenerezza, nel porti, nell’ascoltarmi… mi hai fatto anche soffrire, non lo nego…Non mi sono mai arreso. Abbiamo adottato un bambino e quando si prendono certe decisioni si dovrebbe avere la certezza che solo la morte potrebbe spezzare un nucleo di persone come il nostro… dove… dove Josh dipende totalmente da noi.”
“Solo… la morte Shan?”
“Sí! Sto estremizzando per farti capire che sono stato un irresponsabile ad andarmene, ma forse siamo stati pazzi a credere che tutto potesse andare bene, che riuscissimo ad allevare un bimbo… siamo stati incoscienti o forse solo dei sognatori… Noi non siamo meglio delle coppie etero, non di certo siamo peggio, ma semplicemente uguali…”
“D’accordo, ma proprio perché siamo uguali, da persone intelligenti pensiamo a fare i buoni genitori, se insieme non funzioniamo piú.”
“Potevamo evitarlo questo disastro.”
“Io non rinnego Josh e quello che abbiamo deciso facendolo entrare nelle nostre vite!” – sibiló ostile.
Shan si mise le mani tra i capelli.
“Cazzo piove… di nuovo…questa primavera è uno strazio… rientriamo.”
“Ok… ma… ma cosa facciamo con Josh?”
“Andiamo da lui, sará spaventato dai tuoni, lo sai che…” – “Sí lo so Shan…” – lo abbracció.

Josh non era nel suo lettino.
“Aspetta, scommetti che… eccolo lí…” – Tomo sorrise, era giá nel loro lettone.
“Io sono a pezzi Shan… mi corico con lui.”
“Ok… io…” – “Papá anche tu!” – esclamó ridendo.
Shan si stese a quel punto, il cucciolo nel mezzo, le loro ali protettive a custodirlo, mentre la pioggia cadeva copiosa sulle palme del giardino, facendo un suono piacevole.

La ginecologa distribuí il gel ed accese l’ecografo.
“Ci siamo Syria… sono aperte le scommesse…” – disse lei sorridendo.
La ragazza strinse la mano sia di Glam che di Jared, ai lati del lettino.
Il battito di quel cuoricino fece sobbalzare di gioia e stupore sia lei che Jared.
Geffen era troppo preso dal pensiero di Kevin, ma cercava di essere partecipe, sapendo quanto Syria ci tenesse.
“Direi proprio che… è una bella bimba.”
“Oddio… una… bambina… Syria hai sentito?” – e le diede un bacio sulla guancia arrossata.
“Sí… una principessa…” – mormoró, rivolgendosi poi a Glam – “Sará l’amore piú grande…” – riuscí a dirle, a fatica.
“Sta bene vero dottoressa?” – domandó Jared.
“Sí, è tutto a posto… vuole un cognac signor papá?” – rise, facendo l’occhiolino in direzione di Geffen, che diede un bacio a Syria tra i capelli – “Perdonatemi ragazzi… io… io devo proprio andare.”
“Ci vediamo a casa Glam?”
Lui si fermó sulla porta – “Mi faccio sentire al piú presto…”
Jared annuí, con gli occhi lucidi.





GOLD - Capitolo n. 79

Capitolo n. 79 – gold



“È … è stato incredibile Glam…”
Jared era rimasto disteso, a pancia in giú, accarezzando la schiena di Geffen, rilassato nella stessa posizione – “Tu sei incredibile…” – lo bació sulla spalla destra – “Vieni piccolo… facciamo una doccia.”
Lo lavó con molta attenzione, riportandolo poi sul letto, dove aprí una cassetta del pronto soccorso.
“Cosa stai facendo…?” – domandó Jared sorridendo e restando seduto.
“Ssstt mi prendo cura di te…”
Indossó un paio di guanti sterili, poi disinfettó le escoriazioni all’altezza delle scapole, appose dei cerotti, poi un unguento sui lividi lasciati dai morsi di Colin.
Cambió poi il tubetto, un altro gel – “Allungati… stai tranquillo, ok?”
“Va bene… é… è fresco…” – strizzó le palpebre.
“Sicuro…?”
“Insomma…sei dolce Glam…”
Lui non disse nulla, scelse solo un paio di boxer nei cassetti del comodino, facendoglieli indossare con calma, poi una t-shirt a mezza manica.
Cambió le lenzuola – “Ecco, a posto… ora riposati amore…”
“Posso avere un bicchiere di latte?”
Geffen rise piano, andando verso il frigorifero.
“È di soia… al cioccolato.”
“Grazie… che buono…”
“Bevi piano che è freddo… Adesso dormi, io devo… devo guardare dei documenti.”
“Ah… ok… vieni presto?”
“Sono di lá, in salotto… spegni la luce, a fra poco.”
“D’accordo Glam.”

Dalle finestre arrivava una brezza fresca, insieme a tutti i suoni della notte di Haiti.
Una luna piena magnifica creava un riverbero particolare all’interno della stanza dove Geffen stava fissando dei fogli, rilegati in cartelline di cartoncino arancio.
“Ma sono documenti per un’adozione…”
Jared arrivó, notando quelle carte assai familiari, per via delle bimbe.
“Sí… erano… erano per Lula…”
Jared si piazzó all’altro lato dello scrittoio, davanti a lui, che aveva gli occhi pieni di lacrime.
“Glam… cosa succede?”
“Niente… il punto è proprio questo… io… io non posso prendermi questa responsabilitá…”
Jared gli prese le mani, stringendole forte – “Ma… ma Lula ti adora… e lo faresti cosí felice…”
“Sono troppo incasinato… e poi Kevin… mi sta odiando adesso…si è sfogato, su tutto… era cosí arrabbiato…”
Jared respiró profondamente, si sentiva altrettanto sconvolto.
“Glam… tu non puoi negare a Lula ed anche a te questa enorme gioia…”- liberó anche lui la tensione attraverso un pianto inarrestabile – “Tu sei… sei essenziale, anche con tutti i tuoi errori Glam… tu sei il mio migliore amico, il mio fratello maggiore, il compagno… tu sei anche il mio papá… lo so… ti sembrerá assurdo… ma sei fondamentale, abbiamo tutti bisogno di te, soprattutto Lula…”
“Jared… vieni qui…”
Si abbracciarono – “È colpa mia… Glam… solo mia… Kevin dovrebbe odiarmi…e non prendersela con te.”
Geffen sfioró i suoi zigomi – “Jared sono l’unico responsabile per come si sente Kevin…”
“Domani è il tuo compleanno… fatti il regalo piú bello… firma queste pratiche… Fallo Glam, vedrai che Kevin condividerá con te questo gesto d’amore.”

Simon guidava veloce verso il camping, al suo fianco Shannon, che sonnecchiava, dopo una notte trascorsa quasi in bianco, a parlare con Owen.
Nel suo animo erano rimasti impressi i suoi occhi tristi e le parole, che il nuovo compagno gli aveva detto, disperato.
“Sono quasi sicuro che non tornerai…”
“Owen… no, non dirlo nemmeno per scherzo…”
“A te non importerá se Tomo ci avrá fatto sesso, lo perdonerai, hai troppi sensi di colpa Shan… Poi vi ritroverete davanti vostro figlio e capirete che siete stati solo due incredibili stronzi… e vi amerete piú di prima…” – dicendolo si piegó, quasi in posizione fetale, come a raccogliersi nel proprio dolore.
Da qualche giorno lui e Shannon facevano l’amore con distacco, come un dovere, il che era paradossale all’inizio di una relazione, che aveva ben altre premesse.
Tutto era greve, i pensieri venivano soppesati, ragionati, era una tortura, quasi un matrimonio vetusto.
Era difficile cambiare registro, Shan non sarebbe mai dovuto arrivare in quello stato al confronto con Josh.
Era affranto e stanco.
Simon restava in silenzio, immaginando il suo disagio personale; non erano cosí in confidenza per parlarne, quindi preferí concentrarsi sul percorso, molto suggestivo tra i boschi di conifere, costellati da laghetti e case in legno e pietra.

Glam riuní tutti al centro, per condividere i suoi cinquantacinque anni con i bambini dell’orfanotrofio e la sua strana famiglia.
Pamela, le gemelle e Syria avevano preparato dolci per tutti.
Proiettarono il video assemblato con filmati girati ovunque, anche presi da You Tube sul profilo raccontato dalla cronaca di Los Angeles sul vecchio Geffen, avvocato di grido, su lui come padre, marito, le sue passioni materiali e poi la sua nuova vita.
Syria aveva trovato delle foto splendide di Jared e di Kevin, creando un simpatico intreccio tra loro e Glam, che apprezzó la delicatezza nel raccontare come fosse cambiato, diventando poi un vero benefattore, concludendo il tutto con un photo shop di centinaia di persone, di tutte le razze, i sessi, gli orientamenti sessuali e lui al centro, con una scritta simpatica e lampeggiante “daddy for ever and for alls”.
Il sottofondo musicale ovviamente dei Mars.
Jared ne fu molto onorato.
Lui aveva preparato invece una raccolta di scatti, dove tutti i protagonisti sorridevano.
Nell’ultima pagina, un posto vuoto:
“Qui ci mettiamo questa Glam…” – e gli passó un’istantanea di Lula – “Glielo dici adesso?”
“Ok… vieni cucciolo, devo farmi un dono speciale…”
“Davvero daddy?”
Andarono nell’ufficio di Geffen, con Jared, Pam, Syria e le gemelle.
Glam si mise sulla poltrona e Lula sopra la scrivania.
“Allora… dunque…” – sospiró commosso – “Lula da oggi puoi chiamarmi papá… Sei… sei contento?”
Lula era raggiante, fece un sorriso e voló al collo di Glam, che lo coccoló, mentre gli altri brindavano a quella fantastica novitá.
“Ascoltami… per qualche mese rimarrai qui, poi avremo una bella casa tu ed io, per Natale, te lo prometto.”
Pamela sembrava volergli dire qualcosa, ma Geffen le fece capire con un’occhiata gentile che ne avrebbero discusso dopo.
Era consapevole che lei e le figlie lo avrebbero accolto al meglio, ma non voleva che Lula si legasse troppo a quel contesto familiare, perché sperava di potergli dare una famiglia con Kevin.
Con Jared ci aveva riflettuto fino all’alba, prendendo poi una decisione definitiva.
Adorava quel bambino.
“Ora mi resta da fare una cosa...”
“Ok gente, torniamo di lá, vieni Lula, ne sará rimasta di torta Pam?”
“Sí Jared… andiamo.” – replicó lei, radiosa e comprensiva, ancora una volta.


CHRIS MELONI is GLAM GEFFEN

martedì 22 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 78

Capitolo n. 78 – gold




I loft segnalati a Farrell per l’acquisto ad un prezzo stracciato, erano gemelli, all’ultimo piano di un palazzo dalla struttura avveniristica.
Si affacciavano sull’oceano, in un punto piuttosto elevato della costa.
“Che panorama Jared… cosa ne pensi?” – disse osservando il mare agitato e luccicante.
“Incantevole… ma sto parlando di te…” – mormoró, stringendosi nelle spalle.
Farrell era affascinante, nel pieno della sua bellezza, nonostante il periodo difficile.
“Henry e Yari potrebbero essere felici qui… magari si sposeranno… ci daranno dei nipotini…” – sorrise, senza mai voltarsi.
“Tu… tu ci pensi mai a quando saremo vecchi Jay?”
“Raramente…” – rispose soffocato nella gola da un nodo di rimorsi, la vista annebbiata da un pianto imminente.
“Io ci penso… penso a noi… anche a loro, ma soprattutto a me ed a te amore… saremo ancora lá… su quelle torri altissime a vedere finalmente un nuovo mondo… o forse è giá qui, questo mondo, dove persone come noi possono crescere dei figli, amarsi, litigare e fare la pace, senza essere piú insultati od offesi… Ma sono troppo ottimista, vero? Jared…” – ora era girato, in preda a quell’ispirazione lucida, al passato ed al futuro, che si fondevano nella mente stanca di Colin, provata da quelle sostanze chimiche, ma che non era ancora cosí perduta, come aveva temuto il compagno.
“Jared vieni qui…” – gli tese le braccia.
Si strinsero forte.
“Quando sará tutto come prima, sará anche meglio di prima… non dimenticarlo Jay… ti amo.”

Le nuvole sembrarono inghiottire l’aereo in volo per Haiti.
Colin si fermó sulla superstrada, fissandolo finché non sparí nel sole, di quel giorno di aprile, incastonato in un anno che avrebbe voluto cancellare, ma che ormai andava vissuto sino alla fine.
Telefonó subito a Jude.
Voleva vederlo, dopo le riprese e la terapia.
“Me la concedi un’ora, dalle sei alle sette?” – chiese sereno.
“Dimmi dove buddy ed io ci saró.”

Owen visionó l’ultima scultura di Tomo.
Disse alla segretaria di emettere subito un assegno a saldo delle sue prestazioni, da allegare alla recessione dal contratto in via amichevole.
Avrebbe potuto fargli causa, ma sarebbe stato l’ennesimo motivo di litigio con Shannon e lui non voleva provocarlo ulteriormente.
Pensava di portarlo a fare un breve viaggio, ma al momento si prospettava l’ennesimo ostacolo.
Il giorno dopo Shan sarebbe andato a prendere Josh al campeggio, riportandolo da Tomo ed affrontando il discorso della loro separazione con il bimbo.
Le intenzioni dei genitori erano concrete, volevano che lui capisse, ma quell’appuntamento nascondeva troppe incognite.
Rice si sentiva ancora una volta in trappola.

Tomo intravide Colin e Jared al check in, ma li evitó spiegando a Chris la situazione di Farrell.
“Tranquillo… non voglio creare dei casini…”
“Io… io volevo dirti che ne parleró a Shan domani stesso…” – disse turbato.
Continuava ad accarezzare le braccia di Chris, che sorridente ricambiava con piccoli baci, nascosti in uno dei tanti anfratti di quel posto, brulicante di voci ed anime in corsa.
“E cosa gli dirai Tomo?” – gli domandó con tenerezza, la stessa che mise nello spostargli i capelli dietro alle orecchie piccole.
“Gli diró che abbiamo fatto l’amore… e che tu sei importante…”- dicendolo storse un minimo le labbra carnose.
Chris lo bació con maggiore passione, ricambiato da Tomo, che ormai non riusciva piú a controllare la propria eccitazione.
Il giovane cantante infiló la mano sinistra sotto all’elastico dei pantaloni di Tomo, che non indossava altro – “Ci… ci speravi…?” – gli ansimó nel collo, leccandoglielo – “Co… cosa…? Chris ti prego… O mio Dio… Togliamoci da qui…”
Si rinchiusero in un bagno, esaltati e rapiti dai loro stessi gemiti.
Chris si inginocchió, spogliandolo.
Tomo prese il sesso e glielo offrí – “Dimmi che lo vuoi Chris...” – chiese in preda ad una smania inconsueta.
“Lo… lo voglio tutto… completamente… scopami la bocca.” – le sue iridi erano tempestate da una voglia quasi morbosa di lui.
Lo accontentó, orchestrando il sesso orale migliore che gli fosse mai capitato.

Jared poco prima del volo invió un sms a Geffen.
§ Ciao Glam… puoi aspettarmi alla casetta? La stampa mi sta addosso… Grazie, ti abbraccio. JJ §
Quando lo lesse provó un minimo disagio.
Comprendeva e condivideva l’apprensione di Jared, del resto anche lui voleva evitare scatti odiosi alla vista di Kevin.
Quando scese dal taxi si precipitó, sorvolando gli scalini della veranda con un salto, trovando la porta spalancata.
Glam era seduto su di una poltrona, davanti alla grande finestra, che dava sul retro, nella parte piú verde di una boscaglia rigogliosa.
Jared chiuse a chiave, i suoi passi divennero leggeri.
“Ehi… ti fa male il ginocchio?” – la sua voce sfioró i sensi di Glam, che sorrise, per poi guardarlo, mentre si alzava, per andargli incontro.
“Ho… ho davvero bisogno di te Jared adesso…”
“Glam… sono qui…” – replicó, lasciando andare sul pavimento la sacca da viaggio semi vuota.
Voló su quel cuore, che gli era mancato da morire.
Sentí di nuovo il suo odore, il suo profumo, desiderava solo esserne travolto, addirittura sopraffatto.
Iniziarono a baciarsi, denudandosi con movimenti sicuri – “Stai… stai bene Jared?”
Erano giá sul letto, il sembiante di Jared completamente assorbito, inghiottito da quello di Geffen.
“Sto bene… sto bene…” – l’ossigeno sembrava esaurirsi intorno a loro.
La sua era una bugia, i postumi erano ancora vivi.
Glam sembrava saperlo.
Usó qualcosa per prepararlo, un prodotto che Jared non conosceva, capí subito che si trattava di qualcosa di diverso dal solito.
Probabilmente un farmaco, che gli permise di non sentire nulla, quando Glam lo penetró con un’unica spinta, tanto erano lubrificati entrambi.
“Amore… amore…” – Jared avvertiva una ramificazione del dolore e del piacere, invaderlo in modo crescente.
Glam lo sollevó, affinché le sue piccole ferite non si irritassero ulteriormente a causa dello sfregamento con il lenzuolo.
Era cosí premuroso, amabile, attento, era ovunque fuori e dentro di lui.
Si mise in ginocchio e Jared si aggrappó, mentre le mani di Glam strette intorno ai suoi fianchi esili, lo aiutavano a levarsi, per poi tornare pieno di lui ad aderire al suo corpo forte e rassicurante.
Jared si puntó con i talloni sul materasso, aprendosi ancora di piú, brandendo la testata del letto e facendo da solo.
Inarcó la schiena urlando – “Oddioo è … è bellissimo Glam…” – deglutí, continuando febbrile, la sua prostata era pervasa da contrazioni e stimoli, un orgasmo sublime.
Geffen si impadroní dei suoi capezzoli, poi di ogni centimetro dei pettorali di Jared, il cui sesso era pronto per le sue carezze.
Vennero insieme.
Fu straordinario.

“Hai cambiato dopobarba Jude…?”
Colin glielo domandó rannicchiato sul suo maglione di filo colore salmone, avvolto dall’abbraccio attento del suo amico inglese.
“È quello di Rob…”
“Usi tutto di lui…”
Law sospiró – “Direi che vivo tutto di lui…” – sorrise.
“Sorry Uk buddy…”
Risero, staccandosi e tornando a guardarsi, seduti sul tappeto della stanza segreta di Colin.
“Hai cambiato gli arredi?”
“Sí… pessimi ricordi, dopo l’ultima volta…”
“Vero, hai ragione Colin… aspetta che ti tolgo il cerotto della flebo…”
“Grazie Jude… mi sento sempre un po’ frastornato dopo…”
“Vorrai dire rinco!” – ridacchió.
“Fanculo Jude…” – mormoró Farrell guardandolo di sottecchi e sogghignando a propria volta.
“Ok… provvedo piú tardi, ma adesso devi dirmi come sono andate le cose con Jared… se ti va.”
“Sicuro che mi va… ho… ho fatto un errore…”
“Quale errore?”
“Gli ho fatto una brutta cosa…”
Jude aggrottó la fronte – “Brutta quanto Colin?”
“Orribile… abbiamo fatto sesso, quando è arrivato con Geffen… l’albergo davanti all’ospedale, non potevo aspettare… Io… io sono stato un animale… non capivo piú dov’ero, avevo dimenticato le pastiglie…” – stava facendo quella cronaca singhiozzando ormai.
“Mi dispiace Colin… non sapevi ció che stavi facendo…” – lo riprese a sé, consolandolo.
“Non devo dare la colpa ai farmaci…”
“Hai ragione. La responsabilitá è di chi ti ha spinto a prenderli… ed abusarne, non credi Colin?” – disse severo, ma calmo.
Farrell chinó il capo, poi si rialzó, per fissarlo.
“Non… non devi dire questo di Jared, per favore Jude…”
“Non ti ho mai mentito Colin, se vuoi che cominci ora, non hai che da chiedermelo.”
“Tu… tu non sai le cose che io per primo ho fatto subire al mio compagno.”
“Cose passate, estinte.”
“Sbagli Jude… certe cose segnano il tuo cammino… Per quanto lui mi abbia perdonato, qualcosa rimane in fondo al cuore…”
“Di cosa stai parlando? Dei tradimenti?”
“Jared ha sopportato ben altro oltre a questi… ci sono stati momenti in cui facevo cosí schifo, che solo una persona davvero innamorata di me poteva andare oltre e riaccogliermi, dandomi l’ennesima ed inutile possibilitá, almeno fino a che non sono davvero cambiato.”
“A me piace guardare al presente Colin e quello che vedo non mi piace… Ti voglio bene, ti voglio un bene che neppure riesco a raccontarti.”
“Lo sai che per me è lo stesso Jude. Potresti accettare anche il mio amore incondizionato per Jared? Lui è la sola vita che io voglio vivere, credimi.”




GOLD - Capitolo n. 77

Capitolo n. 77 – gold




Dando le spalle al resto della stanza, Tomo preparó un caffè espresso per Chris, che stava ancora dormendo.
Lo fissó a lungo, prima di svegliarlo per quella colazione leggera.
Il cantante dei Red Close faceva tanti piccoli pasti durante la giornata, ma nelle prime ore riusciva a mandare giú solo quello ed un po’ di miele.
“Buongiorno Chris…” – gli diede un bacio sulla spalla.
Lui si destó lento, aprendo quegli occhi incantevoli.
Era davvero bellissimo.
“Togli il fiato…” – Tomo lo disse come rapito, poi tossí senza ricevere risposta.
Chris si mise seduto sul letto, puntandosi sui pugni chiusi – “Ciao Tomo… sei sveglio da tanto?”
“Non molto… una tazza ti basta?” – sorrise.
“Sí grazie… e tu?”
“Ho bevuto un frullato, devo salire, ho una consegna oggi… è l’ultima per la Rice Tower e non posso rimandare, ho preso un impegno con loro e devo rispettarlo, anche se preferirei una strizzata di palle…”
Chris rise – “Sai dipingere?”
“Insomma… me la cavo…”
“Me lo faresti un ritratto? Quando vuoi, ti lascio delle foto… poi me lo mandi via e.mail, lo userei per la copertina del prossimo cd…”
“Ok. Lo faccio volentieri.” – replicó fissando un punto indefinito, che non fosse il corpo statuario del ragazzo.
“Sono… tanto inguardabile al mattino presto Tomo?”
“No… anzi… ti avevo detto che…” – “Che tolgo il fiato, ho sentito. Ieri sei stato molto generoso, ma speravo che…”
“Che facessimo l’amore Chris?”
“Sí. Hai lasciato tutto a metá e… non mi hai concesso molto, volevo ricambiare almeno.” – fece l’occhiolino, in un modo irresistibile.
“Ti desidero da morire… ma… al tempo stesso mi sento bloccato Chris. Scusami.” – respiró profondamente, alzandosi e dirigendosi verso la scala per la mansarda.

I baci di Colin erano dolci.
Aveva mandato al diavolo Claudine, dicendole che voleva portare Jared all’aeroporto e trascorrere con lui tutto il tempo possibile – “Fanculo le riprese di oggi! Sono a disposizione ventiquattrore su ventiquattro, per cui non rompetemi il cazzo! Oggi pomeriggio saró dei vostri, prima no!”
Tremava persino durante quella telefonata, ancora in camera, pronto ad uscire con Jared, che restava appoggiato alla parete del corridoio.
Aveva bisogno di una pasticca, ma vi rinunció con tutte le proprie forze.
La terapia era abbastanza efficace, ma non sufficiente a sopire quei momenti di crisi acuta.
“Colin tutto a posto?”
“Sí tesoro… dai facciamoci un giro e poi andiamo al Lax… ti va?”
“Certo… ma dove andiamo?”
“Volevo… volevo fare un piccolo investimento, sai il mercato immobiliare è la terra di nessuno in questo momento e ci sono un paio di loft molto belli…Lo faccio per i ragazzi…”
“È un tantino prematuro…”
“Lo so, ma potremmo affittarli e… insomma li vediamo?”
“Certo. Sono curioso.” – sorrise tirato, di fronte al nervosismo del compagno.
Jared temeva di dovere assistere a qualche altro comportamento fuori luogo di Colin e sarebbe stato troppo per lui.
Era ingiusto lasciarlo in difficoltá, ma i medici gli avevano assicurato che tutto si sarebbe risolto, occorreva solo l’impegno del paziente.
Decise cosí di telefonare a Jude, mentre Colin era entrato in banca per firmare dei documenti.
“Dieci minuti e torno…”
“Ti aspetto qui, faccio un paio di chiamate a Shan ed al nostro agente…” – lo bació, sentendo tutta la sua tristezza.

Jude stava sonnecchiando sul petto di Robert.
Erano sempre molto pigri, si erano trovati anche in quello.
Downey inizió a stuzzicargli la punta del naso, poi i capezzoli – “Mmmm smettila… ho sonno… lo abbiamo fatto tutta la notte…Rob…”
“Io non mi ricordo nulla, sai ho l’arterio, i reumatismi… le piattole…”
“Dio che schifo Robbb ahahahahh”
“Guarda che me le hai attaccate tu bel ragazzo…” – ansimó, scendendo lungo il suo petto perfetto – “Cazzo sei uno splendore Jude…”
“Ro… Robert… ma… non puoi…” – annaspó tra le lenzuola, mentre il suo sesso toccava giá il punto piú profondo della gola di Downey.
Il vibracall del cellulare lo fece sussultare, ma mai quanto la fellatio armoniosa che Robert gli stava facendo vivere senza risparmiarsi.
Vide il numero di Jared e sbarró gli occhi – “Cristo é…é… Rob fermati…” – inarcó la schiena – “È Jared…” – stropicció le lenzuola, quasi a strapparle – “Digli di unirsi a noi…” – boccheggió Downey, per poi riprendere subito a pompare, inginocchiandosi tra le gambe di Jude, che rispose – “Sí… co… cosa vuoi Jared?”
L’altro rimase perplesso – “Ciao Jude… ti disturbo?”
“Sí… no! No… dimmi…”
“Ma… senti Jude lo so che tu ed io non siamo molto in confidenza, peró volevo chiederti un favore… anche se penso non occorra…”
Jude si asciugó il sudore nella federa del cuscino, si sentiva quasi al limite, quando Robert si staccó, iniziando a masturbarsi, facendo altrettanto al membro del compagno: era anche peggio, anzi meglio di prima.
Downey gli mandava in corto circuito tutti i sensi, asciugava la salivazione, era cosí sensuale che se lo sarebbe fatto ovunque – “Questa me la paghi Rdj…” – sibiló, coprendo con il palmo il telefonino – “Ma cosa stai dicendo Jude?”
“Nu… nulla Jared, non ce l’avevo con te… Dicevamo?”
Leto sbuffó – “Ho la netta sensazione di avere scelto un brutto momento.”
“No, anzi, è un momento fantastico…”
Jared ridacchió – “Ok, potró raccontare ai miei nipoti di avere sentito via cavo Jude Law e Robert Downey Junior scopare come due pazzi ahahahh ti mando un sms!” – e riattaccó.
Farrell stava risalendo in auto – “Che succede piccolo?”
“Nulla di che, Derek mi raccontava una cosa… buffa.”
“Ah… Ti ha organizzato un nuovo tour?”
“Qualcosa del genere, ma devo preparare un nuovo album, se ne parlerá l’anno prossimo…” – rispose smarrito, il loro ultimo concerto risaliva a molti mesi prima, possibile che Colin se lo fosse dimenticato?
Ripartirono, verso Malibu, erano in ritardo.

Geffen era tornato a casa di Pamela, per sistemarsi, prima dell’arrivo di Jared.
Syria bussó piano alla porta del suo studio.
Stava riassettando il divano, dove aveva dormito dopo una leggera sbornia.
“Glam posso?... Torta e tè caldo?”
“Ehi piccola… ciao, vieni pure, non dovevi disturbarti…” - la salutó dandole un bacio sulla fronte spaziosa.
“Veramente ti tengo compagnia… ho una fame…”
“Avete appetito?” – le accarezzó la pancia.
“Sí… domani ci vieni per l’ecografia? Sapremo se sará maschio o femmina, anche se sono indecisa…”
“Vuoi che sia una sorpresa?”
“No… no voglio saperlo…” – rise serena, tenendo le mani di Glam su di sé – “Tu cosa pensi che sia?”
“Spero una bimba bella come la sua mamma…”
“E del padre, cosa le facciamo prendere?”
Geffen sembró riflettere, poi sorrise – “Fisicamente gli occhi…” – “Sí sono unici…”
“Tutto il resto da te.”
“Niente del suo carattere Glam?”
“Sí… la voglia di vivere, indubbiamente.” – rise mesto.
“Sei cosí triste… per Jared?”
“No tesoro, si tratta di Kevin…Continuo a sbagliare con lui…”
“Quel ragazzo ti adora… sono sicura che ti aspetterá per tutta la vita.”
“E ti sembra giusto Syria?”
“Giusto o sbagliato, per lui credo sia inevitabile.”

Chris sentí Kevin, scoprendo che se n’era andato da Los Angeles senza aspettarlo – “Allora sei con i ragazzi a Varsavia?”
“Sí, ti aspettiamo qui, fai buon viaggio.”
“Kevin, ma cos’hai?”
“Ho mal di testa, il volo è stato uno schifo.” – stava trattenendo a stento le lacrime.
“Kevin… senti quando abbiamo finito il concerto, ci prendiamo un paio di giorni, saltiamo il video clip, non è urgente…”
“No, anzi, vorrei lavorare il piú possibile. Perdonami se me ne sono andato cosí senza avvisarti… ciao Chris, a presto.”
Tomo gli andó vicino, quando posó il palmare sul tavolo della cucina – “Problemi?” – domandó accarezzandogli il collo – “Come…? Oh no… Faró il viaggio senza compagnia, Kevin è a destinazione da ore…”
“Avrá litigato con Geffen, ormai è un’agonia…” – disse Tomo, come rassegnato a qualcosa che riguardava anche lui e Shannon.
Chris a quel punto voleva solo sparire da quella casa.
Provó una forte irritazione, che trasparí immediatamente da pochi gesti.
“Devi giá andare?”
“Mi tolgo dalla tua vista tra un minuto, stai tranquillo Tomo.” – ribatté incolore, come se si fosse distaccato da quel contesto all’improvviso.
“Cosa dici Chris?!”
“La veritá. Pessima idea, è stata… una pessima idea…”
Si diresse veloce al divano, recuperando la felpa per indossarla sul dorso nudo ed i jeans scoloriti.
Era ancora scalzo – “Dove cazzo ho messo le mie Converse, le hai viste?”
“No Chris… senti… aspetta un secondo…”
“Lascia perdere Tomo, lasciami perdere!” – urló, straziato da una fitta allo stomaco.
Lui non gli diede retta, prendendolo tra le braccia, cominciando a baciarlo, spazzando via tutta quella rabbia convulsa, insieme a quegli abiti modaioli e consumati, cosí come i suoi, che scalció via da loro, per non inciamparci, mentre sollevava Chris, senza abbandonare la sua bocca, per portarlo sino al letto, dove inizió a scoprirlo davvero.
Chris si sentí dapprima pervadere di gioia, poi di eccitazione spasmodica, le mani di Tomo erano in ogni punto, che potesse dargli piacere.
La sua lingua si insinuó nell’ombelico di Chris, poi lo giró, usandola per penetrarlo, mentre con le dita lo dilatava e stimolava, facendolo gridare piano – “Oddio… To… Tomo… prendimi...” – piagnucoló come un cucciolo.
Si ritrovó di nuovo a pancia in sú, Tomo tornó a baciarlo con irruenza, spingendosi in lui, a piccoli colpi, retrocedendo e poi repentino fino in fondo di nuovo: si sollevó un minino, toccando il ventre di Chris, che gemendo seguiva quel gesto particolare – “Sono… sono qui dentro… dentro di te… apri le gambe… cosí piccolo… cosí... ahhh!” – lo travolse, con altri baci, succhiandolo, mordendolo e scambiandosi le stesse attenzioni, avvinghiati, Chris era felice e succube, ad ogni richiesta di Tomo, che liberó tutti i propri desideri.

lunedì 21 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 76

Capitolo n. 76 – gold



Le scintille nel caminetto volteggiavano per pochi secondi, per poi venire aspirate sú nella canna fumaria, senza lasciare alcuna traccia.
Shannon, dopo una lunga doccia, coperto solo da un telo nero di spugna, cosí morbida da ricordare la ciniglia, sembrava ipnotizzato.
“Sei qui con me, nella nostra casa piccolo?...”
La voce di Rice era calda, alle sue spalle, forse vagamente preoccupata, per quei continui dissapori, da quando Shan aveva lasciato la propria famiglia.
“Scusami per prima… ho fatto solo un giro, ho bevuto una tequila e…”
“E poi cosa Shan?” – gli mormoró, facendogli sentire il proprio respiro sulla spalla destra, che bació con delicatezza.
“E mi sono fatto di nuovo un po’ di male…Suonavano i ragazzi che ho fatto vincere in quello show televisivo, li ho salutati e poi mi sono accorto che tra il pubblico c’erano anche Tomo e Chris. Forse non dovrei piú parlarti di loro, ma non voglio nasconderti il motivo per il quale mi sento cosí… fuori posto.” – ammise mestamente, restando immobile.
Owen andó a sedersi in poltrona, con estrema calma, accendendosi una sigaretta – “Fumi, Shan?”
“No, grazie.”
“Allora sentiamo, cosa facevano? Ridevano, parlavano… scopavano?”
Shan si irrigidí, immaginando che proprio in quel momento potessero fare tutte quelle cose, in fondo era il naturale epilogo di quella serata, dopo quei baci, quell’intesa alla quale il suo ex doveva per forza arrendersi.
“Se ne sono andati quasi subito… anzi, penso abbiano litigato, cosí Chris è fuggito e Tomo … quando sono ripartito, avevano giá fatto pace, baciandosi sotto la pioggia…” – finalmente si voltó, fissando Rice – “Una scena incantevole. Spezzava il cuore.”

Iron man era un film che Jude rivedeva spesso insieme a Robert, facendosi un sacco di risate.
Sul divano, avvinghiati e caldi, nei sorrisi, negli sguardi, forse il film non era davvero la loro prioritá.
Law giocava con la felpa del compagno, frugandoci sotto, come un bambino curioso – “Cazzo quanto eri sexy…” – “Esattamente quando?” – rise Robert, visto che la sequenza era quella dove veniva catapultato contro un muro, durante i primi esperimenti del suo strano cyborg.
“Sempre… ogni fottutissimo istante della tua vita…” – ansimó Jude, scivolando veloce tra le gambe di Rob, che serró le palpebre, immaginando le intenzioni dell’altro.
I suoi pantaloni arrivarono alle ginocchia, con un gesto deciso da parte di Jude, che si liberó della camicia, lasciando scoperta quella pelle dorata, da quando si abbronzava al sole della California.
Downey escluse l’audio, gettando via il telecomando, quella proiezione era troppo chiassosa.
Lui godeva anche dei minimi gemiti del piccolo Jude, che ormai si era impadronito del suo sesso, con esperta capacitá di portarlo in uno stato di estasi assoluta.
Robert ricordava a valanga tanti episodi del passato, come quando erano agli inizi della loro relazione.
Jude combinava ancora dei casini, tradendo Sienna, con donne di passaggio o amicizie occasionali.
Downey volle essere comprensivo, pensava che a trentotto anni il suo ragazzo inglese, avesse un bisogno fisico di divertirsi, lui soffriva e ci passava sopra, certo non avrebbe sopportato un altro uomo nella vita di Jude, lo avrebbe ucciso, ne era sicuro.
Erano solo stati equivoci, sbandate senza senso, matasse che Law dovette sbrogliare con la Miller inferocita, c’era quasi da ridere.
Quando decisero di avere un figlio, lo fecero insieme.
Erano perplessi, indecisi, ma le loro donne insistevano, Robert aveva solo Indio, giá grande, mentre per Jude sarebbe stato il quinto bimbo.
Partirono per una vacanza, separatamente, che doveva essere di quindici giorni all’inizio, poi si ridusse a dieci, poi sette, ma dopo tre, nel cuore della notte con una scusa assurda Jude trascinó Sienna al resort dei coniugi Downey, ricongiungendosi al suo adorato uomo del cuore.
Susan e l’amica armeggiavano con test di ovulazione, mentre i loro “bravi ragazzi” si erano rifugiati in un bungalow davanti all’oceano, strappandosi i vestiti di dosso per planare su di un materassino da piscina matrimoniale, perfetto per un amplesso indimenticabile.
Jude respirava cosí intensamente, Robert tra le sue gambe lo ammirava, agognandolo, indeciso se succhiargli i capezzoli od il membro, ugualmente turgidi e dolenti, tanto da farlo urlare appena la sua bocca prese una decisione.
Erano pazzi, se lo ripetevano di continuo.
Al loro ritorno, dopo poco piú di un mese, i test di gravidanza furono positivi e loro passarono un fine settimana tra le montagne francesi, a piangere, dopo avere finto molta gioia sia con Susan che con Sienna.

Jude si sollevó, voleva sentirlo dentro, sembró ringhiarlo quel pensiero lussurioso, mentre Robert gli toglieva i jeans, per farlo suo – “A… aspetta Jude… aspetta un…Jude!!” – lui non voleva rimandare, era cosí gratificante essere posseduti senza ulteriori attenzioni.
Artiglió la nuca di Robert, investendolo con i propri occhi di ghiaccio, che si sciolsero nel piombo fuso di quelli di Downey – “Sono tuo… hai capito Rob…? tuo…!” –

Chris appoggió la guancia sinistra sul petto di Tomo, aderendo ad esso con la propria schiena, immersi nella vasca del bagno della mansarda.
Candele accese, musica a volume minimo, un’esecuzione al pianoforte di un compositore, amico della band dei Mars.
Chris stese le braccia, accompagnato dalle mani di Tomo, che lo bació sul collo, avvolgendolo poi, cercando le sue labbra, che Chris gli donó generosamente.
Girandosi come al rallentatore, si accovacció su di lui, fermandosi poi per vedere dove Tomo volesse arrivare.
Lui affondó le dita nei fianchi del cantante, sollevandolo, per ritrovare la sua erezione, che non esitó a stimolare ulteriormente, con baci, leccandola voluttuoso, fino ad impadronirsene totalmente.
Pompava piano, ma progressivo.
Chris gridava il nome di Tomo, che non smise finché l’orgasmo del giovane pervase la sua gola.

Colin guardava Jared giá da mezz’ora.
Dormiva sereno, avrebbero trascorso la domenica al mare, con James ed Henry, oltre alle bambine, senza nessun altro, se non i body guard.
Gli zaffiri raccolsero i primi raggi di luce, cosí il sorriso di Jared incontró quello di Colin.
Forse quella scena si era ripetuta migliaia di volte, in tanti anni, ma Farrell voleva viversi il piú possibile quella breve permanenza del compagno alla End House.
“Dormito bene cucciolo?”
“Ciao Colin… ti ho sognato…”
“Io lo faccio anche ad occhi aperti…” – sorrise, baciandolo.
Il suo corpo lo reclamava, ma Jared non si sentiva ancora a posto.
Poche ore prima era stato nuovamente lui a fare l’amore a Colin, prendendosi la massima cura del piacere reciproco, senza permettere a Farrell di sottometterlo.
“Vado a farmi una doccia… mi tieni compagnia?”
“Ok Jared… andiamo…” – sussurró, senza nascondere delusione ed amarezza, per averlo violato in quel modo assurdo.

La giornata era splendida.
Charly, l’assistente a tempo pieno di James, lo portó in braccio, dopo una breve camminata, fino al gazebo allestito sulla spiaggia privata dove Colin portava sempre la famiglia.
Era di un produttore amico della coppia, un piccolo paradiso nascosto da folta vegetazione e due scogliere imponenti, sopra alle quali sorgeva una villa ultra moderna, al momento occupata solo dal personale di servizio, che preparó un ottimo pranzo.
Jared lo abbracció forte, portandolo subito al tavolo degli scacchi, dove il ragazzino, ormai tredicenne, aveva sviluppato un autentico talento.
Parlava pochissimo, ma i suoi occhi e le espressioni cosí simili a quelle del padre, esprimevano gioia ed affetto verso i genitori, che lo accudivano senza lasciare trapelare l’angoscia sul suo futuro.
“Charly grazie per ció che fai… James ha preso le pastiglie per l’epilessia…?”
“Certo Colin, non temere, James è in forma, abbiamo fatto gli esercizi e la muscolatura è tonica… Non ha piú avuto attacchi, anche Julian non lo lascia mai solo…”
“Julian è un uomo fantastico, la mia ex ha avuto fortuna nell’incontrarlo e cosí nostro figlio…”
Henry lo pregó di andare a fare una nuotata con lui, mentre Becki faceva le treccine alla sorellina Violet.
Quella giornata fu troppo breve.
“Ti porto a cena fuori Jared… i ragazzi tornano a casa con Charly, Simon e Richard, noi facciamo un giro, ti va?”
Erano giá lungo la costa, Colin guidava sereno.
“Sí tesoro, ma non facciamo tardi, domani ci alziamo presto…”
“Certo, come potrei dimenticarlo?...” – replicó scrollando le spalle e sospirando.
“Colin ascolta…”
“Non roviniamoci la serata, ti prego Jared… Era solo… tu sai cosa provo, sai cosa… tu sai tutto di me… da quando sono nato…” – rise, sforzandosi di spostare il discorso su qualsiasi altro argomento.
“Magari… ci saremmo amati giá dalla culla…”
“Sicuramente… Cosa ne pensi di Villa´s?”
“Ok, perfetto… non ci veniamo da un secolo Cole.”
“Sí, l’ultima volta abbiamo…” – si interruppe di colpo – poi ridacchió – “Come potremmo scordarcelo Jay?”.
Era stata una delle loro follie, fare l’amore nell’abitacolo del fuoristrada, due anni prima, mentre fuori una pattuglia della polizia stava multando tutti.
Il carro attrezzi agganció anche il loro mezzo in divieto e si ritrovarono nel piazzale del deposito della stradale, i cancelli chiusi sino al mattino dopo, salvati anche in quell’occasione da Geffen, che svegliarono verso le due.
Si portó appresso anche Kevin, che rideva come un pazzo insieme a Jared per l’accaduto, mentre Colin si prostrava in scuse con Glam.
Era stato il loro tempo migliore, quello in cui condividevano un’amicizia solida, che sembrava svanita in fondo all’orizzonte, che ora Geffen stava guardando, facendo cadere l’ennesimo bicchiere di whisky, abbandonato sui gradini della veranda della casetta di legno, in piena solitudine.