Capitolo n. 31 - sunrise
Robert si allungò sul letto disfatto, accogliendo tra le sue gambe Jude, mentre appoggiava la testa sul cuore del compagno, che non aveva mai smesso di accarezzarlo sulla nuca ed i capelli.
I loro corpi, erano ancora umidi di sudore e piacere, per quell’amplesso consumato nell’acqua tiepida del loro idromassaggio.
L’aria condizionata era gradevole, la porta chiusa, dopo avere messo nel proprio lettino la loro Camilla e controllato la culla di Drake nel living, dove Xavier non si era mai svegliato.
Downey infranse la tranquillità estatica di quel momento così intimo, prima con un sorriso e poi una considerazione serena, ma vivace nel contenuto.
“Certo che Xavy potrebbe girare nudo per casa e non noteresti la differenza …”
Jude sollevò il capo, sgranando quei suoi occhi così belli ed intensi.
“Se è un rimprovero Rob, ti chiedo perdono … Non accadrà più.” – affermò sincero e limpido, in quel modo che faceva impazzire Robert.
“Amore …” – respirò in un sussurro, poi lo baciò con una frenesia, che gli impedì di aggiungere altro, troppo commosso e realizzato, per come quel sentimento lo completasse e lo rinvigorisse dal principio del loro legame.
Jude lo avvolse, tremando dentro di lui, immediatamente con le dita, che si intrisero degli umori ancora caldi, tra le cosce del suo adorato marito, infine facendolo suo: era ciò che entrambi ambivano.
Robert inarcò la schiena asciutta, dove scapole e vertebre sembravano costellare la sua pelle elastica e tonica.
Downey non aveva mai interrotto gli allenamenti e l’alimentazione sana, che da anni ormai seguiva diligentemente.
Era per Jude, per non perderlo, per non affogare in un dispiacere immenso, se solo gli avesse preferito un giovane come Xavier: impossibile, gli avrebbe ripetuto il suo ragazzo inglese, ma Robert non voleva correre rischi e l’essere cercato di continuo, lo inebriava, rendendo la loro storia immortale.
Kevin si svegliò tardi anche quel mattino.
Era il terzo giorno che viveva in quell’alloggio, ormai la settimana volgeva al termine e doveva mantenere la promessa fatta a Lula.
Per questa ragione contattò Glam, spiegandogli dove raggiungerlo.
Geffen fu puntuale, dandogli appena il tempo di lavarsi e cambiarsi.
L’avvocato era elegantissimo, ma informale, un’abbronzatura luminosa, come il suo sguardo nel ritrovarselo davanti.
“Ciao Kevin … posso?”
“Ciao Glam, certo, entra.” – disse con tono incolore, mentre quello di Geffen era garbato ed amorevole, senza peraltro eccessi mielosi.
“Ho preso qualcosa da mangiare non sapendo come ti eri sistemato … carino qui … di chi è questo posto?” – domandò senza invadenza, posando dei sacchetti, con del cibo pronto.
Kevin apparecchiò, senza dargli troppi dettagli.
“E’ del nonno e sono da solo.”
“Capisco …”
“Cosa? Che non sto con Chris? Non l’avrei mai fatto.” – disse serio.
“Sinceramente ero preparato anche a questo Kevin … come stai?”
“Non vedi? Uno straccio.” – e si mise su di uno sgabello, strofinandosi le palpebre.
“Posso aiutarti?”
“No.”
“Ok … volevi parlarmi, ti ascolto.” – e prese posto di fronte a lui, separati dalla penisola, dove i piatti rimasero vuoti.
“E’ semplice Glam … voglio spiegare a Lula cosa è successo, il motivo del tuo abbandono, la storia con Sveva, la sua gravidanza e la nostra attuale separazione. La mia scelta e la decisione di non vivere più sotto al medesimo tetto.”
Geffen inspirò, incrociando le braccia.
“Tu ed io abbiamo un figlio molto intelligente e che non si merita stupide bugie … sarei d’accordo, se non fosse per un particolare Kevin.” – e lo fissò deciso.
“Sarebbe?” – domandò aspro.
“Non sarebbe, E’. Ti rivoglio con me, non so come ci riuscirò questo giro, ma sarà così Kevin.” – disse con fermezza, poi sorrise – “Che tu lo voglia o no, ovvio.”
Kevin si rialzò – “Vai al diavolo Glam.”
“Mandami dove vuoi, io di inferni ne ho conosciuti parecchi, sai?”
“Ma è ovvio, tu sei il grand’uomo, forte e spietato, che sa come ottenere ciò che vuole, MA NON QUESTA VOLTA! HAI CAPITO?”
Geffen si erse con calma, versandosi un po’ d’acqua.
“Hai sete Kevin? Temo di sì, se continuerai ad urlare in questo modo.” – e gli porse un bicchiere, che Kevin afferrò, per poi scagliarlo in un angolo.
Glam bevve tranquillo, poi riprese la valigetta con il note book ed i documenti dell’udienza pomeridiana.
“Con Sveva sono stato chiaro. Riconoscerò il bambino, gli garantirò un vitalizio ed un’abitazione per entrambi, pagherò le cure e tutto il necessario sino al parto, ma senza altre pretese. Farò il padre, per quanto mi sarà permesso, dalla salute e dal destino, ma questo vale per tutti i miei figli, a parte Lula.” – disse serafico.
“Smettila di fare lo stronzo Glam!!”
“Tu hai fatto delle scelte Kevin, per Lula, comunicandomele ed io sto facendo altrettanto. E lo spiegherò soprattutto a lui.”
“Almeno Lula ti ha conosciuto come una persona onesta e generosa …” – mormorò, il respiro spezzato ed in affanno crescente.
“Tu invece hai avuto il peggio di me, giusto? Non esiste un solo periodo, ma cosa cazzo farnetico, un momento, nel quale tu mi abbia conosciuto come l’uomo che dicevi di amare, Kevin?”
“Smettila con questi giochetti, non funziona Glam.” – replicò disperato.
Geffen rise amaro – “Volevo liberarti di me tesoro ed alla fine ci sono riuscito, ma solo per merito tuo … è … pazzesco.” – e si asciugò una lacrima dispettosa.
Il cellulare lo interruppe.
Era Scott.
Glam riprese un minimo di controllo, nel rispondergli.
“Ciao dottore …”
Il suo interlocutore parlava svelto, era sempre di corsa, ma in quell’istante sembrava diverso.
“Ok … solo che avevo un impegno … Scott non potremmo … ok, ok. Ci vediamo tra un’ora, prima non riesco davvero, devo farmi sostituire.”
Riattaccò pensieroso, poi cercò un numero – “Fortuna che Hopper abita qui vicino …”
“Che succede? Dove …” – “Scusa Kevin, ma … Sì Marc ciao, posso salire da te? Ho una grana, non potrò seguire il caso Dell, puoi rimpiazzarmi? … Perfetto, a tra poco.”
Il bassista si innervosì – “Come mai il medico ti ha cercato?”
“Devo scappare, ne parliamo domani …”
“Glam, cazzo! Cosa mi nascondi??”
“Niente, devo … è una terapia, routine …” – spiegò frettoloso.
Kevin lo bloccò, poi ebbe un dubbio.
“E’ … è un trucco per …”
Geffen aggrottò la fronte, spiazzato da quella reazione di diffidenza.
Kevin si ritrasse, provando un sostanziale imbarazzo – “Mi … mi dispiace daddy … non volevo dire una stronzata simile …”
“Lo so amore … nessuno mi è mai stato tanto vicino durante la malattia e non lo permetterò ad altri … Mi chiami tu? Per il nostro bambino intendo …”
Kevin annuì, ritirandosi verso la sala, salutandolo con un cenno, voltandosi poi, affinchè Glam non scorgesse le sue lacrime.
Sally stava preparando i bicchierini sterili, con pasticche di dimensioni e tonalità differenti.
Quando vide Kevin, gli sorrise armoniosa.
“Ciao tesoro, il tuo daddy è a metà, pensavo non venissi più. Come stai?”
“Bene … ero … in viaggio …”
“Lo so, me l’ha raccontato, sai che non fa che parlare di te.” – disse con la consueta bonarietà affettuosa.
“Con questa ha finito il ciclo, per fortuna.”
“In effetti …” – replicò spiazzato.
“Il medico ha scelto questi dosaggi piuttosto massicci, certo efficaci, ma lo riducono in un tale stato … Se ti occorresse assistenza domiciliare per i primi due giorni post seduta, devi solo rivolgerti a me e provvederò, anche se so che a casa vostra c’è molto personale e Glam è uno zuccone, ma non puoi addossarti certe incombenze di continuo … ah ecco sua maestà Scott …” – e rise complice.
Kevin si sentiva mancare dall’angoscia, per ciò che non sapeva.
“Chi si vede, buongiorno Kevin.”
“Salve …”
“Lo sapevo che non riusciva a tenerti lontano, è proprio una bestiola tuo marito.” – e rise solare.
“Lo dico sempre … le analisi sono migliorate?” – domandò, facendo un tentativo per chiarirsi la situazione.
“Parecchio direi. Lascio la comunicazione a te, visto che abbiamo superato questo intoppo. Certo è stata una fortuna quell’incidente, con le lastre e la tac abbiamo scoperto quello che non ci aspettavamo, un ritardo sarebbe stato deleterio, ma come si dice? Non tutto il male viene per nuocere!” – e battendogli una mano sulla spalla, Scott se ne andò.
Kevin provò smarrimento, poi sollievo, infine rabbia.
Si diresse velocemente verso le camere di degenza.
Quando lo vide, si bloccò: Sally era con Glam.
Piazzava la mascherina dell’ossigeno e si apprestava a cambiarlo.
Glam sembrava svenuto, ma era solo intontito.
Le sue palpebre sbattevano di riflesso a ciò che stava facendo l’infermiera, come se provasse fastidio.
Kevin deglutì a vuoto, poi si avvicinò.
Stava tremando ed avrebbe voluto gridare, sfogando quella pressione, che gli saliva dallo stomaco al cervello, inondandolo di emozioni contraddittorie.
“Kevin … siediti, non avere paura, sta bene, anche se non sembra …” – sussurrò, dandogli una carezza sulla guancia.
A Kevin venne in mente lo stesso gesto, fatto da Lula, mentre gli stava dicendo che il suo papà era andato via.
Era solo un bambino, ma con una sensibilità innata, compassionevole.
Era un bambino, come quello che Sveva stava aspettando dall’uomo che lui amava, che Lula adorava.
La frase “non tutto il male viene per nuocere” andava rimescolandosi nella sua mente, dove quel “male” era l’avere aggredito Glam, picchiandolo selvaggiamente, un gesto bestiale ed istintivo, senza alcuna umanità, mentre il “male”, che aveva causato la sua fuga con Chris, era il bimbo di Sveva.
Due fattori senza paragone: volerli associare, gli sembrò ingiusto, terribilmente ingiusto.
Inspirò.
“Sally faccio io … è … è mio marito. Gli ho fatto delle promesse quando ci siamo sposati, quando ci siamo … scelti …”
“Di assisterlo? Lo immagino … ho fatto lo stesso con il mio Frank, per ora il tutto si traduce a fargli trovare la birra gelata nel frigo prima della partita di basket in tv!” – disse sorniona.
Kevin rise piano, ma non riuscì ad evitare un pianto, che la donna asciugò immediatamente con un fazzoletto ricamato.
“Non farti vedere così tesoro, lo sai che ai malati lo stress provoca un abbassamento del sistema immunitario ed il tuo daddy fa tanto il leone, invece è …”
“Un imbecille …”
“Glam! Te la sei tolta di nuovo, come devo fare con te, il peggiore paziente del reparto, ecco cosa sei!” – sbottò rimproverandolo sonoramente.
I loro sguardi si incrociarono, finalmente.
Kevin prese la spugna, dopo avere indossato i guanti ed un camice in garza leggera, chiedendo poi a Sally di lasciarli da soli.
Tolse la casacca a Glam, tamponandolo poi sull’addome, i polsi, l’inguine, rivestendolo, con lentezza e metodo, come gli aveva insegnato Sally.
Infine gli asciugò la fronte, scendendo intorno al volto arrossato, ma acceso anche da una profonda sensazione di gioia.
Posò un bacio sulla tempia destra dell’avvocato, senza poi muoversi, mentre lui inclinava il suo profilo, come ad incastrarlo in quello di Kevin, che chiuse gli occhi, come stava facendo Glam, perdendosi in uno spazio senza più parole: non servivano.
GLAM GEFFEN
KEVIN
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