One shot – My life as Holmes
Pov Sherlock Holmes
Lui mi mastica l’anima.
Con quel suo carattere, John, riesce a farmi anche questo, da quando stiamo insieme.
Certo, ora è sposato, il perfetto maritino: l’acido mi sale al palato, frigge, come me del resto, nell’aspettarlo.
Questa cena è la nostra cena, questa serata è la nostra serata, ma improvvisa salta al passato imperfetto, reso tale dalla presenza di Mary.
Sorrido accigliato, ma abbozzo, come al solito.
“Mister Holmes, quando mio marito ha detto che sareste venuti al Royal, non ho resistito a ricordare i vecchi tempi.” – dice suadente, porgendomi il guanto, dove mi inchinerò, stile burattino.
Le mie fila chi le sta tirando? Una domanda lecita, così come la mia irritazione, che Watson scansa farfugliando i saluti e poi un commento sull’indagine che stiamo conducendo, arenatasi in mancanza di indizi.
“Fuori la pioggia …” – “Cosa Watson?” – lo interrompo brusco.
Le mie iridi sono state invase dalle mie stesse pupille, dilatatesi per il dolore sordo, che avverto un po’ dappertutto.
Mi sento così dopo gli incontri di boxe clandestina o le azzuffate con certi manigoldi e tu, tu John Watson, adesso ti stai rivelando il peggiore di tutti.
Avremmo assaggiato delle prelibatezze, leggermente brilli saremmo tornati in Backer Street e poi … poi avremmo fatto l’amore, fino a stancarci, perché ne ho bisogno, non so più come dirtelo … che mi manchi.
Una lacrima scende incontrollabile, me l’asciugo prontamente con il tovagliolo di fiandra candida e ricamata – “Il collirio che mi ha prescritto dottore ha effetti indesiderati!” – sbotto, per poi avviarmi verso i bagni, a ricompormi, quando invece tutto è a pezzi dentro di me.
Mi appoggio ad una colonna di marmo rosso, massiccia e lucente, come il petto di John, quando nel riverbero del caminetto lo guardo, aspettarmi …
Lui mi aspettava e poi mi tendeva le mani, ovunque fossimo, dal Grand Hotel, alla nostra stanza, la mia … Non esiste più nulla, la disgregazione del nostro legame, poi della convivenza alla quale ci eravamo abituati, come due coniugi collaudati e brontoloni.
Sorrido. La mestizia mi pervade.
L’abbraccio da dietro di John, nell’attimo successivo, invece mi sorprende. Resto immobile.
“Vorrei consumarti di baci Sherlock …”
Sussurra, nei suoi ansiti caldi di tabacco e cherry, il preferito da Mary, ne ordina sempre un bicchiere prima di mangiare.
“Dopo che hai baciato lei …? No, grazie, vi rinuncio con gioia.” – dico aspro.
Lui mi volta, azzerando i miei battiti: perché, Dio mio perché, devo sempre cedere!?
La sua lingua è fresca, poi caldissima, il suo abbraccio lo è da subito.
Ho le falangi che fanno male, per quanto sto stringendo la stoffa della sua giacca elegante, vorrei respingerlo, invece lo attraggo quanto più possibile alla mia bocca.
Divoro l’aria ed un poco di lui, che ha fatto scempio dapprima della mia anima, poi del mio cuore.
“Ti amo Sherlock … io ti amo e tornerò sempre da te, sappilo.” – ruggisce, come se fossimo nel bel mezzo di una diatriba amorosa, invece io non ho proferito parola, senza neppure accorgermi di come lo sto guardando e del rifiuto, che solo il mio volto sfigurato gli sta opponendo.
Si distacca, scivolando lungo la parete di damasco e fregi preziosi.
“So che non mi vuoi più Sherlock e … e posso capirti!”
La mia fronte batte piano su quel pregiato materiale italiano, che sento come una lapide – “Cosa stai farneticando, John …?”
Mi sento svuotato, lui ha prosciugato persino il barlume di decenza, che ancora possedevo, mentre uscivo di casa, anche se andavo solo cercando un poco del suo amore, in un intervallo di tempo strappato alla sua vita normale.
La nostra, era eccezionale, sia chiaro.
“Perdonami per non avere trovato una scusa efficace, ho sbagliato nel dirle che noi saremmo venuti qui e poi …” – “Shhh … non aggiungere altro, questo imbrunire è oltremodo penoso, nelle premesse e nell’epilogo, visto che me ne sto andando. Porta i miei omaggi alla tua sposa, inventa con lei una motivazione decente, un’indisposizione del sottoscritto … magari dille, che oltre agli occhi, mi colava anche il naso, uno spettacolo scandaloso, che non si addice alla sua elegante, quanto invadente presenza, cosa ne dici John?”
“Touchèz …”
“Raffinato, sì raffinato il tuo idioma, dona un tocco di classe a questo disastro. Buona notte John, abbi cura di te.”
Se solo una magia inaspettata, potesse sciogliere le mie membra, rendendo inerte qualsivoglia malinconia, se solo svanissi, tra la nebbia di Londra ed il Tamigi, così vicino ai battiti del mio cuore.
Pochi metri, poi l’oblio: non voglio deprimere la città con un melodramma, ma solo con un incidente, forse un attentato, quasi quasi semino tracce di qualche marrano, che voleva vendicarsi di me …
Così da vendicarmi di John …
Lo vedo, lugubre al cospetto della mia bara, mentre sua moglie fosca,lo sostiene, ma con una smorfia di sollievo, celata dalla veletta nera.
Darle questa soddisfazione?
No, mai!
Torno sui miei passi, veloce, forse arriverò per il secondo ed infatti non sbaglio.
“Tacchino in fricassea, con castagna glassate, il mio preferito!”
Mi siedo, mentre loro due sono sbigottiti.
“Mister Holmes, bentornato … vedo che si è ripreso …” – mormora lei imbarazzata.
“Sherlock …” – accenna flebile il mio socio.
“Ho preso una boccata d’aria e mi sono sentito subito meglio! A proposito … approfitto della piacevole occasione, per rivelarle il mio più grande segreto, miss Mary … anzi, madame Watson.”
Afferro la mano sinistra di John, che me la lascia in ostaggio, senza sapere quanto io possa essere pazzo, ma unicamente di lui.
Lei scruta il consorte, poi ripiomba su di me, come un rapace, che non ha più scampo.
“La ascolto mister Holmes …”
“Credevo di andare avanti, pensavo di essere abbastanza intelligente o quanto meno geniale, per farmene una ragione, ma quando ci si riduce così, la razionalità fa a pugni con i sentimenti migliori, che ci è dato provare con gioia, come quelli che io ho scoperto da quando sono innamorato di John. Quindi, con il suo permesso, me lo riprendo!”
Lo trascino via, afferro i pastrani dal guardaroba, vorrei ridere, saltellare, persino piangere, visto che Watson non ha mai tentato di sottrarsi alla mia presa, che di colpo si trasforma in un intreccio di dita.
Il primo vicolo è l’ideale, per spingerlo contro al muro di mattoni umidi, poco distante da un lampione.
Gli stritolo i polsi, alzandoli con veemenza per allinearli alle sue chiome scompigliate.
Lo blocco anche con il mio corpo, aderendo al suo con una prepotenza inaudita.
“Ed ora consumami di baci soldato, visto che ambivi a tanto e credo tu abbia abbastanza coraggio per farlo!” – gli gemo nell’orecchio, mordendo e succhiando il suo collo, che mi offre generoso, come le sue labbra all’istante, senza aggiungere altro.
La mia vita è questa, esiste per merito di John, che da quella notte è tornato al suo posto: nel mio letto, sul mio cuore.
Per sempre.
THE END
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