Capitolo n. 29 - sunrise
“Bevi questa Cole, è fresca … va meglio?”
Farrell annuì, sorridendo – “Le tue premure mi fanno rinascere Jay …”
“Hai voglia di parlarne?”
“Non c’è molto da dire …” – disse inspirando.
“Colin se hai pensato ad Haiti e poi a New York, non volevo rivangare, credimi. Ti chiedo scusa se l’ho fatto, anzi, dovrei prendere esempio da Robert e Jude, allontanando la nostra coppia dai casini degli altri.” – affermò con risolutezza.
Colin aveva lo sguardo smarrito e stanco.
Chiuse le palpebre, sentendole pesanti – “Vorrei solo cancellare alcuni frammenti del passato Jared … svegliarmi domani ed essere certo che fossero solo degli incubi … ma non sarà mai così. Mai …”
Chris stese un asciugamano verde scuro sul lettino della terrazza.
Era un tramonto splendido e voleva goderselo ascoltando un vecchio pezzo dei Pink Floyd, mentre Kevin era impegnato in una telefonata difficile.
Lula quando lesse il suo nome esultò, correndo per il giardino, alla ricerca di un angolo tranquillo, lontano dai giochi rumorosi degli altri bimbi.
“Papake!! Finalmente …”
“Ciao angelo mio, come stai?” – disse trattenendo le lacrime a stento.
“Bene! E tu? Hai cambiato cellulare?”
“Scusa il ritardo … non … non riuscivo a chiamarti …”
“Papà me l’ha spiegato, non ti preoccupare. Zio Chris è lì con te?”
“No cucciolo … lui è in giro, tu invece?”
“Mi divertivo con Violet e Josh, ma tu mi manchi, quando torni?”
“Ti chiamerò ogni giorno, promesso, ma non so dirti quando potrò tornare.”
Ne seguì un breve silenzio ed a Kevin sembrò di scorgere nella penombra della camera gli occhioni tristi del figlio.
“Lula …?”
“Sì, sono qui … no, pensavo, magari potrei venire io da te papà …”
Raramente lo indicava in quel modo, era prerogativa di Glam, da sempre.
“Non è semplice, ci spostiamo di continuo, è per la promozione, capisci tesoro?” – spiegò senza avere la forza di esserne convinto.
“Mmmm okkei …” – disse mesto Lula, rannicchiandosi, per un leggero tremito.
“Lula ascoltami io … tra una settimana rientro, non più tardi, però tu …”
“Evviva!!!”
“Tesoro tu non devi dirlo a papà, gli voglio fare una sorpresa … d’accordo?”
“Sìì, sarà il nostro segreto!” – esclamò saltellando.
“Ci sentiamo presto allora … ti voglio un bene immenso Lula …”
“Anch’io papake … ti abbraccio … tanti baci!” – e Kevin li sentì schioccare gioiosi, come se potessero giungere a destinazione senza difficoltà.
“E così la nostra vacanza sarà più breve del previsto …”
“Chris? … Hai sentito quindi …”
“Certo. Faccio un giro, non aspettarmi per cena.”
“Dove vai?” – domandò ansioso.
“Come se cambiasse qualcosa saperlo.” – replicò serio, sentendosi comunque perduto in un vuoto, senza mai toccare terra.
Kevin gli andò vicino, stringendolo piano – “Scusami Chris …” – mormorò.
“Sono stanco di farlo, con tutti sai …? Devo sempre perdonare, comprendere, assecondare e rincorrere chi alla fine mi fa soffrire, anche in … buona fede, come stai facendo tu.” – e sorrise amaro.
Kevin tornò a fissarlo, continuando a cingerlo per la vita.
“Quando mi hai proposto il viaggio, mi era sembrata la soluzione migliore per dimenticare Tomo, ma sbagliavo … e si ripete costantemente, questa mia ingenuità, sai?”
“Vorrei … tornare a casa, tenendoti per mano Chris.”
Il cantante sorrise, sgusciando via, senza indugiare oltre.
“Tu appartieni a Glam Geffen. Se mi vorrai sul serio, saprai dove trovarmi, sarò ad un passo da te, in quella città, ma se accadrà, Kevin, dovrai esserne convinto, perché io non me la posso permettere un’ulteriore delusione. Abbi cura di te.”
Se ne andò, dopo avere cercato un taxi e prenotato on line un biglietto aereo per la California.
Kevin rimase raggomitolato nelle lenzuola fredde sino al pomeriggio successivo, dopo essersi scolato una bottiglia di tequila.
Fece una doccia, mangiò senza vomitare.
Imbarcò sé stesso e l’auto di Chris su di un volo notturno: gli piaceva galleggiare sopra alle nuvole, nell’oscurità.
Era una sensazione strana, ma che lo tranquillizzava, anche in quel frangente di solitudine e sconforto totali.
Shannon vestì July, mentre Rice li guardava ammirato.
“Come hai potuto pensare di non portarla con noi …” – chiese solare il batterista, fissandole una cuffia, che la rendeva irresistibile.
“Ecco Shan io … ok, sono stato un cretino!” – e rise felice.
“No, sei stato magnifico Owen … Ti sei preoccupato delle mie esigenze … Lo fai senza sosta da quando …”
“Da quando sei tornato nella mia vita Shan …? Benedico quel momento ogni giorno, credimi …”- e lo baciò con tenerezza e passione, per poi uscire dalla cabina abbracciati, portando la loro cucciola sul ponte, per la consueta dose di coccole da parte del personale e dei passeggeri.
La sabbia gli entrava dappertutto.
Colin non ci badava, restando in piedi, le braccia allargate nel vento torrido, ma asciutto, indossando una tunica bianca, essenziale e sufficiente a coprire le spalle già scottate e le ginocchia screpolate.
I suoi ray ban nascondevano gli occhi arrossati, da un pianto che lo aveva accompagnato dall’imbrunire all’alba.
Erano arrivati con la jeep in un’oasi appartata, dove un gazebo ed una piscina artificiale li stavano attendendo per un break insolito nel deserto.
Jared lo osservava, senza disturbarlo.
Controllò una cassapanca, ricoperta da cuscini variopinti: custodiva un frigo, con ogni prelibatezza e champagne ghiacciato.
“Mio Dio … quel tizio non scherzava …”
“Parli da solo Jay?”
“Amore … bene arrivato in questo miraggio a cinque stelle … Insalata nizzarda, mista con feta greca oppure … con uova sode e … cosa sono quelli, scampi?”
“Direi di sì … penso io ad apparecchiare, mettile sul carrello, ho molto appetito.”
“Certo Colin.” – disse rassicurato ed allegro.
“Il tizio dell’albergo intendevi?”
“Sì, a me l’idea piaceva, ma non credevo che fosse così …”
“Finta? Ahahaha di sicuro non somiglia neppure vagamente ai campi di allenamento dove ci preparavamo per il film … Ogni giorno roba in scatola …”
“Però Colin eravamo …” – “Felici?”
Le loro iridi collisero per un istante, poi lo stringersi divenne inevitabile ed urgente.
Scivolarono nello specchio d’acqua cristallino e tiepido, senza vestiti, tra ansiti crescenti, a sancire quanto si appartenessero.
Chris acquistò un attico in poche ore.
“Potrei mostrargliene altri …” – disse l’agente immobiliare.
“Questo è perfetto miss Kent.”
“Ok, è un palazzo signorile sa? Avvocati, manager …”
Chris si sporse dal balcone panoramico, vedendo passare nel giardino sottostante un viso conosciuto – “Avvocati come quello?”
La ragazza controllò, sorridendo – “Sì, infatti! Siete amici?”
“Non proprio …” – mormorò assorto.
“E’ permesso?”
La voce di Downey arrivò alle sue orecchie come un dono.
“Papà!”
“Ehi giovanotto … ciao come va?”
“Meglio ora che sei arrivato!”
Volò tra le sue braccia, dove Robert lo accolse comprensivo e dolce.
Chris poi tornò a badare a miss Kent – “Ovviamente non è mio padre …” – chiarì imbarazzato, ma divertito dalla sua perplessità.
“E’ come se lo fossi invece!” – ribadì Downey, prendendolo poi per un polso – “Avanti mostrami la tua reggia Chris, ai mobili penso io, ok?”
“Ok … ti adoro.” – sussurrò, scambiando un’occhiata complice con Rob, ma senza alcuna malizia.
JULY
EWAN MCGREGOR is OWEN RICE
ROBERT
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