lunedì 30 giugno 2014

ZEN - CAPITOLO N. 320

Capitolo n. 320 – zen


Save me


“Non hai quasi toccato cibo, Jay”

“Anche tu …”

“Ma io sono assente giustificato, dal piatto” – Geffen sorrise.

Leto lo fissò, un po’ smarrito – “Cosa ci facciamo, qui, Glam?”

“Ci rilassiamo”

“Come è andata con Pam? Il matrimonio è domani”

“Un delirio, un parapiglia, ma quando ha visto l’abito, si è emozionata” – rise.

Aveva un bel colorito e, se non fosse stato per il notevole dimagrimento, Geffen non sembrava neppure malato, quella sera.

“Ha accettato quindi?”

“Piangevano tutte, lei, le gemelle, Carmela, un gineceo travolto da un fiume di lacrime … Poi si sono riprese ed hanno provato i vestiti, chiamato il parrucchiere”

“Dai non ci credo” – anche Jay, rise, finalmente.

Geffen lo scrutò, con amorevole devozione.

“Ho dei testimoni!” – affermò divertito.

“Robert? Vas e Peter?”

“Sì, ma anche Xavier e Phil …” – sospirò – “Sarà una cosa in famiglia, affettuosa, insomma nulla di straordinario, non certo la cerimonia che sognavo di vivere con te” – disse più serio, ma sereno, tornando a guardarlo intenso.

“Ci pensi ancora Glam?”

“Ogni giorno” – tossì, prendendo dell’acqua – “Ogni ora, tesoro mio” – e strizzò le palpebre, forse per una fitta.

“Non stai bene?” – il cantante si allarmò immediato.

Geffen sorrise o almeno si sforzò di farlo – “Sono a posto, arriverò sino in fondo a questa strada, anzi, a questo tunnel”

“Dopo avrai la tua luce …” – la voce di Jared si spezzò.

Glam annuì mesto – “Dopo … Io non avrò più niente … E sarà … complicato”

“Cosa …?”

“Tutto Jay. Tutto.”



Colin si era scolato un paio di drink analcolici, standosene a debita distanza da un tavolo da sei, dove sedeva Sven, con Kirill letteralmente al guinzaglio.

Quel collarino intorno al suo collo, fece rabbrividire l’attore, che capì a cosa servisse l’aggeggio, prontamente nascosto dal ragazzo, il giorno prima quando erano insieme.

C’erano altri due tizi, piuttosto volgari, anche se eleganti, accompagnati da una giovane ed un ragazzino, forse minorenne, nelle stesse condizioni, come se fossero stati ridotti ad una sorta di schiavitù.

Per giunta erano mezzi nudi, la ragazza con un perizoma, Kirill e l’altro con dei boxer ridotti ed aderenti, come una seconda pelle.

Le luci erano soffuse, ma non troppo, come a mostrare uno spettacolo di corpi, che si agitava intorno.

Diversi ballerini, si muovevano sinuosi su cubi retroilluminati di rosso e viola, altre coppie amoreggiavano, piuttosto disinibite, il personale del locale neppure ci faceva caso, servendo champagne e cibi ricercati.

L’atmosfera era sgradevole, Farrell avrebbe voluto andarsene eppure non ci riusciva.

Kirill era adulto e vaccinato, quelle prestazioni erano di sicuro ben remunerate, però i suoi occhi erano spenti o, forse, spaventati.

Il medico ridacchiò sulla battuta del suo vicino di posto, che allungò le mani sul petto di Kirill e poi più in basso, alzandosi per toccarlo meglio.

Fu tutto molto veloce: Somerhalder fece un cenno di assenso, umettandosi le labbra, come a pregustare uno spettacolo, che di lì a poco si sarebbe consumato inevitabilmente.

Con uno strattone, lo sconosciuto tirò su Kirill, facendolo piegare sulla lastra di vetro, spostando sulla stessa bicchieri e bottiglie mezze vuote.

L’avrebbe posseduto senza farsi molti problemi, pensò Colin, ormai scattato in piedi, per poi farsi largo tra i vari avventori, che neppure si erano accorti di quanto stava succedendo, forse perché abituati a simili consuetudini.

L’irlandese si palesò, facendo fare un sussulto a Sven, più che altro infastidito per la brusca interruzione, per nulla in imbarazzo.

“Kirill ora tu vieni via con me” – sibilò Colin, afferrandolo per un polso, per tirarlo via da sotto le grinfie di quel maiale, con i pantaloni già calati e lo sguardo inferocito.

“E tu chi sei, che diavolo vuoi??!” – esclamò paonazzo.

Farrell gli diede una spinta, Sven rise forte, tirando la cinghia collegata alla striscia di pelle borchiata, stretta intorno al collo di Kirill – “Lui è mio, dove credi di portarlo Mr. Irlanda?!” – lo investì arrogante.

Colin strappò di forza quell’odioso collare, coprendo poi con la giacca il giovane, conducendolo in salvo, senza esitare oltre.

Sven non si mosse: era sposato, con figli, stimato nella sua attività di ricercatore, un insospettabile, davvero poco desideroso di scatenare uno scandalo, fortunatamente.



La jeep di Lux lo sfilò per un soffio, nella via dei mercatini.
Louis vi era sceso con un vecchio catorcio, che a mala pena rimaneva in strada.

Il giovane non si arrese, tornando al volante, per seguire Vincent, in quella che sembrava una fuga definitiva.
Il francese, forse stava andando in aeroporto, per sparire nel nulla o rientrare a Los Angeles, per riflettere sulle sue ultime decisioni, anche in campo sentimentale.

Boo immaginava ogni sorta di ipotesi, ma quando vide il fuoristrada deviare verso un sentiero sterrato, ebbe un brutto presentimento.

Il suo mezzo precario fece fatica a salire verso la cima di una collina, ma quando la pendenza divenne proibitiva, nei pressi di un successivo promontorio, ben più alto, Louis decise di fermarsi.

Compose il numero di Lux, ma il suo satellitare era spento.

Recuperati sul sedile posteriore, una borraccia ed un berretto, il ragazzo si incamminò, non senza imprecare, pregando che l’altro sostasse sul pianoro ben visibile dalla posizione di Lou.

Da lì, inoltre, era evidente la presenza di uno strapiombo, al di sotto del quale scorreva un fiume impetuoso e poco rassicurante.

Boo accelerò il passo.

Quando scorse l’auto di Vincent, provò gioia e sollievo, ma, notando l’uomo sul ciglio di quel baratro, con in mano della vodka, Louis perse un battito.


Si avvicinò con cautela, quasi senza respirare.

Lux si tolse la fede con le labbra tremanti, il viso sfigurato dal pianto, la barba incolta e l’aspetto di chi non aveva riposato affatto.

“Vi Vincent …”

La voce di Lou gli giunse debole, terrorizzata: si girò con uno movimento scomposto, tanto da accennare una perdita di equilibrio, subito dominata.

“Che cosa vuoi, mon petit …?” – domandò straziato.

“Vincent adesso noi ce ne andiamo, sei d’accordo?” – e, rimanendo fermo, gli tese le mani.

“No … No, mi dispiace tu sia venuto sin quassù a vedermi morire”

“Ma cosa dici??! Qui non muore nessuno!” – sbottò esasperato.

Era senza speranze, troppo distante per salvarlo sul serio.

“Voglio andarmene … da Jacques … Tu puoi capirmi … Tu devi farlo, Louis”

“No e sai perché? Jacques non ha bisogno di te, ma noi sì!” – ed iniziò a piangere, senza comunque smarrire la grinta in ciò che stava dicendo sincero come non mai – “Noi siamo una famiglia Vincent, che ti piaccia o no, tu, io, Harry e Petra e lei ti vuole bene, le mancheresti da impazzire e non puoi darle questo dolore e così Harry … Sei un padre per lui, più di chiunque e tu questo lo sai!”

“Per … Per Harry …? No, non sono niente” – sorrise mesto.

“Ti sbagli … Non vedi come si appoggia a chi è più adulto? L’ha fatto anche con Jude e non poteva esserci opzione più sbagliata” – accennò a propria volta un sorriso – “… Ricordi ad Aspen? Quando siete rimasti isolati dalla tempesta di neve, tu ed Harry e gli hai detto che saresti stato orgoglioso di averlo come figlio, non puoi averlo dimenticato!”

Lux annuì, gettando la vera nel vuoto.

Senza saperlo, i due erano osservati da George Malik, in visita agli scavi e troppo lontano per intervenire.


“No mon petit, non l’ho dimenticato …”

“E’ Haz ad avermelo raccontato, sai? Ne era orgoglioso, anche senza ammetterlo, perché forse era una situazione strana, ma noi siamo così, Vincent, siamo fuori dai canoni, però ci vogliamo bene … ci amiamo …” – e singhiozzò, vedendo che il suo discorso sembrava non funzionare.

Vincent buttò anche la bottiglia.

“Voglio solo andare da Jacques … Lui mi manca così tanto” – e vibrò, indietreggiando pericolosamente.

“E tu manchi a me, a noi! Non lasciarci … Non permettere a nessuno di farci questo Vincent … Io ti amo e verrò con te, facendo soffrire la bambina che tu hai portato nelle nostre vite … Vuoi che accada?”

“Louis … avrai per sempre il mio amore”

“Vincent …”

Fu un attimo.
Di quelli che durano un’eternità.

La polvere, i sassi, un rumore scomposto ed improvviso.

Il terreno aveva ceduto, senza che Lux decidesse nulla.

Louis si gettò in avanti, senza esitare, per afferrarlo.

Le loro dita si intrecciarono e, con un gesto sovrumano per la corporatura esile di Boo, egli riuscì a trattenere Vincent.

Arrancando tra i ciottoli, i piedi dell’affarista riuscirono a puntarsi su delle sporgenze minime, ma provvidenziali.

Appena il sapore dell’erba investì le sue narici, Lux strinse forte a sé Louis, inginocchiandosi, sconvolto.

“Sei salvo … Sei ancora qui … Ancora qui, con me.”








venerdì 27 giugno 2014

ZEN - CAPITOLO N. 319

Capitolo n. 319 – zen



Robert gettò lo sguardo per un attimo, a quella panchina, mentre Glam si allacciava la cintura di sicurezza, accanto a lui, al posto di guida.

L’attore immaginò loro, stagliati contro quell’azzurro, seduti sopra al bianco accecante di quel posto così speciale: due teste, quattro spalle e poi, di colpo, una testa, due spalle, Robert insomma, da solo, in un giorno, che presto o tardi sarebbe arrivato.

Solo a guardare l’oceano, ricordando le risate, le confidenze, l’intimità, condivisa con Geffen, in tre metri quadri appena, come se fosse un mondo a parte.

Inforcò veloce i Ray-Ban scuri, per nascondere la sua commozione; in compenso non riusciva a parlare.

“Ehi tutto bene Rob?” – gli chiese dolce, il suo passeggero.

Glam era lì, non era un fantasma: non ancora, almeno.



Louis lo incrociò mentre Lux se ne andava via dal campo base.

Quasi inciampò, per evitare il passaggio brusco della jeep e, forse, Vincent neppure si era accorto di Boo.

Pochi passi e si scontrò con Malik, che guardava oltre lui, ma non il francese in fuga o ritirata, bensì Liam, alle spalle di Tomlinson.

“Si può sapere che succede Zayn?” – lo investì acre.

“Niente che ti riguardi, levati di mezzo!” – inveii il paleontologo, mentre un altro mezzo stava transitando.

“Cazzo mio padre …” – mormorò, notando che a bordo c’era effettivamente George Malik: l’uomo fece un cenno a quel gruppetto, dall’aria per nulla serena.

“Tuo che? Ma insomma, dove sta andando Vincent?!” – insistette Louis.

“In paese, a sbollire! I suoi gesti teatrali sono immaturi ed inconcludenti, se proprio ci tieni a saperlo Tomlinson!”

Payne se ne stava in disparte, palesemente imbarazzato.

“Lui ti ama …” – disse fievole Louis, quasi esterrefatto per quell’atteggiamento così duro – “Vincent ci tiene a te, mentre tu”

“Io cosa?? Accidenti, ma come ragionate??! Devo tatuarmi in fronte che sto con lui, che lo amo??”

“Ci sono altri modi per dimostrarlo Zayn … Gesti più semplici, anche una sola parola, quando è il momento opportuno”

“Ma sì, a sputare sentenze tu ci sei nato oppure credi di conoscerlo meglio di me, però il fatto è che questo casino l’hai innescato per farci litigare e ci sei riuscito, complimenti!” – e se ne andò, per raggiungere il genitore, impegnato a salutare i suoi colleghi, che lo accolsero con gioia.



“Sono preoccupato per Jared …”

Erano quasi arrivati a villa Meliti, quando Geffen se ne uscì con questo discorso.

“Ti capisco, ora è un periodo tremendo per lui, i suoi punti di forza sono in difficoltà”

“Shan ce la farà”

“Sì Glam, ne sono sicuro e vorrei che anche tu”

“Lo vorrei anch’io amore … Il fatto è che parlavo di Colin …” – esitò.

“Colin?”

“Jay mi ha confidato i suoi sospetti, forse Colin ha un altro, un amante”

“Non ci credo, non ora, come potrebbe?” – ed accostò, fissandolo perplesso.

“A volte ci si difende così dal dolore, si cade in una sorta di impotenza e si cerca di anestetizzarla distraendosi in un letto, magari con qualche sconosciuto …”

“Tu pensi che anche Jude lo stia facendo? A dire il vero, credo si fosse preso una sbandata per il tuo pupillo Harry Styles …” – ed inspirò, aprendo la portiera.

Quel discorso lo infastidiva.

“Harry ha dei progetti, te l’ho raccontato e rivuole Louis, la loro famiglia con Petra, è determinato”

“Non ha tempo per mio marito, dunque?” – e sorrise amaro.

“Assolutamente … Comunque l’altra sera ho provato ad intavolare l’argomento con Farrell, ma mi è sfuggito come un’anguilla” – sorrise mesto.

“A volte sia lui che Jay fanno le cose senza pensare alle conseguenze … Forse non cresceranno mai e, probabilmente, a loro va bene così.”



La berlina si infilò in un parcheggio sotterraneo, come una lama nel burro.

Colin non li aveva persi di vista, ma ci voleva un badge per oltrepassare la sbarra ed un tipo della sorveglianza di quel locale, ben camuffato, tra vegetazione e cartelli pubblicitari.

C’era anche un ingresso sulla strada, piantonato da due buttafuori massicci.

L’irlandese prese un lungo respiro e provò a farsi un giro intorno all’edificio, per vedere se arrivavano altri avventori e come si comportavano.

In effetti si palesarono un paio di ragazze molto avvenenti, che sorrisero ai bodyguard, varcando poi la soglia senza problemi.

Di sicuro ci lavoravano in quel club.

Colin prese coraggio e dopo circa venti minuti di appostamento, fece un tentativo.

“Lei è un socio? Potrebbe mostrarmi la tessera, io qui non l’ho mai vista” – disse il più massiccio.

“No, ho un amico, che mi ha segnalato il vostro locale, il dottor Sven Somerhalder”

“Sì, lo conosco” – si intromise il secondo gorilla.

“Dovrebbe venirci con lui, è la regola …”

“So che è qui, volevo fargli una sorpresa” – ed allungò cento dollari.

Gli energumeni si guardarono, poi annuirono – “Lei è famoso, sarà meglio che entri in fretta, ma stia tranquillo, non sono ammesse telecamere e cellulari all’interno, dovrà lasciare anche il suo alla cassa, ok?”

“Ok perfetto, ma non ho nulla” – e gli mostrò le tasche vuote della sua giacca, mentre era evidente non portasse con sé null’altro che il portafogli, dal suo abbigliamento aderente.

“Bene, vada pure e buon divertimento.”



Jared provò a fare un quinto tentativo o forse era già il sesto, con furia.

“Dove diavolo è andato a finire, cazzo!!”

Shan sospirò, allungato sul divano – “Jay calmati”

“Ma come faccio a calmarmi, tu devi prendere quelle medicine, Colin le ha ritirate da Scott e dove è andato??!! Tu nei hai bisogno!” – esclamò disperato.

Tomo tamponò il sudore del compagno, sorridendogli – “Hai caldo, vero?”

“In effetti sono arrosto …”

“Provo a sentire Glam!”

Geffen rispose subito.

“Tesoro, ma di Fixvin ce ne sono una dozzina di fiale nel bagno al terzo piano” – gli disse gentile, sperando si calmasse, dopo averlo ascoltato sfogarsi, mentre lo informava di quell’imprevisto.

“Io … io non lo sapevo” – quasi singhiozzò il cantante, ormai fuori controllo.

“Chiedile a Pana, lui sa dove cercarle … Io torno presto” – sorrise, con un nodo in gola.

“Glam scu scusami” – balbettò, piegandosi seduto contro la parete della stanza, dove il fratello stava già seguendo Daniel, coadiuvato dal maori, nel preparare l’iniezione provvidenziale, recuperata dal giovane insieme a Tomo.

“Vedrai che Shan si sentirà subito meglio, ma dico a Mason di passare a controllarlo ok?”

“Ok … sì” – e tirò su dal naso.

Geffen sorrise – “Se Pam non mi fa fuori, il programma è questo: tu vai a dormire un paio d’ore, poi una bella doccia e ti porto fuori a cena, ok? Solito posto, sulla scogliera … Rammenti?”

“Ma … Ok Glam … Certo, come potrei dimenticare quel posto …” – e deglutì a vuoto, sentendosi però sollevato da quella novità.



George Malik era un bell’uomo, completamente diverso nelle fattezze, dal figlio prediletto.

Zayn era l’immagine della madre, infatti.

“Mum è in Egitto, senza di te?”

“La raggiungo lunedì e poi c’è zio Dwain con lei” – lo rassicurò, cullandolo, appoggiati a delle rocce, imbacuccati in coperte polverose, davanti ad un fuoco quasi spento.

George amava dargli le coccole e, trovarlo senza Lux, che pensava di conoscere in quell’occasione, non gli diede poi così fastidio.

“Ho litigato con Vincent … E’ possessivo, solo perché non ho detto a Liam che lui ed io siamo fidanzati, sì insomma Payne ha visto la mia fede, stavamo facendo delle battute …”

“Battute?”

“No, cioè, Liam credeva che io fossi già sposato”

“Liam l’avrà trovato anomalo, del resto sei un ragazzino Zayn e, temo, anche il legarsi così ufficialmente sia stato precipitoso, per di più con una persona matura”

“Ma perché tutti giudicate le mie scelte?!” – si lamentò, cercando con lo sguardo Liam, intento a chiacchierare con alcune ricercatrici.

“E’ per proteggerti e poi io non ti sto giudicando, sto facendo delle valutazioni, penso di averne il diritto o no?” – e rise, guardandolo con tenerezza.

“Forse ho cercato un secondo padre, visto che ti adoro dad …”

“Forse Zayn, ma non credo, sai? E di quel Louis, di cui mi hai scritto nella e-mail, cosa mi racconti?”

“Tomlinson ha scatenato questo subbuglio, ora di certo è andato a cercare Vincent al villaggio”

“Vuoi andarci anche tu? Ti accompagno, magari ti chiarirai e”

“No, no, lascia stare, domattina Vincent tornerà e gli sarà passato tutto”

“Come vuoi …”










GEORGE CLOONEY SPECIAL GUEST IS GEORGE MALIK



LIAM AND ZAYN

mercoledì 25 giugno 2014

ZEN - CAPITOLO N. 318

Capitolo n. 318 – zen



Liam gli si avvicinò porgendogli un sacchetto colmo di biscotti appena sfornati.

“Li prepara mio padre: è più gay di me, però non lo ammetterà mai” – sorrise pacato, accomodandosi accanto a Louis, che lo stava guardando stranito, anche per la sua spontaneità.

Payne era un tipo dall’aria semplice, concreta e molto dolce.

La sua schiettezza sgorgava dai suoi modi e dalle sue parole, come acqua di sorgente.

“A proposito” – proseguì – “… ti ringrazio per la rivelazione di prima: è stata illuminante ed esaustiva, forse una sorta di tua rivendicazione”

“No, è stato solo un dispetto ed ora mi sento un coglione” – bissò asciutto, esitando sul prendere una di quelle delizie, che Liam stava sgranocchiando tranquillamente.

“Come dovrebbe sentirsi Lux o come si chiama?”

“Si chiama Vincent”

“E’ una brava persona”

“Che tu farai soffrire, ne sono certo”

Erano seduti intorno ad uno dei fuochi, che venivano accesi poco distante dall’accampamento.

Era buio pesto.

“Perché dici questo, Louis?” – chiese più serio.

“Ho visto come guardavi Zayn, anche un cieco lo capirebbe”

“Ci siamo appena conosciuti … Dio santo come corri con la fantasia”

“Questione di istinto, so di che parlo: in compenso è buffo, perché Malik ed io abbiamo avuto due uomini in comune”

“Davvero …?”

“Certo, uno è stato un certo Steadman, l’altro Lux”

“Non penserai mica che io divenga il terzo della serie?” – rise – “Nessun pericolo, non mi piace entrare nelle relazioni altrui: tu sei sposato, Zayn fidanzato” – e tossì, una briciola gli era andata di traverso.

Boo scosse la testa e poi se ne andò.
Voleva chiamare Harry e vedere anche Petra, via pc.

Gli mancavano da morire.



“Dove stai andando?”

Zayn glielo chiese restando immobile davanti alla cerniera della tenda, che aveva appena chiuso, mentre Vincent raccoglieva poche cose in una sacca.

“Nel paese qui sotto, mi cerco un hotel per stanotte, poi domani vedrò il da farsi” – replicò senza guardarlo.

Avrebbe voluto urlare, prenderlo anche a schiaffi, fargli male, quindi era meglio andarsene, perché quello non sarebbe stato più lui e forse Lux non voleva neppure dare la colpa esclusivamente a Zayn: erano un insieme di cose, che lo stavano logorando, da tempo.

“Io … io non ho fatto nulla di male Vincent” – protestò, riprendendo fiato e colore.

Lux si girò, osservandolo – “Non importa Zayn … Non pretendo che tu vada a spiattellare il tuo privato al primo sconosciuto che passa, però nei tuoi occhi ho visto qualcosa che non mi è piaciuto, che mi ha ferito”

Malik provò ad azzerare la distanza, ma Vincent si spostò sopra ad una branda, per allacciarsi le scarpe.

“Louis invece si è vantato di avere avuto una relazione con te, vero? Mentre io”

“Boo non se ne vergogna, è diverso” – ribatté alzandosi, gli zigomi spigolosi, i capelli tirati indietro con il gel che usava insieme al suo cucciolo dallo sguardo liquido e sensuale, dalla bocca perfetta, che, anche in quell’istante, avrebbe catturato con baci infuocati e struggenti.


“Mi stai lasciando?! Io non mi vergogno del nostro legame, cazzo!! Questo lo stai dicendo tu Vincent!!” – e lo spintonò, provando a trattenerlo.

“E tu invece non hai detto niente Zayn, quando era il momento per farlo: tutto qui.” – lo gelò, con una freddezza granitica, quindi se ne andò, sparendo nell’oscurità, verso il parcheggio delle jeep.



Geffen avanzò curioso in quell’ambiente disadorno di mobili ed una tappezzeria decente.

Il parquet scricchiolava, c’erano unicamente lampadine appese un po’ ovunque ed aria di chiuso.

Styles spalancò le finestre e gli fece strada.

“Ok, ok, lo so, non è il massimo, però gli darò una sistemata in men che non si dica!” – affermò entusiasta.

Glam si grattò la nuca, guardandosi in giro – “C’è almeno una sedia? Devo schiantarmici sopra, anche per riprendermi dal resto della tua … sorpresa”

Harry si affrettò a procurargliene una, prendendola da uno sgabuzzino colmo di cianfrusaglie.

“Il quartiere è sano, in ordine, vicino al tribunale”

“Sì dei minori Haz, lo so, poi c’è anche l’istituto di Miss. Gramble …”

“Appunto!” – e sospirando, si piazzò sopra ad un davanzale impolverato.

“E con quali soldi avvierai la tua nuova … attività?”

“Con quelli di questo assegno” – e lo mostrò a Geffen – “Me l’ha firmato Hopper, la mia … liquidazione” – e storse le labbra, imbarazzato.

“Sì, ma senti”

“No Glam … Piacerà a Louis, voglio ripartire da qui, facendo gavetta e difendendo i più deboli, te l’ho spiegato in auto” - disse convinto.

“Certo io lo apprezzo, credimi, però eri il mio … delfino, insomma un erede straordinario, più completo del sottoscritto, con la tua preparazione in diritto internazionale” – ribatté asciutto, ma con gli occhi lucidi.

La volontà di Harry lo stava commuovendo e, più di tutto, la voglia di fare progetti, per Louis, per sé, per Petra: già solo il fatto di poterlo fare era incredibilmente bello ed all’improvviso impossibile per Geffen.

“I diritti dei deboli, degli emarginati, troveranno una soluzione tra queste mura … Certo cadono a pezzi, comunque ho già un aiutante, tra poco arriva” – e sorrise radioso – “Inoltre tuteleremo le coppie gay, lesbiche, trans, che non riescono ad adottare un bimbo, perché gli ostacoli là fuori sono parecchi, mica hanno i nostri … ehm, vostri soldi”

“D’accordo mi hai convinto … Peccato, ma il mio studio sarà sempre aperto a te ed a chi vorrai, se assumerai qualche nuovo legale, insomma non potrai mica fare tutto da solo?”

“Permesso, si può?”
La sua voce era squillante, il suo abbigliamento assurdo: un ragazzino piombò nel bel mezzo della loro conversazione, sventolando una bandiera arcobaleno – “Questa dove la metto?” – chiese con un bel sorriso.

Era biondo, carino, nei suoi pantaloni fucsia attillati, la t-shirt verde mela, il berretto rosso fuoco.

“Glam ti presento Niall … Il mio segretario tutto fare”

“Ciao …” – mormorò incerto Geffen.

“Salve! Stia comodo, lei è il boss di Harry, sì, sì, ne ho sentito parlare, ha visto che fico questo posto?!” – e gli stritolò la mano.

“Uno sballo direi … Tu saresti …”

“Un attivista Lgbt, non si vede!? Tutti dovrebbero fare coming out, lei ha provveduto giusto?”

Styles, seppure paonazzo, era terribilmente divertito.

“Assolutamente sì …” – Glam inspirò – “Che dite ordiniamo da mangiare? Anzi, no, vi porto fuori …”

“C’è la rosticceria di zia Sally qui all’angolo, ci andiamo?” – propose Niall, sgranando i suoi fanali.

“Vada per la zia Sally, ti somiglia?” – chiese Glam, velatamente preoccupato.

“Al cento per cento!”



La panchina era sempre quella.
Così l’azzurro di quel cielo, sopra l’oceano.

“Stare in mezzo ai giovani è bello, sai Rob? Ti infonde molta ispirazione”

Downey lo scrutò, sorridendo, dopo avergli preso il polso destro tra le dita.

“Sì, lo so Glam … E le polpette di zia Sally?” – sogghignò adorabile.

Geffen si ossigenò – “Dio sembrava di stare in una camera a gas, tra friggitrici accese e fumanti … Non le digerirò mai più … I miei vestiti sono da buttare”

“In effetti non si può più mangiare all’aperto … Hai parlato con Pam?”

“Ci vado adesso … Per questo ti ho cercato, se mi accompagnassi almeno tu” – e gli sorrise complice.

“Ok Glam … Meglio che ti cambi, altrimenti ti dice no di botto” – rise.

“Tu lo faresti?” – e lo fissò.

Con amore.

“No … Ti direi sempre di sì, non ho mai smesso e tu questo lo sai …” – replicò intenso, ma senza enfasi alcuna.

Si baciarono.



Colin passò a ritirare delle medicine per Shannon, direttamente da Mason.

Attese fuori lo studio per pochi minuti, salutando Laurie, in transito con Nasir al seguito, che camminava buffo, intralciato dal pannolino, visibile sotto la sua salopette in jeans.

Era adorabile: Farrell gli diede un paio di coccole, sotto lo sguardo innamorato di Hugh – “Jim si libera tra un minuto, sta parlando con quel simpaticone di Sven Somerhalder”

“Sven?”

“Sì, è un ricercatore, ha messo a punto dei vaccini innovativi, però ha qualcosa che non mi è mai piaciuto … Ah eccoli”

Colin fissò quel tipo dall’aria molto elegante, ma ambigua.

Forse non era lo Sven, di cui gli aveva parlato Kirill, però quanto l’attore se lo ritrovò nel parcheggio sotterraneo dell’ospedale, la tentazione di seguirlo fu incontenibile.

Il medico si fermò dopo un isolato: c’era un ragazzo appoggiato ad un muro, con un giornale in mano: faceva finta di leggerlo ed appena si accorse della vettura di Somerhalder, vi salì veloce, ma non abbastanza per non farsi riconoscere.

Era Kirill.








 MADS MIKKELSEN SPECIAL GUEST è SVEN SOMERHALDER


NIALL HORAN ENTRA NEL CAST E' LUI IL FACTOTUM DELLA CITTA' :-)