giovedì 29 agosto 2013

ZEN - CAPITOLO N. 173

Capitolo n. 173 – zen


“Che succede?”
Lo sguardo di Harry si conficcò in quello di Louis, appoggiato alla penisola del living di Geffen, rimasto nello studio accanto, incuriosito da quell’incontro richiesto da Lux, seduto sul davanzale.

“E lui cosa vuole?” – insistette Haz, in quella richiesta di chiarimenti immediati.

“Lui ha un nome: Vincent. Ed è una brava persona” – precisò fissandolo Louis, immobile e pallido.
“Non stai bene …?” – chiese Harry, notando il suo pallore, facendogli vibrare l’addome.

“Oggi doveva essere una giornata speciale”
Lou sembrò cominciare quel discorso, prendendo le distanze, non solo fisiche dal compagno, ma, soprattutto, dalle proprie emozioni tumultuose.
Lux non diceva nulla.
Li osservava.

“In che senso, Lou?”
“Nel senso che avremmo fatto qualcosa di straordinario, tu ed io, non senza l’aiuto di Vincent, ma a ciò c’è una spiegazione plausibile e pulita.”
“Non … non capisco”
“Si chiamava Jacques, suo figlio intendo: parlo al passato, perché Vincent l’ha perso in un incidente, una disgrazia dalla quale non si è mai ripreso completamente.”
“Mi dispiace …” – mormorò Haz, senza comunque guardare Lux direttamente.
“In me ha rivisto Jacques, tanto da non mancarmi mai di rispetto, anzi, al suo posto, chiunque avrebbe approfittato della nostra crisi, prima della Francia, però lui non l’ha fatto e si è prodigato affinché io tornassi da te, con …” – Louis sorrise amaro – “… con una specie di dote, molto sostanziosa, di cui disporre liberamente, senza compromessi”
Harry inarcò il sopracciglio sinistro, chiudendo le dita a pugno, ma per poco.
“So cosa stai pensando, è più forte di te, vero Haz? Neppure ora hai fiducia in ciò che dico”
“Io vorrei crederti … se solo capissi cosa state tramando” – replicò asciutto.
“Nessuna congiura, nessun tranello, nemmeno la benché minima sorpresa, semplicemente onestà, Harry: quella che è mancata a te, da quando siamo insieme”
“Onestà su cosa?? Ma che diavolo dici, Lou??”
“A volte sai …” – la sua voce si incrinò – “… le cose avvengono per un preciso motivo e forse, l’avere colto la tua conversazione insieme a Sylvie e quella sconosciuta, su di voi, sul bambino, su quella patetica asserzione di paternità … Ha un senso, ecco” – e lo puntò, le iridi increspate di rabbia e pianto.
Harry si mise le mani tra i capelli, tirandoseli via dalla fronte un po’ sudata.
“Quindi ci spiavi?”
“Cosa …?” – sibilò Louis, facendo un passo avanti.
Harry non si mosse.
“E come lo definiresti il tuo comportamento?”
“Io ero passato dallo studio per portarti dal notaio, per intestare anche a te la casa che volevo acquistare!!” – inveii furente.
“Quale casa …?”
“Dio … O sei stupido o semplicemente non te ne frega un cazzo Harry!!”
Il giovane avvampò – “Potevi parlarmene, doveva essere una decisione comune e poi con i soldi di quello stronzo io non ci avrei mai comprato una casa, nemmeno con te Louis!! E’ denaro lurido, fatto chissà in quale modo!!”

La sua difesa apparve puerile anche a Lux, che fece fatica a tacere, ma almeno una precisazione era dovuta.
“Cosa credi? Che mi sia arricchito spacciando od ammazzando qualcuno?? Sei così ottuso da non crederci ed arrogante come nessuno!!” – gli gridò in faccia, ma Harry lo spinse via, ritrovandosi poi a terra, strattonato con vigore da Louis – “Lascialo stare!!”

Harry lo lacerò con un’occhiata altrettanto ferita: “Da quando frequenti questo bastardo non cerchi altro che accaparrarti la sua attenzione!! Anche tu non cambierai mai Louis, sei marcio come la sua reputazione!!”

Tutto trascese, apparendo irrecuperabile ai presenti ed a chi stava seguendo a breve distanza quello scontro esacerbato dal rancore e dalla gelosia.
Geffen, poco dopo, infatti, dovette intervenire per separarli, aiutato da un Lux oltremodo deluso e sconvolto per come Harry aveva reagito.

Fuori la notte era così buia.


“Saremo aperti sino alla vigilia di Natale, per raccogliere più fondi possibili, a favore dell’orfanotrofio Saint Claire, per cui venite numerosi: cucineremo vegan, ma anche classico, cibo da asporto e pizze fantastiche”
Jared spiegò il progetto del Dark blue, che sarebbe rinato durante quell’unica settimana prima del Natale, ad un’attenta ed entusiasta giornalista del Los Angeles news.
“Mio fratello Shan preparerà patatine e caffè, le sue specialità, poi Tomo penserà ai mofo dolci ed il mio Colin servirà ai tavoli, dove io l’affiancherò”
“Splendida idea … quindi apertura domenica sera? Dopo domani Jared?”
“Sì, infatti, non vediamo l’ora e vi aspettiamo numerosi!” – e con una smorfia delle sue, si congedò da quella cronista piuttosto avvenente.

Appena furono soli, i Mars si squadrarono: poi iniziarono a frignare, saltellando idioti per la stanza, mentre Colin li guardava sconfortato ed oberato di faccende, sembrando l’unico a lavorare con abnegazione.
Li richiamò all’ordine suonando una campana, usata dall’anziana proprietaria per decretare la chiusura dopo la mezzanotte, perfetta per l’uso che ne stava facendo ora l’irlandese.
“Non ce la faremo mai Cole!!” – starnazzò Jared, facendo ridere gli amici ed il proprio uomo, che lo sollevò sulla spalla sinistra, come fosse un tappeto, sculacciandolo sonoramente.
“Ed ora mettiamoci sotto, se no col cavolo che sbarcheremo il lunario, disgraziati!!”


Louis non ricordava come ci era arrivato.
Giaceva sopra un comodo letto, in una camera illuminata unicamente da un caminetto.
Era solo ed a poco a poco ricostruì nella mente, quanto accorsogli non più tardi di un paio d’ore prima: era salito faticosamente sull’auto di Lux, che di diresse alla sua villa di Los Feliz, non senza il consenso esplicito del ragazzo.

Lou rammentava il sapore delle lacrime e della pelle del sedile, dove si era come abbarbicato, in preda ad una convulsione diffusa e sgradevole.
Voleva morire, morire sul serio.
Harry gli aveva strappato il cuore, con le sue barriere, le sue accuse, il livore, che mai l’avevano abbandonato: senza neppure dargli una spiegazione su quel comportamento assurdo, avuto con Sylvie ed Alain.

Probabilmente aveva perso i sensi o quasi.
C’erano stati poi degli scalini, quelli per salire al primo piano: ci inciampò, sostenuto da Vincent, che lo confortava con dei baci sfuggenti tra i capelli, dicendo che si sarebbe risolto tutto.
“Invece non si sarebbe risolto proprio un bel niente …”
Louis era certo di averglielo sussurrato, prima di stendersi, senza che l’uomo lo spogliasse, se non delle scarpe e del maglione, lasciandolo in jeans e maglietta, oltre a dei calzini multicolore, che fecero sorridere il francese.

Ispezionando l’ambiente circostante, Lou si sollevò, togliendosi quei pochi indumenti, con l’idea di farsi una doccia.
Vincent non c’era e questo turbò Louis.
Si lavò velocemente e, con un semplice telo addosso, iniziò a girovagare per i corridoi, sino ad arrivare al terzo piano dell’edificio.

C’era come un’anticamera e poi un enorme spazio senza arredi, a parte costosi tappeti ed un focolare in pietra, che dal fondo illuminava tutto il resto, immerso nell’oscurità, tranne un angolo, dove Lux era in posizione yoga, seminudo, abbronzato e tonico, a palpebre chiuse, in meditazione.
Aveva acceso decine di candele e bruciava incensi, senza aprire gli occhi, dicendo qualcosa, che Louis non riusciva a percepire.
Quindi gli si avvicinò.

“Tesoro …”
Vincent si accorse di lui da subito.
“Scusami … Non volevo … rovinare questa perfezione” – gli sorrise, accovacciandosi.


Lux tese le braccia, poi l’avvolse amorevole – “Scusami tu, per non essere rimasto, ma ormai dormivi e volevo lasciarti in pace” – e gli sorrise.

“In pace …? Tu non dovresti mai staccarti da me … Io sono una frana, combino solo pasticci” – e sgranò gli occhi grandi, incantevoli, sforzandosi di essere ironico, per alleggerire quei momenti così cupi, per la sua dignità, schiacciata dalle invettive di Harry, che ancora sembrarono rimbombargli nel cuore.

“Ok, lo farò … come un francobollo, che ne dici?” – e, spostandogli le ciocche dal volto segnato e vermiglio, gli marcò gli zigomi con i pollici.
Aveva un buon profumo; probabilmente derivava dall’unguento che Lux aveva usato, anche per il resto del suo corpo.
Lou abbassò lo sguardo, mordendosi le labbra.
“Vincent io …”
“No, non adesso … E’ troppo presto” – e lo strinse, per poi cullarlo.

Il giovane si abbandonò completamente a lui, alla sua saggezza, mentre la propria intimità, rivelata da quell’asciugamano ormai scivolato via, si stava come ribellando, acerba, ma virtuosa, reagendo al tocco, seppure innocente, di Lux.

Si allungarono, Louis a pancia in su, Vincent girato sul fianco sinistro, come ad ammirarlo.
Lou deglutì, vibrando, mentre la propria mano non voleva rinunciare a quelle carezze, che l’altro gli stava dolcemente negando.

“Vincent …”
“Non posso impedirtelo …” – disse pacato, penetrandolo con gli occhi, con i respiri, che accelerarono, impercettibili, nell’assistere a quella meraviglia, cristallizzata in Louis, nella sua purezza, sebbene sfrontata ed erotica.

I singulti che ne seguirono, intossicarono l’aria: il suo petit enfant, si stava toccando, quasi come se un orgasmo solitario potesse sedare lo sconforto, che albergava in ogni sua espressione, in ogni movimento, anche il più banale.

Louis non si era mai sentito così inadeguato, dopo lo scontro con Harry e così a proprio agio, come in quel frangente di assoluta serenità, accanto ad una persona incredibile, quale gli appariva Lux, sempre di più.

Mentre veniva, Louis girò il viso verso il petto di Vincent, troppo vicino per sfuggire alla sua bocca, schiusasi ansimante, all’altezza del suo cuore, ormai in fiamme.
Poi pianse.
E con lui, anche Vincent stesso.
Si riaggrovigliarono, promettendosi tacitamente che non si sarebbero mai più lasciati.
A loro non servivano parole; non più, da quel preciso istante.


Geffen lo riaccompagnò.
Harry aveva dimenticato tutto in ufficio, dal tablet, al cellulare, ma almeno le chiavi gli erano rimaste nella tasca del cappotto.

“Ora calmati” – disse pacato Glam, ma non servì.
Haz scese repentino, andando a vomitare in un angolo, contro un muro pieno di scritte e graffiti volgari; non era un quartiere molto chic, in effetti.

Geffen sbuffò.
Lo raggiunse, porgendogli dell’acqua.
“Grazie … Vai pure, saprò cavarmela …”
“In queste condizioni? Risali, andiamocene, ti porto da Antonio”
“No, voglio stare qui, magari Louis torna e”
“Non dire stronzate!”
Harry scoppiò a piangere – “Perché mi date tutti contro??”

Glam colse la sua afflizione e lo abbracciò paterno.
“Avanti … Nessuno ce l’ha con te, a parte Louis … Sylvie mi ha spiegato”
“Co cosa?”
“Mentre vi scannavate l’ho chiamata, sentendola nominare nei vostri discorsi”
“Capisco … Comunque Glam, io voglio rimanere … E’ questa la nostra casa … E’ di Lou veramente …”
“Mentre quella che avrebbe comprato, sarebbe stata  vostra: possibile tu non comprenda il suo gesto, carico d’amore? Ha sempre voluto il meglio per te, non so più come dirtelo, accidenti”
“Ma non con la sponsorizzazione di quel … di quel maiale!” – ruggì esasperato.
“Vincent poteva giocare sporco, invece non l’ha fatto e sarebbe la seconda occasione, che il fato gli mette sotto il naso: sei un coglione, lascia che te lo dica Harry!”
“Io sono … sono solo innamorato di Louis … ed è lui che voglio nella mia vita, non Sylvie o chissà quale altra ragazza … Cosa pretendevate? Che io dicessi a quella signora che sono gay e che convivo con Lou e che” – il fiato gli si bruciò in gola.
“La verità rende liberi, ma, in questo caso, un doveroso silenzio avrebbe salvato capra e cavoli …” – Geffen sorrise mesto.
“Non mi vergogno di noi, cazzo!!”
“Gli eventi raccontano una verità differente, Haz.” – controbatté severo.
“E che … che scherzavo … No, no, è una bugia …” – arrossì.
“Appunto”
“Eppure Glam, tu conosci la discriminazione nel nostro ambiente: potrei anche essere costretto a calarmi in una vita, che non mi appartiene, rinnegando me stesso, per fare carriera, per realizzare i miei progetti!”
“Non con me, non finché sarò io il capo! Quel dannato studio legale è della mia famiglia da tre generazioni e, con tutte le riserve del caso, l’ultima resta la migliore!” – affermò convinto.






Harry tornò sull’hummer, a testa china.
Si era persuaso a seguire Geffen.
Ormai era quasi l’una ed il traffico scorrevole verso Palm Springs.
Cambiarono meta, pensando anche a Lula, che avrebbe trascorso il week end lì, insieme a Kevin e Tim, già arrivati con il bimbo sull’oceano.

Il vetro era gelido, la tempia di Harry pulsante, mentre i chilometri scorrevano nei suoi occhi stanchi.
L’alba sembrava non arrivare mai.
Mai.















mercoledì 28 agosto 2013

ZEN - CAPITOLO N. 172

Capitolo n. 172 – zen




Sara Parker aveva sigillato la serranda del Dark blue con un lucchetto, che Colin faticò ad aprire.
“Dio … è arrugginito Jared!”
“Lo vedo … ecco ci sei riuscito!”- e rise, inginocchiato, per poi sollevare quell’unica barriera tra loro ed il vecchio locale, così caro al leader dei Mars.
Sara, coetanea di sua madre, fu la prima a dargli una mano, appena Leto giunse in città.
Si pagava una camera scalcinata, al motel di fronte, con il salario di lavapiatti, che la donna gli assicurava settimanalmente, oltre ad un ottimo cibo vegetariano, al quale lui si stava appassionando, anche per mantenere una forma invidiabile.

Farrell lo scrutò, appena Jared accese le luci.
“Strano, sembra funzionare tutto …” – e provò anche i rubinetti ed i fornelli in cucina.
“Come ci vengono certe idee, Jay?”
“Non lo so amore …” – e si guardò intorno, notando anche una discreta pulizia generale.
Lanciò uno scopettone all’irlandese ed esclamò – “Al lavoro, tra due giorni siamo di scena!”
“Come diavolo faremo per il cibo, le bibite …!?!”
“Sara mi ha dato una lista di fornitori di fiducia ed io mi attacco subito al telefono” – spiegò solenne.
Colin aggrottò la fronte – “Ehm … tesoro … come mai tu agli approvvigionamenti ed io … ai pavimenti??!” – e ringhiò, recuperando anche un paio di secchi.
“Non brontolare, qui si tratta di talento e tu … ne hai molto in certe cose” – e gli fece un occhiolino esaustivo.
“Ma Jay!!”


Lux rispose al telefono con una voce cavernosa.
“Sì … chi è …?”
“Ciao sono io … Ti disturbo?”
Il tono squillante di Louis quasi lo fece sobbalzare.
“Mon petit … No, no” – e tossendo si mise seduto, controllando l’ora.
Erano appena le otto.
“Sai pensavo una cosa …” – mormorò esitante.
“Dimmi tesoro”
Lou sorrise – “E’ per la casa”
“Non la vuoi più?”
“No, anzi, ma preferirei coinvolgere Harry, dal notaio insomma, per intestare la proprietà ad entrambi, ma volevo lo sapessi ed avere la tua approvazione”
“La mia …?”
“Sì, i soldi me li hai dati tu”
“L’ho fatto perché realizzassi i tuoi sogni, Louis, senza dovermi chiedere il permesso” – replicò dolce, accendendosi una sigaretta.
“Non fumare, è così presto”
“Louis …” – arrise alla sua premura e la spense.
“Bravo!” – esclamò il ragazzo, parcheggiando nei pressi della sede di Geffen.
“Anche tu, a condividere questo progetto con il tuo Harry, fai benissimo” – affermò sincero.
“Ok … Ora lo farò più soddisfatto”
“Meno male … Dove sei?”
“Sotto l’ufficio di Harry, arriva presto, io sono uscito un po’ prima, mi crede in università … Gli farò una sorpresa”
“Splendido piano … A che ora vai in agenzia?”
“Per le dieci, Vincent, poi ti faccio sapere …”
“Magari pranziamo insieme, se sei solo Lou”
“Penso di sì, Haz è oberato di impegni e poi gli farò perdere tempo per le firme dell’atto”
“Sarà tempo prezioso, lo apprezzerà molto, vedrai” – ed allegro si diresse verso il box doccia.
“Ti lascio, sta arrivando … ah c’è Sylvie con Alain, lo starà portando all’asilo, dopo la colazione al bar con Harry: lui la salta sempre a casa se io non ci sono … si trattano bene” – sibilò divertito.
“Buona fortuna angelo mio … a dopo, se vorrai”
“Certo … Ti ringrazio, per tutto Vincent … Ti aggiorno quanto prima, ciao!” – e, sceso dall’auto, andò a piazzarsi dietro la prima colonna sul suo cammino, in attesa che Sylvie proseguisse, lasciandogli campo libero con Harry, che dialogava sereno insieme alla collega, concentrata a tenere saldamente per mano il figlio, piuttosto vivace.

Sopraggiunse una signora, carica di borse, che quasi travolse il terzetto, lasciando cadere un paio di pacchetti, che Harry si affrettò a raccogliere.
Alain fece un saltello, ridendo per quell’imprevisto: Sylvie lo prese in braccio, rimproverandolo per l’eccessivo chiasso, ma l’anziana donna gli diede un buffetto, approvando la sua esaltazione genuina.
“E’ splendido, che occhi, tutto il suo papà” – e puntò Harry, che rimase interdetto per un istante.
“Certo poi la somiglianza con la mamma è notevole” – precisò lei e Sylvie arrossì, compiaciuta.
“Siete davvero una splendida coppia e lei ha un consorte davvero educato e lei una splendida moglie, per non parlare di questo gioiello” – e scompigliò i capelli di Alain, che non diceva nulla, quasi infastidito da quell’esuberante sconosciuta.
Imparagonabile a quello che stava provando Louis, soprattutto nell’ascoltare il compagno, che, ossequioso, se ne uscì con un – “La ringrazio, è troppo gentile”
“Dico solo ciò che vedo, buona giornata”
“Salve …” – concluse flebile Harry, sotto lo sguardo interdetto di Sylvie, che, appena rimasero nuovamente soli, non esitò a fargli un sonoro appunto.
“Ehi, ma sei impazzito?” – chiese piano, per non turbare Alain.
“In che senso?”
“Spacciarti per il padre di Alain, per … mio marito??”
“Mi parli come se fossi un mostro!” – protestò aspro.
“Assolutamente, però cosa diavolo ti è preso? Giocare alla bella famigliola, non so se ti rendi conto”
“Quante storie, ne fai una tragedia, quella tizia era talmente affabile, mi spiaceva contraddirla” – si giustificò inconsistente.
Sylvie strizzò le palpebre – “Farò finta che non sia successo, comunque rifletti su come reagirebbe Louis se sapesse”
“Non dire cavolate!” – ed avvampò.
“Forse sei confuso Harry, così arguto ed avanti nel tuo lavoro, ma probabilmente immaturo per il resto ed incosciente, ammettilo”
“Dovresti essere lusingata ed invece mi fai la predica, non ti capisco proprio!”
La ragazza scrollò la testa, severa – “Quello che deve schiarirsi le idee, qui, sei unicamente tu, fattene una ragione.” – e se ne andò.
Harry si grattò la nuca, imbarazzato; si appoggiò al muro, senza sapere che al lato opposto restava Louis, immobile, mortificato e derubato da ogni respiro.
I palmi di Lou erano aperti sull’intonaco bianco, come a sostenersi, le labbra serrate, incapaci ormai di trattenere un urlo di sconforto ed umiliazione.
Eppure Louis non disse niente; si ossigenò, per non svenire, poi fuggì via.


“Sai Jay, quando realizzammo Una casa alla fine del mondo, la trama prevedeva appunto di aprire un ristorante, recuperando un ambiente ridotto piuttosto male”
“Sì, ricordo il film, eri magnifico, eri semplicemente  tu … Il vero, autentico Colin James Farrell, puro, sensibile, volenteroso, altruista e … molto gay” – Leto sorrise innamorato, abbracciandolo, per dargli un bacio, con il cuore nella sua bocca generosa.
Si guardarono.
Una lacrima rigò il volto abbronzato dell’attore.
“Cole …”
“E’ passato così tanto tempo …”
“Cosa”
“Non tornerà più Jay” – lo interruppe sorridendo, per poi stringerlo, con immensa tenerezza.
“Noi siamo ancora qui Cole …” – anche il cantante si commosse.
“Nessuno mi aveva mai guardato, come facevi tu, ogni mattina, quando mi salutavi, anche se il tuo impegno per rendere al meglio sul set di Oliver assorbiva ogni tua energia, avevi sempre una parola per me … Una carezza … Mi sfioravi le mani, la schiena, mi tenevi con te, anche se c’erano decine di persone tra noi e ci spiavamo a distanza, rammenti?”
“Sì Colin … le mie pulsazioni erano a mille e provavo a mantenere la calma … impossibile … Mi scavavi dentro e se avevamo appena trascorso la notte insieme, la mia agitazione cresceva … Dimenticavo le battute”
“Ed io inciampavo ovunque per guardarti”
Risero.
Farrell prese un lungo respiro – “Eri e sei bellissimo, Jared”
“Ti amo Colin”
“Ti amo anch’io” – e si baciarono di nuovo.

“Ehi dove le metto le birre?! Ops … scusatemi …”
Un omone piombò nell’ingresso ed i due artisti ebbero un sussulto.
Leto inarcò un sopracciglio.
“Arthur …? Sei tu …?”
“Jared …? … L’usignolo chitarrista, non posso crederci, ma cosa diavolo …”
“Arthur!” – e si precipitò a salutarlo, trascinando per mano Colin.
“Quando mi hanno passato l’ordinazione pensavo fosse uno scherzo, Sara ha chiuso da anni, poi ho visto che c’era l’insegna accesa … Tu dovresti essere in collina o sbaglio?” – scherzò bonariamente.
“Sì, in effetti … Ti presento mio marito, Colin Farrell”
“Piacere …” – e gli diede la mano – “Lo conosco bene” – rise.
“Certo che sì … Non dovresti essere in pensione?”
“No Jay, volevo fare studiare anche il mio quarto figlio”
“Fantastico … Per le bibite tu sai cosa fare, qui è tutto uguale …”
“L’aiuto” – disse Colin gentile.
“Dammi del tu … Recupero un altro carrello e torno subito”

Jared lo seguì con lo sguardo – “E’ una brava persona”
“Sì e tu sei adorabile, con chiunque incontri …”
“Ho imparato da te, Colin e questo lo sai” – replicò rapito dai suoi quarzi liquidi, che sembravano avvolgerlo e custodirlo, senza mai avere smesso di farlo, dal principio della loro unione.


Il citofono lo distrasse dalla sua vana intenzione di sistemare l’armadio.
Lux gettò l’ennesima camicia nel mucchio, creatosi pericolosamente sopra ad una poltrona del settecento ed andò a vedere chi fosse.
Lo schermo si accese, rivelando la presenza di Louis.
“Tesoro …”
“Perdonami, non volevo disturbarti … Non sapevo dove andare …”
Vincent gli aprì immediatamente, precipitandosi giù dalle scale, sino all’ingresso della sua residenza.
Il giovane richiuse la blindata alle sue spalle, collidendo poi con l’uomo, che lo avvolse, sollevandolo quasi – “Louis, tesoro, cosa ti prende?” – domandò angosciato.
“Non … non mi sento bene …”
“Mio Dio chiamo un’ambulanza, che cos’hai??”
“Ho … ho sete … non chiamare nessuno, ti prego” – disse in affanno.
Lux lo portò sul divano della sala adiacente, recuperando in fretta una bottiglietta di Evian, che Louis assaggiò appena.
“Bevine ancora, ti preparo un caffè o vuoi un’aspirina, ti supplico spiegami mon petit enfant o potrei impazzire” – e gli raccolse gli zigomi, fissandolo, mentre il colorito del ragazzo migliorava.


Geffen lo aveva visto partire con una fretta indiavolata, ma ciò che lo colpì, fu l’espressione sconvolta di Louis, oltre al suo stritolare il volante, prima di ingranare la marcia ed allontanarsi.
Ora, affacciato alle vetrate, Glam di interrogava sulle cause di quella reazione, considerata la calma di Harry nello svolgere le proprie mansioni.

Flora fece accomodare Tom, atteso dall’avvocato per istruire la pratica di adozione all’orfanotrofio dove Robert e Jude avevano accolto tra le loro braccia Diamond.

“Ciao, Chris non c’è?” – chiese con un bel sorriso, mentre il terapista si sedeva emozionato all’altro capo della scrivania.
“Arriva tra un quarto d’ora, abbi pazienza Glam”
“Nessun problema … Dunque siamo pronti?”
“Sono … terrorizzato”
“Lo ero anch’io, quando Lula entrò nella mia vita, scegliendo di renderla straordinaria, Tommy”
“Tu ne sei così … innamorato Glam e lui vive per te”
“Hai ragione, come neppure immagini” – ed il suo sguardo si posò su uno dei  tanti scatti incorniciati di sé con soldino, esaltati da un’aurea particolare.


Vincent gli baciò teneramente le tempie, asciugando quel pianto, che sembrava non dare cenno di fermarsi.
“E’ stato un equivoco, mon petit enfant, null’altro che questo” – gli disse quasi sommesso, guardandolo.
Louis gli aveva narrato i dettagli di quello spiacevole incontro.
“No … No, tu non l’hai visto, i suoi occhi, il tono … Il suo adirarsi con Sylvie, che mi vuole bene e mi ha difeso inconsapevole sulla mia presenza” – obiettò, mettendosi seduto sopra il divano, dove Lux lo stava consolando.
“Lei è stata … logica, irruente, forse, un po’ come sei tu amore” – e rise pacato.
“No”
L’ex poliziotto scosse il capo, inspirando – “Risolviamo questo pasticcio, devi parlare con Harry, avanti …”
“Per sentirmi dire che cosa?? Che mi hai dato il denaro per l’acquisto della villa, perché mi sono di certo venduto a te??!”

La sua alterazione era dura, ma senza infantilismi, nonostante Lux lo stesse trattando come un cucciolo ferito.

“Ti accompagnerò e spiegherò che il mio è stato un semplice dono, come quello di un padre ad un figlio, al mio Jacques che non c’è più: anche Harry dovrà comprendere le mie ragioni” – ribatté serio, senza mai abbandonare il corpo di Louis, che sembrava aggrapparsi a lui, ad ogni sua parola, ad ogni respiro di Vincent.

“La mia delusione è pari alla sorpresa di ascoltare Harry esprimersi in quel modo, rivelando forse ciò a cui aspira e che non ha mai avuto il coraggio di ammettere”
“Una vita da etero? Una bella donna al fianco, la paternità? Semmai avviene il contrario, Louis, non credi?”
“Paradossi esistenziali, io li definisco così” – ed accennò un broncio, capace di fare impazzire ogni senso di Lux.
Questi, comunque, mantenne un’integrità notevole.
“Sai cosa potrebbe invece dirti Haz? Che hai colto la palla al balzo per mandarlo al diavolo e preferirgli il sottoscritto: idem su di me, se io appoggiassi la tua presa di posizione, approfittandomi della situazione come il peggiore degli avvoltoi!”
“Tu la vedresti così, se fossi lui?” – bissò secco.
Lux annuì deciso – “Al cento per cento Lou”
Il giovane sorrise – “Amo la tua schiettezza … Amo tante cose di te e sono sicuro che non potrai contraddirmi almeno su una, la più speciale”
“E … quale sarebbe mon petit enfant …?” – chiese assorto.
“Tu mi ami come io ho sempre desiderato, Vincent. Sai tutto del mio passato eppure non c’è un’ombra, una sfumatura amara, nel tuo donarti a me … Ed io vorrei ricambiare questo miracolo, che forse non merito neppure, sai?” – e il suo respiro si spezzò.
Lux lo strinse, strizzando le palpebre, il cuore imploso in milioni di schegge, che gli arrivarono dal petto agli occhi, colmi di lacrime, anche per lui, adesso.

“Telefona ad Harry … Incontriamolo in un luogo appartato, magari il loft di Geffen, è attiguo al suo studio … Se vuoi lo avviso io, ma non puoi rimanere qui, senza fare ciò che va fatto, Louis …”
“D’accordo, come vuoi … Anche se non so cosa Haz potrà inventarsi per salvare la nostra storia questa volta: non sono disposto a perdonarlo e non tornerò indietro così facilmente” – affermò risoluto.

Lux tremò, pensando che da quel giorno Louis poteva entrare a giusta ragione nel suo quotidiano, come ambiva, ma altresì non osava neppure chiedere alla buona sorte, giratasi a suo favore, meravigliosamente inaspettata ed improvvisa.













lunedì 26 agosto 2013

ZEN - CAPITOLO N. 171

 Capitolo n. 171 – zen


Robert abbandonò la tavola per andare incontro a Jude.
L’inglese era da solo.
“Amore dov’è Colin?”
Anche Jared sembrò chiedergli lo stesso, mentre li raggiungeva.
“E’ di sopra, ha un’emicrania insopportabile …” – e fissò Leto, che oltrepassò la coppia, sotto lo sguardo incuriosito dei presenti.

Tim era al centro della massima attenzione, accarezzato e sostenuto da Kevin, nel raccontare come le vicissitudini causate da Steadman erano giunte finalmente all’epilogo, anche se tragico.

Geffen si ritrovò incastrato nella doppia sensazione di serenità verso l’ex, riconciliato con il marito, ma, soprattutto, di apprensione per Jared, troppo taciturno nei suoi riguardi ed insofferente anche alle piccole cose.

Avrebbe voluto seguirlo, ascoltare la sua conversazione insieme a Farrell, riverso sul letto, nella camera che con Jared condivideva dal nonno, da sempre, spesso spettatrice di notti appassionate tra lui ed il leader dei Mars.
I suoi zaffiri si erano posati sul corpo del marito, nudo tra le lenzuola, perché accaldato, ma anche immobile, in un dormiveglia nervoso e sgradevole.
Almeno finché non si avvide della sua presenza: tese le mani a Jared, che si precipitò da lui, il cuore in gola.

“Che è successo Cole?”
“Ho bevuto Jay … Due birre, ma mi hanno ridotto così” – mormorò affranto, sollevandosi a fatica.
“Tesoro ...” – e lo strinse forte, inginocchiandosi sul materasso.
“Mi mancavi … e non capisco più cosa non funziona tra noi … Dopo il Marocco io credevo”
“Colin ascolta” – e gli afferrò il viso per gli zigomi, fissandolo intenso.
“E’ … è colpa mia?” – chiese l’attore, le iridi tremanti.
“No Cole … no, ma ho tanta paura anch’io … ogni giorno,  di perderti”
Chiusero gli occhi, vedendosi anche in quel modo, saldando poi le fronti madide.
I loro respiri ed ogni centimetro della pelle di entrambi, erano talmente noti l’un l’altro, da confermare un’appartenenza assoluta.

“Perché continui a credere che io possa lasciarti, Jay? Non sono mai stato così innamorato di te, come in questo ultimo anno e non che nei precedenti lo fossi di meno, sia chiaro” – sorrise timido, con il terrore costante di dire qualcosa di inopportuno.
Leto lo percepì, quel disagio, quanto meno assurdo.
“Ci siamo fottuti la nostra complicità, sai Cole? Me ne rendo conto, quando ti sento tremare in questa maniera, quando credi di essere sotto esame continuo, per il mio carattere di merda, per questo egocentrismo da vittima, di cui dovrei vergognarmi a morte, con un compagno come sei tu … amore mio adorato” – e lo baciò, arrivando a quella profondità, dove si erano promessi e scelti, senza una scadenza, senza più incertezze.

Era la loro fetta di paradiso: peccato non riconoscerla più, tra le pieghe della quotidianità, degli incontri, degli amici, scambiati per potenziali avversari, senza più naturalezza, ma unicamente schiavi di ossessioni, di quel senso del possesso malato e non intrigante, che, invece, avrebbe fatto un bene immenso alla loro unione, di per sé già irripetibile.

“Andiamo via Jay … Stiamo per conto nostro, ma senza fughe … Ogni volta che si apre una di queste voragini, dopo mesi di serenità, di abitudini rassicuranti, per me è come impazzire e ricadere nella peggiore delle dipendenze … Io non voglio più che accada, non voglio rifugiarmi nell’oblio di farmaci od alcolici”
“Ed io meno di te” – Leto gli sorrise, baciandolo ancora.
Colin lo spogliò e, dopo qualche istante, intrecciati e silenziosi, si addormentarono, senza più incubi.


Si incontrarono in un posto segreto e da lì salirono alle colline, con la fuoriserie di Lux.
L’uomo non era disturbato minimamente da jet lag, al contrario delle volte precedenti, in cui rientrava in California dall’amata Europa.
Si sentiva il sangue scorrere a mille, la parlantina sciolta, le farfalle nello stomaco, alla stregua della più classica delle cotte.

Invece era amore.
Amore puro.

Lo disegnava in arabeschi invisibili, ogni volta che il suo sguardo si posava sul volto di Louis, tra i suoi capelli mossi e profumati, lungo la linea del suo fisico esile, ma tonico, proporzionato ed attraente.
Il punto migliore restava tra la sua vita, sottile, giù per i fianchi, intorno a quelle due colline disegnate da un artista ispirato, evidenziate da jeans aderenti e senza nulla sotto: a Vincent sembrò plausibile paragonare Lou ad una creatura magnifica, dono insperato da parte di un sarcastico destino: un fato in cui c’era infatti scritto, esclusivamente, il nome di Harry e non il suo.

“Siamo arrivati mon petit enfant … L’agente è quello?”
“Sì, ci siamo parlati stamattina, è puntuale … Come noi!” – e, facendogli l’occhiolino, il giovane saltò giù dall’auto, senza aprire neppure la portiera.
Lux scese invece con calma, inforcando gli occhiali scuri, per poi dirigersi verso quel funzionario un po’ impettito, stringendogli educatamente la mano.

“Vi faccio strada, è una proprietà di livello, ad un prezzo modico … L’offerta, purtroppo, supera la richiesta da anni …”
“In effetti ho qualche dubbio” – affermò Louis, controllando i serramenti.
“A che proposito, scusi?”
“Troppo bello per essere vero: posizione invidiabile, arredata con gusto, super accessoriata … Vero papi?” – chiese approvazione a Vincent, stupendolo con quell’appellativo, scaturito tempo prima, anche nei riguardi di Geffen.

Lux abbozzò – “In effetti, così sembrerebbe, ma … La società del signor Hermans,  è estremamente seria e quotata a Los Angeles” – affermò il francese, togliendosi i Ray-Ban, guardando amorevole in direzione di Louis.
“Dia ascolto a suo padre, è un uomo informato!” – sentenziò quel tizio, troppo ingessato e stitico, ma così divertente, senza neppure saperlo.

Louis si avvicinò a Vincent, fermandosi a qualche centimetro dalla sua faccia incuriosita.
“Mio padre sa quello che dice, concordo mr Hermans”
“Bene, proseguiamo nel tour” – e si allontanò.

Vincent strizzò le palpebre – “Sfacciato …” – bisbigliò divertito.
Lou avvampò – “Cavoli … ho esagerato, vero? Sono un coglione, uno scemo, un”
Lux lo avvolse, tappandogli la bocca con il palmo sinistro – “Mon Dieux quanto chiacchieri cucciolo!” – e rise solare.
Louis si appese a lui, riconoscente – “E’ merito tuo … mi hai dato fiducia, senza compromessi, senza farmi sentire inadeguato … opportunista e …”
“Non dire mai più quella parola e niente di simile, angelo mio …” – replicò assorto e dolce.
Il ragazzo si commosse.
Vincent si morse il labbro inferiore, inspirando, mentre mr Hermans li sollecitava dalla mansarda.

“Non viverla male, Louis, però … Io … ti amo tanto”
“Anch’io ti … ti amo” – balbettò, ritornando tra le sue ali, in un’overdose di affetto e gioia, che non aveva provato mai.

Lux capì quanto gli mancasse una figura genitoriale maschile, quanto Louis fosse carente anche di una semplice coccola, di un ti voglio bene, arrivato mai, da chi il giovane sperava.
Avrebbe voluto conoscere chi lo aveva messo al mondo, per spiegargli quanto Louis fosse speciale, quanto sia il padre che la madre dovessero pentirsi per non avergli dato l’amore ed il rispetto, che il figlio meritava a pieno.
Lux provava rabbia, però avrebbe sopperito a qualsiasi mancanza, non c’erano problemi di sorta.
Se non una crudele, perenne, malinconia.


“Daddy sei qui …”
“Ehi ciao tesoro, stavo guardando la galleria di Antonio” – disse l’avvocato, scorrendo una serie di foto, allineate sopra una lunga mensola in marmo bianco, nella saletta per fumatori, affacciata sull’ala est della residenza Meliti.

“Non dovresti …” – sussurrò il bassista, togliendo la Camel dalla bocca di Geffen, senza che lui protestasse.
“Ok ...”
“Stai per diventare papà per … un tot di volte”
Risero, accomodandosi sul divano.
“Bevi qualcosa Kevin? E Tim?”
“E’ con Lula, gli sta assemblando quel trenino, il nonno glielo ha comprato in anticipo”
“Non riesce a dirgli mai di no …”
“E noi allora? Soldino ci tiene in pugno, Glam”
“Hai ragione … Tutto a posto dunque? Ne sono felice”
“Anch’io daddy … Ho compreso le ragioni di Tim e mi sono reso conto del suo sacrificio: pensare che fosse comunque attratto da Ivo, sì insomma, potrebbe anche essere logico ed io sono l’ultimo a potermi lamentare, visto quanto sono legate a te, con le dovute differenze, tra il mio daddy e Steadman, ovvio” – ammise senza alcuna enfasi.
“Il tuo daddy è un po’ a pezzi, sai? Almeno vedervi riuniti è stato un sollievo; se così non fosse stato, credimi, ne avrei sofferto parecchio”
“Mi dispiace Glam, però avevo bisogno dello spazio e del tempo necessari a metabolizzare quanto avvenuto …”
“Ne avevi ogni diritto Kevin” – e si rialzò, scorgendo Jared e Colin andarsene, tenendosi per mano.

L’ex lo affiancò, senza dire nulla.
Geffen lo scrutò, poi sorrise – “Tutto bene quel che finisce bene … a quanto pare” – e trangugiando l’ultimo sorso di cognac, si congedò, senza fare troppo rumore.


Tom raccolse gli abiti sparsi dalla poltrona alla testata del letto, brontolando qualcosa.
Chris, in accappatoio, sorrise, spiandolo dalla cucina, dove aveva preparato delle uova al tegamino, sature di aceto.

“Lo so, faccio sempre casino …”
“Meno male che lo ammetti” – disse rigido il terapista, aggiungendo un mesto – “In effetti non abbiamo bisogno di un figlio, il bimbo per casa c’è già” – e sparì nel bagno di servizio, a caricare la lavatrice, lo sguardo lucido e nascosto alla vista del tenente.
Chris lo seguì, improvvisamente teso.

“Tommy … stai bene?” – chiese cauto.
“Certo, perché me lo chiedi?” – ribatté senza voltarsi.
“No è che non ne abbiamo più parlato …”
“Di cosa?” – e si girò di scatto, fissandolo con una durezza inconsueta.
“Del … del bambino …”
Il fiato gli si spezzò, ma Tom non voleva frignare, non davanti a quello che i colleghi definivano “vichingo”, così granitico e pronto a risolvere ogni situazione.
Tranne una.

“L’adozione è un argomento off limits, giusto? Laurie, che peraltro è volato ad Haiti insieme a Mason per accogliere Nasir nel loro menage, ti ha raccomandato di starne alla larga, sottolineando che non siamo pronti” – obiettò asciutto.
“Nasir …?”
“Sì, è …” – poi Tom prese fiato – “E’ il loro bambino …” – e si commosse, inevitabilmente.

Hemsworth lo strinse forte, facendogli cadere i panni, che Tom stava come stritolando.
“Chris …” – singhiozzò, arrendendosi alle proprie emozioni.
“Non devi farne una questione per dividerci, per litigare … Io lo voglio un figlio insieme a te, possibile tu non l’abbia ancora capito …?”
Glielo disse con tenerezza, guardandolo poi in adorazione.
Si baciarono.
Il momento era giunto, anche per loro: non restava che coglierlo, senza più indugi od insicurezze.
Lo pensarono, senza dirselo; bastò uno sguardo e poi, ancora un bacio.


“Così glielo ho detto … Non che cambi le cose, anzi, sono stato uno stupido, sai Glam?”
Geffen scosse il capo, prendendo un’altra fetta di Saint honorè: Vincent ne andava ghiotto ed era capace di mangiarsene una intera, quando gli prendevano le crisi di inedia e svilimento, come in quel preciso frangente.
Erano a casa di Lux, dove Glam era passato a salutarlo, dopo una strana telefonata da parte dell’amico d’oltralpe.

“Esattamente cosa gli hai detto?”
“Una cosa sul tipo … non avertene a male, ma io ti amo Louis … Ecco” – e fece spallucce, buffo nel suo lamentarsi, da vecchio stupido innamorato, come si auto definì.
“E lui …?”
“Mon petit enfant, per accontentare questo scemo, ha detto di amarmi, anche lui, capisci?” – e sgranò gli occhi su Glam, che sorrise bonario.
“Quel ragazzino ti adora, sei un papà e”
“Mi ha chiamato papi!”
“Uhm … anche a me, una volta, ma non certo per le stesse ragioni o meglio, non mosso dai medesimi sentimenti … Giocava ed Harry si è incazzato” – rise.
“Merd, allora è un riciclaggio!” – e rise a sua volta, rendendosi conto di come prendeva sul serio ogni sillaba pronunciata da Louis.
“Cosa vuoi, veramente, Vincent? Cosa ti aspetti da tutta questa storia?” – domandò l’avvocato, più serio.
Lux respirò, quindi deglutì a vuoto – “Che Lou sia felice … Solo questo, giuro!” – e si mise il palmo destro sul cuore, carico di battiti per il suo ragazzino.
“Allora lascia che sia … Che tutto capiti, per amore o per forza …”
“Cosa intendi Glam? Non capisco …”
“Voglio dire che se è scritto, tu e Louis avrete la vostra occasione, a meno che entrambi non forziate gli eventi”
“Mai … No, mai, non creerò problemi a Lou ed Haz, sia chiaro!”
“La tua correttezza verrà oltremodo apprezzata da Louis, credo tu lo sappia e che non sia una posa, uno stratagemma, vero Vincent?” – sorrise, un po’ canaglia.
“Non sono mai stato così sincero Glam … E mi sento bene, mi sento … libero, autentico, come se vivessi davvero, dopo un lungo sonno” – spiegò rapito da mille pensieri.
“Vi auguro il meglio, anche se non potrete mai essere tutti e tre soddisfatti … E che non diventi un’agonia, come la mia con Jared, ad esempio …” – e sbuffò, stanco.
“Jared? … Dove si trova, ora?”
“Con il marito, verso nuovi orizzonti … Scappano regolarmente, quando il mondo crolla intorno”
“Scappano da te, mon ami?”
“Può darsi … Può darsi.”