martedì 28 luglio 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 10

Capitolo n. 10 – nakama



Will imprecò, nella pioggia e nel vento della prima sera, una volta giunto al centro del parco antistante la sua abitazione, senza avere ancora ritrovato Rambo.

L’antibiotico, che gli somministrava da giorni, provocava a quella povera bestiola un sacco di effetti collaterali.

Confusione, insofferenza, senso dell’orientamento pari a zero.

Si era già perso un paio di volte, ma questa sembrò da subito la peggiore.

Graham riprese il passo svelto, era già fradicio, ma non gli importava.

Il clima era torrido e quel temporale avrebbe reso l’atmosfera ancora più irrespirabile.

Uno dei punti preferiti da Rambo era il chiosco di panini, ma le ricerche si confermarono infruttuose, appena il medico giunse sotto al patio di quel ritrovo per vegani, dove anche lui mangiava spesso, tra un turno e l’altro.

“Maledizione!” – sibilò verso il vuoto, quindi si riavviò, esasperato.




“Buonasera dottor Laurie, la ringrazio per avermi ricevuto fuori orario”

Hugh sorrise, indicandogli la poltrona – “Mikkelsen, qual buon vento? Non dovevamo vederci più?” – ed ammiccò, notando un’ombra, camminare avanti ed indietro, oltre alla porta chiusa, grazie alla fessura sottostante, tra il bordo dell’infisso ed il pavimento.

Era Jim, con in braccio Nasir, in attesa che lui finisse, per portare il bimbo alla sala giochi, con annessa gelateria, come promessogli sin dal mattino dai genitori.

Mads, però, era un caso talmente interessante, da avere intrigato Laurie sin dal principio delle loro sedute.

Un chirurgo così brillante e carismatico, che sfogava istinti bestiali, scagliandosi su giovani, che di innocente avevano ben poco, dai suoi racconti, a volte deliranti.

Mikkelsen era di certo affetto da un ego grande quanto una casa, in quel periodo nero della sua esistenza, quasi da considerarsi un paziente banale, per certe peculiarità narcisistiche, se non fosse stato per quella dolcezza e quel candore, traboccanti da ogni sua movenza o parola, nell’istante in cui parlava di Will Graham.

Hugh ne rimase a dire poco affascinato e la sua terapia, per recuperare Mads, si basò proprio sull’impegno ed il progetto concreto di riuscire ad entrare nel cuore di Will stesso, conquistandolo, attraverso una rinascita inattesa ed inconfutabile.

“Lei aveva degli impegni, vero? Ho notato Mason in corridoio” – esordì serio, fissandolo.

“Sì, ci siamo presi un impegno con il nostro cucciolo e non possiamo disattenderlo, ma c’è ancora tempo, non si preoccupi”

Reciprocamente non erano mai riusciti a darsi del tu, ma quella formalità era anche fatta di pura educazione.

Mikkelsen era cresciuto tra collegi esclusivi e country club, un padre milionario quanto assente ed una madre alcolizzata e poco devota al consorte.

In compenso la vita di Mads era stata una escalation di successi, scolastici e professionali.

La sua omosessualità, in famiglia, non aveva scandalizzato nessuno, perché a nessuno importava di lui.

Si era costruito e realizzato da solo, rivelandosi un ragazzino prodigio ed una sorta di carro armato in carriera.

Tanta perfezione, doveva pur celare qualche ammaccatura e Hugh aveva un fascicolo pieno zeppo di dettagli su Mikkelsen, che di certo avrebbero fatto la gioia del tenente Hemsworth.

“Come sta Will?” – chiese improvviso l’analista, dopo un breve stallo nella conversazione.

“L’ho visto all’ora di pranzo, a casa sua”

“Bene”

“No, affatto”

“Ci eravamo lasciati con ottime aspettative”

“Sì, l’invito di Will, ma ci ho messo un paio di mesi a farmi avanti”

“Come mai, Mads?”

“Perché mi era sembrato di estorcerglielo quasi, quando lui … Ma lasciamo perdere, è andato tutto storto”

“Tutto cosa, esattamente?”

Lui sa … L’ha sempre saputo, per via di Kirill, il suo ex, che io frequentavo al bordello, altro termine non mi viene!” – quasi ruggì, alterandosi.

“La sua espiazione sembra senza fine”

“La è! Io … Io ho sbagliato, lo riconosco, però mi sono assunto le mie responsabilità, ne sono uscito, ho compreso ogni mio errore” – aggiunse, più stanco.

“Se Will non l’avesse scoperto, grazie a Kirill, lei glielo avrebbe mai detto?”

Una domanda tagliente.
Che rimase senza risposta.




Jared si rannicchiò meglio nell’abbraccio di Geffen.

“Prima che uscissi, è passato un addetto della Foster, con un kit, per l’inseminazione ed una montagna di papiri da firmare Glam” – disse piano, parlandogli nel collo.

L’uomo lo guardò, con un sorriso, che nasceva dagli occhi ed illuminava ogni centimetro del suo volto rilassato e compiaciuto – “Interessante …”

“Hai più parlato con Stella?”

“Solo al telefono e poi Marc Hopper le ha fatto visita”

“Cosa succede adesso?”

“Diciamo che sarebbe opportuno procedere all’intervento per il recupero dell’udito dopo la gravidanza, ma mi sembra spiacevole …”

“Già … Che lo faccia prima, dunque: recuperati i suoi sensi a pieno, anche la gestazione sarà migliore, non credi Glam?”

“Sì …” – mormorò assorto – “… Il fatto è che io le ho scritto una lettera, di mio pugno, una cosa che non accadeva da secoli, assicurandole che lei avrebbe fatto parte della vita di questo bambino, se l’avesse desiderato e che poteva vivere anche con noi, in un certo senso, magari non qui Jared: perdonami se non ti ho consultato, ma provo un certo disagio in tutta questa procedura” – rivelò sincero.

Leto si sollevò, guardandolo con smisurato affetto.

“Tu sei un tipo tradizionale, i bimbi li fai alla vecchia maniera”

Sorrisero entrambi, sereni.

“Oh ma non questa volta JJ, non esiste proprio”

“Stella si innamorerebbe di te dopo dieci minuti, se ti frequentasse”

Il loro dialogo si fece allegro.

“Potrei essere suo nonno, Robert me l’ha detto e”

“Robert? Lui sa?”

Geffen si mise più seduto, contro la testata ed i cuscini – “Ecco sì, era con me quando ho conosciuto Stella e Cassidy, credevo di avertelo raccontato … E’ stato un caso, era passato in studio e lo stavo riportando a casa … O a fare shopping” – e si grattò la nuca.

Jared assottigliò le palpebre, ma poi rise – “Tu e Robert continuate ad essere intimi”

“Abbiamo proiettato il nostro rapporto in una dimensione amichevole e complice, una bella sensazione … Vorrei che fosse così anche per te e Colin, credimi”

“E’ … complicato” – il cantante si rabbuiò.

“Colin ha tutto il diritto di combattere, per riaverti nei suoi giorni, io sto facendo altrettanto ed è ciò per cui vivo Jared” – disse serio, dandogli poi una carezza calda sullo zigomo destro, che Leto raccolse a pieno, inclinando il viso verso quel gesto delicato e confortante.

“Procederemo con calma Glam, vorrei conoscere anch’io Stella”

“Ne hai piena ragione, piccolo” – e sorrise più rilassato, riprendendolo a sé.

Jared lo baciò intenso.
Ricominciarono a fare l’amore, completandosi come mai prima di allora.




Michael sbuffò, con un mezzo sorriso, gettando il borsone in un angolo dell’ingresso.

“Ok l’ho fatto Vincent”

Lux sorrise più convinto, abbracciandolo forte.

“Trascorreremo ciò che resta dell’estate nella mia villa in Provenza, dove tu potrai concludere la stesura del libro, di cui mi parlavi stanotte, ok?”

“Ok …” – Michael lo guardò con devozione – “… tu rendi sempre le cose così facili a chi vuoi bene?”

Parlare d’amore era avventato, secondo il giovane, che riconosceva, però, nei gesti del francese un trasporto notevole e sincero.

“Ci provo”

“Dare le dimissioni da L.A. News mi fa sentire come … ripulito!” – e rise, finalmente.

“La bozza che mi hai fatto leggere in anteprima, mi ha colpito, sai?”

“E’ … La mia vita, sono le mie battaglie, non sempre vinte, lo ammetto” – e si distaccò, andando al davanzale più vicino a loro.

“Vedrai che la situazione migliorerà e potrai riavvicinarti anche a Richard, se lo vorrai”

Michael lo fissò – “Tu lo vorresti?”

“Se servisse alla tua serenità sì” – affermò secco, con quel suo accento adorabile e vivace.

“Chissà …” – ed inspirò, puntando la scala – “Vado a farmi una doccia … Mi tieni compagnia?”

“Certo!”

Qualcuno suonò.

“Ok, mi avvio da solo” – Michael rise, divorando due scalini alla volta, per poi sparire al piano superiore.

Lux brontolò qualcosa, infine si decise ad aprire.

Era Styles.




“Rambo!! Mio Dio”

Graham si precipitò verso quella pozzanghera, dove il suo randagio giaceva inerme, senza difese.

Dei flebili guaiti scongiurarono l’epilogo più triste, ma le sue condizioni erano preoccupanti.

Will si tolse il maglione, per avvolgerlo, sentendosi stupido, perché anch’esso era marcio di pioggia.

Dei fari illuminarono la scena, senza passare oltre, come avevano fatto altri in precedenza, pensando chissà cosa.

In quello stato, il chirurgo dava l’idea di essere un vagabondo, quanto il suo amico a quattro zampe.

Passi svelti e poi una voce carica di ansia e di molto di più.

“Will! Cosa è successo?”

“Mads …?!” – mormorò Graham, stupito per la sua presenza.

Mikkelsen aveva preso dal cofano una coperta, asciutta e pulita, come la sua favolosa Bentley.

Senza esitare, il medico portò subito Rambo sui sedili posteriori, facendo accomodare per primo Will, che lo aiutò a sistemarlo più comodo possibile.

Quindi salì anche lui, armeggiando nella sua valigetta.

“Te li rovineremo … questa macchina è”

“Sai cosa mi importa dell’auto Will – e gli sorrise dolce – “… stai tranquillo, ok? Adesso diamo questo a Rambo, si chiama così, giusto?”

Graham annuì, seguendo ogni sua mossa, precisa, fredda, come quando Mads operava i casi più difficili.

“Di cosa si tratta?”

“Kolestor H”

“Cosa? … Mads, come fai ad averlo? E’ sperimentale, è … illegale!” – sibilò guardingo, come se qualcuno li stesse spiando.

Un farmaco sviluppato per combattere l’Aids di tipo due, per alcuni scienziati pienamente efficace, mentre per il resto della comunità scientifica, un’autentica cialtroneria.

Sbagliavano.

Anche per fortuna di Rambo, che iniziò a scodinzolare, appena il contenuto della fiala entrò in circolo.

“Ha uno spettro vastissimo, tu non puoi neppure immaginarlo Will” – sospirò esausto Mikkelsen.

“Perché correre un rischio simile? Potresti rovinarti la carriera, questo è contrabbando, parificabile allo spaccio di droga, non ricordi il caso Career?”

“Oliver era un coglione avido … Io lo faccio per altri motivi”

“Vuoi salvare qualcuno che ti è molto caro, dunque?” – domandò perplesso il più giovane.

“No … No, magari si trattasse di questo Will” – e lo guardò, mentre Rambo gli si era avvicinato, per ringraziarlo a modo proprio.

Mikkelsen, nel suo completo da tremila dollari, lo lasciò fare, divertito ed affabile, nel coccolarlo e rassicurarlo.

Graham scosse il capo gocciolante.

Era bellissimo, in quella penombra.

“Allora di cosa Mads? Dimmelo cazzo!”

“Perché ti scaldi tanto, non voglio minimamente coinvolgerti, ok?”

“Ormai l’hai fatto, ok?!” – sbottò rabbioso.

Mikkelsen adorava la sua determinazione, la sua zucca dura.

Dalla prima tesina, che egli stesso gli corresse, vedendosi contestato in ogni eccezione.

“Si tratta di Boris”

“Boris Rattler?! Il neurologo?”

“Sì … Lui ha … Ha delle cose, che mi riguardano e che mi inchioderebbero, nel caso di quel ragazzo squillo, che perse la vita al Britannia”

Si tolse un peso enorme, nel rivelarglielo, pentendosi un attimo dopo.

“Ti ricatta? Tu gli procuri il Kolestor H e lui tace con la polizia?!”

“Infatti … Ma perché parli di polizia, Will?”

“Oggi sono passati da me due sbirri, un certo Hemsworth e … e Foley, mi pare, per chiedermi di te e delle tue … abitudini, le hanno definite così”

“Hemsworth? Il marito di Tom Hiddleston, il fisioterapista?!”

“Tom è sposato con quell’armadio?!”

Finirono per ridere, alienati da quella conversazione.

“Non sapevo neppure fosse gay … Cioè, l’ho pensato …”

“Ti piace, Tom?” – domandò secco Mads, con una punta di malizia simpatica nel tono.

Graham avvampò.

Avrebbe voluto ribattergli “Mi piaci tu, idiota! Per quanto ti detesto, almeno!” – ma non lo fece.

Si guardarono, per un interminabile minuto.

Quindi Mikkelsen tornò alla guida, con calma.

“Vi porto a casa Will”

“Ti ringrazio … Per tutto.”







martedì 21 luglio 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 9

Capitolo n. 9 – nakama



Il tenente Hemsworth lo vide uscire, con aria mesta, da quell’edificio così particolare, dove anche il suo Tom avrebbe voluto acquistare il nuovo alloggio, dove crescere Luna ed un nuovo bambino.

Al solo pensiero Chris sorrise, per poi tornare vigile su quanto stesse facendo il dottor Mikkelsen.

Sul volante del suv civetta, il fascicolo dell’eminente medico, rivelava parecchie informazioni su di lui, nell’ambito dell’operazione Britannia.

Questo il nome del club privato, dove diversi ragazzi erano stati stuprati e ridotti in condizioni di semi schiavitù, da una clientela altolocata e rispettabile.

Uno di loro morì per overdose di farmaci, un mix di tranquillanti ed anfetamine, utilizzate probabilmente per metterlo a tacere: questo quanto riportato nei verbali di interrogatorio di due ex componenti la “scuderia” di eccellenza, gestita e sfruttata da un certo Lee Majors.

“Che maiali …” – sibilò Hemsworth ed il suo collega, Bradley, sorrise.

“Sì, ma di rango, non vedi? Guarda quello come è vestito e che auto, una Bentley nuova fiammante: a proposito, lo sai che Mikkelsen, l’anno scorso, ha salvato uno dei nostri, con un intervento ad alto rischio? Carson si era beccato una pallottola nel cuore e lui l’ha rimesso in piedi, pensa”

“Non lo migliora alla mia vista, anche se gli sono grato per essere il primo della classe: come vedi serve a qualcosa, però, se è vero quanto raccontato da quei ragazzini, anche Mikkelsen merita la galera”

“Hai ragione … Ne gioverà l’infermeria di qualche carcere, anche se non sarà semplice inchiodarlo … Non dimenticarti che i nostri testimoni hanno almeno tre accuse pendenti per estorsione, proprio ai danni di alcuni amici del caro professore”

“Questo è quanto ci ha frenato o fregato, se preferisci, quindi bisogna scavare tra i suoi conoscenti, come questo … come si chiama, aspetta … ah sì, eccolo qui, Will Graham, è un suo collega, un ex studente ed aiuto, insomma si conoscono da parecchi anni e vive proprio lì: chissà come mai Mikkelsen è andato a trovarlo”

“Già … chissà.”




Geffen era la telefono, nel living deserto, elegantissimo, appena rientrato dal tribunale.

Fece un cenno ed un sorriso radioso a Jared, appena lo vide in veranda, mentre si slacciava la cravatta.

“Dio che caldo amore …”

“Ciao Glam … Pensavo di non trovarti” – lo salutò esitante, avvicinandosi a poco a poco.

“Udienza annullata, il giudice ha avuto un malore, nulla di che, ma ci hanno spediti tutti a casa, per fortuna” – e lo abbracciò, con tenerezza – “… come è andato il pranzo con Colin?”

“Bene … Un disastro, non abbiamo toccato cibo, anche lui non si sentiva in forma”

“Mi spiace e tu piccolo?” – gli chiese, allontanandosi un minimo, per versare da bere ad entrambi.

“Io cosa?” – bissò inquieto.

Geffen lo scrutò – “Jay, qualcosa non va?”

Leto annuì.

“Credo di non averti mai mentito Glam e non voglio cominciare ora” – e deglutì a vuoto.

“Ok … sediamoci, dai” – e gli porse la bibita.

“Grazie … Ma preferisco stare qui, in piedi”

“Come un condannato a morte?” – Geffen rise, con la stessa angoscia nello sguardo, che Jared aveva colto in quello di Farrell, a quel tavolo, poche ore prima.

“No, come un essere umano fatto di sbagli irreversibili Glam” – e si tamponò il sudore dalla fronte.

La tonica gelida, bevuta in svelta, stava facendo reazione.

“Ora calmati Jay e vieni qui … Vieni da me, non avere timore di nulla” – e gli porse le mani, paterno, come al solito.

Il monello cattivo aveva fatto una marachella, ma, per qualche miracolo, si ritrovava un genitore assai comprensivo.

Questa la cantilena, che Jared sentì suonare nella propria testa.

“Colin ed io ci siamo baciati, alla caletta”

Geffen fece tamburellare le nocche sul mento, osservandolo, nel suo rossore, nella sua innocenza paradossalmente colpevole.

Ogni volta.

“Sai quale è il colmo, Jay?” – disse pacato.

“No Glam …”

L’uomo sorrise: era bello sentirgli ripetere all’infinito quell’acronimo, con il quale era stato battezzato da quel bastardo del padre.

La voce di Jared era musica.

“Io capisco Colin, nei suoi impeti, nei suoi desideri: è stato lui a volerlo, giusto?”

“Sì … Sì, ma io ho”

“Tu stai solo confermando quanto amore ci sia ancora tra di voi: non mi sono mai illuso che si fosse spento” – affermò senza scomporsi.

“Gli ho detto del bambino … Mi sono sentito in colpa, credo … Cazzo mi sto giustificando e sono solo uno stronzo!”

Geffen si ossigenò, rialzandosi, per andargli vicino e segnare i suoi zigomi perfetti, ammirando la sua bellezza, intatta, seduttiva.

“Sembri un cucciolo spaventato, con questi capelli, questo faccino Jay …” – e poi inspirò, passandosi i palmi sul capo rasato ed in ordine.

Sapeva di buono, sapeva di lui, con quei bicipiti fasciati nella camicia celeste cielo, come i suoi turchesi, vivaci sul volto abbronzato e con poche rughe.

Il petto ampio, dove lasciarsi cullare, dove Jared si addormentava, perché adorava farlo, così com’era scritto nella lettera conservata da Constance e letta a Glam, in quel di Parigi.

“Quando Colin mi ha parlato di te, di noi, del fatto che si faceva da parte, perché tu potessi essere finalmente realizzato, accanto a me, dandolo per scontato, spinto persino dall’ostilità di Shan e di vostra madre, dopo il tuo incidente, amore, ecco io gli avevo quasi creduto …” – rise, ma senza sarcasmi.

“Glam …”

“Non credo di avere mai combattuto per te, sino in fondo Jared, forse perché non ti avevo mai sposato per davvero, ma è accaduto, ora siamo una coppia ufficialmente, che presto avrà anche un figlio e non voglio perdere la nostra felicità per strada, non posso permettermelo, capisci? Io questa volta ci andrò  sino in fondo!”

Leto si appese al suo collo tremante.

Geffen lo baciò, con quell’irruenza focosa, che mai aveva fatto male a Jared.

Lo prese in braccio, come una sposa e lo portò al piano superiore.

“Qui staremo tranquilli e lascerò a te ogni decisione, per questo pomeriggio insieme fuori programma Jay, ok?” – e lo posò gentile sul letto, azionando le tapparelle elettriche ed un tendaggio a vela sul soffitto, che divenne d’avorio e d’azzurro, all’improvviso.

Nella penombra fresca, grazie ai condizionatori, nonostante l’apertura superiore lasciasse filtrare il calore del sole di agosto, l’avvocato più noto di Los Angeles cominciò a spogliarsi e Jared volle aiutarlo.

Glam fece poi lo stesso con lui, rimanendo ai bordi, ai margini di quell’alcova spaziosa e profumata.

Leto vi si inginocchiò nel mezzo, attirando a sé, lui questa volta, il proprio compagno.

Nudi ed emozionati, iniziarono a baciarsi, contemplandosi, nel reciproco splendore.

Jared si mise seduto, poi si stese, accogliendo Glam tra le proprie gambe.

Prepararlo fu semplice, sfruttando persino le prime gocce della loro eccitazione incontenibile.

Geffen fu così dolce ed attento, che il cantante si commosse, singhiozzando piano nel suo collo taurino, ad ogni spinta dell’altro, che si ingrossava in lui maggiormente, nel percepire quei singulti intermittenti.

Jared era Jared.

Fare sesso con lui o l’amore puro, non faceva differenza.

L’estasi era simile, la simbiosi totale.

Massaggiargli l’erezione ritrovata, senza più inibizioni, fu il completamento di quell’arte amatoria, che Glam conosceva magistralmente, sino all’orgasmo reciproco ed all’unisono.

Una pioggia di vibrazioni, divenne tempesta e poi fuoco, infine pioggia, di lacrime per entrambi, di assoluta gioia, di appartenenza ristabilita.

Non avevano mai smesso di baciarsi.




Will lo guardò dal basso verso l’alto, per il semplice fatto che non aveva mai visto un tipo del genere, con un distintivo in mano, della polizia di Los Angeles.

“Il signor Graham?”

“Sì, sono io …”

“Hemsworth e Foley, siamo del distretto quarantasei, volevamo farle qualche domanda sul professor Mikkelsen: possiamo accomodarci? Le ruberemo giusto cinque minuti” – il suo tono era formale ed educato, anche se con quei muscoli in evidenza sotto la polo verde bosco e la statura, Chris incuteva sempre un certo timore nel prossimo.

“Mads …? E’ successo qualcosa?”

“Glielo spiegheremo se”

“Sì, sì, certo scusatemi, prego, spero non abbiate problemi con cani e gatti”

“No affatto, anzi ci piacciono, vero Bradley?”

“Vero!” – Foley sorrise, guardandosi intorno come un segugio di razza.

“Bene … Bevete un … acqua minerale? Non ho altro”

“No la ringrazio, comunque grazie … Tornando a Mikkelsen, abbiamo notato che era in visita qui da lei”

“Sì, lavoriamo nello stesso ospedale”

“Anche lei è un chirurgo?”

“Sì, ma non del suo livello: Mads è irraggiungibile, mi creda” – e sorrise tirato, appoggiandosi al davanzale, dove aveva sostato anche Mikkelsen poco prima.

“Le credo Mr. Graham, in compenso mi auguro che lei non sia anche ad altri livelli, raggiunti dal suo illustre collega” – e gli mostrò delle foto.

Inequivocabili.

Mads era in compagnia di alcuni giovani, tra cui Kirill, in primo piano.

Will perse un battito.

“Il primo, qui, era … Eravamo fidanzati, se così si può dire, molti anni fa, prima che Kirill venisse inghiottito da questo giro di merdosi” – rivelò aspro ed assorto, mentre mostrava la sua immagine con l’ex, deceduto per Aids di tipo due.

“Apprezzo la sua sincerità … Lei era quindi a conoscenza dei vizi di Mikkelsen e soci?”

“I soci, come li ha appena chiamati, io non li conosco, non direttamente, mai entrato in quel giro, c’era un po’ di tutto, avvocati, artisti, medici, appunto”

“Ok … E delle abitudini di”

“Mads è sempre stato riservato in merito: lo scoprii molto dopo, quando me lo scrisse Kirill, ma non feci nulla perché smettesse … Ci eravamo lasciati male, lui voleva fare soldi facili e sfruttare il suo corpo al meglio … E di quanto combinava Mikkelsen a me non importava granché”

“Purtroppo non interessava a nessuno della sorte di quegli adolescenti: in gran parte erano minorenni”

“Non Kirill comunque …” – replicò sommesso.

“Lei ha conservato quelle lettere? Potrebbero essere fondamentali per incastrare Mikkelsen, non voglio nasconderle nulla Mr. Graham”

“Incastrarlo? Con quale accusa?”

“La situazione è molto grave, mi creda” – si intromise Foley.

Will provò un crampo allo stomaco.

“Io … Io devo consultare prima il mio legale di fiducia, non voglio essere avventato, c’è in gioco la vita di una persona straordinaria, almeno nella professione, ha salvato più vite lui di tutte le equipe chirurgiche della città”

“D’accordo” – Chris inspirò greve – “… questi sono i nostri numeri: non ci pensi troppo a questa faccenda, quando sarà tutto finito si sarà tolto un peso e se il suo amico è innocente, noi saremo i primi ad esultare, ok?”

“Ok … arrivederci”


Appena in strada Bradley sorrise – “Secondo te quei due scopano?”

“Me lo domandi perché sono un esperto in materia?”

Risero allegri, risalendo in auto.

“Come sta Tom? E’ da un po’ che non lo porti alle nostre grigliate”

“Veramente non ci vengo neppure io!”

“Già … E’ un tipo fantastico e la vostra bambina è meravigliosa … Sai che Alice aspetta?”

“Wow terzo erede, Bradley!”

“Giusto … Voi quando vi decidete ad allargare la famiglia Chris?”

“Presto … L’ho promesso a Tommy ed anch’io non vedo l’ora; torniamo alla base, voglio prendere un appuntamento con l’imperatore del bisturi: vediamo come reagirà alla nostra visita, ok?”

“Agli ordini capo!” – e ripartirono sgommando, sorvegliati da Will, fermo alla finestra da diversi minuti.

Il cuore in gola.









lunedì 20 luglio 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 8

Capitolo n. 8 – nakama



Jared si allungò sul divano di casa Ruffalo, guardandosi intorno, mentre Mark portava del tè freddo, appoggiandolo sul tavolino, fra loro, mentre si accomodava in poltrona.

“Ho sempre adorato questo loft” – esordì il leader dei Mars, con uno dei suoi sorrisi migliori.

“Nuovo taglio di capelli?” – replicò sereno il professore.

“Già, vecchio stile, li ho fatti un po’ decolorare e dorare” – Leto rise, sorseggiando la bevanda rigenerante.

“Ti stanno bene, li hai anche accorciati di nuovo”

“La cicatrice si vede Mark?”

“Non direi, il chirurgo ingaggiato da Glam ha fatto un ottimo lavoro, forse te l’avevo già detto … A proposito, come sta tuo marito?” – domandò con un sorriso.

“Bene … La nostra intimità sta migliorando … Ti disturba, se ne parlo? A me piace farlo con te”

“Nessun problema Jay … Sono qui e mi piace ascoltarti”

“Ok … E’ che io vorrei fare la mia parte, ma sono ancora un po’ bloccato, ma lui si prende cura di me”

A Ruffalo sembrò di percepire uno sfarfallio nello stomaco, nell’immaginarsi quella scena erotica, ma si riprese subito da quella piacevole sensazione.

“Devi darti un po’ di tempo, Jared, devi avere pazienza, così come ti sta dimostrando di averne Glam”

“Lui è un tesoro ed ogni sera, quando magari rientro dopo di lui, lo trovo nella sala, sul tappeto, a fare giocare Pepe, con Lula, raccontando una storia ad Isy, mentre fa le treccine ad Amy oppure a Rebecca …” – sorrise.

“Colin accetta la sua presenza, in questa veste?”

“Sì, i nostri figli sono sempre stati anche un po’ di Glam … Lo adorano, dai più piccoli a quelli adolescenti …” – spiegò con un’inflessione dolce nella voce, che divenne un po’ più tesa, nella rivelazione seguente – “… Colin ed io ci vedremo a pranzo … Che ne pensi, Mark?”

“Dimmelo tu, cosa ne pensi o meglio, come ti senti, in tale prospettiva: è più logico e … interessante Jared, non trovi?”




Le dita di Mikkelsen esitarono, prima di suonare al campanello di Will.

Quel posto lo metteva a disagio, così diverso dall’ambiente, che si solito frequentava ed abitava.

Un alloggio ricavato in una vecchia fabbrica, dove venivano allevati bachi da seta.

Andata a fuoco un paio di volte, le strutture in mattoni pieni avevano resistito alle fiamme ed al trascorrere del tempo.

Un’impresa edile, nel 2000, con tecniche ad impatto ambientale zero, l’aveva recuperata, ricavandone quattro appartamenti.

Uno sfitto, due occupati da uffici di rappresentanza, mentre l’attico era stato acquistato dal dottor Graham, a patto che potesse ospitare due cani e tre gatti, abbandonati al loro destino, perché non più giovani ed in perfetta salute.

L’idea di Mads Mikkelsen era di ritrovarsi davanti una confusione ingestibile e maleodorante, mentre invece la ventata di pulito e sterilizzante al limone, lo investì, stupendolo, appena Will aprì distrattamente la blindata, con in mano un libro e gli occhialini calati sul naso.

“Ah sei tu … Ma non dovevamo vederci in ospedale?”

“Buongiorno Will … Non mi fai entrare?” – domandò il più anziano, con un sorriso tirato.

Dieci anni li separavano e Mikkelsen era un cinquantenne in perfetta forma, sia fisica che mentale; non altrettanto poteva dirsi del suo cuore, martoriato da sentimenti mai corrisposti dal suo collega, appena quarantenne.

“Ma si vieni, accomodati, è la prima volta che metti piede qui, sei sceso dal reame per concedermi l’onore di una tua visita?” – e rise, armeggiando con un sacco di croccantini.

Mads adorava il suo modo di arridere a quelle bestiole, al fatto che qualcuno, forse, dipendesse da lui, più debole, come i suoi randagi, senza sapere di averne uno alle spalle, su due zampe, in un completo da tremila dollari ed una bottiglia di vino pregiato tra le mani gelide.

“Ho portato questo … Un pensiero, ecco … Mi avevi offerto un pasto, ricordi?”

“Vero, mantengo sempre le mie promesse e tu Mads?”

“Assolutamente sì”

“Bene, perfetto, allora vediamo cosa abbiamo qui” – ed aprì il frigo.

Vuoto.

“Due birre … Un sacchetto di patatine, congelate” – borbottò, aprendo lo sportello superiore – “… accendi la friggitrice e siamo salvi, ok?”

“Ok … ma potremmo rimandare ed io ti porto al ristorante adesso, che ne pensi?” – propose un po’ perplesso.

“Bastano queste, se ti accontenti”

“Lo farò Will” – e sorrise, togliendosi la giacca.

“In effetti eri troppo elegante con quella roba addosso … Vuoi una maglietta? Potresti ungere la camicia, costerà un sacco di soldi”

“Va bene, accetto la tua t-shirt … E’ del WWF?” – scherzò, vergognandosi appena Graham lo fulminò con lo sguardo liquido.

“No, Iron Maiden, va bene lo stesso?” – bissò caustico e Mads annuì, andandogli vicino, mentre l’amico frugava nel cassettone, in fondo al living.

Sul comodino, accanto al letto del soppalco, spiccava una foto di Will con un giovane, che l’uomo riconobbe subito.

“Kirill …”

“Come scusa?”

“Tu conosci quel ragazzo, Will?” – chiese con stupore.

“E’ … No, era, perché adesso non c’è più … Era una persona, a cui tenevo molto”

Mikkelsen lo fissò, cristallizzando le pulsazioni, nel ricordo del periodo in cui frequentava certi club privati ed esclusivi, dove pagava per fare sesso con avvenenti giovanotti come Kirill, tenendolo al guinzaglio, durante cene luculliane, al tavolo con altri depravati quanto lui.

“Un tuo parente, Will?”

“No”

“Già, non vi somigliate affatto” – e tossì, indossando la reliquia rockettara dell’altro, che non seppe nascondere il proprio imbarazzo, per quella curiosità invadente di Mikkelsen, altrettanto in difficoltà, adesso.




Farrell provò a riordinare i pensieri, in un modo logico, ma non era semplice, seduto di fronte a Jared, ai suoi zaffiri vividi, chissà per quale tipo di gioia.

Se dovuta al fatto di essere lì oppure per il menage con Geffen.

“Tesoro cosa prendi?” – esordì l’irlandese, facendo finta di leggere il menu di quel ristorante esclusivo sulla scogliera.

“Pesce crudo … No, alla piastra, con mix di verdure grigliate … acqua naturale, niente alcolici, ho certe medicine in circolo” – disse ridendo.

“Antidolorifici?”

“Sì, per lo più … Nulla di strano” – si affrettò a precisare, senza che fosse necessario.

Colin sapeva che certe abitudini erano state archiviate dall’ex, per fortuna.


“Ti ringrazio per avere accettato il mio invito Jay”

“Dovevamo parlare anche dei ragazzi, del loro ritorno a scuola … Quei test da compilare, a cura dei genitori, li hai portati?” – domandò un po’ smarrito.

“Sì ovvio … Eccoli, sono un terzo grado … Non ricordo tutte le malattie dei nostri cuccioli” – sorrise amaro.

“Lavoravi … Ed io non rammento di ogni gara oppure saggio … Ero ad Haiti” – bissò fermo ed asciutto.

Farrell fece un cenno al cameriere ed ordinò, incolore.

“Tu solo una minestra, sei a dieta Cole?” – chiese gradevole, cambiando radicalmente tono.

“No …”

“Sei molto dimagrito”

“Non mi va niente, con questo caldo”

“Qui si gela, con l’aria condizionata” – e mantenne il sorriso, non senza fatica.

“La mia linea piace al nostro agente Jay, dice che porterà nuovi contratti, per ruoli più … esistenzialisti, ha detto così” – spiegò limpido, con quella punta infantile, che tanto piacque a Leto, dal primo istante di loro.

“Ok … In effetti io dovrei solo tacere”

“No, no, tu parlami … parlami sempre Jay” – e prese un lungo respiro, strizzando le palpebre.

Era abbronzato e bellissimo, nel suo outfit, camicia scura, su jeans sbiaditi, nella stessa tinta grigio scuro.

Come l’abisso, in cui era finito, da quando Jared aveva sposato Geffen.

“Cole …”

“Mi conforta, in compenso, che tu riesca a non infilare Glam in ogni discorso”

“E’ mio marito, ne avrei anche diritto” – ribatté debole, stritolando, però, le posate.

“Non ricordarmelo” – Farrell rise storto, provando a guardare altrove, ma ovunque c’erano gli occhi di Jared.

“L’hai voluto anche tu, Cole o dimentichi Parigi?”

“Ricordo ogni frammento di quei giorni, invece!” – contestò virile, senza alzare la voce.

La scollatura della sua casacca rivelò improvvisa i ciondoli, che Colin non indossava da secoli.

“Dove li hai ripescati quelli …?” – chiese stranito il front man, notandoli.

“Credevo di averli perduti o lasciati in Irlanda, ma erano nello stipetto della scrivania, quell’anfratto segreto, dove si nascondono i gioielli e gli oggetti più preziosi … come questi” – e li sfiorò, con la delicatezza spesso usata anche con il corpo di Jared.

Spesso, sì, ma non sempre.

Inutile rivangare, sarebbe stato doloroso, come una tortura incessante, nel tempo.

“Glam mi ha chiesto un figlio”

Un calcio nei genitali avrebbe fatto meno male, pensò l’attore.

“Bene …” – Farrell trangugiò la minerale, come se avesse un sasso tra il palato e la gola – “Ed in che modo, se posso saperlo?”

“Utero in affitto … Una storia stramba, c’è di mezzo una di Houston, si chiama Stella, ma vive qui”

“Da come ne parli, sembra starti antipatica Jay”

“No, affatto, però è l’argomento, che mi fa oscillare tra sensazioni opposte e controverse”

Forse sarebbe stato più opportuno parlarne con Mark, pensò Leto, ma ormai era tardi.

Per molte cose.

“L’hai appena sottolineato: Geffen è tuo marito … Ed anche lui ha dei diritti”

“Non su di me, Glam non la vedrebbe mai in questa maniera!” – sibilò duro.

Farrell sorrise, senza allegria.


“Quel poco appetito è volato via … Ti dispiace se andiamo? Se vuoi mangiare, pago il conto e”

“No Cole, andiamo pure: mi riaccompagni a Palm Springs, vero?”




Mikkelsen posò la bottiglietta di Ceres sul davanzale, mentre Will controllava la medicazione di Rambo, uno dei meticci, scodinzolanti tra le sue gambe, mentre se ne stava accovacciato sul parquet.

“Ti vuole bene …” – osservò il chirurgo, di fama internazionale.

“Così sembra … Non vorrei mai confondere la gratitudine con l’amore, però con loro posso farlo, senza preoccupazioni o barriere”

Come faceva da sempre con  lui, in effetti.

“Potresti togliermi una curiosità, Will?”

“Certo” – e lo guardò, pungente, ma già sulla difensiva.

“In che modo, Kirill, ti era molto caro?”

Graham aggrottò la fronte, rialzandosi e liberando Rambo dalle sue ali asciutte ed allenate.

“E’ … morbosa, la tua curiosità, ma tu questo lo sai benissimo Mads”

“Sono mortificato se ho”

“No, tu non lo sei!” – lo tagliò alterandosi – “Tu ottieni sempre ciò che vuoi”

“Will la nostra conversazione sta degenerando e non era mia intenzione arrivare a questo punto”

“Quale punto? Quello in cui mi abbandono a confidenze intime, con te poi?” – ringhiò, versandosi della tequila e bevendola con mano incerta sul cristallo decorato.

“Speravo di portare il nostro rapporto ad un livello superiore, lo ammetto” – esternò con disappunto, sfilandosi la t-shirt e cercando di recuperare la camicia, a busto nudo.

Graham notò dei segui, sul dorso del suo interlocutore, mentre questi gli dava la schiena.

“Ah eccoli, Kirill me lo scrisse, che ti piacevano certi giochetti … Dovresti dirmi tu cosa ti legava a lui, sai?”

Mikkelsen si girò lento, lo sguardo vitreo, ma anche fiero, per avere superato certi incubi.

“Non esiste più quel Mads … Era un delirio, lo ammetto, anche di onnipotenza, portare al guinzaglio acerbi adolescenti e farmi frustare dagli stessi, per poi ricambiare”

“Era quanto avresti voluto fare con noi studenti, all’epoca o sbaglio?” – lo sfidò, ostile, a dieci centimetri dal volto contratto e pallido.

“No Will, non ho mai confuso i miei inferni personali con la professione e tu lo sai bene! Inoltre sono andato in terapia ed ha funzionato, se davvero ti interessa saperlo!”

“Non quanto interessi a te sapere la mia verità: sì, sono gay ed ho avuto una relazione con Kirill, ben prima che entrasse in quel giro di bastardi aguzzini!” – ruggì ferito, dalla perdita di chi aveva amato davvero e dall’arroganza e l’austerità, che Mads ostentava, per mascherare quel putridume interiore.

“Kirill era malato Will …” – disse sommesso.

“Lo so, ma non quando stavamo insieme, te lo assicuro: diversamente non sarei più qui da un pezzo, Mads”

“Ed io ne sarei smisuratamente infelice, voglio che tu lo sappia” – affermò composto.

“A me non importa … Non dopo avere scoperto cosa facevi in certe serate d’inverno e con chi, soprattutto”

“La malattia di Kirill non è una mia responsabilità!” – si rianimò, sotto accusa, come costantemente lo aveva fatto sentire Graham.

“Non te la caverai così, non con me …” – sorrise caustico.

“Comprendo che in quel frangente l’ultima cosa che tu volevi era metterti con il sottoscritto, però sono cambiato accidenti!” – ed azzerò la distanza.

“Non toccarmi Mads” – lo gelò immediato, fissandolo, ma senza muoversi – “… Io credevo in te, eri il mio maestro e non solo in corsia ed in sala operatoria”

“Ti ho deluso, quando mancava poco a”

“Ringrazio Dio per non averti permesso di violarmi, con queste mani sudice e con tutto il resto di te …”




Farrell accostò, ad un isolato dai cancelli della villa di Geffen.

“Ho sempre amato questo angolo …”

“Piace anche a me Colin”

“Prima tu hai detto”

“Non è importante Cole e sono stato indelicato a dirtelo in quella maniera”

“Un bambino è importante a prescindere Jay” – e gli accarezzò l’addome, commuovendosi.

Un gesto incastrato nel passato, che mai era apparso ad entrambi così pericolosamente vicino.

Leto scese, con uno scatto felino ed inquieto.

I passi dell’ex coniuge non tardarono a raggiungerlo.

Di nuovo.

C’erano degli scogli, che separavano la strada da una caletta incantevole, Farrell aveva ragione.

“Solo un bacio, Jay …”

La sua richiesta, improvvisa, si incagliò tra le scapole del leader dei Mars.

Senza incidere la pelle diafana, oltre il tessuto a scacchi azzurri e blu, dove il suo re decaduto, avrebbe posato mille baci.

Leto si voltò.

“Co cosa …?!” – mormorò, schiudendo le labbra, adorabile.

“Un bacio … Non ti chiedo di corrisponderlo, ma di assecondarmi, di lasciare che io lo faccia … sarà solo colpa mia, te lo prometto Jay”

Stava tremando, come al loro primo appuntamento, a New York, dopo le riprese mai inserite nel film Phone Booth.

“Un sopruso dunque …” – disse in un soffio, perché l’aria gli mancava, come la terra da sotto i piedi.

“No … Un crimine amorevole” – e non lasciò più nulla, tra sé stesso e la bocca di Jared Joseph Leto.

Il sapore del mare, gli intossicò le narici.

Sentirsi accettato, dall’abbraccio di Jared ed invaso, dal suo di bacio, fu come ristabilire una connessione galleggiante nello spazio e nel tempo, che nessuno era riuscito a cancellare.

A sbiadire.





UN BELLO SCATTO PER MADS MIKKELSEN E HUGH DANCY AMICI NELLA VITA E COLLEGHI DI SET IN HANNIBAL :) LORO MI HANNO ISPIRATO IL TITOLO DI QUESTA LONG, LI ADORO, PER CUI DOVEROSO OMAGGIO AD UNA COPPIA SLASHOSISSIMA XD